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Capitolo I. La cultura picena p.8 I. 1 Il paesaggio p.8 I. 2 Le Fasi più antiche della Cultura Picena p.9

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INDICE

Introduzione p.4

Capitolo I. La cultura picena p.8 I. 1 Il paesaggio p.8 I. 2 Le Fasi più antiche della Cultura Picena p.9

Capitolo II. Catalogo p.16 Zona costiera settentrionale – Area del Conero p.17 Ancona p.18 Numana-Sirolo p.21 Osimo p.25

Zona centrale – Alta-media valle p.27 Moscosi di Cingoli p.30 Moie di Pollenza p.36 Cessapalombo p.39

Zona interna – Confine nord-occidentale p.41 Matelica p.43 Esanatoglia p.59 Camerino p.61

Area centrale – "Distretto" belmontese-fermano p.64 Fermo p.65 Belmonte Piceno p.71 Grottazzolina p.76

Area meridionale – "Distretto" cuprense p.80

Cupra Marittima p.81

Cossignano p.86

Area meridionale – "Distretto" ascolano p.88

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Acquaviva Picena p.91 Monsampolo del Tronto p.94 Colli del Tronto p.97 Castorano p.101 Castignano p.103 Capitolo III. Sistemi costruttivi ed organizzazione strutturale degli abitati p.105

Conclusioni p.108

1.1. Aspetti socio-politici e di organizzazione degli abitati p.123

Apparato iconografico p.127

Bibliografia p.196

(3)

INTRODUZIONE

Ciò che della cultura picena interessa approfondire, studiare e presentare in questa tesi sono le tipologie degli insediamenti di età arcaica, dove sono sorti e come sono cambiati in occasione del contatto con Roma; l'area di indagine sarà delimitata a nord dal fiume Esino e a sud dal fiume Tronto.

I dati ricavati dalla ricerca ad oggi si presentano ancora frammentari, perchè sono soprattutto frutto di fatti episodici piuttosto che di una esplorazione sistematica. La documentazione reperita permette oramai di intravedere significativi elementi di approfondimento

1

. Oltre allo sviluppo tardo dell'interesse per quelle "civiltà minori" che all'epoca ricadevano nella disciplina definita "Etnologia dei popoli antichissimi", le tecniche di scavo nella maggior parte dei casi non consentivano di individuare strutture come le capanne, ovviamente non manifeste e conservatesi soprattutto in negativo sotto forma di buche di palo scavate nel terreno e disposte in fila. Inoltre i materiali rinvenuti non venivano conservati ed in molti casi nemmeno raccolti: di conseguenza raramente troviamo descrizioni precise che ci permettono di capire a quale epoca risale il materiale

2

. I diari di scavo di missioni private, o comunque non effettuate per volere e sotto la supervisione della Soprintendenza, non hanno quasi mai conservato indicazioni precise sulla provenienza dei materiali e raramente quelle sulle località di rinvenimento. Fino agli anni Sessanta nelle opere degli studiosi si parla principalmente delle necropoli e si afferma sia che i Piceni vivevano in villaggi costituiti da capanne, secondo raggruppamenti a carattere tribale, sia che mancava traccia di città vere e proprie, rifendosi a semplici capanne costruite con frasche e rami ed intonacate con l'argilla, le quali costituiscono il tipo di abitazione corrente usato dalla civiltà picena anche in un periodo in cui si ha l'impiego, sia pure sporadico, di bassi muretti a secco, utilizzati per rendere più solida la consistenza delle pareti

3

. In seguito si affermò che i Piceni in età romana costruivano le abitazioni con pareti di rami e frasche, su bassi muretti e con copertura fatta di coppi

4

. Si prese coscienza quindi della presenza di abitazioni caratterizzate da strutture non deperibili, sebbene povere e semplici, che si attribuivano indubbiamente alla cultura picena, ma con una cronologia riferita al periodo romano (II-I secolo a.C.), «perché si trattava di un'opera "anomala" rispetto a quanto in genere affermato sull'argomento nei precedenti studi»

5

. Negli anni Settanta si sostenne, sulla base dei ritrovamenti dell'intonaco e delle buche di palo, che fino alle soglie della conquista romana è perdurato il tipo della capanna preistorica (Lollini). Gli abitati segnalati erano solo diciannove, di contro alle

1 LUNI 2003, p.204.

2 BERGONZI 2000, p.32.

3 LUNI 1995, p.184.

4 LUNI 2003, p.203.

5 Ibid.

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settantacinque aree funerarie rinvenute: essi non vennero mai scavati o esplorati sistematicamente, ma soltanto individuati. Ancora negli anni Ottanta si affermò che l'unica fonte di conoscenza riguardo la civiltà picena fossero le oltre ottanta necropoli scoperte (Landolfi), ma si rinvennero anche sia abitazioni rettangolari parzialmente in muratura e con coperture in tegole a Pesaro, Montalto di Cessapalombo e Belmonte Piceno sia sette abitati preromani con ritrovamenti di ceramica attica

6

.

Essendo a tutt'oggi una tipologia di documenti che non si rinviene facilmente, ciò che ci rimane delle strutture abitative è davvero un'informazione preziosa: l'esistenza di molti abitati, infatti, è semplicemente logica conseguenza della scoperta delle relative necropoli; altri invece sono localizzati grazie al ritrovamento, spesso occasionale, di materiali di superficie

7

. Talvolta l'esistenza degli insediamenti è dedotta dalla presenza di una o più necropoli alle pendici delle colline e in qualche caso, come Fermo, l'ipotesi dell'esistenza dell'abitato è stata confermata dal ritrovamento di ceramica picena sul terreno che si pensa possa aver accolto l'abitato medesimo

8

.

Il presente lavoro, a seguito di una ricerca bibliografica, è costituito da un'introduzione, un catalogo dei siti piceni ed una conclusione. Il catalogo si compone di schede, dove i siti sono presi in esame sulla base della loro ubicazione, della storia degli scavi, dei reperti restituiti e delle datazioni. Pur venendo a mancare lo studio dei materiali, che permetterebbe un'analisi più approfondita e puntuale dei territori, si cercherà di capire se e quanto le zone settentrionale e centrale dell'area picena che è stata presa in considerazione possano essere suddivise e considerate come degli areali in cui individuare un centro egemone ed altri satelliti oppure se, essendovi più di un sito principale e non essendo possibile identificare una rete di rapporti interni, queste aree non possano essere classificate come "distretti". Di qualche utilità per questa ricerca è risultato il recente lavoro della Ciuccarelli sul territorio del Piceno meridionale, che viene suddiviso in tre vaste aree o, appunto, "distretti", che definisce belmontese-fermano, cuprense ed ascolano. Arriva a questa suddivisione quando dai suoi studi ricava che all'interno della civiltà picena alcuni caratteri, principalmente di cultura materiale, differenziano dall'età orientalizzante-arcaica la popolazione stanziata nel territorio fra il Tenna ed il Tronto da quelle delle altre aree

9

. Sebbene non vi siano informazioni sufficienti per attribuire a tale area un significato politico-amministrativo, non si può infatti negare che, in un'epoca in cui il concetto di confine si basa sulle diversità e sulle analogie culturali, il ricorrere di alcuni elementi in una zona specifica e definita territorialmente individua una sub-regione con sue proprie

6 Ibid., p.204.

7 PIGNOCCHI 1998 a, p.41.

8 BERGONZI 2000, p.31.

9 CIUCCARELLI 2012 a, p.27.

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caratteristiche, più o meno differenti da quelle generali poste come base per la connotazione dell'intera civiltà di cui la popolazione che abita la sub-regione fa parte

10

. Le singole aree di influenza dei centri di maggiori dimensioni e la loro estensione sono riconoscibili grazie appunto al ricorrere di alcuni caratteri della cultura materiale, riguardanti principalmente la produzione e la ritualità, diffusi in un'area specifica più o meno ampia che gravita intorno ad un sito principale. Il fatto che alcuni prodotti, che possono essere usati nei riti oppure sono distintivi di rango e costume, ricorrano in un territorio ristretto e ben definibile geograficamente, indica che essi sono portatori della consapevolezza dell'appartenenza ad un'etnia o, meglio, ad una "sub-etnia" cui partecipa un gruppo numeroso che occupa un areale più o meno esteso. All'interno della facies sud-picena, queste aree più piccole, che si distinguono ancora per alcuni aspetti caratteristici del costume e del rito, si possono considerare come dei moderni distretti o cantoni, forse anche con una organizzazione politico-giuridica. Purtroppo, ciò che ci manca sapere sono le forme di controllo e di gestione del territorio da parte del centro egemone ed il rapporto politico e di governo del territorio che esisteva fra i singoli centri all'interno della sub-regione. Bisogna comunque considerare che «le combinazioni di ornamenti nel costume locale conducono a variazioni locali, segnalando dei localismi, probabilmente anche culturali»

11

. Quindi all'interno della facies sud-picena, in età arcaica si distinguono almeno tre "distretti" che fanno capo ad altrettanti centri egemoni. Non avendo a disposizione altrettanti dati sulla cultura materiale, la suddivisione in "zone" applicata al territorio centro-settentrionale dell'area picena che è stata presa in esame si basa principalmente su motivazioni geografiche: considerando infatti le valli fluviali dell'Esino e del Potenza ed i relativi commerci che avvenivano lungo di esse, è stata fatta una scelta fondata sulle caratteristiche del territorio e dei centri maggiori che vi si localizzano.

Prendendo in esame i vari siti, quelli che mostrano continuità di insediamento dal VII-VI secolo a.C. alla romanizzazione sembrano dimostrare che le basi dello sviluppo degli abitati in senso protourbano si pongono tra la fase orientalizzante del VII secolo a.C. e la fase della fioritura arcaica del secolo successivo, cioè appunto l'apogeo della civiltà picena

12

: per tale motivo vengono presentati ed analizzati in questo lavoro. In senso protourbano perché tali abitati, per l'appunto, non hanno mai avuto nè le dimensioni nè l'aspetto e la struttura degli organismi urbani a noi noti presso le culture di area tirrenica o magnogreca. Questi insediamenti, infatti, si presentavano molto probabilmente come gruppi più o meno sparsi di villaggi costituiti da capanne od edifici con le fondazioni in muratura a secco, con l'alzato ligneo e con la copertura di tegole

13

. Un'occupazione

10 Eadem.

11 Eadem.

12 GIORGI 2005, p.211.

13 LANDOLFI 1997, p.32.

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del territorio di questo genere, basata su un sistema di piccoli agglomerati, è adeguata alle caratteristiche oro-idrografiche della regione e risponde a quelle socio-economiche delle comunità picene, formate da pastori, agricoltori, mercenari

14

. L'occupazione paganico-vicana del territorio, come viene definita, è confermata dalle scoperte archeologiche (un caso è quello Numana-Sirolo oppure quello di Matelica, con nuclei di abitati e relative necropoli a distanze regolari) e per un periodo più tardo anche da un passo di Strabone che spiega che "dopo la Campania e il territorio dei Sanniti fino a quello dei Frentani, presso il mare Tirreno, vive il gruppo dei Picentini dell'Adriatico.

Picenza è la città principale dei Picenti, ora essi vivono in pagi dopo essere stati trasportati dai Romani, a causa degli aiuti offerti ad Annibale" (Geografia, V, 4, 13)

15

. I Piceni, dunque, sebbene non si possa escludere la possibilità di consistenti aggregazioni demiche, tra il VII ed il II secolo a.C. praticavano un tipo di insediamento sparso

16

.

14 Ibid.

15 Ibid., p.35.

16 Ibid.

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CAPITOLO I. LA CULTURA PICENA

I. 1 Il Paesaggio

La cultura picena è nata e si è sviluppata in un'area che oggi comprende le Marche e l'Abruzzo settentrionale e si estende dal mare agli Appennini, dominata da montagne e colline, ma comunque variegata dal punto di vista fisico. La fascia costiera è formata da colline basse, caratterizzate da terreni argillosi e sabbiosi, che diradano verso terrazzi alluvionali e marini quando si avvicinano alle valli ed alla costa, mentre a dividere la fascia costiera da quella appenninica vi sono dei versanti ripidi, che introducono all'asprezza della fascia montana. I paesaggi quindi si presentano pressoché piatti lungo la costa, arrotondati e spianati in collina, aspri in montagna. Ricca di fiumi ed affluenti, quest'area è caratterizzata da una rete idrografica che ha un andamento trasversale da ovest ad est e presenta da nord a sud quali fiumi più importanti il Foglia, il Metauro, il Cesano, l'Esino, il Musone, il Potenza, il Chienti, il Tenna, l'Aso ed il Tronto nelle Marche, il Vibrata, il Salinello, il Tordino, il Vomano, il Saline, il Tavo, il Pescara ed il Sangro in Abruzzo. Le valli fluviali sono strette ed incassate fra i rilievi delle dorsali, subendo poi un abbassamento di quota ed un'ampiezza sempre maggiore quando si avvicinano alla costa. I passi ed i valichi si trovano su quote non omogenee e questo, invece che un danno, risultò per la civiltà picena un vantaggio, poiché le permetteva di comunicare col versante occidentale dell'Appennino. Nelle Marche i passi principali sono da nord a sud la Bocca Trabaria, la Bocca Serriola, il Passo di Scheggia, la Sella di Fossato di Vico nella Valle dell'Esino, il Valico di Colfiorito nella Valle del Chienti ed il Passo di Visso, in Abruzzo il Passo delle Capannelle ed il Passo della Forca. Sebbene ovviamente gole e passi possano non essere transitabili in inverno, essi hanno fortemente influenzato le comunicazioni tra le vallate e culturalmente hanno favorito la formazione di aspetti comuni fra le valli contigue ed hanno anche prodotto sviluppi storici differenti fra le valli lontane. In età preromana la viabilità era sicuramente condizionata e dipendente dall'aspetto geografico e dai fattori climatici della regione: i percorsi naturali usati più frequentemente erano le valli fluviali, lungo le quali infatti sin dalla protostoria si vanno a dislocare i centri abitati, che spesso si collocano in posizioni strategiche proprio per controllare questi stessi percorsi.

È questo il paesaggio che accoglie la cultura picena nel IX secolo a.C., la quale ha abitato tale

territorio per tutta l'Età del Ferro e fino all'arrivo dei Romani, che lo hanno conquistato nel III

secolo a.C. La cultura picena viene comunemente suddivisa in sei fasi cronologiche da quando la

Lollini per prima così la ripartì negli anni Settanta del Novecento: Piceno I, IX secolo a.C.; Piceno

II, VIII secolo a.C.; Piceno III, VII secolo a.C.-580 a.C.; Piceno IV A, 580-520 a.C.; Piceno IV B,

520-470 a.C.; Piceno V, 470-385 a.C.; Piceno VI, 385-268 a.C., anno che segna la sottomissione del

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Piceno da parte di Roma.

I. 2 Le Fasi più antiche della Cultura Picena

A seconda delle epoche e delle culture, gli abitati occupano aree e siti geograficamente differenti ed anche il popolamento cambia e si evolve, concentrandosi in determinate zone piuttosto che in altre.

In base ai dati di cui si dispone, si può notare che a partire dal Bronzo Finale avviene una contrazione del numero degli abitati attestati nella fase precedente e vi è una concentrazione degli stessi nella zona centro-meridionale delle Marche, mentre la continuità abitativa sembra essere un'eccezione dopo il Bronzo Recente per i siti nel territorio a nord dell'Esino

17

. Il Bronzo Finale nelle Marche sembra essere stato un periodo di crisi demografica, confermata sia dall'assenza di necropoli sia dalla diminuzione del numero di insediamenti

18

, in cui si privilegiarono siti d'altura ben protetti e facilmente difendibili dalle piccole comunità che li abitavano. Sembrano fare eccezione, per la superficie considerevole che presentano, Belmonte, Fermo ed Osimo, il quale occupava ben 7 ettari. Il passaggio alla prima Età del Ferro risulta caratterizzato da un'altra contrazione del numero degli abitati e per questo periodo la fonte di informazione principale sono le necropoli, ma quelli già presenti in questa fase sembrano continuare la loro vita anche nella successiva. Gli insediamenti piceni della prima Età del Ferro, tranne pochi casi, non occupano gli stessi siti già abitati nell'Età del Bronzo, ma si spostano, come nel caso di Moie di Pollenza, anche solo di pochi metri; per le epoche successive, invece, si è constatato sia che l'area su cui si situa il borgo medievale è la stessa su cui sorgeva l'abitato protostorico, sia che molti centri romani sono sorti proprio sugli insediamenti piceni

19

. Gli insediamenti con una durata di vita maggiore sono localizzati principalmente lungo la costa (Ancona, Colli del Tronto, Numana, Treazzano di Monsampolo) e diminuiscono di numero passando alla fascia collinare (Castignano, Castel Trosino, Filottrano, Moie di Pollenza) e poi a quella montana (Ca' Casuccio di Sant'Angelo in Vado). I siti che sembrano esaurirsi nel Bronzo Finale si trovano principalmente nella fascia montana (Pianello di Genga, Monte Primo di Pioraco, Roccafluvione-Marsia) e diminuiscono di numero nella fascia costiera (Ancona-Montagnolo, Marina Palmense, Massignano) e poi in quella collinare. Il sistema insediativo mostra la selezione di luoghi facilmente difendibili situati sulle alture, a controllo delle gole o delle principali vie fluviali di comunicazione oppure situati lungo la costa, in posizioni comunque dominanti. Dal punto di vista della superficie occupata, questi abitati hanno un'estensione contenuta e sono quindi facilmente difendibili con un impiego di risorse modesto

20

.

17 RITRECINA 2010, p.456.

18 Ibid., p.459.

19 LANDOLFI 1997, pp.30-35.

20 RITRECINA 2010, p.458.

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Svariati siti (Belmonte Piceno, Cartofaro, Fermo, Montegiorgio, Monteprandone, Osimo, Tolentino) sembrano abbandonati nel Bronzo Finale e poi rioccupati nella prima Età del Ferro, ma questo fenomeno si può spiegare in alcuni casi con lo spostamento dell'abitato a breve distanza. Solo La Castelletta-Cupramarittima e Monte San Pietro sembrano essere i siti sorti nel Bronzo Finale e continuati fino alla prima Età del Ferro. I siti che hanno una vita più lunga sono quelli di costa forse perché sempre aperti ai commerci marittimi e perché probabilmente coinvolti in «circuiti territoriali comprendenti l'immediato entroterra e le vallate fluviali, principali direttrici di penetrazione verso l'interno»

21

, ma i siti costieri dalle dimensioni più piccole (Marina Palmense, Massignano) tendono a scomparire già tra il Bronzo Recente ed il Bronzo Finale. Nella valle del Tronto dal Bronzo Recente gli insediamenti tendono a collocarsi su quote più basse, lungo la direttrice fluviale.

È nelle prime due fasi cronologiche della Lollini che bisogna vedere il periodo di formazione e di consolidamento della civiltà picena, prima dell'avvento dell'Orientalizzante, nella fase Piceno III, con tutte le sue trasformazioni ed innovazioni culturali, che vanno a caratterizzare la cultura dei

"principi" nel VII secolo a.C. Questo periodo così definito, compreso tra la fine dell'VIII ed i primi del VI secolo a.C., infatti, è caratterizzato da movimenti commerciali e culturali dal Vicino Oriente, che hanno influito molto le società italiche dell'epoca, mediati spesso dagli Etruschi: manufatti riccamente decorati (principalmente con motivi animalistici) e materiali preziosi (quali l'ambra o l'avorio) vengono accolti dalle popolazioni locali, che vedono nell'acquisizione di questi prodotti stranieri un modo per avere e vivere anche in casa propria «mode culturali e istituzioni del tutto nuove e di grande prestigio sociale, quale il banchetto»

22

. Coloro che potevano permettersi questi prodotti importati erano gli stessi che avevano ottenuto un accumulo di ricchezze grazie, nella maggior parte dei casi, al controllo delle vie di comunicazione o al commercio di specifiche materie prime. Questo gruppo di persone può essere quindi considerato una classe sociale, all'interno di una comunità, definita appunto orientalizzante, caratterizzata da articolazioni e stratificazioni differenti.

Secondo l'interpretazione proposta dalla Lollini nel 1979, che integrata con contributi più recenti si dimostra veritiera, ma anche più complessa ed articolata, nella fase Piceno I molti siti dell'Età del Bronzo vengono abbandonati e pochi sono quelli di nuova formazione. Questa fase è infatti caratterizzata da una consistenza demografica scarsa e da un livello di organizzazione sia territoriale sia socio-politica limitato e risulta avere minima disponibilità di sequenze di abitato, con la sola eccezione di Colle dei Cappuccini ad Ancona, perciò i pochi centri noti, di modesta entità, sono forse da riferire ad un piccolo villaggio o addirittura ad una famiglia allargata

23

. La presenza di

21 Ibid., p.460.

22 NASO 2000 a, p.97.

23 RITRECINA 2010, p.460.

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questi insediamenti, come è noto, è stata dedotta da quella delle necropoli, con piccoli gruppi di tombe ad inumazione distanti fra loro, con la sola eccezione delle numerose tombe delle necropoli di Fermo

24

. Nell'Età del Ferro sembra esservi la tendenza ad occupare principalmente la fascia costiera, le dorsali collinari o i terrazzi lungo le vallate fluviali, dove i siti sono caratterizzati da una maggiore estensione, da difendibilità moderata e dall'ubicazione lungo i fiumi quali principali vie di comunicazione verso le zone interne. Queste caratteristiche potrebbero essere dovute ad un diverso sfruttamento del territorio, basato principalmente sull'agricoltura e sui commerci, che si possono controllare grazie proprio alla collocazione dell'abitato lungo le principali vie di comunicazione, ma potrebbero anche essere semplicemente legate ad un'attenuazione delle esigenze difensive così basilari nel Bronzo Finale

25

. Nella fase Piceno II i centri abitati aumentano di numero e sul territorio sono distribuiti in modo più capillare, mentre i sepolcreti sembrano caratterizzati da maggiore concentrazione e densità e si mostrano dislocati lungo le principali vie di uscita dagli abitati, con le prime aggregazioni di coppia e familiari. Le necropoli precedenti continuano ad essere utilizzate, ma se ne fondano anche di nuove, in cui oltre al superiore numero di tombe presenti è evidente un'articolazione interna maggiore che riflette le distinzioni sociali. Nonostante ciò, a questo aspetto non si accompagna un'evoluzione protourbana dell'abitato, se non nel caso di Fermo. Seguendo una teoria del Renfrew del 1986, il Ritrecina propone che la non evoluzione in senso protourbano degli abitati piceni sia stata causata dalla mancata consistenza demografica che, se presente, li avrebbe portati ad avere un'interazione con dei siti analoghi dimensionalmente, interazione da cui appunto sarebbe sorto il processo evolutivo

26

.

Riguardo il sistema insediativo, il Peroni ha notato che sia quello medio-adriatico sia quello laziale nelle fasi inziali dell'Età del Ferro si manifestano con insediamenti dalle dimensioni contenute, con frequenti siti costieri d'altura, differentemente da quello dell'Etruria meridionale che si manifesta con abitati organizzati in vasti agglomerati situati su pianori ampi. Nel Piceno la scelta dei terrazzi alluvionali nel corso della prima Età del Ferro era probabilmente dovuta a condizioni di maggiore sicurezza ed alla programmazione nell'organizzazione degli spazi abitati

27

. Studi sulle dimensioni degli abitati hanno inoltre portato alla conclusione che i siti occupati sia durante l'Età del Bronzo sia durante l'Età del Ferro sono quelli con la superficie più ampia; i siti datati al Bronzo Finale-prima Età del Ferro occupano una superficie da 1 a 30 ettari; i siti risalenti solamente all'Età del Ferro per la maggior parte occupano una superficie superiore a 4 ettari, mentre i siti occupati solamente nell'Età del Bronzo non superano mai tale estensione

28

.

24 Ibid., p.461.

25 Ibid.

26 Ibid., p.464.

27 Ibid., p.463.

28 Ibid., pp.463-464.

(11)

Le tombe picene sono esclusivamente ad inumazione in fosse terragne; le sole eccezioni sono le tombe villanoviane di Fermo, sette sepolture del IX secolo a.C. in Ancona e a Numana e del VII secolo a.C. a Novilara, che si presentano come tombe a cremazione in urne cinerarie. La fossa è rettangolare oppure ovaleggiante ed al suo interno, a dividere l'inumato dalla terra, vi erano tavole di legno o lastre di arenaria, mentre dal VI secolo a.C. si creano spazi vicino i piedi o la testa atti a contenere i vari oggetti del corredo. Il defunto è deposto rannicchiato, mentre nel V e IV secolo a.C.

è deposto principalmente supino. Dall'VIII secolo a.C. vi sono le prime manifestazioni di sepolture singole o in gruppi racchiuse in fossati anulari con dei tumuli di copertura (anche di pietre), come quelle scoperte in località Crocifisso e in località Incrocca a Matelica, ma è a Numana che tale tipo di sepoltura sarà particolarmente utilizzato dalla fine del VII agli inizi del V secolo a.C. Le aree funebri caratterizzate da circoli di pietre contenenti fino a tre deposizioni si trovano dal VII agli inizi del VI secolo a.C. in alcuni sepolcreti sui terrazzi lungo l'alta e media valle del Potenza e del Chienti, come a Moie di Pollenza e Pitino di San Severino Marche. Le strutture funerarie monumentali caratterizzate da fossati anulari che accoglievano gruppi di sepolture a carattere familiare, contenenti deposizioni per tre o quattro generazioni, sono attestate dal VII secolo a.C. a sud del Conero. Mentre le tombe del tipo "a gradoni", che «rappresentano una tra le più significative e rare testimonianze di architettura funeraria picena»

29

, sono costituite da una pseudocamera quadrangolare scavata nel terreno, senza dròmos di accesso, con una fossa per il corredo ed una fossa per l'inumato e gli oggetti di ornamento personale. Si può affermare che esse sono l'evoluzione di un tipo di sepoltura documentato già alla fine del VI secolo a.C., le cui origini si potrebbero far risalire alle età precedenti, che conferma attraverso la ricchezza e la qualità dei corredi i cambiamenti avvenuti nella società in seguito allo sviluppo e all'incremento delle attività emporiche, dato che due di queste sepolture si trovano nella necropoli Quagliotti-Davanzali a Numana e sono datate alla fine del V secolo a.C.: questa classe aristocratica sostituisce la vecchia aristocrazia guerriera e conquista il controllo degli scambi e dei commerci, andando così ad acquisire caratteri più internazionali

30

.

Nel VII e VI secolo a.C. le necropoli si collocano principalmente lungo i pendii delle colline poco distanti dagli insediamenti ed in alcuni casi (Ancona, Matelica, Montedoro di Scapezzano, Novilara) essi si impiantarono su aree precedentemente occupate da abitati anteriori. I sepolcreti fra di loro ed al loro interno si articolano seguendo degli schemi definibili in base alla presenza di alcuni raggruppamenti di sepolture, alla loro disposizione in file parallele con spazi vuoti, alla comparsa di sistemi di demarcazione (come il fosso) o alla dislocazione medesima di alcune

29 LANDOLFI 2001 b, p.76.

30 Ibid.

(12)

sepolture rispetto alle altre che si possono attribuire a personaggi di rango in base alle caratteristiche strutturali monumentali

31

. Accade anche che se la frequentazione della zona è prolungata, vi sono delle sovrapposizioni di sepolture più recenti su quelle precedenti con, ovviamente, distruzioni o danneggiamenti. Frequenti comunque sono i casi di deposizioni bisome o plurime che sembrano essere sincrone, come i tre guerrieri di Numana o le sei sepolture in contrada Mossa a Fermo. Le deposizioni sono sempre segnalate da uno o più ceppi rozzi di pietra, collocati bene in vista in superficie per la funzione di segnacolo; ma oltre ad essi, vi sono le stele monumentali di pietra a forma di trapezio, alcune con iscrizioni e scene figurate, rinvenute nella necropoli di Novilara, divenuta famosa proprio per la loro presenza.

Grazie ai commerci nei centri di costa, presso cui si concentrano gli scambi, vi è un coinvolgimento delle Marche nel circuito degli scambi micenei che si manifesta nei ritrovamenti di ceramica micenea a Montagnolo presso Ancona e a Monsampolo del Tronto. Simili commerci a largo raggio si riscontrano anche in epoche successive e, forse proprio a causa di queste relazioni con popolazioni differenti, si innesca un processo di crescita e diversificazione interna che si manifesta nelle necropoli: tra il IX e l'VIII secolo a.C., queste contano decine di tombe tra le quali vi è una consistente disuguaglianza nella composizione dei corredi. Nel VI secolo a.C. molti di questi centri che si sono sviluppati nella prima Età del Ferro (Ascoli, Novilara, Porto Sant'Elpidio) si esauriscono e lasciano fiorire le località interne disposte lungo i percorsi di collegamento con l'Etruria (Fabriano, Matelica, Pitino, Tolentino). Queste località in cui si trovano tombe orientalizzanti e tardo orientalizzanti, che conservano beni di lusso e beni importati, mostrano come le risorse economiche legate alla gestione e al controllo dei traffici commerciali adriatici convoglino nelle zone pedemontane

32

. Le necropoli di questi insediamenti dominanti attestano un'organizzazione gentilizia caratterizzata da un forte conservatorismo e detenuta da un'aristocrazia che nel tempo cambia e si evolve: a Novilara, ma anche altrove, tra l'VIII ed il VI secolo a.C. le famiglie nucleari sono andate sempre più frammentandosi e la comunità tribale, in origine articolata solo in pochi ma grandi gruppi gentilizi, si è stratificata in modo sempre più saldo

33

. A Matelica, per esempio, la classe sociale che domina e traina la comunità sembra essere, come nell'area umbra ed in quella etrusca settentrionale, un'aristocrazia rurale, testimoniata dalle necropoli con corredi funerari raffinati e con tombe principesche sia maschili sia femminili. Questa comunità ricca e florida basava probabilmente la sua prosperità sulle risorse agricole e pastorali, ma doveva anche esercitare una forma di controllo e forse anche di sfruttamento delle direttrici naturali del territorio che

31 Ibid., p.73.

32 LUCENTINI 2001 a, p.60.

33 BALDELLI 2001, p.65.

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mettevano in comunicazione l'area adriatica con l'oltre Appennino

34

. Proprio a Matelica questa classe sociale sembra già consolidata tra la fine dell'VIII e gli inizi del VII secolo a.C. e lo dimostra col suo precoce accumulo di risorse e col livello culturale di cui appare dotata che, come spesso accade, è conseguenza di rapporti commerciali o meno con genti estranee alla propria cerchia

35

. I Piceni, infatti, dato lo sbocco sul mare, furono quasi da subito in contatto con i Greci, ma anche con gli Etruschi padani e con altre popolazioni che si affacciavano sul Mare Adriatico, manifestando numerosi ed evidenti rapporti al punto che gli studiosi coniarono il termine koinè adriatica per indicare l'insieme di oggetti e costumi comuni alle popolazioni su entrambe le sponde dell'Adriatico dal VII al V secolo a.C. almeno. E questi contatti con genti allogene furono, come spesso accadeva, sia commerciali sia culturali. D'altronde le vie di scambio dell'Età del Ferro che attraversano l'Italia da ovest ad est sono ben due: una dall'Etruria meridionale si dirige verso sud lungo la costa tirrenica, attraverso il Lazio e la Campania e deviando in Abruzzo; l'altra dall'Etruria centrosettentrionale ed interna si dirige verso l'area adriatica centrale, attraverso l'Umbria e sviluppandosi fino al Veneto ed alla Lombardia orientale. Ceramiche daune datate fra l'VIII ed il VI secolo a.C. sono state rinvenute sia presso centri costieri e paracostieri piceni (Ancona, Cupramarittima, Grottammare, Montedoro di Scapezzano, Novilara, Numana, Pesaro) dove sono arrivate via mare, sia presso centri dell'interno (Belmonte Piceno, Moscano di Fabriano) dove sono arrivate percorrendo le valli fluviali, rotta commerciale confermata dai ritrovamenti in Italia meridionale che rimandano alla cultura picena e dalla colonizzazione siracusana di Ancona nel IV secolo a.C.

Le valli che caratterizzano il paesaggio marchigiano in effetti costituivano il percorso naturale più favorevole per spostarsi e commerciare dalla fascia litoranea verso l'interno e le civiltà protostoriche sfruttavano le antiche piste transappenniniche della transumanza stagionale già nel IX-VII secolo a.C. e lo dimostrano i ritrovamenti di oggetti prodotti al di fuori della regione e provenienti dall'area villanoviana tosco-laziale. È assai probabile, infatti, che si attraversasse l'Appennino percorrendo le direttrici naturali rappresentate dalle valli fluviali. L'andamento perpendicolare che queste hanno rispetto al crinale appenninico «favoriva le comunicazioni tra il versante adriatico e l'area etrusca interna, quella sabina e l'agro falisco-capenate»

36

. Queste vie commerciali hanno però favorito anche la diffusione di prodotti piceni nell'area tirrenica, mostrando contatti fra le popolazioni sin nella prima metà del I millennio a.C. Nel VII secolo a.C. nel Piceno sono presenti molti oggetti di impronta etrusca ed in questa fase l'Umbria svolge un ruolo basilare nella rete commerciale fra il versante adriatico e quello tirrenico soprattutto perchè era un luogo di passaggio obbligato da

34 DE MARINIS-SILVESTRINI 2005, p.140.

35 Ibid.

36 SALVINI 2003, p.172.

(14)

un'area all'altra. Questi contatti con la civiltà etrusca continuano per il VI, il V ed il IV secolo a.C. e, nella definizione dei percorsi dal Piceno all'Etruria che venivano battuti dai commercianti, un aiuto è dato dal "fossile guida", che in questo caso sono la ceramica attica e la ceramica proveniente dalla Magna Grecia: i rinvenimenti di questi prodotti sono molto diffusi fra la fine del VI ed il IV secolo a.C., sia nelle necropoli sia negli abitati piceni. Questo spiega perchè la mappa dei siti di ritrovamento sia così utile per comprendere le direttrici naturali sfruttate dai traffici commerciali che dagli scali costieri si dirigevano verso le vallate dell'interno fino ai passi dell'Appennino, ma anche oltre, sul versante tirrenico

37

. Dal VI al IV secolo a.C. gli empori costieri venivano frequentati da naviganti greci, che portavano con sè il vasellame da simposio tanto apprezzato dai locali; il fatto poi che questo sia stato rinvenuto anche presso i passi appenninici su entrambi i versanti conferma l'importanza dei valichi naturali per il commercio dei manufatti importati in epoca preromana.

Insediamenti protostorici d'altura retrostanti la costa vengono affiancati o addirittura sostituiti dai siti costieri dotati di scali verso il VI secolo a.C., quando i naviganti greci cominciano a frequentare direttamente la costa adriatica occidentale della penisola per giungere fino al Po e portano con sè, oltre alle merci, anche l'uso della scrittura ed una evoluzione sociale che culmina nel passaggio dal villaggio di capanne ad insediamenti più grandi e complessi e caratterizzati da abitazioni più solide

38

. L'esistenza di questi antichi percorsi che attraversavano le valli fluviali ed i passi appenninici può essere ulteriormente confermata dalla viabilità romana, la quale continuò ad utilizzare le medesime valli ed i medesimi varchi naturali.

37 LUNI 2001 a, p.143.

38 Ibid., p.145; LUNI 2001 b, p.146.

(15)

CAPITOLO II. CATALOGO

(16)

ZONA COSTIERA SETTENTRIONALE – AREA DEL CONERO

La zona settentrionale dell'area picena che è stata presa in considerazione è la zona costiera del Conero. In essa si possono considerare insediamenti quali Ancona, Numana-Sirolo ed Osimo.

Sia l'estensione delle aree occupate sia la continuità di occupazione ci permettono di capire quanto intensa sia stata la frequentazione dei ripiani alluvionali terrazzati dell'Esino, col forte incremento del popolamento nel VII secolo a.C. ed oltre, ma anche quanto sia stato stretto il rapporto tra l'insediamento e la rete idrografica che segue uno sviluppo progressivo da nord-est a sud-ovest, scoprendovi quindi la tendenza degli abitati ad occupare un'area che fosse in relazione col corso d'acqua principale

39

. Le numerose tombe e la continuità di vita degli abitati confermano che la scelta di terreni ampi presso i corsi d'acqua principali per lo stanziamento degli stessi era legata al loro sfruttamento per l'agricoltura, l'allevamento e le comunicazioni

40

. Questa fascia comprende da est ad ovest siti che hanno avuto vita lunga (sin dal IX secolo a.C.) e molto rilievo nell'ambito della civiltà picena e che sono anche stati ricchi e prosperi in determinati periodi: una continuità di insediamento quale è quella del sito di Ancona è strettamente legata all'importanza che ebbe l'accogliente baia, connessa ai commerci anche su vasto raggio, come confermano i piccoli frammenti di ceramica di tipo miceneo; Numana suggerisce, attraverso le due tombe ad incinerazione, che la civiltà picena possa aver utilizzato il rito della cremazione nel suo periodo di formazione, abbandonandolo poi a favore del rito inumatorio.

Di certo non è un caso che le valli dell'Esino e del Potenza, così come quella del Chienti più a sud, siano state alcune delle vie principali per lo smistamento ed il commercio dei prodotti importati, sia dall'entroterra verso il mare sia viceversa. Non è chiaro quanto di questi nessi sia stato causato da scambi di natura commerciale o di altro genere: d'altronde «la presenza e la persistenza lungo le vie per l'Adriatico di rituali funerari originari di quell'area potrebbero costituire un efficace segnale dell'effettiva presenza di individui o gruppi di origine veiente-falisca»

41

.

39 BIOCCO-SILVESTRINI 2008, p.36.

40 Eadem.

41 PERCOSSI SERENELLI 2003, p.628.

(17)

ANCONA

Ubicazione: Ancona è a tutti gli effetti un'eccezione se si considera che è l'unico centro di costa indipendente dal susseguirsi di valli e dorsali che caratterizza la regione e l'unico porto naturale delle Marche, data l'importuosità del litorale marchigiano nell'antichità. Ancona si sviluppò sin dagli inizi sugli ultimi contrafforti settentrionali del Monte Conero, cioè Colle del Guasco, Colle dei Cappuccini e Colle dell'Astagno e l'importanza di questa insenatura determinò la fortuna e la continuità di vita del sito

42

.

Storia degli scavi: Negli anni Cinquanta per via di alcuni lavori in occasione della realizzazione di un campo sportivo nel centro storico, venne individuato l'abitato piceno sul Colle dei Cappuccini, nella zona fra Via dell'Ospizio e Via del Faro, dove vennero subito effettuati gli scavi da parte della Soprintendenza Archeologica delle Marche.

Rinvenimenti: Presso Colle dei Cappuccini il rinvenimento di tracce di focolari, cioè carboni e battutui di argilla concotta e di frammenti fittili di impasto ha dato il via agli scavi, che hanno permesso di scoprire un livello protovillanoviano, uno piceno ed uno romano

43

. Il primo di essi ha restituito ceramica di impasto grossolano ed oggeti in corno. Il livello piceno è assai ricco di materiale fittile, dato da ceramica di impasto depurato, ceramica dipinta importata dall'Apulia e da fuseruole, ma purtroppo sono rare le testimonianze sulle strutture abitative: buche di palo, frammenti di intonaco relativo all'alzato delle abitazioni, un tratto di muretto di pietre a secco, una porzione di acciottolato, una pavimentazione di argilla indurita a causa del fuoco ed infine due lati, che si incontrano ad angolo retto, di una recinzione costituita da pietre posizionate per coltello

44

. La necropoli di Ancona ha restituito tombe ad inumazione in fossa terragna, a volte segnalate da rozzi cippi e «divise in vari gruppi e dislocate da est verso ovest nel predio Fiori, nell'area dell'Ospedale Civile Umberto I, in Piazza E. Malatesta e nell'area della Caserma Villarey»

45

, tutte scavate dai primi del Novecento agli anni Ottanta.

Oltre alle tombe ad inumazione si scoprirono tre sepolture ad incinerazione con ossuario fittile nel pozzetto, simili a quelle rinvenute presso Novilara.

In località Montagnolo, ad ovest del porto di Ancona in periferia, sono stati rinvenuti frammenti di intonaco con tracce di incannucciato che hanno fatto presupporre l'esistenza di un abitato, sebbene

42 MOSCATELLI 1983, p.271.

43 LOLLINI 1956, pp.237-262.

44 LOLLINI 1998 a, pp.34-35.

45 LANDOLFI 2001 a, pp.61-62.

(18)

non si siano potuti effettuari saggi di scavo più estesi. Questo sito ha però restituito materiali di ogni epoca: i piccoli frammenti di ceramica dipinta di tipo miceneo, che mostrano aderenza ai modelli egei datati al Tardo Elladico III B, spesso associati a quello rinvenuto a Monsampolo in località Treazzano, i frammenti fittili con la decorazione appenninica di fasce a graticcio regolare, motivi a meandro, spirali ad avvolgimento semplice, elementi angolari a file, le anse plastiche con protome stilizzati di animali e le anse verticali a nastro della facies subappenninica, la ceramica greca a vernice nera ed i vari reperti di età romana

46

.

Datazioni: Sulle pendici meridionali di Colle dei Cappuccini è venuto alla luce il più recente degli abitati protovillanoviani delle Marche, databile al X secolo a.C., mentre la relativa necropoli occupa il fianco meridionale del vicino Colle Cardeto ed è datata tra IX e VII secolo a.C.: dell'abitato piceno è stato possibile determinare la cronologia dalla fase Piceno I alla fase Piceno IV B, cioè circa dal 900 al 470 a.C. In Ancona è quindi provata una continuità di insediamento dal Bronzo all'Età del Ferro che non ha riscontri nella civiltà picena

47

: l'insediamento nell'area di Piazza E.

Malatesta e nelle zone circostanti è datato al Bronzo Antico; l'abitato sulla collina del Montagnolo è datato al Bronzo Medio e Finale e con i reperti che ha restituito testimonia la sua lunga continuità di vita fino all'età romana

48

. L'abitato piceno dei Cappuccini, i cui livelli si sovrappongono su quelli del protovillanoviano, sembra esteso fino all'attiguo Colle del Guasco almeno dal VII secolo a.C., dimostrando un'espansione progressiva lungo un secondario percorso di crinale, da est ad ovest.

Le tombe ad incinerazione in Ancona sono l'eccezione: queste sepolture datate al IX secolo a.C.

sono coeve a quelle rinvenute a Numana ed «oltre ad attestare la pratica del rito della cremazione nella fase più antica della civiltà picena [...] possono avvalorare l'ipotesi che vede in questo rito un retaggio della civiltà protovillanoviana piuttosto che una generica influenza villanoviana»

49

.

Lo spostamento che l'abitato di Ancona vive da sud-est a nord-ovest nel corso del tempo, dal Bronzo Antico fino all'Età del Ferro, sembra riflettere l'importanza che doveva avere il mare nell'economia del sito che forse era già aperto a commerci e relazioni con le popolazioni della sponda orientale del Mar Adriatico, ma queste caratteristiche emergono nell'Età del Ferro

50

.

Nello stesso periodo però in cui Numana si sviluppa, cresce e diventa uno dei porti principali dell'Adriatico, fra la fine del VI e la metà del IV secolo a.C., sembra che l'abitato di Ancona viva

46 SILVESTRINI 1991 a, pp.14-15.

47 LANDOLFI 2001 a, p.61.

48 SILVESTRINI 1991 a, p.15.

49 LANDOLFI 2001 a, p.62.

50 NASO 2000 a, p.42.

(19)

una recessione ed anche le merci attiche diminuiscono

51

. Allo stesso IV secolo a.C. risale la colonizzazione siracusana, evento storico interpretato in modo differente dagli studiosi, fra cui vi sono coloro che lo leggono come un potenziamento siracusano di uno scalo greco già esistente e florido (Braccesi) e coloro che sostengono di non poter fare affermazioni valide a causa della mancanza di documentazione archeologica (Lollini)

52

.

Evidente appare durante la romanizzazione l'autonomia che ad Ancona viene riconosciuta, la sola insieme ad Ascoli che può vantare lo status di civitas foederata, un'indipendenza che le permetterà di diventare base della flotta da guerra nel II secolo a.C., legata forse anche al fatto che Ancona non prese parte alla sommossa picena degli anni 269-268 a.C., capeggiata invece da Ascoli.

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51 LANDOLFI 2001 a, p.60.

52 MOSCATELLI 1983, p.271.

(20)

NUMANA-SIROLO

Ubicazione: Numana è situata pochi chilometri a sud del capoluogo di regione da cui è separata principalmente dal Monte Conero; Sirolo è situata alle pendici meridionali del Monte Conero e si trova subito a nord di Numana, con cui ha condiviso la storia. Questo abitato che ad oggi si presenta suddiviso in due comuni attigui era un antico emporio piceno che, rispetto a quello di Ancona, dimostra una certa discontinuità di abitazione

53

.

Storia degli scavi: Dalla fine dell'Ottocento alla prima metà del Novecento sono avvenute brevi campagne di scavo governative ed isolati scavi di recupero, ma solo dal 1959 al 1976 furono effettuate esplorazioni sistematiche nell'area edificatoria Quagliotti e nella vicina area Davanzali che misero in luce uno dei sepolcreti più importanti del sito di Numana, mentre negli anni Ottanta alcuni lavori per l'ampliamento del cimitero comunale nella zona di Montalbano fecero scoprire due circoli di tombe

54

, che al termine degli scavi si scoprì erano ben sette.

Rinvenimenti: Presso Piazza del Crocefisso a Numana sono state rinvenute tracce di aree di abitato grazie alle buche circolari e di diverse dimensioni che sono state messe in luce e deve probabilmente essere messo in relazione con quello individuato in Via Flaminia poco distante.

Le necropoli sono ciò che di questo sito si conosce meglio: distribuite in tre zone ben distinte e separate attorno all'area abitativa, occupano una fascia di territorio che dalle necropoli dell'area Quagliotti e dell'area Davanzali oggi situate nel territorio di Sirolo giunge a quelle di Via Montalbano a Numana

55

. Tombe più antiche sono state individuate dislocate presso Via Leopardi e Via Matteotti, nell'attuale centro storico di Numana e furono successivamente soppiantate dalla zona abitativa. I defunti sono seppelliti singolarmente in posizione rannicchiata su un letto di ghiaia e le sepolture, differenti nelle dimensioni e nell'orientamenteo e distanziate fra loro, sono distribuite in gruppi di due. I ricchi corredi femminili hanno restituito numerosi vasi di importazione a figure rosse e a vernice nera ed oggetti di ornamento in bronzo, ambra e pasta vitrea caratterizzati da decorazioni raffinate e di qualità

56

. Della necropoli presso il cimitero comunale fa parte la tomba di un guerriero che ha restituito oggetti datanti quali un carro, due morsi di cavalli, due elmi di tipo Negau ed armi, ma anche fibule di tipo Certosa, spiedi, una cista a cordoni ed un ricco servizio di vasi di impasto, fra cui vi è una kýlix attica

57

.

53 LANDOLFI 2001 a, p.60.

54 BALDELLI 1985 a, p.470.

55 LANDOLFI 1993, pp.625-626.

56 Ibid., p.626.

57 BALDELLI 1985 a, p.470.

(21)

In questi circoli le sepolture sembrano seguire un piano preciso secondo uno schema che vede al centro dell'area funebre la tomba più antica ed importante relativa al capofamiglia ed ai lati due ricche tombe femminili, affiancate le une alle altre. Attorno al piccolo gruppo principale, con orientamenti differenti, si dispongono le tombe più o meno ricche degli altri componenti della famiglia, fra cui anche i bambini, fino ad un numero massimo di tredici sepolture

58

.

A Sirolo è stato scoperto il sepolcreto conosciuto come "I Pini", che ricade nella tipologia delle sepolture monumentali a circolo con fossato anulare, fra cui vi è la cosiddetta "tomba della Principessa", in realtà una sepoltura femminile che comprende all'interno del fossato le deposizioni di un bambino e, in una fossa periferica, due mule utilizzate per il trasporto funebre. Questa tomba è denominata in tal modo per via della ricca sepoltura a pseudocamera che presenta una fossa per il corredo ed una fossa per l'inumato e gli oggetti di ornamento personale

59

, che hanno restituito numerosissime fibule, pettorali con pendagli in avorio ed ambra, ceramiche locali ed importate (ceramica attica), suppellettile da cucina, un tripode bronzeo etrusco, una klìne decorata con ambra ed avorio di probabile importazione ionica, due carri smontati.

Datazioni: Le buche di palo che sono state scoperte contenevano materiali datati tra il VI ed il IV secolo a.C. Della necropoli Quagliotti-Davanzali, le tombe ad inumazione in fossa terragna si datano fra VII e III secolo a.C., mentre le due ad incinerazione al IX secolo a.C.

60

. Le sepolture rinvenute nel centro storico, come poche altre situate fra Sirolo e Numana, sono datate fra il IX e l'VIII secolo a.C. e si trovano nell'area in cui dalla fine del VI al IV secolo a.C. circa si impianta una zona abitativa: questo cambiamento di destinazione d'uso dimostra l'ampliamento progressivo dell'insediamento

61

, per via dell'incremento demografico vissuto dall'emporio nella seconda Età del Ferro. L'abitato di Via Flaminia poco più a sud, invece, viene datato dall'VIII al IV secolo a.C.

tramite il confronto con quello di Colle dei Cappuccini in Ancona

62

. I circoli di tombe rinvenuti presso il cimitero comunale sembrerebbero datati alla fase Piceno IV B secondo la dazione della Lollini, cioé 520-470 a.C.

63

.

Si pensa che l'abitato non abbia mai raggiunto «consistenza e forma di una realtà compiutamente urbanizzata»

64

, anche per via della distribuzione delle necropoli che fa propendere per un'organizzazione di tipo vicano-paganica. Dell'abitato però si hanno scarse notizie, perciò non è

58 LANDOLFI 2001 b, p.75.

59 Ibid.

60 LANDOLFI 1992, p.303.

61 LANDOLFI 2001 a, p.61.

62 LOLLINI 1976, p.310.

63 BALDELLI 1985 a, p.470.

64 LANDOLFI 2001 a, p.61.

(22)

possibile definirne la tipologia e le caratteristiche strutturali

65

. «Tuttavia la distribuzione areale delle numerose necropoli picene, collocate tutt'intorno agli attuali abitati di Numana e Sirolo e la presenza in esse di sepolture monumentali, costituite per il VI secolo a.C. da gruppi di tombe racchiuse entro fossati anulari scavati nel terreno marnoso e per il V secolo a.C. da tombe individuali del tipo "a gradoni" permettono considerazioni di qualche interesse in merito sia al tipo di abitato sia alle caratteristiche della edilizia privata»

66

. La scoperta del sepolcreto dei Pini di Sirolo, per esempio, caratterizzato da sepolture monumentali a circolo risalenti al VI secolo a.C., conferma sì che in età picena Numana era un insieme di agglomerati sparsi, data la sua distanza dalle altre necropoli coeve nel fondo Quagliotti, nel fondo Davanzali e in Via Montalbano, ma documenta anche lo sviluppo di questa comunità a contatto con altre più evolute e già urbanizzate

67

. Nonostante l'abitato fosse fermo ad un livello protourbano, sembra difficile vedere le abitazioni dell'aristocrazia e delle classi più abbienti, cioè coloro che detenevano il potere, come modeste capanne quasi preistoriche.

Le tombe ad incinerazione a Numana sono l'eccezione: queste sepolture datate al IX secolo a.C.

sono coeve a quelle rinvenute in Ancona ed «oltre ad attestare la pratica del rito della cremazione nella fase più antica della civiltà picena [...] possono avvalorare l'ipotesi che vede in questo rito un retaggio della civiltà protovillanoviana piuttosto che una generica influenza villanoviana»

68

.

Numana fra la fine del VI e la metà del IV secolo a.C. fu, a svantaggio di Ancona, uno dei porti principali dell'Adriatico, di importanza affatto inferiore a quelli di Spina ed Adria, che per tre secoli circa ha smistato le merci attiche e quelle provenienti dall'Italia meridionale

69

. Tra primo e secondo quarto di quel medesimo IV secolo a.C., i commerci ateniesi hanno visto una ripresa a Numana e nel delta del Po, quindi nei territori dell'entroterra abitati in quei secoli dai Senoni sono stati rinvenuti molti esemplari di ceramica attica: le merci erano smistate lungo i vecchi itinerari che seguivano le valli fluviali

70

.

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65 LANDOLFI 1997, p.33.

66 Ibid.

67 Ibid.

68 LANDOLFI 2001 a, p.62.

69 LUNI 1995, p.208.

70 NASO 2000 a, pp.263-264.

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OSIMO

Ubicazione: Osimo si trova in provincia di Ancona, fra le colline a pochi chilometri ad ovest di Numana e confina a sud con Filottrano e Castelfidardo.

Storia degli scavi: Nel 1890 in Via Fratelli Cervi venne scoperto il sepolcreto relativo all'insediamento sottostante l'area dell'odierno mercato coperto descritto e studiato rispettivamente dal Gentili e dal Brizio. Nel luglio del 1957, mentre venivano eseguiti dei lavori di ristrutturazione, si scoprirono i resti di un abitato nell'area sottostante il mercato coperto, oggetto per due anni di brevi campagne di scavo condotte dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche

71

.

Rinvenimenti: Alcuni ritrovamenti sporadici in Via Guasino datati al Bronzo Medio III hanno fatto ipotizzare una prima occupazione del sito in questo periodo

72

. Per quanto riguarda l'abitato del Bronzo Medio e Recente, esso sembrerebbe aver occupato una superficie di 7 ettari, mentre a 18 ettari sarebbe salita quella dell'insediamento dell'Età del Ferro. Gli abitati piceni rinvenuti sono due:

il primo è situato nella zona del mercato coperto (cosiddetta "Piazza dell'erbe"), dove venne casualmente alla luce grazie alla scoperta di un deposito di 2.50 m di altezza di ben 12 strati piceni ricchi di materiale; il secondo, che sembra essere sorto nel Bronzo Finale e continuato nell'Età del Ferro

73

, si trova sul fianco nord-orientale di Monte San Pietro, un'altura 2 km a nord-ovest di Osimo, che ha restituito sia un accentramento suburbano di capanne sia la relativa necropoli.

Datazioni: L'inizio del deposito rinvenuto al mercato coperto è stato datato al IX secolo a.C., mentre la vita dell'abitato durò fino al IV secolo a.C. e fu poi tagliato dalle mura romane di II secolo a.C.

74

. I resti dello stanziamento nell'area sottostante il mercato coperto si possono mettere in relazione con quelli rinvenuti presso Colle dei Cappuccini in Ancona

75

: infatti molte sono le somiglianze fra i materiali dell'abitato di Osimo e quello di Ancona, sebbene qui siano stati rinvenuti oggetti caratterizzanti la civiltà picena più che strutture abitative

76

. L'abitato sul fianco nord-orientale di Monte San Pietro, partendo dalla fase Piceno II, attraversa la fase Piceno III e la fase Piceno IV ed arriva fino alla fase Piceno IV B secondo la datazione della Lollini

77

.

71 LOLLINI 1958, p.278.

72 RITRECINA 2010, p.459.

73 Ibid.

74 LUNI 2001 c, p.166.

75 LOLLINI 1958, p.278.

76 LOLLINI 1998 c, p.39.

77 GENTILI 1990, pp.17-18.

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, Osimo, in Museo Archeologico Nazionale delle Marche. Sezione protostorica. I Piceni, a cura di E. Percossi Serenelli, Falconara 1998, p.39.

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2001 c = M. L

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, Forme e strutture dell'insediamento, aspetti della produzione. I. Gli abitati, in Eroi e regine. Piceni popolo d'Europa. Catalogo della mostra, a cura di L. Franchi Dell'Orto, Roma 2001, p.166.

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ITRECINA

2010 = M. R

ITRECINA

, L'Italia centrale adriatica tra il Bronzo Finale e la prima Età del

Ferro, in Preistoria e protostoria in Etruria. L'alba dell'Etruria. Fenomeni di continuità e

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settembre 2008, a cura di N. Negroni Catacchio, Milano 2010, p.459.

(26)

ZONA CENTRALE – ALTA-MEDIA VALLE

La zona centrale dell'area picena che è stata presa in considerazione è delimitata a nord dal fiume Musone e a sud dal fiume Chienti, mentre nel mezzo è solcata dal fiume Potenza. Questi ultimi, dopo un percorso pressoché lineare da ovest ad est, sfociano rispettivamente fra Civitanova Marche e Porto Sant'Elpidio il primo e nei pressi di Porto Potenza Picena il secondo. In essa si possono considerare insediamenti quali Moscosi di Cingoli, Moie di Pollenza, Cessapalombo.

Anche in questo distretto vi sono siti abitati sin dall'Età del Bronzo, ma c'è da considerare che nel corso del Bronzo Finale vi è una crisi delle zone interne dove, anche negli abitati che sopravviveranno nel periodo successivo, l'Età del Ferro, «si ha una forte flessione di documentazione in corrispondenza di questa fase, fino a non sapere, come è il caso della stessa Moscosi, se non si tratti piuttosto di una rioccupazione nel primo millennio»

78

.

Ma la valle del Potenza è contemporaneamente una delle vie principali di comunicazione ed uno degli assi di popolamento con l'indice demografico più alto dell'antichità

79

: non è perciò un caso se nelle scelte insediative (i siti sono però noti per singoli rinvenimenti fortuiti differenti per tipologia ed epoca cui risalgono) è chiaro il privilegiare quelle rivelatesi come le principali vie di collegamento, delineando una direttrice commerciale tuttora attiva, che attraverso il corso del torrente Fiumicello collegava le valli del Musone e del Potenza, lungo la quale si concentrano i principali insediamenti della seconda metà del VI secolo a.C. e del successivo

80

.

Nella media vallata la ricerca è stata particolarmente mirata anche ai siti preistorici, i quali da un lato rivelano uno sfruttamento intenso del territorio e dall'altro rappresentano la prima definizione di percorsi che nel tempo acquistano sempre più importanza fino a costituire la rete viaria di età picena, che è stata poi ripercorsa e riorganizzata nella rete viaria romana

81

.

Come per l'Esino, anche la foce del Potenza risulta essere un importante scalo: a Piano di Fonte Marcosa nella frazione Moscosi di Cingoli sono stati trovati numerosi vaghi d'ambra, mentre in località Cisterna a Tolentino sono stati rinvenuti molti frammenti di ceramica di tipo egeo, negli strati datati al Bronzo Recente e Finale. Questi rinvenimenti nelle medie valli del Musone e del Chienti farebbero ipotizzare che tra le navi che frequentavano il porto ci fossero forse anche quelle egee, le quali trasportavano prodotti diretti sia al mercato interno della cultura picena sia alle comunità nei pressi della foce del Po

82

. Questi medesimi porti vennero in seguito spessp frequentati dalle popolazioni del versante jugoslavo del Mare Adriatico, tanto da dar vita a quella che gli

78 LUCENTINI 2001 b, p.44.

79 PERCOSSI SERENELLI 2003, p.605.

80 FRAPICCINI-PERCOSSI SERENELLI-SILVESTRINI 1998, p.318.

81 PERCOSSI-PIGNOCCHI 2006, p.18.

82 Eadem, p.19.

(27)

studiosi chiamano koinè adriatica. Lo studio della distribuzione della ceramica attica, prodotto importato particolarmente richiesto dai ceti più alti, ha consentito di seguire il percorso che i beni di prestigio compivano in epoche posteriori. Dall'emporio di Numana e da altri approdi frequentati dai greci, essi venivano smistati nei mercati piceni dell'entroterra ed in quelli del versante tirrenico e ciò

«conferma ulteriormente l'importanza della via di penetrazione commerciale lungo la vallata del Potenza in epoca Picena»

83

. Tali recenti scoperte hanno quindi mostrato il ruolo chiave che il territorio marchigiano ha nei commerci che collegavano il mondo egeo col nord dell'Italia.

D'altronde fin dall'Età del Bronzo doveva essere in qualche modo impostata la rete di siti d'altura documentati nell'Età del Ferro, perché era finalizzata ad un'organizzazione economica, politica, sociale ed ideologico-religiosa delle comunità protostoriche montane che diventava sempre più mirata e sistematica. Con una geografia politica che in quest'area resta invariata per tutta l'epoca arcaica e classica, «mentre l'ubicazione degli abitati d'altura è più direttamente legata, anche nella media vallata, al controllo della viabilità nel fondovalle, i siti di pianura, come quello di Moie di Pollenza e quelli documentati dalle tombe di Monte Penna, di Pitino di San Severino Marche e di Via dell'Asilo di Passo di Treia, hanno assolto in momenti diversi dell'età picena a funzioni specifiche di presidio del nodo viario che collega la via di fondovalle con i percorsi intervallivi verso la bisettrice di valle del Chienti e verso l'area costiera del Conero»

84

.

«È interessante sottolineare come già fra l'epoca arcaica e classica il sistema viario afferente alla vallata del fiume Potenza fosse perfettamente strutturato e non è possibile escludere che esso fosse stato oggetto di interventi di sistemazione tesi a trasformare la rete di tratturi pre-protostorici in una rete viaria efficiente»

85

. Tanto più che poco a nord del fiume, nel territorio di Treia, sia rinvenimenti sporadici sia tracce di necropoli ubicate sul fondovalle e sul crinale tracciano in maniera quasi puntuale quello che sarà il percorso della via Flaminia (che da Treia risaliva verso Ancona passando per Osimo).

Relativa al IV secolo a.C. è l'interruzione della documentazione della frequentazione degli abitati d'altura la quale sembrerebbe legata ad un cambiamento di modello insediativo: «al sistema di piccoli insediamenti afferenti all'abitato egemone dell'epoca dei principi si sostituisce quell'insediamento sparso per vicos et per pagos che era stato immediatamente sottolineato dai Romani al loro affacciarsi in questa parte di regione adriatica»

86

. Ma questo stesso periodo risulta essere caratterizzato, in base ai rinvenimenti di reperti di rilievo quali ceramica attica ed alto- adriatica o bronzi di produzone etrusca e laziale, da una vivacità economica che si pensa possa

83 Eadem, p.23.

84 Eadem, pp.21-22.

85 Eadem, p.23.

86 Eadem, p.24.

(28)

essere legata alla presenza di gruppi celtici che si sostituirono alle élites picene nel controllo della rete commerciale. È anche vero che «l'importanza del porto e la presenza commerciale dorica ad Ancona possono aver influito decisivamente sul maggiore sviluppo in questo periodo del percorso intervallivo, anche in concomitanza con la situazione di difficoltà ambientale alla foce del Potenza, che potrebbe avere pure interessato le strutture portuali, causando [...] una momentanea perdita di interesse della parte terminale della bisettrice di valle»

87

.

Non stupisce che, come quelle di Matelica e di Pitino di San Severino, anche le zone afferenti a Moie di Pollenza presentino un numero elevato di collegamenti culturali con le aree di matrice sabino-falisco-capenate e nemmeno che le valli dell'Esino e del Potenza, così come quella del Chienti più a sud, siano state alcune delle vie principali per lo smistamento ed il commercio dei prodotti importati, sia dall'entroterra verso il mare sia viceversa. Non è chiaro quanto di questi nessi sia stato causato da scambi di natura commerciale o di altro genere: d'altronde «la presenza e la persistenza lungo le vie per l'Adriatico di rituali funerari originari di quell'area potrebbero costituire un efficace segnale dell'effettiva presenza di individui o gruppi di origine veiente-falisca»

88

.

87 Eadem, pp.24-25.

88 PERCOSSI SERENELLI 2003, p.628.

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