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2. NEOPLASIE BENIGNE DEL NASO E DEI SENI PARANASALI

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(1)

2. NEOPLASIE BENIGNE DEL NASO E DEI SENI PARANASALI

La cavità sinusale si estende dalle narici al setto nasale posteriore, terminando nel nasofaringe; il pavimento è costituito dal palato duro, il quale va a formare contemporaneamente il tetto della cavità orale. All’interno di ciascuna fossa nasale, tre turbinati ossei (superiore, medio e inferiore) con inserzione sulla parete laterale, protudono medialmente.

I seni paranasali sono in numero di quattro: il mascellare, l’etmoidale, il frontale e lo sfenoidale che vanno a circondare le cavità nasali. Il seno etmoidale forma la porzione supero-laterale e mediale della fossa nasale, mentre insieme all’antro mascellare costituisce il margine infero-laterale. La porzione superiore del seno mascellare forma il pavimento dell’orbita, solcato dal canale osseo contenente il nervo infraorbitario. Il seno frontale, anteriormente contribuisce alla formazione del tetto dell’orbita, mentre il seno sfenoidale va a costituire posteriormente il tetto del nasofaringe

1

.

La mucosa di tipo respiratorio è rivestita da epitelio colonnare pseudo-stratificato (epitelio

schneideriano), costituito da cellule cilindriche, cigliate e non cigliate, cellule mucipare,

globet cells e cellule basali; nella lamina propria sono presenti ghiandole siero-mucinose e

ricco tessuto vascolare (cavernoso)

2

.

(2)

I tumori benigni della regione naso sinusale sono patologie rare, che costituiscono meno dell’1% di tutte le neoplasie

.

La loro classificazione è difficile a causa della complessità della struttura che li ospita; secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità possono esser suddivisi come segue

2

:

EPITELIALI MESENCHIMALI OSSEI MISCELLANEA Papilloma

Adenoma pleomorfo

Angiofibroma Emangioma Paraganglioma

Osteoma Meningioma Schwannoma Leiomioma

Sono caratterizzati da un lento accrescimento e da una sintomatologia prevalentemente silente nelle fasi iniziali e progressivamente ostruttiva, con il passare del tempo. La struttura ossea della regione naso-sinusale viene generalmente ad essere oggetto di un rimodellamento plastico, piuttosto che di un atteggiamento aggressivo e litico; inoltre i rapporti con le strutture vascolo-nervose sono caratterizzati da assenza di aggressività diretta, intesa come infiltrazione e perdita di funzione.

A causa del loro progressivo accrescimento a scapito della pervietà delle fosse nasali e dei seni paranasali, la terapia di scelta per tali neoplasie è la resezione chirurgica.

Verrà di seguito riportata una descrizione dei principali tumori benigni del naso e dei seni

paranasali.

(3)

2.1 OSTEOMA

L’osteoma è un tumore osseo benigno, a lenta crescita, caratterizzato dalla proliferazione di tessuto osseo compatto o spugnoso, che interessa quasi esclusivamente la regione testa- collo

3

. Nel 1941 Teed riportò 321 casi di osteoma attraverso una revisione della letteratura fino a quel momento; nel 1950 Hallberg e Begley riportarono 40 casi, dei quali, secondo una recensione aggiornata 29 anni dopo, 16 erano localizzati nel seno frontale e 12 nella regione fronto-etmoidale

4

. In effetti, indagini recenti confermano che il più frequente sito di origine è il seno frontale, seguito dall’etmoidale, il mascellare e lo sfenoidale in tale ordine

5

.

Epidemiologia

Anche se è considerata una neoplasia non comune, la reale incidenza è sconosciuta, a causa dei casi asintomatici non diagnosticati. In una revisione di 3510 studi radiografici dei seni paranasali, Childrey documentò un’incidenza dello 0,43%

3

. Il picco di incidenza si ha, generalmente, tra la II e la V decade di vita ed è stata registrata una prevalenza nel sesso maschile con rapporto M:F di circa 2:1.

Eziopatogenesi

L’eziologia dell’osteoma è tutt’oggi sconosciuta, sono state avanzate varie ipotesi, tre delle quali hanno maggior rilievo:

1) Teoria embriologica. Cohnheim (citato da Hallberg e Begley 1950) avanzò la

convinzione che, aree in cui tessuti di diversa origine embriologica vengono in

contatto, hanno un incremento del rischio di sviluppare proliferazioni neoplastiche

3

.

La maggior parte della base cranica origina dal “condrocranio” ossia da tessuto

cartilagineo, mentre la volta cranica origina dal “neurocranio membranoso” con un

processo di ossificazione membranosa

6

. All’interno del cranio, le aree in cui tessuti

cartilaginei e membranosi confinano durante lo sviluppo embrionale, includono: le

(4)

giunzioni tra osso frontale ed etmoide, mascellare, piccola ala dello sfenoide ed infine il processo orbitale dell’osso frontale. Questa teoria può dunque esser valida per quegli osteomi che originano in suddette sedi, ma è del tutto inadeguata in tutti i casi in cui la neoplasia è localizzata lontano dalle giunzioni.

2) Teoria infettiva. Si basa sull’evidenza che in molti campionamenti il 30% dei casi

4

presenta associazione tra neoplasia ed infezione, per cui l’osteoma rappresenterebbe un’ipertrofia ossea secondaria ad un processo infiammatorio cronico. Un tempo si credevano implicate infezioni tubercolari o luetiche, ma oggi l’ipotesi è sorpassata

4

. Tuttavia l’alta incidenza di sinusiti croniche infettive paragonata con la relativa rarità dell’osteoma dei seni paranasali, suggerisce che l’infezione sia un fenomeno secondario piuttosto che la causa scatenante

3

.

3) Teoria traumatica. E’ stata proposta come risultato dell’osservazione che, in alcuni studi, un 30% di pazienti riferisce all’anamnesi un pregresso trauma cranico. La teoria ipotizza che traumi in epoca puberale possano stimolare un’eccessiva crescita ossea in sede della lesione

3

. Anche insulti di lieve entità e quindi ignorati o rimossi dal paziente, potrebbero esser alla base dello sviluppo della neoplasia costituendo un fattore predisponente alla proliferazione tumorale. Tuttavia questa teoria non spiega il gran numero di pazienti affetti da osteoma che hanno anamnesi negativa per trauma

4

.

Ad oggi, dunque, non esiste un’evidenza scientifica che riesca a spiegare l’eziopatogenesi di

questa neoplasia.

(5)

Clinica

La maggior parte dei pazienti risulta asintomatico e la diagnosi di osteoma è del tutto casuale in corso di esame Rx per altri motivi.

La sintomatologia è legata alla localizzazione, alle dimensioni e al ritmo di crescita della neoplasia.

L’osteoma del seno frontale può presentarsi con un largo spettro di varianti, probabilmente ciò è legato alla lenta crescita di questo tumore. Il sintomo più comune è la cefalea frontale o generalizzata per ostruzione alle vie di drenaggio, anche la sinusite frontale è frequentemente associata. Aumentando le sue dimensioni, l’osteoma può oltrepassare i confini del seno frontale invadendo le strutture circostanti in tutte le direzioni. Se ciò avviene, anteriormente, può determinare la formazione di deformità della fronte visibili esteriormente; inferiormente, invece, si può avere l’invasione dell’orbita con segni e sintomi tipici, quali: proptosi, diplopia, amaurosis fugax. L’estensione in direzione posteriore, al livello intracranico, può esser causa di lesioni alle meningi, convulsioni o emiparesi

4

.

Ricostruzione tridimensionale di una TC

cranica di un paziente con osteoma

frontale (freccia). L’immagine dimostra

l’effetto del tumore sul volume cranico,

questa espansione verso l’esterno causa

alterazioni della vista e diplopia.

(6)

L’osteoma etmoidale, data la ristrettezza del contenente, in genere da sintomi più precocemente rispetto al frontale e includono: dolore o deformità facciale, mal di testa, rinorrea, anosmia, sinusite cronica e alterazioni della vista e dei movimenti oculari

6

.

L’osteoma del mascellare può manifestarsi con dolore e gonfiore (in sede della neoplasia), abbondanti secrezioni nasali, talvolta si può avere invasione dell’orbita con la conseguente sintomatologia associata

7

.

Scansione TC assiale che mostra una massa ossea peduncolata occupante l’antro mascellare sinistro.

Una rara ma importante manifestazione clinica dell’osteoma sinusale si verifica in

concomitanza della sindrome di Gardner, malattia ad andamento familiare caratterizzata da

poliposi intestinale, osteoma e altri tumori dei tessuti molli

4

. E’ una patologia ereditaria

trasmessa come carattere dominante e spesso, i segni e sintomi facciali sono la prima

manifestazione della malattia. Altre manifestazioni extra intestinali, come polipi gastrici e

anormalità scheletriche e dentarie, possono precedere la diagnosi di poliposi intestinale

6

. In

questi casi è necessaria un’accurata diagnosi in quanto, se gli osteomi e i tumori dei tessuti

(7)

molli sono benigni, la degenerazione maligna dei polipi intestinali in adenocarcinoma si verifica in circa il 40% dei casi

4

.

Imaging

All’Rx la lesione appare come un’area radiopaca ben circoscritta

8

.

La TC risulta esser il gold standard diagnostico, nelle cui scansioni risulta una massa ossea iperdensa aggettante la cavità sinusale; al contrario, a causa della densità dell’osso compatto, la RM non fornisce immagini suggestive

9

.

TC preoperatoria di una donna di 29 anni con

osteoma etmoidale ed estensione orbitale.

(8)

Osteoma del seno frontale.

Diagnosi differenziale. La diagnosi differenziale si pone nei confronti di altre lesioni fibroossee dei seni paranasali, le quali possono avere un’immagine radiologica simile, ma si differenziano per la minore definizione dei margini rispetto all’osteoma

4

. Fu e Persin distinsero gli osteomi da queste lesioni, che includono: l’osteoma fibroso la displasia fibrosa e il fibroma ossificante. L’osteoma fibroso è, di base, un osteoma con una gran quantità di tessuto fibroso inter-trabecolare rispetto a quello che si osserva nell’osteoma “eburneo” e in quello “maturo”. Questa lesione ha lo stesso range d’età ed ha la stessa evoluzione benigna tipica dell’osteoma. D’altro canto la displasia fibrosa ha molte caratteristiche peculiari.

Radiologicamente, appare scarsamente definita ed irregolare; da un punto di vista epidemiologico tende a manifestarsi in soggetti giovani, spesso nella I° / II° decade.

Istopatologicamente la displasia fibrosa appare priva di capsula e con una componente

cellulare a forma di fuso più o meno rappresentata, con intrecci trabecolari ossei irregolari

senza un rivestimento osteoblastico o linee cementali. Questa lesione è ritenuta esser dovuta

ad un arresto del normale processo di ossificazione allo stadio intrecciato, senza la

(9)

progressione a livello di osso lamellare. Il fibroma ossificante, in ultima istanza, incorre anch’esso in giovane età. Nel 1872, Meszel fornì la prima descrizione di una variante del fibroma ossificante chiamata “Fibroma cemento ossificante”

10

. Anche Liechtenstein e Jaffee classificarono il fibroma ossificante come una variante istologica della displasia fibrosa, concetto che si è mantenuto nella letteratura fino al 1963, quando Reed distinse le lesioni in entità clinico patologiche separate

10

. Al contrario della displasia fibrosa il fibroma ossificante è ritenuto essere una neoplasia benigna dell’osso nella quale la normale architettura ossea è sostituita da tessuto costituito da fibre collagene, fibroblasti e varie tipologie di tessuto calcificato con la potenzialità di crescita illimitata e destruente. Una variante di questa lesione è il fibroma ossificante psammommatoso che incorre generalmente nei bambini piccoli nella regione del seno etmoidale.

Complicanze

L’osteoma dei seni paranasali è generalmente un’affezione benigna e paucisintomatica, talvolta, però possono verificarsi complicanze che determinano una spiccata sintomatologia (come nel caso della sinusite cronica) e in alcuni casi una prognosi peggiore della neoplasia.

Tra queste le più importanti, oltre alla sinusite cronica, sono il mucocele e il pneumocefalo.

-Mucocele: il mucocele può originare come entità isolata, ma quando incorre con un

osteoma, è sempre secondario a esso. Infatti, l’osteoma dei seni paranasali è considerato la

causa del mucocele per occlusione dell’orifizio di comunicazione, quindi rappresenta

un’ostruzione meccanica che forza il mucocele ad espandersi in cavità cranica. L’ipotesi è

supportata dal rinvenimento d’isole di tessuto osseo nell’ambito del mucocele. La successiva

calcificazione di quest’ultimo può esser erroneamente interpretata come un inaspettato e

repentino ingrossamento dell’osteoma. L’associazione di queste due lesioni determina una

maggiore aggressività della neoplasia

11

.

(10)

-Pneumocefalo: esso in genere si può formare primitivamente a seguito di traumi cranici, procedure neurochirurgiche, oppure, in corso d’infezioni, per la formazione di gas da parte dei microrganismi, mucocele, difetti durali. Raramente può rappresentare il primo segno di un osteoma misconosciuto, determinando un’inaspettata complicanza. Crescendo l’osteoma va ad erodere le pareti dei seni, quindi le meningi determinando l’ingresso di aria in cavità cranica; tale raccolta può essere subdurale, subaracnoidea, intracerebrale o intraventricolare.

La disposizione anatomica delle meningi al livello della fossa cranica anteriore è in relazione con lo sviluppo del pneumocefalo. Infatti, in quest’area la sottile dura madre è strettamente attaccata all’osso, mentre l’aracnoide aderisce direttamente al lobo frontale.

L’erosione da parte dell’osteoma può creare una zona di minor resistenza nella quale, a causa di sbalzi improvvisi di pressione nasofaringea o per colpi di tosse, entra aria. Se la localizzazione è intracranica, può comportarsi come una massa occupante spazio e dare sintomatologia neurologica conosciuta come “tension pneumocephalus” (vomito, deficit sensoriali, disfunzioni neuromuscolari). Anche se il riconoscimento di aria intracranica non risulta difficoltosa con l’Rx, la TC è di fondamentale importanza per indagare la lesione primaria e definire l’estensione della raccolta, la tomografia può inoltre differenziare la localizzazione epidurale, subdurale, subaracnoidea

12

.

Immagini Rx e TC che mostrano l’estensione del pneumoencefalo

(11)

Anatomia patologica

La natura istopatologica dell’osteoma dei seni paranasali è stata revisionata da Fu e Perzin in un ampio studio clinico-patologico.

L’osteoma dei seni paranasali consiste in un tessuto osseo maturo ben differenziato, localizzato al livello della parete di un seno e occupante la sua cavità.

Si descrivono due tipologie istologiche caratteristiche:

- osteoma “avorio” o “eburneo”, composto da tessuto osseo denso, duro, costituito solo da una piccola parte di tessuto fibroso

4

. Generalmente ha una base sessile, le dimensioni variano da pochi millimetri a qualche centimetro talvolta parte della lesione può essere nell’osso mascherando la reale estensione

8

.

Fotomicrografia che mostra trabecole ossee contenenti numerosi osteociti; lo stroma circostante è ricco di numerosi piccoli vasi sanguigni.

-osteoma “spongioso” o “maturo”, costituito da tessuto osso maturo, poroso, localizzato alla periferia dell’osteoma eburneo

4

. Esso è, in genere, peduncolato ed assomiglia all’osso di origine, può contenere trabecole ossee e midollari con osteoblasti. La superficie può essere irregolare o liscia con osso corticale ai margini

8.

Occasionalmente c’è una terza variante “mista” contenente caratteristiche di entrambi.

(12)

Trattamento

Nella maggior parte dei casi la rimozione chirurgica come trattamento dell’osteoma è indiscusso; la diagnosi della neoformazione alla presenza di una sintomatologia, è, generalmente, la situazione nella quale l’intervento è giustificato. La consapevolezza del progressivo accrescimento cui va incontro l’osteoma nel corso della sua storia naturale, così come l’eventualità di una conseguente complicanza orbitale o intracranica, depongono a favore della resezione chirurgica, soprattutto nei pazienti giovani. Tuttavia soggetti asintomatici possono esser seguiti esclusivamente tramite follow-up radiologico per valutarne la crescita ed i cambiamenti sintomatologici

6

.

Le indicazioni al trattamento chirurgico dell’osteoma frontoetmoidale sono state rivisitate nel 1990 da Savic e Djeric, i quali suggeriscono la rimozione chirurgica per:

- Gli osteomi che si estendono al di là del confine del seno frontale.

- Quelli che sono in espansione continua

- Quelli localizzati in zone adiacenti al recesso naso frontale.

- Quelli associati a sinusite cronica

- Osteomi etmoidali con dimensioni eccessive per il contenente.

Inoltre propongono la rimozione in caso di sintomatologia dolorosa cronica per la quale siano state escluse altre cause

13

.

Gestione preoperatoria

Il primo step da compiere è una delineazione completa tridimensionale dell’estensione

tumorale, obiettivo raggiungibile attraverso la combinazione di scansioni TC ed immagini

RM

14

. La tomografia computerizzata assiale dei seni paranasali (spessore di 2 mm) con

successiva ricostruzione coronale, permette di evidenziare sede, dimensioni ed origine

dell’osteoma come pure il possibile accesso endonasale al seno frontale

13

. La RM, invece,

risulta fondamentale per acquisire un’accurata visione tridimensionale del processo

(13)

neoplastico, distinguendolo dalla componente infiammatoria ad esso spesso associata. Ciò è importante per accertare, il più accuratamente possibile, la capacità di ottenere una resezione completa del tumore, prima della scelta finale del trattamento chirurgico

14

.

Tecniche chirurgiche

La scelta della tecnica chirurgica più consona dipende: dalla localizzazione, dal volume e dai contorni della neoplasia, dalla situazione anatomica, dal diametro antero-posteriore del seno e dalla possibile estensione extrasinusale.

Quando possibile, la chirurgia endoscopica viene preferita all’approccio esterno. Infatti, grazie alle moderne strumentazioni e potendo affidarsi ad un chirurgo esperto, è possibile ottenere un’ottima visualizzazione, un adeguato accesso e, quindi, gli stessi risultati auspicabili attraverso la chirurgia aperta. D’altro canto l’endoscopia garantisce alcuni importanti vantaggi, quali: il minimo insulto estetico, una degenza ospedaliera più breve ed un più rapido decorso post-operatorio

14

.

Il requisito principale per la completa rimozione endoscopica è un adeguato accesso ai confini tumorali.

L’osteoma etmoidale, senza significativa estensione extrasinusale, può esser completamente escisso attraverso l’approccio endonasale. Se il tumore è vasto, o inserito nel contesto osseo etmoidale, può esser ridotto di dimensioni sezionandolo con il trapano, per poi procedere alla completa rimozione.

Nell’osteoma frontale l’adeguatezza di un approccio endonasale deve esser ricercata

attentamente sulla base delle immagini TC preoperatorie. Al livello del seno frontale, infatti,

un osteoma è considerato accessibile se è situato medialmente ad un piano sagittale virtuale

passante attraverso la lamina papiracea ed è posto sulla parte inferiore della parete posteriore

del seno frontale

13

.

(14)

a. La figura mostra come l’approccio endonasale di un osteoma frontale necessiti di un adeguato accesso (1) per poter effettuare un intervento tipo II o III secondo Draf.

b. La figura mostra come l’osteoma debba esser

basato nella parte inferiore della parete posteriore del

seno (2) e non debba estendersi oltre il piano virtuale

sagittale (3) passante attraverso la lamina papiracea.

(15)

La resezione dell’osteoma frontale, con approccio endonasale, può esser eseguita attraverso la creazione di una sinustomia frontale del tipo II o III secondo Draf.

Il tipo II di Draf è un drenaggio effettuato attraverso la resezione del pavimento del seno frontale; il tipo III secondo Draf, invece, prevede la rimozione del pavimento di entrambi i seni, insieme alla parte superiore dell’adiacente setto nasale e la parte inferiore del setto intersinusale

13

.

Quando, per i motivi sopra esposti, non sia possibile un approccio endonasale, si ricorre all’intervento di osteoplastica del seno frontale con incisione coronale, sollevamento dello scalpo fino a scoprire la parete anteriore del seno frontale

13

. A questo punto viene creata una finestra dalla quale rimuovere la neoplasia; successivamente si provvede alla richiusura del seno. Nei casi in cui sia presente un’addizionale sinusite cronica severa o sia attesa una chiusura post-chirurgica del drenaggio del seno frontale dopo rimozione dell’osteoma, è consigliabile l’obliterazione del seno stesso attraverso innesti di grasso addominale

13

.

Follow-up

Il follow-up viene condotto attraverso visite di controllo soprattutto nel primo anno dopo l’intervento e si avvale dell’endoscopia nasale con l’aggiunta di scansioni TC dove necessario

15

. La possibilità di recidive da parte della neoplasia dipende esclusivamente dalla sua avvenuta o meno totale rimozione e, quindi, per lo più dall’abilità del chirurgo.

Complicazioni

Le complicazioni che possono incorrere durante un intervento in endoscopia, possono essere, per lo più, orbitali, intracraniche o emorragiche.

1) Al livello orbitale può verificarsi una lesione della parete mediale dell’orbita e

prolasso del grasso peri-orbitale. Una presentazione più grave si ha nel caso di

(16)

emorragia intra-orbitale, causata direttamente o indirettamente per lesione dell’arteria etmoidale e stravaso al livello orbitale. E’ necessario procedere ad una pronta decompressione onde evitare danni permanenti. Altra evenienza può esser rappresentata dal danneggiamento del muscolo retto mediale o del dotto naso- lacrimale.

2) Al livello intracranico la complicazione più frequente è la fuoriuscita di liquido cefalorachidiano per formazione di una fistola, la quale deve esser prontamente richiusa se evidenziata in sede operatoria.

3) Emorragie possono esser dovute a lesioni dell’arteria etmoidale, così come

dell’arteria sfenopalatina, in quest’ultimo caso soprattutto in corso di rimozione del

turbinato medio. In genere queste complicanze possono esser ben superate attraverso

la causticazione dell’arteria recisa

16

.

(17)

2.2 PAPILLOMA NASOSINUSALE

Il papilloma nasosinusale è una neoplasia benigna, nota da oltre 150 anni agli otorinolaringoiatri. Questo tumore polipoide comprende tre tipologie istopatologiche definite nel 1991 dalla World Health Organization (WHO): il papilloma esofitico, il papilloma a cellule colonnari ed il papilloma invertito

4

, rappresentando quest’ultimo il 70%

di tutti i papillomi. Per questo motivo la seguente trattazione si riferirà principalmente al papilloma invertito.

Epidemiologia

Il primo accenno al papilloma invertito viene fatta nella seconda metà del 1800 da Kramer che, nel 1847, descrive alcune lesioni della mucosa nasale a forma di cavolfiore denominandole “papillae”

17

. Nel 1855 Billroth illustra il primo papilloma delle cavità nasali ufficialmente ritenuto tale ed indica tale lesione con il termine di “cancro villiforme”

18

. Nel 1938 Ringertz compie un importante passo diagnostico descrivendo la tendenza delle cellule tumorali a crescere verso lo stroma sottostante; per molti anni la lesione viene indicata con l’eponimo di “tumore di Ringertz”

19

.

Nella nomenclatura viene aggiunto l’ ulteriore termine “schneideriano”, coniato in onore di Victor Conrad Schneider, l’autore che ha individuato più in dettaglio le caratteristiche istologiche della mucosa nasale normale e patologica.

E’ una lesione benigna relativamente poco comune che costituisce lo 0,5%-4% di tutte le neoplasie primitive del naso

21

e rappresenta il 70% di tutti i papillomi nasali

22

.

Mostra una spiccata predilezione per il sesso maschile, con un rapporto M:F che varia da 3:1 a 5:1 a seconda delle casistiche considerate

23-24

.

La patologia colpisce prevalentemente individui adulti intorno alla quinta-sesta decade di

vita

25

; l’età media di diagnosi è anticipata negli uomini rispetto alle donne (54,8 anni, contro

(18)

60,4 anni rispettivamente); in letteratura sono stati riportati casi sporadici in età pediatrica

26-

27

ed in età avanzata

25-28

.

Eziopatogenesi

I presunti fattori di rischio chiamati in causa nell’eziopatogenesi del papilloma invertito, ancora sostanzialmente ignota, sono: infezioni batteriche e virali, processi flogistici cronici, allergie, esposizioni occupazionali e tabagismo.

Alcuni Autori, tra cui Majundar e Beck

29

, hanno sottolineato un maggior rischio di sviluppare la malattia nei lavoratori delle industrie tessili, dell’acciaio, del legno, mentre Deitmer

30

ha individuato una maggior incidenza nei soggetti esposti alle polveri del legno, tessili, di carbone, di asbesto, ai solventi ed al fumo di catrame o bitume, rispetto ai controlli. Tuttavia è necessaria una conferma di tali dati da parte di studi epidemiologici su larga scala.

Forti evidenze scientifiche individuano nell’infezione da Virus del Papilloma Umano (HPV), uno dei presunti agenti eziologici più importanti; questo virus ha già un ruolo causale ampiamente riconosciuto nella genesi di tumori squamosi benigni e maligni in vari organi ed apparati, come nel caso del carcinoma della cervice uterina e del tratto genito- urinario

31

. L’associazione tra HPV e papilloma invertito è stata accertata per la prima volta da Syrjanen

32

nel 1987; in seguito numerosi studi condotti hanno dimostrato che il DNA virale è variamente rappresentato nelle lesioni, secondo percentuali che variano dallo 0% al 100%

33-34

. In una recente revisione della letteratura, il genoma dell’HPV è stato individuato nel 32% dei casi, percentuale che sale al 58% nei papilloma invertiti associati a carcinoma, ad ipotizzare un potenziale ruolo dell’HPV nei processi di trasformazione maligna

35

.

A conferma di tale dato, sembra che nel papilloma invertito con displasia, nel papilloma

invertito con carcinoma in situ e nel carcinoma invasivo vi sia un’aumentata espressione

delle proteine p21 e p23 rispetto alla mucosa normale; si tratta di proteine regolatrici del

(19)

ciclo cellulare direttamente influenzate dall’infezione da HPV ed in particolare dai sottotipi 6-11

36

.

Studi recenti dimostrano che l’oncoproteina virale E6, sintetizzata da HPV, è in grado di interferire con la normale attività dell’oncogene cellulare soppressore p53 wild-type attraverso un meccanismo ATP-dipendente, determinando la produzione di una proteina p53 funzionalmente inattiva

37

. Quest’ultima tende ad accumularsi nella cellula potendo dunque esser individuata con colorazioni immunoistochimiche adatte.

Alterazioni del gene p53 promuovono, quindi, la crescita del tumore attraverso la perdita dei normali meccanismi di controllo del ciclo cellulare; al contrario il ruolo del gene p21 nella carcinogenesi non è ancora del tutto chiaro. Similmente a p53, il gene p21 è preposto al controllo della crescita cellulare: sembra che svolga un ruolo di controllo nella replicazione in quanto capace di arrestare il ciclo cellulare nella fase G1 attraverso un meccanismo p53- dipendente

38

.

Dai risultati ottenuti da Katori

36

, si deduce che p53, p21 e HPV possono agire sia in modo indipendente sia in associazione ad incrementare la possibilità di sviluppo di carcinoma, assumendo la dimensione di veri e propri fattori di rischio.

Clinica

Il papilloma nasosinusale è definito come un tumore epiteliale benigno costituito da epitelio colonnare ben differenziato o respiratorio ciliato, con grado variabile di differenziazione squamosa

39

.

Il termine “papilloma schneideriano” comprende tre sottotipi istologicamente differenti: il papilloma fungiforme (detto anche esofitico), il papilloma a cellule colonnari ed il papilloma invertito.

Il papilloma esofitico dà luogo a lesioni multiple e verrucose localizzate tipicamente nel

setto nasale e più genericamente nella parte anteriore del naso, mentre il papilloma invertito

(20)

e quello a cellule colonnari nascono caratteristicamente dalla parete laterale del naso o nel contesto del seno mascellare che rappresentano le sedi di più frequente origine della neoplasia (60-70%)

23

.

Papilloma esofitico Papilloma a cellule colonnari

Al contrario un’esclusiva localizzazione al seno frontale o al seno sfenoidale sono da considerarsi estremamente rare: in genere sono interessati per contiguità dalle strutture vicine; similmente l’invasione intracranica è un’evenienza insolita e viene per di più notata al livello della lamina cribriforme o del tetto etmoidale in lesioni ricorrenti

40

.

Eventuali estensioni a livello intraorbitario sono presenti in lesioni con coinvolgimento etmoidale massivo; in genere comunque il tumore tende a dislocare il contenuto orbitario senza superare la periorbita

41-42

.

La sintomatologia data dal papilloma invertito è aspecifica: il sintomo più frequentemente

riferito è l’ostruzione nasale, in una percentuale di pazienti pari all’87%, mentre nel 31% dei

casi, vengono riferiti rinorrea ed algie facciali. Nel 17% dei pazienti è presente epistassi ed

in una percentuale simile anosmia; nel 14%, invece, si riscontra cefalea frontale, con epifora

in alcuni, in genere associata ad altri sintomi oculari quali proptosi o diplopia. Sintomi meno

frequenti sono invece l’otalgia e la comparsa della lesione direttamente dal vestibolo nasale.

(21)

Il papilloma invertito si presenta generalmente come una lesione unilaterale; il coinvolgimento bilaterale è stato riscontrato in una percentuale di casi variabile tra 1% e 9%

27

. Un tempo era noto per alcune caratteristiche biologiche quali: la tendenza a recidivare, l’aggressività locale, la propensione alla multicentricità e l’associazione con il carcinoma a cellule squamose; ad oggi soltanto l’ultima risulta ancora essere una peculiarità del papilloma invertito, mentre le altre sono state confutate attraverso vari studi.

La multicentricità della lesione è forse uno degli aspetti più controversi ed attualmente in discussione: un’attenta revisione della letteratura non produce dati convincenti a supportare il concetto che il papilloma invertito possa prendere origine da foci multiple; d’altra parte, Hymas già nel 1971, concludeva che “…nella maggior parte dei casi in cui sono presenti foci multiple di malattia, i rilievi istologici suggeriscono che la diffusione è derivata da una singola lesione con la metaplasia della mucosa adiacente”

23

. Devono quindi esser considerate realmente multicentriche quelle neoplasie che coinvolgono entrambe le fosse nasali senza continuità.

L’associazione tra papilloma invertito ed il carcinoma a cellule squamose, riportata in percentuali che vanno dal 2% fino al 56%, è stata, molto probabilmente, sovrastimata nel corso degli anni

43

; infatti, recenti revisioni della letteratura tendono a ridurre le dimensioni del fenomeno ad una percentuale pari circa al 2%-13% dei pazienti affetti

44-45

.

Da un punto di vista istopatologico l’associazione tra cellule di papilloma invertito e di carcinoma squamoso può realizzarsi con diverse modalità

46-47

: più frequentemente si ha una coesistenza all’interno della stessa lesione (tumori sincroni); raramente (circa l’1-1,5% dei pazienti), il carcinoma squamoso nasce nell’area anatomica dalla quale era stato rimosso in precedenza un papilloma invertito (lesione metacrona)

48

.

Studi anatomo-patologici hanno stabilito che il papilloma invertito può essere considerato

una lesione pre-neoplastica che, in alcuni casi e senza cause ben identificate,

progressivamente degenera nella sua controparte maligna

49

. Alcuni fattori di rischio sono

(22)

stati individuati per l’eventuale trasformazione: è documentata una leggera predominanza nella razza bianca, senza predilezione di genere

50

.

E’ ovvio che la possibile associazione tra papilloma invertito e carcinoma squamoso da luogo ad implicazioni cliniche, terapeutiche e soprattutto prognostiche profondamente differenti, è dunque obbligatorio escluderla attraverso un’attenta analisi del materiale inviato all’esame istologico.

Anatomia patologica macroscopica

In endoscopia il papilloma invertito si mostra caratteristicamente come una massa polipoide con digitazioni multiple e superficie papillare localizzata lateralmente al turbinato medio

51

. Presenta una superficie irregolare, friabile, facilmente sanguinante se manipolata.

Visione endoscopica (endoscopio rigido a 0°) di un papilloma invertito che si accresce dal meato medio in cavità nasale.

Si presenta opaco in caso di trans-illuminazione, elemento a contrasto con i polipi

infiammatori, classicamente translucidi. I papillomi invertiti con una consistenza soffice

sono malleabili e rosa, con tendenza al sanguinamento se manipolati; invece, quelli a

(23)

consistenza aumentata, hanno un aspetto simile a quello di un cavolfiore ed il loro colore varia dal rosso al grigio ardesia

28

. Talvolta, quando la lesione è associata a polipi infiammatori secondari, o si sviluppa in paziente con preesistente poliposi bilaterale, le caratteristiche endoscopiche possono essere meno evidenti e peculiari.

Papilloma invertito visibile con endoscopio a 70°

nel seno mascellare.

Anatomia patologica microscopica

Da un punto di vista microscopico, la popolazione cellulare può variare da un epitelio

colonnare ciliato, all’epitelio squamoso stratificato cheratinizzato; nelle aree intermedie si

trovano cellule con caratteristiche di transizione.

(24)

Aspetto microscopico di un papilloma invertito che mostra invaginazioni e cellule colonnari squamose e cigliate.

L’epitelio può presentare differente spessore secondo le zone esaminate; le cellule tendono a mantenere una loro complessiva uniformità nucleare e di forma e mantengono la normale polarizzazione di crescita. Un’eventuale cheratinizzazione dello strato cellulare più superficiale non è rara.

Soprattutto negli strati più superficiali, sono visibili figure mitotiche che appaiono comunque normali di numero e di aspetto.

Al microscopio elettronico, lo strato epiteliale più profondo è composto da cellule di forma ovlare o leggermente allungata; sulla superficie basale, invece, i processi citoplasmatici protrudono in profondità nel connettivo sottostante, formando numerose ramificazioni circondate da membrana basale intatta. Il citoplasma delle cellule epiteliali contiene mitocondri, vacuoli, reticolo endoplasmatico rugoso e abbondanza di ribosomi liberi; i nuclei delle cellule epiteliali sono frequentemente ovali o rotondeggianti

52

.

La caratteristica anatomopatologica più peculiare del papilloma invertito è il diffuso

ispessimento dell’epitelio di superficie, che tende all’estesa invasione dello stroma

sottostante; l’epitelio forma delle cripte sub-epiteliali che sono costantemente connesse

all’epitelio di superficie. Tagli tangenziali della lesione possono creare delle sezioni

istologiche inappropriate, dove solo apparentemente il papilloma invade lo stroma

(25)

sottostante, senza essere connesso con l’epitelio di superficie. Un errore di questo tipo può portare alla diagnosi errata di carcinoma in situ.

Campione istologico che mostra le caratteristiche anatomo- patologiche del papilloma invertito. Epitelio squamoso iperplastico (E), che protrude (frecce) nello stroma (S) che conferisce un aspetto grossolanamente convoluto cerebriforme.

La membrana basilare è in genere normale e separa l’epitelio iperplastico dallo stroma connettivale sottostante, che di per sé non mostra anomalie degne di nota; esso può variare in consistenza e può essere di minore entità, quando lo stroma è costituito da tessuto connettivo vascolare oppure può presentarsi compatto e fibroso. Talvolta è visibile un infiltrato infiammatorio, in questo caso si nota la relativa carenza di eosinofili che invece sono riccamente rappresentati nel polipo di tipo allergico.

Nel contesto del papilloma invertito è frequente riscontrare un’abbondanza di mast-cellule,

così come avviene nella mucosa nasale allergica, ma che differiscono dalla mucosa stromale

in quanto hanno un diametro inferiore, un minor numero di granuli specifici ed una

percentuale più alta di degranulazione. Tutti questi aspetti suggeriscono un loro ruolo nella

patogenesi della neoplasia; la presenza di un fattore di crescita stimolante le colonie di

(26)

granulociti e macrofagi nelle vicinanze della membrana basale può essere un fattore determinante nell’accumulo di queste mast-cellule

53

.

Il tumore tende ad invaginarsi nel sottostante strato osseo, senza la tendenza alla franca invasione; ispessimento ed erosione dell’osso sottostante la lesione è di riscontro comune;

quest’ultimo mostra invariabilmente una reazione infiammatoria, visibile anche radiologicamente, sottoforma di aree di rimaneggiamento osseo.

L’osso immaturo neoformato può rappresentare, non solo un locus minoris resistentiae per la diffusione di processi espansivi, ma può offrire anche dei microscopici anfratti nei quali le cellule epiteliali del papilloma possono annidarsi. Tale rilievo microscopico è il presupposto razionale che ricorda l’importanza della rimozione o, laddove non fosse possibile, della fresatura, dell’osso sottostante la base d’impianto, allo scopo di limitare la comparsa di recidive

54

.

Talvolta il papilloma invertito è associato ad aree di displasia o di carcinoma; in tali zone l’epitelio squamosa mostra marcate atipie, incrementato rapporto nucleo/citoplasma, nucleoli di dimensioni aumentate, mitosi atipiche negli strati medi e superiori, perdita della polarità cellulare e cellule discheratocitiche. Tra i rilievi anatomopatologici che pongono il sospetto per una lesione maligna, la perdita di polarità cellulare, l’anaplasia e la mancata maturazione, sono i criteri da ricercare maggiormente.

A. Carcinoma in situ nel contesto di un papilloma invertito. B. Carcinoma invasivo nel

contesto di un papilloma invertito.

(27)

Diagnosi

L’imaging radiologico fornisce informazioni chiave per la diagnosi, la programmazione del trattamento chirurgico e per il follow-up del paziente affetto da papilloma invertito.

Poiché la maggior parte dei papillomi invertiti origina dalla parete laterale del naso o nel seno mascellare, l’area chiave d’indagine è il meato medio e la zona delle fontanelle; è attraverso queste aree di minor resistenza che la lesione, dalla sua origine primitiva, generalmente si accresce, dapprima rimodellando e poi erodendo la limitante ossea.

Tomografia computerizzata. I reperti TC caratteristici sono quelli di una massa che dal meato medio si continua nell’adiacente antro mascellare attraverso un ostio ampliato.

L’antro mascellare è in genere il più colpito, anche se talvolta l’etmoide, il frontale ed occasionalmente lo sfenoide possono essere interessati dalla lesione con o senza il coinvolgimento dell’antro.

Scansione TC coronale che mostra una lesione con superficie lobulata (frecce) con localizzazione tipica al livello del meato medio con estensione nel seno mascellare.

In realtà la TC fornisce solo elementi diagnostici indiretti della presenza del papilloma

invertito, ovvero il rilievo di una lesione polipoide della parete laterale del naso a contorni

lobulata e associata a rimodellamento o erosione ossea

57-58

.

(28)

Le modificazioni ossee caratteristiche in presenza di papilloma invertito, sono rappresentate da assottigliamento ed arcuamento (bowing) delle pareti ossee, presente in oltre il 93% dei casi

57

. Ampie erosioni sembrano essere più frequenti nei papillomi invertiti associati a malignità

20-58

.

La concomitante presenza di segni di flogosi sinusale è un rilievo frequente nel paziente affetto da papilloma invertito: in tali casi stabilire l’esatta estensione della neoplasia diventa più arduo, vista la difficoltà nel distinguere le lesioni infiammatorie da quelle tumorali.

L’eventuale somministrazione di un mezzo di contrasto mostra in enhancement non omogeneo che non fornisce elementi di ulteriore ausilio, per cui è spesso necessario ricorrere all’uso della RM

58

.

Papilloma invertiti a localizzazione atipica sono invece molto più difficili da diagnosticare, ma la presenza di iperdensità interne o di sclerosi irregolare con deformazione delle pareti sinusali possono aiutare nella diagnosi

56

.

La TC presenta il limite di non riuscire a distinguere con esattezza il tumore dalla mucosa nasale flogosata o dalle secrezioni ritenute all’interno del seno stesso, con il risultato di sovrastimare l’effettiva grandezza del papilloma invertito; in tal caso la RM è in grado di sopperire alle informazioni mancanti e di aggiungere dettagli di rilevante importanza.

Risonanza Magnetica. Il suo principale ruolo nella diagnosi del papilloma invertito è quello di differenziarlo dai tumori maligni naso-sinusali e dalle alterazioni infiammatorie acute e croniche dei seni paranasali, definendo l’esatta estensione della malattia e le eventuali strutture coinvolte

59

.

Alla RM, l’immagine caratteristica del papilloma invertito è quella di una lesione nasale con

un pattern “convoluto cerebriforme”

60

; esso appare nelle sequenze T1 pesate come

un’alternanza di striature ad alta intensità di segnale e striature più sottili e con un’intensità

di segnale simile a quella del grasso. Correlando tale reperto d’imaging alle sezioni

istologiche, le sezioni più sottili a bassa intensità di segnale sembrano corrispondere alla

(29)

elevata cellularità dell’epitelio metaplastico, mentre, le striature più spesse ad intensità di segnale più elevata, corrispondono allo stroma cellulare, edematoso e con minore cellularità.

Immagini RM (sequenze T1 pesate in sezione coronale dopo somministrazione di mdc). A. Prima dell’intervento. La lesione appare come una massa polipoide occupante lo spazio tra il setto nasale ed il turbinato medio ed inferiore. B. Aspetto post- operatorio dopo resezione di tipo I: il turbinato medio sinistro è stato rimosso e l’etmoide anteriore marsupializzato.

Come già ricordato, lo stroma mesenchimale sottostante la lesione può avere una

consistenza estremamente mutevole, che va da compatto-fibroso a lasso-edematoso; tale

range di variabilità fa sì che l’intensità di segnale od il pattern di enhancement dello stroma

possano variare considerevolmente. Il pattern “convoluto cerebriforme”, che Maroldi

61

ha

definito invece “colonnare”, è indicatore attendibile della presenza di papilloma invertito

(95,8% dei casi). Affinché tale configurazione caratteristica sia individuata, è necessario

(30)

esaminare la lesione secondo scansioni coronali, assiali e sagittali, ricordando comunque che nelle sequenze T2 pesate la detezione del pattern colonnare è strettamente legata alle dimensioni del tumore e non è dimostrabile nelle lesioni piccole con meno di 2 cm di diametro assiale; nelle sequenze T1 pesate con contrasto, invece, il pattern caratteristico è evidente in tutti i casi, indipendentemente dalla dimensione e dalla storia naturale della lesione (primitiva oppure recidivante)

61

.

L’assenza alla TC di aree di ampia erosione ossea, associata al rilievo RM del pattern colonnare può permettere di escludere, con ragionevole sicurezza, la presenza di lesioni maligne naso-sinusali

62

. La RM pone il sospetto di malignità qualora siano evidenziate aree di necrosi centrale alla lesione.

Inoltre la RM indica, con dettaglio superiore alla TC, l’interessamento durale quando la fossa cranica è invasa e visualizza in modo ottimale il coinvolgimento dell’orbita

56

.

L’unico aspetto che non può essere dedotto con chiarezza dalla RM è il rapporto tra la lesione ed il seno in cui essa è contenuta: attualmente non è ancora possibile stabilire con sicurezza se il papilloma tocca le pareti del seno in cui è allocato o se contrae con le sue pareti rapporti di continuità.

Staging

Nel 2000 Krouse

44

ha proposto una moderna classificazione che utilizza sia elementi

diagnostici endoscopici sia criteri radiologici, mediante le scansioni TC assiali e coronali; si

può far ricorso alla RM nei casi dubbi in cui non è possibile stabilire con sicurezza se

l’opacizzazione sinusale è da imputare alla lesione o alla flogosi. Un anno dopo lo stesso

Autore modifica tale classificazione dando origine a quella oggi utilizzata:

(31)

Stadiazione secondo Krouse (2001)

T1 Tumore totalmente confinato alla cavità nasale. Il tumore può interessare una sola parete nasale oppure può essere diffuso nel naso, ma non deve estendersi ai seni paranasali o avere estensione extra-sinusale all’esame endoscopico e/o TC. Non associazione con carcinoma a cellule squamose.

T2 Tumore limitato alla porzione mediale e superiore del seno mascellare, e/o interessare l’etmoide con/senza l’interessamento della cavità nasale, all’esame endoscopico e/o TC.

Non associazione con carcinoma a cellule squamose.

T3 Tumore che coinvolge la parete laterale, inferiore, anteriore, posteriore del seno

mascellare, il seno sfenoidale, il frontale con/senza coinvolgimento dell’etmoide o delle cavità nasali, all’esame endoscopico e/o TC. Non associazione con carcinoma a cellule squamose.

T4 Tumore che si estende fuori dai confini del naso/dei seni paranasali, a coinvolgere

strutture vicine (es. l’orbita, il compartimento intracranica o lo spazio pterigo mascellare), all’esame endoscopico e/o TC. Tutti i tumori associati a malignità.

Nel medesimo periodo, un’altra classificazione viene sviluppata e proposta da Han

63

, che mediante rilievi endoscopici e radiografici, suddivide i pazienti in quattro categorie diverse:

Sistema di stadiazione secondo Han (2001)

Gruppo 1 Tumore limitato alle cavità nasali, alla parete laterale del naso, alla parete mediale del seno mascellare, all’etmoide, allo sfenoide.

Gruppo 2 Come il gruppo 1 e lesioni poste lateralmente alla parete mediale del seno mascellare

Gruppo 3 Tumore che coinvolge tutto il seno frontale

Gruppo 4 Tumore con estensione extra-nasale (es. introrbitario, intracranico)

(32)

Attualmente non esiste un sistema stadiativo universalmente adottato né che sia obiettivamente migliore degli altri.

Strategie terapeutiche

La chirurgia è considerata la terapia di scelta per il papilloma invertito.

Fino agli ultimi anni ’60, l’approccio più frequentemente utilizzato era la rimozione trans- nasale senza ausilio microscopico o endoscopico: tale procedura era classicamente associata all’elevatissima percentuale di recidive, compresa tra il 40% e il 78% dei casi

64

.

E’ ormai ampiamente riconosciuto che le recidive sono in realtà lesioni residue dovute ad incompleta rimozione della massa: Lund

65

afferma che la persistenza della malattia è direttamente influenzata dall’attenzione con cui l’operatore rimuove la lesione. In precedenza altri autori come Myers

66

hanno sottolineato che la recidiva è imputabile alla colpa del chirurgo e non è una delle caratteristiche del tumore; a conferma di ciò, le recidive compaiono costantemente in sede della lesione primitiva.

Per questo motivo, negli anni successivi, sono state utilizzate procedure più radicali ed aggressive e la rinotomia laterale è così diventata l’approccio gold standard per il trattamento del papilloma invertito. Con l’adozione di quest’ultima e della maxillectomia mediale, le percentuali di recidiva riportate in letteratura sono quindi calate allo 0-29%

66

. Le tecniche esterne sono però associate a complicanze transitorie e permanenti non trascurabili, sia di natura estetica sia funzionale (epifora, dacriocistite cronica, parestesia della guancia).

Nei primi anni ’80, le tecniche endoscopiche applicate nella terapia del papilloma invertito hanno permesso il superamento di tali aspetti: le prime esperienze con approcci microscopici e/o endoscopici sono però stati accolti con diffidenza

67

. Comunque, i risultati successivamente accumulatisi in letteratura hanno chiaramente indicato come la chirurgia micro-endoscopica sia pari o superiore alla chirurgia tradizionale

44-63-65-68

.

(33)

A. B.

Risultato di una rimozione endoscopica di un grosso papilloma invertito che si trovava localizzato in cavità nasale e nel seno etmoidale; l’aspetto è quello tipico di una massa polipoide lobulata (A). Papilloma invertito dopo maxillectomia mediana endoscopica (B).

Follow-up

Vista la tendenza alla recidiva e la possibile associazione con il carcinoma squamoso, la letteratura raccomanda un attento follow-up post-operatorio. Dal momento che è stato dimostrato un intervallo medio tra atto chirurgico e comparsa di recidiva è compreso tra 13,7 e 24 mesi, molti autori considerano un controllo endoscopico negativo a due anni come segno di guarigione dalla malattia

51

.

La metodica utilizzata è in genere la TC, anche se la RM è dotata di maggiore sensibilità

verso le recidive o i mucoceli iatrogeni. L’imaging è indicato soprattutto nei casi in cui

stenosi cicatriziali post-operatorie rendessero difficoltosa la visualizzazione della cavità

nasale residua, per definire l’estensione di un’eventuale recidiva e per eseguire il follow-up

dei papillomi confinati al seno frontale

69

.

(34)

2.3 ANGIOFIBROMA GIOVANILE

L’angiofibroma giovanile è una lesione benigna costituita, in proporzioni variabili, da uno stroma vascolare all’interno di un’impalcatura fibrosa, che colpisce esclusivamente i maschi adolescenti

70

. Nel 1906 Chaveau introdusse il termine “fibroma nasofaringeo giovanile, ma solo nel 1940 Friedberg sostituì il nome con “ angiofibroma” a seguito di studi istologici su campioni operatori. Successive indagini, basate sull’esperienza clinica e sulle dettagliate informazioni della moderna diagnostica per immagini, confermano l’esistenza di due caratteristiche costanti: 1) una massa nelle cavità nasali posteriori e nella fossa pterigopalatina 2) l’erosione ossea intorno al forame sfenopalatino e l’estensione alla porzione superiore della lamina mediale del processo palatino

71

. Infatti, nonostante sia considerata una lesione benigna, la sua alta tendenza ad invadere rapidamente i tessuti circostanti, pone il rischio di complicazioni potenzialmente letali

72

.

Epidemiologia

L’angiofibroma rende conto di circa lo 0,05% dei tumori di testa e collo, tuttavia risulta essere il più comune tumore benigno che si sviluppa nel nasofaringe, da qui l’obsoleta definizione di “angiofibroma nasofaringeo”. L’incidenza è stata stimata, attraverso alcuni studi, intorno ad 1:50000 ricoveri nel reparto di otorinolaringoiatria

73

. Il termine “giovanile”

viene sovente associato a questa lesione data la sua prevalente incidenza in pazienti adolescenti di sesso maschile ( il range d’età va dai 14 ai 25 anni ); tuttavia esso può incorrere anche in soggetti adulti, motivo per cui taluni autori preferiscono omettere l’aggettivo

73

.

Eziologia

Alcuni autori hanno ipotizzato che questa lesione si sviluppasse a partire da residui

embrionali ectopici di tessuto vascolare di tipo erettile, localizzati a livello del fibro-

(35)

periostio della base cranica, e attivati da fattori di crescita ormonali o da strutture paragangliari circostanti l’arteria mascellare interna. D’altro canto, il ruolo esatto di alcuni recettori ormonali presenti all’interno della lesione, non è stato ancora adeguatamente spiegato, né sappiamo se, la regressione spontanea, osservata in alcuni casi dopo i 20 anni, possa avvenire in tutti i pazienti

74

.

Recenti studi sembrano suggerire che la lesione presenti un profilo immuno-istochimico ed elettro-microscopico più coerente con una malformazione vascolare (amartoma) piuttosto che con una neoplasia, inoltre, la presenza di uno squilibrio genetico, è stata dimostrata tramite l’ibridazione genomica comparativa

75

.

Anatomia macroscopica e microscopica

Le indagini endoscopiche e gli esami istologici condotti su campioni rimossi dall’area sfenopalatina e coanale, hanno fornito indicazioni sul sito d’origine della lesione e sulle sue modalità di crescita

74

.

Il punto di origine dell’angiofibroma è identificato, secondo alcuni autori, nell’ambito del

forame sfenopalatino, secondo altri, in base alle informazioni ricavate dalle immagini TC e

di RM, la lesione prende origine al livello della fossa pterigopalatina, all’apertura del canale

vidiano. Da questi siti la neoplasia si estende inizialmente nel nasofaringe e nelle cavità

nasali, successivamente attraverso vie di diffusione, invade le strutture circostanti

75

.

L’angiofibroma giovanile ha la peculiare tendenza a crescere nel piano sottomucoso nel

nasofaringe, lungo il canale vidiano nella base sfenoidale e lateralmente attraverso la fossa

pterigopalatina e infratemporale. Un’altra importante caratteristica dell’angiofibroma è la

precoce invasione dell’osso spongioso della radice del processo pterigoideo; da qui la

lesione può estendersi lateralmente ad interessare la grande ala dello sfenoide. L’invasione

intracranica avviene principalmente nella porzione centrale della fossa cranica, lungo il

nervo mascellare al livello della regione parasellare e del seno cavernoso. Un altro esempio

(36)

è rappresentato dalla crescita della neoplasia attraverso le fessure orbitali superiore ed inferiore. L’erosione della base cranica anteriore è un evento raro

75

. Degna di nota è, invece, l’evidenza che la maggior parte delle lesioni ad estensione intracranica sono risultati extradurali. Possono verificarsi fraintendimenti in quanto radiologicamente il tumore spesso appare intradurale, intracarotideo e intracavernoso. Questa è una travisazione della vera fisiopatologia della neoplasia (la quale si mantiene, in realtà, extradurale e al più aderisce alla dura madre), perché i casi di angiofibroma giovanile intradurale documentati dalla letteratura, sono estremamente rari

76

.

Macroscopicamente la lesione appare pallida, grigiastra, a superficie liscia e spesso è lobulata; la sovrastante mucosa raramente può presentarsi ulcerata, a meno che il paziente non sia stato precedentemente sottoposto a biopsia. La neoplasia presenta spesso lobulazioni che si estendono all’interno di fessure o fenditure, come quella della fossa pterigomascellare; questa caratteristica pone difficoltà nella rimozione en bloc del tumore.

Le lobulazioni hanno, spesso, una pseudocapsula di tessuto fibroso

73

.

Angiofibroma giovanile (JA). Visione

endoscopica che mostra una lesione

vascolarizzata a superficie liscia. I

turbinato inferiore; M turbinato

medio; S setto nasale.

(37)

Microscopicamente l’angiofibroma giovanile è descritto come una lesione benigna non capsulata, ad estensione sottomucosa e localmente destruente

77

. La neoplasia risulta costituita da fibrociti fusati o stellati in uno stroma di tessuto connettivo variabile. Le due caratteristiche microscopicamente salienti, lo stroma fibroso e la ricca rete vascolare, possono presentare una grande variabilità di espressione. I vasi sanguigni possono avere diverse dimensioni, che vanno dal calibro di un capillare a quello di una vena; sono rivestiti da cellule endoteliali che giacciono a diretto contatto con le cellule stromali. L’assenza di uno strato intermedio di muscolatura liscia tra endotelio e tessuto stremale, contribuisce alla capacitanza di questi vasi con il conseguente sanguinamento massivo che avviene in tutti i casi in cui la neoplasia viene incisa.

Batsakis osservò che la presentazione istologica caratteristica della lesione era generalmente riferibile alle porzioni interne della neoplasia, mentre campioni bioptici escissi dalla parte superficiale della massa, potrebbero essere fuorvianti

73

.

Aspetto istopatologico di un angiofibroma giovanile.

Campione bioptico preoperatorio.

(38)

Clinica

Il tipico paziente con angiofibroma è un giovane ragazzo che riferisce epistassi occasionale e la sensazione che qualcosa ostruisca il naso; può presentare, ispettivamente, una tumefazione al viso o al livello orbitale

73

.

Quindi nella maggior parte dei casi il paziente si presenta con sintomi minori come:

ostruzione unilaterale, indolore del naso e epistassi. Manifestazioni aggiuntive, quali diplopia, gonfiore ad una guancia e mal di testa, possono esser riferite in quei casi di lesioni avanzate che si sono estese al livello, rispettivamente, della fessura orbitale superiore, della fossa infratemporale e della fossa cranica

77

.

L’osservazione endoscopica di una lesione a superficie liscia, chiaramente vascolarizzata, in espansione e che si accresce al di dietro del turbinato medio, è un altro importante elemento, molto suggestivo per una diagnosi di angiofibroma giovanile.

Diagnosi

Gli obiettivi specifici dell’imaging sono rappresentati dalla conferma del sospetto clinico, dalla definizione dell’estensione della lesione, con particolare interesse all’orbita, alla fossa infratemporale, all’estensione intra-cranica (seno cavernoso, carotide interna, dura) e dall’invasione intra-ossea. La definizione dettagliata dell’estensione della lesione è uno dei presupposti essenziali per definire la modalità di resezione più appropriata

75-76

.

La diagnosi radiologica di angiofibroma giovanile con TC o RM si fonda su tre elementi:

sede di origine, aspetto ipervascolarizzato dopo somministrazione di mdc e modello di

diffusione locale

78-79

. La risonanza magnetica è il metodo ideale per una valutazione

multiplanare della lesione e per ottenere informazioni dettagliate sulle relazioni tra la massa

tumorale e importanti strutture circostanti (in particolare l’orbita, la dura madre, l’arteria

carotidea, il seno cavernoso)

75

.

(39)

Immagine RM di angiofibroma giovanile (frecce) dopo somministrazione di mdc paramagnetico.

La lesione origina nell’area del forame sfenopalatino (sottomucosa) o dall’adiacente fessura pterigo-palatina; da quest’area si espande, successivamente, verso la fossa nasale o all’interno della radice del processo pterigoideo

80

.

Poiché l’angiofibroma consiste soprattutto di una componente istologica vascolare, la somministrazione di mdc (iodato nella TC o paramagnetico nella RM) ne determina una marcata impregnazione. Nella lesione stessa, la presenza di formazioni serpiginose prive di segnale in RM (vasi ad alto flusso) eventualmente associata all’aumento del calibro dell’arteria mascellare interna rappresentano elementi indicativi di angiofibroma giovanile, soprattutto nelle lesioni di maggior dimensioni

81

.

L’interessamento osseo nell’angiofibroma è caratterizzato sia da rimodellamento (ad

esempio le pareti del seno mascellare) che da erosione (soprattutto la base del processo

(40)

pterigoideo). L’estensione intra-spongiotica consente alla lesione di diffondere negli spazi midollari non solo del basi-sfenoide, ma anche della grande ala dello sfenoide

78

.

La presenza quasi costante di questi elementi di semeiotica, sia alla TC sia alla RM, rende pressoché certa la diagnosi di angiofibroma giovanile, minimizzando, in tal modo, la necessità di ricorrere alla biopsia. Tuttavia, alcuni Autori, ritengono l’esame istologico, un importante mezzo di diagnosi differenziale, soprattutto di fronte a lesioni molto piccole, ad immagini TC e RM dubbie o quando l’età del paziente non è concorde con i dati epidemiologici. Visto che tale procedura non determina un eccessivo sanguinamento, Burkey et al. sottolinearono il vantaggio di uno studio istologico, in unione con immagini radiografiche, per escludere dalla diagnosi una serie di altre patologie come: il rabdomiosarcoma, la sindrome di Kaposi, il teratoma, l’emangioma e le lesioni linfoproliferative

77

.

Le direttrici di diffusione della neoplasia sono “dettate” dalla sua tendenza, essendo benigna,

a crescere secondo i piani di minor resistenza. Al di là delle possibili variazioni individuali,

l’angiofibroma giovanile presenta dei modelli caratteristici di crescita. Il tumore

generalmente ha due componenti principali. Una parte endocavitaria, che si estende

attraverso gli spazi vuoti della fossa nasale omolaterale, il nasofaringe, la fossa

controlaterale ed i seni sfenoidali ed etmoidali omo e controlaterali. La sua crescita è

primitivamente espansiva: inizialmente occupa e si adatta agli spazi disponibili,

successivamente avanza deformando ed erodendo le strutture adiacenti per compressione,

piuttosto che infiltrandole. La componente endocavitaria è generalmente compatta

all’apparenza e ricoperta da mucosa, tende a stabilire aderenze deboli e facilmente scindibili

con i tessuti di contatto come, la mucosa del setto, dei turbinati e del nasofaringe. Attraverso

queste aderenze può svilupparsi una connessione vascolare aggiuntiva al tumore. La

componente endocavitaria non aderisce a osso, cartilagine o dura madre.

(41)

La seconda parte, senza rivestimento mucoso, si sviluppa in direzione laterale attraverso gli spazi retromascellare, infra-sfeno-temporale e parafaringeo; le digitazioni che si estendono tramite un forame, assumono una conformazione a clessidra attorno al restringimento

74

. Dalla sede di origine, in fossa pterigo-palatina, prossima al forame sfeno-palatino, la lesione può svilupparsi medialmente nella fossa nasale, oppure in avanti, causando il rimodellamento della parete posteriore del seno mascellare. L’estensione laterale alla fossa pterigo-palatina comporta, invece, la crescita della lesione nella fessura pterigo-mascellare e, da questa, nella fossa infratemporale. Dalla fessura pterigo-mascellare è possibile, anche, lo sviluppo verso l’alto nella direzione dell’apice dell’orbita attraverso la fessura orbitaria inferiore e superiore. L’estensione posteriore è, senza dubbio, quella più dannosa in quanto consente all’angiofibroma di accedere agli spazi midollari dell’osso spongioso nella radice del processo pterigoideo. Da questa sede è possibile lo sviluppo intra-spongiotico a tutta l’ala dello sfenoide e al pavimento del seno sfenoidale

80

.

Vie di diffusione. A, diffusione attraverso il forame sfeno-

palatino nella fossa nasale (1) e attraverso le coane nel

nasofaringe (2); nel seno sfenoidale attraverso l’erosione del

pavimento del seno stesso (3).B, diffusione attraverso la fossa

pterigo-palatina lungo il forame rotondo (4), nell’osso

spongioso della grande ala dello sfenoide (5) e all’interno

dello spazio mascellare (6).

(42)

I segni dell’imaging indicanti l’invasione diploica consistono nel dimostrare l’elevata impregnazione di mdc, tipica dell’angiofibroma, all’interno dell’osso spongiotico (tramite TC e RM). Particolare vantaggio è offerto dalle sequenze RM VIBE o Fast Sat T1 pesate con mdc in quanto “cancellano” il segnale della midollare ossea (grasso) rendendo assai più evidente il segnale, iperintenso per l’elevata vascolarizzazione, dell’angiofibroma giovanile

76

.

Indipendentemente dalla via d’accesso intracraniale, l’infiltrazione della dura è veramente rara; infatti, è stato recentemente dimostrato che, anche quando immagini a sezione trasversale mostrino un’invasione del seno cavernoso o il coinvolgimento dell’arteria carotide, può comunque essere trovato un piano di dissezione nella maggior parte dei casi, rendendo dunque fattibile la rimozione completa della lesione

76

.

Scansione sagittale in T1 dopo somministrazione di mdc. La lesione ha infiltrato il midollo osseo del clivus, il confine intracranica corticale è rilevabile solo nella sua parte inferiore (frecce bianche).

Ispessimento reattivo dell’adiacente dura

della cisterna prepontina (teste di frecce

bianche). Si apprezza la crescita sottomucosa

sotto la superficie dello sfenoide (frecce nere).

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