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1.1 Aspetti introduttivi e caratteri peculiari della MiFID 1.MiFID

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1.MiFID

1.1

Aspetti introduttivi e caratteri

peculiari della MiFID

La “Market in Financial Instruments Directive” fa riferimento alla Direttiva 2004/39/CE ed è relativa ai mercati degli strumenti finanziari. Questa ha abrogato la precedente Direttiva Eurosim del 93 e recepita in Italia con il noto Decreto Eurosim del 96, poi confluito nel TUF.

Possiamo dire che l’esigenza principale della MiFID è quella di creare un

level playing field tra le diverse trading venues, in modo da assicurare

maggiore protezione agli investitori e libertà di svolgimento dei servizi di investimento in tutta la comunità europea.

Tale direttiva, approvata il 21 aprile 2004, rappresenta una delle colonne portanti del FSAP del 99 (Financial Services Action Plan), che ha portato profondi cambiamenti nei mercati finanziari europei.

Si basa essenzialmente su una struttura di legge ideata dal “Comitato dei Saggi” con il metodo conosciuto come “making law” o anche “procedura

Lamfalussy” dove la suddetta direttiva rappresenta solo il primo di quattro

livelli di legge previsti. Al secondo livello vi è una direttiva contenente le modalità di esecuzione della MiFID (Direttiva 2006/73/CE), mentre Il terzo livello prevede la cooperazione tra le autorità nella fase di attuazione della disciplina comunitaria nonché l’attività interpretativa da parte del CESR, infine il quarto livello prevede le attività di enforcement e di controllo dello stato di implementazione. A livello nazionale il recepimento dei primi due livelli è stato realizzato con il D.Lgs del 17

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settembre 2007 n. 164, mentre i regolamenti applicativi di competenza della Banca D’Italia e Consob1 sono stati emanati il 29 ottobre 2007 e sono entrati in vigore, così come il decreto di recepimento, il primo novembre 2007.

La direttiva Eurosim è stato sicuramente un passo importante verso quello che era l’obiettivo di creare un vero ed integrato mercato europeo dei servizi finanziari, ma si è dimostrata insufficiente sia in quanto obsoleta rispetto alle radicali trasformazioni intervenute dopo l’introduzione dell’Euro e sia perché conteneva principi di carattere generale che lasciavano ampi spazi discrezionali ai singoli stati membri, e ciò comportava la riduzione della competitività dei mercati dovuta appunto a divergenze delle differenti regolamentazioni. Diciamo che la previgente direttiva aveva creato le condizioni per consentire alle imprese di investimento e agli intermediari bancari di prestare determinate attività riservate, qualificate come servizi di investimento nei diversi Stati membri2.

Quindi la cosiddetta armonizzazione minima aveva creato una specie di concorrenza al ribasso tra ordinamenti per questo motivo il legislatore comunitario, con la MiFID, aveva deciso di passare da una armonizzazione debole ad una armonizzazione forte, con un quadro normativo più dettagliato e prescrittivo anche per materie finora non affrontate e regolamentate dalla normativa comunitaria, in modo da creare una maggiore omogeneità tra le discipline comunitarie, prevenire

1

Si fa riferimento al “Regolamento CONSOB n. 16190 sugli intermediari”, al “Regolamento CONSOB n. 16191 sui mercati” ed al “Regolamento congiunto BANCA D’ Italia- CONSOB in materia di organizzazione e procedure degli intermediari che prestano servizi di investimento o di gestione collettiva del risparmio”, tutti provvedimenti del 29 ottobre 2007, entrati in vigore il 1° novembre 2007. (IL MERCATO MOBILIARE: L’EVOLUZIONE STRUTTURALE E NORMATIVA, QUIRICI 2010.

2

I principi cardine della direttiva Eurosim erano quelli del mutuo riconoscimento della autorizzazione concessa dal Paese di origine e dell’home country control sulla stabilità patrimoniale.

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arbitraggi regolamentari e favorire quindi concorrenza ed efficienza dei mercati.

Questa “forte armonizzazione” comporta però alti costi ci compliance per intermediari e mercati; si fa sentire quindi il bisogno di trovare un difficile equilibrio tra una disciplina molto dettagliata e l’esigenza di minimizzare i costi della regolamentazione.

Come detto in precedenza, la Direttiva MiFID è una colonna portante del FSAP e quindi ritroviamo una coincidenza tra gli obiettivi generali3:

1. Tutela degli investitori: è il principio base della direttiva, per il rispetto del quale le imprese di investimento sono tenute ad una rigorosa classificazione della proprio clientela e al rispetto di specifiche regole di comportamento

2. Integrità dei mercati: deve essere sempre garantita da comportamenti onesti, equi e professionali.

3. Maggiori livelli di efficienza, trasparenza ed integrazione delle infrastrutture di negoziazione, ottenuti attraverso:

• Rafforzamento dei meccanismi concorrenziali, affidato all’abolizione dell’obbligo di concentrazione degli scambi sui mercati, con l’apertura a nuove trading venues poste in ottica competitiva tra di loro al fine di ridurre i costi dei servizi;

• Nuove regole per tutte le piattaforme di negoziazione: mercati regolamentati, Multilateral Trading Facilities ed internalizzatori sistematici;

• Trasparenza delle informazioni pre e post trade

(trasparency policy).

4. Rafforzamento dei sistemi di governance, con un’attenta gestione e controllo dei potenziali conflitti di interesse e la previsione di

3

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compliance arrangements, con l’adozione di sistemi di controllo

interni relativi ad assetti organizzativi, reporting e definizione delle responsabilità.

La direttiva lascia ai singoli paesi membri il compito di rilevare la migliore “declinazione” nazionale dei principi generali condivisi; inoltre con la direttiva di secondo livello, attuativa della MiFID è stata inserita una norma, Gold Plating, con la quale si vieta di prevedere norme più restrittive rispetto a quelle poste dalla direttiva di secondo livello MiFID.

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1.2 I contenuti essenziali della MiFID e

la classificazione della clientela

1.2.1 Principali novità per la clientela

Uno dei principali obiettivi della MiFID è stato quello di mettere al centro l’investitore, creando attorno a questa figura diverse fasce di tutela in base alla sua “qualifica”. Prima di tutto si cerca di dare all’investitore un’ampia scelta di servizi, di migliore qualità e a prezzi bassi, tutto ciò è reso possibile dalla concorrenza che si è cercato di creare, come più volte detto, tra i vari intermediari. Poi si cerca di dare garanzia ai risparmiatori imponendo specifici obblighi alle imprese di investimento tra i quali:

• l’obbligo di dare sufficienti ed esaustive informazioni al cliente in modo da metterlo in condizione di valutare bene l’affidabilità dell’intermediario e l’investimento al quale sta facendo fronte; • e l’obbligo di garantire il rispetto dell’interesse del cliente.

Per quanto concerne l’informativa, tutti gli intermediari autorizzati devono differenziare la clientela in tre categorie:

1. Investitori retail; 2. Investitori istituzionali;

3. Controparti qualificate (eligible counterpaties).

Le tre classi beneficiano di diversi livelli di tutela, che è massima per gli investitori retail e che si va ad attenuare con la seconda classe ed infine è minima con le controparti qualificate in quanto questa categoria è composta da una componente evoluta degli investitori istituzionali e non necessitano la “protezione” di cui hanno bisogno i piccoli investitori.

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Come è facile notare si ha un grado crescente di conoscenza ed esperienza finanziaria dalla prima alla terza classe, e quindi la scelta del legislatore è quella di tutelare maggiormente il cliente ritenuto “debole”.

L’intermediario è tenuto a comunicare al cliente la categoria alla quale questo è stato inserito con tutte le sue implicazioni relative al livello di tutela, obblighi informativi, etc..

Già dal momento del primo contatto con un nuovo cliente gli operatori devono attivare il processo di classificazione della clientela, in assenza del quale non può essere prestato nessun servizio, né d’investimento né accessorio. Questo però, non si esaurisce al primo contatto tra operatore e cliente; può accadere infatti che il cliente possa subire uno spostamento di classe sia sulla base dell’iniziativa dell’intermediario, e sia sulla base di una specifica richiesta dell’interessato; ed è ancora possibile che il cliente si trovi in una specifica categoria per determinati servizi e in un’altra categoria per altri tipi di servizi.

Ogni intermediario è tenuto ad adottare per iscritto misure appropriate per classificare i propri clienti con il fine di gestire correttamente il processo di catalogazione della clientela.

Per quanto riguarda il processo di classificazione, possiamo dire che si articola in tre fasi;

1. Nella prima fase l’intermediario acquisisce dal cliente tutte le informazioni e documentazioni necessarie per effettuare la verifica dei requisiti che potrebbero portare a considerare il cliente come controparte qualificata o cliente professionale.

2. La seconda fase consiste nell’informare il cliente in merito alla categoria in cui è stato inserito e le diverse implicazioni che seguono, e poi fornendo informazioni al cliente riguardo ai diversi gradi di tutela delle diverse classi.

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11

3. L’operatore ha poi l’obbligo di informare il cliente circa l’eventuale diritto di chiedere una diversa classificazione, sottolineando i possibili limiti che ne deriverebbero sotto il profilo della tutela. Come ben si può intendere vi possono essere diversi passaggi di classe, ma deve essere posta particolare attenzione quando un cliente retail chieda che venga classificato come cliente professionale (su richiesta); questo spostamento di classe comporta una rinuncia da parte del cliente a una parte della tutela riconosciutagli dalla normativa, e quindi l’operatore deve mostrare al cliente le conseguenze pratiche della sua scelta, e richiedere documentazioni e informazioni aggiuntive che permettano di valutare che il cliente sia idoneo a far parte di quella determinata classe.

Quando si tratta di persone giuridiche , la valutazione viene fatta sulla persona autorizzata ad effettuare le operazioni o sulla persona giuridica stessa.

Qualora il cliente divenuto professionale volesse tornare ad essere qualificato come cliente al dettaglio deve effettuare una richiesta scritta all’intermediario; invece i clienti considerati professionali di diritto potrebbero richiedere una variazione della classificazione come clienti al dettaglio per particolari operazioni di investimento quando non siano in grado di valutare correttamente queste operazioni o i rischi da questi derivanti; l’intermediario può accogliere o rifiutare questa richiesta e lo stesso si ha nel caso in cui una controparte qualificata decida di essere trattata come cliente professionale in via generale o per singola operazione.

Il cliente al dettaglio è definito in negativo, in quanto né cliente professionale né controparte qualificata.

Come si è già accennato i clienti professionali possono essere “di diritto” o “su richiesta”.

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Tra i soggetti di diritto vi sono:

• soggetti autorizzati per operare nei mercati finanziari: enti creditizi, imprese di investimento, OICR, SGR, fondi pensione, membri della borsa, negoziatori in c/proprio di merci, altri investitori istituzionali, le imprese di assicurazioni

• le imprese di grandi dimensioni che rispettano criteri quantitativi • governi nazionali e regionali, enti pubblici, banche centrali,

istituzioni internazionali e sovranazionali

• altri investitori istituzionali la cui attività principale è investire in strumenti finanziari compresi gli enti dediti alle cartolarizzazioni di attivi o altre transazioni finanziarie

Tra i soggetti, come già detto, su richiesta vi sono:

• clienti che su richiesta possono essere trattati come professionali, ma solo dopo una valutazione adeguata da parte dell’impresa di investimento

Spetta al cliente considerato professionale chiedere un livello più elevato di protezione, attraverso un accordo scritto con l’impresa di investimento.

Gli stati membri riconoscono come controparti qualificate:

• le imprese di investimento, gli enti creditizi, le imprese di assicurazioni, gli OICVM, fondi pensione, SGR, istituzioni non rientranti nel campo di applicazione della MiFID, i governi nazionali, le banche centrali e le organizzazioni sovranazionali; è però necessaria la conferma del soggetto di essere trattato come controparte qualificata.

• La classificazione come controparte qualificata non pregiudica il diritto del soggetto richiedente di chiedere in via generale o per singola negoziazione di essere assoggetto alle norme di

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comportamento (art. 19), alla best execution (art. 21) ed alle order handling rules (art. 22), sia come cliente retail che come professional.

• Tale categoria è valida limitatamente ai servizi di esecuzione

ordini per conto dei clienti, negoziazione in conto proprio o ricezione e trasmissione di ordini4.

Secondo la MiFID vi sono norme applicabili a tutte le categorie di investitori che riguardano per lo più obblighi imposti all’operatore:

 Informazioni da dare al cliente, della natura generale dell’operazione e dell’eventuale conflitto di interesse non evitabile, prima di agire per loro conto.

 Informare il cliente in merito alla sua classificazione.

 Deve comunicare al cliente le eventuali commissioni versate o percepite da terzi (inducements).

 Adottare la cosiddetta “best execution”.  Comunicare al cliente la “execution policy”.

Nel seguente schema vengono rappresentate le varie regole generali impartite dalla MiFID e i vari soggetti ai quali queste possono essere applicate5

4

La nuova direttiva sui servizi di investimento 2004/39/CE (MiFID) pag 34, Borsa Italiana.

5

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Poi vi sono regole impartite verso i soli clienti al dettaglio tra le

quali:

 Fornire al cliente informazioni in merito alla propria

impresa ed ai propri servizi.

 Comunicare

informazioni

aggiuntive

qualora

l’intermediario proponga di fornire il servizio di gestione

del portafoglio.

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 Fornire informazioni su costi ed oneri connessi ai servizi ed

il corrispettivo totale che il cliente è tenuto a pagare in

relazione alle operazioni legate ad uno strumento

finanziario e/o servizio, oltre a tutte le altre informazioni

riguardanti il singolo strumento finanziario.

 Quando vengono effettuate operazioni con un nuovo

cliente, l’accordo concluso deve avvenire per iscritto o su

altro supporto durevole (è escluso solo quando si tratta di

consulenza in materia di investimenti).

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1.2.2

Altri contenuti della MiFID

a.

TEST DI ADEGUATEZZA E DI APPROPRIATEZZA E CASO

DELL’EXECUTION ONLY

Abbiamo finora parlato della classificazione della clientela che è stata imposta dalla MiFID, ma sono anche altre le innovazioni che questa direttiva ha portato nei mercati finanziari.

L’obbligo di agire al meglio nell’interesse del cliente trascina dietro di se altri obblighi per l’intermediario; uno di questi è la valutazione dell’adeguatezza (suitability test). Questo test va effettuato solo nel caso in cui i servizi offerti siano consulenza in materia di investimenti o gestione di portafoglio di strumenti finanziari su base individuale. Con questo test si va praticamente a raccogliere informazioni sul cliente relative a conoscenze ed esperienze, alla sua disponibilità finanziaria e alla sua propensione al rischio e quindi verificare che il servizio che è stato richiesto dal cliente sia “adeguato” alle sue caratteristiche o comunque raccomandare il tipo di investimento e gli strumenti finanziari adatti al cliente o potenziale cliente.

Vi è poi l’obbligo del test di appropriatezza (appropriatness) qualora l’intermediario debba prestare, o proponga, servizi di investimento tra cui raccolta ed esecuzione di ordini, diversi da quelli descritti nel caso di test di adeguatezza. In questo caso i dati da richiedere al cliente sono minori perché non è necessario che l’operatore debba verificare la capacità di sopportare i rischi da parte del cliente e la coerenza dell’operazione con i suoi obbiettivi di investimento, è comunque tenuto a verificare che il servizio sia adatto al cliente secondo le sue conoscenze in campo finanziario e capacità di comprendere i rischi. Qualora le informazioni siano insufficienti o il cliente decida di non fornirle, l’operatore è tenuto

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ad informare il cliente circa l’impossibilità di valutazione dell’appropriatezza del servizio o prodotto (art 41 e 42 Regolamento Consob) e, a seguito di tale avvertimento, l’operatore può procedere prestando il servizio.

Le valutazioni di adeguatezza e di appropriatezza non vanno effettuate nel caso in cui le imprese di investimento prestano servizi che consistono nella mera esecuzione e nella ricezione e trasmissioni di ordini per conto del cliente (execution only). In questo caso l’intermediario si pone come mero tramite tra il cliente e il mercato. Ovviamente devono essere rispettate alcune condizioni e quindi la modalità di mera esecuzione è ammissibile solo quando:

• Il servizio sia prestato su iniziativa del cliente

• Servizi connessi ad azioni o strumenti finanziari non complessi negoziati su Mercati Regolamentati6

• Il cliente deve essere stato chiaramente informato che nell’ambito di questa esecuzione l’intermediario non è tenuto ad effettuare alcuna valutazione in merito all’appropriatezza dell’operazione che si sta svolgendo.

• L’intermediario deve sempre e comunque rispettare i propri obblighi in materia di conflitto di interessi.

6

Uno strumento finanziario è considerato non complesso se soddisfa i seguenti criteri:

1. non deve rientrare nella definizione di contratto di opzione, contratto finanziario a termine standardizzato (future), swap, accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti su strumenti derivati connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, merci, variabili climatiche, tassi di inflazione tariffe di trasporto, quote di emissione o di altri strumenti finanziari derivati, indici finanziari o misure finanziarie; non deve inoltre rientrare nella categoria degli s.f. derivati per il trasferimento del rischio di credito o in quella dei contratti finanziari differenziali;

2. devono esistere frequenti opportunità di cedere, riscattare o realizzare tale strumento a prezzi che siano pubblicamente disponibili per i partecipanti al mercato;

3. non deve implicare alcuna passività effettiva o potenziale per il cliente che vada oltre il costo di acquisizione dello strumento;

4. devono essere pubblicamente disponibili informazioni sufficientemente complete e di agevole comprensione in modo che il cliente al dettaglio medio possa decidere con cognizione di causa se realizzare un’operazione su tale strumento. “La nuova direttiva sui servizi di investimento 2004/39/CE (MiFID)” pag 24, Borsa Italiana

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Possiamo dire che la MiFID delinea uno scenario nel quale le regole di un intermediario variano in base ai servizi d’investimento prestati e quindi le tutele da “garantire” siano diverse a seconda del cliente e del tipo di servizio richiesto (principio di proporzionalità degli obblighi dei servizi

prestati).

Sono quindi individuabili tre livelli di tutela per il cliente:

1. Qui si collocano servizi che richiedono una maggiore attenzione e maggiore tutela da parte degli operatori in quanto nel caso di gestione dei portafogli è l’intermediario stesso ad assumere le decisioni di investimento per conto del cliente, e nel caso di consulenza in materia di investimenti c’è un elevato grado di affidamento da parte del cliente alle proposte fornite dall’intermediario; quindi, come detto in precedenza, questo è il caso in cui si effettua la valutazione di adeguatezza.

2. Il secondo livello di servizi d’investimento a cui si applica un altro livello di tutela è riservato ai servizi di esecuzione degli ordini dei clienti (ricezione, trasmissione ed esecuzione di ordini, negoziazione per conto proprio, collocamento); questo è il caso in cui si effettua la valutazione di appropriatezza basata solo su alcuni dati soggettivi dell’investitore che riguardano conoscenza ed esperienza.

3. Il terzo livello è quello che si riferisce alla mera esecuzione di ordini.

b.

CONFLITTI DI INTERESSE

Nella direttiva un ampio spazio è dedicato alla disciplina del conflitto di interessi. Le imprese di investimento devono elaborare, applicare e mantenere un’efficace politica di gestione dei conflitti di interesse che deve essere formulata per iscritto.

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 Consentire di individuare le circostanze che generano o

potrebbero generare un conflitto di interesse che possa ledere gravemente gli interessi di uno o più clienti;

 Definire le procedure da seguire e le misure da adottare per

gestire tali conflitti.

È inoltre previsto nella direttiva che le procedure debbano garantire che i soggetti impegnati nelle attività che implicano un conflitto di interesse svolgano dette attività con un grado di indipendenza appropriato7.

La materia che disciplina i conflitti di interesse è stata ripresa a livello nazionale con il Regolamento congiunto Banca D’Italia – Consob del 29 ottobre 2007 ove viene data anche una definizione di conflitto di interesse e viene definito come il trasferimento del rischio dall’intermediario alla clientela a scapito di quest’ultima.

Tra i vari tipi di conflitti di interesse rilevanti per l’impresa abbiamo: • Guadagno a scapito del cliente

• Servizio con incentivo finanziario a favore di interessi di altro cliente

• Svolgimento della stessa attività del cliente • Incentivo da soggetto diverso dal cliente

7

Per raggiungere il grado di indipendenza, le procedure devono includere:

 La vigilanza separata dei soggetti pertinenti (amministratore, dirigente, dipendente dell’impresa, nonché persona fisica che partecipi alla prestazione di servizi all’impresa) che svolgono attività per conto dei clienti ed i cui interessi possano entrare in conflitto;  Procedure efficaci per impedire o per controllare lo scambio di informazioni tra i

soggetti pertinenti impegnati in attività che comportino un rischio di conflitto di interessi;

 Eliminazione di ogni legame diretto tra la retribuzione dei soggetti che esercitano un’attività e la retribuzione di altri soggetti che esercitano un’altra attività;

 Misure volte a limitare un’influenza indebita sul soggetto che effettua i servizi di investimento;

 Misure volte a impedire/controllare la partecipazione simultanea di un soggetto pertinente a servizi di investimento distinti, quando possa nuocere alla gestione corretta dei conflitti di interessi.

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Ovviamente vengono imposti degli obblighi a carico degli operatori in modo da ridurre il più possibile il conflitto di interessi ed è infatti previsto che gli intermediari adottino ogni misura ragionevole per identificare i conflitti di interesse. Gli intermediari devono ancora avere e garantire:

 Indipendenza dai soggetti agenti

 Registro delle attività in cui sia sorto un conflitto

È poi previsto che in caso in cui le disposizioni adottate non siano in grado di garantire la tutela degli interessi della clientela, l’impresa di investimento è obbligata ad informare i clienti prima ancora di agire per conto loro.

La gestione dei conflitti influenzerà tutta la struttura e l’ organizzazione degli operatori e si dovrebbe configurare un elemento di governance aziendale.

c.

LA DISCIPLINA DEGLI INCENTIVI

La disciplina sui cosiddetti inducements è trattata nell’art. 19 della MiFID ed è stata poi ripresa nell’art. 26 della direttiva 2006/73/CE.

Tale disciplina è volta ad assicurare l’applicazione degli obblighi generali di “agire in modo onesto, equo e professionale, per servire al meglio gli interessi dei clienti” nella precisa situazione nella quale si trova un’impresa che riceva od offra pagamenti o altri benefici connessi con la prestazione dei servizi.

È l’articolo 26 della direttiva di recepimento che impone il divieto generale di ricevere (od offrire) pagamenti o altri benefici in connessione con la prestazione dei servizi.

Vi sono però alcune eccezioni e viene precisato nell’articolo 26 che le imprese di investimento agiscono in modo onesto, equo e professionale, se

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21

in relazione alla prestazione di un servizio di investimento ad un cliente ricorrono le seguenti fattispecie:

1) competenze, commissioni o vantaggi non monetari versati o forniti a o da un cliente o da una persona per conto del cliente;

2) competenze, commissioni o vantaggi non monetari versati o forniti a o da un terzo o una persona che agisca per conto di un terzo qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni:

• l’esistenza, la natura e l’importo di competenze, commissioni o prestazioni, o, qualora l’importo non possa essere accertato, il metodo di calcolo di tale importo, devono essere comunicati chiaramente al cliente, in modo completo, accurato e comprensibile, prima della prestazione del servizio di investimento o accessorio in questione;

• il pagamento delle competenze o commissioni o la concessione di vantaggi non monetari deve accrescere la qualità del servizio fornito al cliente.

Come era plausibile attendersi, il tema degli incentivi ha sollevato aspre polemiche e le organizzazioni di categoria non hanno lesinato critiche all’interpretazione fornita dal CESR nel documento di consultazione “Inducements under MIFID”, pubblicato sul sito Internet del CESR8. Lo scopo perseguito dalla MiFID è quello di assicurare una piena trasparenza nei rapporti tra intermediari e clienti e i compensi ricevuti dagli intermediari si giustificano solo se servono ad accrescere la qualità dei servizi resi agli investitori e non contrastano con l’obbligo di agire nel loro interesse.

8

(18)

22

d.

CONSULENZA IN MATERIA DI INVESTIMENTI IN SERVIZI

FINANZIARI

Un altro aspetto innovativo della MiFID è il reinserimento della consulenza in materia di investimenti finanziari tra le attività riservate. Si parla di reinserimento tra le attività riservate in quanto si ha un ritorno a quanto dettava la Legge n. 1/1991, meglio nota come Legge sulle SIM, la quale aveva posto la consulenza in materia di valori mobiliari tra le attività riservate. Successivamente il decreto Eurosim, con l’adozione della nuova dizione di “strumenti finanziari” al posto di “valori mobiliari”, porta la consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari tra le attività accessorie, e quindi non riservate; questa però, non va confusa con la “consulenza alle imprese in materia di struttura finanziaria, di strategia industriale e questioni connesse, nonché consulenza e servizi concernenti le concentrazioni e l’acquisto di imprese” che già era considerata tra le attività accessorie.

In seguito al decreto Eurosim, i soggetti diversi dagli intermediari autorizzati che avevano intenzione di esercitare il servizio di consulenza non erano tenuti al rispetto della disciplina delineata dal decreto legislativo n.58/1998 e dai regolamenti attuativi del medesimo decreto9. Qualora il servizio fosse stato effettuato da intermediari autorizzati, questi dovevano attenersi alle regole di condotta dettate dal TUF e dal Regolamento Consob n. 11522/1998.

Tra i vari requisiti dettati da tale regolamento, e che molti erano già stati introdotti da regolamenti antecedenti, vi doveva essere:

9

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a) L’esistenza di un rapporto bilaterale e personalizzato tra il consulente ed il cliente, fondato sulla conoscenza degli obiettivi di investimento e della situazione finanziaria del cliente stesso

b) Posizione di strutturale indipendenza del consulente rispetto agli investimenti consigliati

c) Inesistenza di limiti predeterminati in capo al consulente circa gli investimenti da consigliare

d) Circostanza che l’unica remunerazione percepita dal consulente fosse quella ad esso pagata dal cliente nell’interesse del quale il servizio era presentato10.

Tale differenza di trattamento tra i soggetti che esercitavano la consulenza, aveva trovato giustificazione nella “superiore capacità di attrazione del

pubblico di cui gli intermediari godono in ragione del proprio status di operatori vigilati in regime di riserva di attività. La tutela che gli investitori ricevono nella fruizione di servizi di investimento si estende per tale ragione anche ai servizi accessori11.

Quindi, ponendo la consulenza come servizio accessorio, si va a staccare l’attività di consulenza dalle singole prestazioni consulenziali insite in ogni attività di intermediazione mobiliare, pertanto, secondo il decreto Eurosim e quindi il TUF, con ogni attività di negoziazione, di collocamento ed esecuzione di ordini si ha la compresenza potenziale della consulenza. E quindi questa doveva essere considerata assorbita nella disciplina riguardante i servizi principali: erano quindi applicabili gli obblighi di operare con diligenza, trasparenza e correttezza nell’interesse dei clienti, di acquisire e fornire informazioni adeguate, e svolgere una gestione indipendente, sana e prudente.

10

IL MERCATO MOBILIARE: L’EVOLUZIONE STRUTTURALE E NORMATIVA pag 440, QUIRICI 2010.

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24

Quindi la consulenza è tornata ad essere considerata un’attività “sopra le

righe” e questo è dovuto alla potenziale rischiosità insita nel servizio di

consulenza in materia di investimenti, e quindi gli intermediari per poter esercitare tale attività devono sottostare a specifiche regole di condotta e a disposizioni in materia di autorizzazione.

Nella prestazione di questo servizio dunque, la direttiva garantisce un grado di tutela più elevato in quanto il consulente deve acquisire tutte le informazioni necessarie a valutare l’adeguatezza delle raccomandazioni prestate, al pari di tutte le altre attività; inoltre evitavano così comportamenti fraudolenti da parte di quegli operatori non abilitati agli altri servizi che usavano la consulenza come strumento per nascondere la reale attività che essi svolgevano.

E)

MULTILATERAL TRADING FACILITIES (MTF) ED ALTRE NOVITA’

NEI MERCATI

Con la direttiva MiFID vengono introdotti i sistemi multilaterali di negoziazione, e la loro gestione rappresenta un servizio di investimento per il quale è necessaria una specifica autorizzazione. Quindi può essere gestito da una società di gestione di mercato o da un’impresa di investimento e differiscono sostanzialmente da un mercato regolamentato per la mancanza di un oggetto sociale esclusivo.

La disciplina dei mercati verrà ripresa nei prossimi capitoli, al momento consideriamo l’impatto che tale direttiva ha avuto sui mercati. Lo scopo di questa disciplina è quello di garantire un’elevata qualità nell’esecuzione delle operazioni e l’integrità dei mercati e quindi si caratterizza per:

a. Eliminazione dell’obbligo di concentrazione degli scambi sui mercati regolamentati (cade così la presunzione della migliore esecuzione su un mercato regolamentato)

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25

b. Introduzione di nuove trading venues, tra i quali gli MTF e gli

internalizzatori sistematici

c. La disciplina delle comunicazioni alle autorità competenti (transaction reporting)

d. Specifiche previsioni per l’ammissione di strumenti finanziari sui mercati regolamentati

e. Specifiche regole di trasparenza pre e post trade.

La creazione di nuove trading venues e la caduta dell’obbligo di concentrazione degli scambi sui mercati regolamentati fa intuire che i vari mercati vengono messi in “concorrenza”, vista la possibilità per i vari soggetti di scegliere la piattaforma di negoziazione ritenuta migliore. Ciò deve essere però definito nella execution policy, e deve sempre essere rispettata la best execution per il cliente.

Possiamo dunque dire che la direttiva Eurosim aveva introdotto il “passaporto comunitario per gli intermediari” mentre la MiFID introduce il “passaporto per i mercati”; ed inoltre quest’ultima direttiva abolisce l’obbligo di rispettare le regole di condotta del Paese ospitante in caso di operatività in altro Paese; infatti per poter operare in un Paese diverso dal proprio è necessario segnalare alle proprie autorità, lo Stato membro nel quale si intendono prestare specifici servizi di investimento o accessori, il programma di attività e l’eventuale utilizzo di agenti collegati sul territorio dei Paesi membri. E’ poi la stessa Autorità poi del Paese di origine che provvederà ad inoltrare le varie informazioni all’Autorità dell’altro Stato.

Nel seguente schema vengono riportati i servizi di investimento per i quali viene richiesta specifica autorizzazione pre e post MiFID12

12

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26

F)

REQUISITI ORGANIZZATIVI PREVISTI DALLE DIRETTIVE DI PRIMO

E SECONDO LIVELLO: RISK MANAGEMENT, INTERNAL AUDIT E

COMPLIANCE.

Il legislatore comunitario ha avvertito l’esigenza di perfezionare e dotare di strumenti idonei gli intermediari finanziari in modo da permettere a questi di far fronte al nuovo scenario economico e finanziario divenuto sempre più complesso ed articolato, e di garantire una maggiore trasparenza nelle negoziazioni e nei rapporti con la clientela.

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La direttiva MiFID imponeva esplicitamente che le imprese di investimento si dotassero di appropriati presidi organizzativi, ma poi in particolare la direttiva di secondo livello ha stabilito che le imprese di investimento si dotassero di tre funzioni interne quali: risk management, internal audit e compliance.

Per quanto riguarda il risk management questa deve essere una funzione che abbia il compito di istituire e applicare procedure di controllo dei rischi relativi alle attività, ai processi ed ai sistemi dell’impresa. Tale funzione deve presentare, inoltre, delle relazioni e fornire consulenza all’alta dirigenza.

Vi è poi l’internal audit che è una funzione di controllo separata ed indipendente dalle altre funzioni e ha il compito di adottare, applicare e mantenere un piano di audit per l’esame e la valutazione dell’adeguatezza e dell’efficacia dei sistemi, dei meccanismi di controllo interno e dei dispositivi dell’impresa di investimento.

La direttiva 2004/39/CE prevede la costituzione all’interno degli istituti bancari e dei gruppi bancari una specifica funzione che abbia il compito di presidiare e controllare la conformità; questa funzione deve cioè verificare che i processi e le procedure interne non siano in conflitto con leggi, con norme di eteroregolamentazione e di autoregolamentazione e/o con principi etici. Quindi possiamo dire anche che il rischio di non conformità alle norme è il rischio di incorrere in sanzioni giudiziarie o amministrative, perdite finanziarie rilevanti o danni di reputazione in conseguenza a violazioni di norme imperative o di autoregolamentazione. Questa funziona preserva il buon nome della banca e la fiducia che il pubblico ripone in essa; e nella gestione del rischio di non conformità viene richiesto che:

• Venga istituita un’apposita funzione incaricata della gestione del rischio di compliance

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• Sia nominato un responsabile della conformità all’interno della

banca

• Vengano stabiliti ruoli e responsabilità per ogni livello dell’organigramma aziendale

• Sia predisposto un documento interno che indichi responsabilità, ruoli, compiti, flussi informativi, programmazione e risultati dell’attività svolta dalla funzione di compliance

• Almeno una volta l’anno venga valutato dal consiglio di amministrazione e dal collegio sindacale il servizio svolto e l’adeguatezza della funzione di compliance

Inoltre questa funzione per svolgere al meglio i suoi incarichi ha bisogno di alcuni requisiti: deve essere indipendente da tutte le altre funzioni, deve essere dotata di mezzi e risorse adeguate ai compiti da svolgere, sia qualitativamente che quantitativamente, deve aver accesso a tutte le attività della banca;

I responsabili di tale funzione hanno l’obbligo di presentare annualmente una relazione sull’attività svolta dalle quali si devono evincere le verifiche effettuate e i connessi risultati emersi, le misure adottate per rimediare a eventuali carenze, e devono riportare gli eventuali richiami ricevuti.

In questo breve capitolo abbiamo trattato le innovazioni principali della MiFID nel quale siamo passati, come detto, da un’armonizzazione debole ad un’armonizzazione forte; sono state evidenziate le differenze con la vecchia direttiva Eurosim e abbiamo messo in luce in particolar modo solo le novità per gli intermediari, limitandoci semplicemente ad accennare quelle che sono state le modifiche nei mercati. Nel prossimo capitolo verrà trattato in particolar modo la nuova disciplina dei mercati con la quale si è posto fine al Sistema di Scambi Organizzati (SSO) e ha fatto nascere nuove trading venues. Verranno poi trattati i criteri e i requisiti necessari

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per l’ammissione degli operatori e degli strumenti finanziari ai mercati, e i vari principi e le regole introdotte, che sono state solo annunciate in questo capitolo senza specifico approfondimento, e che devono essere rispettate dai vari operatori; faccio riferimento alle regole di trasparenza per l’intermediario e alcuni obblighi come quello di definire una strategia di esecuzione degli ordini, o anche la best execution stessa che è stata solo descritta superficialmente.

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