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Capitolo terzo IL DIALOGO 1. La Rivelazione.

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Capitolo terzo

IL DIALOGO

1. La Rivelazione.

Il secondo libro della seconda parte della Stella della Redenzione affronta il tema della Rivelazione (Offenbarung). Questo libro occupa (anche fisicamente) la posizione più centrale di tutta l‟opera, e non è un caso: la Rivelazione, come vedremo, è l‟elemento chiave di tutto il pensiero rosenzweighiano. A questo proposito Görtz afferma che in Rosenzweig la Rivelazione è un punto fondamentale: essa è sia Rivelazione della Creazione che Rivelazione della Redenzione.

Solo a partire dal secondo libro il lettore può guardare con occhi diversi la prima parte, comprendere la Creazione e divenire consapevole della Redenzione futura. Il libro si apre con una citazione:

«Forte come la morte è amore»150.

Capiremo meglio tra breve il significato di questa frase. Nella dimensione della Rivelazione Dio, ancora nascosto, si apre completamente: Egli non è più soltanto potenza creatrice ma anche infinito amore. Dio è il Rivelatore,

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il presente perenne151; Egli è un amante che ama e che non ha bisogno di altro. È Rosenzweig a definire l‟amore come Evento (Ereignis), come un fatto, un qualcosa che accade. L‟amore divino è così potente che arriva a sconfiggere la morte, quella morte „molto buona‟ che caratterizza la creatura. La Creazione risulta essere, già a questo punto, qualcosa di passato.

Anche per quanto riguarda la Rivelazione non può mancare la critica all‟Islam: secondo Rosenzweig in questa religione la Rivelazione esiste, ma si basa solo sulla misericordia di Allah e non sull‟amore: c‟è un grande distacco tra Dio e la creatura152.

La Rivelazione è un rapporto che lega Dio e l‟uomo: Dio si era affermato con la Creazione; adesso, seguendo il percorso di affermazione-negazione, si ritira amorevolmente per far posto all‟uomo153

. Questi, dal canto suo, esce dalla propria chiusura („meta-etica‟) e si afferma pienamente come „SÌ‟. Dice Rosenzweig:

«ora può aprire la sua bocca e parlare»154.

151 Cfr. SR, p. 167. 152 Ivi, p. 170. 153

Dio passa in questa fase dal „SÌ‟ al „NO‟; «ogni rivelazione comincia con un grande „no‟», cfr. SR, p. 178. Per chiarire il sistema dell‟inversione cfr. Mosès, op. cit., p. 78 e P. Ricci Sindoni, Prigioniero di Dio. Franz Rosenzweig (1886-1929), Studium, Roma 1989, p. 115.

154

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Adesso l‟uomo è diventato un‟anima, costantemente amata155. La speciale relazione uomo-Dio può avvenire solo nel parlare. All‟„Io‟ corrisponde adesso un „Tu‟: nasce il dialogo156. È importante capire che solo nel momento in cui Dio parla sorgono il linguaggio e la dimensione temporale. Alla domanda formulata da Dio «Adamo, dove sei tu?»157, l‟uomo risponde: «io ho peccato»158; l‟uomo si confessa solo dopo essere stato chiamato per nome. A questa risposta segue il comandamento divino159: si instaura un rapporto di totale sincerità e fiducia. Il pregare è un dono che Dio fa all‟uomo con la Riveazione160

; Dio richiamerà nuovamente l‟anima per nome nel giorno della Redenzione. Come si vede, il tempo che predomina nel linguaggio rivelativo è il presente161: l‟uomo viene chiamato

155

Ivi, p. 174-176. Nell‟Islam, invece, non si ha un rapporto d‟amore: il singolo deve sottomettersi a Dio.

156

Ivi, p. 179.

157

Ivi, p. 180 e Gn 3, 9. Per approfondire cfr. Ricci Sindoni, op. cit., pp.125-133.

158

Cfr. SR, p. 185. Cfr. anche Gn 3, 1-13, il passo in cui viene narrato il peccato originale. Un altro pisodio di scambio dialogico tra uomo e Dio si ha nel dialogo tra Dio e Abramo; Dio lo chiama: «Abramo! Abramo!» e Abramo risponde: «sono qui»; cfr. SR, p. 181 e Gn, 22,1. Rosenzweig parla della vergogna di Adamo e della disponibilità di Abramo anche nella Urzelle: cfr. Rosenzweig, «Cellula originaria».., in La Scrittura.., cit., p. 248. Per approfondire questi temi cfr. Samuelson, op. cit., pp. 72-78.

159

Cfr. SR, p. 185. Cfr. anche Dt 6,5-6 e Lev 19, 18. Il comandamento dell‟amore «[..] non comanda direttamente nulla. Comandato è l‟amore in quanto è la somma della necessità che costituisce la salvezza dell‟uomo [..]». Cfr. S.Tarter, Gesù e la morale (Rilettura di un saggio di

F. Costa), in «Teoria», I (1989), p. 249.

160

Cfr. SR, p. 190.

161

«Il linguaggio della rivelazione “si distacca” dunque dal linguaggio ancora impersonale ed oggettivante della creazione». Cfr. C. Guarnieri, Spigolature grammaticali, in «Teoria», Il

futuro del «nuovo pensiero». In dialogo con Franz Rosenzweig, XXVIII (2008), n.1., pp.

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e sarà lui, a sua volta, a dare il nome a tutte le altre creature162. Il nome «non è [..] mero rumore e fumo, ma parola e fuoco. Occorre invocare il Nome e confessare: io credo questo Nome»163. In ebraico il nome di Dio è impronunciabile; scrive Paola Ricci Sindoni:

«Il non poter pronunciare il Nome (da qui l‟uso ebraico del tetragramma impronunciabile perché senza vocali: JHWH) è come un voler garantire la sua non totale coicidenza con il mondo, pur rappresentando il punto assoluto di riferimento per la ricostituzione verso l‟unità del suo Nome attuata, come vedremo, nel processo della redenzione»164.

2. Il Cantico dei Cantici.

Nel libro dedicato alla Creazione Rosenzweig aveva scelto Genesi 1 per esprimere il contenuto di questo evento teologico; nel libro della Rivelazione troviamo il Cantico dei Cantici: ciò è significativo in quanto Rosenzweig intende la relazione Dio-uomo come un rapporto tra l‟amante e l‟amata:

«L‟amore non può affatto essere “puramente umano”»165

.

162

Solo dopo l‟attribuzione del nome gli esseri „saranno‟. Cfr. SR, p. 192 e Gn 2,20.

163

Cfr. SR, p. 193.

164

Cfr. Ricci Sindoni, op. cit., p. 133. Il nome di Dio (ehjeh asher ejeh, Es 3,14) viene tradotto con „io sono colui che sono‟; cfr. anche Casper, Rosenzweig e Heidegger. Essere ed evento, Morcelliana, Brescia 2008, pp. 30-31.

165

Cfr. SR, p. 207 e seg. Per approfondire questo tema cfr. anche P. Mendes- Flohr, Tra amore

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La tradizione ebraica ha interpretato il Cantico come «una testimonianza allegorica all‟amore reciproco tra Dio e i figli di Israele»166

. A partire dal Rinascimento il Cantico è stato letto come semplice canto d‟amore. Rosenzweig ritiene che il senso più profondo del Cantico risiede proprio in questa sua sensualità167.

Rosenzweig fa l‟analisi grammaticale del Cantico168. Il Cantico si apre

con la frase «meglio del vino»169: questo „meglio‟, dice Rosenzweig, si riferisce al „molto buono‟ della Creazione 170

. Con la frase «Forte come la morte è amore»171 si ha l‟effettivo passaggio dalla Creazione alla Rivelazione: l‟uomo si sente amato e sa che la sua vita terrena è solo un momento transitorio. Il presente è il tempo verbale dominante nel Cantico e troviamo molti verbi all‟imperativo172. L‟amata viene definita dall‟amante

166

Il Cantico «viene recitato durante il servizio mattutino del sabato intermedio di Pasqua»; ivi, pp. 32-33.

167

Ivi, p. 34, in particolare la nota 14; anche Rosenzweig discute del senso „umano‟ e „divino‟ del Cantico; cfr. SR, pp. 213-214.

168

Ivi, pp. 207-211. Ricordo che Rosenzweig nel primo libro aveva fatto l‟analisi di Genesi 1, dopo aver parlato dell‟arte; qui fa lo stesso con il Cantico. La Stella, come abbiamo visto fin dall‟inizio, è un‟opera altamente sistematica, nella quale si ha una struttura fissa che si ripete in ogni parte.

169

Ivi, pp. 208- 209 e Ct 1,2. Da sottolineare il punto in cui l‟amata prova vergogna: cfr. Ct 1, 5-6.

170

Cfr. Gn 1, 31. L‟uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio ma è pur sempre una creatura; cfr. SR, p. 164 e Gn 1,26.

171

Ivi, p. 161 e Ct 8,6.

172

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come «mia sorella sposa»173. Anche l‟amata considera l‟amante come un fratello: «Se tu fossi per me come un fratello!»174. Essa, poi, riferendosi all‟amante afferma «egli è mio»175

.

3. Il Grido.

Trovo significativo che Rosenzweig abbia scelto il Cantico dei Cantici per parlarci della Rivelazione. Il Cantico non rimanda a un tipo di amore „umano‟, piuttosto direi „fraterno‟. L‟amante e l‟amata si amano come fratello e sorella: il loro è un amore incondizionato, come quello che si instaura in un legame di parentela; l‟uomo è figlio di Dio ed Egli lo ama senza vincoli. Solo l‟amore che scaturisce dalla Rivelazione fa superare all‟uomo la propria finitudine. Abbiamo visto che Dio si rivolge all‟uomo per nome: egli diviene davvero consapevole nel momento in cui risponde, poiché comprende di essere una creatura di Dio. L‟amore è l‟unico sentimento in grado di sconfiggere la morte: adesso l‟uomo sa di essere protetto, di non essere solo; tutto risulta più chiaro: il passato, il presente e

173 Ibidem e Ct 4,9. 174 Ivi, p. 210 e Ct 8,1. 175

Ivi, p. 209 e Ct 2,16-17; questa espressione indica una forte appartenenza reciproca e fa riferimento ad un passo della Bibbia, Is, 43,1; cfr. Samuelson, op. cit., p. 79.

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il futuro176. Lo scambio d‟amore, come abbiamo visto, è uno scambio dialogico: l‟amore emerge con la parola.

A questo punto mi sembra opportuno il riferimento ad uno scritto di Rosenzweig del Gennaio 1918: il Gritlianum177. Questo testo è importante

perché è stato scritto pochi mesi prima della stesura della Stella ed ha la forma di dialogo (Gespräch)178. Cominciamo ad analizzare il titolo: „Gritli‟ era il modo con il quale Rosenzweig usava chiamare affettuosamente Margrit Rosenstock, moglie di Eugen Rosenstock; Rosenzweig ha scritto circa più di mille lettere a Margrit, nel periodo che va dal 1917 al 1922179. Anche nel Gritlianum, come del resto nel secondo libro della Stella,

176

Le tre dimensioni temporali ricordano le epoche schellinghiane dei Weltalter: il passato che precede la Creazione; il presente della storia del mondo; il futuro, unione di mondo e Dio: «il passato è conosciuto, il presente è constatato, il futuro è presentito»; Cfr. Schelling,

Introduzione de Le età del mondo, op. cit.

177

Cfr. F. Rosenzweig, Von Einheit und Ewigheit. Ein Gespräch zwischen Leib und Seele [1918], in B. Casper, Von Einheit und Ewigheit. Ein Gespräch zwischen Leib und Seele. Ein

unveröffentlichter Text Franz Rosenzweigs, «Bulletin des Leo Baeck Intituts», LXXIV (1986).

pp. 65-78, tr. it. a cura di F.P. Ciglia, Unità ed eternità. Un colloquio fra corpo ed anima, in «Humanitas», LIII (1998), n. 6, pp. 923-940 e Il grido, tr. it. a cura di F.P. Ciglia, Morcelliana, Brescia 2003, pp. 93-217.

178

Ricordo che Rosenzweig scrive la famosa Urzelle nel 1917, il Grido nel 1918 e la Stella dall‟agosto del 1918 fino al Febbraio del 1919. Rosenzweig tiene costantemente aggiornati sia Margrit che Eugen Rosenstock durante il periodo della stesura del suo capolavoro.

179

Queste lettere sono state pubblicate recentemente. Su questo tema cfr. anche H. Rosenstock- Huessy, Franz - Margrit - Eugen, in Der Philosoph Franz Rosenzweig (1886-1929), Internationaler Kongress Kassel 1986, a cura di Schmied-Kowarzik, Alber, Freiburg/München 1988, vol. I: Die Herausforderung jüdichen Lernens, pp. 105- 107. Cfr. inoltre H. M. Stahmer,

The letters of Franz Rosenzweig to Margrit Rosenstock-Huessy: „Franz‟, „Gritli‟, „Eugen‟ and “The Star of Redemption”, in Der Philosoph Franz Rosenzweig (1886-1929), Internationaler

Kongress Kassel 1986, a cura di Schmied-Kowarzik, Alber, Freiburg/München 1988, vol. I: Die

Herausforderung jüdichen Lernens, pp. 109-137. Cfr. anche «Teoria», Percorsi dell‟ebraismo,

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predomina il numero „due‟180

: i protagonisti sono il corpo (der Leib) e l‟anima (die Seele); anche qui ritroviamo un maschile e un femminile. Rosenzweig fa corrispondere l‟anima alla dimensione del giorno e il corpo a quella notturna181. Poiché appartenenti a due orizzonti completamente diversi, essi non riescono mai ad incontrarsi. L‟anima dichiara di avere più volte invocato Dio («colui che è al di sopra del cielo»182) per farli avvicinare; persino la morte non sarebbe in grado di sanare questa lacerazione originaria183. Come precisa Ciglia, il Grido è suddiviso in tre sezioni. Nella prima si presenta il problema della separazione, tormento continuamente presente; nella seconda il racconto si svolge al passato: il corpo e l‟anima cercano di ricostruire le loro origini; nella terza, il dialogo si sposta verso la dimensione futura, quella di una possibile riunificazione.

La seconda sezione si apre con la narrazione del corpo184: esso si origina con il mondo, sono entrambi creature; ad un certo punto il corpo racconta di aver udito un suono: «[..] e mi gridò: Tu»185. Da questo suono emerge la

180

Cfr. Rosenzweig, Il grido, cit., p. 31.

181 Ivi, p. 106. 182 Ivi, p. 39. 183 Ivi, p. 43. 184 Ivi, pp. 47-53. 185 Ivi, p. 49.

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consapevolezza del corpo: esso si accorge di essere anche anima. Il corpo si percepisce come „Io‟ dopo il „Tu‟ della chiamata:

«[..] eruppe in me un doppio, un estraneo: emerge il sé»186.

L‟anima, invece, segue un percorso diverso: essa si trovava da sempre

presso Dio; anch‟essa ad un certo punto avverte una voce:

«Verso di me gridò un Io [..]»187.

L‟anima si percepisce come „Tu‟ e acquisisce la consapevolezza di essere legata ad un corpo. Entrambi comprendono di essere ciò che sono nel momento in cui si aprono all‟altro: il corpo si dona a Dio e l‟anima al mondo188. Il grido all‟Altissimo, l‟invocazione a una terza figura, è l‟unico elemento che li accomuna. C‟è un punto in cui l‟anima dice: «[..] o fratello corpo!» e il corpo risponde: «O sorella anima!»189. È evidente il riferimento all‟amore fraterno che ritroviamo nel Cantico, un amore che esprime, come abbiamo visto, la relazione della Rivelazione. Per quanto riguarda il

Cantico mi sembra opportuno il riferimento ad una lettera che Rosenzweig

scrive a „Gritli‟ il 15 Novembre 1918:

186 Ivi, p. 51 187 Ivi, p. 59. 188

«il corpo divenne un sé, la cosa un Io»; «l‟anima divenne mondo, l‟Io divenne cosa». Ivi, p. 53 e p. 61.

189

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«Amore. II 2 [è la sezione seconda de La stella della redenzione, che tratta del Cantico

dei Cantici] è così piacevole. Mi rallegro [al pensiero] delle ore nella camera verde dove

a te l‟ho declamato [da un capo all‟altro], stavolta in primo luogo a te solo [..]. In verità sai già che sta bene a te quanto a me»190.

Come nota Ciglia, il dialogo tra il corpo e l‟anima è privo di riferimenti spazio-temporali191: il tempo fa da sfondo all‟intero dramma. Nel Grido il dualismo permane, è irrisolto. L‟amore riuscirà solo nella Stella a superare questa distanza: Rosenzweig passerà, infatti, da una prospettiva microcosmica ad una macrocosmica, ovvero dal singolo uomo scisso in sé al rapporto uomo- Dio. L‟uomo con la Rivelazione inizia a parlare: solo a questo punto egli è in grado dire „ora‟ e di relazionarlo ad un „prima‟ e a un „dopo‟. Prima di questo fondamentale evento si può parlare solo di una dimensione temporale originaria e di un linguaggio paradossalmente „muto‟, quello della matematica e dell‟arte. Rosenzweig parla del tempo nel Nuovo pensiero, il saggio scritto nel 1925:

«Non è che ciò che accade accada nel tempo, è il tempo stesso ad accadere»192.

190

Cfr. P. Mendes-Flohr, art. cit., p. 35.

191

Cfr. F. P. Ciglia, Commentario, in Rosenzweig, Il grido, cit., p. 98. Nella Stella è il tempo stesso ad accadere con l‟evento della Rivelazione.

192

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E ancora:

«Ciò che Dio ha fatto, fa e farà, ciò che è accaduto del mondo e ciò che gli accadrà, ciò che accade all‟uomo e ciò che farà, tutto questo non può essere separato dalla sua temporalità»193.

4. L’importanza della parola.

Rosenzweig non parla della Rivelazione solo nel libro centrale della Stella ma anche in altri scritti importanti. Ad esempio nella «Cellula originaria» della Stella del 1917 Rosenzweig definisce la Rivelazione come «il punto di Archimede»194 della sua filosofia. In questa lettera, indirizzata come sappiamo a Rudolf Ehrenberg, Rosenzweig ricorda che la Rivelazione è un argomento che aveva affrontato anche nello scambio epistolare con Rosenstock, avvenuto l‟anno precedente195. Scrive Rosenzweig:

«Lo scorso anno, nella mia corrispondenza con Rosenstock gli posi direttamente la questione su che cosa intendesse per “rivelazione”. Egli rispose rivelazione è orientamento. Dopo la rivelazione, nella natura c‟è un “alto” e un “basso”, reale, non più relativizzabile: “cielo” e “terra” [..] e nel tempo c‟è un “prima” e un “dopo”»196

.

193

Ivi, p. 269.

194

Cfr. Rosenzweig, «Cellula originaria».., in La Scrittura.., cit., p. 241.

195

Per l‟epistolario cfr. Rosenzweig, La radice che porta. Lettere su ebraismo e cristianesimo,

op. cit.

196

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56

È a partire da questo «punto centrale»197 che si sviluppa tutta la riflessione di Rosenzweig. Rosenzweig parla della Rivelazione anche nel Nuovo

pensiero:

«La rivelazione non distrugge per nulla il paganesimo autentico, il paganesimo della creazione; essa fa sì che a esso avvenga soltanto il miracolo della conversione, del rinnovamento. Essa è sempre presente e se è passata, allora viene da quel passato che sta all‟origine della storia umana rivelazione ad Adamo»198.

Il metodo del „nuovo pensiero‟ è il «metodo del parlare»199:

«Nel dialogo vero qualcosa accade sul serio; io non so prima che cosa l‟altro mi dirà perché in realtà non so neppure che cosa dirò io, anzi non so neppure se parlerò»200. Lo scambio dialogico ha bisogno di tempo:

«La differenza tra pensiero vecchio e nuovo, tra pensiero logico e pensiero grammaticale, non consiste nell‟esprimersi a voce alta o a bassa voce, bensì nel bisogno dell‟altro o, che è lo stesso, nel prendere sul serio il tempo»201

.

Per quanto riguarda il concetto di Rivelazione, è fondamentale il riferimento ad una lettera che Rosenzweig scrive a Gertud Oppenheim il 30.5.1917:

197

Ivi, p. 250. Non sarà la Rivelazione cristiana che Rosenzweig prende in considerazione, bensì quella ebraica. Ricordo che Rosenzweig, nonostante il colloquio di Lipsia con Rosenstock, nel 1913 decide di rimanere ebreo, quindi la religione ebraica diventerà la dimensione all‟interno della quale articolerà il suo pensiero filosofico. Rudolf Ehrenberg è il destinatario sia della lettera dell‟Ottobre del 1913 sia della Urzelle del 1917.

198

Cfr. Rosenzweig, Il nuovo pensiero.., in La Scrittura.., cit., p. 274.

199

Ivi, p. 270. Cfr. anche Sellinger, op. cit., pp. 411-412.

200

Cfr. Rosenzweig, Il nuovo pensiero.., in La Scrittura.., cit., p. 271.

201

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«È questo. Sopra e sotto, nonostante Copernico. Nord, Sud, Est ed Ovest [..]. Passato e

futuro[..]. Il mondo è ordinato [..]»202.

Il pensiero della Rivelazione si differenzia dal pensiero metafisico tradizionale: l‟„essere‟ non è più una cosa che deve essere pensata; per evitare il nichilismo è necessario collocare l‟origine al di fuori dell‟„essere‟, poiché altrimenti si fa fatica a definirlo203. Ripanti cerca di chiarire il concetto di evento:

«l‟Ereignis fa venire il tempo e l‟essere al loro proprio»204

.

Secondo Ripanti, l‟Ereignis non è un concetto supremo, non è un fondamento; con l‟Ereignis „essere‟ e tempo arrivano al loro compimento. Affinché l‟„essere‟ non ostacoli il concetto di Rivelazione, la parola (dabar)205 deve sostituirsi alla cosa.

Rosenzweig si rifiuta di affermare che la verità è Dio: dirà piuttosto «Dio è la verità»206: Dio è il soggetto della frase, Dio è anteriore207. Dire la

202

La traduzione italiana della lettera si trova nella Introduzione alla Stella; cfr. G. Bonola,

Franz Rosenzweig ai lettori della «Stella».., cit., p. 25. Cfr. anche G. Ripanti, Parola e ascolto,

Morcelliana, Brescia 1993, p. 41. 203 Ivi, p. 20. 204 Ivi, p. 22. 205

Il primato della parola è una caratteristica del pensiero ebraico.

206

Cfr. SR, p. 407. Rosenzweig nel Nuovo pensiero parla dell‟inveramento (Bewärung) della verità. Cfr. Rosenzweig, Il nuovo pensiero.., in La Scrittura.., cit., p. 279.

207

«Dal momento che “non ciò che è detto è vero, ma colui che dice è veritiero”, la verità si trasforma, da questione propria della teoria della conoscenza, in problema della testimonianza, in problema etico». Cfr. Fabris, op. cit., p. 50.

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58

„verità è..‟ significa, secondo Rosenzweig, ricadere di nuovo nel „che cos‟è?‟ metafisico. Il dire di Dio è senza tempo, a differenza del dire temporale dell‟uomo208. In Rosenzweig la Rivelazione è essenzialmente Rivelazione del nome; la Rivelazione, come abbiamo detto, può essere considerata come „evento esperito‟. Ripanti vede nella Rivelazione tre significati. Il primo è cosmologico: l‟uomo inizia a nominare le cose grazie alla parola; il secondo è teologico: Dio rivela il proprio amore all‟uomo; il terzo è antropologico: il comandamento divino fa sì che l‟uomo si apra ai suoi simili e al mondo nel cammino in attesa della Redenzione209.

Scrive Ripanti:

«L‟ermeneutica grammaticale è il linguaggio come organon, grammaticalmente inteso, che si distende sui 3 tempi dell‟essere»210.

Accogliere la parola piuttosto che la cosa significa privilegiare l‟approccio teologico rispetto a quello filosofico-metafisico. L‟„esserci‟ colloca se stesso nella mondanità e con il „che cos‟è?‟ (la Was-ist-Frage rosenzweighiana) cerca di dare un senso alla propria precarietà. La teologia propone una dimensione alternativa a quella filosofica: la parola di Dio si situa nel tempo, nella storia; il passato e il presente sono illuminati dal futuro. La morte non spaventa più, non è più un ostacolo da superare, come

208

Cfr. Ripanti, op. cit., p. 33.

209

Ivi, p. 48.

210

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59

sosteneva Hegel. Il negativo può davvero rappresentare il positivo; la vita del singolo acquista un senso solo se intesa come un connubio inestricabile di bene e male211.

Secondo il „nuovo pensiero‟, filosofia e teologia212 dovrebbero collaborare in vista appunto di un pensiero „nuovo‟, più completo e profondo. La teologia è quella che getta le basi, che fornisce fatti, eventi accaduti, quali la Rivelazione; la filosofia ha il compito di narrare ciò che è avvenuto, di raccontare e fare chiarezza. La filosofia non può permettersi di fare a meno dei presupposti. L‟„essere‟, l‟origine tanto indagata, si rivela problematico, incapace di fornire quel senso che l‟uomo da sempre cerca.

Secondo Marion213, la fenomenologia potrebbe essere considerata un tipo di filosofia che si avvicina alla religione, potrebbe essere intesa come „filosofia della religione‟214

. La fenomenologia, concependo il fenomeno come un qualcosa che „si da‟ (es gibt), potrebbe ammettere una dimensione rivelativa; tuttavia, ciò che ostacola l‟affermarsi di un pensiero rivelativo è la presenza di un orizzonte dato, precostituito, dal quale la Rivelazione non può emergere. Liberandosi dei propri orizzonti e uscendo dalla prospettiva

211

Per approfondire questi temi cfr. V. Sainati, Metafisica e teologia della parola, in «Teoria», I (1989), pp. 3-16.

212

Per il rapporto tra filosofia e teologia cfr. Fabris, op. cit., pp. 95-100.

213

Cfr. J.L. Marion, Filosofia e rivelazione, in «Studia Patavina», XXXVI (1989), pp. 1-19.

214

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60

che riconduce tutto al soggetto pensante215, la filosofia può far spazio al pensiero rivelativo: è quello che Rosezweig auspica. Il trascendente non può venir tematizzato dalla filosofia. Dare iportanza al linguaggio significa dare importanza all‟„Altro‟, al nostro prossimo, aprirsi all‟alterità. Da sempre, invece, la filosofia ha considerato il linguaggio come semplice strumento d‟indagine216

. L‟evento della Rivelazione è un „fatto‟ di cui l‟uomo fa esperienza; in tedesco ci sono due termini per esprimere il concetto di esperienza: Erlebnis e Erfahrung217. Come sottolinea Fabris, il

termine Erfahrung predomina nel Nuovo pensiero218, mentre il concetto di

Erlebnis ricorre più frequentemente nella Stella219: nello scritto principale di Rosenzweig emerge infatti il tema dell‟esperienza „vissuta‟ dal soggetto, che diviene consapevolezza. Invece, la parola Erfahrung tende a sottolineare maggiormente l‟aspetto temporale, il „percorso‟ che viene intrapreso (er-fahren), perciò la situazione „oggettiva‟, „esterna‟, acquista maggior rilievo.

215

Atteggiamento tipico della filosofia moderna.

216

Se si considera il termine logos come linguaggio, si può far riferiemnto al Fr. 50 D-K di Eraclito: «Non me ma dando ascolto al Discorso, è saggio dire con esso che tutte le cose sono una». Cfr. Eraclito, I frammenti e le testimonianze, cit. p. 9, tr. di C. Diano; cfr. anche Ripanti,

op. cit, p. 101, nota 53.

217

Sul tema dell‟esperienza in Rosenzweig cfr. Fabris, op. cit., pp. 42-57 e A. Fabris, Ebraismo

e filosofia nel “nuovo pensiero” di Franz Rosenzweig, in «Archivio di filosofia», LXI (1993),

pp. 362-363.

218

Cfr. Rosenzweig, Il nuovo pensiero.., in La Scrittura.., cit., p. 282.

219

Ritroviamo solo pochi punti nella Stella nei quali Rosenzweig usa il termine Erfahrung. Per i passi cfr. Fabris, op. cit., p. 60, nota 22. Per approfondire cfr. anche Casper, Rosenzweig e

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5. L’Evento.

Bernhard Casper nella sua opera Rosenzweig e Heidegger. Essere ed

Evento si chiede: «in che senso l‟“essere [sein]” dev‟essere compreso in

ultima analisi come evento?»220. Il problema di Rosenzweig, come sappiamo, è quello di far conciliare la dimensione religiosa, legata alla Rivelazione, con la concezione greca dell‟„essere‟:

«[..] come si può conciliare con l‟esperienza biblica della realtà la concezione, apparentemente ovvia sin dall‟età classica greca, dell‟essere come presenza sussistente?»221.

L‟„essere‟ in Rosenzweig può essere inteso come un fatto che avviene nel linguaggio e che accade storicamente:

«Rosenzweig concepisce l‟accadere, nel quale e in quanto tale l‟“essere [sein]” scaturisce in quanto cammino che parte dall‟uomo, come “evento avvenuto”222, che ha luogo fra mondo, uomo e Dio»223.

Il pensiero si limita solo a fare esperienza di questa realtà miracolosa, a raccontare la Rivelazione storica, la quale fa convenire i tre fenomeni

220 Ivi, p. 33. 221 Ivi, p. 30. 222

Ritroviamo questa espressione anche nella Stella; cfr. SR, p. 164.

223

Cfr. Casper, Rosenzweig e Heidegger.., cit., p. 44. Cfr. anche B. Casper, Evento e preghiera:

per un‟ermeneutica dell‟accadimento religioso, Cedam, Padova 2003, pp. 10-11 e B. Casper, Il pensiero dialogico, Franz Rosenzweig, Ferdinand Ebner e Martin Buber, Morcelliana, Brescia

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originari; non a caso il pensiero viene definito «pensiero esperiente»224. Anche il metodo scientifico segue l‟approccio filosofico-metafisico ed è, da sempre, in contrasto con i contenuti teologici. Scrive Casper:

«All‟essere corrisponde l‟epistème, “la” scienza. In effetti, per essa [..] l‟oggetto in questione non è altro che l‟ [..] ente nella sua enticità»225.

Parlare di Rivelazione come „Evento‟ significa, per Rosenzweig, concepire l‟amore226

come sentimento di apertura: in un istante (Augenblicklichkeit)227 il pensiero comprende, diviene consapevole e può iniziare a raccontare «come è andata»228. Rosenzweig utilizza questa particolare espressione proprio per far capire come il pensiero non possa fare assolutamente a meno della dimensione rivelativa poiché, nel momento in cui questa non viene presupposta, è facile cadere nel vuoto del nichilismo. Solo dopo la Rivelazione la realtà acquisisce un senso, il mistero della vita si svela ed è possibile ricostruire il passato (legato alla Creazione) e prevedere il futuro (in vista della Redenzione).

224

Ivi, p. 82 e cfr. Rosenzweig, Il nuovo pensiero.., in La Scrittura.., cit., p. 262.

225

Cfr. Casper, Rosenzweig e Heidegger.., cit. p. 26.

226

«L‟amore (in quanto è l‟amore che accade a partire da Dio) “non è un attributo, bensì un evento”»; ivi, p. 84 e SR, p. 169.

227

Cfr. Casper, Evento e preghiera.., cit., p. 149.

228

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Ciò che è importante è lo stretto rapporto tra la dimensione rivelativa, legata alla verità e all‟„essere‟, e il tempo229

. Il tempo non esiste prima della Rivelazione: solo dopo il primissimo scambio di battute230 tra Dio e l‟uomo sorge l‟orizzonte della temporalità231

; il tempo stesso accade, si svolge. Come abbiamo visto, nel pre-mondo non si ha una concezione del tempo, la realtà primigenia è del tutto a-temporale. Quello che l‟uomo esperisce nel dialogo è la sua vita presente: il singolo uomo trova la propria posizione nell‟universo e stabilisce un legame indissolubile con Dio. Secondo la gnoseologia messianica, è possibile cogliere la verità solo alla fine:

«Solo presso Dio stesso è la conferma, solo davanti a lui la verità è Una»232.

Casper fa l‟analisi del termine tedesco Ereignis; la parola viene dal verbo

sich er-eignen, in alto tedesco sih er-ougen: come si vede questo verbo ha a

che fare con gli occhi, con il vedere («ouge- Auge»)233. Il „vedere‟ riguarda

229

Casper parla di una «comprenetrazione reciproca di tempo e “essere”»; cfr. Casper,

Rosenzweig e Heidegger.., cit., p. 100. A mio avviso Casper utilizza le virgolette quando parla

dell‟ „essere‟, in quanto qui non ci si riferisce alla concezione greca dell‟essere: l‟essere „emerge‟, „e-viene‟ (ereignet) dall‟ evento teologico della Rivelazione, non è qualcosa di statico che va compreso attraverso il pensiero.

230

«Il fatto che essi costituiscano tra loro un dialogo è il grande mistero universale, quello manifesto, rivelato, sì, il contenuto della rivelazione»; cfr. Casper, Evento e preghiera.., op. cit., p. 165. Cfr. anche Rosenzweig, La radice che porta.., cit., p. 120.

231

Sul tema della temporalità cfr. K. Löwith, M. Heidegger and F. Rosenzweig, or Temporality

and Eternity, in “Philosophy and Phenomenological Research”, III (1942), pp. 53-57; tr. it. Heidegger e Rosenzweig. Poscritto a «Essere e tempo», in «aut aut», CCXXII (1987), pp.

76-102.

232

Cfr. Casper, Rosenzweig e Heidegger.., cit., p. 104. Cfr. anche Rosenzweig, Il nuovo

pensiero.., in La scrittura.., cit., p. 280. Cfr. anche p. 51.

233

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l‟„assistere‟, il diretto coinvolgimento dell‟uomo nell‟„evento‟ rivelativo che il pensiero non può ignorare. Casper sottolinea inoltre la differenza tra i termini Erlebnis234 e Ereignis. Abbiamo visto che con la prima espressione

intendiamo un tipo di esperienza che riguarda il vissuto: Casper ritiene che l‟Erlebnis sia legata alla sfera soggettiva dell‟individuo. Con Ereignis235

, invece, intendiamo riferirci ad un qualcosa di oggettivo che è accaduto, un episodio concreto, „reale‟ di cui l‟uomo è partecipe. Anche Casper evidenzia la difficoltà di una possibile «teologia filosofica»236: il rischio è che una disciplina prenda il sopravvento sull‟altra. Affinchè il „nuovo pensiero‟ sia possibile è necessario considerare «il filosofare come pensare dell‟esserci storico»237

.

Per quanto riguarda l‟importanza del linguaggio mi sembra significativo il riferimento a Martin Heidegger. Casper nella sua opera ha messo in evidenza come in entrambi i pensatori sia presente il concetto di Ereignis, seppur con delle differenze.

234

Ivi, p. 47

235

In riferimento all‟ Ereignis sarebbe forse più calzante il termine Erfahrung, inteso come un tipo di esperienza che si rifà ad una situazione „oggettiva‟.

236

Ivi, pp. 161-162.

237

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Scrive Casper:

«Rosenzweig pronuncia la parola Dio come uno che crede, Heidegger come uno che domanda»238.

Aldilà dei punti di contatto e delle differenze tra i due pensatori mi sembra importante il ruolo che gioca il linguaggio nel pensiero del secondo Heidegger, in particolare nella Lettera sull‟umanismo239 e nel saggio

intitolato L‟essenza del linguaggio240.

Nella Lettera sull‟umanismo Heidegger afferma:

«il linguaggio è la casa dell‟essere»241

.

Ciò significa che l‟„essere‟ „si dà‟ e si coglie attraverso il linguaggio. Il pensiero stesso appartiene alla dimensione dell‟„essere‟ e, quindi, a quella del linguaggio:

«il pensiero è dell‟essere in quanto, fatto avvenire (ereignet) dall‟essere, all‟essere appartiene»242.

Anche in Heidegger il linguaggio è considerato un „evento‟:

«Il linguaggio è avvento diradante-velante dell‟essere stesso»243.

238

Ivi, p. 76.

239

Cfr. M. Heidegger, Lettera sull‟umanismo, a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano 1995.

240

Cfr. M. Heidegger, L‟essenza del linguaggio, in In cammino verso il linguaggio, Mursia, Milano 2007, pp. 127-170.

241

Cfr. Heidegger, Lettera sull‟umanismo, cit., p. 31.

242

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L‟„essere‟ non è, ma «si dà»244. Attraverso il „dire‟ il pensiero porta la parola inespressa dell‟„essere‟ verso il linguaggio:

«L‟essere, aprendosi nella radura (Lichtung), viene al linguaggio. Esso (l‟essere)245

è sempre in cammino verso il linguaggio. A sua volta, il pensiero e-sistente, nel suo dire, porta al linguaggio questo adveniente»246.

Nel saggio In cammino verso il linguaggio ritroviamo un‟espressione che Heidegger riprende da una poesia di George:

«Nessuna cosa sia dove la parola manca»247.

Questo significa che solo la parola fa essere la cosa. Pensare significa ascoltare la parola: poetare e pensare vanno di pari passo248. Il potere del „dire‟ (sagen) risolve il mistero della realtà249

. Ritorna, come si vede, il ruolo centrale del parlare: non a caso il „nuovo pensiero‟ rosenzweighiano è un „pensiero del parlare‟ (Sprachdenken)250

.

243

Ivi, p. 50. In Heidegger l‟esistenza dell‟uomo è collegata al concetto di radura (Lichtung): scrive Heidegger: «chiamo lo stare nella radura dell‟essere l‟esistenza dell‟uomo», ivi p. 46. Il termine Lichtung, parola che rimanda al termine di Licht, luce, lo troviamo anche nello scritto

Saggio sull‟origine dell‟opera d‟arte; cfr. Heidegger, Holzwege. Sentieri erranti nella selva,

Bompiani, Milano 2002, pp. 5-89.

244

«“ciò” (es) che qui “dà” (gibt) è l‟essere stesso»; cfr. Heidegger, Lettera sull‟umanismo.., cit., p. 62.

245

Entrambe le parentesi sono mie.

246

Ivi, p. 100.

247

Cfr. Heidegger, L‟essenza del linguaggio, cit., pp. 132 e seg.

248

Ivi, pp. 146-148.

249

Ivi, p. 149 e p. 157.

250

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