• Non ci sono risultati.

Debito pubblico. Quali scenari per l Italia dopo il COVID-19? A cura di. Valerio Mancini Direttore del Centro di Ricerca della Rome Business School

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Debito pubblico. Quali scenari per l Italia dopo il COVID-19? A cura di. Valerio Mancini Direttore del Centro di Ricerca della Rome Business School"

Copied!
22
0
0

Testo completo

(1)

Quali scenari per l’Italia dopo il COVID-19?

Debito pubblico

(2)

Debito pubblico

Debito pubblico

(3)

Valerio Mancini

Rome Business School Research Center

Direttore

Analista e politologo esperto di relazioni internazionali. Ha lavorato come ricercatore

per l’Istituto Interregionale delle Nazioni Unite per la Ricerca sul Crimine e la Giustizia

(UNICRI – Torino e Roma), come consulente per l’Ufficio delle Nazioni Unite contro

la Droga e il Crimine (UNODC – Bogotá e Vienna) e per l’Organizzazione per la

Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE – Parigi) e come analista presso

il MAOC (N), Centro di Analisi ed Operazioni Marittime (Narcotici) con sede a

Lisbona. È stato assistente del Ministro Plenipotenziario presso la Rappresentanza

permanente d’Italia all’OCSE, volontario per diverse ONG e Fondazioni per lo

sviluppo di progetti sociali legati alla prevenzione del crimine e alla diffusione

della cultura della legalità in America latina. Ha collaborato come fundraiser con

il Comitato Giovani della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO ed è stato

Co-fondatore dell’associazione “BluAction.org”, legata alle tematiche di sostenibilità

ed ha lavorato per diversi centri di ricerca in Italia e all’estero.Ha partecipato alla

creazione della rete di imprese “L’AIK” impegnate nella ricerca di fondi e sviluppo di

progetti per il settore pubblico e le PMI nel cratere sismico abruzzese e, come export

manager, ha partecipato a numerose missioni imprenditoriali all’estero.Attualmente

collabora con l’Accademia Internazionale per la Sicurezza e la Difesa, MASTERY

ed è stato recentemente nominato Direttore del Dipartimento di Criminalità Trans-

nazionale presso il MISAP – Multidisciplinary Institute for Security management and

Antisociality Prevention.

(4)

Debito pubblico

Indice

INTRODUZIONE IL DEBITO PUBBLICO

Cosa si intende per “debito pubblico” 7

Differenze tra deficit, spesa pubblica e interessi sul debito 7

Situazione mondiale 9

Analisi del contesto europeo 11

LA SITUAZIONE IN ITALIA E GLI SCENARI POST-COVID

Il debito pubblico italiano 13

Chi detiene il debito pubblico e com’è ripartito tra le regioni? 13

L’eredità del COVID-19 e la sfida del Recovery Fund 15

Conclusioni Riferimenti

Debito pubblico

(5)

Introduzione

La parola debito si riferisce all’obbligo di pagamento tra due soggetti ed etimologicamente deriva dalla parola latina “debĭtus” (participio passato di debere «dovere») e ha il significato di dovuto, in quanto imposto da una legge morale, da obblighi assunti, da un diritto altrui, o perché richiesto dalle circostanze e da motivi di opportunità. Il debito pubblico, noto anche come “debito sovrano” è invece il debito totale detenuto da tutte le diverse amministrazioni dello Stato e maturato nei confronti di altri Paesi.

L’indebitamento sembra essere diventato una vera e propria moda.

Infatti, tanti governi e aziende acquisiscono crediti per finanziare le proprie spese, per vivere al di sopra delle proprie possibilità e raggiungere livelli più alti di benessere. In linea di principio è qualcosa che può apparire positiva per la crescita economica di un Paese, ma spesso ci si dimentica il problema dell’onere, in quanto nella maggior parte dei casi non sostenibile, almeno nel lungo periodo, dato che il tasso di l’indebitamento cresce al di sopra della possibilità di sviluppo dell’economia di un determinato Paese, alimentando così una valanga sempre più difficile da frenare.

Pertanto, i governi svolgono un ruolo determinante nel controllare e gestire i livelli di debito e, per anni, abbiamo assistito inermi ad una dinamica di indebitamento che sembra non avere fine, nonostante gli allarmi degli analisti economici che ci mettono costantemente in guardia, sottolineando i rischi crescenti che comporta un eccessivo indebitamento, soprattutto considerando che la maggior parte di esso si trova nelle economie più sviluppate che, finora, hanno mantenuto il loro potere economico grazie anche e soprattutto ad iniziative politico- economiche di stimolo monetario sia da parte della Federal Reserve (nel caso degli Stati Uniti) sia della Banca Centrale Europea - BCE per l’Unione Europea.

Il 2020, con la pandemia che ha sconvolto il mondo, ha visto le nazioni ampliare il loro indebitamento per far fronte all’emergenza economica. Allo stesso tempo, la crisi generale che ha caratterizzato l’economia mondiale negli ultimi anni ha messo in luce una forte decelerazione economica, oltre ad una palese insostenibilità di politiche monetarie “salva-Stati” che, di fatto, aumentano semplicemente l’inflazione, allievando la sofferenza immediata del paziente, senza però cercare in qualche modo di prevenire con interventi efficaci il degenerarsi della malattia.

In Italia, è sempre più all’ordine del giorno il dibattito sulla sostenibilità del debito pubblico del nostro Paese e sui parametri da utilizzare per valutarlo. Tra questi si cita spesso la ricchezza privata (che, nel caso dell’Italia, risulta essere molto elevata) e la distribuzione del debito in ambito regionale. Secondo le stime più recenti, è in mani estere circa un terzo del debito pubblico nostrano. Anche se la quota è, in realtà, più bassa se si considera che include istituzioni europee e società italiane cosiddette “esterovestite” . La percentuale è minoritaria ma è enorme se si guarda al 4% del 1988.

Il presente studio si concentra inizialmente sull’analisi del concetto stesso di “debito pubblico”, sottolineando l’importanza dei titoli di Stato e le differenze tra deficit, spesa pubblica e interessi sul debito. Inoltre, analizzeremo la situazione nel mondo e in Europa: secondo le stime dell’Istituto di Finanza Internazionale (IIF), il debito totale mondiale ammonterebbe a circa 247 miliardi di dollari alla fine del primo trimestre del 2018, che rappresenta un aumento dell’11%

annuo, corrispondente al 318% del PIL mondiale.

Dopo un’attenta analisi del debito pubblico italiano che, a settembre 2020, ha raggiunto la

cifra record di 2.582,6 miliardi, del modo in cui questo sia redistribuito a livello regionale, ci

soffermeremo su alcune tendenze particolarmente legate alla situazione attuale, influenzata

inevitabilmente dal blocco quasi totale dell’economia nazionale dovuto all’emergenza sanitaria

da Covid-19 a partire da marzo 2020. Analizzeremo altresì alcune previsioni future sulla base

dei dati sul debito pubblico del Fondo Monetario Internazionale – FMI e le principali manovre

finanziarie ad esso connesse. Infine, ci soffermeremo sul ruolo del Recovery Plan for Europe e

la conseguente redistribuzione dei sussidi d’emergenza del Recovery Fund tra i Paesi europei e

l’impatto stimato sul debito pubblico italiano.

(6)

Debito pubblico

Lo studio mette in luce, inoltre, che:

- In Italia, l’ipotesi di una terza ondata del Covid-19 può costare oltre 3 punti di Pil e la ripresa, prevista inizialmente per il 2021, slitterà inevitabilmente al 2022 - la manovra economica del governo italiano e il Recovery Plan avranno il compito di avviare la discesa del debito pubblico già dal 2021, con una spinta che nei primi mesi sarà integralmente a carico della legge di bilancio italiana, dato che i fondi europei cominceranno a farsi sentire non prima dell’estate

- gli altri interventi incroceranno il Recovery Fund, che però avrà tempi più lunghi, per cui una vera e propria ripresa è prevista non prima dal 2023

- l’impulso fiscale per il nostro Paese del Recovery Fund consentirebbe al rapporto debito/PIL di andare al di sotto della soglia del 140% entro il 2025.

Debito pubblico - Introduzione

(7)

Il debito pubblico Cosa si intende per “debito pubblico”

Il debito pubblico è il debito contratto dallo Stato per soddisfare il proprio fabbisogno.

In altre parole, fa riferimento alle risorse necessarie per far sì che la macchina statale, fatta di servizi e investimenti, funzioni. La differenza tra entrate e uscite di uno Stato è detta saldo primario. Nell’operazione di calcolo vanno però aggiunti gli interessi sul debito precedente che uno Stato paga ai suoi creditori. Si ha un deficit quando le entrate sono inferiori alla somma di uscite e spese per interessi. Il debito pubblico può essere definito anche come la stratificazione, anno dopo anno, dei deficit.

Pertanto, il debito pubblico è il debito contratto da uno Stato per far fronte al proprio fabbisogno. I titolari del debito pubblico, ossia i creditori dello Stato in questione, sono tutti quei soggetti che hanno finanziato lo Stato in qualche maniera. Grazie al debito pubblico ogni Stato finanzia la propria crescita economica, i servizi che offre ai cittadini, gli investimenti: per questo motivo una corretta gestione del debito pubblico è fra i più importanti compiti di ogni governo.

Gli strumenti tramite i quali uno Stato finanzia il proprio debito pubblico sono diversi. Lo strumento di gran lunga più utilizzato è senza

dubbio quello dell’emissione di obbligazioni a medio-lungo termine o a breve scadenza.

È però importante anche capire quali sono i titoli di Stato del debito pubblico. Ad esempio, nel caso dello Stato italiano gli strumenti a medio-lungo termine sono principalmente i Btp (Buoni del tesoro poliennali con scadenza variabile da 3 a 50 anni), i Cct (Certificati di credito del tesoro) o i Ccteu. Per scadenze più brevi il Ministero del Tesoro utilizza invece i Bot (Buoni ordinari del tesoro, con scadenza dai 3 ai 12 mesi) e i Ctz (Certificati del tesoro zero coupon con scadenza a 24 mesi). Strumenti simili li ritroviamo in tutte le altre nazioni del mondo (celebri ad esempio i Treasury degli Stati Uniti e il Bund tedesco).

Negli ultimi anni in Italia si sono diffusi anche i Btp€i (Buoni del Tesoro Poliennali indicizzati all’inflazione europea e i Btp Italia (Buoni del Tesoro Poliennali indicizzati all’inflazione italiana) che tengono conto dell’evoluzione dell’inflazione.

Differenze tra Deficit, Spesa Pubblica e Interessi sul Debito

Come abbiamo visto, tramite il proprio debito ogni Stato finanzia il proprio deficit, ossia la differenza tra le proprie entrate e le proprie uscite. Se il budget annuale di uno

(8)

Debito pubblico

Stato è in deficit, ossia le spese annuali risultano essere superiori alle entrante, allora bisogna ricorrere al debito che dunque aumenta per compensare il deficit. Compongono le uscite di uno Stato sia la spesa pubblica sia l’interesse sul debito (ossia sulle varie obbligazioni come i Bot o i Btp): per questo un debito fuori controllo può diventare un grande rischio per un bilancio pubblico in quanto può comportare un incremento del deficit a causa di interessi montanti e quindi un circuito negativo che può anche portare al default di uno Stato (quando questo diventa insolvente e rifiuta di pagare i propri creditori).

In diversi casi alcuni Paesi del mondo si sono visti obbligati, per evitare di essere tagliati fuori dagli investimenti internazionali, ad operare ingenti tagli alla propria spesa e al proprio Stato sociale (per esempio chiudendo scuole, ospedali e altre attività legate al servizio pubblico nazionale). Per evitare uno scenario simile, i governi cercano in genere di mantenere sotto controllo i livelli del proprio debito attraverso diversi strumenti, come ad esempio, importanti manovre finanziare di austerity (comunemente chiamate “troika”).

La gestione del debito pubblico è anche fortemente influenzata dalle decisioni di politica monetaria. Infatti, un taglio del costo del denaro, ossia dei tassi d’interesse, seppure teso alla stabilizzazione dei prezzi, comporta un minor costo del debito pubblico in quanto gli interessi che vengono pagati su di esso decrescono. Quando una banca centrale – per esempio quella degli Stati Uniti – riduce il costo del denaro indirettamente diminuisce il peso del debito pubblico contratto nella propria valuta. Nel caso dell’Unione europea, è la Banca Centrale Europea – BCE che regola il costo del denaro e quindi usa la leva monetaria a livello continentale (contemporaneamente nei confronti di tutti i paesi che utilizzano l’euro come propria moneta, l’Eurozona).

(9)

Situazione mondiale

Il mondo è in una situazione di alto indebitamento, manca però un quadro chiaro e comune quando si tratta di quantificarlo.

Partendo da questo presupposto, possiamo dedurre ragionevolmente che, tendendo conto del totale del settore sia pubblico sia privato nelle economie avanzate ed emergenti, secondo le stime dell’Istituto di finanza internazionale (IIF), il debito totale mondiale ammonterebbe a 277 miliardi di euro (dati 2020). Un valore che rappresenterebbe un rapporto debito-pil del 365%.

In tal senso, i governi di tutto il mondo hanno messo in atto misure di supporto alle economie, alle industrie e ai cittadini per contrastare gli effetti nefasti della pandemia globale di Covid-19, e tutto ciò si è tradotto in prestiti più elevati e, di riflesso, in un maggiore indebitamento. Il monitor del debito globale pubblicato dall’IIF ha calcolato che solo nei primi tre semestri del 2020 la carica del debito mondiale è cresciuta di ben 15 mila miliardi. I dati però non sono ancora definitivi e, consultando le diverse fonti, si può concludere che non c’è un effettivo consenso su quale sia il valore reale del debito a livello mondiale e che non viene misurato allo stesso modo dai diversi rapporti annuali. Tuttavia, c’è una conclusione sulla quale tutti gli esperti concordano, ovvero che il volume del debito

inizia ad essere sempre più preoccupante e mantiene a percorso di crescita difficile da fermare.

Diversi analisti, tra cui quelli del Fondo Monetario Internazionale - FMI, hanno cercato invece di stilare una vera e propria classifica degli Stati più e meno virtuosi del globo. Certo è che ciascuna lista dei Paesi con il debito pubblico più alto deve sempre essere letta con la dovuta cautela, visto che gli Stati citati sono molto diversi soprattutto dal punto di vista delle dimensioni e, di conseguenza, delle spese sostenute.

Entrando nello specifico, il Giappone continua ad essere il leader della classifica, con il più alto debito pubblico come percentuale del suo PIL, ma è in seconda posizione se sono considerati i valori assoluti. Il Giappone, infatti, ha raggiunto nel 2019 la cifra del 238% del debito pubblico e resta in testa anche in termini di debito pro capite, con una media di 80.447 euro di debito per ogni cittadino giapponese. L’altro Paese con il debito pubblico più alto rispetto al suo PIL, tuttavia, è Singapore, con un punteggio di 110,9%, che in termini assoluti è l’importo più alto della media dei Paesi sviluppati, avendo un piccolo numero di abitanti, il debito pro- capite è molto alto (54.000 euro nel 2017).

(10)

Debito pubblico Tabella 1. Debito pubblico (% PIL) > TOP 30 - Mondo

Fonte: Fondo Monetario Internazionale - FMI

Tabella 2. % provvisorie di debito pubblico lordo in relazione al PIL > TOP 20 - Mondo Fonte: Fondo Monetario Internazionale - FMI

Per il 2020, l’ultima classifica redatta dal Fondo Monetario Internazionale, mette in luce le percentuali provvisorie di debito pubblico lordo in relazione al PIL. La top 20 è così composta per il 2020 (FMI).

Giappone: 266,2%

Sudan: 259,4%

Grecia: 205,2%

Eritrea: 185,8%

Libano: 171,7%

Italia: 161,8%

Portogallo: 137,2%

Capo Verde: 136,8%

Barbados: 134,1,%

Singapore: 131,2%

Stati Uniti: 131,2%

Bahrain: 128,3%

Spagna: 123%

Mozambico: 121,3%

Bhutan: 121,3%

Belgio: 117,7%

Fancia: 118,7%

Cipro: 118,4%

Angola: 120,3%

Paesi Debito pubblico (% PIL) Anno (dati 2019)

Giappone 238 2020

Grecia 182 2020

Barbados 157 2020

Libano 147 2020

Italia 132 2020

Eritrea 131 2020

Congo 131 2020

Capo Verde 126 2020

Portogallo 126 2020

Sudan 122 2020

Singapore 111 2020

Bhutan 106 2020

Belgio 103 2020

Egitto 103 2020

Mozambico 102 2020

Giamaica 101 2020

Belize 99 2020

Spagna 98 2020

Francia 97 2020

Mauritania 97 2020

Giordania 96 2020

Siria 95 2020

Mongolia 91 2020

Canada 90 2020

Bahrein 89 2020

São Tomé e Príncipe 88 2020

Gambia 88 2020

Gran Bretagna 88 2020

Antigua e Barbuda 87 2020

(11)

Analisi del contesto europeo

Dopo l'unione economica e monetaria all'interno dei paesi membri dell'UE è stato concepito

il cosiddetto “Patto di Stabilità e Crescita”

che aveva l’obiettivo primario, prima dell'introduzione della moneta unica, di far mantere ai Paesi membri stabili i loro conti pubblici. Per permettere ciò era necessario prevedere un sistema di rigorosa supervisione dei bilanci generali degli Stati dell’Unione nonché un certo numero di politiche economiche e fiscali che agissero in modo coordinato e armonico, evitando situazioni di inflazione, deficit pubblico e debito elevato. In tal senso, va ricordato che il Patto ha imposto ai Paesi Membri dell’UE, fra i quali ovviamente l’Italia, diversi parametri di riferimento tesi a salvaguardare la tenuta dei conti pubblici nazionali e del sistema finanziario comunitario.

In estrema sintesi, le regole principali da rispettare sono principalmente quattro:

1. Il deficit non deve superare il 3%

del Pil. Il disavanzo di riferimento è quello strutturale (al netto dei fattori temporanei) e sono previste delle deviazioni dalla norma in caso di circostanze eccezionali (come terremoti o epidemie)

2. Secondo i criteri di Maastricht, il debito pubblico deve essere inferiore al 60%

del Pil. Se fosse superiore (come nel caso dell’Italia), il Paese membro deve ridurre la differenza che lo separa dall’obiettivo di un ventesimo l’anno

3. Viene posto un obiettivo di medio termine (OMT) del deficit strutturale: la spesa pubblica, al netto di parallele decisioni sul fronte delle entrate, non deve crescere più velocemente del tasso di crescita medio potenziale del Pil

4. Per bilanciare il proprio budget annuale e comprimere o annullare il proprio deficit ovviamente ogni Stato può prevedere misure sul fronte delle entrate, per esempio con l’aumento delle tasse o le privatizzazioni.

A settembre 2020, una ricerca Buy Shares ha riformulato il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo (in percentuale) delle principali potenze mondiali, mettendo in evidenza tutte le sofferenze del continente europo da questo punto di vista, ben rappresentato nella seguente top ten:

Tabella 3. Rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo (%) delle potenze mondiali – presenza Europa (dati 2020) Fonte: www.indexmundi.com

Giappone: 268,21%

Grecia: 214,29%

Italia: 156,92%

USA: 136,69%

Belgio: 121,15%

Spagna: 117,16%

Francia: 113,16%

Canada: 106,86%

Regno Unito: 100,87%

(12)

Debito pubblico

Di seguito troviamo, invece, i dati generali relativi al debito pubblico lordo in relazione al PIL dei Paesi UE. Anche in questo caso, notiamo subito, la difficile situazione debitoria dell’Italia:

Tabella 4. Debito pubblico Europa (dati 2019)

Fonte: www.indexmundi.com

Paesi Debito pubblico (% PIL) Anno

Grecia 182 2019

Italia 132 2019

Portogallo 126 2019

Belgio 103 2019

Spagna 98 2019

Francia 97 2019

Gran Bretagna 88 2019

Austria 79 2019

Croazia 78 2019

Ungheria 74 2019

Slovenia 74 2019

Albania 72 2019

Ucraina 71 2019

Irlanda 69 2019

Montenegro 67 2019

Germania 64 2019

Serbia 63 2019

Finlandia 61 2019

Paesi Bassi 57 2019

Bielorussia 53 2019

Slovacchia 51 2019

Malta 51 2019

Polonia 51 2019

Svizzera 42 2019

Andorra 41 2019

Svezia 41 2019

Islanda 40 2019

Lituania 40 2019

Bosnia-Erzegovina 40 2019

Macedonia 39 2019

Romania 37 2019

Norvegia 37 2019

Lettonia 36 2019

Danimarca 35 2019

Repubblica ceca 35 2019

Moldavia 32 2019

Turchia 28 2019

San Marino 24 2019

Bulgaria 24 2019

(13)

La situazione in italia e gli scenari post-covid

Il debito pubblico italiano

Negli ultimi mesi l’indebitamento dell’Italia è salito vertiginosamente a seguito delle misure eccezionali per arginare la crisi da Covid-19. Anche la Commissione Europea ha richiamato l’attenzione dell’Italia sugli squilibri legati al debito pubblico. Non ha stupito sapere, quindi, che il nostro Paese si colloca nelle prime posizioni della classifica delle nazioni con debito pubblico più alto al mondo.

Secondo i dati diffusi dall’ultimo bollettino della Banca d’Italia, al 31 ottobre 2020 il debito pubblico italiano aveva sfiorato i 2.587 miliardi di euro rispetto ai quasi 2.584 miliardi di inizio mese. Si tratta del nuovo massimo storico. L’incremento mensile è stato pari a oltre 3 miliardi di euro; rispetto al dato dello stesso mese dello scorso anno (2.448 miliardi di euro, dato rivisto) il debito pubblico è cresciuto di quasi 139 miliardi. A fine 2019 il debito pubblico italiano era pari a poco meno 2.410 miliardi. Per capire quanto il debito pubblico pesi su un Paese si rende in rapporto al prodotto interno lordo. Alla fine del 2018, il debito pubblico italiano era pari al 134,8% del Pil, una delle percentuali più alte al mondo.

Storicamente, il debito pubblico italiano è

andato crescendo dalla metà degli anni ‘60, fino ad una netta impennata avvenuta negli anni ‘80. Dopo gli accordi di Maastricht e l’arrivo dell’euro (che ha ridotto i tassi sui titoli di Stato), c’è stato un calo. Infatti, secondo i criteri di Maastricht, come abbiamo visto, uno Stato dovrebbe avere un rapporto debito/Pil inferiore al 60% o (come nel caso dell’Italia) dare segnali di riduzione (sempre in rapporto al prodotto interno lordo). Un debito eccessivo potrebbe portare un Paese a non rispettare i propri impegni, e quindi al cosiddetto “default”. Il debito però, sia per una contrazione del Pil sia per l’esigenza di maggiore spesa pubblica, tende ad aumentare in fasi di stagnazione o recessione. Ecco perché ha avuto un nuovo sussulto dopo la crisi finanziaria del 2008, per poi appiattirsi negli ultimi anni.

Chi detiene il debito pubblico e com’è ripartito tra le regioni?

Si discute spesso sulla sostenibilità del debito pubblico italiano e sui parametri da utilizzare per valutarlo. Tra questi, viene spesso citata la ricchezza privata che, nel caso dell’Italia, è piuttosto elevata e la distribuzione del

debito. Tendenzialmente, infatti, potrebbe essere più rischioso che sia a disposizione di privati e/o di operatori esteri. Secondo le stime più recenti, è in mani estere circa un terzo del debito pubblico. Anche se in realtà la quota è più bassa se si considera che include istituzioni europee e società italiane esterovestite. Questa percentuale risulta essere ancora minoritaria ma deve far preoccupare non poco se si guarda al 4% del 1988.

Pertanto, l’insieme del sistema Italia riporta un debito/pil superiore al 160% il che crea uno squilibrio per l’intero sistema per la forte tassazione resa necessaria per supportare la spesa pubblica e ripagare gli interessi sul debito.

Tuttavia Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Toscana, Marche e Piemonte hanno un debito/pil intorno all’80% che rende il loro sistema economico migliore di quello tedesco.

Di contro il Meridione ha invece un debito/

pil del 230% con punte di oltre il 300%

(tabella 5). Pertanto, troviamo le migliori performance in Lombardia (71,9%), mentre il dato peggiore spetta alla Calabria (305,3%).

Tabella 5. Rapporto debito/pil (dati %) Percentuale sul Pil

Lombardia 71,9

Emilia - Romagna 73,3

Veneto 74,8

Marche 78

Piemonte 80,9

Lazio 107,7

Trentino - SudTirolo 117,7

Umbria 120,5

Friuli - Trieste 125

Liguria 127,7

Abbruzzo 143,7

Valdaosta 186,2

Campania 217,2

Puglia 223,1

Sardegna 237,8

Molise 239,8

Basilicata 254

Sicilia 256,3

Calabria 305,3

(14)

Debito pubblico

Da agosto 2020 sono entrate in vigore in Italia le nuove regole del cosiddetto “Codice della crisi”, il cui obiettivo principale è di aiutare i soggetti sovrindebitati a provare ad uscire, almeno temporaneamente, dalla crisi. In attesa dei cambiamenti previsti per i prossimi mesi, abbiamo elencato le 5 regioni italiane dove si registra la quota mensile pro-capite più alta e il conseguente debito residuo medio (tabelle 6 e 7).

Abbiamo notato ad esempio che, in Trentino Alto Adige, i cittadini versano ogni mese una rata media pro capite di 430 euro, a fronte di una media nazionale di 344 euro (poco meno del doppio rispetto alla Sardegna, ultima in classifica con un valore medio di 285 euro). Sempre il Trentino Alto Adige è anche la regione italiana ad avere il debito residuo medio più alto, con un valore di 43.289 euro. Analizzando i dati del CRIF (Centrale Rischi Finanziari), al secondo posto nella classifica delle regioni dove è più alta la rata mensile pro-capite figura invece il Veneto con 390 euro, seguita in terza posizione dalla Lombardia (387 euro). Le due regioni si scambiano la posizione nella seconda classifica, quella relativa al debito residuo medio, con la Lombardia al secondo posto dietro il Trentino Alto Adige a quota 41.189 euro, seguita da Emilia Romagna (38.022 euro) e Veneto (37.709 euro).

Quinta posizione, infine, per la Toscana, con un debito residuo pari a 37.000 euro netti (tabelle 6 e 7).

Tabella 6. Classifica rata mensile pro-capite: le prime 5 regioni in Italia

Tabella 7. Classifica debito residuo medio: la top 5 italiana

Analizzando l’andamento regionale degli anni precedenti, notiamo che i debiti delle regioni italiani nel 2017 sono stati pari a 1.268 milioni di euro che corrispondono al 44,9% in meno rispetto all’anno precedente.

Ma l’anno prima, il 2016, si era saliti del 43,6%, e quello precedente, il 2015, erano stati richiesti addirittura il 622,4% di prestiti in più che nel 2014. Nello stesso 2017 il debito residuo contratto con i privati dalle regioni era di 14 miliardi e 781 milioni.

Se ci soffermiamo invece sul debito pro- capite, notiamo un miglioramento nel quinquennio 2012-2017. Nel 2012, infatti, si raggiunse il livello recordo di 17 miliardi e 438 milioni di euro. Come abbiamo visto il comportamento delle regioni non è certamente omogeneo. Ad esempio, il Lazio si distanzia dalle altre regioni ponendosi in testa in quanto a debito residuo calcolato in valore assoluto (4,925 milioni di euro – dati 2018).

Se ci soffermiamo invece sul debito pro-capite, notia- mo un miglioramento nel quinquennio 2012-2017

1 – Trentino Alto Adige (43.289 euro) 2 – Lombardia (41.189 euro)

3 – Emilia Romagna (38.022 euro) 4 – Veneto (37.709 euro)

5 – Toscana (37.000 euro) 1 – Trentino Alto Adige (430 euro) 2 – Veneto (390 euro)

3 – Lombardia (387 euro)

4 – Emilia Romagna (370 euro)

5 – Toscana (364 euro)

(15)

L’eredità del COVID-19 e la sfida del Recovery Plan

Il 27 maggio del 2020, la Commissione Europea ha diffuso i dettagli della proposta di un piano di aiuti finanziari, denominato Recovery Plan for Europe, ai paesi membri dell’Unione Europea con lo scopo di mitigare le conseguenze negative sull’economia delle misure di contenimento adottate per contrastare la diffusione della pandemia Covid-19.

Il piano prevede lo stanziamento di circa 500 miliardi di contributi a fondo perduto e di ulteriori 250 miliardi in prestiti (750 miliardi in totale). L’operazione verrebbe finanziata con l’emissione di obbligazioni a lungo termine (recovery bond) da parte della Commissione, che diventerebbe il più grande emittente europeo.

La novità del programma risiede proprio in quest’ultimo aspetto. La restituzione del prestito ottenuto attraverso l’emissione dei bond sarebbe finanziata dal bilancio

europeo, a sua volta finanziato da contributi da parte dei singoli Paesi.

Lo schema di distribuzione delle risorse rese disponibili dal programma privilegerebbe i Paesi membri più colpiti dalla pandemia e con margini di intervento fiscale più limitato.

Seguendo questa logica, il trasferimento più consistente verrebbe accordato all’Italia, che avrà a disposizione 81,9 miliardi di stanziamenti (grants) e 90,9 di prestiti (loans).

In rapporto alla dimensione dell’economia, il contributo a fondo perduto a favore del nostro Paese sarebbe pari a circa il 5% del PIL, mentre riceverebbero trasferimenti superiori,

sempre in rapporto al PIL, Spagna, Portogallo, Slovacchia e Grecia, quest’ultima di oltre il 15%. I contributi a favore degli altri Paesi non supererebbero il 2% delle rispettive economie (Tabella 8).

Tabella 8. La ripartizione delle risorse del Recovery Fund proposta dalla Commis- sione UE tra stanziamenti (grants) e prestitti (loans) in miliardi di euro (Paesi UE) :

Paese Stanziamenti Prestiti

Belgio 5,5 0

Bulgaria 9,2 3,1

Repubblica Ceca 8,6 10,6

Danimarca 1,2 0

Germania 28,8 0

Estonia 1,9 1,4

Irlanda 1,9 0

Grecia 22,6 9,4

Spagna 77,3 63,1

Francia 38,8 0

Croazia 7,4 2,7

Italia 81,8 90,9

Cipro 1,4 1,9

Lettonia 2,9 1,6

Lituania 3,9 2,4

Lussemburgo 0,2 0

Ungheria 8,1

Malta 0,3 0,6

Olanda 6,8 0

Austria 4 0

Polonia 37,7 26,1

Portogallo 15,6 10,9

Romania 2,6 2,5

Slovacchia 7,9 4,9

Finlandia 3,5 0

(16)

Debito pubblico

Secondo le stime di Oxford Economics, società di consulenza macroeconomica britannica, l’impulso fiscale per il nostro Paese del Recovery Fund consentirebbe al rapporto debito/PIL di andare al di sotto della soglia del 140% entro il 2025.

A tal proposito, in Italia ha chiuso il 2020 con un debito pubblico di 194 miliardi sopra i livelli di fine 2019. La manovra economica del governo italiano e il sopracitato Recovery Plan avranno il compito di avviare la discesa già dal 2021, con una spinta che nei primi mesi sarà integralmente a carico della legge di bilancio italiana, dato che i fondi europei provenienti dal “Recovey Fund” cominceranno a farsi sentire non prima di metà anno.

Il Recovery Fund nasce da una remota proposta francese elaborata con lo scopo di emettere i Recovery Bond, con garanzia nel bilancio UE. Riassumendo le parole del Presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, si tratta di “un fondo per la ripresa con titoli comuni europei per finanziare la ripresa di tutti i Paesi più colpiti, tra cui l’Italia”.

Il fondo è stato quindi approvato dopo un accesso dibattito tra i Paesi membri (con una forte opposizione specialmente da parte dei governi di Polonia e Ungheria) e, nel Consiglio europeo di luglio 2020, è stato elaborato il suddetto piano definitivo da 750 miliardi di euro così suddivisi:

Tabella 9. Suddivisione sussidi Recovery Fund (tipologia) Fonte: www.money.it

Pertanto, la carica iniziale per la ripresa dell’economia italiana toccherà in gran parte alla manovra economica nazionale, che sarà però concentrata sul rifinanziamento di misure già in vigore (ammortizzatori sociali, riservati ai settori più in crisi, bonus 100 euro, decontribuzione al Sud, tra gli altri) oltre che sul rilancio di Impresa 4.0 (tra cui spiccano la rivoluzione green, digitalizzazione e rinnovo delle infrastrutture pubbliche); il Recovery Plan arriverà dopo, e diventerà protagonista dal 2022 quando si sobbarcherà la quota principale dell’espansione affidata alla politica economica.

Il programma è ambizioso, affidato com’è all’obiettivo di circa 45 miliardi di crescita extra nei prossimi tre anni alimentata anche da un rilancio degli investimenti privati che, secondo il quadro macroeconomico

programmatico, salirebbero del 27%.

Le crescenti incognite sul futuro della pandemia e lo “scenario avverso”

caratterizzato dall’ipotesi di una forte terza della pandemia rischiano di portare il Pil del 2021 alla preoccupante quota di 1,8%

(cioè 3,3 punti sotto il 5,1% del tendenziale ufficiale). In pratica, il vero rimbalzo sarebbe rimandato di un anno, così come l’inizio della discesa del maxi-debito, e il ritorno del Pil ai livelli pre-Covid dovrebbe arrivare verso la fine del 2023.

Lo scenario più ottimistico è invece basato sullo scenario di una curva epidemica che resta sotto controllo e di una distribuzione dei vaccini dal primo trimestre del 2021, che a metà anno permetterebbe al governo di allentare gran parte delle misure restrittive e dare avvio alla vera e propria ripresa

economica. In questa prospettiva, l’obiettivo, indicato anche dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, è di far rimarginare entro il 2022 le ferite aperte dalla pandemia nella produzione di ricchezza.

In ogni caso, in termini di finanza pubblica è attualmente previsto un peggioramento di 151,3 miliardi del saldo primario rispetto al 2019 (da +1,8% del Pil a -7,3%), che andrebbe a generare una decisiva caduta delle entrate (quelle tributarie si fermano 41,7 miliardi sotto i livelli dell’anno scorso, con una flessione dell’8%) e da un’impennata della spesa (95,1 miliardi in più al netto degli interessi; +11,7%) per gli ammortizzatori sociali e le altre misure anticrisi.

360 miliardi prestiti

312,5 miliardi sussidi ai singoli Paesi

47,5 miliardi ReactEu (fondi di risposta all'emergenza covid)

5 miliardi (dovevano essere 13,5) Horizon Europe (il maggiore programma Ue per la ricerca scientifica) 5,6 miliardi (dovevano essere 30,3) InvestEu (per gli investimenti strategici comunitari)

7,5 miliardi Sviluppo rurale

10 miliardi (dovevano essere 10) Just Transition Fund, chiave di volta della transizione ambientale 1,9 miliardi RescEu (programma di protezione civile europea)

(17)

Conclusioni

(18)

Debito pubblico

Conclusioni

La stragrande maggioranza dei Paesi del mondo sono letteralmente “drogati” dai debiti e caratterizzati dalla scarsa volontà politica di ridurli in modo significativo, attraverso manovre economiche di riduzione della spesa pubblica. Pertanto, non vi è dubbio sul fatto che nei prossimi anni sarà necessario continuare ad emettere debito in una specie di circolo vizioso legato ad alcune parole chiave come deficit, tasse e debito pubblico.

La crescita economica, sinergicamente accompagnata da un’inflazione controllata, è il migliore antidoto per far fronte al debito elevato, sempre e quando la sudetta crescita non si traduca in un aumento delle spese pubbliche incontrollate che, come spesso accade, generano bilanci in forte passivo.

Le possibili soluzioni includono:

- attuare riforme strutturali che permettono di ridurre la spesa pubblica ed avere un migliore controllo del deficit

- aumentare i livelli di inflazione in modo che il debito, in termini reali, possa essere ridotto.

Tuttavia questa misura rappresenta un’arma a doppio taglio perché porta con sé un aumento dei prezzi e l’attuazione di politiche monetarie contrattive come l’aumento

dei tassi di interesse e, dato l’alto livello di indebitamento sovrano, rappresenterebbe un colpo diretto per quelle economie instabili e già in crisi, che rischierebbero comunque di aumentare il loro deficit nel lungo periodo Pertanto, da un punto di vista politico-fiscale, i governi hanno poco margine manovra a causa dell’alto livello di debito e delle stringenti politiche monetarie. Negli ultimi anni, infatti, i due principali blocchi economici mondiali, gli Stati Uniti e l’Europa hanno annunciato a gran voce, prima dell’emergenza sanitaria, la fine degli stimoli di liquidità, che, in sostanza, si traduce in una minore disponibilità di denaro e un conseguente aumento del tasso di interesse.

Partendo quindi da questa prospettiva, i governi dovranno predisporre con una certa urgenza fondi dedicati alla ristrutturazione e razionalizzazione della spesa pubblica, in modo da ridurre i loro livelli di disavanzo.

Pertanto, la principale raccomandazione per i Paesi con più alti livelli di debito pubblico è quella di concentrarsi sul bilanciamento dei conti pubblici, con l’obiettivo di ricercare, attraverso manovre economiche adeguate, quel surplus necessario a garantiere

un margine sufficiente per affrontare le previsioni, certamente non rosee, dell’era post-Covid.

Vale però la pena di sottolineare che, indipendentemente dalle decisioni che verranno prese, i livelli attuali di indebitamento sono senza alcun dubbio un ostacolo per la crescita delle economie, in quanto, all’aumentare del rischio finanziario, gli investitori abbassano le loro aspettative e quindi i livelli di investimenti diretti esteri (IDE) diminuiscono a causa della maggiore incertezza sul futuro degli aumenti fiscali atti a consentire il pagamento di un debito crescente.

La soluzione più adatta, ma meno realistica, sarebbe che ci fosse un consenso politico unanime su tutti i livelli, quantomeno tra tutti i Paesi delle economie più sviluppate.

Per fare ciò bisognerebbe mettere da parte le ideologie e gli interessi di partito, concordando chiari obiettivi a breve termine e remando quindi tutti nella stessa direzione verso obiettivi di lungo periodo.

Vale la pena, inoltre, menzionare il dibattito sempre più all’ordine del giorno su un possibile azzeramento del debito, come

unica soluzione possibile. Chiedere una cancellazione del debito da parte delle banche centrali non solo sarebbe inutile, ma anche controproducente. Servirebbe infatti soltanto ad aumentare i timori degli investitori, che avrebbero paura di poter diventare le prossime vittime di un default pubblico. Infatti, un’ipotesi del genere determinerebbe un incremento dei premi di rischio inclusi nei loro costi di indebitamento, e di conseguenza, un incremento del costo del debito pubblico.

Analizzando in tal senso il caso specifico dell’Eurozona, nemmeno i risparmiatori europei beneficerebbero della cancellazione del debito pubblico in mano alle banche centrali: l’aumento dei tassi di interesse, infatti, e dei premi nei mercati del debito sovrano si tradurrebbe in una perdita di valore per i risparmi investiti in assicurazioni sulla vita o in fondi pensionistici. Inoltre, metterebbe a rischio l’indipendenza della banca centrale e la credibilità della stessa valuta, alimentando la diffidenza degli investitori e quindi un aumento dei premi di rischio.

Tornando alla situazione di emergenza, non soltanto sanitaria, che stiamo affrontando a

(19)

causa del Covid-19, il 2020 sarà certamente ricordato come un anno particolarmente difficile per i conti pubblici degli Stati nel mondo. La pandemia ha sconvolto infatti ogni attesa e ridisegnato le priorità di spesa per i Governi.

In Italia, la crisi provocata dal contagio da coronavirus ha fortemente condizionato il Documento di economia e finanza, che non solo è stato presentato con circa 15 giorni di ritardo, ma per la prima volta è limitato alle previsioni per l’anno in corso e quello successivo, data l’estrema incertezza dell’evolversi della situazione.

Anche gli obiettivi di finanza pubblica risultano completamente stravolti e la Commissione europea ha sospeso per il 2020 il rispetto dei vincoli di bilancio previsti dal Patto di Stabilità e Crescita.

In tale contesto, la nostra analisi, d’accordo con le stime di Bankitalia, ha messo in evidenza i seguenti possibili trend futuri per l’Italia:

- l’indebitamento netto, è balzato al 7,1%

nel 2020 (dati ancora non ufficiali) ma ,secondo il quadro tendenziale, salirà al 10,4% con i nuovi interventi a supporto dei settori economici e delle famiglie, per circa 55 miliardi di ulteriore deficit che saranno autorizzati dal Parlamento. Nel 2021, dovrebbe poi dimezzarsi al 5,7%

- il debito pubblico (in rapporto al Pil) è esploso nel 2020, e rischia di superare il 160% con le nuove misure in corso di approvazione.

- la possibile terza ondata del Covid può costare oltre 3 punti di Pil e la ripresa slitterebbe quindi al 2022

- In Italia il divario Nord/Sud è destinato ad aumentare anche in termini di debito pubblico. Attualmente alcune regioni del Centro-Nord hanno un debito/pil intorno all’80% (in linea con i Paesi europei più virtuosi). Di contro il Meridione ha invece un debito/pil medio del 230% con punte di oltre il 300%

- gli interventi nazionali incroceranno il Recovery Fund, che però, come abbiamo visto, avrà tempi più lunghi ed è atteso nel ruolo di protagonista della crescita solo dal 2023 (con 8 decimali di Pil aggiuntivo dopo i 4 attribuitigli nel 2022). La sua partenza effettiva, incognite negoziali europee permettendo, è prevista intorno a metà anno, per cui la manovra dovrà anticipare alcuni interventi: dal rilancio di Industria 4.0 alla nuova spinta per gli investimenti pubblici e privati. Inoltre, di fronte ai tempi brevi imposti per la progettazione del Recovery Plan italiano, sarà necessario creare una struttura dedicata, accentrata su un unico punto di comando.

(20)

Debito pubblico

Riferimenti

(21)

Riferimenti bibliografici

ANIA – Associazione Italiana fra le imprese assicuratrici (2020), TRENDS –Weekly Update. Scenari economici, mercati finanziari, materie prime, 1 giugno – 5 giugno 2020

Banca d’Italia - Eurosistema (2019), Economie regionali. L’economia delle regioni italiane. Dinamiche recenti e aspetti strutturali

EAE Business School (2018), Deuda Pública, 2018

IIF - Institute of International Finance (2020). Global Debt Monitor. Sharp spike in debt ratios

Rome Business School (2020), Il malessere demografico italiano

Riferimenti web

• http://www.dt.mef.gov.it/it/debito_pubblico/enti_locali/statistiche/

• https://www.ania.it/-/l-impatto-del-covid19-sulla-spesa-sanitar-1

• https://www.borsaitaliana.it/notizie/sotto-la-lente/debito-pubblico.htm

• https://www.iif.com/publications/global-debt-monitor

• https://www.ilsole24ore.com/art/cancellare-debiti-pubblici-porterebbe-fine-dell-euro-ADwEB04

• https://www.imf.org/external/datamapper/GGXWDG_NGDP@WEO/OEMDC/ADVEC/WEOWORLD

• https://www.indexmundi.com/map/?t=50&v=143&r=xx&l=it

• https://www.money.it/debito-pubblico-piu-alto-classifica-paesi-Italia-FMI

• www.crif.it

(22)

Debito pubblico

Riferimenti

Documenti correlati

Resta inteso che il Referente di Prodotto rimarrà in ogni caso responsabile nei confronti di SACE per ogni utilizzo del Portale Garanzia Italia mediante i Codici

La posizione di forza degli Usa alla fine del conflitto giustificarono la decisione di diversi stati di depositare parte delle loro riserve auree presso gli Stati Uniti – FED

10: Tasso medio di interesse sui titoli di Stato, spesa per interessi in percentuale del debito pubblico e vita residua media in anni dei titoli di Stato dal 1995 al 2015,

Il danno erariale era imputabile al convenuto nelle qualità plurime rivestite all’ epoca dei fatti, cioè di sindaco autore dello scambio di mail con la Felici

61.044,32 Gestione commissariale Ammontare complessivo dello stock di debiti commerciali residui scaduti e non pagati alla ne dell'esercizio precedente di cui all'articolo 1,

Id., Banchi e Monti pubblici a Milano tra interessi privati e pubbliche neces- sità cit. Anche se in origine è conce- pito come istituto di credito rivolto ai grandi operatori

La seconda è che tali misurazioni non tengono conto delle variazioni delle poste patrimoniali attive: per misurare il livello effettivo di indebitamento dello Stato, si

13 Riportiamo un passaggio della Relazione al Parlamento: Pur in un contesto in cui rimane elevato il grado di incertezza sulla prossima evoluzione della pandemia e della