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CAP.10 – DISCUSSIONI e CONCLUSIONI

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Academic year: 2021

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CAP.10 – DISCUSSIONI e CONCLUSIONI

Da una prima valutazione della Tab. 9.8, si nota come il valore del colesterolo sia normale in tutti i gruppi, ad eccezione dell’ectasia delle vie biliari extraepatiche anche se quest’ultimo risultato è da considerare poco significatico perché ottenuto da soli due casi.

Si può anche osservare come in tutte le popolazioni vi sia un aumento dei valori enzimatici rispetto al loro range di normalità, ad eccezione dei 14 casi con ectasia delle vie biliari intraepatiche poichè presentano γGT e bilirubina totale nella norma con ALP e ALT poco al di sopra del valore soglia.

Negli altri gruppi ecografici si evidenzia, inoltre, un maggior rialzo dei valori enzimatici relativi alla funzionalità biliare nei casi in cui sia presente un fenomeno flogistico, cioè nei gruppi della colecistite (27 casi), della colecistite con fango (19 casi) e della colecistite con estasia delle vie biliari intraepatiche (9 casi).

Questo è spiegabile col fatto che la colecistite, in quanto fenomeno infiammatorio, è responsabile del rilascio di citochine proinfiammatorie tra cui il Tumor Necrosis Factor-α (TNF-α), l’Interleuchina-1e l’Interleuchina-6 che sono potenti induttori di colestasi (Mosely, 2004).

Nei gruppi con assenza di processo infiammatorio i valori enzimatici, seppur superando alle volte il limite di riferimento, presentano un indice inferiore. Nel gruppo del fango biliare questo si può spiegare col fatto che il suo reperto nella pratica clinica può essere assolutamente occasionale e spesso è evidenziato in cani con assenza sia di sintomatologia clinica sia di alterazione enzimatica riferibile a patologia delle vie biliari (Bromel C. e coll., 1998). Infatti nel nostro studio abbiamo riscontrato, ecograficamente, la presenza di fango biliare in 34 casi appartenenti a patologie extra apparato digerente, sui 57 totali.

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Nel caso del gruppo delle ectasie delle vie biliari intraepatiche probabilmente è dovuto al fatto che questo quadro ecografico rappresenta lo stato iniziale di una patologia ancora non rilevabile attraverso le alterazioni dei parametri enzimatici.

Le ALT hanno una elevata utilità diagnostica in quanto risultano le più sensibili a riflettere un danno strutturale o funzionale degli epatociti. Un incremento delle ALP e delle γGT è indicativo di colestasi, così come anche l’aumento della concentrazione sierica degli acidi biliari. L’ipercolesterolemia, al contrario, è un valore poco specifico di colestasi, come infatti abbiamo riscontrato dal nostro studio che è risultato elevato solo nell’ectasia delle vie biliari extraepatiche mentre è rimasto nella norma nell’ectasia delle vie intraepatiche. Se però noi applichiamo il test ANOVA si evidenzia che solo le ALP presentano un aumento statisticamente significativo dei valori tra il gruppo 1 e tutti gli altri (P<0,05). La valutazione statistica dei valori delle medie all’interno degli altri gruppi enzimatici, invece, ha sempre dato P>0,05, quindi un risultato statisticamente non significativo, sia in gruppi a cui appartenessero soggetti con presenza di fenomeno flogistico, sia in gruppi che presentavano solo addensamento biliare o ectasia intraepatica.

Dal momento che proprio il fango biliare è stato oggetto di discussione tra gli studiosi circa il suo ruolo organico, e visto che i primi tre gruppi sono quelli numericamente più significativi, abbiamo voluto applicare un altro test sui gruppi 1, 2 e 3 per avere una conferma della nostra valutazione. Abbiamo valutato la relazione esistente tra la media del valore delle ALP nei 3 gruppi con il Test del grafico a punti il quale, analizzando le distribuzioni dei campioni delle singole popolazioni e confrontandole fra loro, ci mostra, come espresso nel Grafico 1, che vi è una sovrapposizione dei campioni, perché quasi tutti compresi in una fascia di valori piuttosto stretta. Questo ci indica che ciò che poteva apparire come differente con il test di ANOVA, in realtà

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non lo è più: nel nostro caso sembra non esserci una relazione stretta tra esame ecografico ed esami di laboratorio.

Grafico 1 –Test del grafico a punti. Distribuzione dei casi all’interno dei 3 gruppi

di studio.

Questo potrebbe significare che la valutazione ecografica di patologie quali la colecistite o il fango biliare possono o meno dare alterazioni dei valori enzimatici. Riteniamo che occorra comunque eseguire sempre entrambe le valutazioni; ecografica ed enzimatica. La valutazione enzimatica ci da una indicazione sulla compromissione della funzionalità epatica ed il fatto che questa a volte non sia in relazione con il quadro ecografico può significare che l’ecografia è una metodica così sensibile che ci dà indicazioni sulle modificazioni strutturali precocemente, prima ancora che le modificazioni strutturali possano determinare una modificazione della funzionalità.

Anche la valutazione del confronto tra l’ectasia delle vie biliari e l’ectasia associata a colecistite confermerebbe la nostra ipotesi, perché anche in questo caso un rialzo particolare dei valori si avrebbe solo nei casi con patologia

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infiammatoria. C’e’ da dire però che queste due popolazioni sono numericamente poco rappresentate, ed è per questo che non sono state testate in altro modo.

Nella seconda parte del lavoro abbiamo visto che la sola presenza di fango biliare non è un indice specifico di patologie dell’apparato digerente, in quanto dal nostro studio è stato evidenziato che il quadro ecografico di fango biliare è associato per il 59,6% a patologie non riguardanti l’apparato digerente contro il 40,4% di patologie riguardanti l’apparato digerente. Il riscontro ecografico di fango biliare, inoltre, è presente uniformemente nei diversi gruppi dell’apparato digerente a dimostrazione ancora una volta dell’aspecificità di questo reperto ecografico.

Un dato clinico importante che emerge da questo studio è il fatto che le alterazioni della colecisti e delle vie biliari siano associabili a diverse condizioni patologiche. Senza dubbio l’affezione a carico dell’apparato digerente è quella più comunemente associata alla alterazione del sistema biliare. In particolare, all’interno del gruppo delle patologie dell’apparato digerente sono i processi infiammatori ad avere la frequenza maggiore (58% dei casi di 24,3% epatiti, 29,7% gastroenteriti, 4% pancreatiti). Tale dato può essere spiegato sotto vari punti di vista: in primis ci può essere un coinvolgimento per continuità/contiguità soprattutto nei casi di epatiti ed enteriti del piccolo intestino. La risalita di enterobatteri patogeni è riconosciuta come uno dei meccanismi patogenetici più comuni delle colangiti. Oltre a questo meccanismo di danno diretto, è possibile anche un danno indiretto ovvero attraverso mediatori rilasciati da batteri o da cellule coinvolte nel processo infiammatorio.

Le endotossine o i lipopolisaccaridi presenti nella parete dei batteri gram negativi stimolano la produzione di citochine proinfiammatorie tra cui il Tumor Necrosis Factor-α (TNF-α), l’Interleuchina-1e l’Interleuchina-6 che sono potenti induttori di colestasi (Withehead e coll., 2001; Mosely, 2004): le

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endotossine e le citochine proinfiammatorie possono portare a colestasi mediante l’incremento dell’espressione di molecole di adesione intercellulare sulle cellule endoteliali dei sinusoidi, sulle cellule di Kupffer e sugli epatociti. Si verifica un conseguente rilascio di radicali superossidi e di enzimi (elastasi, proteasi) che portano a danneggiamento dell’epatocita (Sturm e coll., 2000).

Questo meccanismo mediato da citochine infiammatorie giustifica la presenza di colestasi anche in processi infiammatori non settici e comunque estranei all’apparato digerente.

Le alterazioni delle vie biliari del nostro studio sono risultate frequenti anche nelle epatopatie degenerative diffuse che abbiamo riscontrato nel 29,7% delle patologie dell’apparato digerente. Le epatopatie degenerative erano nella nostra casistica molto frequentemente associate a disendocrinie, in particolare all’iperadrenocorticismo con presenza di fango biliare e/o colecistite associata all’aumento delle ALP.

Gli epatociti degenerati rallentano la loro attività metabolica al punto che risulta insufficiente la captazione e la glucoronazione della bilirubina ematica, cosicché si ha iperbilirubinemia; a questa alterazione funzionale si associa quella strutturale, con dissociazione delle lamine e impervietà dei canalicoli biliari, per rigonfiamento legato all’accumulo citoplasmatico di materiale (es. glicogeno nell’iperadrenocorticismo). La bilirubina prodotta dagli epatociti non è più in grado di immettersi e progredire regolarmente nei canalicoli, gli acidi biliari hanno un effetto tossico marcato sulle cellule parenchimali e si instaura un circolo vizioso in cui la colestasi e la degenerazione epatocitaria vanno di pari passo.

La presenza di solo fango biliare è stato riscontrato ecograficamente nelle patologie dell’apparato digerente con 23 casi su 128 ma più frequentemente nelle patologie extra apparato digerente con 34 casi su 128. La sua presenza il più delle volte non è associata a sintomatologia clinica quindi riteniamo che il suo riscontro sia aspecifico cioè non indicativo di patologia biliare. E’

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possibile che questa alterazione sia l’espressione del danno indiretto già precedentemente citato, ma è opportuno ricordare che, per quanto il fango biliare possa essere un rilievo incidentale, questo potrebbe anche rappresentare il primo step dell’instaurarsi di una patologia biliare vera e propria in relazione alla tossicità intrinseca degli acidi biliari. Sarebbe interessante poter monitorare le vie biliari di questi soggetti nel tempo, sia dal punto di vista ecografico che di laboratorio, per poter capire l’evoluzione di questo rilievo patologico.

Concludendo possiamo affermare che l’esame ecografico è fondamentale per la valutazione strutturale delle vie biliare e della colecisti, in grado di percepire le più piccole modificazioni strutturali. Non può essere considerato l’unica metodica utilizzabile, ma sempre adiuvato da esami di laboratorio enzimatici specifici, atti a permettere una valutazione funzionale.

In base al nostro studio possiamo affermare che soggetti con valori enzimatici riferibili ad una alterazione della funzionalità biliare come la colestasi presentano sempre quadri ecografici riferibili a una patologia della colecisti o delle vie biliari intraepatiche o extraepatiche; non è però possibile dal grado di alterazione dei parametri enzimatici riconoscere la tipologia della patologia.

Dobbiamo però considerare che non è possibile sempre fare il percorso inverso: alcune alterazioni della semeiotica ecografia, quali il fango biliare, possono non presentare alterazioni biochimiche. Non solo, ma abbiamo visto come spesso l’esame ecografico mostra una sensibilità superiore agli esami enzimatici, perché permette di apprezzare una patologia sin dagli stati più precoci, prima ancora che possa manifestarsi una modificazione funzionale.

Ma è importante anche un altro dato emerso dai nostri risultati: indice di colestasi è riscontrabile anche in soggetti con patologie infiammatori non epatiche, meccanismo mediato da citochine infiammatorie .

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Pertanto possiamo concludere affermando che, nell’esame ecografico addominale in un soggetto con sintomatologia riferibile ad una patologia dell’apparato gastroenterico, particolare attenzione va rivolta allo studio delle vie biliari sia per confermare la colestasi rilevata da esami di laboratorio e cercarne le cause e la gravità, sia per cercare eventuali segni di alterazioni morfologiche iniziali non ancora rilevabili sierologicamente.

Ma dobbiamo ricordare che andrebbe eseguita un’ecografia delle vie biliari anche in soggetti con processi infiammatori cronici a carico di altri apparati per consentire la diagnosi di un’eventuale colestasi sottovalutata o non considerarta e che invece potrebbe essere trattata farmacologicamente.

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