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26 CAPITOLO 3 La qualità dell’acqua nelle darsene interne

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CAPITOLO 3

La qualità dell’acqua nelle darsene interne

3.1 Il problema della qualità dell’acqua in un bacino portuale: cause di inquinamento e parametri di valutazione

La qualità delle acque dei bacini portuali è un problema di grande rilevanza, a maggior ragione per gli specchi acquei delle darsene interne, ubicate completamente nell’entroterra e collegate al mare per mezzo di canali d’accesso o di corsi d’acqua talvolta anche di modesta larghezza. In generale, però, la qualità dell’acqua di un bacino portuale, sia esso di una marina o di una darsena interna, può essere compromesso da una serie di cause comuni alle varie tipologie di bacini.

In particolare si possono alterare le caratteristiche qualitative delle acque nei seguenti modi:

- Attraverso la progettazione di un bacino relativamente poco ricambiato, nel quale

si possono avere deficienze di ossigeno disciolto (DO).

- Attraverso lo scarico di inquinanti nell’acqua da parte delle imbarcazioni.

- Attraverso l’entrata in acqua di inquinanti lavati via da parcheggi,tetti ed altre

superfici impermeabili durante piogge intense.

- Attraverso il rilascio di inquinanti durante le operazioni di manutenzione delle

imbarcazioni, sia a secco che in acqua.

- Attraverso le alterazioni delle correnti marine prevalenti, con conseguenti

cambiamenti nella dispersione degli inquinanti disciolti nel bacino, inclusa la presenza di batteri. Le alterazioni delle correnti sopracitate sono riscontrabili soprattutto nel caso di creazione di barriere frangiflutti ( moli a scogliera ) per limitare l’agitazione interna delle marine; il problema è spesso meno rilevante nelle darsene per le quali è necessario proteggere lo sbocco a mare del canale d’accesso con scogliere che prolungano i canali di entrata in fondali marini più elevati.

Tra i principali parametri di valutazione, anche indiretta, del livello di inquinamento dell’acqua di un bacino portuale e quindi della qualità vi è l’ossigeno disciolto (DO), già in precedenza citato. Esso è a sua volta legato all’entità di altri parametri quali il BOD (Biological Oxygen Demand) misurabile nelle acque del bacino e all’ SOD (Sediment Oxygen Demand), ovvero la richiesta di ossigeno da parte dei processi

(2)

ossidativi che avvengono nei sedimenti presenti sul fondo ed in parte anche in sospensione.

Una carenza di ossigeno disciolto DO all’interno dell’acqua del bacino è dovuta essenzialmente all’ossidazione del materiale organico presente. In altre parole l’intero bilancio di ossigeno nel volume d’acqua del bacino portuale dipende da una serie di fattori che esplicano la loro attività nel consumo di ossigeno per l’ossidazione della materia organica. Essi includono:

- La richiesta di ossigeno per i processi biologici ( BOD) nell’acqua dello specchio

liquido.

- I carichi di BOD che entrano nel volume d’interesse da fonti come il rilascio di

materiale organico da parte delle imbarcazioni, gli scarichi delle fognature all’interno o vicino al bacino e lo scolo nello specchio acqueo dell’acqua piovana.

- La crescita e il deterioramento delle alghe all’interno del bacino.

- I carichi di BOD che entrano dall’esterno nel volume del bacino attraverso il

ricambio dovuto alla marea e l’eventuale ricambio artificiale.

- La domanda di ossigeno da parte dei sedimenti ( SOD), dovuta all’accumulazione

di particolato di materiale organico nei sedimenti stessi.

L’ambiente relativamente stagnante che si può creare all’interno del bacino portuale facilita l’abbassamento dei livelli di DO, insieme ad un limitato rifornimento di ossigeno dovuto ad eventuali influssi di acqua ossigenata. Entrambe le concentrazioni di DO e di BOD vengono ridotte dall’ossidazione della materia organica, finchè si può stabilire un equilibrio per cui le concentrazioni di entrambi i parametri sono inferiori a quelle del corpo d’acqua al di fuori del bacino portuale.

Se i valori di DO cadono a livelli notevolmente bassi ( tipicamente sotto il 5% dei valori di saturazione ), la domanda di ossigeno da parte del corpo d’acqua è soddisfatta prima dalla denitrificazione dell’ossido di azoto e, in seguito, dalla riduzione batterica dei solfati, che produce il solfuro d’idrogeno, gas maleodorante. A loro volta, livelli di DO inferiori a circa 4 mg/l possono causare lo stress mortale dei pesci intrappolati nel bacino portuale.

Un bacino con poco ricambio idrico può anche fornire condizioni ideali per lo sviluppo della fioritura algale. La fioritura algale è spiacevole sia da un punto di vista visivo che funzionale; inoltre il phytoplancton produce tossine che risultano nocive alla vita acquatica, animale ed umana. La fioritura di alghe viene incrementata se aumenta il materiale organico ( e quindi il BOD ) presente nel bacino; per questo un basso ricambio, favorendo l’accumulo di materiale organico nel bacino, può favorire la crescita algale.

(3)

Un altro parametro di valutazione dell’inquinamento delle acque di un bacino portuale è la quantità di metalli presenti. Essi si possono accumulare nelle acque di una darsena e nei sedimenti, raggiungendo livelli che risultano tossici per gli organismi marini. I metalli tipici che si trovano in alte concentrazioni nelle marine e nelle darsene sono il Piombo, proveniente dagli additivi dei carburanti e delle zavorre, l’Arsenico, dai pigmenti delle vernici, dai pesticidi e dai preservanti del legno, lo Zinco, dagli anodi usati per inibire la corrosione dei metalli degli scafi e delle parti componenti dei motori, il Rame e lo Stagno, dalle vernici anti-incrostazioni, il Ferro ed il Cromo, dai materiali di costruzione della darsena e delle imbarcazioni.

Gli stessi idrocarburi, che possono essere presenti nella colonna d’acqua e nei sedimenti, hanno effetti notevolmente tossici sugli organismi marini. La loro presenza è dovuta a sversamenti accidentali durante il rifornimento di carburante alle imbarcazioni, alla presenza stessa delle stazioni di rifornimento e agli scarichi di acque di sentina.

Gli scarichi fognari delle imbarcazioni ormeggiate possono, inoltre, comportare elevate concentrazioni di batteri coliformi fecali. Anche se questi ultimi hanno scarse possibilità di avere un impatto negativo diretto all’interno del bacino portuale, può aumentare la possibilità di problemi legati alla salute umana, laddove gli efflussi della darsena abbiano un certo impatto sulle acque di balneazione prospicienti il litorale in prossimità dell’ approdo.

E’ chiaro, quindi, che il numero di parametri atti a caratterizzare la qualità dell’acqua di un bacino è elevato, di pari passo al numero di fonti inquinanti per l’acqua e per i sedimenti di fondo. Nell’intento di garantire un’elevata qualità dell’acqua e sulla base di quanto elencato, si presenta, quindi, il duplice problema di prevedere una buona possibilità di ricambio delle acque già in fase progettuale, valorizzando però anche l’aspetto di una corretta gestione e manutenzione della darsena in fase di esercizio, per evitare quanto più possibile le cause di inquinamento sopraelencate, dovute all’azione umana. E’ cioè essenziale prevedere un insieme di norme di gestione dello spazio portuale tali da minimizzare gli effetti delle fonti di inquinanti all’interno dello specchio acqueo, norme che vanno da un controllo dello scolo delle acque dal sito nel bacino, alla previsione di una zona di rifornimento carburante posta in un punto in cui eventuali sversamenti possano facilmente essere circoscritti, ad un adeguato sistema

(4)

di smaltimento di oli esausti, ad un adeguato sistema di raccolta dei rifiuti scaricati durante le attività di pulitura, manutenzione e riparazione delle imbarcazioni ecc….

3.2. Le cause che pregiudicano la qualità dell’acqua in una darsena interna

Fermo restando l’insieme di problemi ambientali legati alle varie fonti di inquinamento che pregiudicano la qualità di un qualsiasi bacino portuale, sia esso un darsena o una marina, per quanto riguarda le darsene interne tali problemi risultano di più difficile soluzione, proprio a causa della natura di queste opere, maggiormente lontane dal mare rispetto ad una marina e in genere dotate di aperture di minore larghezza. Riassumiamo di seguito le cause principali che possono rendere peggiori le condizioni di qualità dell’acqua di questi bacini rispetto alle marine o porti turistici:

- Geometria degli specchi acquei, il cui perimetro è generalmente a forma di

poligono chiuso salvo un’apertura spesso strettamente necessaria al passaggio dei natanti della flotta tipo, ma non sempre in grado di garantire un’entrata cospicua di acqua “fresca” utile al ricambio; un parametro importante per valutare il rischio di scarsità di ricambio idrico legata a questo fattore potrebbe essere il rapporto tra la sezione dell’imboccatura alla darsena e la volumetria della stessa; naturalmente minore sarà tale rapporto, minore sarà la possibilità di ricambio. La geometria del contorno del bacino è inoltre la causa di possibili zone ridossate e di angoli il cui il ristagno delle acque può essere accentuato anche dalla loro lontananza dall’imboccatura; in tali angoli il ricambio può essere favorito artificialmente grazie ad un ricircolo forzato dell’acqua del bacino od in caso questo non bastasse, dall’impiego di ossigenatori o di sistemi di flussaggio.

- Lunghezza elevata del canale di navigazione dal mare verso lo specchio liquido

portuale, con conseguente difficoltà di arrivo di acqua fresca dal mare nella darsena, grazie alle escursioni di marea ed al moto ondoso. In particolare quest’ultimo risulta un fattore notevolmente attenuato a causa della lontananza dal mare e dell’inevitabile attenuazione dovuta soprattutto ai fenomeni di diffrazione. Per favorire il ricambio dovuto alle maree è invece utile, in fase di progettazione, prevedere la realizzazione di bacini aggiuntivi lontani dall’imboccatura ( piallazze ), utili a richiamare un volume d’acqua maggiore durante gli innalzamenti di livello del mare.

- Utilizzo di corsi d’acqua esistenti come canali di accesso alla darsena, con

conseguenti portate elevate nei periodi invernali ed autunnali, capaci di convogliare un trasporto solido, che in parte si riversa anche nei bacini portuali, più o meno a

(5)

seconda dell’entità dello stesso e della geometria dell’imboccatura ( particolare attenzione andrà dedicata anche a questo aspetto ). Il materiale sedimentario che si deposita determina innanzi tutto un abbassamento dei fondali, specialmente nella zona dell’imboccatura, con conseguenze in termini economici ( costi di dragaggio ) ed ambientali ( difficoltà di stoccaggio e smaltimento del materiale dragato ); inoltre può determinare un peggioramento delle acque stesse del bacino, a causa dell’apporto di sostanze inquinanti convogliate dal fiume e di materiale organico che favorisce l’apporto di nutrienti utili ad esempio alla proliferazione algale.

Si presenta quindi la forte necessità di favorire il ricambio dell’acqua del bacino, nella misura in cui questo non sia già garantito dalle escursioni di marea Inoltre è altresì importante favorire la circolazione idrica all’interno della darsena, perché anche qualora non fosse garantito un buon ricambio, si devono evitare zone di ristagno e di difficoltà di scambio di ossigeno sulla superficie liquida. Infatti uno scarso movimento dell’acqua sfavorisce il ricambio di ossigeno e può provocare fenomeni di anossia, nascita di alghe che contribuiscono alla ulteriore mancanza di ossigeno e allo sviluppo di cattivi odori.

D’altronde è sempre meno possibile prescindere da questi problemi, viste anche le direttive delle normative attuali in materia di realizzazione di porti ed approdi turistici, ed infatti si può notare un numero crescente di interventi che vanno nella direzione di una migliore caratterizzazione ambientale delle darsene e dei porti turistici. Tali interventi si esplicano in circolazioni forzate delle acque del bacino mediante mixers variamente dislocati, ricambio forzato delle acque interne mediante pompaggio con idrovore, bocche d’ossigenazione ubicate nelle banchine portuali ( intervento limitato alle marine ). Tuttavia gli interventi finora realizzati in Italia, in particolare nelle darsene, non sono moltissimi e sono più frequenti sul litorale Adriatico, laddove il problema della qualità dell’acqua è più sentito, a causa tra le altre di una condizione peggiore dell’acqua del mare dal punto di vista di inquinamento e facilità di ricambio.

Prenderemo in esame separatamente i due aspetti del ricambio dell’acqua e della circolazione interna della stessa, studiandoli in applicazione ad un caso reale: la darsena interna già in precedenza analizzata a proposito del fenomeno dell’intrusione salina, ubicata in sinistra idrografica del fosso Cervia nel comune di Follonica (GR).

(6)

3.3. Miglioramento qualità acqua: applicazione ad un caso reale

Ipotesi di darsena turistica in sinistra idrografica del fosso Cervia. Comune di Follonica (GR)

Viene di seguito studiata la possibilità di mantenimento di una buona qualità dell’acqua interna ad una darsena, il cui progetto è in corso di approvazione: si tratta di una darsena in sinistra idrografica del fosso Cervia, ubicato all’estremità occidentale dell’abitato di Follonica, intervento proposto dallo stesso Comune di Follonica e al cui riguardo è stato eseguito uno studio di fattibilità, redatto dal prof. ing. Stefano Pagliara in collaborazione con la dott.sa Ivana Delbono nel Settembre 2003. ( studio di appoggio al piano strutturale del Comune di Follonica ).

In sintesi, la darsena sarà costituita da strutture destinate ai servizi a terra e da specchi acquei per le aree a mare, ripartiti rispettivamente in 15.000 – 20.000 2

m

a

terra e 30.000 –40.000 2

m

a mare.

Le caratteristiche progettuali e la flotta tipo della darsena interna, secondo le prime ipotesi di progetto, sono riassunte di seguito:

Specchio acqueo: 28.000 – 39.000 2

m

Aree per servizi a terra: 15.000 – 20.000 2

m

Superficie totale impegnata: circa 50.000 2

m

Flotta tipo: dimensioni 7 x 2.5 m Posti barca: 413 – 552

Come si evince dalla successiva Fig.3.2, sono state redatte 3 ipotesi progettuali, che differiscono per numero di posti barca ed aree complessive riservate allo specchio liquido ed a terra. Si è volutamente riportata la sola Ipotesi 3, poiché è quella a cui faremo riferimento negli studi successivi.

(7)
(8)
(9)

Le principali opere costruttive previste sono:

- Un canale di accesso, collegante la darsena interna con il Fosso Cervia nel suo tratto terminale prossimo alla foce, che dovrà essere realizzato in sinistra idraulica del Fosso Cervia a circa 30 m dalla foce. Il canale di accesso avrà una profondità media di 2 m ed una larghezza di circa 8 - 10 m per consentire l’agevole evoluzione delle imbarcazioni ed il transito contemporaneo di due imbarcazioni per senso di marcia in condizioni di sicurezza.

- L’escavo dell’area atta ad ospitare lo specchio liquido, per la realizzazione di una profondità minima del bacino di 2-2.5 m. Nei calcoli successivi faremo riferimento alla profondità minima del bacino di 2 m.

- La sistemazione del perimetro della darsena, attraverso opere spondali ovvero palancole in c.a. con rivestimenti in pietrame, atti ad assorbire l’energia delle onde, per diminuire i fenomeni di riflessione interni al bacino. In altre parole le banchine saranno realizzate con diaframmi atti a sostenere il terrapieno retrostante.

- La risagomatura della foce del Cervia per garantire il passaggio dei natanti in sicurezza e la demolizione e successivo rifacimento del ponticello tra le due sponde, con luce adeguata.

Il problema risulta di notevole rilevanza, soprattutto per uno specchio acqueo come quello in esame, ubicato completamente nell’entroterra e collegato al mare per mezzo di un canale d’accesso di modesta larghezza e di un corso d’acqua altrettanto stretto. Tutti fattori che non consentono certo un buon ricambio dell’acqua per mezzo dei fenomeni naturali quali vento, maree e moto ondoso, come può invece avvenire per porti con notevoli aperture verso il mare aperto.

Si presenta quindi la forte necessità di favorire il ricambio dell’acqua del bacino nella misura in cui questo non sia già garantito dalle escursioni di marea ( escludendo per ora il contributo del moto ondoso poiché l’agitazione all’ interno del bacino non può essere certo rilevante, dato il notevole smorzamento che subiranno le onde prima di raggiungere le acque interne ).

Inoltre studieremo degli interventi atti a favorire la circolazione idrica all’interno della darsena, perché anche qualora non fosse garantito un buon ricambio, si devono evitare zone di ristagno e di difficoltà di scambio di ossigeno sulla superficie.

(10)

3.3.1 Ipotesi di soluzione n°1: ricambio idrico artificiale + circolazione forzata interna

3.3.1.1 Ricambio idrico

E’ importante, in fase preliminare, capire quale sarà l’effettiva capacità di ricambio dell’acqua presente nel bacino grazie alle stesse escursioni di marea.

Prendiamo a riferimento i valori dell’escursione di marea giornalieri registrati nel porto di Civitavecchia, che possono ritenuti validi anche per la fascia costiera di Follonica, vista la relativa vicinanza delle due località bagnate dallo stesso mare. Da tali valori si ricava che, se vogliamo compiere dei calcoli a favore di sicurezza, possiamo assumere come escursione di marea della durata di 6h il valore di 10 cm. Tale valore è uno dei più bassi possibili e si verifica specialmente nella stagione estiva, stagione in cui è anche più forte il problema del ricambio dell’acqua e dell’ inquinamento del bacino ( data la notevole presenza di barche ). Esaminando i valori delle escursioni di marea, è altresì da notare che un escursione nulla si verifica assai raramente, per cui a nostro parere tale eventualità non può essere presa in considerazione.

In definitiva, si assume quindi la seguente situazione giornaliera (ipotetica):

Marea Altezza Ora

bassa 0 cm h 0.00

alta 10 cm h 6.00

bassa 0 cm h 12.00

(11)

Dati del problema:

Superficie del bacino: 2

28000m

S

=

Profondità del bacino:

h

=

2

m

Volume del bacino: 2

56000m

h

S

V

=

=

Supponiamo che ogni volta che l’acqua entra nel bacino durante l’alta marea o esce durante la bassa marea:l’acqua in entrata nella darsena durante l’alta marea rinnovi l’acqua del bacino per un volume pari al volume stesso dell’acqua entrante; analogamente durante la marea calante l’acqua in uscita dal bacino sia tutta acqua “vecchia” e non sia miscelata con acqua fresca del precedente flusso di marea entrante. E’ un ipotesi molto forte, che nella realtà non è rispettata, in quanto ( come vedremo in particolare nell’esempio di studio della Marina di Rimini, nello stesso capitolo ) l’acqua “fresca” che entra nel bacino attraverso il flusso della marea crescente si miscela con l’acqua presente ed inoltre influenza solo una porzione limitata del bacino portuale, in relazione ad una serie di fattori, tra tutti la geometria dell’imboccatura portuale e il volume d’acqua entrante, legato all’intervallo di marea. Tuttavia se ci si avvale del contributo alla miscelazione dell’acqua offerto dall’azione di appositi mixers (che successivamente verrà discussa), si può ragionevolmente ipotizzare che il tempo di ricambio dell’intera volumetria del bacino, calcolato con la precedente ipotesi, non sarà così minore di quello reale. Infatti la marea crescente porterà acqua fresca che verrà .miscelata con quella presente, per cui anche se l’acqua uscente durante il riflusso di marea calante non sarà solo acqua “vecchia”,sarà notevolmente accelerato rispetto alla presenza di sola marea (senza impiego di mixers interni).

In questo caso, ogni 6 ore abbiamo un ricambio di volume d’acqua pari a: 3

2

6

S

h

28000

m

0

.

1

m

2800

m

V

h

=

=

=

In 1 h il ricambio d’acqua è quindi:

h

m

h

V

Q

h h 3 6 1

466

.

6

6

=

=

Per avere il completo ricambio d’acqua del bacino della darsena serve quindi un

tempo pari a:

h

giorni

h

m

m

Q

V

h

5

120

6

.

466

56000

3 3 1

=

=

.

(12)

Vari manuali, tra cui “Porti turistici” di L.Franco e R.Marconi, indicano come un tempo variabile tra 24 e 48 ore quello necessario ad un adeguato ricambio idrico del bacino portuale. Lo stesso manuale propone però anche un tempo massimo di 5 giorni per avere un ricambio accettabile delle acque. Si può quindi affermare che il ricambio offerto dalle escursioni di marea è in prima istanza accettabile, considerando che per molti giorni dell’anno il valore di escursione di 10 cm alla base dei calcoli eseguiti viene superato ( inoltre, come suddetto, vi è un contributo al ricambio dell’acqua dato anche dal moto ondoso, seppur minimo nel bacino ). Tuttavia va considerato il fatto, come successivamente confermato dallo studio di progetto di ricambio forzato per la Darsena di Rimini ( Wallingford, anno 2000 ), che non tutto il volume d’acqua “prelevato” o “immesso” dall’azione di un ciclo di marea, sarà effettivamente volume utile, poiché il ricambio influirà effettivamente su un’area limitata dello specchio liquido ( in una vista dall’alto ); per cui, mentre il volume in entrata durante la marea crescente si distribuirà su una zona relativamente vicina all’imboccatura della darsena, allo stesso tempo il volume in uscita durante la marea calante sarà acqua piuttosto vicina all’uscita stessa e quindi non tutta acqua per così dire “sporca”, ma già in parte rinnovata dal ciclo precedente. In altre parole, le ipotesi fatte sono ottimistiche, poiché il tempo effettivo di ricambio dell’intero bacino acqueo è molto più lungo; una modellazione idrodinamiche sarebbe necessaria, anche in questo caso, a fare delle stime più attendibili dell’entità del ricambio offerto dalle maree.

Ipotesi d’intervento con pompa sommergibile:

Se vogliamo migliorare il ricambio dell’acqua interna al bacino velocizzandolo, si può pensare di utilizzare un pompa sommergibile che porti verso il bacino una certa quantità d’acqua di mare nell’ unità di tempo, in modo da favorire il ricambio nei tempi ottimali precedentemente elencati ( 12-48 ore).

A tal proposito esistono alcuni esempi di utilizzazione di miscelatori sommersi, come nel porto di Senigallia ( FLYGT ) e nella marina di Rimini ( WALLINGFORD).

Nel caso in esame, se vogliamo avere un completo ricambio dell’acqua presente nella darsena in meno di 48 ore, con le ipotesi del precedente paragrafo per quanto riguarda la miscelazione omogenea dell’acqua fresca nel bacino, la portata minima richiesta per il pompaggio di acqua di mare verso la darsena è:

(13)

sec

324

6

.

1166

48

56000

3 3

l

h

m

h

m

T

V

Q

pompe

=

=

=

=

Supponiamo di utilizzare per lo scopo suddetto un Mixer PP4650 della FLYGT ( vedi scheda relativa in Appendice).

Supponendo che la sua portata in condizioni di prevalenza medie sia pari a

420

l

s

(confrontare a proposito il campo delle curve caratteristiche in Fig.3.4), il tempo totale di ricambio del volume d’acqua del bacino dovuto al solo pompaggio è dato da:

ore s l m Q V tricambio 37 420 56000 3 = =

= . Quindi lo scopo sarebbe raggiunto.

In caso di realizzazione di questa ipotesi la pompa verrebbe posizionata sul fondo della darsena nell’angolo SUD più lontano dal mare, sul fondo di apposito pozzetto collegato ad una tubazione di aspirazione dal mare (acciaio) di diametro 800 mm. (Vedi Fig. 3.3 ).

Condotta in acciaio D=800mm Pompa sommergibile ad

asse orizz. PP4650 Flygt

Fig.3.3 Ipotesi d’intervento mediante pompa sommergibile

Per vedere se effettivamente è possibile utilizzare il tipo di pompa suddetto calcoliamo le perdite di carico totali tra il punto di aspirazione e quello di mandata

(14)

dell’acqua di mare nel bacino e controlliamo che con tali perdite la pompa PP4650 supporti la portata ipotizzata.

Perdite distribuite: Formula di Darcy-Weisbach

g

U

D

L

f

H

d

=

Δ

2

2 Inseriamo i valori: -

D

=

0

.

8

m

-

L

=

405

m

( lunghezza condotta )

-sec

835

.

0

503

.

0

sec

42

.

0

2 3

m

m

m

A

Q

U

sez

=

=

=

(velocità in condotta) -

=

.(Re,

)

=

0

.

036

D

fz

f

ε

.

Il valore del coeff. d’attrito f è stato ricavato dall’abaco di Moody, entrando con i

valori di 5

10

14

.

5

Re

=

=

ν

D

U

e 3

10

8

800

5

.

6

=

=

mm

mm

D

ε

, dove il valore assunto per

ε

è quello tipico di una condotta in acciaio dopo 10 anni di servizio ed è stato così ricavato:

t

+

=

ε

α

ε

0 con:

mm

045

.

0

0

=

ε

( scabrezza assoluta condotta in acciaio nuova )

6

.

0

=

α

(coeff. moltiplicativo del tempo, per acque corrosive con alto tenore di cloruri suggerito in modo orientativo da Moskotov nel “Formulario di Idraulica”, Mosca 1954)

anni

t

=

10

In definitiva

Δ

H

d

=

0

.

65

m

Prevalenza geodetica:

La prevalenza geodetica da superare si può porre di 20 cm circa, ma solamente a favore di sicurezza,in quanto la condotta sarà posta approssimativamente in

(15)

posizione orizzontale, interrata al di sotto del fondale della darsena, per favorire l’alloggiamento, sulla stessa verticale ma sopra al fondo, dei mixers per il miscelamento delle acque del bacino; inoltre sarà garantito un tirante idrico di almeno 1 m al di sopra della pompa (vedi Appendice); allo stesso tempo anche la sezione della tubazione di prelievo dell’acqua di mare, posta in posizione orizzontale al di sotto del pelo libero, non sarà posizionata a quota più bassa rispetto a quella della pompa, per ridurre l’entrata di sedimenti trasportati dalle onde.

m

H

g

=

0

.

2

Δ

.

Perdite concentrate:

Le perdite concentrate di carico si avranno in corrispondenza del punto di prelievo dell’acqua dal mare e soprattutto nelle varie curve della condotta, che saranno sagomate per ridurre al minimo tali abbassamenti di carico.

A titolo indicativo, si riporta il calcolo delle perdite concentrate di carico che si hanno nelle due curve a 90° che la condotta compie prima di arrivare al punto di mandata, supponendo di sagomarle con raggi di 1 m.

Le perdite concentrate si calcolano con la nota formula, funzione della velocità media della corrente:

g

U

K

H

c c

=

Δ

2

2 dove

.(

,

)

D

D

R

fz

K

c

=

ε

e si può ricavare da grafici sperimentali come quello sotto indicato.

( da A.Peruginelli, “Idraulica” SEU 2000 )

In questo caso si può approssimativamente ricavare

K

c

=

0

.

7

, per cui, supponendo

ancora

sec

835

.

0

m

A

Q

U

sez

=

=

, si trova

m

g

U

K

H

c c

0

.

03

2

2

=

=

Δ

.

Tenendo conto dell’ordine di grandezza delle perdite, del tipo di curve che subisce il deflusso dell’acqua nella condotta e del loro numero, si può indicativamente porre:

m

H

CTot

=

0

.

2

Δ

Questo valore serve come riferimento e va considerato puramente indicativo, anche in ragione del fatto che non tiene conto della distanza tra le singole curve e dell’interazione tra i singoli fenomeni vorticosi indotti dalle curve stesse.

(16)

Perdita totale:

In definitiva la perdita totale di carico sarà data da:

m

H

H

H

H

Tot

=

Δ

d

+

Δ

CTot

+

Δ

g

=

1

.

05

Δ

Se entriamo nel campo delle curve caratteristiche della pompa utilizzata, modello PP4650, (figura 3.4) si nota come questo tipo di pompe riesca a superare agevolmente tale carico con la portata ipotizzata di

s

l

420

.

Fig.3.4 Campi di funzionamento portata-prevalenza per vari modelli di mixer Flygt Dal punto di vista dell’installazione non vi sono particolari problemi in quanto l’altezza massima della pompa è di 90 cm circa ( con anello convogliatore ); il tirante d’acqua min. al di sopra deve essere di 90 cm; la profondità complessiva del bacino deve essere almeno di 180 cm, quindi il fondale non necessita particolari scavi nelle zone di posizionamento poiché la profondità dell’acqua è di 200 cm.

Da rilevare che l’utilizzo di un sistema di pompaggio di acqua dal mare può arrecare dei rischi all’incolumità dei bagnanti se il punto di prelievo, come in questo caso, è vicino alla riva. Il problema si può risolvere spingendo acqua del bacino verso il mare anziché emungerla; i risultati in termini di qualità dell’acqua saranno comunque accettabili poiché l’entrata di acqua ‘di mare’ ( ovvero acqua fresca proveniente dal mare ) nel bacino sarà affidata al dislivello dovuto al prelievo di volume dal bacino

(17)

stesso ( come indicato anche da V.Milano e M.Venutelli in “Sul ricambio idrico dei bacini portuali”, TEP 1989).

Nel calcolo delle perdite di carico, in questo caso, si possono non considerare le perdite geodetiche, a favore di sicurezza, in quanto l’acqua dovrà perdere quota, anzichè salire. Per questo la verifica della scelta delle pompe, in base al carico che possono trasmettere con la portata di progetto, è a maggior ragione soddisfatta. Se sommiamo l’effetto dovuto alle maree, il ricambio può ritenersi buono.

3.3.1.2 Circolazione idrica artificiale all’interno della darsena

3.3.1.2.1 - Utilizzo di miscelatori sommersi ad asse orizzontale

Come accennato in precedenza è molto importante garantire un buona circolazione dell’acqua all’interno del bacino in modo da sfavorire i fenomeni di ristagno di materiali inquinanti e di eventuale anossia nelle zone più ridossate (vedi angoli) del bacino, con conseguenze come:

- elevata formazione di alghe nelle zone di maggior ristagno

- inquinamento permanente dell’acqua sia chimico che biologico ( per quest’ultimo è molto importante prevedere degli impianti di raccolta delle acque di sentina ; un’adeguata raccolta delle acque piovane che dilavano le superfici pavimentate intorno al bacino portuale, spesso sporche di oli, carburanti ecc.., può evitare una contaminazione chimica delle acque della darsena )

- cattivi odori ecc…

- inquinamento dei sedimenti del fondale sia all’interno che in prossimità della darsena, con conseguenze sia per l’habitat marino che per la balneazione.

Prendendo spunto anche da altri interventi realizzati in bacini portuali italiani (es. Senigallia, FLYGT; Porto Ottiolu, FLYGT; porto di Pescara ecc..), si può pensare di creare un ricircolo forzato delle acque mediante l’impiego di miscelatori ad asse orizzontale posizionati in punti utili del bacino.

Nel caso in esame può essere adeguato l’utilizzo di n°3/4 miscelatori SS4430 detti Flo-Maker della FLYGT, adatti anche a liquidi corrosivi e dotati di 2 eliche di forma classica a banana anti-intasamento ( vedi scheda relativa in Appendice); essi sono

(18)

adatti a movimentare grandi masse di fluido con basse prevalenze e quindi si prestano bene al caso nostro, visto anche l’impiego in casi simili nei porti italiani. La scelta del numero di miscelatori da utilizzare richiederebbe certamente uno studio più approfondito di quello eseguito in questa prima ipotesi d’intervento (una modellazione numerica dei flussi d’acqua indotti dai mixers sarebbe un metodo valido, a questo proposito).

Per ora ci siamo limitati a calcolare il n° di mixer utili partendo dalla assunzione che ogni mixer di questo tipo riesce a indurre una velocità dell’acqua di 0,2 m/sec ad una distanza dal mixer stesso di 30 m circa.

Abbiamo quindi tracciato un arco di circonferenza ad una distanza massima dalla posizione di ogni mixer di 30 m, in direzione parallela a quella di movimentazione dell’acqua. In questo modo abbiamo potuto individuare delle aree di influenza sulla movimentazione dell’acqua per ogni miscelatore (delimitate dalle linee verdi in Fig.3.5).

Provando a posizionare i mixer con le relative aree d’influenza in vari punti del bacino si è scelta l’ipotesi di posizionamento che fornisce i migliori risultati in termini di omogeneità nell’agitazione dell’acqua nel bacino, con particolare attenzione al fatto che le zone più lontane dall’imboccatura risultano sicuramente più stagnanti e necessitano di un maggior ricambio forzato.

Inoltre si è cercato di favorire un moto circolatorio complessivo dell’acqua del bacino di tipo anti-orario, come si evince dalla figura stessa.

Per avvalorare le ipotesi di posizionamento dei mixer ci siamo avvalsi di un confronto con un caso esistente, quello del ricircolo forzato realizzato all’interno del Porto di Senigallia (AN). In quel caso sono stati impiegate 3 unità flo-maker dello stesso tipo di quelle utilizzate nel caso in esame, per movimentare un volume d’acqua di 60000m3. Nel nostro caso il volume d’acqua da movimentare è di 58000m3 per cui, dati i buoni risultati avuti per il porto di Senigallia, si può ritenere che l’impiego di 4 mixer sia più che accettabile.

La scelta di questo posizionamento è stata fatta, oltre che per garantire una circolazione dell’acqua più uniforme possibile, tenuto conto dell’eventuale agitazione maggiore nella zona vicino all’imboccatura (più direttamente collegata al mare), anche per favorire i seguenti aspetti: un facile posizionamento e un altrettanto facile manutenzione se i mixer vengono posizionati in prossimità delle banchine; un minor

(19)

ristagno nelle zone più critiche che sono quelle agli angoli e a ridosso delle banchine stesse. 4 1 3 2

(20)

Naturalmente resta da valutare l’eventualità di un impiego di ossigenatori che trasportino aria dalla superficie verso il fondo negli angoli della darsena, dove la circolazione idrica è più problematica ed il reale effetto dei flo-makers può non essere sufficiente.

3.3.1.2.2 - Problemi tecnici di posizionamento dei miscelatori

L’ingombro dei miscelatori deve essere valutato per capire quali sono le possibilità reali di utilizzo nella darsena e in quali punti è meglio posizionarli.

Premesso che la scelta dei punti di posizionamento è stata fatta per favorire un miscelamento il più possibile omogeneo delle acque del bacino, andiamo a valutare l’ altezza dei flo-makers per capire quale dei sottotipi utilizzare in relazione al loro ingombro e per assicurarci che la profondità del bacino sia abbastanza elevata da supportare l’ utilizzo di questi miscelatori.

Come si può vedere nell’ Appendice, l’immersione minima dell’elica (tirante idraulico al di sopra di essa) deve essere di 800 mm. Inoltre il diametro minimo dell’elica stessa è di 1400 mm, relativo al modello più piccolo. Per un utilizzo accettabile la profondità minima dell’acqua deve essere quindi:

P = 800 mm + 1400 mm + 500 mm= 2700 mm. (500 mm è il franco in altezza supposto tra l’estremo inferiore dell’elica ed il fondo del bacino portuale)

Il che significa che dovremmo eseguire uno scavo localizzato di 0.7 m al di sotto del punto di posizionamento del miscelatore, utilizzando il modello più piccolo.

Premesso che la possibilità massima di uno scavo è stata preliminarmente fissata pari a 0.5 m, risulta migliore l’ipotesi di utilizzare un franco al di sotto dell’elica di 0.3 m .In definitiva, si adotta la scelta di eseguire degli scavi di terreno localizzati al di sotto dei miscelatori di 0.5 m utilizzando dei flo-makers con diametro dell’elica pari a

1400 mm.

In questo modo la profondità dell’estremo superiore del miscelatore rispetto al livello medio dell’acqua è di: ( 2m + 0.5m ) – (1.4 m + 0.3 m ) = 0.8 m.

Il tirante idraulico è quindi uguale a quello minimo richiesto, tuttavia la relativa profondità non garantisce la sicurezza nei confronti di urti con i natanti in manovra; infatti il pescaggio dei natanti della flotta tipo è compreso tra 1.2 e 1.5 m, quindi è maggiore del tirante idraulico realizzabile. Inoltre, anche qualora il valore del tirante

(21)

idraulico fosse maggiore del pescaggio delle imbarcazioni le necessarie gabbie di protezione dei mixer costituirebbero comunque un pericolo per i natanti.

Si rende quindi necessaria l’eliminazione di alcuni posti barca, rispetto all’ipotesi originaria, in prossimità di punti di posizionamento dei mixer. Il numero dei posti barca da eliminare è complessivamente di soli 2, visto il relativo ingombro planimetrico delle gabbie metalliche contenenti i mixer ( 1.8 m x 2.0 m circa ). Cfr. fig. 3.6.

4

1

3

2

(22)

3.3.1.3 Circolazione idrica artificiale e ricambio di acqua: considerazioni finali

In definitiva si è previsto l’utilizzo di entrambi i sistemi precedentemente elencati in contemporanea durante la giornata, vista la scarsa o addirittura nulla presenza di imbarcazioni di dimensioni tali da prevedere il pernottamento dei diportisti nella darsena; infatti, in quest’ultimo caso, la lieve oscillazione dell’acqua causata dal funzionamento dei flo-makers potrebbe essere causa di fastidio ai diportisti stanziali. Se in fase di progettazione più avanzata si dovesse prevedere anche l’uso del porto da parte di imbarcazioni di grandezza maggiore, un’ alternativa potrebbe essere il funzionamento alternato nell’arco delle 24 ore del sistema di pompaggio e di quello di miscelazione in questo modo:

- Dalle 8 di sera alle 8 del mattino successivo: pompaggio di acqua dalla darsena verso il mare secondo i metodi ed i valori di portata suddetti ( vista la scarsa o totale assenza di bagnanti nel periodo notturno può essere rivalutata l’ipotesi di pompare acqua dal mare, più efficace igienicamente; senza escludere l’impiego di opportuni accorgimenti di sicurezza )

- Dalle 8 del mattino alle 8 della sera: miscelazione artificiale dell’ acqua della darsena attraverso i flo-makers.

OSSERVAZIONI:

Alcuni studi sperimentali, quali ad es. quello realizzato da V.Milano e M.Venutelli nell’Istituto d’Idraulica della facoltà d’Ingegneria di Pisa e pubblicato nel 1989, hanno messo in luce quali sono le componenti che influiscono maggiormente sul ricambio idrico dei bacini portuali.

Lo studio suddetto, i cui risultati sono stati inseriti nel volume “Sul ricambio idrico dei bacini portuali” (TEP, 1989), ha preso in considerazione in particolare l’influenza sul ricambio idrico da parte di maree, diffusione naturale e moto ondoso, nonché gli effetti di un eventuale impiego di ricambio forzato dell’acqua e di tubazioni di collegamento del bacino con il mare aperto.

Senza soffermarsi per ora sulle caratteristiche tecniche e geometriche delle prove eseguite, si può affermare che in linea generale il fattore naturale che favorisce

(23)

maggiormente il ricambio di un bacino collegato al mare mediante imboccatura o canale d’accesso è il ciclo delle maree.

Per questo motivo la scelta di utilizzare dei mixer per il miscelamento dell’acqua del bacino può rivelarsi doppiamente utile; infatti, oltre a sfavorire il ristagno di acqua nelle zone più ridossate e lontane dall’imboccatura, essa favorisce la miscelazione dell’acqua in arrivo dal mare durante il periodo dell’alta marea, facendo così in modo che l’acqua che uscirà dal bacino durante la bassa marea non sarà la stessa (pulita o comunque più ossigenata) che era entrata; così il ricambio sarà effettivo, sarà cioè scongiurata l’ipotesi che l’acqua di ricambio in entrata durante l’alta marea venga subito riportata fuori dalla successiva bassa marea.

L’ipotesi, quindi, che nonostante un mancato utilizzo del ricambio forzato ( ad es. per manutenzione o per una rottura della pompa ), sia garantito comunque un buon ricambio, è avvalorata dagli studi sperimentali suddetti, nei quali, in particolare, è stata studiata l’evoluzione nel tempo dell’inquinamento delle acque di un bacino portuale in cui era stata sversata un certa quantità di inquinante ( nel caso in esame Permanganato di Potassio ).

L’evoluzione nel tempo è stata valutata mediante la misurazione della concentrazione dell’inquinante in vari istanti e in vari punti del bacino, che a sua volta è stato modificato più volte per ricreare vari configurazioni possibili. La configurazione più interessante dal nostro punto di vista, poiché riproduce in qualche modo la situazione di una darsena collegata al mare mediante canale di accesso separato, è la

Configurazione 1 ( vedi figura 3.7 ).

(24)

Esaminando i risultati delle sperimentazioni eseguite per questo tipo di geometria del bacino portuale, è da sottolineare che il ritardo tra la massima alta marea creata artificialmente in mare, (lontano dal bacino) e la massima alta marea nella darsena è del tutto trascurabile; inoltre, all’interno della darsena, non è stata evidenziata alcuna attenuazione nell’altezza d’onda di marea.

Questo risultato, se estendibile, come appare plausibile, al caso in questione, conferma l’efficacia che può avere la marea sul ricambio idrico, soprattutto se affiancata ad un miscelamento forzato dell’ acqua ‘nuova’ (in entrata con l’alta marea stessa) con l’acqua già presente nel bacino da più tempo.

Inoltre, il prelievo dei campioni d’acqua per la misura della concentrazione d’inquinante, è stato fatto in 2 diversi punti ( A e B ), per evidenziare eventuali disomogeneità. In questo caso, ovvero in assenza di strutture interne alla darsena, non è stata notata alcuna differenza di concentrazione, per cui quest’ultima è da ritenersi uniforme nel bacino.

Si può quindi affermare che nel nostro caso, la scelta di utilizzare dei pontili galleggianti, i quali non rappresentano delle vere e proprie strutture di separazione netta all’interno del bacino (data la relativa profondità), favorisce di certo una maggiore omogeneità nelle concentrazioni di eventuali inquinanti presenti e quindi una maggiore diluizione. D’altra parte è così favorita anche una più veloce diluizione dell’acqua ‘buona’ in arrivo dal ricambio forzato e dalla marea.

(25)

Risulta interessante anche lo studio fatto su una diversa configurazione (Configurazione 1’ , figura precedente), in cui sono stati inseriti quattro tubi del diametro di 30 mm (3 m nella realtà data la similitudine di 1:100 , inoltre è da ricordare che il volume complessivo di acqua presente nel prototipo reale è di 840000

3

m , visto che nel modello è di 0.84 m3) che collegavano direttamente la darsena con il mare.

Dall’esame dei dati sperimentali l’aumento di diffusione dell’inquinante rispetto alla configurazione precedente non è stato rilevante, per cui si può affermare che il contributo al ricambio idrico da parte delle tubazioni è limitato.

Per operare un confronto tra i risultati del modello ed il caso in esame si deve sottolineare che il volume in gioco nel modello è molto maggiore di quello della darsena in progetto (840000m3 contro 56000m3), tuttavia l’elevato diametro delle tubazioni utilizzate fa ritenere che la soluzione di porre dei collegamenti ‘passivi’ della darsena con il mare aperto sia comunque poco efficace. Inoltre non è da trascurare il fenomeno dell’interrimento a cui le tubazioni sarebbero velocemente sottoposte (cfr. esempio del Porto di Senigallia), fenomeno che ridurrebbe drasticamente nel tempo l’efficacia del ricambio.

Da sottolineare anche il fatto che la diffusione naturale (fenomeno per cui l’eventuale materiale inquinante si diffonde dalle zone a maggior concentrazione a quelle a concentrazione minore) gioca un ruolo rilevante nel ricambio idrico di un bacino, da quanto si evince dai risultati delle prove. Per questo la larghezza dell’apertura del canale di accesso alla darsena e del canale stesso è molto rilevante nei confronti del fenomeno del ricambio.

Inoltre, la stessa diffusione è in qualche modo ostacolata dalle mareggiate più intense, le quali se da una parte riescono a far entrare più acqua ‘fresca’ nel bacino portuale, dall’altra possono respingere all’interno della darsena il materiale inquinante che cerca di fuoriuscire (o semplicemente l’acqua stagnante, per riportare il problema al caso nostro), se di notevole intensità. Naturalmente quest’ultimo problema riguarderà più i porti che le darsene, visto che in genere l’entrata delle onde in queste ultime non avviene certo per via diretta o mantenendo altezze d’onda elevate.

(26)

3.3.2 Ipotesi di soluzione n°2: solo ricambio idrico artificiale

3.3.2.1 Descrizione del progetto di ricambio forzato

Nell’intento di fornire un quadro più completo delle possibilità di migliorare la situazione della qualità dell’acqua all’interno del bacino portuale, muovendoci nel campo della fattibilità, si è prospettata l’ipotesi di impiegare una soluzione progettuale alternativa a quella vista in precedenza, ovvero una soluzione che impieghi un sistema di pompaggio di acqua dal mare verso l’interno della darsena, senza l’utilizzo di un sistema di circolazione forzata, ma con alcuni accorgimenti che ne sostituiscano l’effetto.

Infatti abbiamo ritenuto di immettere l’acqua “fresca”, prelevata dal mare con due apposite pompe poste in stazione di pompaggio all’ingresso della darsena, attraverso un sistema di tubazioni (due separate) che rilasciano l’acqua in vari punti del bacino, in modo da rinnovare le varie zone dello specchio acqueo senza dover fare affidamento su un sistema di circolazione mediante mixers; mentre questi ultimi, nell’ipotesi precedente, erano responsabili del mescolamento dell’ acqua nuova in arrivo dalla pompa posta sul fondo della darsena nell’angolo sud-est, nel nuovo caso ipotizzato, l’immissione dell’acqua fresca in punti diversificati della darsena, in particolare quattro (vedi fig.3.9), rende possibile il rinnovo del volume idrico in zone adiacenti ai punti di immissione senza bisogno di una miscelazione forzata.

Questo nuovo sistema produce dei vantaggi essenzialmente sotto due aspetti:

- l’aspetto economico, in quanto l’impiego di due pompe per il pompaggio di acqua di mare nella darsena, anziché una pompa più quattro mixers come nel caso precedente, riduce i costi di acquisto ed installazione, nonché manutenzione dell’impianto tecnologico; inoltre saranno complessivamente ridotti i costi per il consumo di energia elettrica in fase di esercizio dell’opera. Di contro saranno maggiori i costi per l’impiego delle tubazioni, maggiori in numero, e della loro posa in opera, nonché per l’utilizzo di valvole di regolazione delle portate immesse, ma complessivamente si dovrebbe prospettare un risparmio di denaro, visto l’elevato costo delle pompe rispetto ai pezzi appena menzionati.

- l’aspetto dell’agitazione interna dell’acqua, in quanto il mancato impiego dei flo-makers, che producono una circolazione dell’acqua nel bacino, consente complessivamente una maggiore calma dell’acqua nella darsena; infatti l’immissione di acqua nei punti previsti con il nuovo sistema non produrrà sostanzialmente

(27)

un’agitazione maggiore dell’acqua di quella dovuta ai flo-makers, anche se tale ipotesi andrebbe avvalorata con uno studio più approfondito delle velocità imposte al volume idrico nei due casi, variabili nello spazio.

Gli svantaggi sono da individuare soprattutto nell’effetto reale che il nuovo sistema avrà sulla movimentazione d’acqua nel bacino, che se minore come prospettata, produrrà un ristagno di volumi più estesi dello specchio acqueo, in rapporto alla soluzione precedente, volumi nei quali l’acqua “nuova” in arrivo dalla stazione di pompaggio non riuscirà ad arrivare. Tale prospettiva potrà essere confermata, ancora una volta, solo da una modellazione idrodinamica.

Per quanto riguarda i dettagli tecnici del progetto, ai quattro sbocchi supposti, siano posizionate altrettante valvole di regolazione delle portate immesse, in modo da garantire una modulazione del flusso dell’acqua fresca nel bacino in fase di esercizio ed un immissione di portate puntuali in linea con quanto previsto nello studio di progettazione, di seguito riportato. In dettaglio, abbiamo quindi due sbocchi con portata immessa pari a 120

l

s

, ed altrettanti con portata immessa pari a 90

l

s

. La

portata complessiva di rinnovo immessa nel bacino è quindi di 420

l

s

, in grado

teoricamente ( da un semplice calcolo dei tempi richiesti per sostituire il volume d’acqua presente nella darsena, come già eseguito nell’ipotesi precedente ) di rinnovare l’intero volume acqueo in 37 ore.

Nel progetto dell’impianto, si è ritenuto di garantire una certa pressione minima per ognuno degli sbocchi, come vedremo in seguito; questo per garantire una certa forza di spinta dell’acqua in corrispondenza delle valvole di regolazione e quindi una velocità accentuata della stessa nei punti di immissione, con ovvi benefici sull’estensione delle aree di influenza del ricambio, per ogni sbocco.

(28)

Punt i d 'im mis s io ne reg o la ti da v a lvol e C o nd ot ta 1 '' P E 8 0 D=40 0 mm Q= 12 0 l /s

1

Co nd ot ta 1 ' P E 8 0 D=50 0 mm

2

Q= 90 l /s Con d o tt a in a c c ia io D=800mm Cond ott a 2' PE8 0 D=50 0 mm S ta z ione di s o lle v a m e n to: 2 pompe s o mme rg . a as se o ri z z . Fl ygt PP 4680 Q= 90 l /s

3

Condo tt a 2'' P E 8 0 D=40 0 mm Q= 12 0 l /s

4

(29)

La portata complessiva di acqua di rinnovo di 420

l

s

è prelevata dal mare

mediante due pompe PP 4680 Flygt (scheda relativa in Appendice), poste in stazione di sollevamento in prossimità dell’ingresso alla darsena; la stazione di sollevamento è collegata al mare mediante tubazione circolare in acciaio del diametro di 800 mm, lunghezza 165 m, posta in opera in posizione orizzontale per garantire la presenza nella stazione di sollevamento di acqua marina in condizioni idrostatiche; va ricordato anche qui l’impiego di accorgimenti tecnici all’imbocco della tubazione: griglia di protezione per garantire l’incolumità dei bagnanti e pezzo speciale a curva verso l’alto, con posizione orizzontale della sezione d’imbocco, per garantire una entrata minima di sedimenti marini trasportati dal moto ondoso.

La portata d’acqua “fresca” viene immessa nel bacino portuale attraverso l’utilizzo di due tubazioni in PE-AD separate, ognuna collegata ad una pompa diversa, che presentano in sezioni opportune degli sbocchi, ottenuti con l’impiego di pezzi speciali collegati alla tubazione principale. La tubazione di sinistra, vista nel senso del moto dell’acqua di ricambio, ha un lunghezza complessiva di 215 m (

L

1 nei successivi

calcoli ), con primo sbocco posto a 66 m (

L

1

'

), dalla stazione di sollevamento. Il

secondo sbocco, anch’esso regolato da valvola, dista quindi 149 m (

L

1

''

) dal primo

sbocco. La tubazione di destra, sempre nel senso del moto dell’acqua di ricambio, presenta invece una lunghezza di 255 m (

L

2), di cui 80 m (

L

2

'

) tra la stazione di

sollevamento ed il primo punto d’immissione e 175 m (

L

2

''

) tra il primo punto di

sbocco ed il secondo. Le tubazioni sono poste 50 cm al di sotto del fondo della darsena ( dal bordo superiore del tubo ), costeggiando le varie banchine nei tratti interessati.

(30)

3.3.2.2 Calcolo dell’ impianto per il ricambio idrico

Calcoliamo ora le perdite di carico totali tra la stazione di sollevamento ed i vari punti di immissione dell’acqua di mare nel bacino e controlliamo che con tali perdite le pompe ipotizzate PP4650 supportino la portata ipotizzata, garantendo la prevalenza necessaria. Tubazione 1 (fig.3.9): Perdite distribuite: Tratto 1’: Formula di Darcy-Weisbach

g

U

D

L

f

H

d

=

Δ

2

'

'

'

'

'

2 1 1 1 1 1 Inseriamo i valori: -

D

1

'

=

0

.

5

m

-

L

1

'

=

66

m

( lunghezza condotta )

-sec

069

.

1

196

.

0

sec

21

.

0

'

'

'

2 3 1 1

m

m

m

A

Q

U

sez

=

=

=

(velocità media in condotta)

-

)

0

.

023

'

,

'

.(Re

'

1 1 1

=

=

D

fz

f

ε

.

Il valore del coeff. d’attrito

f

1

'

è stato ricavato dall’abaco di Moody, entrando con i

valori di 1 1 5 1

4

.

11

10

'

'

'

Re

=

=

ν

D

U

e 4 1

10

1

500

05

.

0

'

=

=

mm

mm

D

ε

, dove il valore

assunto per

ε

è quello tipico di una condotta in PEAD a favore di sicurezza. In definitiva

Δ

H

1d

'

=

0

.

43

m

(31)

Tratto 1’’: Formula di Darcy-Weisbach

g

U

D

L

f

H

d

=

Δ

2

''

''

''

''

''

2 1 1 1 1 1 Inseriamo i valori: -

D

1

'

'

=

0

.

4

m

-

L

1

''

=

149

m

( lunghezza condotta )

-sec

716

.

0

126

.

0

sec

09

.

0

''

''

''

2 3 1 1

m

m

m

A

Q

U

sez

=

=

=

(velocità media in condotta)

-

)

0

.

026

''

,

''

.(Re

''

1 1 1

=

=

D

fz

f

ε

.

Il valore del coeff. d’attrito

f

1

'

'

è stato ricavato dall’abaco di Moody, entrando con i

valori di 1 1 5 1

2

.

20

10

''

''

''

Re

=

=

ν

D

U

e 4 1

10

25

.

1

400

05

.

0

''

=

=

mm

mm

D

ε

, dove il valore

assunto per

ε

è quello tipico di una condotta in PEAD a favore di sicurezza. In definitiva

Δ

H

1d

''

=

0

.

25

m

Quindi

Δ

H

1d

=

Δ

H

1d

'

+

Δ

H

1d

''

=

0

.

68

m

( perdita di carico totale distribuita allo sbocco finale della tubazione di sinistra ).

Prevalenza geodetica:

La prevalenza geodetica da superare si può porre di 0.5 m circa, per ogni tubo di sbocco, in quanto la condotta sarà posta in posizione orizzontale, mentre la sezione di sbocco del pezzo speciale presente ad ognuna delle immissioni sarà posta 1 m circa sopra alla posizione del tubo principale. Tuttavia va considerata la quota della posizione della pompa, che sarà rialzata rispetto al fondale della darsena di un valore maggiore di 0.6 m, per cui il valore assunto per la prevalenza geodetica è ampiamente cautelativo.

m

H

g

=

0

.

5

(32)

Perdite concentrate:

Le perdite di carico concentrate si avranno in corrispondenza dell’entrata dell’acqua nella tubazione di mandata ( in prossimità delle pompe ), nelle varie curve della condotta , in prossimità della zona di passaggio della condotta tra il diametro di 500 mm e quello di 400 mm ( restringimento di sezione, operato con pezzo speciale convergente con angolo di convergenza pari a 40°), in prossimità del primo sbocco nella condotta ( si ritiene trascurabile ).

Le perdite concentrate si calcolano con la nota relazione, funzione della velocità media della corrente:

g

U

K

H

c c

=

Δ

2

2

dove

K

c è funzione di vari parametri del moto e della condotta,

variabili a seconda dei casi.

- in uscita dalla pompa:

dalle tabelle fornite dal costruttore, per il modello usato, sapendo i valori della portata in uscita ( 210 l/s) ed il diametro della tubazione di mandata (500 mm), si ricava il valore di 0.2 m, comprensivo della perdita di carico in uscita e della perdita di carico nella valvola di ritegno. Quindi

Δ

Hc

u

=

0

.

2

m.

- nelle curve:

si può orientativamente porre, in base ai calcoli già effettuati a proposito per l’alternativa di progetto n°1, il valore di 0.1 m come perdita complessiva di carico nelle curve presenti nell’intero tratto della tubazione 1. Quindi

Δ

Hc

c

=

0

.

1

m.

- nella zona di restringimento graduale di condotta:

in questo caso, supponendo di utilizzare un pezzo speciale convergente con angolo di convergenza a 40°, si può utilizzare la stessa formula

H

c

K

c

U

2

g

2

=

Δ

, dove

K

c

è ricavabile da apposito grafico ( dovuto a Tatarinov ) ed è stimabile pari a 0.11 in funzione del rapporto

D

1

'

'

D

1

'

tra i diametri della condotta prima e dopo il

restringimento, mentre U è la velocità media in condotta a monte del restringimento. Quindi

Δ

Hc

r

=

0

.

0064

m.

(33)

Perdite di carico totali:

In definitiva si può valutare la prevalenza totale che la singola pompa collegata alla tubazione di sinistra deve fornire, per far arrivare l’acqua allo sbocco finale della prima condotta (sx):

Δ

H

1Tot

=

Δ

H

1d

+

Δ

H

g

+

Δ

H

1c

=

0

.

68

m

+

0

.

5

m

+

0

.

306

m

1

.

5

m

.

Inoltre, per avere una buona velocità della corrente allo sbocco, consideriamo che in prossimità dello stesso la corrente sia dotata di una pressione residua di almeno 0.5 m. La prevalenza da vincere diventa 1.5 + 0.5 = 2.0 m.

Dai grafici di Fig. 3.4, si vede che la prevalenza è effettivamente fornibile dal modello scelto ( PP4680 ), per la portata in esame ( 210 l/s), per cui la bontà di scelta del modello è confermata.

Nel primo punto di sbocco, posto ad una distanza

L

1

'

=

66

m

dal punto di mandata, la

quota piezometrica dell’acqua, sotto le ipotesi di cui sopra, sarà pari al minimo a

(

H

)

m

m

p

1

=

0

.

5

+

Δ

d1

''

=

0

.

75

, quindi la pressione residua allo sbocco è anch’essa ampiamente sufficiente.

(34)

Tubazione 2 (fig.3.9)

Non si riportano i calcoli effettuati per la valutazione delle perdite di carico in questa tubazione, in quanto analoghi ai precedenti, salvo l’utilizzo di diversi valori per le lunghezze dei tratti a diametro costante e per le portate da associare agli stessi. Si riporta, invece, un breve riassunto dei valori principali di base e di quelli ricavati dai calcoli: -

D

2

'

=

0

.

5

m

,

D

2

''

=

0

.

4

m

-

L

2

'

=

80

m

,

L

2

''

=

175

m

-

s

l

Q

2

'

=

210

,

s

l

Q

2

''

=

120

-

ε

=

0

.

05

mm

(PEAD) -

Δ

H

2Tot

=

Δ

H

2d

+

Δ

H

g

+

Δ

H

2c

=

1

.

01

m

+

0

.

5

m

+

0

.

326

m

1

.

83

m

Naturalmente i valori precedenti, se con un apice si intendono riferiti al tratto di tubazione di destra prima del primo sbocco, se con due al tratto successivo della stessa condotta.

Se si aggiungono gli 0.5 m che vogliamo garantire allo sbocco finale, la prevalenza che la pompa deve fornire è di 2.33 m, quindi per la portata suddetta (210 l/s) il modello scelto è ancora in grado di soddisfare la richiesta (Fig.3.4).

(35)

3.4. Un esempio d’intervento per il miglioramento della qualità dell’acqua: il porto di Senigallia (AN)

3.4.1. Descrizione del progetto

In Italia non esistono ancora molti casi di applicazione di circolazione idrica artificiale e/o ricambio forzato dell’acqua di bacini portuali.

Non sempre, infatti, i benefici derivanti da tali interventi sono così rilevanti rispetto ai costi di installazione e soprattutto di manutenzione, da indurre i gestori dei porti a optare per tali soluzioni.

Tuttavia esiste un numero considerevole di siti dove il problema dell’inquinamento dell’acqua e di uno scarso ricambio idrico sono molto rilevanti e necessiterebbero di essere in qualche misura affrontati.

L’Adriatico, ad esempio, è un mare con modestissime escursioni di marea (che di solito contribuiscono al ricambio di acqua nei porti), per questo il ricambio idrico nei bacini portuali e soprattutto nelle darsene è già di per se sfavorito. Inoltre la qualità dell’acqua non è in molti siti buona, per questo la proliferazione algale è spesso accentuata e il ristagno nei bacini più chiusi diventa un problema di elevata importanza.

Alcuni interventi per ovviare a tali aspetti sono stati realizzati da qualche anno a questa parte. Tra gli altri il ricambio idrico forzato nella marina di Rimini e un intervento con le stesse finalità nella marina Dorica di Ancona.

La soluzione che andiamo ad illustrare è quella realizzata alcuni anni fa (gli impianti sono in funzione dal 2000) nel porto di Senigallia (AN), il quale rappresenta un esempio di darsena interna al litorale, per questo comparabile con la darsena in progetto.

In particolare il porto di Senigallia è costituito da 3 darsene ( vedi figura seguente ), di cui 2, le più distanti in linea d’aria dal mare, utilizzate dai pescherecci, mentre una, più grande, ad uso turistico.

(36)

Fig. 3.10. Planimetria del porto di Senigallia

In particolare la darsena ad uso turistico ha pianta rettangolare (dimensioni approssimative 200 x 120 m ) ed è confinante su 2 lati con il mare e su un lato con il porto canale del fiume Misa che consente l’accesso alle darsene; la profondità del bacino è di circa 2.5 m ( livello utile acqua ).

L’accesso al bacino suddetto avviene attraverso un canale di transito ( larghezza circa 15-16 m e lunghezza circa 240 m ), sul quale si aprono i 2 bacini secondari ad uso peschereccio.

Di questi il primo ha forma allungata, di dimensioni appross. 100 x 40 m, il secondo ha forma piuttosto irregolare ed è posto in prossimità della fine del canale di transito, laddove c’è l’apertura di collegamento ( larghezza circa 20 m ), tra il canale di transito interno ed il porto canale.

(37)

La particolarità di questo porto, oltre all’uso promiscuo da parte di imbarcazioni da diporto e pescherecci, è che l’unico accesso alle darsene è rappresentato dal fiume Misa, per cui il ricambio d’acqua da parte del mare è notevolmente sfavorito.

Foto 3.1. Veduta aerea della darsena turistica

Per favorire una maggiore circolazione idrica ed un maggior ricambio, all’atto della costruzione della banchina lato mare, venne costruito un canale di collegamento con il mare aperto ( vedi figure successive ).

(38)

Fig. 3.11. Canale di collegamento con il mare aperto realizzato nella banchina lato mare (stralcio della planimetria in Tav.4 del progetto “Lavori di miglioramento e riqualificazione del

porto di Senigallia per nuove attività turistiche Pic-Pesca )

Il canale, largo 5.10 m, è stato nel tempo ostruito, lato mare, con scogli naturali ed artificiali, per evitare la propagazione sia del moto ondoso all’interno della darsena, sia della sabbia. Mentre l‘ostruzione è risultata efficiente per bloccare l’ingresso delle onde, è risultata completamente inefficace nei confronti dell’entrata della sabbia; in occasioni di mareggiate, infatti, una grande quantità di sabbia entrava nella darsena rendendola addirittura inagibile; ciò costringeva ad interventi di dragaggio che sono onerosi dal punto di vista economico, ma anche difficili da effettuare nel rispetto delle normative vigenti. Inoltre, se le mareggiate si verificavano all’inizio del periodo estivo, la darsena rischiava poi di rimanere inagibile durante tutta la stagione turistica, con gravi danni economici e di immagine per il porto.

(39)

Nel marzo 1998, prima della stesura del ‘progetto di miglioramento e riqualificazione del porto di Senigallia Pic-Pesca’, il canale era completamente ostruito dalla sabbia ed all’interno si era creato un deposito che aveva ridotto il tirante d’acqua a soli -50 cm. Per ovviare a tale inconveniente il progetto suddetto ha previsto la chiusura del canale tramite palancolata di tipo “Larssen” in acciaio nella parte interna e formazione di scogliera sul lato mare ( vedi stralci di tavole e foto seguenti ).

Fig..3.12. Particolare della chiusura del canale di collegamento con il mare aperto (stralcio della planimetria in Tav.5 del progetto “Lavori di miglioramento e riqualificazione del porto di

Senigallia per nuove attività turistiche Pic-Pesca )

La circolazione idrica necessaria al mantenimento di una buona qualità dell’acqua all’interno del porto è stata quindi affidata ad un impianto meccanico, costituito da 2

Figura

Fig. 3.1  Quadro d’inserimento delle ipotesi progettuali di darsena interna
Fig. 3.2  Terza ipotesi progettuale, Specchio  acqueo: 28000  m 2 , Posti barca : 413
Fig .3.7  Configurazione 1 del modello di bacino portuale ( studio Milano-Venutelli, 1989)
Fig. 3.10.  Planimetria del porto di Senigallia
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Riferimenti

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