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Capitolo 4

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Academic year: 2021

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Capitolo 4

Il modello CFD

4.1. Equazioni di bilancio.

Lo studio fluidodinamico del kayak rappresenta un caso di moto esterno, nel quale l’oggetto viene investito da due fluidi, l’aria e l’acqua. Il modello CFD sviluppato per questo studio riproduce numericamente una sorta di galleria del vento: il kayak viene tenuto fermo e i due flussi lambiscono le superfici dello scafo.

Le equazioni alle derivate parziali che costituiscono il modello matematico non possono essere risolte in forma chiusa. Solo per alcuni casi semplici una soluzione analitica esiste; ma in tutti gli altri casi è necessario ricorrere a tecniche di discretizzazione delle equazioni e di approssimazione numerica.

Gli studi di fluidodinamica in ambito navale hanno lo scopo di conoscere i campi di pressione e di velocità, con riferimento in particolare alla porzione sommersa dell’imbarcazione: in questo modo è possibile calcolare le forze e i momenti che agiscono sullo scafo.

Il codice di “Computational Fluid Dynamic” (CFD) risolve le equazioni di conservazione della Massa (Mass) e della Quantità di moto (Momentum) in maniera approssimata, con un’accuratezza che dipende dalle caratteristiche del modello e dalle risorse di calcolo (“Hardware” e tempo). A seconda dello studio in questione, vengono risolte ulteriori equazioni, come ad esempio il bilancio dell’Energia, e gli scambi termici.

Nel problema in questione, data la presenza contemporanea di due fluidi che investono il kayak, è necessario inserire un’ulteriore equazione che tenga conto appunto della presenza dei due fluidi (modello “multifase”). Per questa tipologia di problemi si adotta il modello chiamato VOF (Volume of fluid)9, che sarà descritto in seguito.

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4.1.1. Equazione di conservazione della massa.

L’equazione di conservazione della massa, o equazione di continuità, all’interno di un volume di controllo definito, è data dalla seguente relazione:

( )

S x ρu t ρ i i = ∂ ∂ + ∂ ∂ (4-1)

dove S rappresenta la sorgente della massa (nello studio effettuato S=0).ρ è la densità del fluido, ui sono le componenti della velocità u della miscela (aria-acqua). La formula vale sia nel caso di fluidi comprimibili che incomprimibili. In questo ultimo caso si annulla il primo termine a primo membro e l’equazione diventa:

0 = ∂ ∂ i i x u (4-2)

Questa è l’equazione risolta nel presente studio poiché entrambi i fluidi sono considerati incomprimibili.

4.1.2. Equazione di conservazione della quantità di moto.

L’equazione di conservazione della quantità di moto (Momentum) esprime l’uguaglianza tra la variazione istantanea della quantità di moto e la somma delle forze che agiscono sulla singola particella di fluido. L’equazione, scritta in forma differenziale, supponendo la densità costante (fluido incomprimibile) è data da:

i ij τ F x p x x u u t u i j j i j i + r ∂ ∂ − ∂ ∂ = ∂ ∂ + ∂ ∂ ρ ρ (4-3)

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dove p è la pressione statica, τij rappresenta il tensore delle azioni viscose, ossia la

componente deviatorica del tensore di Cauchy (τ =σ − pI) e Fi

sono le forze di volume agenti.

L’equazione della conservazione della quantità di moto è completata dalla relazione che lega il campo delle velocità a quello tensionale, che per un fluido con un comportamento di tipo Newtoniano risulta:

ij i i j i i j ij x u x u x u δ µ µ µ τ       ∂ ∂       − +         ∂ ∂ + ∂ ∂ = 3 2 ' (4-4)

dove δ è il delta di Kronecker, ij µ è la viscosità del fluido e µ' è il modulo di bulk (generalmente trascurabile per fluidi molto densi). Considerando il fluido incomprimibile, si può trascurare il secondo termine a secondo membro ottenendo la seguente relazione:

        ∂ ∂ + ∂ ∂ = j i i j ij x u x u µ τ (4-5)

Inserendo questa relazione costitutiva nell’equazione di conservazione della quantità di moto, si ottengono le equazioni di Navier-Stokes per fluidi incomprimibili:

( )

( )

i i 2 i 2 j i j i µ F x p x u x u u t u i r + ∂ ∂ − ∂ ∂ = ∂ ∂ + ∂ ∂ ρ ρ (4-6) 4.2. La turbolenza

Come già accennato in precedenza, il comportamento dell’acqua attorno allo scafo di un kayak assume, normalmente, carattere turbolento. Nella superficie dello scafo si forma uno

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strato limite in cui la velocità del fluido cambia rapidamente da 0 al valore della corrente indisturbata. Non appena una particella fluida avanza all’interno del boundary layer, inizia a distorcersi a causa del gradiente di velocità presente in questa zona e a ruotare: la velocità nella parte alta di questa zona è maggiore rispetto a quella prossima allo scafo. Si creano moti vorticosi (moto rotazionale), ossia con una vorticità “non-nulla”.

Ad una certa distanza dalla prua lo strato limite diventa turbolento e le particelle diventano fortemente distorte a causa della natura casuale e irregolare della turbolenza (è un’instabilità del campo di velocità).

La transizione dal flusso laminare a quello turbolento avviene, come già detto, per numeri di Reynolds compresi fra 105 e 106 (numero di Reynolds critico, Recr) in funzione della rugosità della superficie e della presenza di turbolenza nella corrente lontana dallo scafo. Identificare un preciso numero di Reynolds al punto di transizione è abbastanza complesso. La transizione può avvenire non in un punto ma in una zona dello scafo: questo è dovuto alla irregolarità della transizione (“spottiness”). Tipicamente la transizione inizia in alcuni punti casuali, laddove il numero di Re uguaglia Recr. Questi punti di inizio turbolenza si sviluppano più rapidamente verso la poppa finchè l’intera chiglia non è ricoperta dal flusso turbolento.

Il complesso fenomeno di transizione da laminare a turbolento riguarda l’instabilità del campo di velocità.

La transizione da laminare a turbolento implica un cambiamento nella forma del profilo di velocità dello strato limite. I profili di velocità turbolenti sono piuttosto piatti, hanno un elevato gradiente di velocità in prossimità della parete e producono uno spessore dello strato limite più grande rispetto a quello del moto laminare.

Le componenti della velocità, ad esempio, assumono la seguente formulazione:

) , ( ' ) (x U x t U U = + (4-7)

dove U(x) è la componente media della velocità e U’(x,t) rappresenta le quantità fluttuanti nel fluido.

Un’approssimazione analitica del moto turbolento può essere data esprimendo la velocità e la pressione come somma di una componente media e di una oscillante. Queste fluttuazioni sono vincolate a restare all’interno di uno spettro di valori in termini di frequenza e di

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ampiezza. Questo spettro dell’energia cinetica turbolenta può essere analizzato utilizzando degli strumenti statistici dai quali si possono derivare tutta una serie di formulazioni per le equazioni di conservazioni di massa e quantità di moto.

La più usata di queste operazioni è nota come media di Reynolds (“Reynolds averaging”), e sta alla base delle equazioni RANSE (“Reynolds-averaged Navier Stokes Equations”).

La media è una media nel tempo; su un periodo lungo abbastanza cosicché le misurazioni separate diano lo stesso risultato. Difficoltà procedurali si possono raggiungere quando le condizioni imposte sono non stazionarie, ma a noi non serve far questa considerazione.

Così per fare la media di una quantità generica Q significa

∆ = 2 1 1 t t Qdt t Q (4-8)

Dove t è grande paragonato a qualunque dimensione temporale inclusa nella variazione di Q.

4.2.1. Le equazioni della turbolenza

Dividendo la velocità in una parte media ed in una parte fluttuante, l’equazione della continuità diventa:

(

+ '

)

∂ =0.

Ui U i xi (4-9)

Facendo la media di questa equazione si ottiene:

. 0 = ∂

Ui xi (4-10)

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Eseguendo le stesse operazioni per le equazioni di Navier- Stokes si ha: 2 2 1 j i i j i j j i j i x U x P x u u x U U t U ∂ ∂ + ∂ ∂ − = ∂ ∂ + ∂ ∂ + ∂ ∂ ν ρ (4-11)

la quale, con l’aiuto dell’equazione di continuità, la componente x può essere scritta, opportunamente aggiustata, come:

    ∂ ∂ ∂ ∂ +       − ∂ ∂ ∂ ∂ +       − ∂ ∂ ∂ ∂ + − =       ∂ ∂ + ∂ ∂ + ∂ ∂ ' ' ' ' ' ) ( ) ( ) ( 2 _2 w u z u z v u y u y u x u x dx dP z uw y uv x u ρ µ ρ µ ρ µ ρ (4-12)

L’equazione per la velocità media Ui differisce dall’equazione del flusso laminare per

l’aggiunta dei termini in cui erano presenti le componenti delle fluttuazioni che rappresentano l’azione delle fluttuazioni della velocità sul flusso medio. Esso è frequentemente paragonato al termine viscoso: si può osservare come questo modifica la velocità.

Osservando il secondo membro dell’equazione e considerando in particolare il termine

      − ∂ ∂ ∂ ∂ ' ' 1 v u y u y µ ρ ρ (4-13)

Si osserva che le fluttuazioni della velocità producono una tensione sul flusso medio. La quantità

(

−ρu'v'

)

, e più in generale la quantità

(

−ρui'uj'

)

, è chiamata tensione di Reynolds, ed è originata dalla natura turbolenta del flusso.

La tensione di Reynolds nasce dalla correlazione di due componenti delle fluttuazioni delle velocità nello stesso punto. Un valore non nullo di questa correlazione implica che le due componenti non sono indipendenti l’una dall’altra.

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4.2.2. Il modello k-ω

La necessità di introdurre un modello turbolento deriva dalla necessità di calcolare la tensione di Reynolds. Una risoluzione analitica di queste equazioni è impossibile nella pratica: ciò comporterebbe infatti degli elevati costi computazionali non sostenibili per pratici calcoli ingegneristici.

Ci sono molti modi nei quali si può arrivare ad un risultato, chiaramente effettuando una serie di assunzioni e di semplificazioni. La trattazione teorica è molto complessa e non verrà trattata. E’ possibile ricordare due possibili approcci, impiegati anche dal CFD nella risoluzione del problema fluidodinamico.

Il metodo più semplice per modellare l’effetto di turbolenza è quello di assumere che l’effetto combinato delle tensioni di Reynolds è una sorta di viscosità addizionale che produce ulteriori tensioni date dal prodotto fra la viscosità turbolenta e il gradiente locale di velocità. Il calcolo di questa viscosità può esser fatto in vari modi, il modello più comunemente utilizzato è quello k-ε, un modello di turbolenza in due equazioni, nel quale si ha:

ε

ν Cµk

e = (4-14)

dove C è una costante con valore normalmente attorno a 0.09, k è l’energia cinetica µ turbolenta per unità di massa e ε rappresenta il rateo di dissipazione dell’energia cinetica turbolenta per unità di massa.

Nel modello standard k-ε, k e ε sono calcolate utilizzando due equazioni di trasporto in cui sono presenti i termini di avvezione e di diffusione e quello di produzione e di dissipazione. Senza entrare nei dettagli, il modello k-ε è generalmente applicabile in problemi con flussi aventi alti numeri di Reynolds con una struttura omogenea della turbolenza. Per i flussi stazionari nell’ingegneria navale, questo approccio è generalmente insoddisfacente, soprattutto nella fase iniziale di assestamento del dominio fluido.

La scelta del modello di turbolenza adeguato, in generale, dipende dal problema analizzato e non esistono regole generali. Il modello che è sembrato più adatto e quindi che è stato adottato nello studio è il k-ω. Nel caso del modello “k-ω” (come del resto per “k-ε”)

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vengono risolte due equazioni di trasporto addizionali, una per l’energia cinetica turbolenta, k, ed una per il tasso specifico di dissipazione ω.

Il modello “k-ω Standard”10 in Fluent è basato sul modello k-ω di Wilcox, che incorpora modifiche per gli effetti dei bassi numeri di Reynolds, della comprimibilità e della diffusione del flusso di taglio. Il modello di Wilcox predice la velocità di dispersione per flussi liberi da sforzi tangenziali che sono in stretta concordanza con le misure per scie distanti, strati miscelati e getti planari, circolari e radiali ed è così applicabile a flussi vicino la parete e flussi di taglio liberi.

4.3. Modello “Multiphase”.

Per effettuare lo studio della resistenza d’onda è necessario considerare due fluidi. Un modello multifase (“multiphase”) consente di considerare due fasi, in questo caso aria e acqua. Risolvendo un’ulteriore equazione per conoscere la distribuzione delle fasi nel dominio di calcolo, le equazioni precedenti sono riformulate per la miscela dei due fluidi. Nel caso specifico, risulterà la presenza di una superficie di interfaccia tra due zone omogenee. Le onde generate dall’imbarcazione che procede nel dominio fluido saranno calcolate come “increspatura” nella zona di interfaccia fra le due fasi.

Il codice Fluent possiede differenti tecniche per la risoluzione di modelli multifase, ognuno dei quali ha un preciso campo di applicazione. Il modello che meglio soddisfa le esigenze del calcolo nel problema in questione è il VOF (“Volume of fluid”).

Il modello VOF è un modello che considera due o più fluidi non miscibili fra loro: in quei casi l’interfaccia fra gli stessi fluidi rappresenta la vera incognita del problema.

Il VOF può modellare due o più fluidi non miscibili risolvendo un singolo set di equazioni di conservazione della quantità di moto e successivamente tracciando la frazione di volume di ognuno dei due fluidi attraverso l’intero dominio. Questo tipo di modello multifase ha però delle limitazioni fra cui le principali sono:

10

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- occorre utilizzare sempre il “segregated solver” e non è possibile impiegare il “coupled”, ossia le equazioni di continuità e di conservazione della quantità di moto devono essere risolte in modo seriale e non contemporaneamente nell’ambito della stessa iterazione;

- solo una fase può essere comprimibile;

- non è compatibile con tutti i modelli di turbolenza

Nella formulazione VOF si considera la frazione di volume della q-esima fase nel punto (αq). E’ evidente quindi che la somma delle frazioni di volume di tutte le fasi deve essere pari ad 1 in ogni punto del dominio.

Analiticamente vale la seguente relazione:

1 1 =

= n q q α (4-15)

dove n è il numero di fasi presenti nel dominio fluido (n=2 nello studio che seguirà). I campi di pressione, velocità sono condivisi fra le fasi e rappresentano dei valori ponderati sulla frazione di volume della singola fase (sono, come già accennato, relativi alla miscela). Ad esempio se la k-esima frazione di volume del fluido all’interno di una cella è definita da un coefficiente αq, allora sono possibili 3 condizioni:

- 0αq = : nel punto il q-esimo fluido non è presente - αq =1: il q-esimo fluido è l’unico presente

- 10<αq < : nel punto si ha una miscela dei fluidi

Per la k-esima fase, l’equazione di bilancio assume la seguente forma:

q q i q i q S x v t ρ α α α = ∂ ∂ ⋅ + ∂ ∂ (4-16)

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dove Sq, a secondo membro, è un termine di sorgente che nel caso in studio assume valore pari a zero.

L’equazione del volume fraction non viene risolta per la fase primaria (“primary phase”); infatti la frazione di volume di questa all’interno di ogni cella sarà calcolata con l’equazione (4-15).

Le proprietà che compaiono nell’equazione di trasporto sono determinate dalla presenza delle fasi componenti in ogni volume di controllo. In un sistema a due fasi come questo, se le fasi sono nominate k e h come in precedenza, e se deve essere tracciata la frazione di volume di h, la densità in ogni cella è data da:

k h h h ρ α ρ α ρ = ⋅ +(1− )⋅ (4-17)

Formulazioni analoghe esistono anche per le altre proprietà (ad esempio la viscosità).

4.4. Il Modello numerico

4.4.1. Generalità

Per il caso in studio si è scelto di utilizzare il metodo implicito perchè, data la complessità della superficie del kayak e l’elevato numero di celle, si hanno grandi tempi di calcolo. Questo è possibile perchè le onde che vengono generate dallo scafo del kayak sono stazionarie e quindi è lecito effettuare la simulazione in “stazionario”.

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4.4.2. Schemi di applicazione VOF

Esistono quattro schemi di applicazione del modello VOF all’interno del CFD Fluent: “geo-reconstruct”, “donor-acceptor”, “Euler explicit”, e “implicit”; i primi tre sono di tipo esplicito e necessitano quindi di ricercare una soluzione dipendente dal tempo (studio non stazionario). L’ultimo invece ha una formulazione implicita: questo permette di studiare il problema anche in regime stazionario (“steady state”), con notevole risparmio in costi computazionali.

I modelli “geo-reconstruct” e “donor-acceptor” consentono un trattamento speciale delle celle che si trovano all’interfaccia fra le due fasi. Gli altri due invece trattano tutte le celle del dominio con un comune schema di interpolazione, richiedendo però l’utilizzo di schemi di discretizzazione più alti per la risoluzione dell’equazione del VOF allo scopo di aumentare l’accuratezza in prossimità dell’interfaccia.

4.4.3. Schema Implicito

Nel metodo di interpolazione implicito, vengono impiegati degli schemi standard di interpolazione alle differenze finite. L’equazione per ogni singola cella diventa:

⋅ = + ⋅ ∆ − + + + f n f q n f n q n q U V t ( ) 0 1 , 1 1 α α α (4-18) dove:

n + 1 = indice che identifica l’iterazione corrente n = indice che identifica l’iterazione precedente

f q,

α = valore della faccia f-esima della q-esima frazione di volume, calcolata con schemi di interpolazione del primo o secondo ordine o di tipo QUICK

V = volume della cella

Uf = flusso di volume attraverso la faccia, basato considerando la velocità perpendicolare a questa.

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4.4.4. Effetto della tensione superficiale

La tensione superficiale fra i due fluidi aria e acqua nella zona di interfaccia concorre a definire la superficie di interfaccia.

La formulazione VOF può considerare gli effetti della tensione superficiale lungo l’interfaccia fra ogni coppia di fasi. Nel modello infatti è possibile inserire un valore (costante o variabile) per la tensione superficiale: in questo studio è stato considerato un coefficiente costante.

La tensione superficiale si presenta come il risultato delle forze di attrazione fra le molecole all’interno di un fluido. Essa agisce soltanto sulla superficie ed è richiesta per mantenere l’equilibrio in ogni istante e nella zona di separazione tra i due fluidi agisce in modo da minimizzare l’energia libera, diminuendo in tal modo l’estensione superficiale dell’interfaccia.

Nel codice Fluent è implementato il modello continuo di forza di superficie (“continuum surface force” CSF). Con questo modello la tensione superficiale è considerata come un termine di sorgente nell’equazione di conservazione della quantità di moto, presente solo all’interfaccia tra i fluidi. Se si considera il caso di tensione superficiale uniforme sulla superficie, si ha una distribuzione di azioni perpendicolari alla stessa. In questo caso il salto di pressione attraverso l’interfaccia dipende dal coefficiente di tensione superficiale σ e la curvatura superficiale è misurata da due raggi fra loro ortogonali R1 e R2:

      + ⋅ = − 2 1 2 1 1 1 R R p p σ (4-19)

dove p1 e p2 sono le pressioni dei due fluidi dai lati opposti dell’interfaccia.

La formulazione CFS in Fluent calcola la curvatura della superficie attraverso i gradienti locali sulla superficie perpendicolari all’interfaccia. Se con “n” si indica il vettore ortogonale alla superficie, definito come il gradiente della frazione di volume della q-esima fase, αq, si ha:

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q n=∇α (4-20) e per la curvatura k: n k =∇⋅ ˆ (4-21)

dove rappresenta il versore unitario definito da

n n nˆ=

La tensione superficiale è calcolata come salto di pressione attraverso la superficie e, mediante il teorema della divergenza, come una forza di volume sulla superficie. E’ proprio questa forza di volume che rappresenta il termine di sorgente aggiunto all’equazione di conservazione della quantità di moto, il cui valore è dato dalla formula seguente:

(

)

< + ∇ ⋅ ⋅ ⋅ + ∇ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ = j i j i j i i i j j j j i i j i vol k k F , , , 2 1 ρ ρ α ρ α α ρ α σ (4-22)

L’espressione riportata è valida sempre, anche nel caso in cui le fasi siano più di due. Ma nel caso di due fluidi, si ha che ki = -kj e ∇αi =−∇αje quindi l’equazione si semplifica diventando: = vol F

(

i j

)

i i j i k ρ ρ α ρ σ + ∇ ⋅ ⋅ ⋅ 2 1 , (4-23)

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dove ρ è la densità della miscela. L’equazione (4-23) mostra come il termine sorgente della tensione superficiale per ogni cella sia proporzionale alla densità media in quella cella.

4.5. Formulazione del modello numerico del kayak.

Affinché la formulazione VOF soddisfi il problema multifase è necessario, durante la fase di impostazione dei parametri, seguire alcuni suggerimenti. Questi sono necessari anche per far si che durante il calcolo la soluzione non diverga.

E’ possibile quindi fare una sorta di riepilogo, elencando le strategie da utilizzare nella formulazione VOF relative al modello stazionario implicito:

- E’ necessario impiegare il risolutore di tipo “segregated”

- Tutti i volumi di controllo devono essere riempiti o da una singola fase o da una combinazione di entrambe; non possono esistere zone in cui non è presente alcuno dei due fluidi

- Il modello VOF non può essere utilizzato con gli “inviscid flows” - Occorre implementare la tensione superficiale al calcolo;

- Gli ingressi dei due fluidi devono essere distinti;

- E’ richiesto, per meglio rappresentare l’interfaccia, uno schema di discretizzazione di ordine elevato, utilizzando ad esempio un “SECOND ORDER” o un “QUICK” per l’equazione del VOF. Fluent permette infatti la scelta dello schema di discretizzazione per i termini di ogni equazione. Quando, come nel problema in questione, si impiega un risolutore “segregated”, tutte le equazioni di governo sono risolte impiegando per default degli schemi di primo ordine. La differenza fra i due schemi può essere descritta in questo modo. Quando un fluido è allineato con la griglia (flusso laminare in un condotto, ad esempio) una discretizzazione del primo ordine può essere accettata. Però se il flusso non è allineato (magari la attraversa obliquamente) uno schema di primo ordine aumenta l’errore numerico di discretizzazione per ogni iterazione. Dato che gli elementi utilizzati per la mesh del kayak sono triangolari e esaedrici, il flusso non risulterà mai allineato con la griglia, e in particolar modo in prossimità del piano di galleggiamento dove le due fasi sono a contatto.

- In molti casi, in parte anche in questo, il moto delle fasi è dovuto agli effetti gravitazionali (soprattutto nella fase di riempimento, come si vedrà nei prossimi capitoli). Per

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far ciò occorre inserire il valore della forza di gravità (9.81 m/s2) all’interno delle “Operating Conditions”. Questo non basta, dato che c’è la presenza contemporanea di due fluidi: occorre infatti specificare la “Specified Operating Density”, ossia la densità di pressione operativa riferita alla fase più leggera (nel problema in questione l’aria). E’ come andare a posizionare un sensore di pressione nel volume di aria ad una certa distanza dal piano di galleggiamento.

- Per problemi come questo, nei quali sono inserite le forze peso, è raccomandato inserire il trattamento “Implicit Body Forces” all’atto della scelta del modello multifase. Questo trattamento migliora la convergenza della soluzione stimando l’equilibrio parziale del gradiente di pressione e le forze di tensione superficiale all’interno delle equazioni di conservazione della quantità di moto.

- Un altro fattore nell’impostazione dei parametri è legato alla scelta dello schema di interpolazione della pressione. Nei problemi che coinvolgono elevati valori di “body forces” (come la gravità e la tensione superficiale), e in particolar modo nel modello VOF, è raccomandato l’utilizzo dello schema “Body-Force-Weighted”.

Oltre a tutte queste impostazioni di calcolo, c’è un altro fattore che influenza molto l’esito della soluzione: la mesh. Questo fattore riguarda tutti i problemi CFD, ma viene sentito in particolar modo nell’approccio ai fluidi multifase: infatti, per meglio descrivere il comportamento della zona in prossimità dell’interfaccia fra aria e acqua, occorre che le celle siano molto fitte. Infatti anche impiegando la migliore combinazione fra tutte le impostazioni sopra descritte, dettagli della soluzione più piccoli della dimensione della mesh (in particolar modo all’interfaccia) non possono essere rilevati.

Questo fattore limita molto le possibilità durante la generazione della mesh, e sarà trattato in maniera approfondita nel capitolo che segue.

Si può notare, dunque, quanto sia complesso modellare un problema multifase a causa dell’interdipendenza di un numero elevato di variabili.

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