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2 Materiali e metodi

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2 Materiali e

metodi

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2.1 Strumenti di analisi bioinformatica

Il termine "bioinformatica" è stato introdotto solo recentemente: non compare in letteratura fino al 1991. Il concetto di "bioinformatica" si può descrivere probabilmente nel modo migliore come la convergenza di due rivoluzioni tecnologiche: la crescita esplosiva delle biotecnologie, uguagliata da quella delle tecnologie informatiche. Questa massa di dati fornisce una materia prima privilegiata per la identificazione ab initio di sequenze potenzialmente codificanti come prima tappa verso la scoperta dei geni. Un altro passo fondamentale è stata la costituzione di banche dati contenenti sequenze parziali derivate da RNA messaggeri e ricavate dall'analisi automatizzata di un gran numero di cloni batterici ottenuti da genoteche di cDNA per molti diversi tessuti, in diverse specie.

Queste sequenze (EST, expressed sequence tags) sono

disponibili per l'analisi di sequenza, che consente di individuare rapidamente sequenze del genoma che siano espresse (geni), la disponibilità di queste EST in banche dati e l'evoluzione degli strumenti "software" necessari per la loro analisi, hanno rapidamente portato a un nuovo approccio alla identificazione genica che consiste nell'utilizzare il dato informatico come punto di partenza per gli esperimenti in vitro (approccio "in silico", in quanto i processori dei calcolatori sono costituiti da silicio).

L'operazione basilare in questo senso consiste nel confrontare le sequenze tra loro, deducendone e quantificandone la reciproca "somiglianza". Questa è un’analisi puramente descrittiva della relazione tra le due sequenze, più significativa di quella dovuta al caso, mentre più formalmente con il termine di "omologia" si intende la nozione di una comune origine evolutiva delle sequenze.

I programmi che analizzano la somiglianza tra sequenze si basano, in breve, su un punteggio assegnato in base al numero di sostituzioni, inserzioni e delezioni che occorre effettuare per convertire una sequenza nell'altra. I diversi programmi differiscono

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per i criteri impiegati nell'assegnazione del punteggio. Attualmente, il programma più impiegato per il confronto di sequenza è basato sull'algoritmo BLAST (Altschul et al., 1997), un processo “euristico” che identifica molto rapidamente sequenze simili tra loro, avente la specifica caratteristica di assegnare anche un valore di significatività statistica alla corrispondenza trovata. Questo valore ("expected value", o valore "E") corrisponde al numero di confronti tra due sequenze con un punteggio di somiglianza uguale o superiore che si potrebbero trovare, in quella particolare banca dati, solo per effetto del caso; quanto più è piccolo, tanto più la corrispondenza è significativa.

La disponibilità di banche dati per molte specie diverse rende anche possibile una ricostruzione della evoluzione molecolare delle sequenze di interesse, permettendo di distinguere tra ortologia (conservazione di un determinato gene tra diverse specie) e paralogia (presenza di un gruppo di geni omologhi all'interno di una singola specie).

2.1.1 Il software BLAST

L'omologia fra sequenze aminoacidiche e nucleotidiche può essere globale o locale. I programmi che sono in grado di analizzare il secondo tipo di omologia sono senz'altro più utili, specialmente qualora si debbano confrontare delle sequenze di DNA in quanto spesso vengono ricercate solo piccole zone di omologia e in quanto il DNA può contenere ampie zone non codificanti.

BLAST è l'acronimo di Basic Local Alignment Search Tool, è un programma euristico per la ricerca di omologie locali di

sequenza ed è in realtà costituito da un insieme di 5 programmi:

™ BLASTP paragona una sequenza aminoacidica ad un database di sequenze proteiche.

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™ BLASTN paragona una sequenza nucleotidica ad un database di sequenze nucleotidiche

™ BLASTX paragona una sequenza nucleotidica (traducendola in tutti 6 possibili frame di lettura)ad un database di proteine. Di tutti i progammi che fanno parte di BLAST è il più usato.

™ TBLASTN paragona una sequenza aminoacidica ad un database di acidi nucleici tradotto dinamicamente nelle 6 possibili sequenze di aminoacidi che possono derivarne.

™ TBLASTX paragona una sequenza nucleotidica letta secondo tutti i 6 possibili frame di lettura con un database di acidi nucleici anch'esso letto secondo tutti i 6 possibili frame di lettura. Poiché ne derivano 36 combinazioni, questo programma viene utilizzato solo per ricerche su database di tipo EST.

BLAST è un programma euristico per la ricerca di omologie

locali di sequenza basato sulla dimostrazione data da Karlin &

Altschul (1990) che un allineamento locale di sequenze prive di

gap può essere valutato con metodi statistici. In questo BLAST si

differenzia da FASTA che è un altro programma euristico per il confronto fra sequenze comunemente usato. FASTA infatti ricerca il migliore allineamento fra l'intera sequenza sottoposta ad indagine e il database di sequenze usato come riferimento.

La valutazione dell'omologia comincia con l'analisi della sequenza che deve essere sottoposta al confronto. Si crea un elenco di tutte le “word” che compongono tale sequenza. Con questo termine si indicano i tratti di sequenza di lunghezza w (in genere di

3 aminoacidi o 12 nucleotidi) che rappresentano uno dei cardini sui

quali si fonda l'algoritrmo di BLAST. Il numero totale di words presenti in una sequenza da sottoporre a confronto, risulta essere: n

= l - w + 1ove w è il numero degli aminoacidi che compongono

una word ed l è la lunghezza della sequenza in esame. Per ogni

word della sequenza da esaminare viene costruita una lista di

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abbiano un punteggio superiore ad un valore-soglia T (compreso fra 11 e 15) calcolato di volta in volta in base alla composizione e alla lunghezza della sequenza in esame e in base alla matrice di sostituzione utilizzata.

2.1.2 Allineamenti multipli di sequenze

CLUSTAL W è un programma che consente di creare allineamenti multipli di sequenze nucleotidiche o proteiche. Utilizza un metodo approssimato che riduce i tempi diesecuzione rispetto agli algoritmi esatti utilizzati per l'allineamento globale di duesequenze. In particolare usa un algoritmo di allineamento globale progressivo che partedall'allineamento di tutte le possibili coppie di sequenze (pari a N(N-1)/2 per N sequenze). Per quanto riguarda questi allineamenti iniziali, CLUSTAL W permette di scegliere tra un algoritmo approssimato molto veloce usato nelle versioni precedenti e l’algoritmo di programmazione dinamica di Myers e Miller del 1988. Usando il metodo Neighbour-Joining, viene costruito un albero "guida" sulla base dei punteggi di similarità di ciascun allineamento e le sequenze vengono allineate progressivamente in base all'ordine indicato dall'albero. Le sequenze con il più alto grado di similarità vengono via via raggruppate in cluster e ne viene fissato l'allineamento. Un cluster può esser allineato ad una sequenza o ad un altro cluster, fino a che il multiallineamento comprende tutte le N sequenze. L’albero guida, oltre che per determinare l’ordine delle sequenze da inserire progressivamente nel multiallineamento, è usato anche per calcolare il peso di ogni sequenza nell’allineamento (W sta infatti per "weighting"). I pesi dipendono dalla distanza dalla radice dell’albero e le sequenze che hanno un ramo in comune con altre sequenze si dividono il peso corrispondente alla porzione di ramo in comune. I gruppi di sequenze strettamente correlate hanno un peso minore perché costituiscono un’informazione ridondante, quelle più divergenti hanno peso maggiore. I pesi sono usati come

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fattori di moltiplicazione nel calcolo del punteggio di ogni coppia di amminoacidi allineati. Il punteggio di ogni posizione dell’allineamento tra due sequenze o gruppi di sequenze è calcolato come media dei punteggi di tutte le possibili coppie di amminoacidi dei due gruppi di sequenze. Per quanto riguarda i gap, vengono attribuite due diverse penalità: una per l’apertura del gap (GOP), una per l’estensione di un gap esistente (GEP). Questi valori possono essere definiti dall’utente e restano fissi negli allineamenti iniziali ma possono variare man mano che vengono aggiunte nuove sequenze nell’allineamento. I valori di penalità associati ai gap variano in base alla matrice di sostituzione, alla similarità tra le sequenze (GOP aumenta all’aumentare della percentuale di identità), e alla lunghezza delle sequenze (vengono penalizzate maggiormente le sequenze più lunghe). Inoltre le penalità attribuite ai gap sono posizione-specifiche e dipendono dalla presenza di gap preesistenti nel residuo considerato, dalla distanza da gap preesistenti, dalla presenza di sequenze idrofiliche (possibili loop nella struttura secondaria) e da un fattore di propensione ai gap, specifico per ogni residuo, che è calcolato come frequenza del residuo alle estremità di gap in allineamenti di proteine a struttura nota. CLUSTAL W permette anche di allineare nuove sequenze ad un allineamento preesistente. Questo può essere utile se si vuole aggiungere una sequenza ad un allineamento già determinato o ottimizzare manualmente un allineamento.

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2.2 Estrazione dell’RNA totale da

embrioni e tessuti di Xenopus laevis

I protocolli che prevedono la manipolazione dell'RNA richiedono condizioni di lavoro rigorosamente "RNase Free" per evitere la facile degradazione dell'RNA. Tali condizioni si raggiungono trattando la vetreria in stufa a 180 °C per almeno 4 ore. Per estrarre RNA totale embrioni e tessuti di Xenopus laevis è stato utilizzato il kit NUCLEOSPIN RNA II (Macherey-Nagel).

2.3 RT-PCR

Questa tecnica permette di effettuare la PCR su RNA precedentemente retrotrascritto in cDNA. Il cDNA sintetizzato, viene poi utilizzato come substrato per l'amplificazione.

2.3.1 Retrotrascrizione

1 µl di oligo(dT) Si retrotrascrivono da 10 pg a 5µg di RNA totale estratto da tessuti ed embrioni di Xenopus laevis, mediante l’utilizzo della “SuperScriptTM III Reverse Transcriptase”. La reazione di retrotrascrizione contiene:

1 µl di dNTP Mix 10 mM 4 µl di Buffer First-Strand 5X

1 µl di RNaseOUT 40 U/µl (Invitrogen) 2 µl di DTT 0.1 M

1 µl di SuperScript III Trascrittasi inversa 200 UE/ µl (Invitrogen)

x µl di RNA totale

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Inizialmente si procede aggiungendo l’RNA, i dNTPs, gli oligo(dT) e acqua fino ad un volume di 12 µl. La miscela viene tenuta 5 minuti a 65°C, in ghiaccio 1 minuto e dopo uno spin si aggiunge il buffer, il DTT, l’RNaseOUT e la trascrittasi inversa. A questo punto la miscela rimane 60 minuti a 55 °C ed infine, la reazione viene inattivata 15 minuti a 70° C.

2.4 PCR

La tecnica della reazione a catena della DNA polimerasi, o PCR, permette di amplificare un frammento di DNA utilizzando specifici primers, grazie alle proprietà di sintesi di una DNA-polimerasi. I primers sono oligonucleotidi, sintetizzati in vitro, lunghi qualche decina di deossiribonucleotidi e complementari, su eliche diverse, alle estremità del frammento di DNA da amplificare. In opportune condizioni, essi si appaiano alle sequenze complementari sul DNA e fungono da inneschi per la polimerasi. Per i procedimenti di clonazione, i primers vengono disegnati in modo da avere alla loro estremità 5' una sequenza di riconoscimento per un enzima di restrizione, che non taglia all’interno del frammento di interesse. Questo consente, al termine della reazione di amplificazione, di digerire le estremità del DNA ottenuto, in modo da poterlo clonare in un vettore precedentemente tagliato con lo stesso enzima (o gli stessi enzimi) di restrizione. La reazione, generalmente, viene effettuata in un volume di 50-100 µl. Il protocollo, qui riportato come esempio, si riferisce all’uso dell’enzima “GoTaq”, una DNA-polimerasi, prodotta dalla ditta Promega.

DNA 10-20 ng GoTaq polimerasi 0.05 U/µl PCR Buffer 1/10 vol. tot. Primer 5’ 0,1-0,5 µM

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Primer 3’ 0,1-0,5 µM Mix deossinucleotidi 0,2 µM H20 mq fino a vol.

La reazione di amplificazione consiste in vari cicli (25-35), ciascuno dei quali è composto da più fasi a diversa temperatura. Il passaggio da una temperatura all’altra è permesso dall’uso di un apposito ciclizzatore termico.

All’inizio è necessario denaturare con il calore i due filamenti del DNA e/o le cellule in cui è eventualmente contenuto, per poter consentire il successivo appaiamento dei primers, effettuando un primo passaggio di 30 sec a 94°C.

A questo punto inizia l’amplificazione vera e propria. Ogni ciclo prevede una fase di denaturazione iniziale di 30 secondi a 94°C; segue una fase di appaiamento, o “annealing” dei primers al DNA da amplificare, resa possibile dall’abbassamento, per 30 secondi, della temperatura fino ad un valore indicativo di 52-60 °C (dipendente dalla lunghezza e dalla composizione in basi dei primers utilizzati); infine, si effettua una terza fase in cui la temperatura viene aumentata a 68 °C per 1-2 minuti per consentire alla polimerasi di allungare i filamenti di DNA. Un’aliquota del prodotto ottenuto viene sottoposta ad elettroforesi su gel di agarosio con bromuro di etidio (EtBr) insieme ad un marcatore di lunghezza in paia di basi. Se la reazione è avvenuta correttamente ed è stato amplificato un frammento della lunghezza attesa.

I oligonucleotidi usati per le reazioni di PCR sono stati disegnati su regioni poco conservate dei vari geni e la loro sequenza è riportata in seguito:

XPum2

FOR 5’CAAGGAGAGATTCCCYGTCTGCT3’ Tm: 70 °C

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Tm: 72 °C XPum1 FOR 5’CTCGTCGTGACTCTTTGACTGGC3’ Tm:72 °C REV 5’GCATGACATCTGACATACCATAGCG3’ Tm: 74 °C Ciclina B1 FOR 5’ATGTCGCTGCTGATCACCAGAAACAT3’ Tm: 76 °C REV 5’GCATCAACATCTTTAACTTGAATCAGG3’ Tm: 74 °C GAPDH FOR 5’TGCCAAGCGTGTCGTATCT3’ Tm: 60 °C REV 5’CTTTGCTGCACCAGTTGAGG3’

2.5 Elettroforesi su gel d’ agarosio

Per controllare la quantità, la purezza e l’ integrità del DNA o dell’ RNA vengono utilizzati “gels” di agarosio in percentuali peso/volume che variano da 0.8-2%. Per preparare i “gels” si scioglie l’ agarosio in TBE 1X e si scalda la soluzione portandola all’ebollizione; dopodiché si toglie la soluzione dal calore e si aggiunge, prima che il “gel“ polimerizzi, del bromuro di etidio (EtBr) in quantità tale che sia ad una concentrazione finale di 0.5 µg/ml necessaria ad evidenziare il DNA o l’ RNA agli UV. Si cola, quindi, il “gel” in un lettino da elettroforesi e si lascia polimerizzare. Il “gel”, dopo che è avvenuta la polimerizzazione, viene trasferito in un apparato da elettroforesi orizzontale e immerso nel TBE 1X, il tampone di corsa. I tempi di migrazione e

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il potenziale di corsa variano a seconda del tipo di separazione che si desidera. Per il caricamento, ai campioni si aggiunge un sesto del volume finale di “loading buffer di tipo III”, un colorante che permette ai campioni di depositarsi sul fondo dei pozzetti e consente di seguire la loro migrazione. Per valutare le dimensioni degli acidi nucleici che si sono caricati si confronta la migrazione di questi con quella di markers di lunghezza nota, disponibili in commercio. La quantità dei campioni caricati viene anch’ essa stimata tramite confronto con markers di quantità nota: la luminescenza degli acidi nucleici deriva dal EtBr intercalato tra le basi. Se viene controllato dell’RNA, il lettino dove si cola il “gel” e l’ apparato devono essere “Rnasi free” e quindi vengono trattati con NaOH 0.1 N per circa 20 minuti.

Soluzioni:

TBE 10X pH 8:

Tris base 0.89 M Acido borico 0.89 M EDTA 0.02 M

Loading buffer tipo III:

glicerolo 30% blu di bromo fenolo 0.25%, xilene cianolo 0.25%.

Gel di agarosio:

agarosio 0.8%-2% (peso/volume) EtBr 0.5 µg/ml finale

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2.6 Trasformazione

I plasmidi ottenuti tramite clonaggio, o provenienti da altri laboratori in forma di DNA assorbito su carta 3mm, sono stati amplificati, per averne una quantità sufficiente, tramite la tecnica della trasformazione di cellule batteriche competenti all’acquisizione del plasmide.

Le cellule di E. coli utilizzate, appartenenti al ceppo DH5α, sono state rese competenti mediante due trattamenti, di 30 minuti ciascuno, a 4 °C in CaCl2 50mM, e conservate a -80 °C fino al

momento dell’uso.

Per la trasformazione è sufficiente aggiungere, ad una aliquota di 200µl di cellule competenti, da 5-20ng di plasmide superavvolto ed incubare in ghiaccio per circa 30 minuti. Successivamente si esegue un “heat shock” a 42 °C per 45 secondi e a seguire una ulteriore incubazione in ghiaccio per 2 minuti. A questo punto si aggiunge 1ml di LB preriscaldato a 37 °C, si incuba per 1 ora ed infine si piastrano le cellule su terreno solido selettivo (LB-agar contenente ampicillina 100µg/ml). Dopo incubazione a 37 °C per tutta la notte, sulla piastra Petri compaiono le colonie: l’antibiotico fa si che crescano solo le cellule che hanno assunto il plasmide contenente il gene d’interesse e il gene che conferisce resistenza all’antibiotico.

Ogni volta che si effettua la trasformazione bisogna aver cura di verificare l’efficacia dell’antibiotico, piastrando parallelamente 200µl di cellule batteriche in assenza di DNA plasmidico

Soluzione:

Luria-Bertani Broth (LB) NaCl 1℅

bacto tryptone 1℅ bacto yeast extract 1℅

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2.7 Digestione di plasmidi con enzimi

di restrizione

Per ottenere DNA stampo lineari, necessari per trascrivere, si utilizzano enzimi di restrizione che tagliano nel vettore, ma non nell’inserto, alla fine della regione che si vuole trascrivere. Preferenzialmente si utilizzano enzimi che lasciano estremità 5’ protrudente oppure “blunt”; evitando così che l’RNA venga trascritto a partire dal filamento complementare a quello desiderato cosa che invece può accadere utilizzando come stampo un DNA con estremità 3’ sporgente. In genere le restrizioni vengono effettuate in un volume finale di 20µl. La miscela di reazione è costituita dal DNA plasmidico, dall’enzima di restrizione, presente in concentrazione di 1-2 Unità Enzimatiche (UE) per µg di plasmide e dal tampone specifico per il tipo di enzima utilizzato. Il volume di enzima aggiunto non deve superare 1/10 del volume della miscela di reazione, poiché una eccessiva concentrazione di glicerolo, in cui gli enzimi sono conservati, può interferire con la cinetica di reazione. La reazione di digestione viene fatta procedere per almeno 2 ore, oppure “over-night” (O/N), in base alla quantità di DNA che deve essere digerito. Al fine di verificare se la digestione è avvenuta in maniera completa, si sottopone su gel di agarosio all’1%, colorato con bromuro di etidio, 1/20 della miscela di reazione, accanto ad un’aliquota di plasmide non digerito. Se la digestione è completa nella corsia del digerito avremo una banda unica (che in teoria dovrebbe migrare più lentamente rispetto al DNA non digerito) piuttosto che due o più bande corrispondenti a diverse forme di superavvolgimento del DNA circolare. A questo punto si può procedere con la purificazione del DNA.

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2.8 Purificazione del DNA

2.8.1 Estrazione fenolica

Per purificare il DNA dalle proteine, si porta la miscela di digestione ad un volume di 200µl con acqua e si aggiunge un uguale volume di fenolo-cloroformio-alcool isoamilico, soluzione 25:24:1 a pH 8 Dopo aver mescolato in maniera energetica con l’aiuto di un vortex, si centrifuga per 5 minuti a 12000 giri. Si ottiene così la separazione di due fasi, una organica contenente le proteine ed una acquosa contenente il DNA. Con una micropipetta si preleva la fase acquosa e la si mette in una provetta nuova. Questa tecnica si basa sul fatto che le proteine denaturate sono più solubili in fase alcolica che in fase acquosa: fenolo e cloroformio denaturano le proteine, il cloroformio facilita la separazione delle fasi, mentre l’alcool isoamilico riduce la formazione di schiuma durante l’estrazione. Si procedi quindi con la precipitazione alcolica.

2.8.2 Precipitazione alcolica

Il DNA viene precipitato aggiungendo al prodotto dell’estrazione fenolica 0.1V di NaCH3COOH 3M pH 5.2 e 2.5V di

EtOH assoluto. Dopo aver mescolato, capovolgendo il tubo diverse volte, si mette la miscela a precipitare 60 minuti a -80°C,oppure “over night” a – 20°C. Quindi si centrifuga per 20 minuti a 12000 rpm e si lava il “pellet” dai sali con EtOH al 70% freddo. Una volta che il “pellet” è asciugato, all’aria o con l’ausilio di una pompa a vuoto, si risospende il DNA in acqua sterile e si conserva a -20°C. Per stimare la concentrazione del DNA linearizzato, si prende un‘aliquota che si presume corrispondere a circa 200/300ng di DNA, supponendo un recupero medio dell’80% dell’estrazione fenolica, e la si carica su gel di agarosio per stimarne la quantità reale.

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2.9 Preparazione della sonda per

esperimenti di ibridazione

Le sonde utilizzate nell’ibridazione in situ ”whole mount” sono marcate con digossigenina (DIG). Per reazioni di sintesi della sonda viene utilizzato il plasmide linea rizzato, che contiene come inserto il cDNA di interesse, ottenuti tagliandolo con enzimi di restrizione in corrispondenza di una delle due estremitàaseconda che si necessiti di una sonda (probe) senso o antisenso.

Dopo purificazione, il DNA linearizzato viene utilizzato come stampo in una reazione di trascrizione in vitro con l’enzima RNA polimerasi che riconosce il promotore specifico, in modo da ottenere un “probe” antisenso o senso.

Gli enzimi necessari per preparare la sonda possono essere: SP6, T7 o T3 RNA polimerasi..

La miscela di reazione oltre il DNA linearizzato contiene: 4 µl Tampone di reazione 5X

2 µl DTT 100mM

1 µl DNA linearizzato 1µg/µl 1 µl Rnase Inhibitor (20 UE/µl) 2 µl RNA polimerasi

2 µl miscela di nucleotidi contenente DIG-UTP 2,5 mM (o fluoresceina-UTP 2,5 mM)

x µl H2O RF per un volume finale di 20 µl

La miscela viene incubata per 2 ore a 37 °C; per eliminare il DNA, si aggiungono 2µl di DNasi I (1 mg/ml) lasciando ad incubare per un tempo massimo di 20 minuti.. L’intera reazione viene bloccata aggiungendo 1 µl di EDTA 0,5 M pH 8,0 RF che agisce da chelante sugli ioni bivalenti. Si effettua quindi una precipitazione alcolica aggiungendo 1/10 del volume di NH4Acetato 5M sterile e 1 volume di isopropanolo sterile,

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mescolando bene ed incubando a -20 °C per 40 minuti. Successivamente si centrifuga per 15 minuti a 13000 rpm a 4 °C, e si effettua un lavaggio con etanolo (EtOH) al 70% sterile e si centrifuga di nuovo sempre a 12000 rpm e a 4°C. Quando l’EtOH è evaporato il pellet viene risospeso in 22µl di H2O RF o in TE pH

7,5 RF e conservato a -20 °C. La stima della quantità di “riboprobe” ottenuto viene effettuata su gel di agarosio, utilizzando come confronto tRNA a concentrazione nota, come marcatori di quantità. I trascritti possono essere conservati in “stocks” 10X nella miscela di ibridazione.

2.10 Fissazione degli embrioni

Gli embrioni che devono essere utilizzati in esperimenti di ibridazione “whole mount”, vengono privati della membrana vitellina tramite pinzette Dumont n°5 e poi fissati in MEMFA in “vials” di vetro da 5ml, lasciandoli per 1 ora in oscillazione a temperatura ambiente (Harland, 1991). Il MEMFA sarà poi sostituito con metanolo o etanolo assoluto che consente di conservare gli embrioni per mesi, alla temperatura di -20 °C.

2.11 Ibridazione in situ “whole mount”

L’ibridazione attraverso la tecnica di “whole mount” permette di studiare il “pattern” d’espressione di un gene durante lo sviluppo embrionale di Xenopus laevis. Gli esperimenti svolti in questa tesi sono stati condotti seguendo il protocollo messo a punto nel laboratorio del Dott. Igor Dawid (NIH, Bathesod, U.S.A.).

Durante l’esperimento gli embrioni si trovano in provette (“vials”) “RNase free” (RF). La vetreria per essere RF viene tenuta in stufa a 180°C per almeno 4 ore.

L’acqua e tutte le altre soluzioni utilizzate nell’ibridazione vengono sterilizzate in autoclave. Tutti i passaggi, se non

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diversamente indicato sono eseguiti sistemando le “vials” in orizzontale su un agitatore, aggiungendo e rimuovendo ogni volta 1 ml di soluzione.

2.11.1 Procedura di ibridazione

Gli embrioni, che sono conservati in metanolo o etanolo assoluto, vengono gradatamente reidratati, effettuando lavaggi di 5 min ciascuno, in una serie graduale di alcoli a concentrazione decrescente:

metanolo o etanolo 75%, PBTw 25% metanolo o etanolo 50%, PBTw 50% metanolo o etanolo 25%, PBTw 75%

Vengono poi effettuati 2 lavaggi da 5 minuti in PBTw 100%. Dopo l’ultimo lavaggio in PBTw gli embrioni vengono incubati per 5 minuti a temperatura ambiente con una soluzione di 10µg/ml di proteinasi K in PBTw. Durante questi 5 minuti le “vials” sono tenute in verticale, immobili. Questo passaggio è molto delicato e la sua durata deve essere controllata con precisione in quanto una permanenza troppo lunga in questa soluzione potrebbe danneggiare gli embrioni. Successivamente vengono effettuati due avaggi ciascuno da 1 minuto con PBTw, sull’agitatore in posizione verticale, sempre a temperatura ambiente.

In agitazione verticale, gli embrioni vengono fissati in 4% paraformaldeide (4ml di PBS +1ml di 20% paraformaldeide) a temperatura ambiente per circa 20 minuti.

Gli embrioni vengono poi lavati brevemente 2 volte con PBTw, seguono 4 lavaggi di 5 minuti ciascuno (le “vials” sono nuovamente collocate sull’agitatore in posizione orizzontale). Si rimuovono quindi il PBTw da ogni provetta e lo si sostituisce con una soluzione costituita al 50% da miscela di ibridazione e al 50% da PBS, disponendo le “vials” sull’agitatore verticalmente per 3 minuti: questo passaggio è necessario per equilibrare gli embrioni

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alla nuova densità della miscela di ibridazione. Si ripete il passaggio utilizzando una soluzione composta al 100% da miscela di ibridazione, trascorsi i 3 minuti, si sostituisce con della nuova miscela di ibridazione e si trattano gli embrioni per 2-3 ore a 60°C (questo passaggio prende il nome di pre-ibridazione).

Segue la fase di ibridazione in cui il tampone di preibridazione viene sostituito con 1 ml di nuova miscela di ibridazione a cui si è aggiunta la sonda marcata con DIG, utilizzando una quantità “riboprobe” (83,3 ng/ml). L’ibridazione dura 12-16 ore a 60 °C. Una volta rimosso, il tampone di ibridazione contenente la sonda può essere conservato e riutilizzato fino a due/tre volte. A questo punto è necessario lavare l’eccesso di sonda non ibridata o ibridata in maniera aspecifica; a tale scopo si effettuano lavaggi a forza ionica decrescente, per aumentarne la stringenza, tenendo però presente che è importante aggiungere le soluzioni preriscaldate alla temperatura del lavaggio corrispondente.

Si sostituisce la miscela di ibridazione contenente la sonda con 1ml di soluzione composta al 50% da miscela di ibridazione e per l’altro 50% da 2XSSC/0.1X CHAPS preriscaldato a 37 °C, per 10 minuti a temperatura ambiente in agitazione verticale; seguono due lavaggi da 30 minuti a 37 °C con 2X SSC/0,1X CHAPS.

Successivamente vengono effettuati altri due lavaggi sempre da 30 minuti ciascuno a 60 °C con 0.2X SSC/0,1X CHAPS, preriscaldato. Prima di iniziare la procedura di incubazione con anticorpo, si lava 5 minuti a temperatura ambiente, in agitazione verticale, con TBSX. Segue una preincubazione di 2 ore a 4 °C in agitazione orizzontale, in “blocking buffer”. Si incuba poi per 2 ore a temperatura ambiente o a 4 °C O/N con anticorpo anti-DIG diluito in “blocking buffer” preincubato, precedentemente, anch’esso 2 ore a 4 °C. Il “blocking buffer” è una soluzione di TBSX + reagente bloccante 2% + siero di pecora 15%+ estratto di uova 5%; (l’utilizzo dell’ estratto di uova riduce il segnale

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aspecifico). Per rimuovere l’eccesso di anticorpo si procede con 5 lavaggi a temperatura ambiente di 1 ora ciascuno, di cui uno da effettuarsi a 4 °C O/N con TBSX. Seguono quindi 2 lavaggi di 5 minuti a temperatura ambiente con il tampone per la fosfatasi alcalina (“AP buffer”) a cui si aggiunge levamisol (inibitore delle fosfatasi endogene). A questo punto si aggiunge la soluzione di rivelazione più opportuna, in questo lavoro di tesi il substrato della fosfatasi alcalina utilizzato è il “BM-purple” che si trova in forma liquida pronta per l’utilizzo e porta ad una colorazione blu intenso. La fosfatasi alcalina coniugata con l’anticorpo scinde il substrato cromogenico (“BM purple”) generando il prodotto colorato che rende possibile evidenziare la zona in cui la sonda si è ibridata e dove il gene in esame si è espresso. Si usano 0,5-1ml per “vial” a T ambiente fino a quando la colorazione non è soddisfacente (da 1 ora a 3 giorni). La reazione deve avvenire al buio così i tubi devono essere coperti da un foglio di alluminio. Una volta che la reazione cromogenica è terminata si rimuove il tampone per la fosfatasi alcalina e si fissano gli embrioni per almeno 1 ora con MEMFA (oppure o/n a 4°C) per stabilizzare la colorazione. Gli embrioni così fissati possono essere conservati in metanolo a -20°C.

Soluzioni: PBS (per 1 litro) NaCl 80g KCl 2g Na2HPO4 15,56g KH2PO4 2 g TBS (per 1 litro) NaCl 80 g KCl 2 g Tris base 30 g

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PBTw PBS 1X Tween-20 0,1% TBSX TBS 1X Triton X-100 0,1% Soluzione di paraformaldeide

Si può preparare uno “stock” di paraformaldeide al 20% da conservare in frigorifero a 4°C per diversi mesi. Si scioglie la paraformaldeide in acqua RF ad una temperatura di 60°C e si chiarifica aggiungendo 10µl di NaOH 10N in 100ml di paraformaldeide. Quando la soluzione è diventata limpida si lascia raffreddare, si porta a volume con acqua distillata e si filtra con carta 3 MM. Al momento dell’uso si diluisce la paraformaldeide (4% finale) così preparata con PBS 1X.

Tampone di ibridazione: Formammide 50% SSC 5X RNA di Torula 1mg/ml Eparina 100µg/ml Denhart’s 1X Tween-20 0,1% CHAPS 0,1% EDTA10mM AP buffer Tris 100 mM ph 9,5 MgCl2 50 mM NaCl 100 mM

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Tween 20 0,1% Levamisol 2mM

2.12 Depigmentazione (bleaching)

La depigmentazione è una tecnica che si utilizza per

osservare meglio il segnale di ibridazione (marcatura), e che consiste nel depigmentare gli embrioni con perdita minima di segnale. A questo scopo è necessario lavare gli embrioni per 30 minuti con metanolo o etanolo al 100% a cui segue un lavaggio di 5 minuti con alcool al 70% e infine si lava con una soluzione composta al 50% da metanolo 100% e 50% con SSC 1X. Si passano quindi gli embrioni nella soluzione depigmentante, contenente SSC 0.5X, H2O2 1%, Formammide 5%, lasciando i tubi

sull’agitatore e sotto una lampada fluorescente per circa 1-2 ore. Dopo questo tempo gli embrioni di Xenopus dovrebbero essere sufficientemente depigmentati. A questo punto gli embrioni vengono lavati per 5 minuti con alcool al 70% e poi trasferiti in metanolo o etanolo assoluto a -20 °C.

2.13 Inclusione degli embrioni in paraffina

Per arrivare ad una migliore comprensione del “pattern”

d’espressione di un gene, si può effettuare l’inclusione in paraffina degli embrioni ibridati per “whole mount” e successivamente sezionarli al microtomo.

Si mettono 4-5 embrioni in “vials” grandi (8ml) contenenti metanolo assoluto, si aggiunge un ugual volume di xilolo 100% in modo tale da ottenere una soluzione composta al 50% da metanolo e al 50% da xilolo, si lascia sulla bascula per 10 minuti a temperatura ambiente. Si sostituisce poi questa soluzione con una contenente 25% metanolo e 75% xilolo, di nuovo 10 minuti sulla bascula a temperatura ambiente. Si passano poi gli embrioni due volte in xilolo 100% e infine con lo xilolo vengono versati in un “becker” e messi a 60°C per 15-20 minuti. Dopo che è trascorso

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questo tempo si aggiunge un ugual volume di paraffina liquida, filtrata con carta 3MM e si tiene nuovamente il “becker” a 60°C per 45 minuti. Si sostituisce quest’ultima soluzione con 20 ml di altra paraffina in cui gli embrioni restano a 60°C per 20 minuti. Sostituiamo i 20 ml di paraffina con altri 20 ml di paraffina, lasciando sempre a 60°C per 4-5 ore oppure O/N. Poi si passano gli embrioni in 30ml di paraffina pulita per 20 minuti; quindi con un movimento rapido, si versano embrioni e paraffina in una piastra Petri riscaldata a 60°C, distanziandoli il più possibile con un ago passato sulla fiamma. Si lascia poi raffreddare la paraffina nella piastra a temperatura ambiente. Spesso è opportuno avere uno strato di paraffina raffreddato nella Petri precedentemente e su questo versare gli embrioni e la paraffina. La Petri viene poi lasciata a 4°C per almeno 4 ore.

2.14 Sezione di embrioni

Per ottenere sezioni dagli embrioni inclusi si taglia, con

una lama passata alla fiamma, un blocchetto di paraffina contenente pochi embrioni. Si monta il blocchetto di paraffina su un supporto di legno che viene così fissato al microtomo Reichert-Jung. Con il microtomo vengono tagliate sezioni spesse 18 µm; queste vengono stese su qualche goccia di etanolo al 10% poste su vetrini SUPERFROST/PLUS, appoggiati su una piastra scaldante a 40°C. Una volta che la maggior parte del liquido sui vetrini è evaporato, essi vengono messi in stufa a 37°C oppure lasciati sulla piastra O/N. Le soluzioni verranno poi deparaffinate con due passaggi in xilolo di 5 minuti e montate con vetrini coprioggetto tramite il montante EUKITT.

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2.15 Inclusione delle gondi in tissue-teck

Si lasciano le gonadi di girino neometamorfosato per circa 1 ora in parafolmaldeide 4% in oscillazione. Segue il trasferimento in saccarosio (crioprotettore) e vengono lasciate a 4 °C o/n. A questo punto si procede nell’inclusione in tissue tek e nella conservazione a –80 °C.

2.15.1 Sezioni di gonadi al criostato

Per ottenere sezioni di gonade di sub-adulto incluse, si monta il blocchetto contenente il materiale da tagliare su un supporto metallico che viene fissato al criostato. Con il criostato vengono tagliate sezioni spesse 12-20 µm che vengono poste sopra vetrini SUPERFROST/PLUS. I vetrini vengono in seguito posti per 5 minuti sopra una piastra riscaldante regolata sui 37 °C per poi essere conservati a –80 °C.

2.16 Ibridazione in situ su sezione di

gonadi tagliate al criostato

I vetrini che sono conservati a –20 °C devono essere innanzitutto scongelati. In questa fase che precede l’ibridazione devono essere mantenute condizioni strettamente RF (RNase free). A questo punto si procede con la fase di ibridazione, in cui viene utilizzato un buffer di ibridazione preriscaldato a 65 °C a cui si è aggiunta la sonda marcata con digossigenina; in questo lavoro di tesi la quantità di probe presente nel volume di buffer è di 500 ng/ml. Su ciascun vetrino vengono posti 150 µl della soluzione contenente la sonda, per poi essere coperti con il vetrino coprioggetto. I vetrini vengono posti all’interno di un contenitore contenente della carta 3MM imbevuta di una soluzione costituita da 50 % di formammide e da sali 1X. La formammide è contenuta in questa soluzione in quantità sufficienti per creare un ambiente denaturante che impedisce la formazione di strutture secondarie da

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parte della sonda, ma al tempo stesso non ostacola la reazione di ibridazione. I vetrini vengono messi a ibridare a 65 °C o/n (l’ibridazione risulta favorita da un ambiente umido).

A questo punto sono necessari una serie di lavaggi di post-ibridazione con una soluzione preriscaldata a 65 °C o/n. Si inizia con un primo lavaggio di 15 minuti a 65 °C a cui seguono 3 lavaggi di 30 minuti ciascuno alla temperatura di 65 °C. Successivamente vengono compiuti 2 lavaggi di 30 minuti ciascuno a temperatura ambiente in MABT. Segue su ciascun vetrino una preincubazione di 2 ore a temperatura ambiente, in “blocking buffer”. Si incuba o/n a temperatura ambiente con l’anticorpo anti DIG diluito in “blocking buffer” ( diluizione 1:2500).

Per rimuovere l’eccesso di anticorpo si procede con 5 lavaggi in MABT di 30 minuti ciascuno a temperatura ambiente. Seguono poi due lavaggi di 10 minuti ciascuno con il tampone della fosfatasi alcalina, l’ APB. A questo punto si procede preparando una soluzione di APB in cui si aggiunge il substrato della fosfatasi alcalina; la soluzione di rivelazione impiegata è la NBT/BCIP( 18 µl di NBT/BCIP per ciascun ml di APB). Su ciascun vetrino vengono posti 150 µl della soluzione appena preparata e si coprono con il vetrino coprioggetto, lasciandoli rigorosamente al buio o/n allla temperatura di 14 °C. In questa fase la fosfatasi alcalina coniugata all’anticorpo scinde il substrato NBT/BCIP generando un prodotto colorato che rende possibile evidenziare le zone in cui la sonda si è ibridata. Se il segnale ottenuto è ritenuto sufficiente si procede bloccando la reazione cromogenica attraverso due lavaggi in PTw.

Soluzioni:

Soluzione di post-ibridazione:

SSC 1X

Formammide 50% Tween-20 0.1%

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MABT MAB 1X Tween-20 0.1% Blocking Buffer MABT Blocking reagent 2% SIERO 20% PTw PBS 1X Tween-20 0.1%

2.17 Immunofluorescenza con anticorpo

anti istone H3 fosforilato (UPSTATE

BIOTHECNOLOGY)

Esperimenti di immunofluorescenza con l’anticorpo anti-istone H3 fosforilato condotti su sezioni di gonadi adulte che hanno già subito reazioni di ibridazioni in situ, permettono di ricavare preziose informazioni sui tipi cellulari interessati dalla marcatura con la sonda costruita per il gene di cui si indaga l’espressione. Infatti la fosforilazione dell’istone si verifica durante le profasi mitotiche e meiotiche. Si procede inizialmente diluendo l’anticorpo primario ( αPH3 Histone) in una soluzione di blocking ( diluizione 1:200); vengono posti 100 µl di tale soluzione su ciascun vetrino che viene coperto con il vetrino coprioggetto e lasciato per un ora a 37 °C all’interno di una piastra Petri contenente carta imbevuta di PBS 1X. In questa fase l’anticorpo primario va a legarsi all’istone H3 fosforilato. Si procede con 3 lavaggi di 5 minuti ciascuno in PBS 1X a temperatura ambiente. A questo punto su ogni vetrino vengono posti 100 µl di soluzione di blocking in cui è stato aggiunto l’anticorpo secondario (GAR Cy3, diluito 1:150). I vetrini

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vengono tenuti un ora a 37 °C. L’anticorpo secondario si lega all’anticorpo primario ed essendo coniugato con la rodammina si ha l’emissione di fluorescenza rossa. Seguono 3 lavaggi di 5 minuti ciascuno in PBS 1X. I vetrini vengono poi montati utilizzando il montante acquoso Aqua PoliMount e conservati rigorosamente al buio. Soluzioni Blocking BSA 0.5% TRITON 0.1% in PBS 1X

2.18 Fotografie

Le fotografie degli embrioni interi sono state realizzate mediante una fotocamera digitale Roper Coolsnap CF montata in asse focale ad uno stereoscopio Nikon SNZ 1500 con l’ausilio di una coppia di fibre ottiche Glli/136P. Inoltre le fotografie delle sezioni istologiche sono state acquisite mediante una telecamera digitale (Coolsnap Photometrics) attraverso un sistema microscopio integrato Nikon Eclipse 600. Il trattamento delle immagini è stato realizzato con l’ausilio del Software Adobe Photoshop CS.

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