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La storia di “Cinema Sud” negli anni Sessanta

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La storia di “Cinema Sud” negli anni Sessanta

NUMERO 16, ANNO TERZO, GENNAIO 1960

La rivista ritorna in edicola con una nuova veste grafica e tipografica. Giacomo D’Onofrio viene nominato capo redattore e crea una nuova rubrica letteraria, da lui stesso curata. Pietro Corrado, ex capo redattore, viene promosso a condirettore e introduce la rubrica “Bianco e nero”, curata da Giacomo Trentin in cui sono raccolte citazioni famose su diversi temi. Riconfermate le rubriche “Passo ridotto” e il taglio editoriale di stampo critico dato fin dal primo numero. Numerosi gli articoli di approfondimento culturale e letterario e meno spazio agli articoli di costume. Viene meno la collaborazione con il grande vignettista Giuseppe Russo, in arte Girus, scomparso in seguito a una grave malattia. Grande attenzione intorno al cinema amatoriale e alla Fedic, che in questo anno vede nuove elezioni e la nomina di un nuovo consiglio direttivo. È segnalata anche la nascita del nuovo festival di Rapallo e confermato il successo del Recital Realista di Vibo Valentia. Ritorna di moda il film storico.

NUMERO 17/18, ANNO TERZO, FEBBRAIO-MARZO 1960

Esce nelle sale “La dolce vita” di Fellini e “Cinema Sud” vi dedica questo numero, premiando il film per l’innovazione e per la coraggiosa e dissacrante denuncia della società coeva messa mirabilmente in opera dal regista, osteggiato da critici reazionari-cattolici e dal pubblico di massa. Vittorio Caldiron e Camillo Marino scrivono e argomentano la difesa dell’opera di Fellini. “Cinema Sud” pubblica anche un articolo di Mario Verdone, in cui il critico de “Il Quotidiano scrive a favore de “La dolce vita” e per questo viene

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esonerato dal suo giornale. Continua in questo numero l’appello di Giorgio Trentin nella rubrica “Passo Ridotto” affinchè le elezioni del nuovo consiglio della Fedic portino a una maggiore apertura al cinema d’amatore italiano ed in particolare ai cine club del sud. In questo stesso anno Ammanti lascia la direzione del Festival del Cinema di Venezia.

NUMERO 19-20, ANNO TERZO, APRILE-MAGGIO 1960

Giorgio Trentin nella sua rivista “Passo ridotto” muove delle gravi accuse al condirettore Pietro Corrado, eletto nella commissione Fedic, perché lo ritiene responsabile di non aver favorito l’accesso dei cine club meridionali al concorso. La rivista apre un’inchiesta, da cui però in sede redazionale non emerge alcun elemento a favore di Corrado e ciò porta alle dimissioni di quest’ultimo. Trentin e Corrado vengono scelti come candidati ufficiali del nuovo consiglio nazionale Fedic.

Giacomo D’Onofrio nella sua rubrica letteraria parla di “Cinema Sud” come di “una rivista d’avanguardia, aperta al dibattito e orientata da una ricerca ansiosa di un linguaggio nuovo e funzionale”. In tal senso la rivista s’impegna a promuovere talenti emergenti all’interno delle varie sfere della cultura, dal cinema alla letteratura, passando per la musica. Vengono proposti “Nell’angolo dei libri”, curato da Massimo Massara, dei saggi sul realismo, attraverso le opere di Lukacs, Aristarco e numerosi teorici del cinema.

In questo anno scompare Fred Buscaglione e Camillo Marino vuole ricordarlo con una lettera di commiato.

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Alla ribalta l’urlatore melodico, Peppino di Capri, che, attraverso un linguaggio innovativo, dà inizio ad un nuovo genere di arte popolare in contrasto aperto con il futile mondo borghese.

Decadimento del dello spettacolo di rivista.

NUMERO 21, ANNO TERZO, LUGLIO-AGOSTO, 1960

Nell’editoriale la redazione critica la proposta del ministro Tupini di moralizzare l’arte applicando impropriamente la crociata clericale contro il progresso e la civiltà

Seconda edizione del “Laceno d’Oro” che da quest’anno diventa annuale. Il premio va a un regista, un produttore e un attore. Molti i nomi di rilievo presenti all’evento, tra cui Germi, De Laurentiis, Ferrero, Salerno e Girotti. Vengono istituiti due premi nuovi, uno dedicato ai pittori e l’altro letterari. Come già nel 1959 con Pasolini e Antonioni, anche quest’anno molte sono le collaborazioni con autori di lustro, quali Moravia, Morante, Ungaretti e Levi.

La Fedic istituisce un collegio il 20 marzo 1960 modificando lo Statuto della Federazione senza sottoporlo all’approvazione dell’assemblea, decidendo arbitrariamente le attribuzioni dei nomi della dirigenza. La Rassegna di Montecatini, nonostante il cambio della guardia nell’esecutivo della Fedic, con l’immissione di “meridionalisti” quali Corrado e Lacerenza, rimane nella pratica ancorata al passato, rifiutando addirittura l’invito per “Cinema Sud” alla rassegna.

In una postilla della redazione viene annunciato un nuovo formato del numero a seguire, un ampliamento fino a 40 pagine e la pubblicazione del “Manifesto dei giovani neorealisti meridionali” non uscito in questo numero.

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In lavorazione il nuovo il film di Giuseppe Bennati, “Labbra rosse”, basato sulla storia della gioventù femminile dell’epoca. Dino De Laurentiis film un contratto per due film del valore di otto milioni di dollari con la Columbia Pictures, “Barabba” di Richard Fleischer e “I due colonnelli” di Guy Hamilton.

In un saggio critico Paolo Turco punta il dito contro la “nouvelle vague” per l’uso improprio e furbo di un erotismo sfrontato che ricorre spesso nelle opere degli autori legati a questa che Turco ritiene una corrente non omogenea e dagli scarsi meriti, eccetto alcune eccezioni, una su tutte Resnais con “Hiroshima mon amour”.

VI edizione del Festival industriale di Monza e VIII Festival Napoletano della canzone.

Nascono le prime emittenti televisive libere per arginare il monopolio della RaiTv, ritenuto immorale e anticostituzionale, perché il diritto di libera manifestazione del pensiero deve esercitarsi con qualsiasi mezzo di diffusione.

Giacomo D’Onofrio fa un appello al direttore del Teatro “San Carlo” di Napoli proponendo un rinnovamento e una gestione nuova che liberi il teatro dalla subordinazione del Teatro “La scala” di Milano e faccia ritrovare al “San Carlo” nuovi fasti.

La redazione tutta esprime la propria solidarietà a Pasolini oggetto di campagne pubblicitarie discriminatorie e offensive sul suo lavoro di intellettuale e di scrittore scomodo che dà voce alle realtà e ai personaggi ai margini della società.

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NUMERO 22, ANNO TERZO, SETTEMBRE 1960

Numero interamente dedicato alla XXI Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, edizione molto discussa e criticata. Il cambio della guarda alla direzione della mostra con la nomina, al posto di Ammanati, di Emilio Lonero è stata infatti motivo di numerose polemiche, in quanto Lonero fu bollato da una parte dei critici come “protetto della DC e privo di titoli” e fu ritenuto uno dei responsabili della clamorosa sconfitta di Luchino Visconti, quell'anno in concorso con “Rocco e i suoi fratelli”, sgradito ai cattolici e sbaragliato da “Il passaggio del Reno” di Andrè Cayatte.

Quattro i film italiani presenti alla mostra, tutti di stampo neororealista: in concorso, “Rocco e i suoi fratelli “ di Visconti, vincitore del Premio speciale della giuria, “I delfini” di Francesco Maselli, “Adua e le sue compagne” Antonio Pietrangeli e “La lunga notte del ‘43” del regista esordiente Florestano Vancini, vincitore del Premio opera prima. Fuori concorso “Kapò” di Gillo Pontecorvo, ritenuto troppo “pericoloso” per la pace dei censori. La commissione di selezione della Mostra, per meglio figurare sul piano internazionale e competere meglio con i film stranieri, punta su questi quattro film d”avanguardia” che, invece, sul piano nazionale erano stati aspramente osteggiati dal Governo e dal Vaticano. Il programma di questa edizione appare esile e le opere in concorso, eccetto quattro film italiani menzionati, alquanto irrilevanti.

Positivo il bilancio della seconda edizione del “Laceno d’Oro”. Grande successo di pubblico e di critica, nonostante la rassegna sia agli inizi e gli organizzatori ritengono che alcune cose siano da migliorare. La presenza i grandi nomi come quella di Pasolini e De Laurentiis è stata di sicuro una

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garanzia di serietà e grande professionalità. Proprio De Laurentiis è uno dei vincitori insieme al regista Leopoldo Trieste e all’attore Massimo Girotti. Obiettivo del Festival è quello di scardinarsi da una dimensione provinciale eliminando la manifestazione canora nelle successive edizioni, aumentarne il prestigio con una manifestazione letteraria di ampio respiro e promuovere iniziative che valorizzino il territorio.

Nella rubrica letteraria di Giacomo D’Onofrio in questo numero inizia la pubblicazione a puntate del soggetto inedito “Una giornata balorda” di Pierpaolo Pasolini.

NUMERO 23, ANNO TERZO, DICEMBRE 1960

Nella rubrica di apertura della rivista “Questitalia: cronache contemporanee” Antonio Frezza esprime nuovamente lo sdegno e il disappunto di fronte al discutibile operato del direttore della Mostra del Cinema di Venezia, Emilio Lonero, e della scandalosa vittoria del film di Cayatte, cui sono seguite non poche polemiche. Secondo Frezza la logica di Lonero, coerente con le imposizioni del ministro Tupini e mirata a compiacere il potere a discapito della libertà d’espressione, lede profondamente l’immagine della rassegna veneziana, caduta ormai nelle grinfie della crociata clericale contro il progresso e la civiltà. La redazione è concorde con questa tesi e nell’editoriale prende chiaramente posizione contro i “falsi crociati della fede”. Anche Giorgio Tinazzi concorda nel ritenere la vittoria de “Il passaggio sul reno” di Cayatte ingiusta e risibile, in quanto il film, basato su un ideale qualunquista, non ha nessun merito particolare e danneggia il vero vincitore della rassegna “Rocco e i suoi fratelli”. La vera vittima di questo gioco di potere è per l’ennesima volta Visconti che per la quarta volta non riesce a spuntarla a Venezia: “La terra

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trema” e “Senso” battuti da “Amleto” e “Giulietta e Romeo”, poi “Le notti bianche”, sconfitte da “Aparaijto.

La vera rivelazione è stata senza dubbio quella di “La lunga notte del ‘43” di Florestano Vancini, film antifascista coraggioso, mentre non deludono “I delfini”, film con indubbi pregi formali e “Adua e le sue compagne”, opera matura e notevole di Pietrangeli, basata su un tema coraggioso trattato con nobiltà. Il cinema italiano esce a testa alta e non è in declino, anzi molti sono gli autori che amano il cinema impegnato e non vogliono piegarsi a logiche commerciali e ad un conformismo imperante, ma hanno vita difficile in un momento in cui predominano logiche di potere reazionarie. Vittorio Caldiron, invece, nel suo articolo “Il granello di senape”, analizzando “I delfini”, “La lunga notte del ‘43” e “Adua e le sue compagne”, afferma che , oltre le meritevoli intenzioni da parte dei registi di fare delle opere di impegno civile, i risultati siano approssimati e che le questioni trattate meritavano un maggiore approfondimento.

Anche la sezione “Informativa” subisce una sorta di involuzione sotto la direzione di Lonero e a parte qualche rara eccezione la qualità scarseggia. Da menzionare sono “Kapò” di Pontecorvo, storia infelice di un amore sbocciato nell’inferno di un lager, il colossal “Ben hur” di William Wyler e “Shadows” di Cassavetes.

Lonero inaugura una nuova sezione culturale, in cui si rende omaggio a capolavori del passato e ai grandi maestri del cinema. I film scelti per quell’anno son stati “La congiura dei Boiardi” di Ejzenstejn e “Il grande dittatore” di Charlie Chaplin.

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Anche in questa edizione c’è una retrospettiva, dedicata a Griffith e a Jean Gremillon. La rassegna risulta di un certo interesse, ma di una attualità scontata e inutile, nonché alquanto sommarie visto che le personali dei due registi non erano complete.

Numerose polemiche anche intorno alla II Rassegna del cinema d’amatore organizzata dal cine club di Vibo Valentia, snobbata totalmente dalla critica specializzata.

Muore Mario Riva, re del sabato sera della RaiTv.

La redazione pubblica una nota di scuse ai propri lettori per non poter pubblicare tutto il materiale pervenuto, in quanto l’autofinanziamento della rivista non consente sforzi maggiori.

NUMERO 24, ANNO QUARTO, MARZO-APRILE 1961

“Cinema Sud” esce con una nuova veste editoriale che vede anche un aumento del numero delle pagine. Viene annunciato l’uscita di un fascicolo “Omnia” sul Neorealismo, ove saranno pubblicati il “Manifesto dei giovani realisti del Sud”, già annunciato sui numeri precedenti, insieme a saggi critici, opere di narrativa e poesie sul tema.

“Rocco e il suoi fratelli” accende il dibattito sul Neorealismo, cui questo numero è interamente dedicato. Molti gli approfondimenti sul tema del Realismo e sulla posizione meridionalista di Visconti. Il film di Visconti, pur riscuotendo ampi consensi di critica, dà vita a un dibattito vivo. Antonio Frezza ritiene che il film si possa ascrivere al Realismo, per l’impegno sociale e lo studio profondo della questione meridionale alla base dell’opera. Nino Cacia, invece, sottolinea la differenza e la distanza tra “Rocco e i suoi fratelli” e “La

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terra trema”, ritenendo che il primo si allontani sensibilmente dal realismo riscontrato nel secondo, ispirato ai “Malavoglia” di Verga. Armando Borrelli chiarisce a questo proposito che i film neorealisti sono elgati dal comun denominatore del voler raccontare la dura realtà in cui versava la società del secondo dopoguerra, ma che questo si esprime poi in diverse direzioni, più o meno legate all’estetica e alla forma, in base alla sensibilità dell’artista. Visconti senza dubbio non vuole fare cronaca, ma porta nel film il suo modo e il suo sguardo personale.

Il caso “Rocco e i suoi fratelli” apre anche un altro dibattito,quello sulla censura. Il film inizialmente era stato sottoposto dal Procuratore della Repubblica di Milano a sequestro. Fausto Grimaldi nel suo articolo pone l’attenzione su questo punto e fa presente che questo tipo di censura preventiva, cui è stato sottoposto il film di Visconti, in termini giuridici ricorda le leggi vigenti in materia di stampa durante in fascismo, dunque tipica dei regimi illiberali. La censura in uno stato liberare dovrebbe invece essere solo di tipo repressivo ed esercitata dal magistrato nei casi in cui si creino davvero gli estremi del reato, ma come si può notare. Oltre una questione di competenza giuridica si dovrebbe tener conto della questione estetica in quanto le situazioni e i mezzi di espressione, anche se in taluni casi non sempre obbediscono ad un requisito artistico e alle finalità del film, dovrebbero consentire la maggiore libertà d’espressione possibile all’artista, la cui moralità non è scevra dalla sua arte.

Esce “La notte” di Michelangelo Antonioni, opera di preziosismo tecnico e di grande coerenza stilistica, denso di contenuti, in cui l’autore vuole scavare nella coscienza individuale e di una società in declino. Antonioni si conferma,

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dopo il successo de “L’avventura”, un grande autore ricevendo con questo film un’ottima risposta da parte della critica.

Giorgio Tinazzi recensisce alcuni volumi teorici sul cinema: la collana “Dal soggetto al film” (Editore Cappelli) di Renzo Renzi, “Les grandes cinéastes” (Editions Universitaires-Paris) di Henri Agel e “Tendenza del cinema italiano” Unitalia Film) di Vinicio Marinucci.

Dino De Laurentiis istituisce un Premio letterario- cinematografico annuale alla memoria Augusto Borselli e per la seconda edizione del 1961 eleva il premio a cinque milioni di lire si impegna a produrre il film tratto dal romanzo vincitore.

NUMERO 25, ANNO QUARTO, GIUGNO-LUGLIO 1961

La redazione nell’editoriale di questo numero vuole precisare la posizione di “Cinema Sud” in merito alla questione del Realismo. La redazione riconferma il proprio legame con il Neorealismo e chiarisce che la denuncia fine a se stessa non è la finalità della lotta portata avanti dalla rivista, tantomeno dovrebbe essere la finalità del Realismo. Il Neorealismo in questa ottica è da intendersi come ricerca ansiosa di un linguaggio nuovo, che non vuole distruggere quanto c’era di buono nel vecchio, ma fare delle avanguardie di qualsiasi tipo forme vitali di collaborazione e partecipazione, che rendano gli uomini partecipi e interpreti del periodo storico in cui vivono, in nome di una società e una cultura realmente più eguale. In una società in cui mancano chiare prospettive di sviluppo verso una nuova più moderna, progredita e libera è necessaria una corrente che risollevi gli animi in nome di una rinascita sociale e il Neorealismo è senza dubbio la risposta migliore a questa esigenza. Secondo Armando Borrelli, nel suo articolo “Del cinema italiano del

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dopoguerra”, Il Neorealismo non è infatti una corrente esaurita, ma è stata messa da parte per ragioni politiche da films cosidetti “contro realisti”, producendo un certo scoraggiamento e una parziale rinuncia all’impegno sociale in molti autori. Tuttavia la lezione neorealista non è andata dispersa e si è tradotta, seppur senza gli stessi schemi narrativi di quella poetica, in opere più complesse come “Rocco e i suoi fratelli” senza dubbio figlio del Neorealismo.

Una ragione che ha portato al declino del periodo neorealista è stata sicuramente la censura operata da potere governativo ed ecclesiastico ai danni del cinema. Vittorio Caldiron conduce un’inchiesta , “La censura contro il cinema italiano”, in cui ripercorre tutto l’iter amministrativo repressivo fin dall’epoca giolittianna, soffermandosi sulle leggi liberticide fasciste.

“I dolci inganni” di Luttuada subisce il duro colpo della censura, che taglia addirittura 300 metri di pellicola del film.

Delude Vittorio De Sica che ha messo su una macchina milionaria e uno spreco di mezzi per il suo “Giudizi universali”, facendo storcere il naso a molti per questo “imborghesimento” culturale, che certo non ci s aspettava dopo “La ciociara”. Non delude , invece,l’sordio alla regia dello sceneggiatore Elio Petri con “L’assassino”.

Un giovane magistrato della procura di Milano, Alfonso Palladino, inizia una collaborazione con “Cinema Sud” proponendo vari casi giudiziari nel campo dello spettacolo.

La giuria del “Terzo premio Laceno” si riunisce per scegliere i candidati da premiare, fra i favoriti i nomi di attrici.

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La redazione esce in stampa con un numero di quaranta pagine e ringrazia per il successo ottenuto, grazie alla caparbietà e alla passione dei suoi collaboratori, che lavorano in piena autonomia autofinanziandosi.

NUMERO 26, ANNO QUARTO, OTTOBRE-NOVEMBRE 1961

Editoriale firmato dal nuovo editore di “Cinema Sud” Fulvio Pergola, che saluta i suoi lettori e si impegna a portare avanti la battaglia della rivista in nome di una rinascita delle forze culturali meridionali. Giacomo D’Onofrio, per motivi di lavoro, cede il posto di caporedattore-responsabile al collega Giuseppe Pisano.

Questo numero è dedicato alla XXII Mostra Cinematografica di Venezia e si apre con polemica mossa da “Cinema Sud” all’organizzazione della Mostra del Cinema di Venezia che le ha negato l’invito alla rassegna. Sono presenti in concorso due grandi maestri del Neorealismo: Vittorio De Sica con “Giudizi universali” e Rossellini con “Vanina Vanini”. I due autori deludono e presentano due opere che vengono meno alle aspettative del pubblico e che in qualche modo tradiscono la linea poetica che li aveva caratterizzati. Senza dubbio non ha deluso la scelta del vincitore del “Leone d’Oro”, Alain Resnais con il suo “L’anno scorso a Marienbad”. Dopo “Hiroshima mon amour”; Resnais torna a Venezia con un’opera di maggiore maturità e piena consapevolezza del mezzo, di cui il regista diventa pienamente padrone fino a ricreare un linguaggio del tutto personale, un mondo in cui realtà e immaginazione coesistono in una nuova dimensione spaziale e temporale. Presenti anche a Venezia “Il brigante” di Renato Castellani e “Banditi ad Orgosolo” del giovane Vittorio De Seta.

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Grandi le sorprese riservate dalla sezione Informativa, ricca di film interessanti e giovani autori molto promettenti: “Il posto” di Ermanno Olmi e “Tiro al piccione”, opera prima di Giuliano Montaldo. È presente anche Pierpaolo Pasolini in veste di regista con il suo “Accattone”. La retrospettiva in questa edizione è dedicata al cinema cecoslovacco dai primordi ai giorni nostri e inoltre è presente una personale di Mack Sennet.

Prosegue su questo numero il dibattito sul tema del Realismo che annovera nuove leve nel cinema italiano, quali Zurlini, Vancini, Maselli e Rosi, tutti autori che hanno appreso al lezione neorealista, restituendola in veste nuova in base alla propria sensibilità. Questo forse è il limite del movimento, la mancanza di unità ideologica e culturale fra gli autori che fanno del Realismo una tendenza più che una corrente vera e propria.

Ancora aperta, invece, è la questione legata all’industrializzazione del Mezzogiorno e a un rilancio del Sud attraverso una propria produzione cinematografica.

La Terza edizione del Laceno d’oro si sposta dalla location di Bagnoli Irpino al Circolo del Tennis e vengono premiati Valeria Moriconi, attrice d’avanguardia neorealista, Gillo Pontecorvo per il film “Kapò” e Alessandro Iacovoni, produttore de “La lunga notte del ‘43”. La nuova location più chic ed esclusiva ha raccolto grandi consensi e la rassegna si rivela per il terzo anno consecutivo un’iniziativa vincente.

Grande successo anche per il XIV Festival Internazionale del Cinema a Passo Ridotto di Salerno, che conclude il ciclo di manifestazioni che si sono svolte in precedenza a Montecatini, Vibo Valentia e Trento, in una veste più decorosa,

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all’insegna dell’austerità: “meno soldi per premi inutili e nati alla giornata, più soldi per una perfetta realizzazione del Festival”.

Dino De Laurentiis inizia la lavorazione del colossal “La Bibbia”.

Grande fermento in via Teulada per la nascita del secondo canale RaiTv.

NUMERO 27, ANNO QUINTO, FEBBRAIO 1962

La redazione di “Cinema Sud”, dopo la nascita dei nuovi complessi industriali e cinematografici milanesi, fa appello nell’editoriale di questo numero alle amministrazioni e agli industriali a investire nel Sud per la creazione di un polo cinematografico a Napoli. Anche il Meridione, dove le forze creative non mancano, merita un suo centro di produzione nell’ambito del cinema e questo deve essere impegno e fine ultimo per tutti coloro che hanno a cuore il Sud e vogliono investire nella propria terra, affinchè i talenti non si trovino costretti a fuggire e operare altrove.

Esce “Giuliano” il terzo film di Francesco Rosi, dopo “La sfida” e “I migliari”. Il regista con questa sua opera concilia molto bene le due massime esigenze, artistica e commerciale, seguendo l’esempio della scuola americana e servendosi di una struttura narrativa solida, con uno stile fortemente suggestivo, avvincente, violento e soprattutto coinvolgente.

Camillo Marino parla della necessità di un cinema che non sia solo intrattenimento, ma che sia al contrario specchio della realtà, risultato di un connubio fra ricerca estetica e ricerca storica. In una vera ottica avanguardistica l’arte deve andare a braccetto con la scienza e inventare forme di linguaggio nuove volte alla ricerca della verità e alla interpretazione della realtà. Il Neorealismo in questa ottica è la pista su cui il cinema

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contemporaneo dovrebbe correre. “La lotta per un realismo cinematografico s’identifica dunque con la lotta per una nuova cultura”, dice Nicola Avruscio nel suo articolo “Limiti del Neorealismo”. Nel triennio 1959-61 c’è stato nel cinema italiano periodo di fervida attività creatrice con un ritorno alla logica realista, che ha prodotto ottimi risultati a livello internazionale. Quel che emerge però, oltre i limiti di ciascuna opera in particolare, è, come già era accaduto per il Neorealismo del dopoguerra, la mancanza di una reale coesione ideologica e di intenti da parte degli autori, che pur mantenendo il filo conduttore del realismo, portano nelle loro opere la propria personale visione del mondo, la propria poetica e la propria personalità. Il Neorealismo subì il contraccolpo del tradimento degli ideali su cui esso si reggeva e la perdita della fiducia nel rinnovamento della società a cui gli autori auspicavano nel dopoguerra. La nuova ondata realista deve allora puntare su questo, sulla fiducia nella propria lotta verso un rinnovamento concreto della società e della cultura. Mario Camerini affronta il tema del brigantaggio nel suo film “I briganti italiani” prodotto da Dino De Laurentiis, esempio edificante di questo nuovo approccio improntato al realismo e alla fedele ricostruzione storica di fatti realmente accaduti.

Dino De Laurentiis produce il colossal “Barabba” con Vittorio Gassman e mette su una macchina da dieci milioni di dollari, destinata a portare il nome dell’industria cinematografica italiana ancora più in alto nella stima del mercato mondiale.

“La notte” di Antonioni viene candidato agli Oscar per il miglior film straniero del 2011.

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“Cinema Sud” propone una carrellata molto interessante su autori di grande rilievo quali il documentarista Joris Ivens, Bergman, Pabst o Emmer.

Esce “A cavallo della tigre” di Comencini, che insieme alle opere di Monicelli segna un nuovo filone del cinema italiano, in cui l’ironia , il senso dello humor sono la peculiarità. La tragedia non è più trattata con toni austeri, bensì viene deformata in modo ridicolo, i toni vengono addolciti facendo sorridere lo spettatore, ma allo stesso tempo portandolo a riflettere e a prendere coscienza della realtà. Oltre all’inserimento del grottesco, altra novità è l’inserimento nell’accompagnamento musicale del jazz, che invece gli americani erano soliti sfruttare nel genere poliziesco.

Il Festival della Fedic a Salerno nella sua XIV edizione mostra di aver raggiunto una certa notorietà e presenta un calendario ricco e nomi importanti quali Ferdinando di Giammatteo e Leopoldo Trieste.

NUMERO 29, ANNO SESTO, FEBBRAIO 1964

La rivista sospende per quasi due anni ogni tipo di attività a causa della rottura ideologica con l’editore. Il nuovo “Cinema Sud” ritorna in edicola e i suoi redattori ribadiscono nuovamente la volontà di essere realtà controcorrente, di portare alto l’ideale neorealista e di essere a servizio degli artisti e dei giovani registi che pongono al di sopra del mero profitto la propria onestà e la propria indipendenza. Sembra che le intenzioni della rivista possano trovare basi fondanti in un clima di rinnovata libertà d’espressione, che porta anche all’istituzione di una nuova giuria a Venezia con a capo Mario Soldati e l’assegnazione di un nuovo direttore della Mostra Internazionale d’Arte

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Cinematografica, Luigi Chiarini, che ha condiviso il nuovo clima di centro-sinistra.

Il 1963 è dunque un vero e proprio anno di grazia per il cinema italiano, che mette su piazza opere come “Il sorpasso” (Dino Risi), “I Basilischi” (Lina Wertmüller), “Il diavolo” (Gian Luigi Polidoro), “Il mafioso” (Alberto Lattuada), “Il gattopardo” (Luchino Visconti), “Otto e mezzo” (Federico Fellini) e “Un uomo da bruciare” (fratelli Taviani). Positivo il riconoscimento ai film della nuova generazione dei registi italiani, a cui bisogna riconoscere lo sforzo cosciente e coraggioso di un’elaborazione libera e articolata di alcuni aspetti della società italiana e a cui è rivolta la fiducia in nuove possibilità espressive del linguaggio cinematografico. Oltre ai nomi di Soldati e Chiarini, la Mostra di Venezia del 1963 presenta altre novità: rinnovamento della Commissione di scelta e del regolamento della manifestazione, maggiore spazio alle opere prime e apertura ai giovani autori.

La rivista, che ritorna in un formato ridotto, con un minor numero di pagine, fra, presenta una ricca rassegna delle opere di Stanley Kramer ad opera di Armando Borrelli e un articolo sul cinema svedese di Edoardo Borriello.

A Cairano, paese irpino, il regista Silvio Siano inizia a girare “La donnaccia”, film di denuncia sociale.

Il 12 agosto 1963 si è svolta la V edizione del “Laceno d’Oro” che premia come Miglior Regista Nanni Loy, come Miglior Attore Enrico Maria Salerno e come Miglior Attrice Lea Massari e Laura De Marchi.

Si confermano le rubriche di Giacomo D’Onofrio e Camillo Marino su letteratura e temi d’attualità.

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Questo numero di conclude con l’appello di Mario Vernola alle istituzioni napoletane, affinchè venga stabilito un teatro stabile che funzioni e consenta agli artisti di fare teatro dignitoso e in condizioni decorose.

NUMERO 30, ANNO SESTO, MAGGIO 1964

La redazione del suo editoriale affronta il problema della crisi in cui versa il cinema a livello produttivo e a seguito degli interventi del ministro Corona, propone e confida in un nuovo sistema creditizio, basato su strumenti di tipo cooperativo, che risollevino le sorti dell’industria cinematografica.

Ampi e interessanti gli articoli sull’opera di Antonio e di De Sica in questo numero, ma di maggiore interesse è l’introduzione della nuova rubrica di Nino Cacìa sulla storia della mafia e la proposta in veste nuova della rubrica “Passo ridotto- angolo del cineamatore”, che ritorna con un taglio più tecnico e si propone di argomentare sui vari aspetti della fotografia. In questo numero di parla degli obbiettivi.

Escono i film “Italiani brava gente”, di Giuseppe De Santis, che dimostra nuovamente di essere un grande autore e di portare sullo schermo storie di grande intensità, “Sedotta e abbandonata” di Pietro Germi e il film documentario “I tabù” di Romolo Marcellini.

NUMERO 31, ANNO SESTO, LUGLIO 1964

“Guerra alla guerra e all’odio, amore per la pace e per la gente!”, così la redazione di “Cinema Sud” risponde a difesa del film di Giuseppe De Santis, “Italiani brava gente”, accolto con numerose critiche dai reazionari, e nuovamente afferma il principio di voler promuovere il cinema e gli autori socialmente impegnati e che non si piegano alle logiche di potere.

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Questo spunto dà luogo in questo numero a un esteso dibattito sul cinema meridionalista, affrontato da Vincenzo Maria Siniscalchi nel suo articolo e sul rapporto fra cinema e Stato, di cui invece si occupa Armando Borrelli. Il cinema meridionalista vanta una lunga filmografia, ripercorsa e analizzata da Siniscalchi, soprattutto in relazione all’aspetto storiografico, da “1860” opera del 1945 di Blasetti a “Salvatore Giuliano” di Francesco Rosi del 1962. Il cinema meridionalista diventa così la memoria storica di un popolo, soprattutto la voce stessa di quest’ultimo, è vera e propria esperienza letteraria, patrimonio di studi e di pensiero che attraverso il realismo deve riscattare e restituire dignità al Sud.

Purtroppo questa opera di valorizzazione dell’opera meridionale continua ad arrancare e non prende il volo in un contesto che penalizza fortemente il cinema dal punto di vista produttivo e distributivo. Lo Stato infatti non ha una struttura industriale seria, soprattutto gli manca una politica generale per il cinema e spesso addirittura rema contro l’operato dei produttori, sabotando i film stessi. De Sica parla anche della discriminazione del credito bancario e il favoritismo per alcuni, denuncia il disinteresse totale dello Stato per l’esercizio e il noleggio, che ha portato allo smantellamento degli organismi rivolti al cinema, a tagli e all’esercizio sfrontato della censura. Se a questo si aggiunge una certa ingerenza delle forze cattoliche e il favoreggiamento del prodotto americano, è facile dedurre le condizioni di salute del cinema italiano e le cause che le hanno generate. Il cinema, nonostante tutto, non deve arrendersi e deve continuare a essere uno dei più potenti mezzi di presa di coscienza della realtà a disposizione delle persone.

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NUMERO 32, ANNO SESTO, AGOSTO 1964

Camillo Marino annuncia alcuni dei film in concorso alla XXV edizione della Mostra di Venezia: “Italiani brava gente” di De Santis, “Il Vangelo secondo Matteo” di Pierpaolo Pasolini, “Le amicizie particolari” di Delannoy, “La suora giovane” di Paolinelli, “Lillith” di Rossen, “I quattro cantoni” di Petrini, ancora incerta la presenza di Antonioni con “Deserto rosso”. Chiarini sembra voler ridare lustro alla mostra puntando su opere di grande valore artistico e diminuendo la quantità di film in rassegna.

Rubrica “Passo ridotto” sui diaframmi.

Polemica su De Sica, accusato di aver perso smalto negli ultimi film, mostrando una certa stanchezza creativa e un ripiegamento su temi e accenti lontani dalle ispirazioni realiste e propri della commedia a buon mercato.

VI edizione del “Laceno d’Oro”: la manifestazione assume risonanza nazionale negli ambienti culturali, giornalistici e cinematografici, che in questa edizione annovera la presenza di Milva, Mario Monicelli, Pierpaolo Pasolini, Amedeo Nazzari e Giovanna Ralli. Si torna alla formula iniziale con allestimento nel meraviglioso Bagnoli Irpino e con il ripristino della gara canora e dei percorsi gastronomici nel paese. I premi vanno a Monicelli, Miglior regista, alle attrici Serena Vergano, Scilla Gabel e Gabriella Giorgietti, infine nella sezione attori, si premiano Saro Urzì, Amedeo Nazzari e Gian Maria Volontè.

NUMERO 33, ANNO SESTO, OTTOBRE-NOVEMBRE 1964

Numero interamente dedicato alla Mostra di Venezia. La formula si Chiarini risulta vincente e mette su una competizione, la XXV Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, dal grande valore artistico e riscuote in

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questa edizione grande successo e notevoli consensi. Lo stesso Chiarini dichiara: “Venezia vuol segnalare da un lato film validi in un filone tradizionale che non si è esaurito, dall’altro quelli che rappresentano il coerente sviluppo di un discorso da parte di artisti al centro del rinnovamento e in più i fermenti nuovi di giovani che mostrano tuttavia di avere la padronanza piena del mezzo espressivo.” Edizione di grande omogeneità, il filo conduttore intorno a cui ruotano tutte le opere è quello della donna, protagonista assoluta dei film in concorso: “Deserto Rosso” di Antonioni, “Il ladro di pesche” del regista bulgaro Radev, “A proposito di tutte queste...signore” di Bergman, “La femme marièe” di Godard , “La vie a l’envers” di Alain Jessua, “The girl with green eyes” di Desmond Davis, “Nothing but a man” di Roemer, “Amleto” di Kozintsev e “Amare” di John Donner. Ciascun regista ha costruito il mondo della sua eroina, fatto di verità e sensazioni, attorno alla attrici prescelte accuratamente per il ruolo: Nokanova, Meril, Monica Vitti, Gaylor, Nadja Tiller, Tushingham, Andersson, Vertinskaya e Foster, le protagoniste dei film presenti a Venezia.

Il premio come migliore opera prima va ad Alain Jessua per “La vie a l’envers”. Non bisogna dimenticare la presenza a Venezia di Pasolini con “Il Vangelo secondo Matteo”, film che ha dato luogo a un lungo dibattito interpretativo sull’opera.

La ricca retrospettiva della XXV edizione della Mostra di Venezia è dedicata interamente al cinema scandinavo.

A Sorrento si svolge la seconda edizione degli “Incontri internazionali del Cinema”. Apre la manifestazione “The Balcony” con Giulietta Masina.

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NUMERO 34, ANNO SETTIMO, 1965

Luigi Floris Ammanati, ex direttore del Festival di Venezia e Presidente del centro sperimentale di cinematografia, viene nominato direttore della “Rassegna del cinema latinoamericano” che nel 1965 raggiunge la sua quinta edizione.

Questo numero propone numerosi articoli di approfondimento: Antonio Napolitano indaga il film sovietico mentre Nino Cacìa mette in rassegna il film italiano della Resistenza, tema ripreso dall’articolo di Gian Piero Brunetta “Cinema e resistenza a Cuneo”, dove si svolge proprio una Rassegna sul cinema della Resistenza, vinta dal regista Gianfranco De Bosio con il film “Il terrorista”.

Silvio Siano inizia le riprese del suo nuovo film “Il borbone”, girato a Pisticci in provincia di Matera.

Nuova rubrica di Vittorio Martinelli, “L’occhio critico”, dove sono recensite le migliori ultime uscite cinematografiche: “La notte dell’iguana” di John Huston, “Il magnifico cornuto” di Antonio Pietrangeli, “Il gaucho” di Dino Risi, “Gli indifferenti” di Francesco Maselli e “Schiavo d’amore” di Ken Hughes.

NUMERO 37, ANNO SETTIMO, 1965

“Cinema Sud” dedica ampio spazio alla XXVI Mostra di Venezia. Chiarini raccoglie anche in questa rassegna i grandi autori: Visconti con “Vaghe stelle dell’Orsa”, Kurosawa con “Akahige” (Barbarossa), Dreyer con “Gertrud”, Bunuel, Godard con “Pierrot le fou”, Carnè con “Trois chambre a Manhattan” e Fellini con “Giulietta degli spiriti”. Viene presentato anche “Louisiana Story

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Film Studio”, materiale girato dal regista R. J. Flaherty per circa 15 ore di proiezione e 8 ore di sedute di studio.

Finalmente Visconti si aggiudica il Leone d’Oro dopo aver sfiorato la vittoria diverse volte.

La retrospettiva in questa edizione è dedicata la cinema tedesco.

Paolo turco continua il viaggio nel cinema sovietico con la rubrica “Ho vent’anni: l’Urss ad un bivio”, mentre Armando Borrelli propone un’interessante approfondimento critico dal titolo “La parola nel linguaggio filmico”.

Ritorna la rubrica “L’occhio critico” a cura di Mart mentre Nino Cacìa propone una ricca rassegna critica dello spettacolo televisivo.

“Cinema Sud” istituisce due nuovi premi: la “Rosa d’Oro” e il “Cardo di Bronzo” da destinare ai due ospiti della Mostra di Venezia che nei confronti della stampa si siano dimostrati rispettivamente il più “simpatico” e il più “antipatico”. La Rosa d’Oro 1965 va a Sylvie e il Cardo di Bronzo va a Jean-Luc Godard.

Monicelli inizia la lavorazione del film “L’armata brancaleone”.

NUMERO 38, ANNO OTTAVO, 1966

A Roma si è tenuta la “Quinta tavola rotonda internazionale” sui problemi del cinema africano e arabo organizzato dal Centro di Sociologia e Comunicazioni di Massa e patrocinato dal Ministero del Turismo e dello Spettacolo. I giovani autori orientali prendono a modello la scuola neorealista in cui ritrovano dei punti di contatto e un’affinità ideologica e sociale con il loro mondo.

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Da questo numero inizia la collaborazione con il teorico Pio Baldelli e viene pubblicato sulle pagine di “Cinema Sud” un suo saggio del 1954 già apparso sulla rivista “Cinema” del 15 febbraio 1950 dal titolo: “Cronaca, realtà e poesia”.

Nasce un nuovo polo cinematografico, nella ex Jugoslavia con stabilimenti a Zagabria, Lubiana e Belgrado, che dà filo da torcere a Cinecittà e agi “Studios” di Hollywood per i costi di produzione nettamente inferiori e la bellezza delle locations.

Sandro Scan, in occasione del Festival Internazionale del Film di Fantascienza di Trento, affronta in queste pagine della rivista il tema del film di fantascienza. Nell’edizione del 1965 del Festival di Trento il primo premio “Asteroide d’Oro” va a Godard per il film “Alphaville”.

A Gian Piero Brunetta è affidata anche in questo numero la sezione dedicata al Festival della Resistenza di Cuneo che in questo anno è alla sua terza edizione.

Come nel numero 37 di “Cinema Sud”, Nino Cacìa torna ad occuparsi della rassegna critica dello spettacolo televisivo.

NUMERO 40, ANNO OTTAVO, 1966

Questo numero di “Cinema Sud” esce in una nuova veste tipografica e la redazione fa appello ai lettori affinchè sostengano la rivista che con duri sforzi va avanti negli anni e con questo numero ritorna più ricca, nonostante le ultime uscite in formato ridotto dovute ai problemi economici.

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Ampio spazio all’ VIII “Laceno d’Oro” che in questa edizione si sposta dalla consueta location di Bagnoli Irpino per trasferirsi nella città di Avellino e nell’immediato circondario col fine di pubblicizzare altre località irpine. Nonostante le difficoltà economiche che hanno costretto gli organizzatori a lavorare in pochissime settimane all’organizzazione del festival, la rassegna non ha perso colpi e si propone in veste decorosa e degna di merito. I premiati di questa edizione sono per il “Laceno d’Oro”: i registi Brunello Rondi e Alexander Petrovic, l’attrice Ingrid Thulin e l’attore Saro Urzì; per il Laceno d’Argento vengono premiati Stefania Careddu, Giorgio Trentin e Ascienzio Rossi.

Ricca la sezione dedicata come consuetudine alla Mostra del Cinema di Venezia, alla sua XXVII edizione, che quest’anno fa discutere per aver presentato il film scandalo “Giochi di notte” di Mei Zetterling. Presenti in concorso molti autori importanti come Robert Bresson con “L’Asino di Balthasar”, Roger Vadim con “Le curèe” e Truffaut con “Fahrenheit 451”, soprattutto Gillo Pontecorvo, vincitore del “Leone d’Oro” per “La battaglia di Algeri”. Fuori concordo Vittorio De Seta con “Un uomo a metà”, tra i pochi meritevoli della cosiddetta “Sezione Informativa”.

A Venezia si è svolta anche la tavola rotonda “Il comico nello spettacolo: dal teatro al cinema”, cui hanno partecipato numerosi scrittori e cineasti.

“Cinema Sud” organizza una cena di gala in occasione della quale assegna il premio della “Rosa d’Oro” ad Alexandra Kluge e il “Caro di Bronzo” a Peter Fonda.

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Quarta edizione della rassegna “Incontri internazionali del cinema” di Sorrento.

Armando Borrelli ritorna sul Neorealismo sul suo ampio articolo di carattere teorico, mettendolo in relazione con la sinistra culturale, mentre Angelo Moscariello propone un interessante articolo su Artaud e il teatro della crudeltà.

Viene ripresa la rubrica “Profili di artiste” interrotta nel numero 31 e in questo numero è dedicata a Ingrid Thulin.

NUMERO 41, ANNO OTTAVO, 1966

Grande successo per la XXVIII Mostra del Cinema di Venezia, che Luigi Chiarini anche in questa edizione orchestra sapientemente elevando il tono artistico ed ideologico della rassegna. Quella del 1966 è l’edizione dei giovani e del cinema politico: autori freschi che hanno originalmente apportato nuovi contributi all’estetica e alla problematiche in discussione fuori da ogni ipocrisia e coerentemente alla propria ideologia. Godard, i fratelli Taviani, Marco Bellocchio primi fra gli altri hanno affrontato con coraggio la problematica politica internazionale non perdendo di vista la crisi di cui è succube tutta la gioventù europea. “La cinese”, “I sovversivi” e “La Cina è vicina” hanno definito la direzione verso cui deve andare la creazione artistica, parlando dei problemi della gente e arrivando al cuore delle persone. Delude “Lo straniero” di Visconti.

La retrospettiva presentata a Venezia ha come protagonista il cinema americano e in particolare il Western dal 1912 al 1918, mentre la sezione dedicata alle personali in questa edizione spetta all’espressionista Carl Meyer.

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Nella sezione “Informativa” l’opera di maggior rilievo è “Mouchette” di Bresson già presentato a Cannes.

“Cinema Sud” assegna la “Rosa d’Oro” all’attrice ungherese Milena Dravic e il “Cardo di bronzo” al regista inglese Jack Cleyton.

Questo è anche l’anno della IX edizione del “Laceno d’Oro”. I premiati sono: i registi Luigi Zampa e Paolo e Vittorio Taviani, gli attori Nino Manfredi, Graziella Granata, Nicoletta Machiavelli e Antonio Sabato.

NUMERO 42, ANNO NONO, 1967

“Cinema Sud” dedica in questo numero un ampio servizio all’opera dell’amico Lizzani, che seguì la nascita del “Laceno d’Oro” collaborando con Giacomo D’Onofrio che è anche l’autore dell’articolo.

Camillo Marino, invece, prende in analisi il cinema slavo, trovandovi numerosi punti di contatto con lo spirito neorealista.

Nino Cacìa scrive un ricordo sul grande attore russo Nicolaj Cerkasov, interprete universale e di grande spessore che ha saputo vivere nella continuità storica e civile del suo paese con una grande voglia di lottare e di verità a monito per le nuove generazioni.

Vincenzo M. Siniscalchi recensisce l’ultimo libro di Paolella, “La storia del cinema sonoro 1926-1939”, mentre Armando Borrelli pubblica per le Edizioni Cinema Sud il volume “Neorealismo e Marxismo”.

La rubrica “L’occhio critico” di Mart segnala l’uscita nelle sale de “Il buono, il brutto e il cattivo di Sergio Leone”, “L’arcidiavolo” di Ettore Scola e “Operazione San Gennaro” di Dino Risi ed “Edipo Re” di Pierpaolo Pasolini. A

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New York viene realizzata la prima rassegna dedicata al Neorealismo presso l’”Istituto italiano di cultura”.

Renzo Corazza propone una trattazione dal titolo “Il cinema francese durante l’occupazione nazista e del dopoguerra”, Giampiero Brunetta prende in analisi il film di Bresson “Au hasard Balthazar”, Nino Cacìa ripropone la consueta rassegna critica sullo spettacolo televisivo, mentre Vittorio Martinelli fa una carrellata sulle dive del cinema tedesco.

A Cuneo si svolge il IV Festival del Cinema “Dalla resistenza alla Nuova Frontiera”.

Muore lo scrittore napoletano Luigi Incoronato, caposcuola del neorealismo meridionale.

La novità di questo numero è l’introduzione di un supplemento “Flash” nato dall’esigenza di dare maggior spazio, come suggerito da numerosi lettori, a rubriche letterarie. La redazione precisa che l’allegato avrà cadenza alterna fra un numero e l’altro di “Cinema Sud”.

NUMERO 43, ANNO NONO, 1967

Escono nelle sale i film “Il giorno della civetta” di Damiani, “Escalation” di Faenza, “Il sesso degli angeli” di Liberatore e molti altri sono in questo anno in lavorazione come “Un tranquillo posto di campagna” di Elio Petri, “Celestino” di Pietro Germi, “Il medico della mutua” di Luigi Zampa. Questa nuova produzione, che esce dai filoni sfruttatissimi del western e dello spionaggio, denota un orientamento nuovo degli autori che propongono storie più interessanti dall’ambientazione più moderna, ma soprattutto è il segno di una maggiore attenzione verso la produzione italiana.

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Ad Hong Kong per la prima volta una stazione televisiva progetta e trasmette programmi a colori.

L’attore del momento è Rex Harrison con il film “La pulce nell’orecchio”.

Vittorio Caldiron, in seguito alla morte di Walt Disney, morto in seguito a una malattia a 65 anni, dedica un saggio al film d’animazione e alla Disney.

Nino Cacìa mette in rassegna il cinema cubano.

Nascono i primi dibattiti sul tema degli audiovisivi e sulla loro evoluzione. L’industria inizia a servirsi del mezzo per realizzare filmati a scopo divulgativo e pubblicitario.

Il genere fantascientifico sembra riscuotere sempre meno successo e la produzione di film è in crisi, a parte alcune pellicole legate prettamente allo sfruttamento commerciale quale ad esempio “L’invasione degli ultra copri” di Siegel. In questo momento Stanley Kubrick inizia a lavorare al film “”2001 Odissea nello spazio”.

NUMERO 44, ANNO DECIMO, 1968

Armando Borrelli apre questo numero con un saggio dal titolo “Vi è una crisi del linguaggio filmico?”, in cui, partendo dall’analisi di Robbe-Grillet sul film di Resnais “L’anno scorso a Marienbad”, le nuove tendenze degli autori del “cinema del sogno e dell’alienazione” a mettere in discussione i canoni tradizionali del raccontare e del montare le storie.

Esce il film western “La resa dei conti” di Sollima. Orio Caldiron analizza il successo di questo genere, diventato un vero e proprio fenomeno di cassetta

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e consacrato al grande pubblico col western casalingo “Per un pugno di dollari” di Sergio Leone nel 1965.

A Nino Cacìa sono affidate la rubrica sui ritratti delle dive, in questo caso Vivien Leigh, e la consueta rassegna dello spettacolo televisivo. Il giornalista si occupa inoltre in questo numero dell’antico teatro giapponese con un articolo dal titolo “Il NÔ, tradizione di spettacolo classico”.

Camillo Marino prosegue il suo studio sulla cinematografia dell’Est europeo e propone una rassegna del cinema romeno.

NUMERO 45, ANNO DECIMO, 1968

“Cinema Sud” apre con le notizie relative alla XXIX Mostra del Cinema di Venezia, alla cui direzione c’è ancora Luigi Chiarini. Edizione molto sperimentale e d’avanguardia, ma altrettanto discussa tra critica e pubblico. I film presenti in concorso sono “Me and my broche” di Robert Frank, “Wheel of Ashes” di Peter Emmanuel Goldman, “L’ecume de jours” di Charles Belmont”, “L’enfance nue”di Maurice Pialat, “Tell me lies” di Peter Brook e il vincotore del Leone d’Oro “Die Artisten In Zirkuskuppel: Raktlos” di Alexander Kluge. L’Italia presenta “Galileo” di Liliana Cavani e “Nostra signora dei Turchi” di Carmelo Bene, a cui va un premio speciale della giuria.

Laura Betti vince la Coppa Volpi come miglior interprete femminile per il film “Teorema” di Pierpaolo Pasolini.

La rubrica “L’occhio critico” di Mart segnala le più importanti uscite cinematografiche dell’anno: “La ragazza con la pistola” di Mario Monicelli, “La collezionista, una storia immorale” di Eric Rohmer, “Indovina chi viene a cena?” di Stanley Kramer e “I giovani lupi” di Marcel Carnè.

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Molti sono i festival minori svoltisi in tutta Italia: la XIV Rassegna Cinematografica di Taormina-Messina, il Festival Internazionale di Rapallo, Il Premio Città di Pescara e a Sorrento “Gli incontri Internazionali” aperto dal film di Ingmar Bergman “La vergogna.

Gianni Toti, Nanni Loy e altri tra registi, critici e giornalisti, tra cui Camillo Marino, sottoscrivono una mozione per l’abolizione della censura amministrativa presentata al Convegno dei critici cinematografici indetto dal Sindacato nazionale giornalisti cinematografici

NUMERO 46, ANNO DECIMO, 1968

Numero dedicato al Decennale del “Laceno d’Oro”, svoltosi ugualmente nonostante le grandi difficoltà finanziarie e di locations.

I film presentati sono “Tango” del regista Vassili Mirtchev, “Il diario proibito di Fanny” di Sergio Pastore, “Caia ti ucciderò” di Vastrolav Mimica, “Diario si una schizofrenica” di Nelo Risi, “Il re e il generale” di Vulo Radev e “Mezzogiorno” di Purisa Diordievic. Partecipano registi e attori. In questo numero compaiono le schede critiche sui film in rassegna.

Su questo numero appare un articolo di Nino Cacià dal titolo “La forma dell’Happening nel rituale dell’Open Theatre di New York”, presente a Messina con lo spettacolo “Il serpente”.

NUMERO 47, ANNO UNDICESIMO, 1969

Il comitato redazionale da questo numero annovera due nuove presente, lo scrittore Domenico Rea ed il regista Andrea Fezza, il cui contributo culturale

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serve a consolidare la posizione ideologica e di tendenza del gruppon neorealista del Mezzogiorno.

Esce “Satyricon” di Federico Fellini, a cui la redazione dedica l’editoriale di questo numero per la novità della messa in scena e dell’ambientazione e per la capacità del regista di riflettere e dire la verità sempre in modi originali e dissacranti.

Sempre più spesso sulle pagine di “Cinema Sud” si è parlato di cinema “sovietico” e della sua crescita negli anni, in antitesi alla crisi del cinema occidentale. Armando Borrelli affronta proprio questo tema indagando le responsabilità, ideologiche, culturali, economiche e politiche che hanno generato questa crisi e di cui è stato discusso al Convegno di Bologna. Su questo numero appaiono numerose rubriche sul cinema polacco e ungherese.

Orio Caldiron, invece, affronta la tematica razziale nel cinema di Hollywood a partire dagli anni Cinquanta. A Napoli ottiene uno strepitoso successo “I negri”, lavoro teatrale di Jean Genet, la cui trama, scritta nel 1957, di chiara ambientazione coloniale, ruota su un gruppo di clown che propongono la rivolta dei neri contro i dominatori bianchi.

Esce Zabriskie Point di Antonioni, primo film americano del regista ferrarese, girato nella “Valle della morte” tra il Nevada e la California. Antonioni si apre alle tematiche sociali dell’attualità e finalmente il pessimismo della sua ideologia alienata fa posto ad una maggiore fiducia nella facoltà liberatrice della ragione per contenere l’angoscia dell’esistenza e aprire il cuore ad un mondo che ha bisogno di tutti per uscire dall’inferno e dalla brutalità della società consumistica.

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Ritorna la rubrica “Passo ridotto”, che ritorna alle tematiche originarie legate al cinema d’amatore e prende in esame la Terza Rassegna Internazionale del Cinema Libero organizzata a Tirrenia dal cine club Fedic Pisa.

“L’occhio critico” di Mart annuncia l’uscita di “Cerimonia segreta” di Losey ,”Il diario segreto di una minorenne” di Oscar Brazzi, e “Doctor Glass” di Mei Zetterling.

NUMERO 48, ANNO UNDICESIMO, 1969

Cambio della guardia alla direzione della Mostra di Venezia, Luigi Chiarini lascia il posto allo storico e teorico del cinema Ernesto G. Laura. Da questo anno per effetto della contestazione sessantottina e per i successivi dieci anni la Mostra non sarà più una competizione e saranno aboliti tutti i premi.

Luchino Visconti esce con il film “La caduta degli dei”, racconto storico ben riuscito su un mondo in cui dittatura e capitalismo posseggono le loro ferree leggi e infrangerle è delitto per quanti credono nel sentimento umanitario e nella giustizia sociale.

Orio Caldiron dedica un ampio saggio sull’opera di Antonioni.

Il Settimo Festival Fantascientifico di Trieste si svolge dal 12 al 19 luglio, in coincidenza dell’assalto degli astronauti americani sulla Luna.

Messi in rassegna anche altri festival italiani: gli “Incontri Internazionali di Sorrento” sul cinema cecoslovacco, il Festival di Taormina – Messina e Il Festival di Rapallo.

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Il noto autore francese, Charles Spaack, ritorna a scrivere per il cinema dopo sei anni da “Germinale” di Allegret e dichiara che le novità più interessanti vengono dal cinema dei paesi socialisti.

Domenico Rea fa appello ai giovani a sostenere il Festival del “Laceno d’Oro” che costituisce una forma di riscatto per quanti vogliano far uscire la città dalla dimensione provinciale e bigotta cui è relegata., ma soprattutto l’appello è rivolto alle amministrazioni e ai sostenitori affinchè tengano in vita e finanzino la chermesse irpina, che arranca a sostenersi da sola e si regge solamente sulla determinazione di chi crede fermamente in questo progetto.

Il 1969 è l’undicesimo anno di vita del festival avellinese. Viene premiato il regista irpino Ettore Scola per il film “Il commissario Pepe”, gli Attori Rosanna Schiaffino e Nino Seguri. Presenti molti esponenti del film dell’Est, che Camillo Marino e la rivista seguono sempre con grande attenzione, tra cui la giovane promessa del cinema slavo Milija Vulianovic, il regista Vladan Sliepcevic e l’attore Relia Basic.

NUMERO 49, ANNO UNDICESIMO, 1969

Esce “Porcile” di Pierpaolo Pasolini destando grande interesse per la modalità di racconto innovativa sempre meno legata alla linearità classica.

Lucifero Martini intervista Zivojin Pavlovic, regista e sceneggiatore jugolsavo.

A Campione d’Italia si svolge la I Rassegna Internazionale del Film Turistico.

Nino Cacìa recensisce il libro di Giampiero Brunetta “Umberto Barbaro e l’idea del Neorealismo”. Il 1969 è l’undicesimo anno di vita del festival. Viene premiato il regista irpino Ettore Scola per il film “Il commissario Pepe”, gli attori

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Rosanna Schiaffino e Nino Seguri. Presenti molti esponenti del film dell’Est, che Camillo Marino e la rivista seguono sempre con grande attenzione, tra cui la giovane promessa del cinema slavo Milija Vulianovic, il regista Vladan Sliepcevic e l’attore Relia Basic.

La cinematografia italiana versa in una grave crisi produttiva e il nuovo interesse verso il cinema sovietico fa ipotizzare che la soluzione per il risanamento della situazione italiana sarebbe nel trovare degli accordi di produzione con i paesi dell’Est, che vantano attrezzature tecniche di primordine e costi di lavorazione molto bassi.

“Cinema Sud” dedica ampio spazio alle sezioni dedicate al cinema jugoslavo, polacco e cecoslovacco.

Nino Cacìa auspica a un rinnovamento anche nella critica e del linguaggio filmico.

Armando Borrelli recensisce il volume di Pio Baldelli “Politica culturale e comunicazioni di massa”.

La coppia De Sica- Zavattini esce col film “I girasoli”, mentre dagli USA arriva Easy Rider di Dannis Hopper.

La XXX Mostra del Cinema di Venezia propone una retrospettiva del film di Hitchcock.

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