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L’IMPATTO DEL RISARCIMENTO DIRETTO SUI CONTRATTI DELLA RCA E SULLA GESTIONE DELLA FASE DI FORMALIZZAZIONE DELL’OFFERTA

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L’IMPATTO DEL RISARCIMENTO DIRETTO SUI CONTRATTI DELLA RCA E SULLA GESTIONE DELLA FASE DI FORMALIZZAZIONE

DELL’OFFERTA

Avv. Maurizio Hazan*

ABSTRACT

L’impatto del risarcimento diretto sui contratti della RCA e sulla gestione della fase di formalizzazione dell’offerta

A qualche mese dall’entrata in vigore del DPR 254/2006 il dato che emerge è che, da un lato, gli auspicati benefici concorrenziali non si sono tradotti in alcuna “innovazione” dei modelli contrattuali in uso tra le principali compagini assicurative del settore.

Dall’altro, che la diretta relazione liquidativa tra la compagnia ed il proprio assicurato è stata di fatto utilizzata non tanto per costruire un nuovo modello di rapporto contrattuale quanto per ricercare una concreta via di un equo contemperamento degli interessi, fondata più sulla velocità dell’indennizzo che sulla pienezza del risarcimento.

L’approccio più empirico che tecnico seguito sin qui dalle Compagnie è dipeso, anzitutto, dalla necessità di adeguare i propri sistemi e modelli organizzativi, anche telematici, al nuovo assetto normativo, anche convenzionale: il tutto negli strettissimi tempi imposti dal legislatore.

Ciò non impedisce che nella fase di maggior maturazione delle nuove procedure, i gangli nodali presupposti dal legislatore debbano essere presi in considerazione anche sotto il profilo delle diverse problematiche di tipo contrattuale introdotte dalla riforma.

Allo stato, pertanto, riteniamo opportuno ripercorrere tali punti focali.

A) Natura del contratto di assicurazione della RC Auto.

Vi è da chiedersi se l’introduzione del così detto Indennizzo diretto, abbia inciso sulla qualificazione della natura del contratto assicurativo della Rca, mettendo in discussione i risultati a cui si era approdati in passato.

Ed invero sin dagli esordi il sistema dell’assicurazione obbligatoria della R.C. auto, introdotto dalla legge 990/69, aveva stimolato un vivo dibattito: si trattava di comprendere se esso si inquadrasse entro il paradigma dell’assicurazione della responsabilità civile, ed entro gli schemi contrattuali codicistici, ovvero se se ne discostasse,

La deviazione dalla disciplina dell’art. 1917 c.c. emergeva evidente considerando i tratti più salienti quali la concessione di un’azione diretta al danneggiato nei confronti dell’assicuratore (art. 18, comma 1, L. 990/69), l’inopponibilità delle eccezioni contrattuali al danneggiato che agisce nei confronti dell’assicuratore (art. 18, comma 2,) e l’estensione della garanzia anche ai fatti dolosi.

* Foro di Milano

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Ma il più rilevante aspetto era, ed è tuttora, da rinvenirsi soprattutto nella “obbligatorietà”

del contratto, intesa sia dal lato “attivo” dell’utente, che da quello degli enti assicuratori.

Tuttavia la stessa terminologia utilizzata dalla legge 990/69 non dava spazio a ricostruzioni di fantasia, rimanendo ben ancorata ad ineludibili riferimenti contrattualistici.

La dottrina e giurisprudenza non poterono esimersi dal ricondurre – se non proprio inscrivere - il contratto per la R.C.A. entro il paradigma dell’assicurazione della resposnabilità civile di cui all’art. 1917 c.c.

Ed invero il fatto che l’azione diretta, l’inopponibilità delle eccezioni contrattuali e l’obbligo a contrarre, quali elementi peculiari della assicurazione della RCA esorbitino, e di molto, dagli schemi letterali dell’art. 1917 (dove il rapporto diretto tra assicuratore e danneggiato è soltanto eventuale e non rimesso all’iniziativa dello stesso danneggiato) non significa che la causa del contratto in parola non condivida, almeno in termini generali, la medesima funzione economico sociale dell’assicurazione della responsabilità civile di cui alla citata norma. In entrambi i casi - attraverso il trasferimento del relativo rischio in capo all’assicuratore - viene protetto l’interesse dell’assicurato ad essere tenuto indenne da eventuali conseguenze pregiudizievoli derivate dalla propria responsabilità civile. E in entrambi i casi all’interesse dell’assicurato fa da contraltare la tutela dell’interesse del danneggiato, il quale è pur sempre considerato dall’art. 1917 c.c., anche quale possibile destinatario diretto della prestazione assicurativa.

Non si sbaglia, tuttavia, rilevando come la assicurazione per la RCA, si connoti per il particolare favore accordato, per ragioni superiori di sicurezza sociale, alla posizione del terzo danneggiato al quale spetta la titolarità di un’azione diretta sostanzialmente insensibile alle vicende del contratto medesimo, in quanto esercitabile liberamente senza poter subire eccezioni derivanti dal rapporto assicurativo (sia pur nei limiti del massimale di polizza).

Ebbene, tale quadro sembrerebbe a prima vista mutare con l’avvento dell’indennizzo diretto.

B) Natura dell’assicurazione del RCA nell’ambito della procedura di risarcimento diretto.

Qui il danneggiato, nei limiti di applicabilità della nuova procedura risarcitoria, non svolge più la propria richiesta nei confronti dell’impresa assicuratrice del responsabile civile, (rispetto alla quale ed al contratto assicurativo stipulato con quest’ultimo, si poneva in posizione di terzietà), bensì direttamente verso la compagnia che lo garantisce dal rischio della RCA.

Ecco dunque che secondo taluni la prestazione risarcitoria si sposterebbe dall’alveo extracontrattuale in cui si trovava in precedenza, venendo a collocarsi all’interno del rapporto assicurativo esistente tra il danneggiato e la propria compagnia, sino ad integrarne le originarie vicende sinallagmatiche.

Ciò potrebbe dar luogo a facili suggestioni indennitarie, fondate sull’affermazione dell’esistenza, in capo al danneggiato che agisca in via di indennizzo diretto, di un diritto all’indennizzo di matrice soltanto contrattuale, quasi ci si trovasse al cospetto di una vera e propria polizza danni.

Suggestioni peraltro alimentate dal fatto che la possibilità di contrattualizzare la prestazione risarcitoria sia stata da tempo presa in considerazione dall’Autorità Garante per la Concorrenza e per il Mercato, la quale nel rendersi fautrice dell’adozione del cd. “indennizzo diretto” affermava che il nuovo sistema avrebbe consentito di:

a) alimentare la concorrenza tra imprese, consentendo loro di confrontarsi sulla qualità del servizio liquidativo;

b) instaurare un rapporto diretto stabile e soprattutto fiduciario tra il danneggiato e la compagnia chiamata a risarcirlo:

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c) favorire un controllo dei costi di gestione della fase liquidativa anche attraverso la predisposizione di contratti incentivanti che inducano l'assicurato a scegliere il risarcimento in forma specifica e meccanismi di regolazione postuma delle partite tra gli enti assicuratori mediante rimborso forfettario “alla francese”, e cioè ragguagliato ad un costo medio sinistro stabilito ex ante;

d) favorire, come effetto finale, una contrazione generale dei costi connessi ai risarcimenti assicurativi, con benefici finali per i danneggiati e per gli stessi assicurati.

La via indicata dall’AGCM è stata seguita dal nostro legislatore, anche attraverso la pedissequa positivizzazione dei principi di cui sopra, oggi enunziati, in modo contratto e sintetico, nell’art. 14 del DPR attuativo:

“Art. 14. Benefici derivanti agli assicurati

1. Il sistema del risarcimento diretto dovra' consentire effettivi benefici per gli assicurati, attraverso l'ottimizzazione della gestione, il controllo dei costi e l'innovazione dei contratti che potranno contemplare l'impiego di clausole che prevedano il risarcimento del danno in forma specifica con contestuale riduzione del premio per l'assicurato. 2. In presenza di clausole che prevedono il risarcimento del danno in forma specifica, nel contratto deve essere espressamente indicata la percentuale di sconto applicata.”

Ma la norma pone dei problemi sistematici proprio nella parte in cui riafferma la necessità (“Dovrà” dice il primo comma) che le compagnie INNOVINO i contratti della RCA, proponendo soluzioni che prevedano “il risarcimento in forma specifica” in luogo del risarcimento per equivalente, con contestuale riduzione del premio”.

Eccoci dunque di fronte ad una contrattualizzazione della prestazione risarcitoria che potrebbe lasciare perplessi, sotto più punti di vista.

Di primo acchito verrebbe, come detto, la tentazione di ricondurre tale prestazione ad una copertura danni, avente funzione indennitaria su base endonegoziale.

Trattasi di tentazione certamente fuorviante perché nulla autorizza a spostare i termini di qualificazione del rapporto assicurativo, che era, è e deve rimanere un contratto di assicurazione della responsabilità civile. Nel nuovo sistema risarcitorio introdotto dall’art.

149 c.c. e modellato nel dettaglio dal regolamento presidenziale attuativo, gli adempimenti liquidatori posti a carico della compagnia del danneggiato non costituiscono obblighi di fonte negoziale, ma semplice estrinsecazione di un vero e proprio obbligo di legge, attraverso l’attribuzione all’assicuratore di un potere/dovere di sostituzione ex lege della compagnia del danneggiante: la qualità del servizio liquidativo non dovrebbe essere oggetto di alcuna contrattualizzazione, non essendo concepibile una sua separata remunerazione né che il premio venga calcolato in considerazione della sua erogazione, trattandosi di servizio che, nel rispetto delle disposizioni di legge, dovrebbe essere fornito sempre secondo canoni di correttezza, diligenza ed efficienza. La prestazione risarcitoria resa dalla compagnia a favore del proprio assicurato/danneggiato è dunque del tutto estranea al sinallagma negoziale che li unisce (sinallagma che consiste invece nel trasferimento in capo all’assicuratore del rischio della responsabilità civile automobilistica dell’assicurato, dietro il pagamento di un premio a tal rischio- e solo a tal rischio commisurato). Di più: la prestazione dell’assicuratore del danneggiato è comunque inscindibilmente connessa al contratto assicurativo stipulato dal responsabile civile con il proprio assicuratore: da un lato perché quest’ultimo potrebbe sempre ed in ogni caso rientrare in gioco, assumendosi in proprio la gestione della lite. Dall’altro perché il limite del massimale incide anche sulla prestazione dell’assicuratore del danneggiato, pregiudicando, a mio parere, la stessa possibilità di dar corso alla procedura di indennizzo diretto in tutti i casi in cui, in presenza di

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pluralità di danneggiati, si ponesse un problema di potenziale supero del massimale. Ciò a livello teorico.

C) Dalla teoria alla prassi: la concreta incidenza del sistema di risarcimento diretto sul contratto della RC Auto.

A livello pratico, due considerazioni meritano di esser fatte.

a) L’introduzione, in seno al DPR 254/2006, di un meccanismo di regolazione postuma tra compagnie fondato sul rimborso, per ciascun sinistro liquidato in regime di indennizzo diretto, di una somma forfetariamente determinata ex ante e sulla base del costo medio sinistri di volta in volta applicabile, induce ed indurrà le compagnie ad attivarsi al fine di contenere i risarcimenti entro il limite di tale rimborso/costo medio. Tale sistema potrebbe indurre le compagnie a comportamenti speculativi, volti da un lato a rifiutare il numero più ampio possibile di richieste risarcitorie potenzialmente eccedenti il costo medio. Dall’altro ad

“andare in cerca” di profili di rischio appetibili, in quanto potenzialmente produttivi di sinistri la cui gestione potrebbe rivelarsi economica e fonte di lucro (in quanto contenuta entro i limiti del rimborso forfettario) basandosi su parametri fondati non sull’attitudine a causare danni quanto piuttosto a subirne.

b) Sotto il profilo, poi, della concreta regolamentazione negoziale del contratto di assicurazione della Rca, nulla vieta alle parti, dopo aver stabilito il prezzo e le condizioni del servizio assicurativo (secondo criteri assuntivi propri del contatto di assicurazione della RCA) di raggiungere accordi che, nell’ambito della loro libera ed autonoma disponibilità contrattuale, diano luogo ad uno sconto sul premio (come sopra calcolato) quale remunerazione di determinati impegni dell’assicurato, ove questi agisca in veste di danneggiato.

D) Risarcimento in forma specifica e clausole di franchigia.

In questo contesto si pone la previsione dell’art. 14, che contempla la possibilità di stabilire una riduzione di premio (in misura talmente libera da poter risultare in concreto impalpabile….) a fronte della disponibilità dell’assicurato di accettare, ove agisca in veste di danneggiato in regime di indennizzo diretto, un risarcimento del danno in forma specifica.

Potremmo poi spingerci più in là, esondando il limite della previsione dell’art. 14 ed azzardando l’ipotesi di una franchigia fissa, stabilita in contratto a carico dell’assicurato/danneggiato, a fronte di uno sconto sul premio di polizza. A mio parere, entrambe le ipotesi sopra menzionate (e cioè sia quella espressamente menzionata dalla legge che, soprattutto, quella formulata in termini possibilistici) incontrano il limite, difficilmente superabile, dell’indisponibilità dei diritti risarcitori futuri dei danneggiati.

Il problema si pone in termini di assoluta evidenza proprio con riferimento all’ipotesi della franchigia, attraverso la cui previsione l’assicurato accetterebbe di subire una decurtazione, fissa e predeterminata, degli indennizzi (…e tali sarebbero, a tutti gli effetti) che potrebbero eventualmente spettargli in corso di contratto a fronte di sinistri rientranti nell’ambito di applicazione dell’indennizzo diretto. Ciò, comporterebbe all’evidenza, una duplice incongruenza:

- da un lato la violazione del principio comunitario del diritto del danneggiato a conseguire l’integrale reparation del danno patito (risoluzione Consiglio D’Europa n. 7/75);

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- dall’altro una rinunzia preventiva ad un diritto futuro non disponibile con conseguente elusione di una norma imperativa (art. 1229 c.c.), esonerando preventivamente il danneggiante da responsabilità, anche in caso di dolo o colpa grave.

Escludiamo, pertanto, che nell’ambito del contratto di assicurazione della RCA possano essere contrattualizzate clausole di rivalsa da valersi quali limitazione del diritto dell’assicurato ad ottenere il risarcimento del danno in richiesto via di indennizzo diretto.

Certamente, al pari illegittime, e pertanto non contrattualizzabili, sarebbero eventuali clausole che comportassero, oltre all’adesione obbligatoria ad un sistema risarcitorio in forma specifica, la rinunzia a chiedere il ristoro di danni ulteriori, quali il danno da lucro cessante.

E) Altre innovazioni contrattuali.

A livello pratico non è irragionevole ipotizzare (ed anzi è facilmente prevedibile) che, una volta andata a regime la procedura di risarcimento diretto, ciascuna compagnia possa ritenere opportuno integrare i propri documenti contrattuali (e precontrattuali) con specifiche informative circa i diritti spettanti all’assicurato (anche in relazione alle proprie richieste risarcitorie).

Non solo: essendo ragionevolmente prevedibile che , almeno nell’immediato futuro, il meccanismo virtuoso e concorrenzialmente incentivante pronosticato dall’Antitrust si estrinsechi anche e soprattutto sul piano dell’offerta dei servizi liquidativi, si andrà probabilmente incontro ad un confronto delle varie compagnie nella ricerca di proposte e soluzioni dotate di appeal sufficiente a conquistare nuove fette di clientela. Di qui la possibile contrattualizzazione di nuovi impegni, sì da far sì che in capo all’assicurato possano affiancarsi un diritto al risarcimento azionabile su base extracontrattuale ed un analogo diritto rilevante su base negoziale.

Potrebbe così accadere che la compagnia al fine di rendersi più accattivante sul mercato, si impegni a gestire la fase stragiudiziale in tempi accelerati per determinate categorie di sinistri, anche assumendosi obblighi ulteriori rispetto a quelli impostile dalla legge.

Così, per esempio, a fronte di lesioni micropermanenti eccedenti una determinata soglia, l’ente assicuratore potrebbe impegnarsi ad anticipare il rimborso delle spese mediche (magari se sostenute presso strutture convenzionate); o ancora, e più in là, a riconoscere una provvisionale ante causam, colmando così in via contrattuale il buco lasciato aperto da un sistema procedurale (quello individuato dalla combinata applicazione degli artt. 145, 147, 148 e 149 del codice delle assicurazioni), che sembra pregiudicare qualsiasi possibilità, per il danneggiato, di svolgere istanze di provvisionale prima dell’intervenuta guarigione.

F) Gli obblighi di assistenza.

Ulteriori considerazioni possono infine essere svolte, sempre con riferimento alla natura del contratto assicurativo della Rca, ed alla possibile contaminazione dello schema di partenza (quello proprio dell’assicurazione della responsabilità civile) con altri modelli di riferimento.

Ci riferiamo a quanto previsto dall’art. 9 del DPR 254/2006, chiamato a disciplinare gli obblighi di assistenza tecnica e informativa ai danneggiati:

1. L'impresa, nell'adempimento degli obblighi contrattuali di correttezza e buona fede, fornisce al danneggiato ogni assistenza informativa e tecnica utile per consentire la migliore prestazione del servizio e la piena realizzazione del diritto al risarcimento del danno.[…]

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Gli obblighi di assistenza, posti a carico dell’impresa quale discutibile corrispettivo della non risarcibilità dei maggiori danni derivati all’assicurato dall’eventuale ricorso a consulenti esterni, vengono considerati dalla norma, alla stregua di veri e propri obblighi contrattuali di correttezza e buona fede, apparentemente connessi alla prestazione contrattuale principale dedotta nel contratto assicurativo.

A mio avviso, tuttavia, gli obblighi contrattuali di correttezza e buona fede cui fa riferimento l’art. 9 fanno da corredo non alla prestazione della garanzia assicurativa, ma all’adempimento di un obbligo di derivazione esclusivamente legale sussumibile piuttosto nel paradigma dell’art. 1175 c.c. che in quello dell’art. 1375 c.c.

Ciò posto qualche ulteriore considerazione merita di essere svolta, sul piano del design contrattuale, proprio traendo spunto dall’art. 9 e dagli obblighi di assistenza tecnica, di fonte legale, ivi disciplinati.

G) Gli obblighi di avviso e di denuncia.

Tali obblighi, recita l’art. 9 del DPR 254/2006: “comprendono, in particolare, oltre a quanto stabilito espressamente dal contratto, il supporto tecnico nella compilazione della richiesta di risarcimento, anche ai fini della quantificazione dei danni alle cose e ai veicoli, il suo controllo e l'eventuale integrazione, l'illustrazione e la precisazione dei criteri di responsabilita' di cui all'allegato”.

Ebbene, come si vede, il servizio consulenziale reso dalla compagnia, deve precedere la compilazione della richiesta di risarcimento ed essere attivabile sin dalla trasmissione della denunzia di sinistro. L’obbligo di denunzia assume, proprio nell’ambito della procedura di risarcimento diretto, un rilievo affatto centrale, costituendo momento decisivo nell’ambito delle procedure di verifica prodromiche all’attivazione della procedura medesima. Ed invero a mente dell’art. 5 ultimo comma, l’impresa che ha ricevuto la richiesta ne da immediata comunicazione all’impresa dell’assicurato, ritenuto in tutto o in parte responsabile del sinistro.

Di qui l’indispensabile cooperazione del preteso responsabile, che dovrà adempiere agli obblighi di denunzia previsti dall’art. 143 ca., sotto pena, in caso di inadempimento, della sanzione di cui all’art. 1915 c.c.(perdita dell’indennizzo o risarcimento del danno).

Il riferimento alla norma codicistica deve essere apprezzato nella sua concreta portata soprattutto tenendo conto dei meccanismi preclusivi stabiliti nell’ambito dei rapporti tra assicuratori in seno alla convenzione CARD tra le compagnie. A fronte di una richiesta di verifica, la risposta della compagnia del danneggiante (o presunto tale) dovrà essere data entro trenta giorni. Termine non prorogabile nemmeno allegando la mancanza di denunzia del sinistro da parte del preteso responsabile. In caso di silenzio, la procedura di indennizzo potrà essere avviata sulla base degli accertamenti di responsabilità unilateralmente condotti dalla compagnia gestionaria. Ma non solo: la compagnia gestionaria neppure potrebbe pretendere il rimborso laddove, proprio sulla base di tale postuma ricostruzione etiologica, il proprio assicurato agisca a sua volta in via di indennizzo diretto (non essendo a lui opponibili accordi convenzionali tra compagnie). Ecco dunque che ben si comprende la funzione recuperatoria del riferimento all’art. 1915 c.c. la cui applicazione consentirà alla compagnia gestionaria di agire per il rimborso ingiustamente erogato (a causa della mancata cooperazione del proprio assicurato) e correlativamente di eventualmente rifiutare una tardiva richiesta di indennizzo diretto da parte dell’assicurato inerte.

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H) L’inadempimento degli obblighi di assistenza tecnica e la quietanza liberatoria.

Ancora qualche notazione merita di essere svolta in relazione alla portata degli obblighi di assistenza previsti dall’art. 9 del DPR 254/2006. Obblighi che la compagnia dovrebbe adempiere avendo cura di assicurare niente di meno che la migliore prestazione del servizio e la piena realizzazione del diritto al risarcimento del danno.

La singolarità della previsione normativa ben si può cogliere osservando come nell’ambito dell’indennizzo diretto il tema della improponibilità della domanda assuma una connotazione affatto singolare: d’ora in avanti, nell’ambito dell’indennizzo diretto, gli enti assicuratori dovranno curarsi affinché l’eccezione di improponibilità non venga sollevata d’ufficio nemmeno dal giudice. Ed invero, tranne nel caso in cui il danneggiato abbia deciso di non accettare la prestazione assistenziale e di rivolgersi – a sue spese – a consulenti esterni – il primo compito della compagnia è proprio quello di coadiuvare l’assicurato nella compilazione della domanda risarcitoria, che dovrà essere correttamente formata ed inviata. Ogni errore compiuto dall’assicurato nella fase stragiudiziale, ove non imputabile alla propria esclusiva negligenza, potrà dar luogo ad una precisa responsabilità risarcitoria della compagnia, nella misura in cui pregiudichi la regolare prosecuzione della procedura risarcitoria in sede giudiziale.

Più generalmente, vi è la possibilità che l’assicurato, una volta ottenuto il risarcimento e così accettata una quietanza destinata a liberare anche il responsabile civile e la compagnia beneficiaria, abbia a dolersi della scarsa qualità del servizio assistenziale ricevuto, lamentando di aver ricevuto un risarcimento inferiore rispetto a quanto gli sarebbe effettivamente spettato. In tal caso egli potrebbe tentare di impugnare la quietanza medesima (abbia o non abbia valore di transazione) per dolo contrattuale o comunque chiedere il risarcimento di ogni danno patito a cagione dell’inadempimento del proprio assicuratore (danno da lesione del maggior credito ingiustamente perso per effetto della liberazione del responsabile civile).

Sarà dunque necessario che gli enti assicuratori, proprio al fine di evitare presunzioni di responsabilità a loro carico e, in ogni caso, di scongiurare successivi tentativi di annullamento per dolo contrattuale, aggiornino i loro moduli di quietanza, trattandoli alla stregua di un vero e proprio modulo di richiesta di consenso informato.

I) L’azione diretta e le eccezioni derivanti dal contratto (in)opponibili al danneggiato

L’azione diretta assume oggi una connotazione polivalente e – diremmo – camaleontica, potendosi rivolgere, a seconda dei casi: nei confronti dell’assicuratore del responsabile civile, nell’ambito della procedura risarcitoria ordinaria; verso l’assicuratore del danneggiato, in seno alla procedura di risarcimento diretto; nei confronti – anche – dell’assicuratore del veicolo vettore, nell’ambito della procedura di risarcimento del terzo danneggiato (ex art. 141 c.c.).

Comunque la si orienti, si pone come strumento di tutela del terzo danneggiato insensibile alle vicende negoziali del rapporto assicurativo stipulato dal responsabile civile con la propria compagnia assicuratrice.

E’ necessario rilevare che il Codice delle Assicurazioni, d’altra parte, non ha recepito le indicazioni date dal Consiglio di Stato nel proprio parere consultivo del 14 giugno 2005, in seno al quale testualmente si legge:

“Poiché, secondo la giurisprudenza, le obbligazioni del responsabile e dell’assicuratore nei confronti del danneggiato sono solidali (cfr. articoli 1292 ss. Cc) nei limiti dell’entità

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dell’indennizzo dovuto dall’assicuratore, e poiché è controverso quali siano le “eccezioni derivanti dal contratto”delle quali è sancita la inopponibilità - la tesi restrittiva, che le identifica con le clausole limitative del rischio, contrasta con le finalità della legge e in particolare con l’esigenza di garantire al terzo un diritto completamente autonomo nei confronti dell’assicuratore - sembra opportuno specificare, al comma 2 dell’articolo in esame, che l’inopponibilità al danneggiato riguarda “tutte le eccezioni relative alla invalidità e alla inefficacia del contratto”e che, per quanto riguarda in particolare l’eccezione relativa al mancato pagamento del premio, l’assicuratore non può opporre al terzo il mancato pagamento del premio relativo al periodo indicato nel certificato (la garanzia è sospesa soltanto a partire dalle ore 24 del quindicesimo giorno dopo la scadenza del periodo considerato: cfr. articolo 1901, secondo comma, Cc)”.

Di tale interpretazione non si potrà non tener conto in futuro, ancorchè l’art. 144 comma secondo del CdA continui ad utilizzare le medesime espressioni contenute nell’art. 18 secondo comma della legge 990/69 ed a riferirsi ad eccezioni “derivanti” dal contratto. . Il legislatore pare comunque aver perso un’occasione per chiarire, con animo di autentico riassetto della materia, l’effettiva portata della norma.

Ma nuovi scenari si aprono in relazione all’azione diretta esercitata nell’ambito della procedura di risarcimento diretto di cui all’art. 149 CdA.

L) L’azione diretta e le eccezioni opponibili nella procedura di risarcimento diretto.

Il primo peculiare aspetto caratterizzante va ravvisato proprio nell’obbligatoria direzione dell’azione diretta, che il danneggiato sembra poter indirizzare soltanto nei confronti della propria impresa assicuratrice e non più contro la compagnia che assicura la responsabilità del danneggiante.

Non vi è dubbio che l’intero meccanismo dell’indennizzo diretto intanto possa esser applicato in quanto:

- operino le condizioni oggettive e soggettive di operatività descritte dall’art. 149 (su cui torneremo in seguito)

- tanto il danneggiato quanto il danneggiante siano assicurati per la RCA;

Ora, nella procedura di risarcimento diretto sono due le polizze alla cui operatività è condizionata la stessa possibilità di esercizio dell’azione: ci riferiamo ai due contratti di assicurazione RCA stipulati dal danneggiante e dal danneggiato coi rispettivi assicuratori.

Si tratta di comprendere se e in che modo l’inoperatività di una delle due polizze escluda l’esperibilità dell’azione diretta.

All’evidenza, ci troviamo nuovamente al cospetto del tema relativo all’(in)opponibilità delle eccezioni derivanti dal contratto, di cui agli artt. 127 e 144 comma 2 del CdA. Orbene, quali sono, se vi sono, le eccezioni opponibili dall’assicuratore al proprio assicurato, in veste di danneggiato?

Non certamente quelle relative al contratto assicurativo stipulato dal danneggiante, che nemmeno la compagnia di quest’ultimo – ove direttamente percossa - avrebbe potuto sollevare nei confronti del danneggiato.

Ma nemmeno, e ben se ne comprendono le ragioni, quelle destinate a limitare la copertura assicurativa della RCA del danneggiato.

Riteniamo, invece, che possano essere validamente sollevate le eccezioni fondate sull’inesistenza/nullità, funzionale o genetica, del rapporto assicurativo intercorso con il

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danneggiato, e ciò anche nel caso in cui, al momento del sinistro, lo stesso danneggiato fosse munito di valido certificato e contrassegno.

Vengono meno, infatti, in questo caso le esigenze di tutela e di protezione di quell’

(improprio) “affidamento che sta alla base dell’art.127 comma 2, norma diretta alla salvaguardia degli interessi dei terzi estranei al rapporto assicurativo.

Possono essere validamente sollevate le eccezioni fondate sull’inesistenza/nullità, funzionale o genetica, del rapporto assicurativo intercorso con il danneggiato, e ciò anche nel caso in cui, al momento del sinistro, lo stesso danneggiato fosse munito di valido certificato e contrassegno.

Allo stesso modo potrebbe eccepirsi la risoluzione del contratto, a condizione che il sinistro si sia verificato in epoca successiva. Il condizionale è d’obbligo, essendo a tutt’oggi discussa, in giurisprudenza, la valenza probatoria “interna” del certificato e del contrassegno.

Un caso a parte è costituto dall’ipotesi del conducente non autorizzato, che poiché ab imis escluso dall’ambito di operatività della copertura, non potrebbe fruire dell’agevolazione diretta (dovendosi invece attivare in via ordinaria nei confronti della compagnia del responsabile civile).

Resta da stabilire chi sia il legittimato passivo all’azione di rivalsa e chi siano i legittimati attivi.

Sotto il primo profilo, devesi ritenere che l’assicurato indicato dall’art. 144 comma 2 come legittimato passivo, coincida ormai indiscutibilmente tanto con il proprietario quanto con il conducente.

Sotto il primo profilo, devesi ritenere che l’assicurato indicato dall’art. 144 comma 2 come legittimato passivo, coincida ormai indiscutibilmente tanto con il proprietario quanto con il conducente. Ciò per via della sostanziale equiparazione della posizione di conducente a quella di assicurato, riconosciuta anche dal Consiglio di Stato in seno al proprio già citato parere consultivo del 14 maggio 2004. Ma anche per via della abrogazione della precedente disciplina della circolazione prohibente domino, quale argomento logico attraverso il quale buona parte della dottrina aveva, ragionando a contrario, ritenuto di poter sostenere l’assoluta eccezionalità dell’ipotesi di rivalsa (nei confronti del conducente) ivi contemplata.

Per le stesse ragioni sopra indicate, ritengo che solo il conducente non autorizzato, in quanto logicamente non assicurato, possa andare esente dall’azione di rivalsa (rimanendo peraltro aggredibile in via di surroga ex lege).

Quanto invece alla legittimazione attiva, vi è da chiedersi se, nell’ambito della procedura di indennizzo diretto, la stessa spetti alla società gestionaria, che ha materialmente erogato l’indennizzo, ovvero alla società beneficiaria, che ha invece corrisposto il solo rimborso forfetario.

Trattandosi di azione di matrice contrattuale, non vi è dubbio che la stessa possa essere esercitata dall’impresa beneficiaria, nei limiti di quanto rimborsato (o della minor somma effettivamente corrisposta dall’impresa gestionaria, se inferiore). Va peraltro osservato che qualora il rimborso fosse inferiore al risarcimento in concreto erogato, la quota parte non coperta dall’azione di rivalsa potrebbe essere, a mio avviso, richiesta all’assicurato/responsabile civile dalla compagnia gestionaria, agendo in via di surroga.

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Analizzando con occhio critico ed esplorativo la risposta sin qui data dal mercato alla soi disant svolta epocale dell’indennizzo diretto, l’impressione è di una sostanziale polverizzazione delle aspettative della vigilia, quanto meno sotto il profilo dell’annichilimento dei dichiarati obiettivi di trasparenza, di miglior tutela dei danneggiati e di incentivazione della concorrenza che hanno animato, almeno nelle intenzioni, l’intervento riformista.

A qualche mese dall’entrata in vigore del DPR 254/2006 e, con essa, del definitivo avvio della procedura di indennizzo diretto, il dato che emerge con maggior chiarezza dalla disamina della prassi è che, da un lato, gli auspicati benefici concorrenziali non si sono tradotti in alcuna “innovazione” dei modelli contrattuali in uso tra le principali compagini assicurative del settore.

Dall’altro, che la diretta relazione liquidativa tra la compagnia ed il proprio assicurato sia stata di fatto utilizzata non tanto per costruire un nuovo modello di rapporto contrattuale quanto per sviluppare, in modo pratico e – diremmo opportunistico – gli innegabili vantaggi dati dalla possibilità di gestire il rapporto con il proprio danneggiato/assicurato in termini più rapidi, agevoli e, se possibile, fiduciari: il tutto ricercando una concreta via di un equo contemperamento degli interessi, fondata più sulla velocità dell’indennizzo che sulla pienezza del risarcimento.

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Tanto al di là delle innegabili difficoltà e complessità legate alla materiale operatività dei meccanismi di rimborso e di istruzione pre liquidativa dettati, nei rapporti tra le Compagnie coinvolte dal sistema, dalla CARD (convenzione la cui inopponibilità al danneggiato – terzo estraneo – pone alcuni non trascurabili problemi di compatibilità tra la normativa primaria e secondaria, da un lato, e la regolamentazione di fonte convenzionale, dall’altro).

Se vi sono pochi dubbi che tale empirica applicazione dell’indennizzo diretto porterà benefici, soprattutto alle compagnie, molti ne residuano circa la sostanziale possibilità che tale momento “esperienziale” possa continuare, di fatto, a trascurare il ben più rigido impatto riformistico/sostanziale che la riforma aveva in animo di produrre.

E’ ragionevole ritenere che l’approccio più empirico che tecnico sin qui seguito nel dar attuazione alle nuove norme sia dipeso, anzitutto, dalla necessità di adeguare i propri sistemi e modelli organizzativi, anche telematici, al nuovo sistema, anche convenzionale:

il tutto negli strettissimi tempi imposti dal legislatore.

Ciò non impedisce, a mio parere, ed anzi postula che, nella fase di maggior maturazione delle nuove procedure, i gangli nodali presupposti dal legislatore debbano

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essere presi in considerazione anche sotto il profilo delle diverse problematiche di tipo contrattuale introdotte dalla riforma.

Allo stato, pertanto, riteniamo opportuno ripercorrere tali punti focali.

A) Natura del contratto di assicurazione della RC Auto.

Vi è da chiedersi se l’introduzione del così detto Indennizzo diretto, così come disciplinato dal DPR 254/06, ed il copernicano ribaltamento delle procedure liquidative, abbiano inciso sulla qualificazione della natura del contratto assicurativo della Rca, mettendo in discussione i risultati a cui, sull’argomento, si era faticosamente approdati in passato.

Ed invero, sin dal suo primo affaccio, nell’immediata vigilia degli anni settanta, il sistema dell’assicurazione obbligatoria della R.C. auto, introdotto dalla legge 990/69, aveva stimolato un vivo dibattito in ordine alla sua effettiva natura.

Si trattava di comprendere se quel sistema si inquadrasse, sia pur con spiccati adattamenti, entro il paradigma dell’assicurazione della responsabilità civile, ed entro gli schemi contrattuali di derivazione codicistica, ovvero se ne discostasse, sino a negare,

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nella sostanza, quegli elementi di negozialità che, dopo tutto, la genesi ex contractu del rapporto assicurativo pareva rendere indiscutibili.

La deviazione dalla disciplina dell’art. 1917 c.c. emergeva del resto evidente sol che si considerassero i tratti più salienti del rapporto assicurativo della r.c. auto, quali la concessione di un’azione diretta al danneggiato nei confronti dell’assicuratore (ex articolo 18, comma 1, della legge 990/69), l’inopponibilità delle eccezioni contrattuali al danneggiato che agisce nei confronti dell’assicuratore (ex articolo 18, 2 comma, della legge 990/69) e l’estensione della garanzia anche ai fatti dolosi.

Ma il più rilevante aspetto caratterizzante dell’assicurazione obbligatoria per la RCA era, ed è tuttora, da rinvenirsi soprattutto nella tautologica “obbligatorietà” del contratto, intesa sia dal lato “attivo”, con riferimento all’obbligo dell’utente (meglio: del soggetto potenzialmente responsabile) di assicurarsi, che da quello che potremmo definire

“passivo”, in relazione all’obbligo degli enti assicuratori di assicurare tutti coloro che gliene facciano richiesta.

E proprio in tale cogenza, e nella conseguente rarefazione degli elementi di consensualità tipici di ogni accordo contrattuale, vi è chi ha voluto addirittura ravvisare,

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prima ancora che un allontanamento dagli schemi codicistici, la negazione dello stesso fondamento negoziale del rapporto assicurativo della RCA.

Esasperando tali profili di genetica coercitività, si è financo giunti a sostenere che “le parti – l’assicurato e l’assicuratore – non si scambiano consenso di sorta, l’una sottostando all’obbligo di assicurarsi e l’altra di assicurare”, con il che privando il rapporto di qualsiasi riferimento all’elemento della volontà negoziale.

Accantonate le iperboli, nulla autorizzava, sin dall’emanazione della legge 990/69 a spingersi così in là, non potendo in realtà revocarsi in dubbio la struttura contrattualistica del rapporto assicurativo obbligatorio della RCA, il quale si costituisce non direttamente ex lege (come invece nel caso delle così dette assicurazioni sociali) bensì, per scelta espressa legislativa, attraverso la stipula di un vero e proprio contratto.

La stessa terminologia utilizzata dalla legge 990/69 non dava spazio a suggestive ricostruzioni di fantasia, rimanendo ben ancorata ad ineludibili riferimenti contrattualistici.

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E se di contratto si trattava, la dottrina e la giurisprudenza non poterono esimersi dal ricondurlo, se non proprio iscriverlo, entro il paradigma dell’assicurazione della resposnabilità civile di cui all’art. 1917 c.c..

Il fatto che l’azione diretta, l’inopponibilità delle eccezioni contrattuali e l’obbligo a contrarre, quali elementi peculiari della assicurazione della RCA esorbitino, e di molto, dagli schemi letterali dell’art. 1917 (dove il rapporto diretto tra assicuratore e danneggiato è soltanto eventuale e non rimesso all’iniziativa dello stesso danneggiato) non significa che la causa del contratto in parola non condivida, almeno in termini generali, la medesima funzione economico sociale dell’assicurazione della responsabilità civile di cui alla citata norma. In entrambi i casi - attraverso il trasferimento del relativo rischio in capo all’assicuratore - viene protetto l’interesse dell’assicurato ad essere tenuto indenne da eventuali conseguenze pregiudizievoli derivate dalla propria responsabilità civile. E in entrambi i casi all’interesse dell’assicurato fa da contraltare la tutela dell’interesse del danneggiato, il quale è pur sempre considerato dall’art. 1917 c.c., anche quale possibile destinatario diretto della prestazione assicurativa.

Non si sbaglia, tuttavia, rilevando come la assicurazione per la RCA, pur rientrando nel lato schema dell’assicurazione della Responsabilità civile, si connoti per il particolare favore accordato alla posizione del terzo, in direzione del quale il percorso delineato dalla norma codicistica compie una brusca deviazione obbligatoria.

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Deviazione tanto brusca da aver indotto talvolta la dottrina e la stessa giurisprudenza di legittimità a quasi non considerare il ruolo dell’assicurato ed a porre il terzo nell’epicentro del sistema assicurativo per la RCA: “la ratio delle assicurazioni obbligatorie sta nel voler proteggere in maniera seria, effettiva, e quindi quanto più possibile, non tanto l’assicurato quanto piuttosto il terzo danneggiato e cioè il pubblico per ragioni superiori di sicurezza sociale”. (Cass. Civ. 5 settembre 198o n. 5136 in Giust Civile , 1980, I . 2625)

Un contratto assicurativo della responsabilità civile, pertanto, la cui disciplina subisce, rispetto all’indicazione del codice civile, una etero integrazione legale, attraverso l’attribuzione al danneggiato – terzo rispetto a quel contratto – di un’azione diretta sostanzialmente insensibile alle vicende del contratto medesimo, in quanto esercitabile liberamente senza poter subire eccezioni derivanti dal rapporto assicurativo (sia pur nei limiti del massimale di polizza, unico elemento negoziale opponibile al terzo danneggiato).

Ebbene, tale quadro sembrerebbe a prima vista mutare con l’avvento dell’indennizzo diretto.

B) Natura dell’assicurazione del RCA nell’ambito della procedura di risarcimento diretto.

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Qui il danneggiato, nei limiti di applicabilità della nuova procedura risarcitoria, non svolge più la propria richiesta nei confronti dell’impresa assicuratrice del responsabile civile, (rispetto alla quale ed al contratto assicurativo stipulato con quest’ultimo, si poneva in posizione di terzietà), bensì direttamente verso la compagnia che lo garantisce dal rischio della RCA.

Ecco dunque che secondo taluni la prestazione risarcitoria si sposterebbe dall’alveo extracontrattuale in cui si trovava in precedenza, venendo a collocarsi all’interno del rapporto assicurativo esistente tra il danneggiato e la propria compagnia, sino ad integrarne le originarie vicende sinallagmatiche.

Ciò potrebbe dar luogo a facili suggestioni indennitarie, fondate sull’affermazione dell’esistenza, in capo al danneggiato che agisca in via di indennizzo diretto, di un diritto all’indennizzo di matrice soltanto contrattuale, quasi ci si trovasse al cospetto di una vera e propria polizza danni.

Suggestioni peraltro alimentate dal fatto che la possibilità di contrattualizzare la prestazione risarcitoria sia stata da tempo presa in considerazione dall’Autorità Garante per la Concorrenza e per il Mercato, la quale nel rendersi fautrice dell’adozione del cd.

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“indennizzo diretto” affermava che il nuovo sistema avrebbe posto rimedio ai difetti congeniti del risarcimento indiretto, consentendo di:

e) alimentare la concorrenza tra imprese, consentendo loro di confrontarsi sulla qualità di un servizio, quello liquidativo, che non sarebbe più stato indifferente, come in passato, per il contraente (che in precedenza, nel determinarsi all’acquisto, effettuava una valutazione comparativa sul solo prezzo finale della polizza);

f) instaurare un rapporto diretto stabile, non occasionale e soprattutto fiduciario tra il danneggiato e la compagnia chiamata a risarcirlo: rapporto la cui stabilità dovrebbe disincentivare condotte di Moral Hazard (estrinsecantesi soprattutto nella gestione scorretta e speculativa della fase liquidatoria, sia da parte del danneggiato che dell’assicuratore);

g) favorire un controllo dei costi di gestione della fase liquidativa anche attraverso la predisposizione di contratti incentivanti che inducano l'assicurato a scegliere il risarcimento in forma specifica, invece che per equivalente, presso una carrozzeria indicata dalla compagnia di assicurazione. E l’interesse a contenere i costi degli indenizzi sarebbe stato certamente perseguito dalle compagnie nell’ambito di un sistema di risarcimento diretto fondato, quanto alla regolazione postuma delle partite tra gli enti assicuratori, su di un meccanismo di rimborso forfettario “alla

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francese”, e cioè ragguagliato ad un costo medio sinistro stabilito ex ante (sì da indurre l’ente assicuratore a non gestire il sinistro in perdita ed a contenere il risarcimento entro il limite del futuro rimborso);

h) favorire, come effetto finale, una contrazione generale dei costi connessi ai risarcimenti assicurativi, con benefici finali per i danneggiati (avvantaggiati da un sistema liquidativo più celere ed onesto), e per gli stessi assicurati (in termini di impatto e di risparmio sui premi di polizza).

Ebbene la via indicata dall’AGCM è stata seguita dal nostro legislatore, anche attraverso la pedissequa positivizzazione dei principi di cui sopra, oggi enunziati, in modo contratto, sintetico ed assai meno arioso, nell’art. 14 del DPR attuativo:

“Art. 14. Benefici derivanti agli assicurati

1. Il sistema del risarcimento diretto dovra' consentire effettivi benefici per gli assicurati, attraverso l'ottimizzazione della gestione, il controllo dei costi e l'innovazione dei contratti che potranno contemplare l'impiego di clausole che prevedano il risarcimento del danno in forma specifica con contestuale riduzione del premio per l'assicurato. 2. In presenza di clausole che prevedono il risarcimento del danno in forma specifica, nel contratto deve essere espressamente indicata la percentuale di sconto applicata.”

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Si tratta, a mio parere, di una norma la cui portata precettiva, sostanzialmente inesistente, si commenta da sé, limitandosi a mere affermazioni di principio ed auto relegandosi in un ambito di assoluta insignificanza (si pensi, ad esempio, all’assoluta libertà lasciata alla compagnia nel determinare la “percentuale di sconto applicata” che potrebbe essere talmente ridotta da non essere nemmeno apprezzabile in concreto dagli assicurati).

Ma al di là di tali notazioni, la norma pone dei problemi sistematici proprio nella parte in cui riafferma la necessità (“Dovrà” dice il primo comma) che le compagnie INNOVINO i contratti della RCA, proponendo soluzioni che prevedano “il risarcimento in forma specifica” in luogo del risarcimento per equivalente, con contestuale riduzione del premio”.

Eccoci dunque di fronte ad una contrattualizzazione della prestazione risarcitoria che potrebbe lasciare perplessi, sotto più punti di vista.

Di primo acchito verrebbe, come detto, la tentazione di ricondurre tale prestazione ad una copertura danni, avente funzione indennitaria su base endonegoziale. Copertura nell’ambito della quale le parti concordano ex ante i parametri in forza dei quali, al verificarsi del rischio, sarà calcolato ed erogato l’indennizzo dovuto.

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Trattasi di tentazione certamente fuorviante, dal momento che la procedura di Indennizzo diretto, al di là del nome attribuitole nella prassi, non autorizza in alcun modo a spostare i termini di qualificazione del rapporto assicurativo, che era, è e deve rimanere un contratto di assicurazione della responsabilità civile.

Depongono in tal senso, anzitutto, le considerazioni svolte sul punto tanto dalla AGCM che dal Consiglio di Stato.

Quest’ultimo, anche in seno al proprio parere consultivo del 14 maggio 2005, non ha mancato di osservare che “L’assicurazione obbligatoria degli autoveicoli (e dei natanti) si configura come assicurazione della responsabilità civile, a garanzia, ad un tempo, dell’integrità patrimoniale in favore del responsabile e del conseguimento del risarcimento in favore del danneggiato, con ciò evitando la necessità, per ciascun automobilista, di stipulare un’autonoma polizza assicurativa della propria responsabilità civile, a fianco di quella assicurativa del danno, dalla legge eventualmente imposta.Tale disciplina si inserisce nel solco già tracciato dalle norme del codice civile sull’assicurazione di responsabilità e rappresenta una logica evoluzione del sistema”.

Per parte sua l’Autorità Antitrust, ha sottolineato come il passaggio da un'assicurazione di responsabilità civile ad un'assicurazione diretta ponesse numerosi e difficili problemi, per lo più connessi proprio all'”abbandono del tradizionale schema dell'assicurazione

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della responsabilità civile, impostata sul principio, che trova sanzione negli artt. 2043, 2054 e 1917 c.c., per cui del pregiudizio causato da altri deve rispondere l'autore del fatto lesivo che deve, attesa la sua colpa, risarcirlo integralmente al danneggiato, ovvero assicurarsi a tal fine per tale eventualità.” Di qui l’opportunità, caldeggiata dalla Autorità garante, di optare per soluzioni intermedie, che “pur mantenendo il principio della responsabilità civile verso terzi, in virtù di un'applicazione effettivamente generalizzata di meccanismi di indennizzo diretto, riescono ad ottenere gli stessi effetti, in termini di incentivi all'efficienza, dei sistemi di assicurazione diretta”.

Ma al di là di tali considerazioni di principio, vi è il fatto che nel nuovo sistema risarcitorio introdotto dall’art. 149 c.c. e modellato nel dettaglio dal regolamento presidenziale attuativo, gli adempimenti liquidatori posti a carico della compagnia del danneggiato non costituiscono obblighi di fonte negoziale, ma semplice estrinsecazione di un vero e proprio obbligo di legge, attraverso l’attribuzione all’assicuratore di un potere/dovere di sostituzione ex lege della compagnia del danneggiante: la qualità del servizio liquidativo non dovrebbe essere oggetto di alcuna contrattualizzazione, non essendo concepibile una sua separata remunerazione né che il premio venga calcolato in considerazione della sua erogazione, trattandosi di servizio che, nel rispetto delle disposizioni di legge, dovrebbe essere fornito sempre secondo canoni di correttezza, diligenza ed efficienza.

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La prestazione risarcitoria resa dalla compagnia a favore del proprio assicurato/danneggiato è dunque del tutto estranea al sinallagma negoziale che li unisce (sinallagma che consiste invece nel trasferimento in capo all’assicuratore del rischio della responsabilità civile automobilistica dell’assicurato, dietro il pagamento di un premio a tal rischio- e solo a tal rischio commisurato).

Di più: la prestazione dell’assicuratore del danneggiato è comunque inscindibilmente connessa al contratto assicurativo stipulato dal responsabile civile con il proprio assicuratore: da un lato perché quest’ultimo potrebbe sempre ed in ogni caso rientrare in gioco, assumendosi in proprio la gestione della lite. Dall’altro perché il limite del massimale incide anche sulla prestazione dell’assicuratore del danneggiato, pregiudicando, a mio parere, la stessa possibilità di dar corso alla procedura di indennizzo diretto in tutti i casi in cui, in presenza di pluralità di danneggiati, si ponesse un problema di potenziale supero del massimale1.

Ciò a livello teorico.

C) Dalla teoria alla prassi: la concreta incidenza del sistema di risarcimento diretto sul contratto della RC Auto.

A livello pratico, due considerazioni meritano di esser fatte.

1 Ciò in quanto in tal caso, ai sensi dell’art. 140 del codice delle assicurazioni, avremmo un’ipotesi di litisconsorzio necessario nell’ambito della quale soltanto la compagnia del danneggiante potrebbe mettere a disposizione della platea dei danneggiati il massimale di polizza.

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c) L’introduzione, in seno al DPR 254/2006, di un meccanismo di regolazione postuma tra compagnie fondato sul rimborso, per ciascun sinistro liquidato in regime di indennizzo diretto, di una somma forfetariamente determinata ex ante e sulla base del costo medio sinistri di volta in volta applicabile, induce ed indurrà le compagnie ad attivarsi al fine di contenere i risarcimenti entro il limite di tale rimborso/costo medio. Paradossalmente, per quanto l’indennizzo diretto persegua proprio l’obiettivo di eliminare condotte deontologicamente scorrette, tale sistema di rimborso postumo su base predeterminata potrebbe indurre le compagnie a comportamenti speculativi, volti da un lato a rifiutare il numero più ampio possibile di richieste risarcitorie potenzialmente eccedenti il costo medio (eppertanto costituenti fonti di quasi sicura perdita). Dall’altro ad “andare in cerca” di profili di rischio appetibili, in quanto potenzialmente produttivi di sinistri la cui gestione potrebbe rivelarsi economica e fonte di lucro (in quanto contenuta entro i limiti del rimborso forfettario). Ciò, inevitabilmente, comporterà una alterazione dei parametri assuntivi classici, e cioè di quei parametri interamente costruiti attorno all’esigenza di selezionare la clientela in base al proprio profilo di rischio di rc, e cioè in relazione al rischio di cagionare sinistri. Oggi, a tali elementi di parametrazione assuntiva, se ne aggiungeranno altri, tipici delle coperture dirette di tipo

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indennitario e fondati non sull’attitudine a causare danni quanto piuttosto a subirne. E così, determinate politiche di accesso al mercato assicurativo potrebbero subitaneamente variare, sino quasi, incerte ipotesi, invertirsi, con mutazione della mutualità assicurativa. Così, in un’area ad alta densità di circolazione ed elevato rischio di sinistrosità, un parco macchine di modico valore (perché per esempio obsoleto, come capita sovente nelle regioni dell’Italia meridionale), potrebbe divenire particolarmente appetibile, invertendo la tendenza pregressa e costituendo per gli enti assicuratori concreta occasione di guadagno (in relazione, per esempio, a danni patiti da automezzi di valore inferiore al costo medio sinistro….). Di fatto, dunque, la struttura del contratto assicurativo della RCA, pur mantenendosi all’interno dell’area delle polizze della responsabilità civile, presenta oggi delle contaminazioni, a livello assuntivo, proprie di forme contrattuali dirette del ramo danni.

d) Sotto il profilo, poi, della concreta regolamentazione negoziale del contratto di assicurazione della Rca, nulla vieta alle parti, dopo aver stabilito il prezzo e le condizioni del servizio assicurativo (secondo criteri assuntivi propri del contatto di assicurazione della RCA) di raggiungere accordi che, nell’ambito della loro libera ed autonoma disponibilità contrattuale, diano

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luogo ad uno sconto sul premio (come sopra calcolato) quale remunerazione di determinati impegni dell’assicurato, ove questi agisca in veste di danneggiato.

D) Risarcimento in forma specifica e clausole di franchigia.

In questo contesto si pone la previsione dell’art. 14, che contempla la possibilità di stabilire una riduzione di premio (in misura talmente libera da poter risultare in concreto impalpabile….) a fronte della disponibilità dell’assicurato di accettare ove agisca in veste di danneggiato in regime di indennizzo diretto, un risarcimento del danno in forma specifica.

Potremmo poi spingerci più in là, esondando il limite della previsione dell’art. 14 ed azzardando l’ipotesi di una franchigia fissa, stabilita in contratto a carico dell’assicurato/danneggiato, a fronte di uno sconto sul premio di polizza.

A mio parere, entrambe le ipotesi sopra menzionate (e cioè sia quella espressamente menzionata dalla legge che, soprattutto, e quella formulata in termini possibilistici) incontrano il limite, difficilmente superabile dell’indisponibilità dei diritti risarcitori futuri dei danneggiati.

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Il problema si pone in termini di assoluta evidenza proprio con riferimento all’ipotesi della franchigia, attraverso la cui previsione l’assicurato accetterebbe, sin dal momento della stipula della propria polizza di RCA, di subire una decurtazione, fissa e predeterminata, degli indennizzi (…e tali sarebbero, a tutti gli effetti) che potrebbero eventualmente spettargli in corso di contratto a fronte di sinistri rientranti nell’ambito di applicazione dell’indennizzo diretto. Ciò, comporterebbe all’evidenza, una duplice incongruenza:

- da un lato la violazione del principio comunitario del diritto del danneggiato a conseguire l’integrale reparation del danno patito (risoluzione Consiglio D’Europa n. 7/75);

- dall’altro una rinunzia preventiva ad un diritto futuro non disponibile. Se si potesse invero rinunciare (in toto od in parte) al diritto di risarcimento del danno prima che questo venga ad esistenza, si aggirerebbe il disposto di una norma imperativa (art. 1229 c.c.), esonerando preventivamente il danneggiante da responsabilità, anche in caso di dolo o colpa grave.

Ciò proprio perché l’eventuale franchigia rischi di trasformarsi in una sorta di rinunzia del danneggiato non a favore dell’assicuratore erogante ma del danneggiato e dalla di lui compagnia (sino a poter condurre ad un azzeramento della prestazione risarcitoria, ove il risarcimento dovuto restasse assorbito entro i limiti di franchigia…).

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Escludiamo, pertanto, che nell’ambito del contratto di assicurazione della RCA possano essere contrattualizzate clausole di rivalsa da valersi quali limitazione del diritto dell’assicurato ad ottenere il risarcimento del danno in richiesto via di indennizzo diretto.

Ma considerazioni non del tutto dissimili possono porsi, sia pur forse a livello meramente accademico, in relazione alla pattuizione in via preventiva di forme obbligatorie di risarcimento in forma specifica, con rinunzia contestuale alla facoltà di chiedere il risarcimento per equivalente. Ebbene vi è da chiedersi se questa contrazione delle opzioni rimesse alla libera scelta del creditore (in ordine al quomodo della prestazione risarcitoria e nei limiti di quanto stabilito dall’art. 2058 c.c.) non equivalga, in tutto e per tutto ad una dichiarazione abdicativa, di rango certamente inferiore, dal punto di vista contenutistico, all’imposizione di una franchigia, ma avente pur sempre valore di una rinunzia (l’assicurato/danneggiato potrebbe infatti avere interesse a far riparare il proprio veicolo presso il concessionario o l’officina autorizzata che ha da sempre seguito il veicolo; problema che si pone con particolare evidenza per determinate vetture di rango, in relazioni alle quali il mancato intervento di officine autorizzate potrebbe addirittura comportare la compromissione della garanzia dei vizi fornita dalla casa madre).

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Certamente, illegittime, e pertanto non contrattualizzabili, sarebbero eventuali clausole che comportassero, oltre all’adesione obbligatoria ad un sistema risarcitorio in forma specifica, la rinunzia a chiedere il ristoro di danni ulteriori, quali il danno da lucro cessante.

Ma il tema relativo alle innovazioni contrattuali potenzialmente introdotte dal sistema dell’indennizzo diretto non si esaurisce qui, e si pone al di là delle previsioni normative di cui all’art. 14 del DPR attuativo.

E) Altre innovazioni contrattuali.

A livello pratico non è irragionevole ipotizzare (ed anzi e facilmente prevedibile) che, una volta andata a regime la procedura di risarcimento diretto, ciascuna compagnia possa ritenere opportuno integrare i propri documenti contrattuali (e precontrattuali) con specifiche informative circa i diritti spettanti all’assicurato (anche in relazione alle proprie richieste risarcitorie). Integrazione che non sarà soltanto opportuna ma doverosa, conto tenuto tanto della sempre maggiore attenzione legislativa alle tematiche della trasparenza e dell’informazione nei rapporti con i consumatori, quanto – e soprattutto –

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degli obblighi di assistenza tecnica ed informativa posti a carico delle imprese (proprio in materia di indennizzo diretto) dall’art. 9 del dpr 254/2006.

Non solo: essendo ragionevolmente prevedibile che , almeno nell’immediato futuro, il meccanismo virtuoso e concorrenzialmente incentivante pronosticato dall’Antitrust si estrinsechi anche e soprattutto sul piano dell’offerta dei servizi liquidativi, si andrà probabilmente incontro ad un confronto delle varie compagnie nella ricerca di proposte e soluzioni dotate di appeal sufficiente a conquistare nuove fette di clientela. Di qui la possibile contrattualizzazione di nuovi impegni, sì da far sì che in capo all’assicurato possano affiancarsi un diritto al risarcimento azionabile su base extracontrattuale ed un analogo diritto rilevante su base negoziale.

Potrebbe così accadere che la compagnia al fine di rendersi più accattivante sul mercato si impegni a gestire la fase stragiudiziale in tempi accelerati per determinate categorie di sinistri, anche assumendosi obblighi nuovi ed ulteriori rispetto a quelli impostile dalla legge e dalla necessità di rispettare le procedure indicate dall’art. 149 del codice delle assicurazioni ed 8 del dpr attuativo.

Così, per esempio, a fronte di lesioni micropermanenti eccedenti una determinata soglia, l’ente assicuratore potrebbe impegnarsi ad anticipare il rimborso delle spese mediche

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(magari se sostenute presso strutture convenzionate); o ancora, e più in là, a riconoscere una provvisionale ante causam, colmando così in via contrattuale il buco lasciato aperto da un sistema procedurale (quello individuato dalla combinata applicazione degli artt.

145, 147, 148 e 149 del codice delle assicurazioni) , che sembra pregiudicare qualsiasi possibilità, per il danneggiato, di svolgere istanze di provvisionale prima dell’intervenuta guarigione 2.

F) Gli obblighi di assistenza.

Ulteriori considerazioni possono infine essere svolte, sempre con riferimento alla natura del contratto assicurativo della Rca, ed alla possibile contaminazione dello schema di

2 La provvisionale di cui all’art. 147 c.a. può essere richiesta soltanto nel corso del giudizio di primo grado. La collocazione della provvisionale all’interno del giudizio di prime cure comporta la formazione di nodi ermeneutici piuttosto complessi, potendo ingenerare un vero e proprio vuoto all’interno del sistema di protezione offerto dalla legge al terzo danneggiato. Ciò in considerazione tanto della rigidità degli incombenti posti a carico del danneggiato medesimo, per la corretta formulazione della richiesta risarcitoria, quanto del conseguente decorso dei termini di proponibilità dell’azione diretta (ex. artt. 145 – 148 del Codice). Si pensi invero alla previsione dell’art. 148 comma 2 ed alla necessità che la lettera di messa in mora sia corredata da un certificato medico comprovante l’avvenuta guarigione. Il difetto di tale attestazione, come più in generale la violazione di tutti gli adempimenti di contenuto previsti dalla norma citata, inficia la validità della richiesta risarcitoria, la cui incompletezza non consente di far decorrere i termini per la formulazione dell’offerta e per la proposizione dell’azione. Tale difetto obbliga la compagnia a chiedere al danneggiato l’invio della documentazione mancante, con conseguente interruzione/sospensione (a seconda che ci si trovi in procedura ordinaria o o di indennizzo diretto) dei termini di cui sopra. Ora tale sistema, rischia di porre severi pregiudizi a chi, avendo subito danni da lesioni fisiche, non sia in condizione di dotarsi di un certificato di guarigione. In mancanza di tale attestazione, come detto, non dovrebbero decorrere i termini di presentazione della domanda giudiziale, la quale non sarebbe proponibile sino al decorso di 90 giorni successivi all’invio alla compagnia del certificato di guarigione. E tale impedimento dell’accesso alla tutela giurisdizionale comporterebbe l’impossibilità di svolgere l’istanza di provvisionale di cui all’art. 147 del codice. A superare tale impasse, si potrebbe sostenere un’interpretazione di buon senso del combinato disposto degli artt. 145/ 148 e 145/149 del codice. Interpretazione salvifica, secondo la quale la rigorosa indicazione degli elementi contenutistici indicati dall’art. 148 quali condizione validità ed efficacia della lettera di richiesta danni deve essere valutata cum grano salis, evitando di porre a carico del danneggiato oneri di allegazione che non potrebbe assolvere in concreto (ad impossibilia nemo tenetur….). Così l’obbligo di corredare la richiesta risarcitoria degli elementi di cui all’art. 148 c.a. (e dell’art. 6 del dpr 254/2006, per il risarcimento diretto) non potrebbe essere riferito a documenti o dati di cui non può disporre in concreto. In caso di mancata guarigione, pertanto, potrebbe sostenersi che il danneggiato possa soddisfare gli oneri posti a suo carico semplicemente dichiarando di non essere ancora clinicamente guarito ed allegando un idoneo certificato comprovante la prosecuzione della malattia.

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