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4- La Repubblica Ceca e l’Unione Europea

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Academic year: 2021

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4- La Repubblica Ceca e l’Unione Europea

Come già discusso nei capitoli precedenti, la Cecoslovacchia intraprese un percorso di grandi riforme durante gli anni ’90, trasformazioni che le permise non solo di distaccarsi dal pesante passato comunista, ma anche di intraprendere un percorso di avvicinamento agli altri attori internazionali . Rispetto ad altri paesi, quali l’Ungheria e la 1 Polonia, la Federazione cecoslovacca, in un primo momento, si rapportò all’Europa occidentale con meno enfasi a causa di un perdurante scetticismo derivato dalla rigidità del regime comunista; nonostante la partenza un po’ a rilento, il paese concluse nel 1990 un accordo di cooperazione economica con la Comunità Europea. Questo approccio venne poi portato avanti successivamente dalla Repubblica Ceca a partire dal 1993, la quale ha sempre dedicato molta attenzione alla politica estera, sopratutto nella creazione di relazioni di “buon vicinato”, un tema che ha caratterizzato i diversi governi che si sono succeduti negli anni . In particolare fu Václav Klaus ad apportare i primi grandi 2 cambiamenti alla politica ceca grazie ai quali raggiunse importanti obiettivi : ricordiamo 3 infatti che nel 1995 la Repubblica Ceca divenne il primo paese ex-comunista membro dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e nel 1997 le venne richiesto di entrar a far parte della NATO. Già nel 1994 il paese risultava essere tra i canditati ideali per l’ammissione all’Unione e per cercare di render possibile tutto questo il governo ceco istituì un Comitato per l’Integrazione europea e mise in atto un piano dettagliato ai fini dell’adesione.

Infatti ricordiamo che alla Cecoslovacchia nel 1990 vene riconosciuto lo status di ospite all’interno del

1

Consiglio d’Europa, per poi entrane a far parte ufficialmente l’anno successivo, si veda A. Di Gregorio,

Repubblica Ceca, op. cit., p. 151.

Ogni governo ha avuto le stesse priorità in politica estera, ovvero creare e mantenere buoni rapporti

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con gli stati confinanti. Ciò che li ha distinti sono state le differenti concezioni riguardo gli strumenti attraverso i quali realizzare la politica di buon vicinato. Da un lato l’ODS e la colazione di cui era a capo hanno preferito concentrarsi sui rapporti bilaterali, dall’altro il Partito socialdemocratico ha preferito mettere in risalto la cooperazione regionale sia a livello di Unione Europea che di gruppo Visegrad, si veda, R. Balfour, L’Europa allargata: come cambia la politica estera europea?, Ruberanno, 2005, p. 105.

Entrar a far parte della NATO e dell’Unione Europea era la dimostrazione che la Repubblica Ceca

3

apparteneva alla sfera della comunità euro-atlantica sia da un punto di vista politico, ma anche storico e culturale e non solo, si veda A. Skuhra, The eastern enlargement of the European Union: efforts and obstacles on the way to membership, Innsbruck, StudienVerlag, 2005, p. 138.

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La Repubblica Ceca da un punto di vista geostrategico ha affrontato diverse trasformazioni che l’hanno portata ad avere oggigiorno una posizione di rilievo; essa è sempre stata un piccola nazione, ma dalle grandi ambizioni e questo le ha permesso di essere d’esempio per gli altri paesi dell’Europa centro-orientale durante i processi di democratizzazione. Ciò che risultava essere di primario interesse per la Repubblica Ceca era affrontare al meglio il periodo di transizione, superando le crisi del momento e proseguendo sulla strada del “back to Europe” (Zpet do Europy).

Prendendo in analisi la politica estera ceca possiamo vedere come questa si articoli su più livelli, poiché è sempre stato interesse dei politici portare avanti molteplici cooperazioni tra cui quelle regionali, quelle bilaterale e quelle multilaterali. Sul piano delle relazioni regionali si possono distinguere due filoni: il primo riguarda il gruppo dei paesi Visegrad , creatosi nel 1991 per volontà della Repubblica Ceca, dell’Ungheria, e della 4 Polonia con l’intento di coordinare le loro politiche riguardanti l’adesione alla NATO; il secondo mette in relazione i paesi di Visegrad con la Slovenia e l’Austria attraverso la cosiddetta Partnership strategica, un progetto di origine austriaca che prende forma nel 2001. Per quanto riguarda invece le relazioni bilaterali la Repubblica Ceca ha rafforzato e stabilizzato i rapporti con Austria e Germania . 5

Prima abbiamo accennato al fatto che la politica estera è sempre stata un argomento di rilievo per ogni governo succedutosi dal 1993 in poi; di preciso, furono ben tredici i governi che si alternarono alla dirigenza del paese, ciascuno con il proprio programma, ma al contempo accomunati da alcuni temi. Il primo di questi è legato al costante interesse del paese di voler far parte delle organizzazioni internazionali al fine di

Il nucleo formatosi ha permesso non solo di gestire le diverse politiche, ma anche di migliorare i

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rapporti regionali, aumentando le attività frontaliere e la cooperazione a livello settoriale. Negli anni i buoni rapporti che si sono instaurati hanno invogliato i singoli paesi a portare avanti la loro collaborazione anche durante il processo di adesione all’Unione Europea. L’esperienza positiva vissuta dalla Repubblica Ceca portò il paese ha proporre un programma nuovo; il documento di riferimento fu approvato da tutti gli altri componenti del gruppo e venne riconosciuto come la Dichiarazione Visegrad a partire dal 12 maggio 2004, R. Balfour, L’Europa allargata: come cambia la politica estera europea?, op. cit., p. 106.

Come riportato nel capitolo precedente, a causa dei “decreti Beneš” e delle espulsioni di cittadini

5

sudeti dal territorio ceco le relazioni tra i due paesi divennero ostili. Proprio per questo era importante migliorare e chiarire i rapporti tra Germania e Repubblica Ceca cosa che avvenne con la Dichiarazione ceco-tedesca approvata nel 1997, ivi, p. 107.

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assicurarsi una situazione di benessere, sia in termini di sicurezza, che a livello politico ed economico. Il secondo tema affrontava i diritti umani e la democrazia, valori cardine della tradizione ceca e fondamentali per l’adesione all’Unione. La terza tematica concerneva la sicurezza: la Repubblica Ceca ha sempre sostenuto che la NATO rappresentasse il nucleo del sistema di sicurezza europeo e che diventandone membro non avrebbe rischiato di ritrovarsi vittima di un potere egemonico come successo già in passato. Il quarto tema riguardava l’economia, in quanto il paese ha sempre avuto l’interesse di godere delle opportunità derivanti dalla collaborazione con il mercato europeo. Infine l’ultimo argomento costante delle varie politiche si concentrava sugli obiettivi e le priorità geografiche: inizialmente la Repubblica Ceca aveva una visuale ristretta in questo ambito, poi pian piano ha allargato i propri orizzonti ai paesi vicini e al blocco europeo per poi gettare lo sguardo anche oltreoceano verso gli Stati Uniti . 6

Il 17 gennaio 1996 venne fatta la richiesta ufficiale di adesione all’Unione Europea da parte della Repubblica Ceca. Tra le diverse motivazioni che portarono il paese a voler essere un membro europeo possiamo riscontrare prima di tutto ragioni storiche, volte a sostenere l’idea di un’Europa unita, che andasse oltre ogni tipo di divisione; poi possono esser prese in considerazione le ragioni strategiche e politiche che vedevano nell’integrazione un miglioramento della posizione del proprio paese a livello internazionale. Infine ci sono ragioni economiche, geografiche e di sicurezza nazionale, ambiti in cui lo stato ceco prevedeva di ottenere vantaggi e una maggiore stabilità.

Purtroppo il 1997 fu un anno negativo per la Repubblica Ceca, che si ritrovò vittima di una forte crisi economica, a causa delle difficoltà di gestione degli investimenti stranieri; la Banca Nazionale ceca decise quindi di intervenire direttamente sulle politiche economiche adottando un programma di recupero e stabilizzazione. Klaus cercò di dare delle spiegazioni e di trovare delle giustificazioni a quanto stava accadendo al suo paese sotto la sua direzione. Secondo lui questo periodo di crisi sarebbe potuto accadere a qualsiasi altro paese perché era un problema “standard” delle società libere e con un’economia di mercato; affermava inoltre che la Repubblica Ceca risultava esser

La Repubblica Ceca ha avuto da sempre un’inclinazione filo-atlantica e un interesse a instaurare

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rapporti bilaterali solidi con gli Stati Uniti; questi obiettivi non sono venuti meno con l’entrata del paese nell’Unione Europea del 2004, ivi, p. 123.

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svantaggiata a causa dei diversi decenni dominati dal regime comunista. Nonostante i suoi sforzi, venne richiesto a Klaus di dimettersi dal governo; fu accusato di non esser riuscito a gestire e la corruzione e gli scandali che caratterizzavano il paese e che lo portarono a questa situazione di crisi. Nel 1998 si tennero le elezioni e il nuovo governo continuò la stessa linea politica “pro-Europa” occupandosi di dirigere tutti i negoziati avviati con l’Unione. Venne inoltre ritenuto opportuno indire un referendum circa il tema dell’adesione , in modo da rendere più partecipi i cittadini; questi sarebbero stati 7 informati sull’argomento e su quanto l’integrazione europea avrebbe inciso sulla società ceca, grazie alle varie campagne politiche.

Nel 2003 terminò il mandato presidenziale di Havel e il suo posto venne preso da Klaus; egli, durante la sua campagna, aveva portato avanti un programma basato sulla difesa degli interessi nazionali che metteva in risalto il suo pensiero scettico. In realtà, quando era a capo del governo, Klaus appoggiava il progetto di adesione all’Unione convinto che il paese ne avrebbe ottenuto grandi benefici, prima di tutto in campo economico; ciò che portò ad un suo cambio di posizione era l’idea che venissero creati poteri normativi e politici sovranazionali andando così a limitare l’influenza nazionale. Fortunatamente, a bilanciare quest’immagine “euroscettica” che si era formata intorno alla Repubblica Ceca da un atteggiamento più cauto del governo. Purtroppo questo sentimento di pessimismo e scetticismo dilagò presto tra i cittadini causando una diminuzione del supporto da parte dell’opinione pubblica all’integrazione europea . La 8 Repubblica Ceca si trovò così a ricoprire un ruolo atipico, ovvero quello di un paese in via di adesione con un capo di stato critico nei confronti dell’Unione e del processo di integrazione.

L’allargamento ad est venne ufficializzato il 1 maggio 2004 quando l’Unione europea aprì le porte a dieci nuovi stati membri tra cui la Repubblica Ceca. Andiamo adesso ad analizzare nello specifico quelle che furono le tappe principali durante il

Il referendum si è svolto nel giugno del 2003, nelle giornate 13 e 14. La domanda posta ai cittadini era

7

“Do you agree with the Czech Republic becoming an EU member according to the treaty on the Czech Republic’s EU accession?”. Ben il 77,33% degli elettori rispose “sì”, si veda A. Skuhra, The eastern enlargement of the European Union: efforts and obstacles on the way to membership, op. cit., p. 153.

La percentuale di supporto all’adesione all’Unione nel 1993 era ben del 85%, un appoggio che è

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processo di adesione, parleremo anche degli aspetti di questo quinto allargamento europeo e di come esso si sia distinto dai precedenti.

§ 4.1 L’allargamento europeo: 1 maggio 2004

In più occasioni è stato affermato che il processo di allargamento conclusosi nel 2004 si differenziò dai casi precedenti e i motivi a sostegno di questa tesi erano molteplici. Il primo aspetto a catturare l’attenzione fu l’elevato numero dei nuovi paesi membri che sono entrati. Non che in passato l’Unione si fosse rapportata con l’adesione di uno stato alla volta, ma di sicuro il fatto di veder coinvolti ben dodici paesi tutti insieme ha implicato un’adeguata ristrutturazione degli organi e delle istituzione europee. Strettamente legato a questo primo aspetto era la disomogeneità che contraddistingueva i paesi candidati ; infatti, una volta entrati nell’orbita europea, le situazioni sociali ed 9 economiche dei singoli paesi avrebbero inciso ad incidere sui vecchi equilibri geopolitici, demografici e non solo. Non dimentichiamo inoltre che si trattava di paesi “vittime” di perduranti regimi politici e che risultava dunque difficile stabilire se fossero stati in grado di distaccarsi dal loro passato per conformarsi alle richieste dell’Unione ed intraprendere la strada dell’integrazione. Proprio per questo motivo l’Europa pretese dagli stati coinvolti nel “quinto allargamento” molto più impegno rispetto ai precedenti casi, come dimostrato dall’elenco di diritti e obblighi presente nei nuovi negoziati con i paesi candidati. Infine è giusto rivolgere lo sguardo all’Unione Europea che, nonostante le sopracitate difficoltà, decise di intraprendere questo percorso di allargamento, più volte

A livello geografico il territorio europeo andava ad incrementarsi del 34% con il coinvolgimento di

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ben 170 milioni di persone. A livello economico le differenze sopracitate risultarono ancora più evidenti in quanto il PIL complessivo dei nuovi stati membri corrispondeva solo al 7% del PIL dei “vecchi” stati membri, si veda M. Ganino e G. Venturi, L’Europa di domani: verso l’allargamento dell’Unione, op. cit., p. 4.

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ritenuto una vera e propria “sfida” per l’Unione; il motivo principale di questa scelta 10 era prettamente politico:

“L’ampliamento rappresenta al tempo stesso un’esigenza politica e un’opportunità storica per l’Europa. Nell’assicurare la stabilità e la sicurezza del continente, esso offrirà non solo agli Stati candidati, ma anche agli attuali Stati membri dell’Unione, nuove prospettive di crescita economica e benessere generale. L’ampliamento deve servire a rafforzare la costruzione europea nel rispetto dell’acquis comunitario, comprese le politiche comuni” 11

L’Europa degli anni 2000 era diversa, più matura e questo grazie ai cambiamenti intrapresi a livello istituzionale che le avevano permesso di creare una moneta europea e un mercato unico e di ampliare le competenze in politica estera e nella sicurezza. Allargare i propri confini verso est era ritenuto un dovere per l’Unione, poiché era suo compito esportare e assicurare stabilità e serenità e proprio per questo motivo in molti consideravano indispensabile accettare le richieste d’adesione degli stati dell’Europa centro-orientale (solitamente ci si riferisce a questo gruppo di stati con l’acronimo 12 PECO). Più in generale, il progetto di espansione europeo era insito nella natura dell’Unione, il cui obiettivo era sempre stato quello di accrescere le proprie ricchezze e le proprie energie per migliorare la posizione sul mercato mondiale. Con la caduta del muro di Berlino, l’Unione europea ha avuto l’opportunità di mettere in atto il suo progetto di espansione, inizia così a rapportarsi in maniera sempre più stretta con i PECO con l’intento di gettare le basi per future cooperazioni. All’inizio degli anni ’90 vennero istituiti i primi Accordi di associazione, la cui natura era in prevalenza economica e il cui obiettivo era di creare una zona di libero scambio tra l’Unione e l’Europa

La diversità del V allargamento era messa in evidenza anche all’interno dei documenti relativi ad esso.

10

Si ritiene che in questa occasione il progetto dell’Europa andasse ben oltre la mera espansione geografica, in quanto essa si impegnò a render adottabile il modello d’integrazione europeo su vasta scala. si veda T. Cerruti, L’Unione europea alla ricerca dei propri confini: i criteri politici di adesione il ruolo dei nuovi stati membri, op. cit., p. 4.

M. Ganino e G. Venturi, L’Europa di domani: verso l’allargamento dell’Unione, op. cit., p. 5.

11

Tra i sostenitori della tesi c’era l’allora Commissario per l’allargamento Verheugen, le cui motivazioni

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ricadevano sul campo economico e strategico, si veda T. Cerruti, L’Unione europea alla ricerca dei propri confini: i criteri politici di adesione il ruolo dei nuovi stati membri, op. cit., p. 2.

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orientale . In molti di questi accordi si faceva riferimento anche alla sfera politica, 13 invitando i singoli paesi ad allinearsi sia in politica interna che esterna ai valori europei e ai principi democratici . E’ opportuno quando si parla di questi accordi, suddividerli in 14 due gruppi: il primo che riguarda gli accordi antecedenti il Consiglio di Copenaghen, dove l’adesione all’Unione non era altro che il fine della stipulazione dell’accordo; il secondo gruppo che fa riferimento a quelli post-1993, considerati uno strumento imprescindibile da avere per i paesi candidati ai fine del processo di integrazione europea.

§ 4.1.1 Analisi della procedura di adesione

Data la complessità del “quinto allargamento” per i motivi di cui abbiamo parlato in precedenza, l’Unione optò per l’istituzione di parametri di riferimento in base ai quali analizzare il miglioramento e l’impegno di ogni singolo stato candidato. I requisiti chiesti ai fini dell’adesione avevano l’obiettivo di evitare favoritismi durante il processo, affinché tutto si svolgesse seguendo criteri uniformi; inoltre questo controllo dettagliato era svolto con l’intento di salvaguardare l’omogeneità e l’equilibrio creatosi tra gli stati già membri. Non dobbiamo perdere di vista il fatto che aprendo le porte ai paesi dell’Europa centro-orientale l’Unione metteva in gioco il suo assetto istituzionale ed era quindi inevitabile da parte sua voler supervisionare ogni singolo aspetto del processo. Difatti, in base al cosiddetto “principio di condizionalità” poteva esser tenuto sotto controllo il miglioramento o meno dei rapporti tra l’Unione e gli stati candidati.

Gli Accordi di associazione con i PECO sono quelli del 1991 stipulati con Ungheria, Polonia e

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Cecoslovacchia, del 1993 con Bulgaria e Romania, del 1995 con i paesi baltici e del 1996 con la Slovenia, ivi, p. 9.

Il dialogo politico fu la vera novità di questi accordi, in quanto fino a quel momento non vi era

14

presenza di linee comuni soprattuto in politica estera tra l’Unione e i PECO, si veda M. Ganino e G. Venturi, L’Europa di domani: verso l’allargamento dell’Unione, op. cit., p. 15.

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I criteri di adesione furono concordati durante le riunioni del Consiglio europeo di Copenaghen che si svolse il 21 e il 22 giugno 1993 e vennero suddivisi in tre categorie: 15 criteri politici, criteri economici e criteri giuridici. In base alle richieste del primo gruppo, si presupponeva che il paese candidato fosse in grado di assicurare un sistema istituzionale stabile che permettesse l’affermarsi non solo della democrazia, ma anche dello stato di diritto, dei diritti umani e della tutela delle minoranze. In ambito economico, invece, doveva esser presente un’economia di mercato e ci si aspettava che il paese fosse in possesso degli strumenti adeguati per poter fronteggiare il mercato interno dell’Unione. Infine con l’ultima categoria si richiedeva ai candidati di “accogliere” all’interno dei propri ordinamenti nazionali l’acquis communitaire16. Oltre a questa lista di requisiti, l’Unione chiese anche agli stati di allinearsi con la politica estera e di sicurezza europea portata avanti fino a quel momento.

Un’altra peculiarità dell’allargamento fu che in sede di Consiglio venne enunciato un parametro di riferimento anche per la stessa Unione Europea: essa doveva essere in grado di continuare ad espandersi tenendo immutata la capacità e i tempi d’integrazione europea.

Tali criteri furono elaborati basandosi su degli studi precedenti svolti durante l’allargamento che coinvolse Austria, Finlandia, Norvegia e Svezia, meglio conosciuto

Nelle conclusioni delle “Relazioni con i paesi dell’Europa centrale e orientale” venne dichiarato quanto

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segue: “Il Consiglio europeo ha dato accordo […] affinché i paesi associati dell’Europa centrale e orientale che lo desiderano diventino membri dell’Unione Europea. L’adesione avrà luogo non appena un paese associato sarà in grado di assumere gli obblighi connessi, adempiendo le condizioni economiche e politiche richieste. L’appartenenza all’Unione richiede che il candidato abbia raggiunto una stabilità delle istituzioni che garantisca il rispetto della democrazia, dello stato di diritto, dei diritti umani e delle minoranze, l’esistenza di un’economia di mercato funzionante […] Presuppone anche la capacità dei paesi canditati di assumerei gli obblighi di tale appartenenza, inclusa l’adesione agli obiettivi di un’unione politica, economica e monetaria. La capacità dell’Unione di assorbire nuovi membri, mantenendo nello stesso tempo inalterato il ritmo di integrazione europea, riveste parimenti grande importanza, nell’interesse generale dell’Unione e dei paesi candidati”, si veda T. Cerruti, L’Unione europea alla ricerca dei propri confini: i criteri politici di adesione il ruolo dei nuovi stati membri, op. cit., p. 7.

Questo principio implicava che ogni nuovo stato membro dovesse accettare e applicare l’insieme

16

degli atti di natura normativa, politica e giurisprudenziale appartenenti alla Comunità prima e in seguito all’Unione, si veda M. Ganino e G. Venturi, L’Europa di domani: verso l’allargamento dell’Unione, op. cit., p. 377.

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come “allargamento degli stati nordici” . In tale occasione, venne stabilito che i paesi 17 intenzionati ad aderire alla compagine europea avrebbero dovuto rispettare certi vincoli tra i quali l’identità europea , la costituzione democratica, il rispetto dei diritti dell’uomo 18 e degli obblighi relativi al quadro giuridico, economico e politico appartenente all’Europa. Se da un lato il Consiglio di Copenaghen ha dunque individuato i criteri ritenuti opportuni ai fini dell’adesione, dall’altro non ne ha però specificato nel dettaglio il contenuto di ognuno; solo nel corso delle singole valutazioni dei vari paesi è stata poi fatta luce su quali aspetti fossero ritenuti “idonei” o meno da parte dell’Unione. Il concetto “europeo” vene più volte utilizzato durante la stesura degli atti istitutivi dell’Unione, senza però ricevere una spiegazione dettagliata circa il suo reale significato . 19 Al riguardo si espresse la Commissione affermando di non ritenere opportuno effettuare una delineazione precisa dei confini dell’Unione europea.

Come abbiamo ripetuto più volte il “quinto allargamento” si è distinto per le sue peculiarità, in primis per l’elaborazione dei criteri d’adesione; in realtà se ripercorriamo brevemente quelle che sono state le tappe principali della storia comunitaria possiamo notare come si sia sempre tentato di stilare parametri di riferimento, soprattutto in ambito politico. Negli anni ’50, per esempio, lo Statuto della Comunità europea enunciava la possibilità di adesione da parte di nuovi stati membri purché questi fossero in grado di garantire il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali all’interno del loro paese. Nel 1973 la Comunità Europea affrontò il primo allargamento, che vedeva coinvolti Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca; le valutazioni si incentrarono maggiormente sugli aspetti economici e solo in un parere della Comunità del 1969

Questi stati proposero la loro candidatura nei primi anni ’90, per poi essere ammessi all’interno

17

dell’Unione il 1 gennaio 1995; tutti tranne la Norvegia, dove si svolse un referendum che dette esito negativo riguardo l’adesione, come era già accaduto nel 1972, si veda T. Cerruti, L’Unione europea alla ricerca dei propri confini: i criteri politici di adesione il ruolo dei nuovi stati membri, op. cit., p. 47.

Possiamo oggi ritrovare il tema dell’identità europea all’art. 2 del Trattato dell’Unione Europea

18

(TUE), si veda M. Ganino e G. Venturi, L’Europa di domani: verso l’allargamento dell’Unione, op. cit., p. 46.

Con il concetto “europeo” veniva fatto riferimento a fattori geografici, culturali e storici che stanno

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alla base di un’identità europea condivisa da tutti. La Commissione aveva anche però sottolineato la possibilità da parte di ogni generazione futura di elaborare una diversa e propria visione del concetto di “europeo”, si veda T. Cerruti, L’Unione europea alla ricerca dei propri confini: i criteri politici di adesione il ruolo dei nuovi stati membri, op. cit., p. 35.

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apparve per la prima volta un riferimento ai criteri politici . Nei successivi allargamenti 20 del 1981 e del 1986 le istituzioni europee soffermarono l’attenzione sul controllo della presenza di una democrazia pluralista ; ricordiamo infatti che i paesi coinvolti, ovvero 21 Spagna, Portogallo e Grecia stavano uscendo da anni di regimi dittatoriali ed era quindi necessario assicurarsi che i valori fondamentali della Comunità fossero rispettati e tutelati. Ma è in occasione dell’adesione della Grecia che si iniziarono ad intravedere accenni ai requisiti che verranno successivamente ufficializzati nel 2004, cioè i rapporti di buon vicinato e la capacità espansiva della Comunità. La situazione politica interna venne presa in considerazione più seriamente solo con i paesi candidati negli anni ‘90 quando, per la prima volta, vennero analizzate, durante le valutazioni, anche le condizioni delle minoranze etniche presenti sul territorio . Con l’approvazione del Trattato di 22 Amsterdam nel 1997 i requisiti politici divennero ufficialmente indispensabili sia per l’accesso che per la permanenza all’interno dell’Unione.

I criteri politici sono di norma suddivisi in due gruppi: i criteri istituzionali e i 23 criteri che riguardano i diritti umani. In primo luogo sono stati presi in considerazione la democrazia e lo stato di diritto; compito della Commissione non era un mero controllo degli organi, ma uno studio approfondito di come questi agissero nel loro quotidiano: infatti si è proceduto, in primis, all’analisi del funzionamento del Parlamento e di come questo collaborasse con il potere esecutivo. Di seguito la Commissione ha valutato il

Si riporta quanto affermato dalla Commissione: “the accession of states whose traditions of political

20

equilibrium and democracy are as old-established and deep-stated as are those of the candidate countries would be of great value to the Community, both as regards its internal development and the exercise of increased responsibilities in international life”, ivi, p. 44.

Negli anni ’80 l’integrazione si tinse di sfumature politiche a tal punto che i Trattati venivano

21

modificati in base ai nuovi criteri di adesione. E’ opportuno far riferimento ad un Trattato approvato nel 1984 e mai entrato in vigore, il “Trattato Spinelli”; è nel suo preambolo che per la prima volta si parlò di democrazia pluralista oltre che al rispetto dei diritti dell’uomo. Inoltre, a differenza del passato, nell’art. 2 si può notare come il termine “europeo” venne affiancato al termine “democratico” come requisito per la domanda di adesione, ivi, p. 37.

Difatti l’allargamento ai paesi nordici è stato il primo caso in cui si è provveduto al controllo della

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situazione riguardante le minoranze; nello specifico si fa riferimento al gruppo minoritario dei Sami in Norvegia, ivi, p. 47.

Nelle sue analisi la Commissione pose l’attenzione sul rispetto reciproco degli ambiti di competenza

23

tra il Parlamento e gli organi esecutivi. I criteri istituzionali erano comprensivi dell’analisi seguenti aspetti: la democrazia, lo stato di diritto e della stabilità istituzionale, ivi, p. 50.

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tema della libertà e della segretezza delle elezioni, il potere giudiziario e l’operato della Corte Costituzionale . In secondo luogo, durante l’analisi dei diritti umani, si è 24 riscontrato un idoneo rispetto di tali diritti in tutti i paesi, quest’ultimi si sono difatti impegnati ad impiegare gli strumenti utilizzati a livello internazionale per la tutela dei diritti umani. Come in altri ambiti, anche qui sono state riscontrate delle difficoltà, in particolare riguardo al tema delle minoranze.

Rispetto agli altri requisiti, quelli politici hanno sempre avuto un’importanza diversa poiché sin dall’inizio vennero considerati condizione imprescindibile ai fini dell’avvio dei negoziati di adesione. Durante le trattative tra l’Unione e i paesi canditati sia i criteri economici che l’acquis potevano esser soggetti a proroghe anche a periodi successivi l’avviamento dei negoziati. Come vedremo più nel dettaglio successivamente, gli anni precedenti al “quinto allargamento” sono stati molto impegnativi e durante l’elaborazione di un’adeguata strategia da parte delle Istituzioni europee si ritenne opportuno elaborare requisiti aggiuntivi a quelli già esistenti di Copenaghen. Più nello specifico, nel 1995 a Madrid il Consiglio europeo introdusse il criterio della capacità amministrativa, attraverso il quale si intendeva assicurarsi che gli enti amministrativi dei paesi candidati fossero in grado di interfacciarsi con il sistema di norme comunitario. Successivamente, nel 1999 durante il Consiglio europeo di Helsinki venne enunciata la necessità di instaurare relazioni di buon vicinato, criterio di cui si era già discusso ad Essen nel 1994 . Infine, nel solito anno, ma durante le riunioni del Consiglio con sede a 25 Colonia, l’attenzione fu spostata sul tema della sicurezza nucleare. Concludendo il tema dei criteri di adesione, è opportuno tener di conto nello studio dell’argomento che, in casi specifici riguardanti solo alcuni degli stati candidati, l’Unione ha proceduto con

Come vedremo meglio più avanti nel capitolo, l’ambito giudiziario ha richiesto molti più sforzi da

24

parte degli stati candidati nell’applicare le trasformazioni richieste dall’Unione; in particolare modo risultò per loro difficile adeguarsi al diritto comunitario e provvedere alla giusta formazione dei giudici. Più volte nei pareri della Commissione erano stati indicati gli aspetti deboli dei paesi nei quali purtroppo non venne riscontrato un equilibrio delle istituzioni, né tanto meno delle basi giuridiche adeguate, ivi, . 51.

Per quanto concerne la capacità amministrativa, ad essa sono state dedicate alcune pagine nelle

25

valutazione dei paesi tra il 1997 e il 1999. Mentre, riguardo i rapporti di buon vicinato (good neighbourliness) si fa riferimento a “la volontà di cooperare con i vicini ma anche di risolvere le controversie pacificamente, se necessario deferendole alla Corte Internazionale di Giustizia”, ivi, p. 57.

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l’analisi di determinati criteri che non vennero però presi in considerazione per tutti i paesi coinvolti nell’allargamento. Non solo per questo motivo, ma anche a causa di altri aspetti, la Commissione europea è stata più volte accusata di aver elaborato valutazioni disomogenee tra loro con l’intento di favorire le trattative negoziali di taluni stati rispetto ad altri. Questa flessibilità nei giudizi da parte delle Istituzioni europee è stata notata non solo confrontando i singoli paesi e le loro valutazioni, ma anche analizzando le differenze che hanno caratterizzato le varie tappe del processo di preparazione all’allargamento . 26

Passiamo adesso a guardare più nel dettaglio quello che sono state le tappe principali del processo di adesione. Data la complessità del “quinto allargamento” più volte messa in luce, l’Unione europa ritenne adeguato procedere con una fase preparatoria che solitamente viene suddivisa in tre momenti chiave:

- 1994, viene elaborata ed ufficializzata la “strategia pre-adesione” durante il Consiglio europeo di Essen

- 1997, si rafforza la strategia durante il Consiglio europeo di Lussemburgo

- 1999-2000, si assiste ad un’accelerazione del processo grazie ai Consigli europei di Helsinki e Nizza

Non ci sono riferimenti simili nel passato e per la prima volta si è avuto a che fare con una complessa strategia preparatoria enunciata ad Essen nel 1994, la quale si articola in più passaggi. La fase di pre-adesione poggiava le basi sul cosiddetto “dialogo strutturato”: questo aveva luogo durante le riunioni che si svolgevano una o due volte l’anno, in aggiunta a quelle già previste dai singoli Accordi di associazione. Altro importante pilastro era il Programma PHARE (Poland and Hungary: assistance for the restructuring of the economy) in quanto ritenuto di sostanziale supporto alla politica di 27

I casi della Bulgaria e della Romania sono esempi perfetti di come in alcune occasioni la

26

Commissione ha stilato dei requisiti specifici solo per quei determinati paesi. Alla Bulgaria venne richiesto di provvedere alla chiusura della centrale elettrica, mentre la Romania avrebbe dovuto occuparsi di apportare nuove riforme per gli orfanotrofi. L’adesione di Cipro, invece, rappresenta a pieno il concetto di “flessibilità di giudizio” di cui era stata accusata più volte l’Unione; il suo ingresso venne approvato nonostante l’isola presentasse una divisone interna, ibidem.

Si tratta di un programma adottato in seguito alla caduta del muro di Berlino e inizialmente rivolto a

27

solo due paesi dell’Europe centro-orientale, l’Ungheria e la Polonia. Negli anni successivi il programma si è evoluto e si è allargato anche agli altri stati della zona, fino ad esser considerato oggi giorno uno degli strumenti più importanti del processo di preparazione dei paesi candidati, ivi, p.13.

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pre-adesione messa in atto dall’Unione europea. Terzo elemento di rilievo per il Consiglio di Essen fu il “libro bianco”, della cui redazione venne incaricata la Commissione; esso venne poi approvato l’anno seguente dal Consiglio europeo di Cannes. La sua funzione era quella di aiutare i paesi candidati durante la loro preparazione fornendo delle delucidazioni su alcuni aspetti primari, quali per esempio il mercato interno oppure il mutamento della legislazione intera sulla linea di quella comunitaria.

Anche l’anno 1995 fu di notevole importanza per il proseguimento della strategia; fu a Madrid, alle riunioni del Consiglio europeo, che vennero poste le basi di alcuni cambiamenti futuri essenziali per l’allargamento. Non perdendo di vista quanto detto l’anno precedente ad Essen e quanto stabilito a Copenaghen, la Commissione fu incaricata di elaborare un documento i cui argomenti avrebbero toccato molteplici ambiti: stilare dei pareri sui singoli paesi candidati, analizzare al meglio le conseguenze che l’allagamento avrebbe provocato sulle politiche comunitarie, cercare di prevedere i futuri sviluppi finanziari e definire un documento complessivo di ogni aspetto concernente l’allargamento. Tale documento prenderà forma qualche anno dopo con il nome di “Agenda 2000”. Altra iniziativa messa in atto nello stesso anno fu il Patto di stabilità per l’Europa che vide coinvolta la quasi totalità degli stati europei ; l’intenzione 28 era quella di mettere in pratica quanto stabilito dal Trattato di Maastricht riguardo la politica estera e di sicurezza. A metà degli anni ’90 la questione dell’allargamento europeo era all’ordine del giorno a tal punto che le richieste di adesione incrementarono notevolmente . 29

Conosciuto anche come Iniziativa Balladur, il Patto fu proposto dalla compagine francese e indicato

28

in sede del Consiglio europeo di Copenaghen del 1993. Il progetto alla base del Patto faceva riferimento sia alla stabilità interna che alla stabilità esterna: nel primo caso l’obiettivo era la tutela della democrazia assieme al rispetto dei diritti dell’uomo e delle minoranze; nel secondo caso invece ci si concentrava sul rispetto della sovranità nazionale, sulla cooperazione e sulle relazioni di buon vicinato. Il Patto di stabilità per l’Europa ha infine cessato di operare poco dopo, ivi, p. 15.

Nel 1994 inviarono la domanda di adesione Polonia e Ungheria; l’anno successivo fecero altrettanto

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Romania, Slovacchia, Estonia, Lituania e Bulgaria. Nel 1996 richiesero l’adesione Repubblica Ceca e Slovenia; anche Malta inviò la propria domanda, ma decise di ritirarla a causa del cambio di governo per poi riproporla due anni dopo, si veda M. Ganino e G. Venturi, L’Europa di domani: verso l’allargamento dell’Unione, op. cit., p. 17.

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La seconda fase si avviò mettendo in atto quanto elaborato durante il Consiglio di Madrid e venne appunto creata “Agenda 2000”; come già accennato, essa fu di aiuto ai paesi durante il periodo di preparazione indicando loro quali fossero gli strumenti più idonei da utilizzare e su che cosa implicasse aderire all’Unione . Nello specifico 30 l’Agenda si concentrò su tre grandi tematiche ovvero la politica agricola, le politiche regionali e il quadro finanziario. Altro momento importante del 1997 fu il Consiglio europeo di Lussemburgo, dove venne definito l’accession process, un processo con nuovi strumenti e nuove forme di dialogo, figlio di questa seconda fase intenzionata a render più dinamica e concreta l’adesione dei nuovi candidati. Il processo di adesione si è composto di quattro strumenti cardine: il primo a cui si fa riferimento è un dispositivo di inquadramento, il cui obiettivo era di fornire un quadro univoco per l’adesione dei candidati; poi ci soffermiamo sulla strategia rafforzata di pre-adesione, elaborata per consentire ai paesi interessati di avvicinarsi quanto più possibile allo status di di membri europei; in terzo luogo, si prendano in considerazione sia i pareri della Commissione che i singoli negoziati; infine abbiamo le procedure di verifica sempre da parte della Commissione, che consistono in relazioni annuali (regular report) dove si evidenziano tutti i progressi effettuati dai singoli stati rispetto a quanto riportato nelle valutazioni iniziali.

In questo contesto in continua evoluzione, l’Unione decise di istituire la Conferenza europea, un nuovo organo dedito alla collaborazione e al dialogo tra gli stati; era previsto che si svolgessero sedute annuali per permettere ai paesi già membri europei di confrontarsi con i nuovi candidati . Nel 1998 si dette ufficialmente inizio all’avvio dei 31 negoziati con la Slovenia, la Polonia, l’Ungheria, l’Estonia, Cipro e la Repubblica Ceca.

Con gli anni 2000 si entra a pieno ritmo nella terza fase del processo di adesione; alle riunioni del Consiglio di Nizza, la Commissione invitò ad accelerare i tempi delle

L’Agenda è composta due singoli documenti: “Per un’Unione più forte e più ampia” e “La sfida

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dell’allargamento”. Facendo riferimento a quanto riportato sul sito della Commissione europea, possiamo definire l’Agenda come “un programma d’azione che si prefigge come obiettivi principali di rafforzare le politiche comunitarie e di dotare l’Unione europea di un nuovo quadro finanziario per il periodo 2002-2006, tenendo conto delle prospettive di allargamento”, ivi, p. 28.

Il gruppo dei paesi candidati venivano comunemente chiamato “gruppo di Lussemburgo” e

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trattative negoziali cercando di arrivare a concludere i negoziati nel minor tempo possibile senza però venir meno ai molteplici requisiti e criteri di adesione precedentemente stabiliti. Nonostante tali buoni propositi, persistevano dubbi circa l’allargamento, che svanirono del tutto in seguito agli eventi del 2001; in risposta agli attacchi terroristici nei confronti degli Stati Uniti, il Consiglio europeo propose l’istituzione di una politica europea per combattere il terrorismo, nel cui progetto sarebbero stati coinvolti anche i paesi candidati. Per questi motivi, al Consiglio europeo di Laken venne affermato che entro l’anno 2002 sarebbero portati a termine i negoziati con i paesi candidati per poter premettere loro di aderire all’Unione nel 2004 . Il 32 processo d’integrazione stava progredendo nel modo sperato, infatti i Capi di Stato e di Governo degli stati europei confermarono che con i paesi candidati nominati a Laken erano in corso i trattati di adesione.

Le trattative dei negoziati tra l’Unione e ogni singolo paese dell’Europa centro-orientale si svolsero in occasione di conferenze intergovernative. Analizzando nel dettaglio i negoziati si nota subito come essi siano stati accomunati da tre principi cardine: il principio di differenziazione, il principio di riallineamento e un terzo principio al quale ci si riferisce con la seguente espressione “nothing is agreed until everything is agreed”. Il primo principio assicurava che ogni progresso raggiunto dagli stati candidati fosse riconosciuto in base al merito senza alcun tipo di influenza esterna o favoritismo e che una volta avviati i negoziati, i paesi non venissero meno agli impegni presi. Il secondo rispondeva alla necessità di non creare differenze tra una trattativa e l’altra, difatti ai paesi che avevano avviato i negoziati in un secondo momento di recuperare questo “ritardo” rispetto agli altri candidati. L’ultimo principio implicava che se non vi era corrispondenza tra un capitolo chiuso e quanto richiesto dall’Unione, questo veniva riaperto e messo in discussione e questa situazione rimaneva tale finché anche solo uno degli altri campi restava aperto.

In base a quanto stabilito a Laken, se i negoziati e le riforme necessarie fossero stati portati avanti

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con le tempistiche previste, avrebbero potuto esser considerati idonei all’ammissione i seguenti paesi: Ungheria, Polonia, Slovenia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Cipro, si veda T. Cerruti, L’Unione europea alla ricerca dei propri confini: i criteri politici di adesione il ruolo dei nuovi stati membri, op. cit., p. 24.

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Nella città di Atene nell’aprile del 2003 furono infine firmati i Trattati per l’entrata nell’Unione. Ad essi è stata allegata una Dichiarazione comune degli stati membri e dei paesi candidati . Nel 2005 vennero poi siglati anche i trattati con Bulgaria e Romania, la 33 cui adesione era prevista nel 2007 a differenza degli altri paesi che sarebbero entrati a far parte dell’Unione già a partire dal 2004.

§ 4.2 Verso l’avvicinamento: approfondimento degli aspetti oggetto di valutazione da parte della Commissione europea

Quando l’Unione europea iniziò ad interessarsi ai PECO, questi stavano attraversando un periodo di transizione, pronti a lasciarsi alle spalle il passato sovietico per intraprendere un percorso di riavvicinamento all’Europa. Furono anni di grandi cambiamenti per l’Europa centro-orientale e quasi la totalità dei paesi partì dall’elaborazione delle nuove Costituzioni, la maggior parte delle quali vennero formulate proprio all’inizio degli anni ’90; al contempo l’Unione era impegnata con la definizione dei Criteri di Copenaghen, requisiti indispensabili ai fini dell’adesione. Questi due importanti processi si svilupparono in contemporanea ed è quindi inevitabile notare le influenze reciproche che vi furono nella loro elaborazione . Tra tutti i paesi 34 dell’Europa centro-orientale, la Repubblica Ceca è stata più volte presa ad esempio sia durante il periodo di transizione che nel processo di adesione, in quanto ha sempre cercato di rimanere fedele alla propria tradizione liberal-democratica di stampo occidentale . 35

Il titolo della dichiarazione era “Un’unica Europa” e venne approvata nel 2002 dal Consiglio europeo

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dove si sottolineava nuovamente la natura continua, inclusiva e irreversibile del processo di adesione, ivi, p. 30.

Le maggiori influenze occidentali sono riscontrabili in particolare nel settore giuridico; senza dubbio

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le nuove costituzione trovarono ispirazione dai sistemi europei di stampo liberal-democratico. In più occasioni le transizioni dell’Europa centro-orientale sono state definite “guidate” proprio a causa delle disposizioni internazionali ricevute, ivi, pp. 64-65.

Sin dal 1920, la Costituzione ceca è stata l’unica a cui si è sempre riconosciuto un funzionamento

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Sin dai tempi della Rivoluzione di Velluto la Repubblica Ceca aveva espresso la volontà di integrarsi nell’Unione e così nel 1993 le due parti conclusero un Accordo di associazione che andava a delineare gli aspetti principali delle loro relazioni: venne 36 deciso di creare un’area di libero scambio tra le due parti come base per una futura e più ampia collaborazione anche a livello politico. La domanda di adesione venne ufficialmente presentata dalla Repubblica Ceca nel 1996.

Dopo le numerose richieste di adesione da parte dei PECO, il Consiglio europeo incaricò la Commissione europea di redigere una serie di giudizi iniziali su ogni singolo paese; la valutazione si basava sui Criteri di Copenaghen ed era composta dall’analisi dello stato di diritto delle istituzioni e del loro funzionamento, dal controllo della tutela dei diritti umani e delle minoranze e dall’esame corretto funzionamento dell’economia di mercato. Durante l’intero processo di adesione, la Commissione europea rimase in stretto contatto con i singoli paesi candidati, sostenendoli passo passo; era sua intenzione preparare al meglio gli stati cosicché risultassero idonei al momento delle valutazioni. La Commissione svolse in primis un ruolo di mediatore tra loro e l’Unione con l’intento di trovare i giusti compromessi affinché le negoziazioni proseguissero nel modo più lineare possibile . I pareri (r37 egular reports) elaborati dalla Commissione avevano il compito di mettere in luce gli aspetti sui quali i paesi candidati avrebbero dovuto concentrarsi apportando le opportune modifiche per allinearsi con quanto richiesto dall’Unione. Per quanto concerne la Repubblica Ceca, essa ricevette nella valutazione iniziale del 1997 un parere positivo. Tra i vari paesi candidati, quello ceco risultò essere uno tra i più importanti durante il processo di adesione.

Dopo il primo parere positivo del 1997, nel primo report del 1998 da un lato venne affermato che lo stato ceco soddisfaceva a pieno i criteri politici di Copenaghen, dall’altro però si riscontrarono alcune lacune in particolare nella pubblica amministrazione e nell’ambito del potere giudiziario a causa della dilagante corruzione

Inizialmente venne siglato un Accordo di associazione tra la Cecoslovacchia e la Comunità europea

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nel dicembre 1991. In seguito alla nascita dei due nuovi stati venne concluso un nuovo accordo ad ottobre 1993, che entrò in vigore il 1 febbraio del 1995, si veda A. Skuhra, The Eastern enlargment of the European Union. efforts and obstacles on the way to membership, op. cit., p. 158.

Fu il Consiglio europeo nel 1995, durante il Consiglio di Madrid, ad affidare alla Commissione questo

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che caratterizzava la società in quegli anni. Altro punto debole erano le condizioni di vita del popolo minoritario dei Rom. Il secondo report del 1999 si incentrò invece maggiormente sulla sfera economica e sulla necessità di apportare le giuste modifiche per rendere il mercato più competitivo secondo gli standard europei. Venne inoltre richiesto alla Repubblica Ceca di accelerare le riforme giudiziarie, poiché lo stato rischiava di perdere la posizione di vantaggio che si era conquistato tra i paesi prossimi all’adesione. Furono però valutati positivamente i progressi compiuti in politica estera, il cui maggiore, se non unico, obiettivo era l’integrazione europea. Nel parere del 2000 vennero messi in evidenza gli sviluppi cechi e di come questi avessero permesso al paese di soddisfare quasi del tutto i criteri di Copenaghen . Con il quarto e ultimo report del 38 2001 non restarono grandi questioni irrisolte da affrontare, il giudizio fu positivo nel complesso benché alcuni aspetti necessitassero ancora di alcuni piccoli interventi . La 39 valutazione si concluse con la conferma che gli stati candidati avrebbero terminato le trattative di negoziato entro la fine del 2002: la Commissione concesse il nulla osta agli stati per l’adesione.

§ 4.2.1 Primo settore di analisi: il sistema costituzionale

Entrando nello specifico, è opportuno soffermarci sui principali settori che furono oggetto delle valutazione della Commissione e analizzare le modifiche attuate dalla Repubblica Ceca per migliorarne l’assetto.

Il primo settore da prendere in considerazione è quello costituzionale, sebbene sia stato quello che ebbe minor necessità di interventi e sul quale l’Unione non si soffermò molto. Ricordiamo che in Repubblica Ceca vige una forma di governo parlamentare con un bicameralismo imperfetto; è previsto dalla Costituzione che si svolgano le elezioni

Il terzo report si distinse per una novità: per la prima volta i paesi candidati furono suddivisi in più

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gruppi in base alla loro capacità di rispettare i Criteri previsti da Copenaghen. Si noti come la Repubblica Ceca e la Slovenia rientravano nella terza categoria, dietro a Polonia, Ungheria ed Estonia stati della seconda categoria e a Malta e Cipro, appartenenti alla prima categoria, ivi, p. 167.

Gli aspetti che lasciavano ancora qualche dubbio erano la privatizzazione e la complessa situazione

39

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sulla base di un sistema elettorale proporzionale per la Camera e un sistema maggioritario per il Senato . Circa questi aspetti, nella sua prima valutazione, la 40 Commissione si espresse positivamente, mettendo in luce la trasparenza e la libertà che caratterizzavano il contesto in cui si svolgevano le elezioni . Uno degli aspetti su cui si 41 concentrò maggiormente la Commissione fu l’analisi del procedimento legislativo; ne vennero valutati i termini temporali, l’idoneità ad accogliere la normativa comunitaria e la capacità ad adattarsi alle procedure degli altri membri dell’Unione. Una volta conclusosi il procedimento legislativo ceco, nella fase di approvazione vera e propria, la decisione finale spettava alla Camera dei deputati. Se la Camera dava l’approvazione, il progetto di legge veniva successivamente inviato al Senato e infine al Presidente della Repubblica . 42 Da quanto si evince dal parere del 1999, la Commissione valutò negativamente alcuni aspetti: in primo luogo i tempi necessari per il procedimento legislativo vennero considerati troppo lunghi e per questo motivo furono apportate alcune modifiche il cui fine sarebbe stata la creazione di un procedimento abbreviato ; in secondo luogo fu 43 evidenziata la mancata celere integrazione della normativa europea. Proseguendo con l’esame della forma di governo, l’attenzione si concentrò sulla figura del Presidente della Repubblica: essa è regolamentata nel titolo dedito al potere esecutivo della Costituzione; le sue competenze sono divisibili in due gruppi, nel primo rientrano quelle che necessitano la controfirma del governo, nel secondo quelle per cui la controfirma non è

Il Senato era previsto già nella Costituzione del 1993, ma a causa di alcune difficoltà a livello politico,

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esso entrò in funzione solo nel 1996, si veda T. Cerruti, L’Unione Europea alla ricerca dei propri confini: i criteri politici di adesione e il ruolo dei nuovi stati membri, op. cit. p. 75.

Nei rapporti successivi, anche se con qualche riserva, la Commissione affermò che le elezioni ceche

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si adeguavano quanto più possibile ai vincoli previsti dall’OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), ibidem.

Come era articolato il procedimento? Una volta presentato il progetto al Senato, questo aveva 30

42

giorni di tempo per analizzarlo ed esprimere il suo parere. Il giudizio poteva essere favorevole, negativo, poteva decider di non prendere in esame il progetto oppure aveva la possibilità non di pronunciarsi affatto su di esso. Successivamente all’intervento del Senato, il progetto passava nelle mani del Presidente della Repubblica, che aveva a disposizione 15 giorni per esaminarlo. In entrambi gli interventi, a prescindere da quanto deciso, la Camera aveva la possibilità superare il veto con una maggioranza assoluta, ivi, p. 79.

Attraverso l’adozione della legge n. 40/2000 è stato oggetto di modifica l’art. 90 del regolamento. La

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legge prevede inoltre che il rito abbreviato non è previsto nei casi di leggi costituzionali, leggi di bilancio e di leggi di ratifica dei trattati internazionali, ivi, p. 81.

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prevista ai fini della validità. Egli gode dell’immunità da procedimenti penali e per quanto concerne le limitazioni della libertà personale; tale immunità è valida non solo durante il periodo dell’incarico presidenziale, ma anche in quello successivo al suo mandato, almeno che non si tratti di atti per cui il Presidente risulti imputabile di alto tradimento. La Commissione si espresse sul ruolo del Presidente solo in occasione del parere iniziale, rilasciandone un giudizio positivo; il fatto che tale figura non fosse oggetto di ulteriori valutazioni stava a significare che le disposizioni della Costituzione erano in linea con le aspettative europee. Le valutazioni proseguirono con l’esame del ruolo del Governo di cui venne constatato un corretto funzionamento di tutte le istituzioni centrali dello Stato sin dal parere iniziale. Successivamente vennero analizzate le modifiche apportate dal Governo ceco che permisero il miglioramento di una situazione già positiva di partenza . 44

Entrar a far parte delle organizzazioni internazionali divenne il main goal della Repubblica Ceca in ambito di politica estera e per adeguarsi al meglio ai fini dell’adesione vennero adottate due importanti revisioni costituzionali . La prima fu la legge n. 45 300/2000, meglio conosciuta come “legge sulla sicurezza”, che faceva riferimento alla disciplina delle situazioni d’emergenza. In base all’art. 39 della Costituzione era prevista la maggioranza assoluta sia della Camera che del Senato per poter autorizzare la presenza di truppe straniere sul territorio ceco; secondo quanto espresso in tale disposizione, la nuova legge aggiunse altre due situazioni: il caso di invio di forze armate fuori dai confini statali e il caso in cui si fosse dovuto decidere sulla partecipazione ceca al sistema di difesa delle organizzazioni di cui si fosse fatto parte . La seconda legge fu la n. 46

I miglioramenti furono apportati nell’attività legislativa, in ambito politico grazie ad una maggiore

44

coordinazione di indirizza e nel processo di preparazione all’adesione all’Unione Europea, ivi, p. 92. Queste leggi di revisione facevano riferimento alle norme riguardanti le situazione d’emergenza e

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l’adesione della Repubblica Ceca ad organizzazioni di stampo internazionale; furono prese in esame le competenze e i rapporti tra Parlamento e Governo, poiché queste ebbero la necessità di essere ripartite a causa dell’enunciazione di specifiche funzioni in correlazione alle situazioni sopracitate, si veda A. Di Gregorio, Repubblica Ceca, op. cit., p. 157.

Nello specifico il Governo si espresse sull’invio di forze armante ceche al di fuori dei confini statali,

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sulla presenza di forze armate straniere in territorio ceco per un periodo che non superi i sessanta giorni, sull’utilizzo dello spazio aereo ceco, sulla partecipazione dell’esercito ceco ad addestramenti in territorio straniero e sul passaggio di eserciti stranieri sul suolo ceco. In qualsiasi situazione le Camere del Parlamento dovevano essere informate ed era in loro potere rendere nulle le decisioni prese dal Governo esprimendosi diversamente, ivi, p. 156.

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395/2001, detta anche Euronovela, che andò ad incidere sul precedente art. 10 della Costituzione, dove si sottolineava la superiorità dei trattati internazionali rispetto al diritto interno e il fatto che venissero direttamente applicati in seguito alla ratifica del Parlamento, in quanto parte integrante dell’ordinamento interno; con la nuova disposizione venne introdotta una clausola di limitazione della sovranità. Rispetto alle altre innovazioni del procedimento legislativo, l’adozione dell’Euronovela rappresentò un esempio di come l’adeguamento attuato ai fini dell’adesione avesse influenzato la revisione costituzionale ceca . 47

Concludendo possiamo constatare, in base a quanto finora analizzato, che la Commissione si espresse complessivamente in maniera positiva nell’ambito del sistema costituzionale, non ritenendo opportuno apportare modifiche di rilievo. Nonostante l’importanza del settore, l’Unione preferì dedicare la propria attenzione ad altri aspetti che, come vedremo nelle pagine successive, richiesero interventi di gran lunga superiori.

§ 4.2.2 Secondo settore di analisi: le autonomie territoriali

Rispetto al precedente settore analizzato, quello delle autonomie territoriali fu soggetto a molteplici modifiche in quanto venne notevolmente influenzato dal processo di adeguamento relativo all’adesione europea. La Commissione si preoccupò principalmente di mettere in luce l’aspetto del decentramento dell’ordinamento che caratterizzava in quegli anni lo stato ceco. Entrando nello specifico dell’analisi dell’assetto territoriale, si può notare come oltre ad esser stati ai tempi influenzati delle pretese dell’Unione Europea, i legislatori statali si impegnarono per tenere viva la propria

Un’altra legge che venne adottata principalmente per via dell’adesione è la n. 515/2002, riguardante il

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referendum; essa venne adottata con l’intento di poter ampliare le competenze del Presidente e aggiungere quindi la possibilità di indizione del referendum. Ricordiamo che l’opzione del referendum non era prevista all’interno della Costituzione poiché si credeva che non avrebbe ottenuto i giusti consensi; per questo motivo, con la legge del 2002, venne deciso che il referendum fosse previsto solo in occasione dell’adesione all’Unione Europea, T. Cerruti, L’Unione Europea alla ricerca dei propri confini: i criteri politici di adesione e il ruolo dei nuovi stati membri, op. cit. p. 96.

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tradizione costituzionale , in totale accordo tra l’altro con i nuovi parametri politici di 48 Copenaghen. La Costituzione del 1920 aveva mantenuto il modello, così detto a “doppio binario”, caratteristico dell’Impero asburgico, in base al quale le unità territoriali svolgevano un doppio ruolo: da un lato erano riconosciute come enti di carattere amministrativo e dall’altro come circoscrizioni amministrative dello Stato centrale. Questa duplice visione territoriale era stata successivamente abbandonata nella Costituzione del 1948; ai tempi i regimi dell’Europa centro-orientale prediligevano il principio di unitarietà dei poteri, il quale si fondava sull’indivisibilità del potere che era concentrato a pieno nella figura del Capo dello Stato . Si dovette attendere gli anni ’90 49 per superare la fase di accentramento del potere che aveva influenzato anche la successiva Costituzione del 1960; con la legge n. 294/1990 i comitati popolari vennero sostituti dagli autogoverni locali. In seguito alla riattivazione del modello a “doppio binario”, il comune divenne l’ente principale dell’assetto territoriale, al quale erano riconosciute non solo competenze proprie, ma anche competenze relative alle funzioni statali . Per tutta la durata degli anni ’90 il sistema comunale fu disciplinato dalla legge n. 50 367, che indicava quali fossero le competenze , regolava la forma di governo e 51 controllava il lavoro degli organi statali. Inoltre questa legge enunciava la suddivisione dei comuni in diverse categorie: l’obec (il comune), il mēsto (la città) e lo statutárni mēsto52 (la città statutaria). Quanto previsto dalla sopracitata legge venne successivamente riproposto dalla legge n. 128/2000, difatti quasi la totalità degli aspetti concernenti l’ordinamento territoriale ceco non subì rilevanti modifiche tra la vecchia e la nuova

Una tradizione riconducibile al periodo dell’era asburgica e alla quale lo stato ceco ha sempre

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dimostrato di tenere, ivi, p. 195.

Sebbene con l’avvento del socialismo i sistemi mutarono il loro aspetto, la vecchia divisione

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territoriale asburgica venne mantenuta come punto di riferimento per l’organizzazione dei comitati popolari, ivi, p. 175.

La legge n. 294 prevedeva per i cittadini forme di potere sia dirette, come il referendum, che indirette,

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ovvero la possibilità di votare alle elezioni i propri rappresentanti. Quanto previsto andava ad evidenziare l’autonomia politica del nuovo ente, ivi, p. 177.

Le competenze, previste dalla legge, erano divisibili in samostatná pusobnost, cioè autonome, e

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prenesenápusobnost, ovvero derivate, ibidem.

Queste ricevettero ampio spazio all’interno della legge del 2000. Si caratterizzavano per esser

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organizzate in zone e quartieri, con la possibilità di approvare uno Statuto. Le loro competenze erano di natura derivata, ivi, p. 181.

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legge. Per esempio, per quanto concerneva le competenze comunali, la legge del 2000 mantenne la suddivisione in autonome e derivate: le prime raggruppavano le attività che interessavano sia il comune che i suoi cittadini, almeno che non vi fossero specifiche al riguardo e che queste dunque venissero attribuite ad altri organi o direttamente alle regione; le seconde facevano riferimento alle funzioni amministrative statali che la legge prevedeva di affidare ai comuni. Anche la qualificazione dei documenti comunali rimase la medesima . Entrambe le leggi contemplavano una forma di governo assembleare, 53 costituito da un organo rappresentativo (zastupitelstvo) eletto direttamente, un sindaco (starosta) e un organo esecutivo. E’ opportuno soffermarci infine sullo status accordato alla città di Praga, le cui leggi di riferimento furono la n. 418/1990 e la n. 131/2000. In base a quanto previsto dalle discipline, la capitale ceca era identificata sia come un comune che come una regione; ad essa sono attribuite molteplici funzioni, sia quelle che fanno riferimento all’ambito di amministrazione statale sia quelle che la legge delega ai comuni e alle regioni.

Un’altra suddivisione territoriale, sempre esistita in Repubblica Ceca, era quella del distretto (okres) che, a differenza degli altri enti, non aveva né competenze autonome né organi propri. Disciplinato dalla legge n. 425/1990, esso cesserà di esistere con la nascita delle regioni.

La Commissione europea analizzò il settore delle autonomie territoriali sia in riferimento ai criteri politici, sia in base ai requisiti dell’acquis communitaire. Nella prima valutazione del 1997 l’attenzione venne posta sull’assetto territoriale dell’amministrazione statale e fu subito notato come questo si suddividesse esclusivamente in distretti e comuni; la Commissione dunque esortò la Repubblica Ceca ad attivarsi con nuove politiche regionali e con l’elaborazione di strumenti giuridici ai fini del loro sviluppo . Il Governo ceco si adoperò per mettere in atto le riforme richieste 54

Questi erano denominati vyhlášky in caso di competenze autonome e narízení se si trattava di

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competenze derivate, ivi, p. 178.

E’ opportuno ricordare che la presenza di enti sub-statali era un requisito imprescindibile per poter

54

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dalla Commissione adottando la legge costituzionale n. 347/1997 , che prevedeva la 55 nascita di quattordici enti regionali (kraj), corrispondenti ai NUTS (Nomenclature des Unités Territoriales statistiques) europei di terzo livello. Come precedentemente accennato, la presenza di suddivisioni più ampie rispetto ai comuni era riscontrabile già alle origini del nuovo Stato, quando vi era il sistema dei comitati popolari, poi soppressi negli anni ’90. Il regionalismo ritornò ad essere dunque una priorità per la Repubblica Ceca in occasione del processo di adeguamento all’ingresso nell’Unione Europea. La legge n. 347 però entrò in vigore solo nel 2000 quando venne adottata la legge n. 129, anche detta “sulle regioni” ; questa disciplinava non solo le Regioni, ma anche il lavoro degli 56 organi ad esse correlati.

Un’altra legge che andò ad incidere sull’assetto territoriale fu la n. 248/2000 “sul sostegno dello sviluppo regionale”, che prevedeva la ripartizione del territorio ceco in otto “region súdrznosti", che corrispondevano ai NUTS europei di secondo livello. Ciò che differenziò la legge n. 248 rispetto alle altre adottate negli anni 2000, fu che questa venne attuata con il solo intento per il paese di rientrare nei programmi europei riguardanti la coesione economia e sociale, non si trattava quindi di una vera riorganizzazione del sistema territoriale ceco. Difatti al suo interno erano presenti richiami diretti all’Unione e ai fondi strutturali da questa messi a disposizione dei paesi candidati.

§ 4.2.3 Terzo settore di analisi: la Pubblica Amministrazione

Il settore amministrativo dei paesi candidati fu uno dei primi ad esser posto sotto esame dalla Commissione in sede di valutazione nonostante non rientrasse tra le materie oggetto dei negoziati tra l’Unione e gli stati candidati; rispetto agli ambiti di cui si è

La legge costituzionale modificò il titolo VII della Carta Costituzionale introducendo i nuovi enti

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territoriali, ivi, p. 187.

La nuova legge definiva la regione una “comunità territoriale di cittadini, cui spetta il diritto

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dell’autogoverno, che esercita nei limiti posti dalla legge e in conformità con le esigenze della Regione”, il cui compito era di occuparsi dello sviluppo del territorio e di adempiere alle esigenze dei cittadini. Le competenze in suo potere erano sia autonome che derivate, ivi, p. 189.

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precedentemente parlato, esso venne analizzato soprattutto in base ai criteri giudici e all’acquis communautaire. I criteri politici furono rilegati in secondo piano, sebbene fosse importante per l’Unione assicurarsi che le attività amministrative svolte all’interno degli stati non incidessero negativamente sul loro status di paesi democratici, al cui interno erano rispettati i diritti umani ed era salvaguardata la stabilità delle istituzioni. Il principale obiettivo della Commissione fu di analizzare le strutture amministrative e la loro organizzazione per valutare se fossero adeguate a mettere in atto ciò che rientrava nel complesso dell’acquis communautaire57. Ricordiamo che oggigiorno, l’amministrazione ceca è composta da quattordici ministeri e altri otto organi centrali; dal 1969 al 1992 gli organi, gli atti e i funzionari amministrativi sono stati disciplinati dalla legge n. 2/1969. Essa si compone di quattro parti, dove possiamo riscontrare l’insieme dei ministeri e degli organi centrali assieme all’elenco delle loro funzioni. Dal 1993 in poi la vecchia legge ha subito molteplici modifiche soprattuto in relazione alla riorganizzazione dei settori amministrativi.

Nella valutazione della Repubblica Ceca gli ambiti di indagine della Commissione furono la legge di “lustrazione” e il pubblico impiego. Nel complesso, se da un lato 58 venne riscontrato il corretto funzionamento delle istituzioni del paese, dall’altro fu evidenziato che la Pubblica Amministrazione avrebbe potuto esser più stabile di quanto risultava. Furono inoltre valutati negativamente sia i rapporti con i cittadini, i quali provavano sfiducia nei confronti dell’amministrazione accusata di essere uno strumento di controllo politico, sia l’incapacità del governo di gestire la corruzione dilagante nel paese. Le strutture del sistema amministrativo vennero ritenute quantitativamente inferiori a quanto auspicato dall’Unione, che ritenne opportuna la creazione di un dipartimento centrale di controllo sull’attività della Pubblica Amministrazione e di una struttura che si occupasse di gestire i processi di modifica necessari ai fini dell’adesione europea. Un ultimo aspetto valutato negativamente fu l’eccessivo numero di competenze

La Commissione concentrò la sua analisi su “la capacità attuale e prevedibile di svolgere le funzioni ad

57

essa richieste in uno Stato moderno e democratico, concentrandosi soprattutto sull’esigenza di amministrare le questioni attinenti all’acquis”, ivi, p. 130.

Ricordiamo che questo tipo di leggi vennero adottate in tutti i PECO negli anni ’90. Nel caso ceco, si

58

fa riferimento alla legge n. 451/1991 che fu attuata con l’intento di escludere dalle funzioni pubbliche tutte le persone riconducibili al regime comunista, ivi, p. 129.

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