2. IL MEDIOEVO E ALESSANDRO MAGNO
2.0. Introduzione
Nel capitolo precedente abbiamo accennato alle redazioni dello Pseudo- Callistene definendone le caratteristiche principali. In questo capitolo mostreremo quelli che sono i testi principali che in epoca medievale sono derivati, più o meno direttamente, da queste redazioni, considerando in particolare quelle che sono le caratteristiche fondamentali della figura del Macedone nei testi di Ulrich von Eschenbach e di Gautier de Châtillon in quanto testi a disposizione dell’Anonimo ceco durante la stesura della sua Alessandreide.
2.1. I derivati dello Pseudo-Callistene: dalle traduzioni latine di Giulio Valerio e di Leone Arciprete ai cicli medievali nelle lingue volgari
Abbiamo visto nel precedente capitolo che le redazioni dello Pseudo- Callistene che sono pervenute fino ai giorni nostri sono le più disparate e sono state oggetto di diverse traduzioni circolanti quasi tutto il mondo allora conosciuto.
Di queste traduzioni una in particolare riveste una particolare importanza per
la letteratura medievale Occidentale, ed è quella di Giulio Valerio intitolata Res
Gestae Alexandri Magni Macedonis, derivante dalla redazione α dello Pseudo-
Callistene, risalente all’incirca al terzo-quarto secolo. Di questa traduzione sono
pervenuti due manoscritti quasi completi e diversi frammenti, ma è pervenuto un
numero ancor maggiore di manoscritti (ben sessantasette) di quella che era la
versione abbreviata dell’opera di Giulio Valerio, la cosiddetta Epitome. Questo testo risale probabilmente al nono secolo, in combinazione con l’Epistola Alexandri ad Aristotelem che frequentemente accompagna i manoscritti e che riprende il resoconto delle avventure di Alessandro in India, resoconto già ampiamente trattato nell’Epitome
1. Questa epistola era già presente nello Pseudo- Callistene e il testo integrale di Giulio Valerio ne riporta una ampliata
2.
Esistono anche altre versioni dell’Epitome derivante dall’opera di Giulio Valerio: l’Epitome di Zacher, dal nome del curatore dell’edizione, Julius Zacher, una trovata in due manoscritti, a Oxford e a Montpellier, e ritenuta più completa e più vicina al testo originale di Giulio Valerio
3; e una ritrovata in un manoscritto di Liegnitz, risalente al XV secolo, scritta in prosa e basata anch’essa sul testo di Giulio Valerio ma con l’aggiunta di episodi ricavati da altre fonti
4.
Dalla traduzione latina di Giulio Valerio ed in particolare dalle varie versioni dell’Epitome sono derivati diversi testi che rappresentano alcune tra le prime manifestazioni in lingua volgare.
Un esempio per ciò che concerne l’area romanza è il Roman d’Alexandre di Alberic de Besançon, di cui è pervenuto un solo frammento, che consta di 105 versi in rima baciata scritto in dialetto franco-provenzale, e tratta dell’educazione del giovane Alessandro. Per quanto riguarda il resto del poema, questo si può ricostruire attraverso il testo germanico detto Alexanderlied di Pfaffe Lamprecht, pervenutoci in tre manoscritti: il manoscritto di Vorau, quello di Strasburgo e quello di Basilea
5. Il manoscritto di Vorau è quello più antico, in quanto scritto attorno al 1155; il manoscritto di Strasburgo risale invece al 1187 e quello di Basilea invece è databile al XV secolo
6.
1
Cfr. D. J. A. ROSS, Alexander Historiatus- A guide to Medieval Alexander Literature, The Warburg Institute University of London, London 1963, pag. 9.
2
Cfr. G. CARY, The Medieval Alexander, Cambridge University Press, Cambridge 1965, pag. 14.
3
Cfr.Ivi., pag. 26.
4
Cfr.Ibidem.
5
Cfr. G. CARY, cit., pag. 28.
6
Cfr. Ibidem.
Di questi manoscritti pervenuti, fondamentale per la citazione delle fonti è il manoscritto di Vorau. Questo è un testo che consta di 1527 versi incluso in un manoscritto che raccoglie diversi testi latini e tedeschi, alcuni dei quali biblici
7. In questo Lamprecht cita il nome della sua fonte di ispirazione nella composizione del manoscritto, ovvero, come abbiamo accennato, Alberic de Besançon
8.
Tra i principali testi derivanti da Giulio Valerio, sia dalle Epitomi che dall’opera integrale e anche attraverso la mediazione di altri testi in volgare, abbiamo (sempre per ciò che riguarda l’ambito franco-provenzale) il Romanzo di Alessandro in decasillabi, il Romanzo di Alessandro conosciuto con il nome di Le Fuerre de Gadres (Il sacco di Gaza), i testi di Lambert le Tort di Châteaudun, noti come Alexandre en Orient e La mort Alixandre, e il romanzo di Alexandre di Paris.
Il Romanzo di Alessandro “in lasse di decasillabi monorimi: il metro delle canzoni di gesta”
9è un poema scritto attorno al 1165-1175, in 785 versi, le cui fonti principali possono essere individuate in Giulio Valerio e nell’Historia de Proeliis di cui diremo in seguito
10. E’ considerato come una delle rielaborazioni francesi di Alberic de Besançon (l’altra è quella di Alexandre de Paris)
11ed è alla base delle rielaborazioni successive del Romanzo di Alessandro.
Per ciò che concerne invece Le Fuerre de Gadres, il testo narra un episodio di guerra che si presume si sia svolto durante l’assedio di Tiro nella forma della chanson de geste
12. Questo esisteva inizialmente come testo indipendente ed era molto popolare, l’autore è un certo Eustachio, come dimostra il fatto che fosse inserito in diversi poemi su Alessandro, ma è pervenuto solamente nella versione molto ritoccata di Alexandre de Paris
13.
7
Cfr. Ibidem.
8
Cfr. Ibidem.
9
A. VISCARDI, Le letterature d’Oc e d’Oil, Sansoni Accademia, Milano 1967, pag. 158.
10
Ivi, pag. 29.
11
Cfr. Ibidem e D. J. A. ROSS, cit., pag. 10.
12
Cfr. D. J. A. ROSS, cit., pag. 10.
13
Cfr. Ibidem e G. CARY, cit., pag. 31.
Il testo di Lambert le Tort di Châteaudun noto con il nome di La mort Alixandre è un poema che tratta della morte di Alessandro per avvelenamento e della sua sepoltura dopo il lamento funebre. E’ pervenuto soltanto un frammento di 159 versi conservato nel manoscritto Arsenal
14. Lo stesso Lambert le Tort è autore anche di un resoconto della spedizione di Alessandro in India noto con il nome di Alexandre en Orient, che esiste soltanto nella rielaborazione ad opera di Alexandre de Paris
15.
L’operazione fatta da Alexandre de Bernai, meglio conosciuto come Alexandre de Paris, all’incirca verso il 1185 è stata quella di riunire in un unico testo scritto in versi dodecasillabi, con diverse aggiunte e ampliamenti, i poemi sul Macedone di cui abbiamo accennato sopra. Questa operazione ha dato vita al Roman d’Alexandre che è diventato “the standard vulgate text of the Roman”
16È possibile riscontrare quattro diversi rami principali all’interno del Romanzo, che corrispondono all’incirca ai testi che circolavano indipendentemente riguardanti diversi aspetti della vicenda del Macedone. Le diverse componenti del testo si possono riassumere come segue: la prima riguarda l’infanzia di Alessandro, la spedizione di Atene e le prime mosse della campagna contro Dario e l’assedio di Tiro, ripreso dal Roman in endecasillabi, la seconda è invece quella che corrisponde al contenuto del Fuerre de Gadres e che riporta anche gli episodi dell’ingresso di Alessandro a Gerusalemme e della sconfitta di Dario, la terza riguarda invece le meraviglie dell’India e l’incontro con la regina delle Amazzoni, oltre alla presa di Babilonia, la quarta componente è quella della morte e del testamento di Alessandro che era già stata trattata da Lambert le Tort
17. Alla base della rielaborazione fatta da Alexandre de Paris c’è la volontà di presentare un ritratto del Macedone che possa essere adatto a riprodurre quelle che sono le virtù di un principe ideale motivo per cui, partendo dalla tradizione delle canzoni
14
Cfr. D. J. A. ROSS, cit., pag. 11.
15
Cfr. Ibidem.
16
Ibidem.
17
Cfr. G. CARY, cit., pag. 31.
di gesta, l’autore le modifica dando ampio spazio all’elemento meraviglioso e ai valori cortesi
18.
Questo può essere considerato come un concetto fondamentale che giustifica il recupero in epoca medievale della figura del Macedone, figura ridimensionata ed adattata al contesto storico attraverso questa trasformazione di un eroe dell’antichità in eroe cortese.
Molti dei manoscritti in cui è contenuto il testo di Alexandre de Paris sono stati ampliati con l’aggiunta di altro materiale, in quanto la narrazione veniva conclusa con la morte per avvelenamento di Alessandro da parte dei suoi servi e il pubblico medievale mal tollerava il fatto che una morte del genere rimanesse invendicata, da qui l’aggiunta di diversi testi che avevano come tema la vendetta.
Un esempio di queste aggiunte è il testo di Gui de Cambrai Vengement Alixandre, risalente all’incirca al 1191
19, preceduto da un’aggiunta, la prima in assoluto sul tema della vendetta della morte di Alessandro, ad opera del poeta Jehan le Nevelon (nominato in alcuni manoscritto come Jehan le Venelais) e composta verso il 1180. Queste aggiunte testimoniano l’interesse suscitato dalle vicende biografiche del Macedone, da cui deriva la volontà dei vari autori di assecondare il proprio pubblico e dunque di ritoccare queste vicende in modo da rispondere a questo interesse.
Per ciò che concerne i testi derivati dalla redazione β, quelli principali sono una traduzione antico-bulgara di un manoscritto di questa redazione inclusa nelle cronache russe e risalente al XII secolo, un poema greco bizantino dal titolo ‘O βίος Άλεξάνδρου conservato in un manoscritto del XIV secolo e una cronaca siriaca il cui autore pare essere un certo Dioniso Telmaharense
20.
Dalla redazione γ, invece, derivano un’Alessandreide serba, che circolava anche in Russia, che a sua volta ha dato origine ad una versione georgiana, e un
18
Cfr. Ibidem e A. VISCARDI, cit., pag. 158.
19
Cfr. D. J. A. ROSS, cit., pag. 13.
20
Cfr. Ivi, pag. 42.
testo ebraico variamente interpolato con narrazioni di carattere fantastico di origine incerta, probabilmente composto in Italia meridionale nel XIII secolo
21.
Da un manoscritto di redazione (δ) deriva un’altra traduzione dello Pseudo- Callistene greco: quella fatta nel X secolo (attorno al 950) da Leone Arciprete, intitolata Natiuitas et Victoria Alexandri Magni. Di questo testo non è pervenuto un originale ed è stato molto spesso rielaborato. Dal nome dato alla terza versione rielaborata dell’opera di Leone, deriva il titolo Historia de Proeliis, utilizzato per designare non solo quella determinata redazione, bensì tutti i testi derivati dalla Natiuitas et Victoria Alexandri Magni
22. Il testo non è pervenuto nella sua forma originale, ma si hanno indicazioni del viaggio compiuto da Leone Arciprete a Costantinopoli (durante il quale entrò in possesso del manoscritto greco dello Pseudo-Callistene) dalla prefazione alla sua opera. Questa prefazione è conservata nel manoscritto di Bamberg dell’Historia de Proeliis, considerato come il manoscritto più fedele all’originale di Leone Arciprete, dal quale deriva la cosiddetta Redazione Bavarese. La redazione in questione è costituita dai testi dell’Historia de Proeliis contenuti nei manoscritti di Monaco e di Parigi, i quali mostrano molte caratteristiche in comune con il manoscritto di Bamberg oltre che tra di loro
23. Dell’Historia de Proeliis esistono due versioni interpolate, Historia de Proeliis I¹ e Historia de Proeliis I², risultato di varie aggiunte provenienti da altre fonti
24, fatto che testimonia come i testi in circolazione fossero continuamente sottoposti a modifiche e aggiunte, come si è visto anche nel caso del Roman d’Alexandre di Alexandre de Paris. Dalla Historia de Proeliis I², derivata a sua volta dalla Historia de Proeliis I¹, sono derivati altri cicli in altre lingue volgari, tra cui due frammenti in middle English conosciuti come Alexander A e Alexander B e tre testi di anonimi ebraici probabilmente derivati a loro volta da una versione araba dell’ Historia de Proeliis I²
2521
Ivi, pag. 45.
22
Cfr. G. CARY, cit., pag. 38.
23
Cfr. Ibidem.
24
Cfr. D. J. A. ROSS, cit., pagg. 50-53
25
Cfr. Ivi, pag. 58-59.
Come si può notare da questo breve excursus, che serve a dare un’idea di quelli che sono i testi derivati dalle varie redazioni dello Pseudo Callistene, il processo che ha portato alla diffusione delle vicende del Macedone è stratificato e pieno di rimandi ad altri testi e ad altre traduzioni, attraverso ampliamenti ed interpolazioni che, nel corso del tempo, hanno dato vita a testi totalmente diversi dal quello che rappresentava il punto di partenza. Se, inoltre, le prime traduzioni fatte erano in latino, successivamente si è passati a traduzioni e a rielaborazioni nelle lingue volgari che testimoniano un interesse mai affievolito per le vicende del Macedone.
2.2. L’Alessandro medievale tra la corte e gli exempla: diverse tipologie di approccio nel trattare la figura del Macedone
Partiamo da una citazione tratta da P. Dronke per tentare di dare un’idea delle motivazioni che sottostanno ad una così ampia diffusione dei cicli sulla biografia del Macedone:
“le storie su Alessandro rispondevano a due bisogni opposti ma complementari:
alla soddisfazione di un desiderio e all’appagamento morale (...) da una parte la sua vita realizzava tanti dei desideri dell’uomo. Alessandro appariva come l’unico essere umano che era stato prossimo a raggiungere un’esistenza senza limiti (...) D’altra parte, alle storie di inebrianti fantasie e di aspirazioni realizzate venivano continuamente contrapposti i racconti di ammonimento, gli exempla, gli avvertimenti:
Alessandro era piccolo, spesso debole, spaventato, dal carattere pieno di difetti, a volte persino pusillanime”
26.
Da questa affermazione possiamo evincere come l’immaginario medievale sia caratterizzato da una dicotomia riscontrabile non soltanto nei cicli sulla vita del
26
P. DRONKE, Introduzione a AA. VV., Alessandro nel Medioevo occidentale, Arnoldo
Mondadori Editore-Fondazione Lorenzo Valla, Verona 1997, pagg. XXI-XXII.
Macedone, ma anche nella realtà storica, fatta di corti sfarzose ma anche di una forte ingerenza della Chiesa non solo nella vita spirituale, ma anche nel potere temporale. E’ da questa dicotomia che si origina il carattere ambiguo dell’Alessandro medievale che andremo a definire meglio in questo paragrafo cercando di fornire le linee guida per la comprensione delle caratteristiche generali riscontrabili nei vari cicli su questo personaggio, a partire dalle sue origini a metà tra storia e mito.
Prima di trattare della figura del Macedone, occorre raggruppare in grandi tipologie i testi, in modo che il loro genere possa già fornire indicazioni utili per comprendere con quale approccio viene trattato il personaggio di Alessandro Magno nelle diverse tipologie. In generale, a prescindere dalla tipologia dei testi, occorre tener presente che nel passaggio da una concezione pagana ad una cristiana, il tema della Fortuna che regola le sorti del Macedone è stato sostituito da quello della Divina Provvidenza, anche se, nel caso dei testi della tradizione ebraica, Alessandro diventa lo strumento di Dio e della sua collera contro i Persiani e la sua ascesa avviene sotto il suo diretto controllo
27.
Esistono, tornando alle tipologie testuali, diverse categorie: i testi filosofici che trattano della morale, della metafisica e dell’arte di governare, i testi teologici e mistici, che si incentrano sulla relazione tra verità storica e verità religiosa, i libri di exempla nei quali il materiale trattato è finalizzato all’edificazione morale del lettore, e i testi secolari, che invece erano destinati all’intrattenimento
28. Di tutti questi testi è fondamentale il carattere aneddotico, in quanto nel Medioevo l’aneddoto, nel senso di un episodio storico riguardante un personaggio o un popolo estrapolato dal suo contesto e trattato singolarmente, era usato al fine di chiarire concetti di qualsiasi tipo ed anche per il semplice diletto
29.
27
Cfr. G. CARY, cit., pag. 81
28
Cfr. Ivi, pag. 79 e L. HARF-LANCNER, Alexandre et l’Occident Médiéval, in AA. VV., Alexandre le Grand dans les literatures ocidentales et proche-orientales, Actes du Colloque de Paris 27-29 novembre 1999, Centre des Sciences de la Littérature, Paris 1999, pag. 15.
29
Cfr. G. CARY, cit., pag. 78.
I principali aneddoti di tipo filosofico-morale circolanti nel Medioevo che riguardavano Alessandro Magno erano soprattutto quello del dialogo tra Alessandro e Diogene di Sinope detto il cinico contenuto nella Vita di Plutarco
30, quelli contenuti in Seneca e Cicerone a proposito della liberalità del Macedone e quello dell’incontro di Alessandro con il pirata Dionide riportato nel De Civitate Dei di Sant’Agostino e ripreso da Cicerone che lo menzionava in una delle parti andate perdute del De Republica
31. Per quel che riguarda Seneca, questi è il rappresentante principale della posizione degli stoici nei confronti di Alessandro e configura la liberalità del Macedone come un effetto della sua hybris. Infatti, uno degli aneddoti di cui tratta Seneca nell’Epistola ad Lucilium LIII, 10 riguarda gli ambasciatori di una città dell’Asia che offrirono all’invasore Alessandro metà della città e si sentirono rispondere: “proposito in Asiam veni, ut non id acciperem quod dedissetis, sed ut id haberetis quod reliquissem”
32. Cicerone invece, nel De Officiis, riporta una lettera di Filippo al figlio Alessandro in cui lo accusa del fatto che con la sua prodigalità eccessiva non conquisterà fedeli sudditi ma li corromperà soltanto con del denaro, seguendo il concetto secondo il quale un’eccessiva liberalità serve solo a farsi dei futuri nemici
33.
30
Cfr. PLUTARCO, Vite Parallele-Alessandro e Cesare, Newton Compton, Roma 2005, pagg.
57-59: “[A Corinto] Molti uomini politici e molti filosofi andarono da lui per ossequiarlo e congratularsi. Mancava però Diogene di Sinope (...) Allora Alessandro, deluso di non averlo visto tra gli altri, si recòpersonalmente da lui e lo trovò che se ne stava bellamente sdraiato in faccia al sole. (...) Alessandro, (...) dopo averlo salutato gli chiese se avesse bisogno di qualcosa. Al che Diogene: “Sì”, rispose. “fatti più in là: mi stai rubando il sole!”. Alessandro rimase così colpito da quella battuta e così pieno di ammirazione per la grandezza d’animo di quell’uomo, che pur lo disprezzava, che (...) esclamò: “Se non fossi Alessandro, vorrei essere Diogene!””.
31
Cfr. G. CARY, cit., pag. 83.
32
L. A. SENECA, Epistulae Morales ad Lucilium, Liber VI, Ep. LIII, par. 10, consultabile on line all’indirizzo: http://www.thelatinlibrary.com/sen/seneca.ep6.shtml.
33
Cfr. Ivi pag. 87 e M. T. CICERONE, De officiis, Liber II, 53, consultabile on line all’indirizzo
http://www.thelatinlibrary.com/cicero/off2.shtml#53: “Praeclare in epistula quadam Alexandrum
filium Philippus accusat, quod largitione benivolentiam Macedonum consectetur: 'Quae te,
malum!' inquit, 'ratio in istam spem induxit, ut eos tibi fideles putares fore, quos pecunia
corrupisses? An tu id agis, ut Macedones non te regem suum, sed ministrum et praebitorem
sperent fore?' Bene 'ministrum et praebitorem', quia sordidum regi, melius etiam, quod largitionem
'corruptelam ' dixit esse; fit enim deterior, qui accipit, atque ad idem semper expectandum
paratior”.
L’aneddoto del dialogo di Alessandro con il pirata pone la questione di una giusta amministrazione per stabilire un giusto regno e mette a confronto il sovrano Alessandro con un pirata. Sant’Agostino appoggia la posizione del pirata, il quale sottolinea l’ingiustizia del fatto che Alessandro compia scorrerie per i mari come lo stesso pirata ma non è chiamato ladro bensì imperatore solo per la grandezza della sua flotta
34, e dunque giudica il regno del Macedone un latrocinium.
Gli anedddoti di cui abbiamo trattato erano alla base degli scritti filosofico- politici e morali e si ritrovavano anche all’interno degli specula principis in modo da rendere evidenti comportamenti giudicati corretti e comportamenti che invece erano considerati da evitare per la loro immoralità.
Per quel che riguarda la tradizione mistica e teologica, occorre partire da due brani della Bibbia in cui si tratta di Alessandro Magno per vedere poi le interpretazioni da cui venivano accompagnati.
Il primo di questi due luoghi biblici importanti per l’interpretazione data alla figura di Alessandro dai mistici e dai teologi è il libro di Daniele, in cui Alessandro Magno compare in due allegorie, riportate al capitolo settimo, che tratta della visione avuta da Daniele di quattro animali, ognuno rappresentante di un grande impero
35. Alessandro nella prima allegoria è il terzo dei quattro animali che appaiono in sogno a Daniele: “una bestia simile ad una pantera con quattro ali d’uccello sui fianchi e quattro teste”
36. Nella seconda allegoria, ancora contenuta in questo capitolo, Alessandro è il corno del capro che rappresenta l’impero greco
34
AGOSTINO, De Civitate Dei, Liber IV, 4, consultabile on line all’indirizzo:
http://www.intratext.com/IXT/LAT0395/_P2T.HTM: “ Remota itaque iustitia quid sunt regna nisi magna latrocinia? quia et latrocnia quid sunt nisi parua regna? Manus et ipsa hominum est, imperio principis regitur, pacto societatis astringitur, placiti lege praeda diuiditur. Hoc malum si in tantum perditorum hominum accessibus crescit, ut et loca teneat sedes constituat, ciuitates occupet populos subiuget, euidentius regni nomen adsumit, quod ei iam in manifesto confert non dempta cupiditas, sed addita inpunitas. Eleganter enim et ueraciter Alexandro illi Magno quidam comprehensus pirata respondit. Nam cum idem rex hominem interrogaret, quid ei uideretur, ut mare haberet infestum, ille libera contumacia: Quod tibi, inquit, ut orbem terrarum; sed quia <id>
ego exiguo nauigio facio, latro uocor; quia tu magna classe, imperator.”
35
Cfr. G. CARY, cit., pag. 119-120.
36
Sacra Bibbia, Edizioni Paoline, Roma 1968, pag. 1013.
e che sconfigge il montone, che invece rappresenta l’impero persiano
37. Per quanto riguarda la prima allegoria, le ali del leopardo rappresentano la rapidità delle sue conquiste, mentre le quattro teste rappresentano i suoi successori
38. La seconda allegoria, invece, lo rappresenta nell’attaccare Dario e nel distruggere i suoi imperi di Media e di Persia
39. Questi due passaggi sono di fondamentale importanza per l’interpretazione teologica della figura di Alessandro: i suoi successi, infatti, non sono soltanto una sua opera, ma sono parte del disegno divino sul mondo e sulla storia.
Se il libro di Daniele non tratta esplicitamente del Macedone, in quanto, trattandosi di uno dei libri profetici, il linguaggio è altamente allegorico e l’autore parla di visioni e di sogni, il Primo Libro dei Maccabei, invece, appartenendo ai libri storici dell’Antico Testamento, fa esplicita menzione di Alessandro il Macedone riassumendo la sua carriera militare e le sue conquiste che lo portarono ad essere temuto in tutta la terra
40. Alessandro viene menzionato in quanto è il più importante predecessore di Antioco IV Epifane, sovrano seleucide di Siria, che conquistò l’Egitto e organizzò una spedizione contro Gerusalemme che portò alla rivolta dei Giudei e all’inizio della lotta per l’indipendenza sotto i Maccabei. Il I libro dei Maccabei è un resoconto storico di questa lotta contro il dominio seleucide
41. Il legame che unisce Alessandro ad Antioco, persecutore degli ebrei e dunque visto come una figura malefica, è quello di aver originato quella spartizione dell’impero che ha fatto sì che Antioco regnasse in Siria
42.
37
Ivi, pag. 1014. Daniele narra della visione che Dio gli ha mandato, nella quale vede “un montone che cozzava verso ovest, verso nord e verso sud” e che “agiva a suo piacere e divenne grande”. Mentre Daniele osserva questo animale “ecco venire dall’Occidente un capro, che percorse tutta la terra senza toccare il suolo, e il capro aveva un corno magnifico tra i suoi occhi (...) Raggiunto il montone infierì contro di lui, lo colpì e gli spezzò tutt’e due le corna, tanto che mancò al montone la forza di resistere davanti a lui (...) il caprò diventò molto potente, ma mentre era nel pieno della forza il corno si spezzò, e in suo luogo ne spuntarono quattro, verso i quattro venti del cielo”.
38
Cfr. G. CARY, cit., pag. 120.
39
Cfr. G. CARY, cit., pag. 120.
40
Cfr. Sacra Bibbia, cit., pag. 565.
41
Cfr. G. CARY, cit., pag. 121.
42
Cfr. Ibidem.
Alessandtro dunque è visto come colui che ha era predestinato da Dio a distruggere l’impero persiano, ma egli era considerato, come si può evincere dall’allegoria del corno riportata nel libro di Daniele, un uomo di grande orgoglio e presunzione che per questo veniva accostato al Diavolo. Anche il fatto che nel Libro dei Maccabei venga menzionato in quanto predecessore di Antioco, considerato l’Anticristo, fa sì che nei commentatori prevalga il giudizio di condanna
43.
Se da parte dei commentatori, dei moralisti e degli scrittori di exempla prevaleva un atteggiamento di condanna della figura del Macedone per la sua hybris che lo rendeva così vicino al Maligno, non era sempre così netta la condanna per quel che riguarda la letteratura secolare di svago, anche se l’aspetto morale non è mai del tutto scisso da quello ludico.
Occorre tener presente che ogni testo di questo tipo è legato ad una specifica situazione storica e ad una tipologia sociale che variano di luogo in luogo e che dunque è difficile fare delle generalizzazioni che siano valide in toto per qualsiasi testo di tipo non filosofico e non religioso. Per esempio, nel paragrafo precedente abbiamo accennato a Alexandre de Paris dicendo che nella sua opera egli riflette ammirazione per il Macedone e che presenta il personaggio di Alessandro Magno come un modello di virtù cortesi. Anche Lamprecht, riprendendo Alberic de Besançon, tratteggia un ritratto molto positivo del Macedone, ma non attingendo del tutto ad una tradizione secolare, bensì anche a quella moralistica e teologica per il fatto che era un sacerdote e che la sua formazione affondava le sue radici proprio in quella tradizione
44. Dunque, in linea di massima è possibile affermare che la corte, fatta di ideali cavallereschi e secolari, riprenda il modello di Alessandro come sovrano ideale, ma la tradizione moralistica non viene mai del tutto messa da parte, come dimostra l’esempio di Lamprecht.
Tenendo presente questi concetti e queste indicazioni di carattere generale, nei paragrafi successivi vedremo più da vicino due autori secolari, scelti per il loro
43
Cfr. Ivi, pag. 141.
44
Cfr. P. DRONKE, cit., pag. XX.
legame con il testo antico-ceco a cui verranno dedicati gli ultimi due capitoli:
Gautier de Châtillon e Ulrich von Eschenbach.
2.3. Gautier de Châtillon
Le notizie bibiografiche su Gautier de Châtillon sono ricavabili da tre testi contenuti in altrettanti manoscritti, detti Vita I,Vita 2 e Vita 2 a, tutte risalenti al periodo compreso tra il XIII e il XIV secolo
45. Da questi testi si è potuto ricavare che Gautier de Châtillon nacque vicino a Lille, che studiò a Parigi e a Reims. A Châtillon, nell’attuale Belgio, gestì la scuola locale e per questo viene ricordato come proveniente da quella città
46. Si trasferì poi a Bologna per studiare giurisprudenza e, una volta ritornato in Francia, strinse un’amicizia con l’arcivescovo di Reims Guglielmo, dedicatario del poema su Alessandro Magno, che lo nominò canonico dell’arcidiocesi di Reims, dove morì di lebbra
47. Per quanto riguarda la collocazione dal punto di vista storico della sua nascita e delle sue opere, egli potrebbe essere nato nel 1135 e aver iniziato a comporre la sua Alexandreis nel 1176, anno in cui Guglielmo, il dedicatario, divenne arcivescovo di Reims. Sappiamo inoltre dal prologo dell’opera che l’autore ha impiegato cinque anni per portare a termine la composizione, che poteva dunque dirsi conclusa attorno al 1182
48. L’opera in questione è un poema epico composto in lingua latina in 5.500 esametri che tratta delle vicende di Alessandro Magno dalla nascita alla morte. La materia trattata è suddivisa in dieci libri, di cui riassumiamo brevemente il contenuto:
45
Cfr. M. L. COLKER, a cura di, Galteri de Castellione Alexandreis, Editrice Antenore, Padova 1978, pag. XII e M.K. LAFFERTY, Walter of Châtillon’s Alexandreis-Epic and the Problem of historical understanding, Brepols, Turnhout 1998, pagg. 2-3.
46
M. L. COLKER, cit., pag. XIV.
47
Cfr. Ibidem.
48
Cfr. Ivi, pag. XV e pag. 3: “opus quinquennio laboratum”.
• Libro I: consigli di Aristotele ad Alessandro su come mantenere il potere, successione di Alessandro al padre Filippo come re, distruzione di Tebe, partenza della spedizione contro Dario.
• Libro II: Alessandro taglia il nodo Gordiano, Alessandro è guarito dalla malattia dal medico Filippo, vengono descritti lo scudo e le armi di Dario.
• Libro III: descrizione della battaglia di Isso e di come lo spavento tra i Macedoni dovuto ad un’eclissi fu calmato.
• Libro IV: morte della moglie di Dario e descrizione del suo sepolcro.
• Libro V: battaglia di Arbela, fuga di Dario ed ingresso trionfale di Alessandro a Babilonia.
• Libro VI: presa di Persepoli e rifiuto di Dario di mettersi in salvo da una congiura.
• Libro VII: morte di Dario vittima di una congiura.
• Libro VIII: Alessandro riceve la visita della Regina delle Amazzoni, Talestris, sventa una presunta cospirazione contro di lui e uccide Besso, che cospirava contro Dario. Alessandro ha notizia della vita semplice condotta dagli Sciti.
• Libro IX: campagna di Alessandro contro Poro, re dell’India.
• Libro X: la natura, con le sembianze di Giunone insieme alle divinità degli inferi guida la discesa di Alessandro nel regno dei morti
49.
Dell’Alexandreis di Gautier de Châtillon sono pervenuti più di duecento manoscritti, che testimoniano un’ampia circolazione e il successo ottenuto da questo poema, che, nel XIII secolo era usato come libro di testo in diversi studi di tutta la Francia per trarne esempi volti ad illustrare le sfumature del lessico, della
49
Cfr. Ivi, pagg. XVIII-XIX.
sintassi, della retorica e della prosodia
50. Inoltre, una prova di tale successo sono i diversi adattamenti fatti nelle lingue volgari, di cui esempi non sono soltanto l’Alexander di Ulrich von Eschenbach e l’Alessandreide antico-ceca che vedremo meglio più avanti, ma anche un poema danese di Jakob van Maerlant (Alexanders Geesten) e un poema spagnolo, il Libro de Alexandre
51.
A differenza del Roman d’Alexandre scritto da Alexandre de Paris, che si rifaceva ai precedenti componimenti in lingua volgare riguardanti il Macedone attingendo al filone fantastico e leggendario derivante dallo Pseudo-Callistene, l’opera di Gautier de Châtillon può essere considerata come una rielaborazione degli episodi che si ritrovano in Curzio Rufo, e dunque l’autore attinge alla storiografia e non al romanzo. Nel compiere questa rielaborazione, egli tiene presente i modelli dell’epica classica, come testimonia il riferimento a Virgilio nel Prologo
52. L’altro modello classico con il quale si riscontrano forti analogie è Lucano, anche se non esplicitamente nominato dall’autore francese. Infatti, oltre al fatto che il poema su Alessandro Magno sia composto di dieci libri così come il Bellum Civile, e non di dodici come l’Eneide, un esempio è l’episodio della visita di Alessandro alle rovine di Troia, contenuto nel primo libro ai versi 462-457
53che ricorda il percorso compiuto da Cesare descritto nel Bellum Civile di Lucano riportato nel libro nono ai versi 961-999
54. Un altro tratto stilistico che avvicina l’autore francese a Lucano è l’uso delle apostrofi morali, ricorrenti nell’Alexandreis
55, di cui un esempio è l’apostrofe ai versi 191-195 del decimo libro, rivolta al suo personaggio, ovvero al Macedone: “Quo tendit tua, Magne, fames? Quis finis habendi,/ querendi quis erit modus aut que meta laborum?/ Nil
50
Cfr. D. M. KRATZ, Mocking epic-Waltharius, Alexandreis and the problem of christian heroism, José Porrua Turanzas Ediciones, Madrid 1980, pag. 62. Per un elenco dei manoscritti con indicazione della loro provenienza si veda: M. L. COLKER, cit., pagg. XXXIII-XXXVIII, e J. Y.
TILLIETTE, L’Alexandréide de Gautier de Châtillon: Enéide médiévale ou “Virgile Travesti”?, in AA.VV., cit., pag. 275.
51
Cfr. D. M. KRATZ, cit., pag. 62.
52
Cfr. M. L. COLKER, cit., pag. 4: “Non enim arbitror me esse/ meliorem Mantuano vate”.
53
Cfr. Ivi, pagg. 58-59.
54
Cfr. M. K. LAFFERTY, cit., pagg. 14 15 e LUCANO, Bellum Civile, Liber IX, 961-999 consultabile on line all’indirizzo: http://www.thelatinlibrary.com/lucan/lucan9.shtml.
55
Cfr. D. M. KRATZ, cit., pag. 71.
agis, o demens. Licet omnia clauseris uno/ regna sub imperio totumque subegeris orbem,/ semper egenus eris.”
56Inoltre, dal punto di vista stilistico, Gautier de Châtillon fa spesso uso di mezzi retorici tipici del genere epico come l’ecphrasis, ovvero della descrizione estesa di opere d’arte; di cui esempi sono la descrizione delle armi di Dario nel libro secondo ai versi 494-529
57e la descrizione dei due sarcofagi progettati da Apelle nel libro quarto ai versi 176-274
58e nel libro settimo ai versi 379-430
59, e il linguaggio che adotta abbonda di reminiscenze classiche, per questo nel Prologo l’autore si pone il problema della comprensione dell’opera da parte del suo pubblico
60. Oltre a questo, un altro motivo che avrebbe potuto portare il pubblico all’incomprensione dell’opera è il fatto che il genere epico è rinnovato e adattato alla materia trattata. Infatti, se l’epica si contraddistingueva per il fatto che descriveva le vicende di un mondo unitario con una morale condivisa sia dai personaggi, che dagli dei coinvolti, che dal pubblico, in cui i personaggi erano identificati attraverso le loro imprese e i loro destini, ma non da diverse visioni del mondo e da diversi sistemi di valori, il poema di Gautier de Châtillon contiene al suo interno diversi sistemi di valori e di usanze, riscontrabili nella dicotomia tra Greci e Persiani e nell’accento posto dal poeta sulla diversificazione linguistica:
l’esercito persiano composto da vari popoli che non si capivano tra loro risulta essere più debole dell’esercito dei greci, uniti dalla stessa lingua
61.
La figura di Alessandro che emerge nel poema dell’autore francese è la rappresentazione di un eroismo che arriva ad essere distruttivo, in quanto vanifica i successi del Macedone fermato, nella sua ascesa, dalla discesa verso gli inferi e quindi dalla morte. Non èuna figura positiva, dunque, ma nemmeno può essere
56
M. L. COLKER, cit., pag. 261.
57
Cfr. M. L. COLKER, a cura di, pagg. 60-62.
58
Cfr. Ivi, pagg. 98-103.
59
Cfr.Ivi, pagg. 189-192 e D. M. KRATZ, cit., pag. 65.
60
Cfr. M. L. COLKER, cit., pagg. 4-5.
61
Cfr. M. K. LAFFERTY, cit., pag. 22 e M. COLKER, cit., pag. 105: “barbariem populi
confusaque murmuro uocum”, pag. 106: “Moribus et linguis discords posse repelli/ ex facili aut
cedi gladiis aut cedere uictos”.
definita come del tutto negativa. Infatti durante tutto il poema si riscontra “la prouesse au combat, la générosité, la grandeur d’âme”
62, ma questa viene bilanciata da un limite ben marcato che fa sì che Alessandro non appaia in toto come un modello di perfezione umana. Il limite che viene posto alla grandezza di Alessandro è costituito dal fatto che commette errori nel valutare i segni messi dal fato sulla sua strada e dal fatto che non va oltre le apparenze per raggiungere l’essenza delle cose
63. La morale di Gautier de Châtillon è dunque una morale austera, che sottolinea, in modo da renderne palese il giudizio negativo, gli sfarzi e le glorie mondane in quanto vacue e transitorie, in opposizione all’eternità di Dio.
Da questo ritratto fatto dll’autore francese del personaggio di Alessandro emerge dunque quell’ambiguità che abbiamo visto contraddistinguere la figura del Macedone nel Medioevo: da un alto la hybris che lo porta alla distruzione, dall’altro l’eroismo e le grandi gesta che rendono Alessandro l’eroe dell’epica e che dunque non possono negarne la grandezza.
2.4. Ulrich von Eschenbach
Ulrich von Eschenbach faceva parte della schiera di poeti detti Minnesänger alla corte del re Přemysl Otakar II, sovrano boemo dal 1253 al 1278. Se per ciò che concerne la lirica cortese in lingua tedesca, l’inizio della presenza di poeti di corte in Boemia è riconducibile alla metà degli anni trenta del XIII secolo, non si può invece descrivere in maniera precisa quando l’epica iniziò ad essere incentivata e quando si iniziò a richiedere la presenza di un poeta che componesse poemi epici. Si pensa tutta via che l’eco di alcune opere tedesche di successo, di cui un esempio è il Parsifal di Wolfram von Eschenbach, abbia raggiunto la corte
62
J. Y. TILLIETTE, cit., pag. 286.
63
Ibidem.
ceca e abbia suscitato interesse per i poemi epici
64. Per far sì che l’epica venga incentivata, occorre che il sovrano abbia interesse a perpetuare un’immagine di sé e che faccia della letteratura un mezzo di propaganda del potere reale. Queste condizioni in Boemia erano presenti alla corte del re Přemysl Otakar II, il quale concepiva la letteratura come un mezzo per conferire lustro al potere reale
65.
Ed è proprio su commissione di Přemysl Otakar II, il quale aveva ricevuto un manoscritto dell’Alexandreis di Gautier de Châtillon dall’Arcivescovo di Salisburgo Friedrich von Walchen
66e lo aveva consegnato a Ulrich von Eschenbach, che il poeta tedesco compose il suo Alexander, pervenutoci in quattro manoscritti completi, due manoscritti incompleti e sei escerti
67. Si presume che von Eschenbach abbia iniziato a comporre il poema attorno al 1270 e, poiché il sovrano boemo morì in combattimento nel 1278, quando il poeta aveva probabilmente terminato soltanto cinque dei dieci libri dell’Alexander, dedicò l’opera, conclusa solo nel 1280, al successore di Přemysl Otakar II, ovvero Václav II, che rinnovò l’appoggio fornito dal padre al poeta tedesco per la composizione del poema
68.
L’opera in questione è un poema in alto tedesco medio di 28 000 versi in rima baciata diviso in dieci libri, a cui più tardi ne venne aggiunto un undicesimo sull’assedio della città di Tritonia, centro nevralgico dell’alchimia, della necromanzia e dell’astronomia da parte di Alessandro
69.
La fonte principale della narrazione del poeta tedesco è l’Alexandreis di Gautier de Châtillon, per il fatto che, come abbiamo detto, ne ricevette un manoscritto dal sovrano boemo. Il nome di meister Walther, viene inoltre citato più volte dallo stesso Eschenbach nel corso del suo componimento. Un esempio si
64
Cfr. V. BOK, J. POKORNÝ, a cura di, Moravo, Čechy, radujte seˇ- Němečtí a rakouští básníci v Českých Zemích za posledních Přemyslovců, Nakladatelství Aula-Litteraria Germano-Austro- Bohemica, Praha 1998, pag. 71.
65
Cfr. Ibidem.
66
Cfr. Ivi, pag. 76 e W. TOISCHER, Ueber die Alexandreis Ulrichs von Eschenbach, Akademie der Wissenschaften, Wien 1881, pag. 4, da ora in poi citato come Ueber.
67
Cfr. AA. VV., cit., pag. 680.
68
Cfr. V. BOK, J. POKORNÝ, cit., pag. 76.
69
Cfr. W. TOISCHER, Ueber, pag. 17.
ritrova nel libro primo dell’Alexander, dove il poeta tedesco attribuisce a Gautier de Châtillon il merito di aver riscritto in latino una cronaca originariamente scritta in greco:
“Walther ein meister was genant,/ in kriechisch er geschriben vant/ in der krônik ein teil alder geschihte,/ in latîne er uns die tihte:/ wie daz dar zuo kam/ daz der stier den sic nam/ und wie er dar zuo wart erkorn/ daz er dem wider brach sîn horn”
70(vv. 155-162).
Anche se la fonte principale per l’intreccio del poema è l’Alexandreis latina, tuttavia Eschenbach arricchisce il suo componimento con altro materiale proveniente dalle più svariate fonti, tanto che G. Cary definisce questo poema come “a hotch-potch of all available matter relating to Alexander, thrown together with no skill and much repetition and misunderstanding”
71. Gli episodi che si ritrovano narrati all’interno del poema sono infatti: la nascita di Alessandro da Nectanebo, la conquista della Persia e le nozze con Roxane, l’amore con Candace, regina del regno di Kush, la spedizione in India, la sconfitta di Poro, il viaggio agli antipodi con tanto di resoconto dettagliato delle creature mostruose che Alessandro incontra, la conquista delle isole dell’Oceano, l’esplorazione degli abissi e dell’etere, la discesa agli inferi e l’iter ad paradisum, la profezia della morte del Macedone, il ricongiungimento a Babilonia con Roxane, l’avvelenamento frutto dell’accordo tra la Natura e il Leviatano, l’epilogo con il lamento di otto sapienti che piangono la morte del sovrano macedone, lodando sì le sue virtù, ma allo stesso tempo esecrando la sua mancanza di misura
72. Inoltre, si riscontrano nel poema “un’interpretazione figurale in chiave biblica, suggestioni del romanzo arturiano e pretese di veridicità storica della narrazione”
73.
70
W. TOISCHER, a cura di, Alexander von Ulrich von Eschenbach, Gedruckt für Litterarischen Verein in Stuttgart, Tübingen 1888, pag. 5.
71
G. CARY, cit., pag. 66.
72
Cfr. AA.VV., cit., pag. 680.
73
Ibidem.
Per il fatto che si tratta di un componimento commissionato dal sovrano, l’opera ha in sé finalità politiche oltre a celebrare i valori cavallereschi della corte del sovrano. Infatti Přemysl Otakar II era uno dei candidati al trono del Sacro Romano Impero, il cui avversario era Rodolfo d’Asburgo, che in effetti fu poi eletto a scapito del sovrano boemo. Il compito del poeta, dunque, era, con gli strumenti a sua disposizione, ovvero la poesia, celebrare il sovrano ed appoggiare in questo modo la sua candidatura a Imperatore
74. Per questo motivo, anche se il nome di Přemysl Otakar II non compare mai esplicitamente, le vicende sono costruite in modo da rendere esplicito, per il lettore dell’epoca, il riferimento al sovrano. Per esempio, durante l’assedio di Tebe, Eschenbach descrive lo stemma di Alessandro come un leone d’argento su sfondo rosso, emblema del sovrano ceco
75. Inoltre, Eschenbach, ai versi 14 691-14 720 del suo poema, sostiene che esiste una sola persona in grado di eguagliare Alessandro nella sua grandezza, e, ancora una volta, il re non è menzionato esplicitamente ma si allude alla sua persona
76. E’ inoltre concesso ampio spazio alla descrizione delle grandi battaglie e degli eserciti, in modo da fornire un ritratto di un sovrano potente e glorioso, tale da essere accostato al sovrano per eccellenza: Alessandro Magno
77.
Dal sesto libro in poi i toni del poema subiscono un mutamento dovuto ad un cambio di vertice nella corte. Nel 1278, infatti, durante la battaglia di Moravské Pole, Přemysl Otakar II venne ucciso e salì al trono Václav II. Da questo punto dell’opera in poi, Eschenbach accentua le descrizioni fantastiche dell’Asia e le avventure sensazionali, perché la sensazione era che “česká moc a sláva se začaly uplatńovat spíše na poli hospodářském a diplomatickém než valečném”
78.
Altra manifestazione degli intenti celebrativi di Eschenbach è il poema di 8000 versi intitolato Wilhem von Wenden, composto nella prima metà degli anni
74
Cfr. Cfr. V. BOK, J. POKORNÝ, cit., pag. 77.
75
Cfr. Ibidem e J. POKORNÝ, Němečtí básníci na dvoře posledních Přemyslovců a naše současná literárněhistorická studia, , in Střední Evropa n. 46 anno 11, 1995, pag. 69.
76
Cfr.V. BOK, J. POKORNÝ, cit., pag. 78.
77
Cfr. Ibidem e J. POKORNÝ, cit., pag. 70.
78
J. POKORNÝ, cit., pag. 70: “il potere e la gloria ceca iniziavano ad affermarsi in campo
economico e diplomatico piuttosto che in quello militare”.
Novanta del XIII secolo riguardante le avventure del sovrano Wilhem von Parrit che dopo il matrimonio con Bene viene a conoscenza, tramite dei pellegrini del messaggiodi Cristo e decide di farsi cristiano. Fugge segretamente dalla corte lasciando la moglie Bene ad amministrare il regno e va in pellegrinaggio a Gerusalemme, dove combatte contro i saraceni e dopo diversi anni torna nella sua terra, converte la moglie e i sudditi al cristianesimo ed espande il suo regno. In vecchiaia si ritira in convento con la moglie lasciando il suo regno al figlio. A conclusione del poema il poeta inserisce una preghiera dedicata a re Václav e a sua moglie Guta
79. Il componimento contiene delle analogie con la situazione della corte dei Přemyslidi. Infatti l’eroe principale, Wilhem, è in realtà il personaggio letterario che nasconde il sovrano Václav II, anche se nella vicenda si riscontrano pochi parallelismi con la vicenda storica del sovrano. Infatti, l’intento principale dell’opera è quello di giustificare la politica espansionista di Václav II, prosecutore dell’opera iniziata dal padre Přemysl Otakar II, e di celebrare il sovrano in quanto sovrano ideale di un paese ben governato che comprende al suo interno sia cittadini di lingua tedesca che di lingua ceca
80. Infatti il periodo storico in questione vede Václav II impegnato a recuperare alcuni territori che il padre aveva conquistato, in particolare la Slesia, e il poema si configurava come una approvazione ed esaltazione di questo programma politico
81.
Dunque non solo l’Alexander, ma l’intera opera di Eschenbach si configura come una produzione volta a celebrare ideali cavallereschi e cortesi e a sostenere le imprese politiche dei sovrani che lo ospitavano alla loro corte.
Come vedremo meglio successivamente, l’Alessandreide antico-ceca si differenzia da questa tendenza celebrativa in quanto la fonte primaria dell’anonimo poeta ceco risulta essere Gautier de Châtillon e il testo di Eschenbach viene utilizzato solo nei punti non trattati nel testo latino, ma che vuole narrare arricchendoli di dettagli.
79
Cfr. V. BOK, J. POKORNÝ, cit., pag. 79.
80
Cfr. Ivi, pag. 80.
81