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Academic year: 2021

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1 I segnali audio

1.1 Il segnale audio

Il continuo e rapido sviluppo delle tecnologie legate agli elaboratori elettronici e alla reti, ha permesso l’introduzione dell’audio come tipo di dato in molte applicazioni.

Le informazioni audio, una volta estratte ed analizzate, continuano ad essere trattate come semplici sequenze di byte, formato dei file ed altri attributi, come, ad esempio, la frequenza di campionamento.

Dato che l’interesse del nostro lavoro verrà focalizzato solo su una parte del grande universo costituito dal segnale audio, ne proponiamo una classificazione basata su concetti elementari. La prima distinzione da operare è tra segnale utile e segnale di disturbo:

SEGNALE AUDIO

SEGNALE SEGNALE

DISTURBO UTILE

SEGNALE SEGNALE

VOCALE MUSICALE

SEMPLICE COMPLESSO

Figura 1.1 . Classificazione del segnale audio.

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Questo è stato lo scopo principale di gran parte dell’elaborazione numerica dei segnali negli anni ’60, quando il problema fondamentale era migliorare le caratteristiche del segnale vocale per aumentarne l’intellegibilità, specialmente nei canali di trasmissione.

Nella nostra analisi presteremo particolare attenzione alla componente rumore di un segnale.

1.2 Il rumore: definizione e caratteristiche

Per definizione, suoni e rumori sono l'effetto di vibrazioni dell’aria sul timpano dell’apparato uditivo. I fenomeni sonori vengono distinti in suoni e rumori a seconda della loro regolarità.

I suoni propriamente detti sono composti da una (nel caso di suoni puri) o più (in presenza di suoni complessi) oscillazioni sinusoidali. Il rumore, quindi, si manifesta come un suono ed è costituito da una mescolanza di frequenze anche molto diverse (intuitivamente esso è paragonabile alla luce bianca, che è la combinazione di tutti i colori). Possiamo vederlo come caratterizzato da tre elementi:

• frequenza: dipende dal numero di cicli o periodi (Hertz) che si succedono in un secondo. L'orecchio umano percepisce frequenze comprese tra 16 Hz (suoni bassi) e 20000 Hz (suoni acuti).

• intensità o ampiezza: è la quantità di energia trasportata dall'onda

sonora per unità di superficie. L'intensità delle onde sonore è

misurata in decibel (dB), che valuta il livello delle variazioni di

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pressione acustica relativamente alla capacità uditiva dell'orecchio umano (dB 0 = livello minimo udibile a 1000 Hz; dB 135 = soglia del dolore). La scala in dB è di tipo logaritmico, in quanto variazioni di +3 dB raddoppiano e di -3 dB dimezzano l'intensità sonora.

• timbro: è la qualità del suono; di conseguenza, due suoni aventi la stessa frequenza ed intensità possono differire tra loro. Il timbro di un suono dipende dalla forma delle vibrazioni sonore.

Rumori diversi si distinguono per il diverso peso delle varie frequenze componenti: per questo motivo, la loro descrizione può avvenire solo valutandone lo spettro e cioè il peso in dB di ciascuna frequenza componente.

In conseguenza di quanto accennato in precedenza, poichè la scala dei decibel è logaritmica, ne deriva che un rumore di intensità pari a 53 dB è il doppio di un rumore di 50 dB. Per fare un esempio pratico, due veicoli che singolarmente provocano un rumore di 50 dB creano assieme un rumore di 53 dB.

Come conclusione alle considerazioni fatte, possiamo allora affermare

che il rumore racchiude tutti quei suoni indesiderati di cui ci dobbiamo in

qualche modo liberare (anche se in alcuni rari casi l'aggiunta di un rumore al

segnale audio viene fatta di proposito per ottenere determinati risultati). Esso

è, quindi, una forma di energia indesiderata che si somma al segnale utile

degradandone il contenuto informativo, ed impedendo così di rilevare, in

ricezione, tutto l'insieme delle informazioni trasmesse.

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Un segnale di rumore è disordinato, non si ripete mai allo stesso modo, e tuttavia possiede delle caratteristiche che ci permettono di classificarlo. Vi sono molti tipi di rumore e molte sono le cause che lo generano, dunque di volta in volta vengono adottate soluzioni diverse per la sua eliminazione (o, almeno, per la sua attenuazione). In questa prima parte vedremo alcuni principi di classificazione dei fenomeni rumorosi e la loro influenza sul segnale audio.

1.3 Classificazione del rumore

Una prima e più semplice classificazione dei fenomeni di disturbo si basa sulla durata della manifestazione dell’evento stesso. Potremmo avere presenza, allora, di:

• Rumore stabile o stazionario: quando le variazioni di intensità non superano 3 dB;

• Rumore fluttuante: quando le variazioni superano i 3 dB;

• Rumore intermittente: quando un rumore di durata superiore a 1 sec.

cade bruscamente in più riprese durante il periodo di osservazione;

• Rumore impulsivo: caratterizzato da rumori di alta intensità e durata inferiore ad 1 sec.

In questo lavoro di tesi, in cui siamo interessati alle principali cause di

rumore per i segnali audio, possiamo mettere in evidenza la distinzione in

due grandi famiglie:

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• Rumore a banda stretta;

• Rumore a banda larga.

1.3.1 Rumore a banda stretta

Come si può evincere intuitivamente dal nome, questo tipo di rumore occupa una banda di frequenza limitata. Fonti di rumore di questo tipo sono, ad esempio:

• HVAC (Heating, Ventilation, Air Conditioning). - Riscaldamenti, condizionatori, ventilatori introducono ronzii ossia frequenze indesiderate. Queste possono deteriorare il segnale audio sia perché captate da microfoni, sia perché inducono una frequenza aggiuntiva nella corrente elettrica utilizzata come alimentazione delle apparecchiature. Questo ultimo caso si verifica perché questi apparecchi non hanno un assorbimento di corrente costante come può avere un televisore, ma hanno un assorbimento oscillatorio.

Questa variazione costante introduce le frequenze indesiderate.

• Emissioni elettromagnetiche. - Sono quelle generate da cellulari,

televisioni ed altri elettrodomestici. Sono anche generate dai cavi

di corrente: maggiore è l'amperaggio (la quantità di corrente) che

scorre nel cavo, maggiore sarà l'emissione elettromagnetica nelle

sue vicinanze. Questo perché in prossimità di ogni conduttore in

cui scorre una corrente è presente un campo magnetico

proporzionale alla corrente stessa. Viceversa, in un conduttore

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immerso in un campo magnetico viene indotta una corrente il cui valore dipende dall'intensità del campo magnetico. Il fenomeno dell'induzione diviene più pronunciato se il conduttore che lo genera viene arrotolato in forma di spirale (poiché viene a formarsi un vero e proprio induttore al cui interno scorre un forte campo magnetico).

• Interferenze. - Due tracce audio adiacenti presenti in un mixer si influenzano a vicenda a causa dei campi magnetici generati dalle correnti che scorrono nei canali. Stessa cosa si verifica nel caso di un registratore multitraccia in cui le particelle magnetiche di una traccia influenzano quelle adiacenti. Due conduttori possono subire interferenze di tipo capacitivo quando diventano assimilabili alle due piastre di un condensatore, accumulando una carica al loro interno. Ciò ha un effetto vistoso nel caso di cavi microfonici in cui la resistenza del microfono si accoppia con la capacità indotta creando un circuito RC che funge da filtro passa - basso, privando il segnale audio delle alte frequenze.

In Figura 1.2 viene mostrato uno schema relativo a questa situazione.

Figura 1.2. Schema elettrico equivalente in presenza di interferenze elettromagnetiche

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Se i due conduttori su cui si verifica questo fenomeno vengono spostati, ciò contribuirà a modificare la distanza tra le piastre del condensatore alterandone il valore della capacità generando così una corrente indesiderata.

• Vibrazioni. - Si verificano, ad esempio, in situazioni “live” in cui le persone camminano continuamente sul palco che spesso è di legno e che trasmette in modo “divino” le vibrazioni alle aste dei microfoni, che le trasmettono a loro volta ai microfoni che le mandano al mixer.

1.3.2 Rumore a banda larga

In questo caso la banda del rumore è teoricamente infinita; nel nostro caso consideriamo solo la finestra che ci interessa, e cioè quella solita dello spettro teorico delle frequenze udibili: 16Hz - 20KHz. Fonti di rumore di questo tipo sono:

• Rumore termico. - Questo rumore è generato dal calore insito in

qualsiasi componente elettronico. Il calore fa sì che all'interno del

componente si verifichino delle collisioni di elettroni in tutte le

direzioni e a tutte le velocità, generando delle correnti a tutte le

frequenze. Le ampiezze di queste frequenze, ossia le intensità delle

correnti sono mediamente costanti in quanto la direzione delle

collisioni è assolutamente casuale. Il rumore termico aumenta con

la temperatura in quanto aumenta con essa l'energia cinetica

associata alle particelle.

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• Rumore bianco. - Si intende, con questa dicitura, un rumore caratterizzato da un spettro di frequenza molto ricco, ad ampia banda, che coinvolge tutte le componenti frequenziali del segnale.

Questo genere di rumore ha uguale energia sulle varie frequenze (diagramma di spettro piatto), ovvero, se si misura l'ampiezza del suono nella banda di frequenze da 100 a 200 Hz si ha lo stesso valore misurato, ad esempio, nella banda da 3000 a 3100 Hz. Nella sostanza si tratta di un rumore termico, solo che in questo caso si intende un rumore appositamente generato con finalità di test. Per vedere infatti il comportamento di un componente audio, per esempio di un canale di un mixer, si invia in ingresso del rumore bianco e si esamina il segnale di uscita. Generalmente, in questi casi, l'obiettivo sarà quello di ottenere un segnale in uscita

mediamente costante a tutte le frequenze: questo starà a significare che il componente è affidabile per tutte le frequenze. In generale il rumore bianco viene usato per i test sui componenti elettronici.

Quanto appena detto ci permette di capire perché questo

particolare tipo di rumore è denominato “bianco”: il motivo è

proprio che tutte le componenti alle diverse frequenze sono

presenti in uguale misura, così come, analizzando uno spettro

composto da luce bianca, tutti i colori si manifestano con uguale

intensità. Quando filtriamo del rumore bianco otteniamo,

ovviamente, un rumore che non è più bianco: si dice, in questo

caso, che il rumore è colorato. Se un rumore è Gaussiano allora

esso viene caratterizzato in modo completo dalla sua densità

spettrale (o spettro di potenza), una funzione che mostra come la

potenza totale del segnale si distribuisce tra le componenti di

frequenza diversa. Un rumore che presenta la proprietà di

gaussianità non si discosta mai molto da un certo livello, ed in

effetti, se ne misuriamo più volte l'ampiezza, troviamo che essa si

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distribuisce attorno ad un valore medio e che segue una distribuzione di probabilità Gaussiana: un rumore con queste caratteristiche è detto si chiama rumore bianco Gaussiano, ed è uno dei tipi più comuni. Esistono diversi tipi di processi fisici che producono rumore, e molti di questi producono un rumore approssimativamente bianco, mentre altri producono dei rumori colorati.

• Rumore rosa. - Dato che il rumore bianco è costante a tutte le frequenze, vuol dire che l'energia associata ad ogni ottava non è costante. Per esempio l'energia compresa nella banda 20 Hz - 40 Hz non sarà la stessa di quella della banda 5 KHz - 10 KHz.

Ovviamente, questa ultima banda avrà energia associata molto maggiore, pur essendo sempre la larghezza pari a un'ottava, in quanto il secondo intervallo di frequenze è molto più ampio del primo, in altre parole contiene più frequenze e, dunque,

complessivamente più energia.

Il rumore rosa, usato anch'esso con finalità di test, presenta un decremento di 3 dB ogni volta che una frequenza viene

raddoppiata. In questo modo l'energia associata ad ogni ottava rimane costante su tutto lo spettro.

Viene comunemente utilizzato per la taratura di sistemi di rinforzo sonoro dove il rumore bianco risulta essere un segnale non

rappresentativo del segnale audio che alimenterà il sistema di

rinforzo stesso. Questo è dovuto al fatto che un segnale audio ha

un contenuto di energia sulle alte frequenze minore rispetto alle

basse frequenze e dunque viene mal rappresentato dal rumore

bianco in cui l'energia associata ad ogni ottava è doppia rispetto

all'ottava precedente. La Figura 1.3 che segue confronta gli spettri

di frequenza di un rumore bianco e un rumore rosa:

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Figura 1.3 . Confronto tra gli andamenti spettrali in ampiezza di rumori di tipo bianco e rosa

Il rumore rosa, per quanto detto finora, ha un contenuto di alte frequenze minore rispetto al rumore bianco.

• Rumore marrone. - Per completezza d’informazione accenniamo anche al rumore marrone, usato anch'esso con finalità di test, che ha un andamento simile al rumore rosa salvo per il fatto che presenta una caduta di 6 dB (invece che di 3 dB) per ogni raddoppio di frequenza.

Il rumore marrone ha un contenuto di alte frequenze minore rispetto al rumore rosa e, a maggior ragione, rispetto al rumore bianco.

Nei sistemi di comunicazione di telefonia mobile distinguiamo tre

principali tipi di rumore, i quali influenzano in modo rilevante le prestazioni

generali dei sistemi stessi. Possiamo classificare questi disturbi come:

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• Rumore selettivo in frequenza (a banda stretta);

• Rumore selettivo nel tempo (impulsivo);

• Rumore selettivo nello spazio (structure - like);

Un’altra classificazione più generica divide la famiglia dei rumori

presenti in banda audio in due grandi categorie: quella dei rumori di fondo e dei disturbi impulsivi.

I rumori impulsivi, detti anche click (vedi Figura 1.4), sono caratterizzati da breve durata ed intensità, tipici, ad esempio, della puntina sui vecchi dischi in vinile non perfetti: il nome, termine onomatopeico, risale alla similitudine con il “click” dovuto allo scatto di un interruttore o di un tasto del mouse che viene premuto. Questo rumore, ciclico e regolare, è una vistosa deformazione della forma d’onda , dovuta alla presenza di campioni clamorosamente sbagliati che fanno compiere all’onda alcune brusche risalite e discese che si traducono in una forte distorsione.

Questo tipo di disturbo è piuttosto frequente nella musica registrata, in

riproduzione di un brano o su supporto vinile quando la testina di lettura

compie un inaspettato salto solitamente causato da piccoli granelli di polvere

o di sporco che aderiscono alla superficie del supporto, o da vari graffi e

incisioni.

(12)

0 0.5 1 1.5 2 2.5 x 10

5

-0.15

-0.1 -0.05 0 0.05 0.1 0.15 0.2 0.25

Figura 1.4. Esempio di segnale audio affetto dal fenomeno dei click (impulsi di elevata ampiezza).

Alla categoria dei rumori impulsivi appartengono anche i fenomeni di disturbo denominati scratch e hiss.

I primi (scratch) sono costituiti da un insieme di piccoli e ravvicinati click:

ad una prima sezione impulsiva segue una componente rumorosa correlata in bassa frequenza, corrispondente ad un’oscillazione smorzata dovuta all’assestamento del sistema di riproduzione.

Prendendo sempre ad esempio la puntina del nostro vecchio giradischi, essa, prima di ritornare ad un andamento normale, oscillerà con una sua frequenza di risonanza.

Gli hiss (o fruscii), invece, sono i disturbi tipici delle registrazioni analogiche su nastro magnetico, caratterizzati da un suono simile ad un sibilo.

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1.4 Distorsione Armonica Totale (THD, Total Harmonic Distorsion)

Prima di approfondire l’esposizione riguardo ai sistemi che permettono la cancellazione del rumore, diamo una breve caratterizzazione del

fenomeno della distorsione armonica, classico rumore che si ha in presenza di suoni molto distorti.

Questa grandezza misura l'introduzione di un rumore, ad opera di un dispositivo, su un segnale audio che transita al suo interno. Ciò avviene principalmente perché il dispositivo, non riproducendo esattamente l'andamento del segnale di ingresso, a causa del superamento del range dinamico, modifica in alcuni punti la pendenza (principalmente

introducendo una saturazione) del segnale, alterandone il contenuto in frequenza. Questo genera delle nuove frequenze, non presenti nel segnale iniziale, e che dunque vengono considerate come rumore.

L’indice di distorsione armonica totale è una grandezza da tenere in gran conto nella valutazione della qualità di un dispositivo, in cui è auspicabile che le frequenze presenti sul segnale di uscita fossero esattamente le stesse di quelle del segnale di ingresso.

Nell’esempio numerico riportato qui di seguito faremo, per semplicità, riferimento ad un segnale audio composto da una singola frequenza:

l'estensione al segnale più complesso risulta immediata.

La distorsione armonica di un dispositivo viene calcolata utilizzando il

procedimento seguente. All'ingresso del dispositivo viene mandato un

segnale composto da una singola frequenza di riferimento di 1KHz ad una

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determinata ampiezza e viene misurato il relativo segnale di uscita. Questo ripresenterà la frequenza di un 1KHz (eventualmente amplificata o

attenuata) più una serie di armoniche che avranno ampiezza molto minore di quella della frequenza iniziale ma che sono la causa della distorsione che stiamo esaminando.

L'ampiezza diminuisce all'aumentare dell'ordine dell'armonica e, già dopo la terza, diventa tale da essere trascurabile. Il valore che fornisce la misura della distorsione armonica si chiama THD (distorsione armonica totale) e viene calcolata in base alla seguente formula:

THD = [(2a armonica) 2 + (3a armonica) 2 + .... + (na armonica) 2 ] 1/2

Esempio.

Consideriamo un caso concreto.

Supponiamo di trovare all'uscita di un dispositivo un segnale con la seguente composizione in frequenza (Figura 1.5):

Figura 1.5. Spettro di un segnale amplificato con introduzione di distorsione.

(15)

Supponiamo, inoltre, che le ampiezze delle armoniche rispetto alla fondamentale siano:

Seconda armonica: 0.01%

Terza armonica: 0.02%

Quarta armonica: 0.005%

Dunque la distorsione armonica totale sarà:

THD = [(0.01) 2 + (0.02) 2 + (0.005) 2 ] 1/2 = 0.023%.

In generale, sulle specifiche che accompagnano un dispositivo viene indicata l'ampiezza della fondamentale. Valori per il THD oltre il 3% vengono

considerati assolutamente inaccettabili.

Spesso il valore del THD viene espresso in dB utilizzando le formule:

Potenza: dB = 10*log (THD% /100)

Altro: dB = 20*log (THD% /100)

Se consideriamo un THD = 3% (caso limite), calcolando il valore in dB otteniamo un risultato di -30dB; questo significa che la distorsione armonica totale ha un'ampiezza di 30dB inferiore rispetto alla fondamentale.

Una differenza di 30dB tra due suoni è ancora chiaramente percepibile ed

è per questo che tali valori di distorsione sono da considerarsi inaccettabili.

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A volte, nelle specifiche di un dispositivo, vengono riportati i THD delle singole armoniche. Ad esempio:

Seconda armonica = -70dB

Terza armonica = -80dB

Quarta armonica = -90dB

In questo caso per calcolare il THD complessivo possiamo usare la formula per sommare i dB:

[ ( dB ) ( dB ) ] ( ) dB

THD = 10 log 10 ÷ 10 + .... + 10 ÷ 10 = 10 log 10

7

+ 10

8

+ 10

9

≅ − 70

Un ulteriore aspetto del THD viene evidenziato confrontando i seguenti spettri (Figura 1.6):

Figura 1.6. Confronto tra due risposte diverse che danno lo stesso valore di THD.

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In questo caso i due dispositivi hanno lo stesso valore di THD ma il primo è migliore perché l'armonica con ampiezza maggiore è la seconda, cioè un'ottava sopra la fondamentale e dunque trattasi della stessa nota che può confondersi con la fondamentale.

Il secondo presenta una terza armonica con ampiezza elevata che sarà chiaramente distinguibile essendo una nota diversa dalla fondamentale.

Il THD di un apparecchio viene sempre riportato sul foglio che ne descrive le caratteristiche tecniche fornito dal costruttore (data sheet). Gli ordini di grandezza del THD variano a seconda del contesto lavorativo dell'apparecchio.

Per esempio, da un amplificatore da 10 W è lecito attendersi un valore di THD attorno allo 0.01%, mentre un amplificatore da 200 W può avere valori di THD dell'ordine dello 0.1%. Questo perché aumentando la potenza del segnale da manipolare diminuisce anche la precisione del componente elettronico in esame (potenza e precisione sono due caratteristiche antitetiche). In campo digitale possiamo contare su valori di THD decisamente più bassi.

Con questo abbiamo passato in rassegna le principali fonti di rumore ed

abbiamo indicato una grandezza per la misura del rumore dovuto alle

distorsioni armoniche. Adesso vedremo come intervenire sul segnale per

ridurre il rumore con tecniche più o meno sofisticate.

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