• Non ci sono risultati.

Antonio LEONE - Componente eletto dal Parlamento Dott.ssa Maria Rosaria SAN GIORGIO - Magistrato di legittimità Dott

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Antonio LEONE - Componente eletto dal Parlamento Dott.ssa Maria Rosaria SAN GIORGIO - Magistrato di legittimità Dott"

Copied!
18
0
0

Testo completo

(1)

9/2017

Repubblica Italiana In Nome del Popolo Italiano

La Sezione Disciplinare

del Consiglio Superiore della Magistratura

Composta dai Signori:

Avv. Giovanni LEGNINI - Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura

Presidente

Avv. Antonio LEONE - Componente eletto dal Parlamento Dott.ssa Maria Rosaria SAN GIORGIO - Magistrato di legittimità

Dott. Lorenzo PONTECORVO - Magistrato di merito Dott. Nicola CLIVIO - Magistrato di merito

Relatore

Dott. Luca PALAMARA - Magistrato di merito

Componenti

con l’intervento del Sostituto Procuratore Generale dott. Mario Fresa, delegato dal Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassazione e con l’assistenza del magistrato addetto alla Se greteria della Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, ha pronunciato la seguente

S e n t e n z a

nel procedimento disciplinare n. 95/2014 R.G. nei confronti della NOME 1

magistrato sospeso,

(difesa dal dott. NOME 2)

(2)

i n c o l p a t a

A) OMISSIS B) OMISSIS C) OMISSIS

D) degli illeciti di cui all’art. 3, primo comma, lett. a) del d.lgs. n. 109 del 2006, perché faceva uso strumentale della sua qualità di magistrato per ottenere favori al fine di conseguire vantaggi ingiusti con condotte profittatorie caratterizzate dall’intreccio fra la funzione pubblica esercitata e il proprio interesse privato e coinvolgeva e sfruttava le utili conoscenze fatte in ragione del proprio ruolo istituzionale.

In particolare:

a) nell’estate 2010 pretendeva dal dott. NOME 3, con il quale aveva in corso rapporti professionali dovuti a motivi di ufficio, l'organizzazione, sulla barca di proprietà della moglie del predetto NOME 3, di un pranzo per tutta la sua famiglia e per i suoi ospiti, le cui spese furono interamente sostenute dal NOME 3 ;

b) nell’autunno 2010, dopo avere manifestato al curatore dott. NOME 3 l'intenzione di regalare un gommone al suo compagno dell’epoca, dott. NOME 4, si faceva presentare - nella qualità di “persona importante” che notoriamente svolgeva le funzioni di giudice della Sezione fallimentare del Tribunale di UFF. 1 - il commercialista NOME 5, amministratore della società SOC. 1 e mostrava interesse all’acquisto del natante di proprietà di quest’ultimo prospettando al dott. NOME 3 la possibilità di favori connessi alle procedure fallimentari. Tale ipotesi - che avrebbe consentito al magistrato di ottenere per sé un indebito vantaggio, acquistando a prezzo di particolare favore un gommone - non veniva di fatto coltivata in quanto la dott.ssa NOME 1 era sospesa dalle funzioni nell'ambito di un procedimento disciplinare pendente nei suoi confronti e non si profilava medio tempore la possibilità di reintegro nel servizio. Il predetto magistrato intraprendeva, così, una defatigante trattativa commerciale con il NOME 5 che non andava a buon fine ed esternava, poi, il suo risentimento nei confronti del dott. NOME 3 cui addebitava di non essersi offerto per l’acquisto, a sue spese, del gommone, nonostante la dichiarata sua intercessione presso la Guardia di Finanza durante lo svolgimento di accertamenti patrimoniali nei confronti del commercialista, al fine di fargli ottenere un trattamento di favore.

Notizia circostanziata dei fatti acquisita il 12 giugno 2013.

E) OMISSIS

(3)

F) degli illeciti disciplinari di cui agli artt. all’art. 18 del r.d.l. n. 511 del 1946, in relazione agli artt. 1, 2, primo comma, lett. a) e d), e 4, primo comma, lett. d), del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, in quanto, in grave violazione dei doveri di correttezza, indipendenza ed imparzialità e, comunque, commettendo atti idonei ad integrare violazione di specifici precetti penali - in relazione ai contestati artt. 378, 323, 328 c.p. (reati poi ritenuti prescritti o comunque non accertati in sede penale con decreto di archiviazione del 19 marzo 2013) - tali da ledere l'immagine del magistrato, la considerazione di cui deve godere ed il prestigio dell’ordine giudiziario, arrecando ingiusto danno agli esponenti NOME 6 e NOME 7, parti nell’ambito della procedura fallimentare a carico della SOC. 2, nell’esercizio delle sue funzioni di giudice delegato del Tribunale di UFF. 1, il 28 luglio 2005 nel proprio ufficio, ha chiesto all’ NOME 6 somme di denaro (senza ottenerle) per sé e per la “amica bisognosa” NOME 8 e, specificamente, euro 350.000 “per chiudere la vicenda NOME 8” e euro 70 o 75.000 in relazione ad “una situazione personale tra la dott.ssa NOME 1 ed il sig. NOME 6”.

Notizia circostanziata dei fatti acquisita il 26 giugno 2013.

G) degli illeciti disciplinari di cui agli artt. artt. 1, 2, primo comma, lett.

a) e d), e 4, primo comma, lett. d), del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.

109, in quanto, in grave violazione dei doveri di correttezza, indipendenza ed imparzialità e, comunque, commettendo atti idonei ad integrare violazione di specifico precetto penale - in relazione agli artt. 61 n. 9 e 595 c.p. (reato per il quale non risulta essersi proceduto in sede penale) - tali da ledere l'immagine del magistrato, arrecando ingiusto danno al sig. NOME 6, parte nell’ambito della procedura fallimentare a carico della SOC. 2, nell’esercizio delle sue funzioni di giudice delegato del Tribunale di UFF. 1, il 6 maggio 2007 nel proprio ufficio, alla presenza del rag. NOME 9 (curatore della procedura fallimentare), dell’avv. NOME 10 (legale del fallimento) e dell’avv. NOME 11 (difensore dell’ NOME 6 medesimo), nel corso di un’accesa discussione, insultava il sig. NOME 6, chiamandolo “paranoico”, “delinquente” e

“truffatore”.

Notizia circostanziat a dei fatti acquisita il 6 maggio 2014.

H) dell’illecito disciplinare di cui agli artt. 1, 2, primo comma, lett. d) del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, in quanto, in violazione del dovere di correttezza e nella qualità di giudice della sesta sezione del Tribunale di UFF. 2, nel corso dell’udienza del 26 marzo 2013, teneva una condotta gravemente scorretta nei confronti dei difensori, delle parti e delle altre persone presenti, intrattenendosi al telefono con il figlio, il quale le rappresentava la necessità di accorciare i pantaloni dello smoking per la festa della sera. La dott.ssa NOME 1 gli diceva di portare i pantaloni in sartoria, spiegandogli quale strada dovesse percorrere ed aggiungendo che poi avrebbe potuto mandare la colf a portare i pantaloni. Al termine della telefonata, il magistrato

(4)

raccontava agli avvocati e a tutti i presenti in aula che il figlio la sera prima si era provato i pantaloni, che gli andavano lunghi, ed il fratellino di un anno e mezzo aveva riso “a crepapelle”.

Con tale condotta tenuta in udienza, che determinava la sospensione della trattazione delle cause per una durata di circa dieci minuti e si palesava come gravemente scorretta nei confronti dei difensori, delle parti e degli altri soggetti presenti in aula, la dott.ssa NOME 1, provocava sconcerto e forte imbarazzo tra gli astanti e discredito per le funzioni giurisdizionali svolte.

Notizia circostanziata dei fatti acquisita il 25 ottobre 2013.

Conclusioni delle parti

Il Procuratore Generale conclude chiedendo la rimozione dall’Ordinamento giudiziario.

La Difesa conclude chiedendo sia dichiarata l’improcedibilità per il capo F) e l’assoluzione in ordine a tutti gli altri capi d’incolpazione, perché il fatto non sussiste.

Svolgimento del procedimento

In data 18 luglio 2013 il Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassazione ha promosso l’azione disciplinare nei confronti della dottoressa NOME 1, contestando alla stessa gli illeciti di cui in rubrica.

Nell’ambito dell’istruttoria sommaria del procedimento disciplinare, il Procuratore Generale ha sentito numerose persone informate sui fatti1, convocando ritualmente anche l’incolpata, per il giorno 17 marzo 2014, la quale non compariva.

Il 29 maggio 2014 il titolare dell’azione disciplinare, non ritenendo esclusi gli addebiti, ha chiesto la fissazione della discussione orale affinché si procedesse nei confronti della dott.ssa NOME 1 in ordine agli illeciti disciplinari come sopra dettagliati nei capi d’incolpazione.

1E specificatamente, il Procuratore Generale ha sentito in data:

- 05.05.2014 i dottori NOME 12, magistrato in quiescenza, già Presidente di sezione della Corte di Appello di UFF. 3, NOME 13, Presidente di sezione del Tribunale di UFF. 4, NOME 14, avvocato del foro di LUOGO 1 e NOME 15, avvocato del foro di LUOGO 2;

- 06.05.2014 il sig. NOME 16, agente immobiliare e gestore della palestra “SOC. 3”, il rag.

NOME 9 e il sig. NOME 6, già l.r. della SOC. 2;

- 12.05.2014 il dott. NOME 5, commercialista.

(5)

Alla udienza del 20 febbraio 2015, con ordinanza di questa Sezione disciplinare veniva respinta l’eccezione di improcedibilità svolta dalla difesa e accolta la richiesta della stessa di rinvio dell’udienza per esame degli atti. Il Procuratore Generale depositava ampia documentazione relativa ad altro procedimento definito da questa Sezione, a carico della dott.ssa NOME 17, ritenendola utile ai fini del presente procedimento.

Nella successiva udienza del 12 gennaio 2016, la difesa dell’incolpata chiedeva in primis la sospensione di questo procedimento stante la pendenza per gli stessi fatti di un procedimento penale davanti l’Autorità giudiziaria di LUOGO 3. Chiedeva, inoltre, l’ammissione di testi e l’autorizzazione al deposito di una sentenza del Tribunale di UFF. 5 relativa a persone e fatti connessi ad uno dei capi di incolpazione.

Ritiratasi per deliberare sulle richieste, all’esito della Camera di Consiglio, questa Sezione disciplinare disponeva con ordinanza lo stralcio dei capi di incolpazione di cui alle lettere A), B) e C), con la creazione per gli stessi di autonomo fascicolo disciplinare, in quanto per tali fatti risultavano procedimenti penali pendenti a LUOGO 3. Ammetteva poi le prove testimoniali richieste dalla difesa per la successiva udienza.

All’udienza del 17 maggio 2016 il difensore chiedeva in via preliminare, come da istanza già depositata in data 11.03.2016, la riunione dei procedimenti disciplinari Rg. nn. 79/2013 e 91/2015 al presente procedimento, nonché la sospensione del procedimento riunito; in subordine, la sospensione dei procedimenti disciplinari Rg. nn. 79/2013 e 91/2015 per i quali vi era già stato rinvio a giudizio da parte dell’Autorità giudiziaria LUOGO 3.

Su richiesta di questa Sezione, il difensore depositava i provvedimenti giurisdizionali citati.

Sulle richieste della difesa, il Procuratore Generale, richiamando il proprio parere – già espresso sull’istanza difensiva – non si opponeva alla richiesta di sospensione dei procedimenti Rg. nn. 79/2013 e 91/2015, ma chiedeva che gli stessi venissero prima riuniti al nuovo procedimento derivante dallo stralcio dei capi A), B) e C) dell’originaria incolpazione, di cui all’ordinanza dell’udienza del 12 gennaio 2016, nonché la prosecuzione del presente procedimento Rg. n.

95/2014.

Il Procuratore Generale, infine, chiedeva l’acquisizione formale agli atti della sentenza disciplinare n. 136/2015, relativa alla dott.ssa NOME 17, in quanto riguardanti la stessa vicenda che vedeva coinvolta la dott.ssa NOME 1.

Ritiratasi per deliberare, all’esito della Camera di Consiglio, questa Sezione disciplinare disponeva con ordinanza la sospensione dei procedimenti disciplinari Rg. nn. 79/2013 e 91/2015 in ragione delle richieste di giudizio

(6)

immediato e rinvio a giudizio, rispettivamente del 29 luglio 2013 e 16 aprile 2014, emessa dall’Autorità giudiziaria di LUOGO 3.

Si riservava, quindi, di procedere ad una eventuale riunione dei diversi procedimenti disciplinari all’esito dei procedimenti penali pendenti, scaturiti dagli stessi fatti di cui alle incolpazioni.

Veniva respinta la richiesta di sospensione del presente procedimento Rg. n.

95/2014 e ne rinviava la discussione a successiva udienza, anche per l’escussione dei testi già citati e non comparsi.

All’udienza del 5 luglio 2016 i testi a difesa non comparivano.

Il Presidente riferiva alle parti che il Collegio avrebbe esaminato eventuali profili di incompatibilità in ordine al capo E) dell’incolpazione, avendo gli stessi componenti valutato la vicenda in un distinto procedimento a carico della dott.ssa NOME 17, definito con affermazione di responsabilità disciplinare della stessa.

Il difensore, visto l’avviso di nuovo procedimento disciplinare pervenuto alla dott.ssa NOME 1, reiterava la richiesta di sospensione di tutti i procedimenti disciplinari a carico della stessa, in attesa della definizione dei processi penali riguardanti le stesse vicende oggetto dei capi di incolpazione.

Il Procuratore Generale, ribadiva la propria contrarietà alla sospensione del presente procedimento. Ribadiva le valutazione dell’Ufficio circa l’inutilità della escussione dei testi a difesa, nonché l’orientamento giurisprudenziale delle SS.UU. della Cassazione in ordine alla non sussistenza di cause di incompatibilità del Collegio per il capo di incolpazione E).

Il Collegio si riuniva in Camera di Consiglio. All’esito della stessa, disponeva con ordinanza lo stralcio del capo E) dell’incolpazione e la formazione per lo stesso di autonomo fascicolo, rendendo così superflua l’acquisizione di atti relativi al procedimento iscritto nei confronti della dott.ssa NOME 17.

La difesa rinunciava al teste Avv. NOME 10.

Alla successiva udienza del 12 luglio 2016 la difesa veniva autorizzata al deposito di ulteriore documentazione.

Seguiva la requisitoria del Procuratore Generale e l’intervento della difesa dell’incolpata.

Le parti hanno concluso come in epigrafe e la Sezione Disciplinare ha dato lettura del dispositivo condannando la dott.ssa NOME 1 alla sanzione disciplinare della rimozione dall’Ordine giudiziario in ordine ai capi F) e G), e

(7)

mandandola assolta in relazione ai capi D) e H), per essere rimasti esclusi gli addebiti.

Motivi della decisione 1. Capi F) e G).

Sottoposta ad indagine penale, soggetta a misura cautelare e, quindi, imputata per gravi reati, la dott.ssa NOME 1 è stata sospesa dalla funzioni e collocata fuori dal ruolo della magistratura con distinte ordinanze emesse da questa Sezione, il 5 luglio 2013 (sospensione obbligatoria) e - cessata l’efficacia del provvedimento coercitivo - il 20 settembre 2013 (sospensione facoltativa).

In seguito, il Procuratore Generale ha esercitato l'azione disciplinare per numerosi fatti che in larga parte costituiscono reato, per i quali pende tuttora udienza preliminare davanti all'Autorità Giudiziaria competente ex art. 11 c.p.p., nel caso di specie quella di LUOGO 3.

In ordine ad essi è stata disposta la sospensione del procedimento disciplinare.

Si è, invece, proceduto in questa sede con riguardo a due diverse tipologie di illecito.

La prima è costituita da condotte penalmente irrilevanti e, quindi, non costituenti oggetto dell'accertamento giudiziale pendente; la seconda da condotte penalmente rilevanti in ordine alle quali l'azione penale non può essere iniziata o proseguita, ma che conservano rilevanza disciplinare ai sensi dell'art. 4, lett. d), D. Lgs. n. 109/2006.

Per effetto dei provvedimenti di separazione e sospensione di cui si è dato conto in narrativa, si procede quindi nei confronti della dott.ssa NOME 1 per i soli fatti che nella incolpazione originaria erano stati rubricati ai capi D), F), G) ed H).

Il disvalore delle condotte e l'unitarietà del contesto, rappresentato da vicende che hanno accompagnato la medesima procedura fallimentare, suggeriscono di esaminare in primo luogo le incolpazioni di cui ai capi F) e G).

I fatti di rilievo disciplinare, vanno inquadrati nell’ambito di relazioni personali che si sarebbero illecitamente riversate nell’ambito di una procedura fallimentare, cosicché il loro esame non può prescindere da una sommaria indicazione dei rapporti e degli interessi sottostanti.

Si deve, pertanto, muovere dalla conoscenza che una certa signora NOME 8 aveva sia della odierna incolpata, sia dell’imprenditore NOME 6, conoscenza

(8)

risalente a molti anni prima degli accadimenti di cui ci si deve occupare in questa sede.

A quest’ultimo, la NOME 8 era stata presentata dal figlio, NOME 18, in quanto fidanzata di un suo amico.

Negli anni Novanta, la donna si era trovata in difficoltà finanziarie e per questa ragione si rivolse agli NOME 6- NOME 18 per avere aiuto.

Si trattava di rilevare, al prezzo di L. 160.000.000, la quota pari al 50% della casa coniugale, cointestata al marito dal quale si stava separando. L’interessata non poteva avere accesso al credito bancario e l’ NOME 6 si disse disponibile ad agevolarla in tal senso. Non sarebbe stato, quindi, lui a prestarle il denaro, ma avrebbe quantomeno potuto favorire l’erogazione di un mutuo destinato a perfezionare l’acquisto.

In questa prospettiva, fu la NOME 8 a spendere la conoscenza della dott.ssa NOME 1, giudice del Tribunale di UFF. 1, che, a suo dire, avrebbe potuto prestare idonea garanzia per l’adempimento dell’obbligazione contratta con l’istituto bancario.

L’ NOME 6 congegnò l'operazione nel senso di ottenere lui stesso il mutuo, con l’impegno di utilizzarlo per l’acquisto dell’immobile, che però avrebbe dovuto essere intestato alla dott.ssa NOME 1.

In quel periodo l'imprenditore aveva in fase di progettazione avanzata un importante investimento in STATO 1 che richiedeva un finanziamento dell'Unione Europea e quando il denaro venne corrisposto dalla banca, anziché versare l'intera somma per l'acquisto della casa, ne trattenne parte significativa, L. 70.000.000, "per finanziare l'operazione".

A causa delle difficoltà finanziarie nelle quali venne di lì a poco a trovarsi, l' NOME 6 vide andare a monte il suo progetto imprenditoriale e non fu più in grado di restituire il denaro.

La NOME 8 si trovò pertanto in ulteriore difficoltà, con la casa formalmente alienata e un mutuo comunque da pagare, non potendo far gravare le conseguenze sfavorevoli della transazione sull’amica magistrato. Quest’ultima si era, infatti, solo formalmente assunta una obbligazione finalizzata a far ottenere all’amica la piena proprietà dell’immobile e certamente doveva essere tenuta indenne dalle pretese restitutorie dell’istituto di credito.

NOME 6 venne quindi querelato per truffa e, visto il coinvolgimento nella vicenda del giudice NOME 1, il procedimento venne definito davanti all'A.G.

(9)

di LUOGO 3, con condanna definitiva dell'imputato, anche al pagamento di una importante somma a titolo di provvisionale.

Nei suoi tratti essenziali questo antefatto è stato descritto in termini significativamente sovrapponibili, non solo dall' NOME 6, ma soprattutto dall'avv. NOME 15, che aveva seguito la NOME 8 nella causa penale2.

E', quindi, pacifico che nel 2005, quando si svolsero i fatti per cui si procede, la signora NOME 8, oltre ad un rapporto risalente che certamente non era inquadrabile come amicizia, aveva ancora importanti ragioni di credito nei confronti dell' NOME 6.

L’effettiva entità di questo credito non è stata precisata nel corso del presente procedimento, ma lo stesso NOME 6, pur senza scendere nel dettaglio, ha ammesso di non avere interamente corrisposto nemmeno la somma dovuta a titolo di provvisionale, con ciò riconoscendo che la NOME 8 poteva vantare nei suoi confronti importanti pretese creditorie.

Per altro verso, il quadro d'insieme era ulteriormente complicato dal fatto che anche la dott.ssa NOME 1 riteneva di aver subito danni per effetto della condotta fraudolenta dell’ NOME 6, tanto da aver valutato la possibilità di costituirsi parte civile nel processo per truffa, pur senza darvi seguito.

Con questo pregresso, la dott.ssa NOME 1 divenne anni dopo Giudice Delegato di una procedura fallimentare riguardante la SOC. 2, società facente capo alla famiglia NOME 6- NOME 18, dichiarata fallita nel 1992 e nella quale si erano in precedenza succeduti diversi giudici delegati3.

La questione venne correttamente gestita dal magistrato sul piano formale, visto che chiese l'autorizzazione ad astenersi, richiesta che venne respinta dal Presidente del Tribunale.

Sotto il profilo sostanziale, invece, la circostanza venne valutata dalla NOME 1 e dalla NOME 8 come occasione per sistemare con NOME 6 tutte le vecchie pendenze.

Il dato emerge con chiarezza dalle dichiarazioni rese dall'avvocato NOME 15:

"fui contattato dalla NOME 8 che mi disse che la NOME 1 era diventata giudice delegato di un fallimento dell' NOME 6. Si trattava della società SOC.

2 Entrambi sono stati sentiti a sommarie informazioni testimoniali dal Presidente del Tribunale di UFF. 2 in data 20 giugno 2013.

3 V. s.i.t. rag. NOME 9, curatore della procedura del 19 novembre 1992 al 24 novembre 2010.

(10)

2.. Ricordo il fatto in quanto nel processo di LUOGO 3 erano apparse minute di atti scritte a penna dall' NOME 6 su carta intestata della SOC. 2 e in quell'occasione lui disse che era una società in fallimento. La NOME 8 disse che il fallimento aveva recuperato una somma importante e quindi pensava di poter recuperare parte dei suoi soldi e mi disse che la NOME 1 voleva incontrarmi".

In questo contesto, il 28 luglio 2005, si tenne nell'ufficio della dott.ssa NOME 1, una riunione alla quale parteciparono sei persone.

Insieme al giudice c'erano, infatti, il curatore del fallimento SOC. 2, rag.

NOME 9, il legale della procedura, avv. NOME 10, NOME 6, NOME 18 e, infine, l'avv. NOME 15, chiamato a partecipare in rappresentanza di NOME 8.

La riunione aveva quale suo oggetto principale una questione tecnica che ben poteva essere affrontata nel contraddittorio dei soggetti interessati al fallimento.

Era, infatti, in via di perfezionamento una transazione tra NOME 6 e la BANCA 1, in forza della quale il primo avrebbe abbandonato una serie di iniziative giudiziarie aperte e in cambio avrebbe ottenuto la somma di € 2.000.000, nonché la rinuncia della BANCA 1 alle insinuazioni al passivo fallimentare4.

Nel dettaglio, il curatore fallimentare ha spiegato che vi erano diverse trattative aperte. Oltre a quella principale tra NOME 6 e la BANCA 1, vi era una prospettiva di accordo per il quale l'imprenditore avrebbe versato € 250.000 alla curatela, in cambio della rinuncia ad un ricorso per cassazione.

L'istituto di credito aveva richiesto che la transazione fosse autorizzata con provvedimento collegiale e in quella riunione la dott.ssa NOME 1 informò i presenti che della questione sarebbe stato investito il Tribunale fallimentare entro l'ormai prossimo mese di settembre.

4 V. s.i.t. NOME 9:

"la vicenda è molto delicata. Già dal 92/93 chiesi al GD dott. NOME 19 l'autorizzazione a procedere in sede civile ad una causa contro la BANCA 1 perché vi erano stati comportamenti anomali nei confronti della società fallita e quindi dell'NOME 6 e fui regolarmente autorizzato. Iniziò anche una causa penale contro il funzionario della BANCA 1 dott. NOME 20 che era il responsabile dei finanziamenti per la Cassa del mezzogiorno di cui BANCA 1 faceva da tramite come istituto di credito. In procura fu depositata una denuncia da parte dell'NOME 6 che fu istruita dal PM NOME 21. In questa sede fui autorizzato dal dott. NOME 19 a costituirmi parte civile nel procedimento penale per il risarcimento dei danni".

(11)

Si trattava, quindi, di una vera e propria udienza, nel senso che erano stati chiamati a confrontarsi su un tema tecnico tutti i soggetti che rivestivano un ruolo formale nell’ambito della procedura concorsuale.

Proprio per questa ragione, a tutti apparve chiaro che la presenza dell’avv.

NOME 15 in rappresentanza della signora NOME 8 non aveva alcuna plausibile giustificazione in quella cornice procedimentale, visto che la stessa non vantava alcuna ragione di credito nei confronti della massa fallimentare.

La ragione sottostante a tale partecipazione emerse, tuttavia, con chiarezza nel momento in cui la dott.ssa NOME 1 impose all' NOME 6 di impegnarsi a impiegare parte significativa delle somme che avrebbe ricevuto dalla BANCA 1 per chiudere le vecchie pendenze mai onorate nei confronti della NOME 8 e di sé stessa.

Sul punto, appare opportuno trascrivere le dichiarazioni di coloro che presenziarono alla riunione:

L'avv. NOME 10, legale della procedura, ha ricordato che venne fatto il nome della NOME 8, "perché l'avv. NOME 15 era il suo legale", ma ha escluso che in sua presenza si fosse parlato di somme di denaro da destinare alla stessa.

NOME 18 non ha ricordato che si fosse parlato della NOME 8, ma ha dichiarato: "la NOME 1 disse che dopo la conclusione dell'accordo lei avrebbe dovuto avere € 75.000 ed € 340.000...senza specificare il motivo".

Secondo NOME 6 la NOME 1 disse, invece, che pretendeva per sé l'equivalente di L. 150.000.000, nonché per la NOME 8 € 350.000 ed € 250.000 per la procedura fallimentare. Il teste ha ricordato con chiarezza che in quel frangente si parlò sia di Euro che di Lire perché la dott.ssa NOME 1 quantificava ancora in Lire la sua pretesa, risalente alle lontane vicende dell'acquisto e rivendita dell'appartamento dell'amica.

Il curatore fallimentare, NOME 9, ha sostanzialmente confermato quanto dichiarato da NOME 6 padre, ricordando che "nell'occasione la dott.ssa NOME 1 richiese al dott. NOME 6 il pagamento della somma di € 350.000 per chiudere la vicenda NOME 8 ".

L'avv. NOME 15, presente in quanto avvocato della NOME 8, ha ricordato che "la NOME 1 insistette con l' NOME 6 per poter organizzare l'incasso di circa € 300.000 per la NOME 8, mentre ha escluso che la stessa avesse fatto riferimento a somme destinate a sé medesima.

(12)

Considerando che si tratta di deposizioni raccolte a quasi otto anni di distanza, il materiale dichiarativo appare omogeneo e solido nel fornire prova certa del fatto materiale ascritto alla odierna incolpata.

L’unico testimone che non ha ricordato il fatto, l’avv. NOME 10, ha del resto precisato di non essere stato presente a tutti i colloqui intervenuti in quella occasione ed era, del resto, sostanzialmente disinteressato a cogliere i particolari in discussione, visto che il ruolo da lui rivestito era quello di legale della procedura concorsuale e non si profilavano nuove iniziative giudiziali da intraprendere. Si trattava, per lui, di prendere atto delle conseguenze discendenti dalla composizione transattiva delle controversie pendenti, dalle quali non sarebbe derivato alcun compito professionale del quale avrebbe dovuto occuparsi.

Nell’arco di un panorama di dichiarazioni sostanzialmente convergenti, la versione del fatto resa dal NOME 6 è quella che si presenta, poi, come maggiormente circostanziata ed attendibile, in quanto proveniente dal soggetto che in prima persona avrebbe sopportato le conseguenze patrimoniali delle richieste che gli venivano rivolte. Il suo precedente coinvolgimento nelle vicende che avevano interessato la NOME 8 e la dott.ssa NOME 1 non appare del resto sufficiente a farlo ritenere portatore di un interesse specificamente orientato ad accusare falsamente quest’ultima, anche perché nel momento in cui venne sentito a sommarie informazioni, i fatti erano ormai lontani ed era chiaro che nessuno avrebbe agito per ottenere il pagamento della somma – in effetti mai corrisposta – che il giudice fallimentare in quella occasione gli aveva ingiunto di pagare.

E', quindi, dimostrato che nell'ambito di un incontro avente ad oggetto la trattazione di questioni strettamente inerenti ad una procedura fallimentare di cui era assegnataria, la dott.ssa NOME 1 agì allo scopo di soddisfare pretese patrimoniali - sue e della sua amica - che affondavano le loro ragioni in vicende private che nulla avevano a che vedere con il fallimento né sotto il profilo giuridico-formale, né sotto il profilo sostanziale.

L'illecita commistione di aspetti istituzionali e privati emerge con evidenza dal contesto in cui si tennero questi colloqui e, cioè, l'ufficio del magistrato presso la Sezione fallimentare del Tribunale di UFF. 6, stanza n. 2125, alla presenza di soggetti, ciascuno dei quali aveva titolo a partecipare come portatore di un interesse ben preciso nella procedura fallimentare. In quel frangente, la dott.ssa NOME 1 parlò a tutti nella sua qualità di Giudice Delegato, affrontando sul piano tecnico processuale le conseguenze che la definizione transattiva delle

5 V. s.i.t. NOME 9 con riguardo anche alla precisa indicazione del numero della stanza.

(13)

controversie aperte tra NOME 6 e la BANCA 1 avrebbe potuto avere per la formazione della massa attiva.

Si è già detto che in quel momento sia il Curatore6, che il legale della procedura concorsuale7, vissero come una evidente forzatura anche la sola presenza dell'avv. NOME 15, in quanto rappresentante di interessi che nulla avevano a che fare con il fallimento.

E', del resto, pacifico che né la NOME 8, nè tantomeno la dott.ssa NOME 1 avevano alcunché da pretendere dalla società fallita, posto che tutti i loro rapporti pregressi avevano visto il coinvolgimento del solo NOME 6 come persona fisica.

L'attestazione relativa alla estraneità della NOME 8 alla procedura, oltre che essere assistita dalla attendibilità dei soggetti qualificati sopra indicati, appare anche confortata dalla natura delle vicende che avevano portato al processo penale per truffa nei confronti dell' NOME 6 su iniziativa della NOME 8, tutte incentrate sui rapporti personali tra i protagonisti, senza alcun addentellato con l’attività imprenditoriale svolta dalla società fallita.

Ne discende che la richiesta della dott.ssa NOME 1 avente ad oggetto il pagamento di somme per sé e per l'amica configurò un illegittimo sviamento del potere giurisdizionale allo scopo di arrecare un vantaggio patrimoniale che, in quella procedura, era sprovvisto di qualsiasi valida ragione giustificativa e, pertanto, era ingiusto nell’accezione pacificamente fatta propria dalla giurisprudenza penale nell’applicazione dell’art. 323 c.p..

Non va, del resto, trascurato che nessun supporto documentale è stato acquisito in ordine alla fondatezza e alla quantificazione delle ragioni di credito informalmente azionate in quella circostanza nei confronti dell' NOME 6. Né la pretesa della dott.ssa NOME 1 di vedersi indennizzata per L. 150.000.000 di cui non è ben chiara la ragione, né soprattutto il preteso risarcimento di € 350.000 in favore della NOME 8 risultano avere, quindi, una valida giustificazione, con particolare riguardo al profilo della loro esatta quantificazione. Detto dell’assoluto difetto di supporto documentale, va anche considerato che la NOME 8 aveva chiesto all’epoca dei fatti L. 160.000.000, ragion per cui appare evidentemente sovrastimato l’importo preteso in quella occasione per il tramite della sua amica magistrato.

6 V. s.i.t. NOME 9 "rimasi sconcertato per la presenza dell'avv. NOME 15, estraneo alla procedura".

7 V. s.i.t. NOME 10 "ricordo che il NOME 15 era il legale della sig.ra NOME 8; la NOME 8 non c'entrava nulla con la procedura fallimentare"

(14)

Per le medesime ragioni, dall'ingiustizia del profitto perseguito derivava l’ingiustizia del correlativo danno che avrebbe dovuto essere subito dall' NOME 6, in quanto costretto a corrispondere somme che certamente in quella misura non erano da lui dovute.

L’illegittima strumentalizzazione della funzione pubblica, intenzionalmente orientata allo scopo di realizzare un ingiusto profitto patrimoniale a vantaggio di soggetti privati e con corrispondente danno per la persona offesa, integra, in definitiva, il reato di abuso di ufficio, correttamente ipotizzato dal titolare dell’azione disciplinare nel capo d’incolpazione.

La rilevanza penale della condotta non viene meno per il solo fatto che l’

NOME 6, una volta ricevuto il corrispettivo per la transazione, omise di versare le somme che gli erano state richieste, apparendo evidentemente integrato il delitto nella sua forma tentata, ipotesi pacificamente configurabile dal momento che l'art. 323 c.p., nella sua attuale formulazione, delinea un reato di danno8.

Deve considerarsi, pertanto accertato il primo presupposto oggettivo dell’illecito disciplinare contestato e, cioè, la commissione di un reato, a nulla rilevando, per espressa previsione normativa, che in ordine ad esso l’azione penale non sia stata iniziata9.

Nessun dubbio sussiste, poi, con riguardo alla idoneità del fatto a ledere l’immagine del magistrato.

Nel caso di specie, la straordinaria gravità del comportamento tenuto era stata direttamente percepita dai soggetti qualificati presenti e, in particolare, dall’avv. NOME 15, cioè dal soggetto che maggiormente avrebbe potuto giovarsi della singolare opera di intermediazione svo lta in definitiva a favore della sua cliente. Ebbene, tale fu in quel frangente lo sconcerto del professionista, che lo stesso ebbe dapprima a far notare al giudice l’anomalia della sua posizione10 e, successivamente, quando la conversazione tocco

8 Cass., Sez. 6, Sentenza n. 26617 del 2009, Rv. 244465

9 Il procedimento penale venen archiviato per intervenuta prescrizione con decreto del GIP di UFF. 8 del 19 marzo 2013. In seguito, la Procura Generale della Cassazione delegò al Presidente del tribunale di UFF. 2 gli accertamenti istruttori dai quali è emersa la compiuta ricostruzione dell’accaduto e, quindi, l’apertura del presente procedimento disciplinare .

10 V. s.i.t. NOME 15: “in quell’incontro feci notare alla d.ssa NOME 1 che la sua posizione era anomala, ma la NOME 1 mi disse che non era incompatibile in quanto aveva parlato con il Presidente della Sezione che le aveva confermato l’incarico”.

(15)

l’argomento dei pagamenti, uscì dalla stanza affermando di non non voler sentire certe cose11.

Fu dopo quell’incontro che lo stesso avvocato, dopo una notte insonne, decise di rimettere il mandato per non essere più coinvolto nella vicenda12.

A prescindere dalla percezione soggettiva dei presenti, si tratta ad ogni modo di condotta gravemente disdicevole e suscettibile di pregiudicare non solo l’immagine e la credibilità del singolo magistrato, ma anche dell’ordine giudiziario nel suo complesso.

La dott.ssa NOME 1 va, quindi, dichiarata disciplinarmente responsabile del fatto a lei ascritto al capo F), non solo con riguardo all’illecito di cui all’art. 4, lett. d) D. Lgs. n. 109/2006, ma anche con riguardo alla incolpazione di cui all’art. 2, lett. d), posto che, evidentemente, la medesima condotta che è stata ritenuta penalmente rilevante integra la scorrettezza grave nei confronti della persona offesa, coinvolta nella procedura concorsuale in quanto titolare della società fallita.

Va, del resto, respinta l’eccezione di decadenza che con specifico riguardo a queste contestazioni è stata sollevata dalla difesa.

Non risulta, infatti, che il titolare dell’azione disciplinare abbia avuto notizia del fatto, se non in epoca successiva alla definizione del procedimento penale, archiviato per prescrizione nel 201313 ed è conseguentemente infondata la prospettazione difensiva che muove dall’asserita conoscenza della vicenda da parte del Procuratore Generale fin dal 2007, allorquando NOME 6 aveva presentato il suo esposto all’AG di LUOGO 3.

Valutazioni di identico tenore vanno svolte con riguardo all’episodio di cui al capo G), fatto complessivamente caratterizzato da minore gravità, ma nel quale

11 V. s.i.t. NOME 6: “ ricordo che l’avv. NOME 15 ad un certo punto disse “queste cose non le voglio sentire” e se ne andò”.

12 V. relazione dott. NOME 22: “dopo una notte insonne per il turbamento provato l’avv.

NOME 15 inviò alla NOME 8 una lettera in cui, alludendo alla condotta della NOME 1 ed a quanto ascoltato nell’incontro del giorno prima, dichiarava di rinunciare all’incarico perché quanto avvenuto era in assoluto contrasto con la sua etica professionale. Debbo aggiungere che l’avv. NOME 15 è in possesso di copia di tale lettera che mi ha mostrato, ma che ha ritenuto di non consegnarmi perché attinente al suo mandato professionale. L’avv.

NOME 15 è parso ancora oggi molto scosso dagli episodi vissuti e dalla condotta della dott.ssa NOME 1”.

13 V. nota di trasmissione degli atti alla Procura Generale della Cassazione da parte della Procura Generale presso la Corte d’Appello di UFF. 7 in data 16 aprile 2013, ricevuta il 23 aprile 2013, v. sottofascicolo della Procura Generale n. 453/13/SD1B, riunito al n.

1243/12/SD2B.

(16)

sono parimenti ravvisabili tutti gli elementi costitutivi degli illeciti disciplinari per cui si procede.

Il fatto si verificò nell’ufficio della odierna incolpata il 6 maggio 2007 e anche in questo caso l’oggetto della discussione era relativo a somme di denaro che, anche sulla base degli scenari prospettati nella precedente occasione, l’ NOME 6 avrebbe dovuto corrispondere al fallimento SOC. 2. In quel frangente, secondo quanto riferito dal curatore14, testimone oculare, la dott.ssa NOME 1 pronunciò parole offensive ai danni dell’imprenditore definendolo apertamente come truffatore. Il ricordo del dott. NOME 9 conferma significativamente quanto denunciato dallo stesso NOME 615 che ha specificamente ricordato di essere stato chiamato anche paranoico e delinquente.

Anche questo episodio è stato ascritto alla dott.ssa NOME 1 sotto due distinti profili, entrambi fondati.

Per un verso, l’aggressione verbale integra, infatti, una grave scorrettezza commessa, nel caso di specie, nei confronti di soggetto avente con lei un rapporto nell’ambito dell’ufficio giudiziario.

Per altro, l’ingiuria aggravata posta in essere in danno dell’ NOME 6 costituisce elemento oggettivo del distinto illecito disciplinare di cui all’art. 4, lett. d).

Si tratta, anche in questo caso, di condotta lesiva dell’immagine del magistrato, considerata la presenza di terze persone nell’ufficio e il clamore del diverbio che venne avvertito anche al suo esterno.

Non rileva, poi, in questa sede l’abolitio criminis del reato di cui all’art. 594 c.p., essendo pacifico in giurisprudenza che “in tema di responsabilità disciplinare dei magistrati, essendo l'illecito riconducibile al "genus" degli illeciti amministrativi, non trova applicazione il principio del "favor rei", così come sancito dall'art. 2 cod. pen., in forza del quale, in deroga al principio

"tempus regit actum", l'eventuale "abolitio criminis" opera retroattivamente”16.

Ne discende che la qualificazione giuridica del fatto disciplinarmente rilevante deve essere operata, in ogni suo aspetto, avendo riguardo al quadro normativo vigente al momento della condotta.

14 V. s.i.t. NOME 9, 6 maggio 2014.

15 V. s.i.t. NOME 6, 6 maggio 2014.

16 Cass., Sez. U, Sentenza n. 15314 del 24/06/2010 Rv. 613974.

(17)

La dott.ssa NOME 1 va, pertanto, dichiarata disciplinarmente responsabile degli illeciti a lei ascritti ai capi F) e G).

Per quanto attiene al trattamento sanzionatorio, l'esame complessivo delle condotte addebitate alla incolpata impone l'applicazione dell'art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 109/2005, con l'irrogazione di un'unica sanzione, quella ritenuta applicabile per la violazione più grave, che nel caso di specie questa Sezione Disciplinare ritiene di individuare nella rimozione del magistrato dall'ordine giudiziario.

Le modalità delle condotte sopra descritte, contraddistinte da sfacciata evidenza e da un clamoroso scostamento dal canone di rettitudine che deve caratterizzare l’agire del magistrato, dimostrano totale noncuranza non solo per l’osservanza di fondamentali regole di comportamento, ma anche per l’irrimediabile pregiudizio che dalla stessa sarebbe derivato per l’immagine del magistrato e per quella dell’ordine giudiziario, che l’odierna incolpata rappresentava davanti agli operatori del diritto e ai cittadini presenti al momento dei fatti.

La sanzione della rimozione dall’ordine giudiziario, chiesta dal Procuratore Generale, è, quindi, proporzionata alla gravità oggettiva della condotta e alla intensità del dolo intenzionale che l’ha ispirat a.

Capi D) ed H).

Le residue incolpazioni riguardano fatti che sono rimasti sforniti di prova o che sono all’evidenza disciplinarmente irrilevanti.

Così deve dirsi, innanzi tutto, dell’episodio di cui al capo H), concernente un comportamento bizzarro e caricaturale – la telefonata ad un parente nel corso di una udienza per una ragione di nessuna urgenza – che non integra tuttavia la scorrettezza grave sanzionata dalla norma incriminatrice.

La condotta descritta nella prima parte del capo D) – l’invito a pranzo dal dott.

NOME 3 - non integra, poi, un illecito disciplinare. Presa isolatamente, così come viene addebitata alla dott.ssa NOME 1 in questo procedimento, riguarda, infatti, la percezione di una liberalità rientrante nella normalità di buoni rapporti amicali e non oltrepassa la soglia della rilevanza disciplinare.

Per quanto attiene, infine, al secondo episodio contestato al capo D), va osservato che le dichiarazioni rese da NOME 517, secondo il quale la trattativa volta all’acquisto del piccolo natante non venne portata a buon fine, escludono

17 V. s.i.t. 12 maggio 2014, p. 163.

(18)

la sussistenza dell’illecito sotto il profilo oggettivo e portano, quindi, all’assoluzione della incolpata per essere rimasto escluso l’addebito.

P.Q.M.

“La Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, visti gli articoli 18 e 19 D.L.vo. 23 febbraio 2006 n. 109,

Dichiara

la dott.ssa NOME 1 responsabile degli illeciti disciplinari a lei ascritti ai capi F) e G) e la condanna alla sanzione disciplinare della rimozione.

Assolve

l’incolpata dagli illeciti a lei ascritti ai capi D) ed H) per essere rimasti esclusi gli addebiti”.

Roma, 12 luglio 2016

Il Relatore Il Presidente

(Nicola Clivio) (Giovanni Legnini)

Il Magistrato Segretario Depositato in Segreteria

(Giulio Adilardi) Roma,

Il Direttore della Segreteria (Vincenzo Palumbo)

Riferimenti

Documenti correlati

Iscrizione al III anno della Scuola di Specializzazione in Ginecologia ed Ostetricia presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” previo trasferimento.. Essendo

Marzo 1990 Medico Interno Servizio di Neuroradiologia del Dipartimento di Scienze Neurologiche Università La Sapienza Roma (direttore prof.: Luigi Bozzao) Gennaio 1991 Ammesso

• il giudice per l'indagine preliminare, dottor NOME 3, emetteva in data 5 gennaio 2010 decreto di fissazione dell'udienza preliminare per il 12 febbraio 2010;.. • soltanto in

1.All'esame nel merito delle singole incolpazioni va premesso che l'impostazione accusatoria è già stata condivisa da questa Sezione e in ordine a tale aspetto vi è

La valutazione di incidenza si applica esclusivamente con riferimento agli obiettivi di conservazione tutelati nei siti della rete Natura 2000: i corridoi ecologici,

Poco dopo un'ora (alle 19:59) l'incolpato era stato di nuovo ripreso dopo essere uscito di casa posizionando le sue borse vicino alla porta dell'ascensore per poi salire al piano

610 e 624 bis c.p., limitandosi a sottoscrivere in data 6.9.11 un decreto di rinvio a giudizio privo della indicazione della data della udienza ed emettendo solo in data 13.12.11

Il trattamento dei dati personali è finalizzato all’esecuzione dei compiti e alla gestione degli adempimenti previsti dall’ordinamento della professione di avvocato e di