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Imballaggi in Plastica - Implementazione di un nuovo servizio di raccolta dedicato per la frazione di rifiuti assimilati da imballaggi in plastica, prodotti dalle utenze non domestiche: i driver del progetto e implementazione nel Giro Dinamico

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Master Universitario di II livello Master GECA

Gestione e Controllo dell’Ambiente

2018/2019

Imballaggi in Plastica

Implementazione di un nuovo servizio di raccolta

dedicato per la frazione di rifiuti assimilati da

imballaggi in plastica, prodotti dalle utenze non

domestiche:

i driver del progetto e implementazione nel Giro

Dinamico

Autore

Marco Lucchese

Tutor Scientifico

Andrea Sbandati

Tutor Aziendale

-

ASCIT Servizi Ambientali SpA

Gianni Bertolli

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ABSTRACT

In un contesto storico in cui si rende sempre più indispensabile individuare e recuperare i materiali plastici, evitandone così la dispersione nell’ambiente e nell’ecosistema, ASCIT S.p.A. intende mettere in campo tutte le strategie a disposizione per avviare a riciclo quantità di rifiuti sempre maggiori e incrementare i valori della raccolta differenziata.

ASCIT S.p.A., in quanto gestore della raccolta e attore centrale nella gestione integrata del ciclo dei rifiuti nella piana lucchese, di concerto con l’Amministrazione Comunale di Porcari, ha valutato l’opportunità di introdurre un servizio di raccolta “Porta a Porta” dedicato ai rifiuti da imballaggi industriali in plastica, rivolto alle utenze non domestiche che ne facciano richiesta; frazione merceologica che fino a questo momento non veniva intercettata e separata.

La valorizzazione di tale frazione di rifiuto è uno strumento che si prevede dia luogo a benefici ambientali e per la collettività in termini di possibilità di avviare a riciclaggio materiali plastici di elevato valore residuo, di diminuzione della quantità di rifiuti destinati a smaltimento, con conseguente diminuzione dei costi da coprire con la tariffa, e di incremento dei valori di raccolta differenziata.

Il progetto prevede inoltre l’implementazione del Giro Dinamico di Raccolta dei rifiuti da imballaggi in plastica prodotti dalle utenze non domestiche del Comune di Porcari, attuato attraverso la pianificazione dei giri di raccolta sulla base delle richieste di svuotamento dei contenitori dedicati per tale tipologia di rifiuto.

Il presente elaborato ha lo scopo di descrivere tutte le fasi del progetto di implementazione, tutt’ora in atto, del nuovo servizio di raccolta dedicato per la frazione di rifiuti assimilati da imballaggi in plastica, prodotti dalle utenze non domestiche del Comune di Porcari, con l’obiettivo in futuro di estenderlo a tutti gli altri Comuni serviti da ASCIT S.p.A., evidenziando inoltre le motivazioni che hanno portato ASCIT S.p.A. a voler attuare ed intraprendere questo nuovo progetto.

Parole chiave:

Economia Circolare, Imballaggi in plastica, Rifiuti Assimilati, Tariffazione puntuale, ASCIT Servizi Ambientali S.p.A., PAYT, RFID, Giro Dinamico, Raccolta, Riciclo, Recupero, Rifiuti di imballaggio in plastica.

I

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1. INTRODUZIONE ... 1

1.1. Il “problema” dei rifiuti: verso l’Economia Circolare ... 1

1.2. Rifiuti assimilati agli urbani ... 4

1.3. ASCIT Servizi Ambientali SpA e RetiAmbiente SpA ... 7

1.4. La tariffa puntuale – Sistema PAYT ... 10

1.4.1. La tecnologia RFID – L’esperienza di ASCIT S.p.A. ... 14

2. I DRIVER DEL PROGETTO ... 19

2.1. Gestionali ... 19

2.1.1. Tariffa Presuntiva (Applicata da ASCIT S.p.A. prima della puntuale) ... 19

2.1.2. Tariffa Puntuale ... 20

2.1.3. Evoluzione Tariffa Puntuale ... 22

2.2. Ambientali ... 26

3. IMBALLAGGI IN PLASTICA ... 28

3.1. Inquadramento normativo sul sistema di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio ... 28

3.2. La filiera della raccolta, riciclo e recupero dei rifiuti di imballaggio in plastica ... 33

3.3. Attuazione degli obiettivi di recupero e riciclaggio: Accordo Quadro ANCI - CONAI ... 40

4. IL PROJECT WORK ... 48

4.1. Progetto di implementazione di un nuovo servizio di raccolta dedicato per la frazione di rifiuti assimilati da imballaggi in plastica, prodotti dalle utenze non domestiche del Comune di Porcari ... 48

4.2. Fasi del progetto e implementazione nel Giro Dinamico di Raccolta dei rifiuti Assimilati delle utenze non domestiche ... 52

4.3. Obiettivi del progetto e stato di avanzamento ... 56

5. CONCLUSIONI ... 58

Bibliografia e sitografia ... 61

II

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INTRODUZIONE

1. INTRODUZIONE

1.1. Il “problema” dei rifiuti: verso l’Economia Circolare

La gestione dei rifiuti è divenuta uno degli aspetti più importanti per la tutela dell’ambiente e per la qualità della vita, ma anche uno degli elementi più significativi del governo sostenibile del territorio. Questa è una società che produce, consuma e spreca. Per un lungo periodo, la crescita economica e il conseguente cambiamento dello stile di vita hanno determinato un forte incremento nella produzione di rifiuti, oltre a un utilizzo incontrollato di risorse naturali non rinnovabili. Se fino a oggi la questione rifiuti è stata un problema relativo alla gestione degli scarti del modo di vivere e produrre della nostra società, adesso serve un cambiamento di prospettiva che sappia coniugare gli aspetti sociali, ambientali ed economici in un’ottica di sostenibilità. La gerarchia fissata dall’Unione europea per la gestione dei rifiuti, non per niente, pone al primo posto la prevenzione, seguita da riuso, riciclaggio e altre forme di recupero. I materiali inviati in discarica potrebbero avere un ingente valore commerciale. Pertanto riciclare fornisce all’industria dell’Ue materie prime secondarie di grande valore e questo significa che meno risorse naturali devono essere utilizzate. Perciò è anche un’opportunità economica: un intero settore è stato creato per occuparsi del riciclaggio dei rifiuti e nuovi mercati sono stati sviluppati per comprarli e venderli. (D’Alessandro, 2017).

A luglio 2018 sono entrate in vigore quattro nuove direttive che portano radicali cambiamenti alla disciplina sulla gestione dei rifiuti: la 2018/849/UE, che modifica le Direttive 2000/53/CE sui veicoli fuori uso, 2006/66/CE su pile e accumulatori e rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche; la 2018/850/UE, che modifica la Direttiva 1999/31/CE sulle discariche; la 2018/851/UE che modifica la Direttiva quadro 2008/98/UE sui rifiuti e la 2018/852/UE che modifica la Direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio. Esse dovranno essere recepite dall’Italia entro il 5 luglio del 2020. Queste direttive rientrano tra le misure previste da “L’anello mancante - Piano d’azione dell’Unione europea per l’economia circolare” pubblicato il 5 dicembre 2015 e concorrono al processo di conversione dell’attuale modello di produzione e consumo verso un tipo di economia basata sulla massimizzazione dell’uso efficiente delle risorse e tesa a ridurre a zero i rifiuti. (CONAI, 2019).

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Il nucleo della riforma è contenuto nella modifica della Direttiva quadro 2008/98/UE, che introduce un ordine di priorità per la gestione dei rifiuti. L’approccio dell’Unione Europea nei riguardi della gestione dei rifiuti si basa su quattro principi estremamente rilevanti nel processo di pianificazione. Il primo riguarda il rispetto della gerarchia dei rifiuti quale scala di priorità delle migliori azioni da intraprendere nei riguardi della gestione dei rifiuti. La priorità più elevata è data alla prevenzione, seguita dalla preparazione per il riutilizzo, dal riciclaggio e dal recupero di altro tipo (ad esempio energetico). In fondo a tale gerarchia si trova lo smaltimento, da evitare se possibile.

Figura 1. Gerarchia dei Rifiuti, come prevista dalla Direttiva europea 2008/98/CE, e recepita in Italia con il D.Lgs.205/2010 (Zerosprechi, 2019)

Lo scopo di questa logica è rintracciabile nella formazione di una società abituata al riciclo, che eviti cioè la produzione di rifiuti e utilizzi gli stessi come risorsa, nella quale la crescita economica e l’impatto ambientale negativo risultano disaccoppiati. Il secondo principio concerne il concetto precauzionale e dell’azione preventiva. La prevenzione dei rifiuti dovrebbe anticipare i problemi e assicurare una riduzione dell’impatto non solo sull’ambiente, ma anche sulla salute umana. Il terzo principio è il rafforzamento della responsabilità del cittadino inquinatore in termini di costo nel produrre rifiuti, in altre parole chi inquina paga. Infine il principio di prossimità e autosufficienza da rispettare nella progettazione di un’adeguata infrastruttura di raccolta e trattamento dei rifiuti. (D’Alessandro, 2017).

Al fine di promuovere la riduzione dei rifiuti la riforma agisce su diversi livelli: da una parte crea specifici focus su nuove categorie di rifiuti o di prodotti, dall’altra impone obiettivi più ambiziosi di riciclaggio e di smaltimento in discarica. Con la riforma del 2018 l’individuazione

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INTRODUZIONE

dei flussi è stata presa in considerazione anche per la definizione dei programmi di prevenzione, così come sono state aggiunte nuove categorie di rifiuti rispetto ai quali provvedere alla raccolta differenziata e al loro recupero.

Nel nuovo quadro rientrano alcune disposizioni che introducono nuove definizioni, come quella di rifiuto urbano, che secondo la nuova direttiva è costituito da:

a) rifiuti domestici indifferenziati e da raccolta differenziata, ivi compresi: carta e cartone, vetro, metalli, plastica, rifiuti organici, legno, tessili, imballaggi, rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, rifiuti di pile e accumulatori, rifiuti ingombranti, ivi compresi materassi e mobili;

b) rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti e che sono simili per natura e composi zione ai rifiuti domestici. (CONAI, 2019).

La riforma spinge gli Stati membri ad avviare politiche più incisive per prevenire la produzione dei rifiuti. Con la direttiva del 2008 era stato introdotto l’obbligo di redigere dei programmi nazionali di prevenzione, ma allo stesso tempo veniva riconosciuta agli Stati piena discrezionalità nella determinazione dei contenuti. Oggi, invece, la riforma impone l’obbligo di adottare misure su un set minimo di specifici flussi di materiali e/o prodotti:

• favorendo la promozione di prodotti riutilizzabili, riparabili, riciclabili;

• combattendo l’obsolescenza programmata e le attività di riparazione e di riutilizzo; • riducendo le sostanze pericolose e materiali/prodotti non riciclabili;

• contrastando il marine litter.

Un grande impulso alla trasformazione del mercato viene anche dato dall’innalzamento degli obiettivi di riciclaggio dei rifiuti urbani e di quelli degli imballaggi.

Per quanto riguarda i primi la riforma aggiunge a quello da raggiungere entro il 2020 - almeno il 50% di riciclo della carta e cartone, dei metalli, della plastica e del vetro – l’obbligo di traguardare almeno il 55% al 2025, 60% al 2030, 65% al 2035 di tutti i rifiuti urbani prodotti nell’anno. La nuova direttiva per arrivare a simili traguardi aumenta anche le frazioni merceologiche da raccogliere separatamente: a carta, metalli, plastica e vetro si aggiungono la frazione organica (entro il 31 dicembre 2023), i tessili, i rifiuti urbani pericolosi (entrambi entro il 2025) e gli oli minerali.

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Sono stati anche innalzati gli obiettivi di riciclaggio dei rifiuti di imballaggio, passando dal 60% - fino ad un massimo dell’80% - dell’avvio al riciclo degli imballaggi immessi nel mercato da raggiungere al 2008, al 65% minimo entro il 2025 e al 70% entro il 2030 di riciclaggio. Contestualmente, vengono innalzati anche gli obiettivi relativi alle singole filiere di imballaggi. Anche in questo caso si tratta di obiettivi impegnativi, non solo perché viene eliminato il tetto massimo, ma anche perché si parla di riciclaggio e non di semplice avvio al riciclo. Infine, viene introdotto un limite massimo per il conferimento di rifiuti urbani in discarica, che nel 2035 non dovranno superare il 10% della quantità prodotta nell’anno di riferimento: questo target verrà riesaminato dalla Commissione europea entro il 2024 al fine di proporre regolamentazioni più stringenti ed eventualmente nuovi obiettivi di riduzione dello smaltimento dei rifiuti. (CONAI, 2019).

Per affrontare il problema dei rifiuti possono essere messe in campo diverse soluzioni, ciascuna con pregi e difetti dal punto di vista dell’efficacia (selezionando la migliore soluzione tecnica e organizzativa), dell’efficienza economica (individuando la soluzione di minor costo) e dell’impatto su ambiente e salute (la cosiddetta esternalità ambientale, da ridurre anch’essa al minimo). Bisogna guardare al problema dei rifiuti con un approccio omnicomprensivo, che considera ogni fase come parte inscindibile di un unico processo. Bisogna, quindi, mirare ad una gestione integrata dei rifiuti, ossia alla gestione dell’intera filiera dei rifiuti dal momento in cui vengono prodotti (anzi, dallo stesso momento in cui vengono pensati) a quello che segna la fine del loro ciclo di vita (o perché trasformati in nuove risorse o perché smaltiti definitivamente). (D’Alessandro, 2017).

1.2. Rifiuti assimilati agli urbani

Quando si parla di rifiuti in genere il pensiero va immediatamente ai rifiuti urbani e in particolare a quelli di origine domestica prodotti nelle abitazioni. In realtà questi non rappresentano neppure il 20% del totale di tutti i rifiuti prodotti complessivamente. In Italia, infatti, a fronte di una produzione complessiva di rifiuti superiore a 160 milioni di tonnellate all’anno, oltre 130 milioni sono speciali, ovvero scarti prodotti dal complesso delle attività produttive, mentre circa 30 milioni di tonnellate sono rifiuti urbani (di origine domestica e non domestica). (ISPRA, 2018).

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INTRODUZIONE

I rifiuti speciali, nonostante la forte incidenza quantitativa, nell’immaginario collettivo diventano quasi “inesistenti”, sia perché più distanti dalla realtà quotidiana, sia per il diverso trattamento che la legge riserva loro. Ricordiamo che mentre i rifiuti urbani devono essere raccolti e smaltiti nell’ambito della Regione in cui vengono prodotti, con costi per il cittadino predeterminati dalle Autorità di Ambito. I rifiuti speciali, invece, devono essere smaltiti a cura e carico dal produttore e le aziende si rivolgono per lo smaltimento all’operatore che meglio risponde alle loro esigenze, anche dal punto di vista economico. I rifiuti speciali dunque prendono spesso vie che li portano lontano dal luogo di effettiva produzione: altre province, altre regioni o, addirittura, all’estero. Questa minore visibilità, cui spesso si unisce una minore tracciabilità, si è riflessa negli anni in carenze di pianificazione strategica rispetto all’impiantistica per il loro smaltimento, e questo purtroppo tende a facilitare forme di smaltimento illegale, che da anni arricchiscono le cosiddette ecomafie. (GRUPPO HERA, 2019).

La classificazione dei rifiuti nella normativa italiana si basa in primo luogo sulla provenienza, cioè il luogo in cui il rifiuto ha origine (abitazione domestica o attività produttiva) e non sulle sue caratteristiche fisiche, chimiche e merceologiche. Il D.lgs. 152/2006 classifica i rifiuti in urbani e speciali in base alla provenienza, e, solo a valle di questa prima classificazione, secondo le caratteristiche di pericolosità, i rifiuti sono definiti pericolosi o non pericolosi. Il Testo Unico Ambientale (TUA) non dà una definizione univoca di rifiuto urbano. Secondo l'art. 184 del TUA, in particolare, i rifiuti urbani sono “i rifiuti domestici provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione; i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi diversi assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità”. In poche parole, lo stesso rifiuto cambia natura giuridica a seconda che sia prodotto da un'utenza domestica (in questo caso si tratta di rifiuto urbano) o da un'utenza non domestica, come un museo, un ufficio o un laboratorio artigianale (in questo secondo caso è classificato come speciale). Lo stesso Testo Unico affida, poi, allo Stato la “determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l'assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani” (art. 195 comma 2 lett. e). (E. Lo., 2019).

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Lo Stato, tuttavia, non ha mai adottato un decreto che disciplini la materia. Dal momento che alla data odierna i criteri qualitativi e quali-quantitativi per l’assimilazione, che lo Stato avrebbe dovuto determinare e definire mediante decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare entro novanta giorni dalla pubblicazione del testo, non sono stati ancora definiti, si continuano ad applicare i criteri, seppur per molti aspetti desueti, definiti dalla già citata Delibera del Comitato Interministeriale 27 Luglio 1984 (Fabris, 2011; Albertazzi, 2018). Tale Delibera nello specifico riporta i criteri di assimilabilità di natura tecnologica, ovvero finalizzati a stabilire la forma di conferimento, trasporto e trattamento di quei rifiuti speciali che, in ragione della loro incapacità di generare un incremento dei rischi per la salute dell’uomo e/o per l’ambiente, possono essere trattati con la medesima forma di gestione adottata per i rifiuti urbani.

Nell’attesa dell’emanazione del decreto e relativi criteri di ammissibilità, è stata conferita ai Comuni la competenza ad assimilare i rifiuti speciali non pericolosi agli urbani per qualità e quantità tramite Regolamenti Comunali, sulla base delle regole generali dettate dallo Stato; tali rifiuti sono speciali per origine ma, una volta assimilati, sono gestiti (raccolti e smaltiti) insieme ai rifiuti urbani domestici e assoggettati alla tariffa o tassa (ora TARI).

Pertanto sul confine tra i rifiuti urbani e quelli speciali agiscono regole di assimilazione applicate localmente a livello comunale e/o di ambito ottimale e fino alla emanazione della norma nazionale ogni comune può applicare in diverso modo i criteri per assimilare rifiuti derivanti da attività produttive, commerciali e di servizio. Più rifiuti vengono assimilati agli urbani, meno rifiuti speciali sono lasciati alla gestione privata e quindi con un rischio di minor controllo e tracciabilità. (GRUPPO HERA, 2019).

La scelta di estendere o meno il perimetro dell'assimilazione può essere condizionata da vari fattori. I Comuni, in particolare, possono essere mossi dal “desiderio di allargare la platea dei contribuenti per sostenere le entrate della Tari/Tarip” ed un Comune particolarmente avanzato sul fronte della differenziata, in grado quindi di intercettare frazioni separate e altamente pure, può inoltre essere mosso dalla volontà di incassare maggiori proventi derivanti dal riciclo. Tali introiti, nel caso degli imballaggi, sono definiti dagli accordi Anci-Conai e dipendono dalle percentuali di impurità contenute nella frazione differenziata. L'ampliamento dell'ambito di assimilazione può, inoltre, essere utilizzato per agevolare il tessuto produttivo di piccole

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INTRODUZIONE

dimensioni (artigiani, commercianti etc.) sgravandolo dagli oneri burocratici cui sono tenuti i produttori di rifiuti speciali. Inoltre nei Comuni di piccole dimensioni ma con una forte presenza di attività produttive la presenza di partite di rifiuti omogenei, facili da raccogliere (separatamente) e riciclare, può spingere le amministrazioni ad allargare le maglie dell'assimilazione per raggiungere livelli di raccolta differenziata più elevata. L'assimilazione, infine, può essere sfruttata per “accrescere la tracciabilità e la trasparenza sui flussi, ricomprendendoli nel controllo pubblico, in chiave di prevenzione da infiltrazioni eco-criminali”. (E. Lo., 2019).

1.3. ASCIT Servizi Ambientali SpA e RetiAmbiente SpA

ASCIT Servizi Ambientali S.p.A. svolge la propria attività nel settore della raccolta differenziata e trasporto dei rifiuti urbani e assimilati, spazzamento stradale manuale e meccanico, gestione dei Centri di Raccolta, rimozione dei rifiuti abbandonati, disinfestazione e derattizzazione, gestione del servizio di telefonia e sportello a pubblico, mediante affidamento diretto da parte dei Comuni di Altopascio, Capannori, Montecarlo, Pescaglia, Porcari e Villa Basilica (LU); rientrano inoltre fra le attività aziendali la raccolta e il trasporto di rifiuti speciali non pericolosi, (ASCIT, Politica Integrata Qualità, Ambiente e Sicurezza, 2016).

L’azienda ha la propria sede centrale in Via San Cristoforo, 82, Lammari (LU) ed è stata fondata in data 01/07/1983 con la ragione sociale Azienda Speciale Consortile per l’Igiene del Territorio. Nel 2000 i Comuni di Altopascio, Montecarlo, Pescaglia e Porcari sono divenuti soci diretti ed hanno affidato all’azienda la sola gestione della raccolta differenziata dei rifiuti urbani e assimilati.

ASCIT S.p.A. insieme alle società ESA S.p.A., ERSU S.p.A., Geofor S.p.A., REA S.p.A. e SEA Ambiente S.p.A. è soggetta alla direzione ed al coordinamento del socio unico RETIAMBIENTE S.p.A. (ASCIT, Politica Integrata Qualità, Ambiente e Sicurezza, 2016). La società RETIAMBIENTE S.p.A., gestore unico dei servizi di igiene territoriale dell’Ambito Territoriale Ottimale “Toscana Costa”, è una società a totale capitale pubblico, partecipata da 99 Comuni delle province di Massa Carrara, Lucca, Pisa e Livorno, costituita in data 16/12/2011. La costituzione della società si inscrive in un complesso percorso finalizzato

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all’individuazione di un unico soggetto cui affidare lo svolgimento del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani e assimilati, nell’Ambito Territoriale Ottimale “A.T.O. Toscana Costa”, così come definito dalle legge regionale toscana 28 dicembre 2011, n.69, nonché dalle modifiche apportate ai sensi del comma 5, Art.30, di detta legge. L’affidamento del servizio a un unico soggetto gestore per ciascuno dei tre ambiti territoriali ottimali toscani ha lo scopo di superare la frammentazione delle attuali gestioni.

Sulla base di quanto stabilito da una maggioranza amplissima dei comuni afferenti all’A.T.O. Toscana Costa, è stata scelta, quale forma di gestione unitaria del servizio, una società a capitale misto partecipata dai comuni suddetti, oltre che da un socio privato di carattere industriale, selezionato con procedura ad evidenza pubblica e destinato ad acquisire una partecipazione pari al 45% del capitale sociale e l’affidamento di “specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio”.

Poiché la procedura di selezione del socio privato ad oggi non si è ancora conclusa, ASCIT S.p.A. continua ad essere il soggetto incaricato del servizio di gestione dei rifiuti urbani e assimilati negli ambiti comunali di Altopascio, Capannori, Montecarlo, Pescaglia, Porcari e Villa Basilica quale società di proprietà del socio unico RetiAmbiente S.p.A.; il giorno in cui sarà selezionato il socio privato, ASCIT S.p.A. e le altre cinque società per azioni saranno fuse per incorporazione in RetiAmbiente S.p.A., società con la quale l’ATO Toscana Costa potrà finalmente stipulare il nuovo contratto di servizio per la durata ventennale dell’appalto (ASCIT, 2019).

La società ASCIT S.p.A. ha come obiettivo sociale la gestione, per i Comuni soci, del servizio di raccolta differenziata domiciliare “Porta a Porta”, inizialmente dall’anno 2006 in due sole frazioni del Comune di Capannori per estenderlo progressivamente a tutte le utenze domestiche e non domestiche dei sei Comuni gestiti, fino alla totale eliminazione della raccolta stradale. Della raccolta dei rifiuti solidi urbani (RSU), della raccolta differenziata dei rifiuti urbani non pericolosi, dello spazzamento stradale (meccanico e manuale) e il trasporto presso i centri di smaltimento. Su richiesta dei Comuni soci servizio di disinfestazione e derattizzazione, di rimozione delle discariche abusive e recupero delle carogne animali. ASCIT S.p.A. offre anche servizi dedicati allo spazzamento meccanico di piazzali e grandi aree industriali o alla raccolta dei rifiuti assimilati all’urbano oltre alle attività di accettazione dei rifiuti conferiti dai cittadini e imprese presso i propri 4 Centri di Raccolta (CDR) dislocati sul territorio del Comune di

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INTRODUZIONE

Capannori e Pescaglia, in cui viene conferito e gestito anche il tutto flusso di rifiuti urbani e assimilati differenziati. Oltre al ritiro dei rifiuti urbani, effettua il ritiro di rifiuti speciali provenienti dalle imprese, conferiti in un impianto di travaso dedicato in cui sono gestiti principalmente, oltre agli speciali, i rifiuti non differenziabili e l’organico derivante dalla raccolta urbana porta a porta. Tramite un servizio dedicato chiamato Ecosportello, situato nel comune di Capannori, effettua anche la gestione della raccolta differenziata dei rifiuti urbani e assimilati in regime di tariffazione puntuale, introdotta dal 2013 nel Comune di Capannori e dal 2014 nel Comune di Montecarlo, svolgendo inoltre le funzioni di gestione, accertamento e riscossione delle tariffe.

Con l’introduzione nel 2006 del servizio di raccolta differenziata “porta a porta” dei rifiuti urbani e assimilati, mediante una continua collaborazione con i Comuni e coinvolgendo sempre più gli utenti tramite azioni di educazione ambientale, ASCIT S.p.A. è riuscita ad ottenere il valore medio di raccolta differenziata sull’intero territorio gestito del 72,97 % (Tabella 1), con il primato dell’ 85.58 % nel Comune di Capannori (ASCIT 2019; ARRR 2018; ISPRA, Catasto Rifiuti 2018), attestandosi quale realtà fra le più virtuose nel contesto regionale (valore medio 53,9 %) e nazionale (55,5 %) (ISPRA, 2018). COMUNE % RD Altopascio 63,62% Capannori 85,58% Montecarlo 78,61% Pescaglia 66,77% Porcari 68,50% Villa Basilica 74,71% TOT 72,97 %

Tabella 1. Percentuali di raccolta differenziata (% RD) nei 6 Comuni per i quali ASCIT S.p.A. gestisce il servizio di raccolta (ARRR 2018; ISPRA, Catasto Rifiuti 2018)

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ASCIT S.p.A. per politica aziendale opera in condizioni di legalità, di correttezza e di trasparenza nella gestione delle proprie attività e persegue il raggiungimento di livelli di Qualità e di prestazione Ambientale e di SSL previsti dagli standard e dalle prescrizioni normative applicabili nell’ottica del miglioramento continuo. Al fine di promuovere la prevenzione della corruzione e un’adeguata gestione ambientale e in materia di salute e sicurezza sul lavoro ASCIT S.p.A. si è dotata, inoltre, di un Modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.lgs. 231/2001, di un Piano triennale di prevenzione della corruzione e della trasparenza e di un Codice etico aziendale. Tutto ciò con l'impegno alla trasparenza e al rispetto della normativa vigente, con la consapevolezza della responsabilità per la tutela dell'ambiente e per la salvaguardia della salute e sicurezza dei lavoratori.

1.4. La tariffa puntuale – Sistema PAYT

Da molti anni, ormai, in Europa ma anche nel nostro Paese si parla di tariffa puntuale, ovvero di sistemi basati sul criterio PAYT - “pay as you throw" (paghi per quello che getti), concreta attuazione del principio "chi inquina paga".

La Commissione Europea ha tracciato una roadmap per un Europa efficiente sotto il profilo delle risorse chiarendo che se i rifiuti devono diventare una risorsa economica, come materia prima, è necessario che sia data maggiore priorità al riuso ed al riciclaggio e a questo proposito la stessa Commissione ha evidenziato che una milestone per il 2020 dovrebbe essere proprio quella di raggiungere uno stato in cui i rifiuti siano gestiti effettivamente come una risorsa. Con l’approvazione del pacchetto di direttive europee dell’economia circolare sono stati rivisti gli obiettivi in materia di prevenzione, riuso, riciclaggio, recupero e distrazione dalla discarica, con lo scopo di avviarsi effettivamente verso una economia fondata sul riuso e riciclaggio, con la quota di rifiuti indifferenziati tendente allo zero. Tra i temi su cui si fonda l’attuale politica e legislazione comunitaria si evidenza, proprio, l’uso di strumenti market based per la gestione dei rifiuti, che si focalizza, tra i tanti, sullo schema di tariffazione puntuale. (Ghiringhelli, 2013).

La tariffazione puntuale è un sistema per la gestione dei rifiuti che consente di introdurre una tariffa calcolata in parte in base alla reale produzione di rifiuto conferito dall’utente. E' una misura, quindi, orientata a una maggiore equità, che responsabilizza i cittadini, penalizzando

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INTRODUZIONE

quelle utenze che non sono in grado di differenziare maggiormente i propri rifiuti e permette di raggiungere risultati ambientali importanti in termini di raccolta differenziata e di riduzione dei rifiuti. La tariffa puntuale è considerata la chiave di volta per una gestione dei rifiuti urbani moderna, in linea con le attuali normative e finalizzata a una prevenzione dei rifiuti sempre maggiore, oltre che a una migliore quantità e qualità delle raccolte differenziate. (REGIONE EMILIA-ROMAGNA, 2019).

La tariffa puntuale consiste nella determinazione di due voci principali:

la quota fissa, calcolata in maniera tale da coprire i costi dei servizi sostenuti per la collettività, quali ad esempio i costi della gestione operativa dello spazzamento delle strade o gli investimenti in opere, è definita in base a criteri quali i m2 dell'abitazione e il numero di componenti del nucleo famigliare o in alternativa per le utenze non domestiche in base alla superficie del fondo utile alla produzione di rifiuti assimilati e in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte;

la quota variabile, calcolata in maniera proporzionale alla quantità di rifiuti prodotti da ogni singolo utente, misurata attraverso un adeguato sistema di stima o di pesatura.

La tariffa per la gestione dei rifiuti urbani venne introdotta in Italia nel 1997 da Edo Ronchi (allora Ministro del Ambiente) con D.lgs. 22/1997 la TIA, Tariffa d’Igiene Urbana, destinata a sostituire progressivamente la TARSU (istituita dal D.lgs. 15 Novembre 1993, n. 507), la Tassa sui rifiuti solidi urbani. Come dice il nome, la tariffa, al contrario della tassa, ha come obiettivo di far pagare agli utenti esattamente per quanto usufruiscono del servizio (nel modo più preciso possibile), mettendo il vincolo della copertura totale del costo del servizio a carico della stessa. Qualora i Comuni non fossero stati in grado o non avessero voluto misurare la produzione dei rifiuti di ogni singola utenza, avrebbero potuto applicare il metodo presuntivo che consiste nello stabilire la parte variabile degli utenti attraverso l’applicazione degli indici del D.P.R. 158/99 «Regolamento recante norme per l'elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani», che sono dei Kd (coefficienti teorici di produzione rifiuti calcolati con delle indagini statistiche) diversi per ogni categoria di utenza, domestica e non domestica; proporzionale al numero di componenti del nucleo familiare per quella domestica e alla potenziale produzione di rifiuti connessa alla tipologia di attività per

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unità di superficie assoggettabile a tariffa per quella non domestica. La realtà però vuole che ancora alla fine del 2011 moltissimi Comuni non avevano ancora fatto il passaggio da Tarsu a TIA. (ESPER, 2016).

Successivamente con la Legge 27 Dicembre 2013, n. 147, venne istituita la TARI, che prevedeva venissero stabiliti da parte del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, criteri per la realizzazione da parte dei Comuni di sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti urbani e assimilati conferiti al gestore o in alternativa di forme di gestione caratterizzate dall’impiego di parametri correttivi per la ripartizione del costo del servizio fra le utenze, così da attuare un modello di tariffa effettivamente commisurata al servizio reso. Ma l’assenza di riferimenti a criteri definiti, ha comportato il mancato sviluppo da parte delle differenti Amministrazioni locali dei sistemi di tariffazione puntuale, soprattutto in merito alla scelta del sistema di misurazione dei rifiuti, della definizione delle modalità di calcolo della quota variabile della tariffa e dei soggetti tenuti al pagamento (Mirto, 2017).

Finalmente con il D.M. 20 aprile 2017 “Criteri per la realizzazione da parte dei comuni di sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico o di sistemi di gestione caratterizzati dall'utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servizio, finalizzati ad attuare un effettivo modello di tariffa commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati”, vengono definiti criteri a cui i Comuni dovranno attenersi nel redigere ed applicare il sistema di tariffazione puntuale del servizio di gestione dei rifiuti urbani ed assimilati.

In base al decreto, la misurazione puntuale legata ad un'utenza, identificata mediante l’assegnazione di un codice personale ed univoco a ciascuna di essa (“codice utenza”), incide sulla determinazione della parte variabile della tariffa del servizio di gestione dei rifiuti urbani ed assimilati. Tale misurazione deve consentire di:

 identificare l'utenza che conferisce mediante un codice univocamente associato a tale utenza oppure attraverso l'identificazione dell'utente che effettua i conferimenti;

 registrare il numero dei conferimenti attraverso la rilevazione delle esposizioni dei contenitori o dei sacchi oppure del conferimento diretto in contenitori ad apertura

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INTRODUZIONE

controllata a volume limitato o degli accessi nei centri comunali di raccolta effettuati da ciascuna utenza;

 misurare la quantità di rifiuti conferiti, attraverso metodi di pesatura diretta, con rilevazione del peso, o indiretta, mediante la rilevazione del volume dei rifiuti conferiti da ciascuna utenza. (ARPAT, 2019).

La rilevazione del peso o del volume dei rifiuti conferiti può essere:

 effettuata a bordo dell'automezzo che svolge la raccolta, attraverso l'identificazione del contenitore o del sacco;

 effettuata da un dispositivo in dotazione all'operatore addetto alla raccolta attraverso l'identificazione del contenitore o del sacco;

 integrata nel contenitore adibito alla raccolta;  effettuata presso un centro di raccolta.

La misurazione dei rifiuti conferiti mediante:

 pesatura diretta, viene calcolata sommando le registrazioni del peso conferito;

 pesatura indiretta, attraverso la rilevazione del numero di conferimenti e del volume del sacco/contenitore o in alternativa della dimensione dell’apertura dei contenitori dotati di limitatore volumetrico, eventualmente ricorrendo a valori di coefficienti di peso specifico delle differenti frazioni di rifiuto che sono definiti in autonomia dai Comuni sulla base della densità media dello specifico flusso di rifiuto.

Per quanto riguarda i Comuni che in attesa dell’emanazione del D.M. 20 Aprile 2017 avessero già introdotto un proprio sistema di determinazione della quota variabile della tariffa puntuale, questi sono tenuti ad adeguare i propri regolamenti alle prescrizioni del presente decreto entro 24 mesi dalla sua entrata in vigore, avvenuta in data 6 Giugno 2017 (D.M. 20/05/2017; ARPAT, 2019).

Il sistema di tariffazione puntuale (pay as you throw – PAYT) si fonda sull’applicazione congiunta di due principi guida delle politiche ambientali comunitarie ed internazionali:

il principio di chi inquina paga (polluter pay principle – PPP); il principio di responsabilità condivisa (shared responsibility).

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Alla luce del criterio delle responsabilità sancito dal PPP, i cittadini rappresentano una delle categorie di attori coinvolti nella catena delle attività che determinano la produzione dei rifiuti urbani (produzione, distribuzione, commercio, consumo). L’applicazione del principio chi inquina paga ha come conseguenza che i cittadini debbano pagare i costi generati dalla propria quota di responsabilità alla catena di consumo.

Pertanto il sistema PAYT promuove la partecipazione dei cittadini nelle azioni comuni volte al raggiungimento degli obiettivi definiti dalle politiche in materia di rifiuti mediante la creazione di un incentivo economico. Creando un legame tra il pagamento della tariffa dovuta per la raccolta dei rifiuti e il quantitativo di rifiuti prodotti e il loro livello di differenziazione, in modo tale che la tariffa sia collegata al valore dell’inquinamento prodotto da ciascun cittadino. Tale concetto si applica tanto alle cosiddette utenze domestiche che alle utenze non domestiche, ovvero quelle commerciali che producono rifiuti assimilati agli urbani; in tal modo il calcolo della tariffa dei commercianti non sarà solo commisurato alla tipologia di utenza, quanto alla reale produzione di scarti e alla differenziazione degli stessi. (Cipolletti, 2017).

1.4.1. La tecnologia RFID – L’esperienza di ASCIT S.p.A.

Una Tariffa di Igiene Ambientale più precisa ed equa, basata sui rifiuti indifferenziati realmente conferiti da ciascun cittadino, può essere calcolata grazie alla sensoristica RFID (Radio-frequency identification). Oggi è una delle tecnologie più usate nella gestione dei rifiuti ed è stata implementata da ASCIT Spa già da aprile 2013 presso il Comune di Capannori con risultati più che soddisfacenti. Infatti la raccolta differenziata ‘porta a porta’ nel Comune toscano, è arrivata oggi, anche grazie ad un lungo lavoro di sensibilizzazione dei cittadini, all’85,58 per cento.

Attraverso questa tecnologia è possibile identificare le utenze e memorizzare in modo automatico l’avvenuta raccolta differenziata associata ad ognuno di essi e se connessa ad un localizzatore GPS è in grado anche di geo-localizzare l’utenza e quindi di associare alla tipologia di rifiuto raccolta il luogo e il momento di svolgimento del servizio.

L’RFID, con la sua capacità di tracciare in modo automatico e massivo i contenitori dei rifiuti, permette di accedere ad un sistema di calcolo della tassa sui rifiuti più preciso ed equo (Tariffa

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INTRODUZIONE

Puntuale), basato sul numero effettivo dei ritiri di rifiuti: così facendo, l’utente è più incentivato a selezionare i diversi tipi di materiali (es. carta, vetro, metallo, plastico, non-riciclabile), in modo da ridurre al minimo la quantità dei rifiuti residui da smaltire e, quindi, contenere anche la relativa tassazione.

In base al tipo di organizzazione e di rifiuti, esistono differenti contenitori: sacchetti, mastelli, bidoncini, bidoni carrellabili in generale, con capacità variabile. Adattandosi ai diversi possibili scenari applicativi, il sistema RFID può prevedere l’apposizione dei tag/transponder, il cui microchip è associato al Codice Utente di ogni cittadino, sui sacchetti (tag a perdere), oppure sui bidoncini/mastelli di plastica (tag a recupero).

La rilevazione e l’identificazione dei sacchi e/o dei contenitori avviene al momento del prelievo al monitoraggio e all’emissione delle bollette, che registra il codice utente, la data e l’ora del ritiro, la posizione geografica, il veicolo e l’operatore che hanno effettuato il servizio, attribuendo così i quantitativi e di conseguenza la precisa tassazione al relativo utente. (D’Alessandro, 2017).

L’associazione del codice identificativo univoco racchiuso nella memoria elettronica del tag RFID al singolo utente, può essere contestuale all’associazione fisica, e cioè:

per i sacchetti, durante il processo della loro produzione, il tag può essere automaticamente applicato ad ognuno di essi; il tag (o i rotoli di sacchetti) può poi riportare “in chiaro” un numero progressivo identificativo, per consentire nelle fasi successive una facile associazione sacchetto/utente;

nel caso di contenitori di plastica (o di metallo), durante la produzione dei contenitori, il tag può essere “annegato” all’interno delle plastiche del recipiente oppure fissato allo stesso. La soluzione tecnologica può essere introdotta anche a postumi della produzione, applicando cioè il tag RFID in una posizione convenzionale sui contenitori già esistenti ed in uso: l’operatore provvede così ad associare “sul campo” il codice del tag all’utente grazie a dispositivi RFID mobili, che trasferiscono poi i dati sul server centrale in loco oppure da remoto, in base alle necessità del gestore.

Una volta apposto il tag RFID, i sacchetti e contenitori sono consegnati agli utenti, con un servizio di distribuzione avviato dall’ente o dal comune che, con l’ausilio della tecnologia RFID, consente una veloce identificazione dei sacchetti e/o contenitori ed un’altrettanta veloce

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associazione con l’anagrafica dell’utente. Successivamente gli utenti li utilizzeranno per conferire i rifiuti differenziati, nel giorno ed ora prestabiliti da apposito calendario, per la durata di tutto il servizio. (RFIDGLOBAL, 2019).

Nella fase di raccolta dei rifiuti con il sistema porta a porta, la rivelazione avviene quando l’operatore preleva i sacchetti con il tag RFID da bordo strada e li conferisce nel cassone del mezzo, equipaggiato con reader ed antenne RFID, come d’abitudine e senza alcuna operazione aggiuntiva. Si parla invece di rilevazione esplicita, ossia volontaria, quando l’operatore identifica i contenitori (dotati di tag) con un apparato “mobile” RFID, prelevando i sacchetti e contenitori da bordo strada e riversandoli nel cassone del mezzo con i criteri abituali: una soluzione, questa, adottata nel caso in cui l’accesso all’automezzo non è consentito.

I dati raccolti “sul campo” possono essere memorizzati all’interno di una memoria di massa removibile (es. memory card o chiavetta USB), per poi essere trasferiti su un PC in sede al rientro dell’automezzo dalla missione. In alternativa, questi dati possono essere memorizzati all’interno del controller RFID e trasferiti poi localmente sul server centrale tramite WiFi, al rientro dalla missione di prelievo, oppure trasmessi in tempo reale con una comunicazione remota sul server centrale via mobile (GSM/GPRS).

A questo punto i dati sono acquisiti dal server generale ed è possibile utilizzarli per monitorare il servizio e per calcolare la produzione per singola utenza e quindi per attribuire la tariffa puntualmente.

Attraverso la tecnologia RFID e l’ausilio del GPS si ottiene anche la reportistica dei percorsi effettuati dagli operatori e quindi la mappatura del servizio, al fine di ottenere report statistici utili per migliorare l’efficienza della raccolta e individuare anomalie e problemi in anticipo. L’utilità del monitoraggio e della gestione “smart” è intuibile, ma ancora più interessanti potrebbero essere gli usi della tecnologia al fine di aumentare l’interattività del servizio e quindi il coinvolgimento attivo della popolazione attraverso applicazioni di visualizzazione ed interazione dei dati raccolti. In particolare i dati reperiti associati ad un sistema GIS potrebbero aumentare il raggio di azione e di perfezionamento della governance, ottimizzando la pianificazione urbana relativa alla gestione dei rifiuti. (D’Alessandro, 2017).

Molteplici sono i mezzi utilizzati per la raccolta dei rifiuti, equipaggiati con posizioni fisse di versamento dei rifiuti, oppure lasciando totale libertà all’operatore, a cui corrispondono diverse

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INTRODUZIONE

architetture di dispositivi RFID, a seconda dello scenario d’adozione scelto e delle necessità organizzative/operative.

Pertanto gli articolati scenari della raccolta rifiuti poggiano su infrastrutture tecnologiche altrettanto multiformi dell’RFID: la scelta del tag, ad esempio, risponde a parametri economici, di spazio, di resistenza, oltre alle capacità performanti: in merito a quest’ultimo punto, l’esperienza di ASCIT SpA nel comparto della gestione rifiuti prende vita attorno a sistemi RFID passivi in banda UHF, grazie alle maggiori prestazioni di anti-collisione, ossia di tracciabilità di più tag in contemporanea e di distanza di rilevazione.

In tema tag, i casi applicativi poggiano su un’ampia gamma di tag RFID, in base alle esigenze da soddisfare:

Smart Label RFID UHF EPC G2, adesive con all’interno chip RFID e ideale da appore sui sacchetti;

Gli hard tag RFID rugged di Confidex, rivestiti di un’apposita plastica ed applicati sul fronte esterno del contenitore, che può riportare in chiaro il codice a barre riferito ad un progressivo numerico;

L’on-metal tag (Ironside Slim oppure Steelwave Micro) adatto a contenitori e cassonetti di metallo.

L’associazione del codice ID del tag con l’anagrafica utente, secondo le modalità di ASCIT S.p.A., avviene secondo due fasi:

 1° fase - “Back Office”: in cui le “mazzette” (rotoli con 26 sacchetti), che arrivano dal fornitore con gli RFID già installati su ogni singolo sacchetto, vengono inserite in una scatola metallica schermata in cui è presente un antenna che rileva la mazzetta ed elabora un progressivo numerico; la stampante RFID stampa un codice a barre con il progressivo numerico (che viene incollato sul rotolo). Utilizzando il gestionale WIN-Sm@.R.T.® viene effettuata l’associazione tra ogni “mazzetta” e il relativo codice a barre;

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 2° fase - “Front Office”: all’utenza che si reca all’Ecosportello per ritirare il rotolo contenente i 26 sacchetti, tramite un lettore barcode, viene associato il codice a barre, che permetterà quindi di riconoscere a chi è stato consegnato il sacchetto che l’operatore ecologico andrà a raccogliere.

Il cuore tecnologico del sistema RFID per la raccolta rifiuti è rappresentato soprattutto negli automezzi, di tipo porter o camion, allestiti con appositi apparati RFID di ultima generazione (controller, antenne e dispositivi add-on) per rilevare in modo automatico, quindi senza alcun intervento umano, e massivo quanto versato nel cassone.

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I DRIVER DEL PROGETTO

2. I DRIVER DEL PROGETTO

Sono tante le motivazioni, di carattere ambientale e gestionale, che hanno portato ASCIT S.p.A. ad implementare questo nuovo servizio di raccolta dedicato per la frazione di rifiuti assimilati da imballaggi in plastica, prodotti dalle utenze non domestiche del Comune di Porcari, con l’opportunità di estendere tale sistema alle utenze non domestiche del Comune di Altopascio (LU) e Capannori (LU).

2.1. Gestionali

Dal punto di vista gestionale, ASCIT S.p.A. ha individuato la necessità di risolvere il problema dell’effetto economico derivante dalla diminuzione del numero di conferimenti da parte delle utenze non domestiche (UND) di RSU (Rifiuto Solido Urbano) e di rifiuti assimilati agli urbani, soprattutto in quei Comuni in cui vige la tariffa puntuale.

2.1.1. Tariffa Presuntiva (Applicata da ASCIT S.p.A. prima della puntuale)

Ricordiamo che la tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, determinata tramite le indicazioni fornite dal D.P.R. 158/99 «Regolamento recante norme per l'elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani», è composta da una parte fissa, determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le opere e dai relativi ammortamenti, e da una parte variabile, rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione. Pertanto l’ente locale ripartisce tra le categorie di utenza domestica e non domestica l’insieme dei costi da coprire attraverso la tariffa secondo criteri razionali.

Qualora i Comuni non fossero in grado o non avessero voluto misurare la produzione dei rifiuti di ogni singola utenza, avrebbero potuto applicare il metodo presuntivo che consiste nello stabilire la parte variabile degli utenti attraverso l’applicazione degli indici “Kd” del D.P.R. 158/99. Coefficienti teorici di produzione rifiuti calcolati con delle indagini statistiche, diversi per ogni categoria di utenza, domestica e non domestica.

Con riferimento alle utenze non domestiche (comunità, attività commerciali, industriali, professionali e per le attività produttive in genere) la parte fissa è attribuita sulla base di un

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coefficiente relativo alla potenziale produzione di rifiuti connessa alla tipologia di attività per unità di superficie assoggettabile a tariffa e determinato dal comune nell’ambito degli intervalli indicati nella Tabella 3a (allegato 1, punto 4.3 del D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158). Mentre per la parte variabile gli enti locali organizzano e strutturano sistemi di misurazione delle quantità di rifiuti effettivamente conferiti dalle singole utenze e nel caso di enti locali non ancora organizzati, quest’ultimi applicano un sistema presuntivo, ossia prevedendo e prendendo a riferimento per singola tipologia di attività la produzione annua per mq ritenuta congrua, nell’ambito degli intervalli “Kd” indicati nella Tabella 4a e 4b (allegato 1, punto 4.4 del D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158).

2.1.2. Tariffa Puntuale

Da molti anni ormai si parla di tariffa puntuale, ovvero su sistemi basati sul principio comunitario “chi inquina paga”, alla base del sistema di responsabilità civile per danno ambientale introdotto dalla Direttiva 2004/35/CE (in Italia recepito dal Testo Unico Ambientale D.lgs. 152/2006, Parte sesta - Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente), secondo cui i costi dei danni causati all’ambiente dovrebbero tendenzialmente essere sostenuti dai soggetti responsabili, piuttosto che essere addossati alla collettività.

La tariffa puntuale è un sistema per la gestione dei rifiuti che consente di introdurre una tariffa calcolata in parte in base alla reale produzione di rifiuto conferito dall’utente. E' una misura, quindi, orientata a una maggiore equità, che responsabilizza i cittadini, penalizzando quelle utenze che non sono in grado di differenziare maggiormente i propri rifiuti e permette di raggiungere risultati ambientali importanti in termini di raccolta differenziata e di riduzione dei rifiuti. La tariffa puntuale è considerata la chiave di volta per una gestione dei rifiuti urbani moderna, in linea con le attuali normative e finalizzata a una prevenzione dei rifiuti sempre maggiore, oltre che a una migliore quantità e qualità delle raccolte differenziate.

L’obiettivo pertanto è quello, tramite la tariffa puntuale, di permettere al cittadino di pagare per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti indifferenziati in misura proporzionale rispetto alla quantità effettivamente prodotta e non più, quindi, in base alla numerosità del nucleo familiare e alla grandezza del proprio appartamento o in caso di utenze non domestiche tipologia di attività per unità di superficie assoggettabile a tariffa.

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I DRIVER DEL PROGETTO

Il legislatore ha regolato il nuovo sistema tariffario c.d. puntuale con il D.M. 20 aprile 2017 “Criteri per la realizzazione da parte dei comuni di sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico o di sistemi di gestione caratterizzati dall'utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servizio, finalizzati ad attuare un effettivo modello di tariffa commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati”, vengono definiti criteri a cui i Comuni dovranno attenersi nel redigere ed applicare il sistema di tariffa puntuale del servizio di gestione dei rifiuti urbani ed assimilati.

Nel caso di ASCIT S.p.A., ad ogni utenza non domestica che svolge la propria attività sul territorio comunale, come quello di Capannori e Montecarlo, in cui è in vigore la tariffa puntuale, corrisponde una tariffa del servizio di gestione dei rifiuti prodotti, in una parte fissa e in una parte variabile. Con riferimento alla parte variabile, ASCIT S.p.A. ha realizzato un sistema di misurazione puntuale della quantità di rifiuti RSU/Assimilati conferiti dalle utenze non domestiche, tramite la tecnologia RFID (come spiegato precedentemente nel paragrafo 1.4.1), permettendo di effettuare una pesatura indiretta della quantità di rifiuti conferiti, attraverso la misura del volume del contenitore esposto dall’utenza, rapportato al numero di svuotamenti effettuati.

In ragione dell’introduzione del sistema di tariffa puntuale e della scelta di determinare la quota variabile della tariffa corrispettiva di gestione dei rifiuti urbani e assimilati sulla base del numero di conferimenti della sola frazione dei rifiuti non differenziati, ASCIT S.p.A. ha valutato l’opportunità di individuare una modalità di prenotazione degli svuotamenti dei contenitori del rifiuto indifferenziato (“Implementazione Giro Dinamico”, paragrafo 4.2) che consentisse alle utenze non domestiche di esprimere in forma esplicita la propria richiesta di esecuzione del servizio e di conseguenza facilitasse loro il controllo nella determinazione della tariffa, in forma equivalente al controllo dato dalla libertà di scelta da parte delle utenze domestiche nell’esporre o meno il proprio sacco contente RUR.

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2.1.3. Evoluzione Tariffa Puntuale

ASCIT S.p.A. ha l’obiettivo di evolvere il sistema di tariffa puntuale, in modo tale che questo sia più aderente alla realtà, ossia più equo rispetto alla quantità di ogni tipologia di rifiuto che l’utente produce.

Come si può notare dal Grafico 1, dal 2013 (anno in cui è stata introdotta la tariffa puntuale nel Comune di Capannori) si è manifestata una diminuzione dei litri conferiti di RSU e Assimilati da parte delle utenze non domestiche del Comune di Capannori.

Grafico 1. Variazione dei litri conferiti di Rifiuto Solido Urbano (RSU) e di rifiuto assimilato, da parte delle utenze non domestiche UND (le prime 248 und in ordine decrescente per totale litri conferiti) del Comune di Capannori, nell’arco temporale Aprile 2013- Dicembre 2018.

0 5.000.000 10.000.000 15.000.000 20.000.000 25.000.000 30.000.000 2013 2014 2015 2016 2017 2018 TO TA LE LITR I CO NF ER ITI ANNO

Conferimento RSU_ASSIMILATI - UND Comune Capannori (Aprile 2013 - Dicembre 2018)

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I DRIVER DEL PROGETTO

Come riportato più volte in questo elaborato, la tariffa deve coprire tutti i costi afferenti al servizio di gestione dei rifiuti urbani e assimilati e deve rispettare la equivalenza di cui al punto 1 dell’allegato 1 del D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158. Ciò significa che le utenze non domestiche, nel momento in cui erogano il contributo derivante dalla tariffa puntuale calcolata in base al loro numero di conferimenti di RSU e Assimilati, concorrono a coprire i costi di gestione del servizio non solo per quelle tipologie di rifiuto (RSU e Assimilati), ma comprende i costi di raccolta, trasporto, riciclo e smaltimento derivanti dalla gestione di tutte le altre frazioni merceologiche conferite in ugual modo.

Le frazioni merceologiche come Imballaggi in multimateriale leggero, Imballaggi in vetro, Carta e Cartone, Frazione Organica, non sono soggette a tariffa puntuale, perciò il numero dei conferimenti non determina un costo per gli utenti.

Così strutturata la tariffa puntuale per il solo conferimento di RSU/Assimilati (no ricomprendente i costi delle altre frazioni merceologiche) di fatto, come si può notare dal Grafico 1 e dal Grafico 2, porta alcune aziende ad avvalersi di smaltitori privati per il conferimento degli RSU/Assimilati, potendo questi ultimi offrire prezzi (“tariffe”) maggiormente concorrenziali, appunto perché le “tariffe” dei privati non sono gravate dai costi di raccolta, trasporto e smaltimento di tutte le altre frazioni merceologiche come Imballaggi in multimateriale leggero, Imballaggi in vetro, Carta e Cartone, Frazione Organica.

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Grafico 2. Variazione nell’arco temporale Aprile 2013-Dicembre 2018 dei litri conferiti di Rifiuto Solido Urbano (RSU) e di Rifiuto Assimilato, da parte delle prime 10 utenze non domestiche (in ordine decrescente di totale litri conferiti nel 2013) del Comune di Capannori.

Pertanto come si può notare dal Grafico 3, con la diminuzione di conferimenti da parte delle UND, la tariffa variabile (€/lt) è aumentata negli ultimi 6 anni, in ragion del fatto che, indipendentemente dalla variazione dei litri conferiti di RSU e Assimilati, la tariffa deve comunque coprire il costo complessivo del servizio di gestione dei rifiuti urbani e assimilati.

0 1.000.000 2.000.000 3.000.000 4.000.000 5.000.000 6.000.000 7.000.000 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2.235.200 1.277.600 1.833.600 921.600 900.000 772.800 728.000 1.257.300 1.239.300 1.229.100 626.040 361.440 592.600 568.700 508.800 494.400 164.100 127.200 535.200 628.800 507.700 853.000 254.100 206.800 193.600 501.600 580.800 381.600 472.800 350.400 460.800 357.600 374.400 308.800 482.400 342.000 288.000 TOTA LE L ITRI C ON FERI TI ANNO

VARIAZIONE CONFERIMENTO RSU/ASSIMILATI - PRIME 10 UND (Aprile 2013 / Dicembre 2018) 10 9 8 7 6 5 4 3 2 1 UND 24

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I DRIVER DEL PROGETTO

Grafico 3. Andamento della quota variabile della tariffa puntuale relativa alle utenze non domestiche del Comune di Capannori.

Questo sistema crea pertanto un “circolo vizioso”, in cui la decisione da parte delle utenze non domestiche di non voler più conferire RSU/Assimilati al servizio offerto da ASCIT S.p.A. provoca un aumento nel tempo della tariffa; determinando a sua volta la volontà da parte di altre utenze non domestiche, che ancora usufruivano di ASCIT S.p.A. per la gestione dei propri rifiuti RSU/Assimilati, di uscire dal sistema, rivolgendosi a privati. Questa facoltà di avvalersi o meno di ASCIT S.p.A. è più propensa e accentuata per le utenze non domestiche di maggiori dimensioni e che comunque hanno già per la propria tipologia di produzione contatti con smaltitori privati per i propri rifiuti speciali.

La conseguenza di questo trade-off implica quindi un evoluzione sia del metodo di tariffazione e sia del metodo di raccolta, che si traduce, in base a scelte gestionali e aziendali di ASCIT S.p.A., nel voler applicare la tariffa puntuale a tutte le frazioni merceologiche conferite (RSU/Assimilati, Imballaggi in multimateriale leggero, Imballaggi in vetro, Carta e Cartone, Frazione Organica, Imballaggi in Plastica).

0,0729 0,0790 0,0910 0,0890 0,1110 0,1120 0,1350 0 0,02 0,04 0,06 0,08 0,1 0,12 0,14 0,16 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 Pa rte Va ria bi le (E ur o/ Litr i) ANNO

Variazione TARIFFA VARIABILE (UND)

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Scelta aziendale che traduce, tra i vari principi di equità e sostenibilità, quello noto nel mondo anglosassone come PAYT – “pay-as-you-throw” (paghi per quello che getti), riportato nell’allegato IV-bis al Pacchetto Economia Circolare come strumento economico atto ad incentivare l’applicazione della gerarchia dei rifiuti e a promuovere il passaggio verso l’attuazione di un’economia circolare e inserito successivamente nella Direttiva 2018/851/UE del parlamento europeo e del consiglio del 30 maggio 2018 che modifica la Direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti. Il sistema PAYT promuove la partecipazione dei cittadini nelle azioni comuni volte al raggiungimento degli obiettivi definiti dalle politiche in materia di rifiuti mediante la creazione di un incentivo economico. In questo caso creando un legame tra il pagamento della tariffa dovuta per la raccolta dei rifiuti e il quantitativo di rifiuti prodotti. Tale concetto si applica tanto alle cosiddette utenze domestiche che alle utenze non domestiche, ovvero quelle commerciali che producono rifiuti assimilati agli urbani; in tal modo il calcolo della tariffa delle utenze non domestiche non sarà solo commisurato alla tipologia di utenza, quanto alla reale produzione di scarti.

Seguendo pertanto l’evoluzione della tariffa da quella presuntiva, a quella puntuale per il solo conferimento di RSU/Assimilati (primo cambiamento radicale di ASCIT S.p.A.), alla nuova tariffa puntuale per ciascuna tipologia di rifiuto (nuova evoluzione della tariffa puntuale di ASCIT S.p.A.).

Tramite questa evoluzione ci si aspetta pertanto, oltre ad una maggiore equità tra l’effettiva quantità di rifiuti prodotti e il corrispettivo tariffario, una diminuzione della tariffa variabile di RSU/Assimilati, poiché la stessa sarà funzione dei costi di raccolta e smaltimento dei soli RSU/Assimilati e non più anche di tutte le altre frazioni merceologiche.

2.2. Ambientali

L’unica frazione merceologica di cui l’azienda non ha ancora dati certi e dettagliati, sul quantitativo prodotto, sul numero di servizi da effettuare e sulle modalità di raccolta, è il rifiuto da imballaggi in plastica; poiché questa tipologia di rifiuto veniva finora conferita nei contenitori degli RSU/Assimilati e inviati a successivo trattamento di selezione, con conseguente aumento dei costi.

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I DRIVER DEL PROGETTO

Di conseguenza ASCIT S.p.A. ha deciso di intraprendere studi approfonditi sulla reale produzione di rifiuti da imballaggi in plastica conferiti dalle utenze non domestiche, elaborando e monitorando il relativo flusso merceologico, con l’obiettivo di implementare il nuovo servizio di raccolta dedicato per la frazione di rifiuti assimilati da imballaggi in plastica prodotti dalle utenze non domestiche e adottare la tariffa puntuale a tutte le frazioni merceologiche.

Poiché ASCIT S.p.A., in merito a tutte le altre frazioni merceologiche, è tutt’ora già in possesso di informazioni dettagliate circa la quantità di rifiuti conferiti, i giri di raccolta che servono per effettuare la raccolta e il trasporto di ogni tipologia di rifiuto e l’entità dei relativi costi di gestione (costi industriali e indiretti); oltre ad aver già “taggato” tutti i contenitori dedicati alla raccolta di tutte le frazioni merceologiche tramite la tecnologia RFID, permettendo di avere così un database relativo a tutti gli utenti serviti e utilizzare la stessa tecnologia per effettuare una misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti.

Un altro driver, oggetto specifico del mio Project Work, che ha motivato ASCIT S.p.A. a voler implementare questa nuova tipologia di raccolta è stato quello di voler valorizzare la frazione di rifiuti da imballaggi in plastica, attualmente destinati a smaltimento, avviandoli così a riciclaggio e individuando pertanto nuove strategie atte ad aumentare la capacità di intercettare un quantitativo sempre maggiore di rifiuti in plastica.

Oltre a voler realizzare un aumento dei valori percentuali di raccolta differenziata nei vari territori comunali, soprattutto in quello del Comune di Porcari, in cui i valori percentuali sono stati screditati e danneggiati dalla percentuale di frazione indifferenziata prodotta dalle utenze non domestiche. Tipologia di rifiuto che da sempre era considerata come Assimilato/Imballaggi in materiali misti (CER 15.01.06), ma che successivamente, dato che l’impianto di trattamento e recupero rifiuti per motivi gestionali non accettava più, è stata valutata come RSU (CER 20.03.01).

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3. IMBALLAGGI IN PLASTICA

Gli imballaggi hanno una presenza trasversale nelle attività industriali, di consumo e domestiche e sono un elemento costante nei nostri gesti quotidiani, con lo scopo di contenere, identificare, conservare, proteggere, raggruppare e trasportare i beni dai luoghi di produzione a quelli di consumo Nella loro lunga storia, gli imballaggi hanno acquisito un numero sempre maggiore di funzioni che rappresentano oggi caratteristiche, ormai consolidate, necessarie per il loro corretto funzionamento, riconducibili a un principio generatore: far sì che un prodotto arrivi intatto al suo consumatore finale evitando così che possa diventare anzitempo un rifiuto. Oltre alle funzioni “strutturali”, per questo primarie, si sono aggiunte altre funzioni di carattere “comunicativo” che hanno rafforzato gli elementi di messaggio e di significato contenuti nel packaging per differenziare i prodotti, attrarre e informare il consumatore. Il packaging comunica, poi, anche tutta una serie di altre informazioni sul prodotto che per obbligo devono essere messe a disposizione del consumatore (esempio: data di scadenza, grado di pericolosità del prodotto, ingredienti ecc.).

L’imballaggio ha portato anche a una riflessione sul suo impatto dal punto di vista ambientale, dato il tempo limitato nel quale, spesso, conclude la sua prima vita utile. Per questo, con l’obiettivo di valorizzare i materiali e trasformare il rifiuto di imballaggio in una risorsa, l’Europa punta da sempre sulla prevenzione e sulla corretta gestione degli imballaggi una volta che diventano rifiuti. (CONAI, 2019).

3.1. Inquadramento normativo sul sistema di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio

Il panorama normativo in materia ambientale e, in particolare, nella gestione degli imballaggi, è in continua evoluzione in ambito sia nazionale sia europeo. L’anno 2018 è stato caratterizzato da numerosi interventi legislativi che hanno modificato e/o implementato la normativa di riferimento. La principale novità è, certamente, l’attuazione del “Pacchetto economia circolare”, entrato in vigore il 4 luglio 2018 e costituito da quattro direttive che modificano precedenti direttive in materia di rifiuti, imballaggio e rifiuti di imballaggio, discariche, rifiuti elettrici ed elettronici (Raee) e veicoli fuori uso e pile.

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IMBALLAGGI IN PLASTICA

Nello specifico, la Direttiva n. 851/2018/UE in materia di rifiuti e la n. 852/2018/UE in materia di imballaggi e rifiuti di imballaggio prevedono:

 la diminuzione della produzione dei rifiuti, incentivando l’applicazione della gerarchia dei rifiuti che si articola in prevenzione, preparazione al riutilizzo, riciclaggio, recupero e di altro tipo, per esempio il recupero di energia e smaltimento;

 il raggiungimento di nuovi target di preparazione per il riutilizzo e riciclo dei rifiuti urbani, stabiliti nel 55% al 2025, nel 60% al 2030 e nel 65% al 2035;

 il conseguimento di obiettivi elevati di riciclo dei rifiuti di imballaggio in termini di peso;

 lo stimolo per le autorità locali a potenziare i sistemi di raccolta differenziata e introdurre sistemi di tariffe puntuali;

 la sensibilizzazione dei cittadini attraverso campagne di educazione ambientale;

 l’introduzione di sistemi di restituzione o raccolta degli imballaggi usati e dei rifiuti di imballaggio;

 l’introduzione di sistemi di riutilizzo o recupero e riciclaggio degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio raccolti. (CONAI, 2019).

OBIETTIVI DI RICICLO % Al 2025 Al 2030 Al 2035 Rifiuti urbani 55 60 65 Rifiuti imballaggio 65 70 / Plastica 50 55 / Legno 25 30 / Metalli ferrosi 70 80 / Alluminio 50 60 / Vetro 70 75 / Carta e cartone 75 85 /

Tabella 2. Obiettivi di riciclo dei rifiuti di imballaggio in termini di peso (CONAI, 2019)

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Le nuove disposizioni europee dovranno essere recepite dagli Stati membri entro il 5 luglio 2020, i quali hanno dovuto organizzarsi per raggiungere gli obiettivi di riciclo e recupero definiti dalle normative europea e nazionali e prevenire gli impatti ambientali dei rifiuti da imballaggio lungo il loro intero ciclo di vita, basandosi “sui principi della precauzione e dell’azione preventiva”, secondo la corretta gestione gerarchica dei rifiuti, nonché sul principio “chi inquina paga”. (CONAI, 2019).

A fianco a questo le nuove direttive portano con sé il principio della cosiddetta Responsabilità Estesa del Produttore (EPR), secondo cui chi immette un prodotto nel mercato deve farsi carico della gestione dei rifiuti generati dal suo consumo, anche se questo è stato effettuato da un terzo. Si è reso dunque indispensabile imporre a tutti gli Stati un set di criteri minimi comuni, accompagnati da una definizione dell’EPR, secondo cui per regime di Responsabilità Estesa del Produttore si intende una serie di “misure adottate dagli Stati membri volte ad assicurare che ai produttori di prodotti spetti la responsabilità finanziaria o la responsabilità finanziaria e organizzativa della gestione della fase del ciclo di vita in cui il prodotto diventa un rifiuto” (art. 3, comma 1, lett. r), Direttiva 2018/851/UE.

Il richiamo alla responsabilità finanziaria è strettamente connesso al principio posto alla base della Responsabilità Estesa del Produttore, il “chi inquina, paga”, perseguendo il fine di internalizzare i costi ambientali all’interno dei costi di produzione, per far sì che il prodotto che genera maggiori costi ambientali sia in fase di produzione che in quella di consumo non risulti più competitivo - ribaltando tali costi sulla collettività - rispetto ad un prodotto che genera meno oneri ambientali.

La finalità primaria a cui deve tendere un regime EPR è chiaramente quella di perseguire la tutela dell’ambiente, indirizzando la produzione e il consumo verso la circolarità. (CONAI, 2019).

La normativa nazionale della gestione dei rifiuti di imballaggio (nata dalla legislazione europea, con la Direttiva 1994/62/CE e la successiva Direttiva 2004/12/CE recepite con il d.lgs. 22/1997, prima, poi con il d.lgs. 152/2006) definisce i criteri delle attività di gestione dei rifiuti di imballaggio nei suoi principi generali e con riferimento ai due presupposti di fondo (art. 219 del d.lgs. 152/2006):

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IMBALLAGGI IN PLASTICA

 La responsabilità estesa del produttore, che pone a capo di produttori e utilizzatori, la responsabilità della “corretta ed efficace gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio generati dal consumo dei propri prodotti”;

 La responsabilità condivisa, ossia la cooperazione tra tutti gli operatori economici interessati dalla gestione dei rifiuti di imballaggio, pubblici e privati. (CONAI, 2019).

Il recepimento delle direttive comunitarie ha introdotto pertanto nel nostro Paese un concetto essenziale: la gestione dei rifiuti deve conformarsi ai principi di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione e nel consumo di beni da cui hanno origine i rifiuti.

La normativa italiana disciplina in particolare gli imballaggi e i rifiuti di materiali da imballaggio quali carta, plastica, vetro, alluminio, acciaio, legno e fornisce una precisa definizione di imballaggio: “Il prodotto, composto da materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere e a proteggere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all’utilizzatore, e ad assicurare la loro presentazione, nonché gli articoli a perdere usati allo stesso scopo”.

La crescente eterogeneità delle tipologie di imballaggio ha reso necessaria una loro classificazione, che tradizionalmente si suddivide in:

 imballaggio primario o per la vendita: tutti gli imballaggi destinati alla vendita al dettaglio dei prodotti. Si suddividono, a loro volta, in imballaggio a diretto contatto con il prodotto, che ha una funzione di protezione del prodotto (ad esempio la lattina per bevande), e in sovra-imballaggio, che ha invece una funzione di contenimento (un esempio è la pellicola di plastica che contiene più lattine di alluminio);

 imballaggio secondario o multiplo: utilizzato, nei punti vendita, per il raggruppamento di un certo numero di prodotti, indipendentemente dal fatto che sia venduto come tale al consumatore finale o che possa servire solo a facilitare il rifornimento degli scaffali nel punto di vendita (ad esempio il vassoio di cartoncino che raggruppa più lattine);  imballaggio terziario o per il trasporto: utilizzato per facilitare la manipolazione ed il

trasporto di grandi quantità di prodotti oppure di imballaggi secondari per evitare i danni connessi al trasporto (ad esempio il pallet su cui è possibile impilare anche 10.000 lattine di alluminio). (SARCO S.r.l., 2019).

Figura

Figura 1. Gerarchia dei Rifiuti, come prevista dalla Direttiva europea 2008/98/CE, e recepita  in Italia con il D.Lgs.205/2010 (Zerosprechi, 2019)
Tabella 1. Percentuali di raccolta differenziata (% RD) nei 6 Comuni per i quali ASCIT  S.p.A
Figura  2. Suddivisione della raccolta per area geografica (kt) –  2013/2017 (FONDAZIONE  SVILUPPO SOSTENIBILE, 2019)
Figura 5. Rifiuti di imballaggio in plastica avviati al recupero energetico e percentuale rispetto  all’immesso al consumo (kt) – 2013/2017 (FONDAZIONE SVILUPPO SOSTENIBILE, 2019)  Gli scarti della selezione degli imballaggi in plastica utilizzati nella pr
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