1. I MILLEVOLTIDELLADANZAGIAPPONESE
La danza è, assieme alla musica, l’arte più antica, avendo per strumento il corpo stesso in movimento libero o accompagnato al canto e al suono di VWUXPHQWLULVRQDQWLLGLRIRQLPHPEUDQRIRQLFRUGRIRQLDHURIRQL&HOHEUDWD
DVVLHPH D PXVLFD H SRHVLD QHOOD QRVWUD WUDGL]LRQH GD ¿ORVR¿ H DUWLVWL
dell’antichità – per sintonia con la cosmica armonia di musica e danza degli DVWULFHOHVWLVHFRQGRODYLVLRQHGL3LWDJRUDVHF9,D&SRLHUHGLWDWDGD
Tolemeo (100-170 ca. d.C.) e declinata da Plotino (203 o 205-270) e Por-
¿ULRRFDDUPRQLDFRPHSDFHQHOPRQGRHGLPRVWUD]LRQH
del logos ordinatore e regolatore dell’universo, ardita composizione tra VHQVD]LRQHHUDJLRQHVSHFFKLRHULÀHVVRGHOOHDQDORJLHWUDQRWHPXVLFDOLH
movimento degli astri, tra intervalli e parti dell’anima, tra altezze e lumi- QRVLWjGHOOHVWHOOHYDORUL]]DWDQHOVXRLQÀXVVRHWLFRHGXFDWLYRHWHUDSHXWLFR
da Aristosseno di Taranto (375-322 a.C.), ma anche nella visione ideale paideutico-pedagogica di Platone (428 o 427-348 o 347 a.C.) per cui danzare secondo ritmo e armonia sarebbe utile a condurre gli uomini alla virtù celebrata, o ancora assimilata alla lirica dal poeta Simonide citato da Plutarco, disquisita nella sua potenza espressiva (pantomimica) da Luciano di Samosata (sec. II d.C.) – in Giappone la danza ha avuto sin dalle origini altrettanti, se non maggiori, rilevanza e riconoscimento.
Dono divino e strumento umano, linguaggio magico di comunicazione con divinità e uomini, esaltazione ed espressione dell’armonia degli umani con sacro e natura, di gruppi e individui, di shamani, artisti e personaggi,
1 C. TOLEMEO, Armonica, Milano, Bompiani, 2016.
2 Sulla danza nella tragedia: G.M. RISPOLI, La danza e lo spettacolo, Ethos e pathos del movi- mento, in ,GHHHIRUPHQHOWHDWURJUHFR$WWLGHO&RQYHJQRLWDORVSDJQROR, Napoli, M. D’Auria, 2000, pp. 395-429.
3 PLATONE, Leggi (Nomoi), trad. di A. Zadro, in 2SHUHFRPSOHWH, a cura di G. Giannantoni, Bari, /DWHU]DLQSDUWLFRODUHYRO9,,*PANNO, M.M. MASSI, Dionisiaco e alterità nelle Leggi GL3ODWRQHRUGLQHGHOFRUSRHDXWRPRYLPHQWRGHOO¶DQLPDQHOODFLWWjWUDJHGLD0LODQR9LWDH
Pensiero, 2007, p. 136.
4 F. CAPPARELLI, La sapienza di Pitagora, Roma, Ed. Mediterranee, 1988, pp. 281-282. G. FER-
RARIO, Il costume antico e moderno,…, Milano, vol. 3, 1823, p. 754. R. GIRONI, Le danze dei Greci, Milano, Imperiale Regia Stamperia, 1820, p. 7.
5 L. DI SAMOSATA, La danza9HQH]LD0DUVLOLR
/$'$1=$*,$3321(6('$//(25,*,1,$/7($7521ƿ
ESTETICA NELL’INTRECCIO TRA PAROLA, MUSICA E GESTO
l’arte coreutica è nodo vitale imprescindibile nella religiosità, a corte in VDQWXDULHLQWHPSOLQHOODIXOJLGDVWRULDGHLWHDWULQHLPRQGLGHOSLDFHUH
e dello spettacolo, sui palcoscenici o nelle sale di conviti. E tutt’oggi SXOOXODQR PLULDGL GL PDQLIHVWD]LRQL FRUHXWLFKH LQ PLOOH PHWDPRUIRVL FKH
VSD]LDQRGDJHQHULHIRUPHWUDGL]LRQDOL¿QRDOODGDQ]DPRGHUQDDOEXWǀ
⯙㋃, alla danza contemporanea.
Il vocabolo che in giapponese designa la danza tradizionale è EX\ǀ
⯙㋀QHRORJLVPRFRQLDWRFRQRJQLSUREDELOLWjGD)XNXFKLƿFKL⚟ᆅᱜ⑵ R7VXERXFKL6Kǀ\ǀᆤෆ㏯㐶 (1859-1935) che lo adotta nel suo trattato Shingakugekiron ᪂ᴦㄽ (Trattato sul nuovo dramma musi- cale, 1904) e apre il nuovo corso alla danza giapponese in epoca moderna.
Il termine oggi impiegato di Nihon EX\ǀ᪥ᮏ⯙㋀ (danza giapponese) nasce in contrapposizione rispetto ai generi coreutici occidentali a com- SUHQGHUHXQDYDULHWjGLIRUPHPROWHSOLFLFKHYDQQRGDOOHGDQ]HUHOLJLRVR
rituali di epoca antica, danze di corte (bugaku e altri generi), teatrali (Qǀ e N\ǀJHQ) o narrative, a danze o balli popolari disseminati nel territorio, alle esibizioni spettacolari sui palcoscenici kabuki o altro, ma in genere, in VHQVRSLVWUHWWRFLUFRVFULYHVSHFL¿FDPHQWHODGDQ]Dkabuki.
,QHIIHWWLLOWHUPLQHEX\ǀ è un composto che viene ad assommare due GLVWLQWL¿ORQLQHOODWUDGL]LRQHGHO*LDSSRQHmai ⯙ e odori ㋀. Questi due WHUPLQLWHVWLPRQLDQRDQFKHGLXQXVRGLIIHUHQWHWUDOHUHJLRQLRFFLGHQWDOH
LO.DPLJDWDRVVLDO¶DUHDGHOO¶DQWLFDFDSLWDOH.\ǀWRHƿVDNDGRYHSUHYDOH
il primo (maiHOHUHJLRQLRULHQWDOL7ǀN\ǀDQWLFDPHQWH(GRHLOQRUG
est dell’arcipelago, in cui prevale il secondo (odori), discrimine che coglie SHUzDQFKHO¶HVVHQ]DVWHVVDGHOIDUHFRUHXWLFRQHOVXRVYLOXSSRVWRULFRLQ
Giappone.
,QTXHVWDVHGHYLVWDODYDVWLWjGHOODPDWHULDPLVRIIHUPHUzVRORVXOOD
IDVHDQWLFDHLQSDUWLFRODUHLOmai¿QRDOVXRDSSURGRQHOWHDWURQǀ
2. I PRIMORDIDELLADANZA
6HFRQGRODWUDGL]LRQHULEDGLWDDQFKHQHLWUDWWDWLVXOQǀGL=HDPLୡ㜿ᘺ
(1363?-1443?), la matrice originaria dello spettacolo, danza e canto, risa- OLUHEEHDOPLWRGHOODFDYHUQD$PDQRLZD>\D@WRኳᒾᒇᗘ) descritto nel KojikiྂグVHF9,,"PLWRVHFRQGRFXLODGHDVRODUH$PDWHUDVX
ǀPLNDPLኳ↷⚄RIIHVDGDJOLDWWLVDFULOHJKLGHOIUDWHOOR6XVDQRZRQR
6 B. RUPERTI, 'UDPPDPXVLFDOHHGDQ]DQHOODFRQFH]LRQHGL7VXERXFKL6Kǀ\ǀ in M. MASTRAN-
GELO (ed.), ,OWHDWURJLDSSRQHVH/DPDFFKLQDVFHQLFDWUDVSD]LXUEDQLHULIRUPH, Roma, Aracne Editrice, pp. 61-87.
7 B. RUPERTI, 6WRULDGHOWHDWURJLDSSRQHVH'DOO¶2WWRFHQWRDO'XHPLOD9HQH]LD0DUVLOLR
pp. 70-90.
mikoto ࢫࢧࣀ࢜ࣀ࣑ࢥࢺ (⣲ᡆႲᑛ, ᘓ㏿㡲బஅ⏨), irruento si- gnore dei venti, si sarebbe rinchiusa in una caverna oscurando il mondo tra ODGLVSHUD]LRQHGHJOLDOWULQXPLJUD]LHDXQSLDQRLGHDWRGDOGLR2PRLNDQH
࢜ࣔ࢝ࢿ(ᛮ㔠⚄, ᖖୡᛮ㔠⚄), la dea Amenouzume ࣓ࣀ࢘ࢬ࣓
(ኳ㕮ዪ) avrebbe eseguito una danza su di una botte di legno ribaltata, percuotendo i piedi e denudandosi:
/D PDHVWRVD $PHQRX]XPH DSSHVH IUHVFKH IURQGH GHO SURIXPDWR
monte del cielo alla corda che le rimboccava le maniche, si acconciò la capigliatura con una bella ghirlanda, e adornò le braccia con erbe HIRJOLROLQHGHLEDPEXVDGHOSURIXPDWRPRQWH6LVWHPzSRLSUHVVROD
porta della rocciosa stanza del cielo un recipiente capovolto, vi battè sopra i piedi con un baccano così assordante da restarne spiritata, IHFH SHQ]RODUH IXRUL OH PDPPHOOH H DEEDVVz OD FLQWROD GHO YHVWLWR
¿QRDPRVWUDUHLOVHVVR/HSLDQXUHGHOVRPPRFLHORVREEDO]DURQR
e uno scoppio di risa si levò da tutte le otto centinaia di miriadi di esseri…
Tale rito di evocazione/spettacolo avrebbe suscitato le risa delle divinità presenti e richiamato la curiosità di Amaterasu, che, socchiudendo la ca- YHUQDDWWUDWWDGDXQRVSHFFKLRVDUHEEHVWDWDDIIHUUDWDVDOGDPHQWHSHUXQ
braccio dal dio Amenotajikarawo ࣓ࣀࢱࢴ࢝ࣛࣤ (ኳᡭຊ⏨⚄, ኳᡭ ຊ㞝⚄HFRVWUHWWDDXVFLUQHSRQHQGR¿QHDOO¶HFOLVVL
A questo mitico precedente e ad analoghi procedimenti magici di ri- chiamo/evocazione di divinità risalirebbero le matrici dei riti del kagura
⚄ᴦHODQDVFLWDGHOOD¿JXUDGHOwazaogiRVVLDO¶DWWRUHGDQ]DWRUH¿JXUD
intermedia tra dei e uomini, chiamata, attraverso eccitazione, trance e in- YDVDPHQWRDHYRFDUHODGLYLQLWjHDIDYRULUQHLEHQH¿FL
Il termine kagura VL ULIHULVFH SUREDELOPHQWH DOOD µVHGH GHOOD GLYLQLWj¶
(kamukura/kamikura⚄ᗙ) – ma i sinogrammi ⚄ᴦ indicano in maniera DOWUHWWDQWR SHUWLQHQWH ³GLYHUWLPHQWR GHOOH GLYLQLWj´ ± RYYHUR XQ RJJHWWR
un luogo in cui si chiamerebbe a risiedere il dio, tramite procedimenti atti a richiamarlo, accoglierlo, intrattenerlo: il canto e la danza, movimenti circolari, il battito del piede, lo specchio, una lancia, una spada, dei so- nagli, un ventaglio o altro ecc. D’altro canto, anche il termine kamiasobi
⚄㐟ࡧ, che vi si accosta spesso, ha dunque la valenza di divertimento e intrattenimento per gli dei, ossia canti e danze destinati/dedicati agli dei e YLHQHGLQRUPDLGHQWL¿FDWRRDVVLPLODWRDOkagura.
L’attore (in antico wazaogi ತඃ, oggi letto KDL\nj) è dunque il tra- mite con le divinità e gli spiriti, che vengono richiamati ed evocati at- traverso danza, canto, musica: tramite il movimento circolare, rotatorio, gli spiriti sarebbero richiamati a posarsi sul vertice di oggetti lunghi e
8 Kojiki, Un racconto di antichi eventiDFXUDGL39LOODQL9HQH]LD0DUVLOLRSS
DSSXQWLWLVXOO¶DUFRGLFDWDOSDODQFHRVSDGHYHQWDJOLWHQXWLRIDWWLYRUWL
care dall’attore-danzatore. Il primo sinogramma ತ, ೊ e il secondo ඃ
LQVLHPH DYUHEEHUR HQWUDPEL LO VLJQL¿FDWR GL gi ᡙ ossia gioco/scherzo/
atto/azione e questi sinogrammi sarebbe stati accostati/abbinati al termine autoctono wazaogi. Probabilmente nel periodo della compilazione degli annali mitico-storici, la tecnica-incantesimo per richiamare gli spiriti delle GLYLQLWjYHQLYDFRQVLGHUDWRIRUVHFRPHHVSUHVVLRQHFRPLFDkokkei✍), XQRVFKHU]RIROOHTXDOHqLOWHDWURFRPHPDQLIHVWHUHEEHDQFKHODUHD]LRQH
GHOODULVDWDIUDJRURVDGHLQXPLDOGHQXGDPHQWRGL$PHQRX]XPH/¶HWLPR
di waza VDUHEEH GL VRUWLOHJLRPDJLDDQDWHPD SHU IDU PDQLIHVWDUH OD YR- lontà dei numi, gli spiriti divini dotati di autorità e potenza, mentre ogi è il sostantivo che deriva dalla voce verbale ogu ᣍࡄRYYHUR³LQYLWDUH´
³ULFKLDPDUH´³FRQGXUUH´
La prima apparizione del termine wazaogi sarebbe proprio nel Nihon shoki ᪥ᮏ᭩⣖ (720), nell’età degli dei, laddove si riporta in maniera simile il mito su citato secondo cui Amenouzume compie mirabilmente atti di richiamo:
Ancora Amenouzume no mikoto, progenitrice delle sarume no kimi, tenendo tra le mani una lancia intrecciata di steli d’eulalia di PLVFDQWRUL]]DQGRODGLQQDQ]LDOO¶LQJUHVVRGHOODJURWWDFHOHVWHIHFH
magistralmente wazaoki>D]LRQLGLULFKLDPRGHOOHGLYLQLWj@(DQFRUD
LQWUHFFLzJKLUODQGHGLVHPSUHYHUGLGLFOH\HUDGHOSURIXPDWRPRQWH
>PRQWH.DJX@HV¶DGRUQzDWUDFROODGLWUDOFLGLO\FRSRGLRV¶LQ¿DPPz
il sesso, e collocando una botte riversa, si invasò [kamugakari@.
'DOFRQIURQWRHLQWHJUD]LRQHWUDOHGXHIRQWLKojiki e Nihonshoki, emerge FKHODVHTXHQ]DVDUHEEHVFDQGLWDQHLJHVWLGLIDUULVXRQDUHFRQLOEDWWLWRGHL
SLHGLLOUHFLSLHQWHULYHUVR±IDUHkamigakari – esibire i seni denudandosi
¿QRDOVHVVR±VXVFLWDUHODUHD]LRQHGHJOLDVWDQWLJOLRWWRPLOLRQLGLGLYL- nitàFRQIHUPDQGRLOYDORUHGLULWRGDQ]DQWHFKHVLDFFRPSDJQDDFDQWL
(kamiuta ⚄ḷ, inni alla divinità), risuonare del tamburo e altre musiche.
L’attore che appare sin dalle prime attestazioni è dunque sciamano- GDQ]DWRUHDQ]LSHUODSUHFLVLRQHqXQD¿JXUDIHPPLQLOHFKHVYROJHLOUXROR
di sciamana, come sono e tuttora rimangono le miko ᕩዪ, sacedotesse
9 0DYLqDQFKHFKLORLQWHUSUHWDQHOVLJQL¿FDWRGL³GLYLQLWj´³YROHUHGHOODGLYLQLWj´³SRWHQ]D
GHOODGLYLQLWj´HTXLQGLwazaogiULFKLDPRGHOODGLYLQLWjGHOODVXDIRU]DULJHQHUDWULFH7.8'ƿ,
³*HQEX\ǀ QR VKLVǀ ZD]D QR Nǀ]ǀ ZD VDJXUX´ ,V 3DQRUDPLF PDJ, vol. 16, 1982, Research ,QVWLWXWHRI0RGHUQ&XOWXUH3RODSS
10 Ma anche nel .RJR VKnjL ྂㄒᣠ㑇 (807) di Inbe no Hironari ᩪ㒊ᗈᡂ o poi nel 5\ǀMLQ
KLVKǀ NXGHQ VKnj ᱱሻ⛎ᢒཱྀఏ㞟 (I) (1169-1180 ca.) dell’imperatore Goshirakawa. WAKITA
HARUKO, -RVHL JHLQǀ QR JHQU\nj NDLUDLVKL NXVHPDL VKLUDE\ǀVKL 7ǀN\ǀ .DGRNDZD VKRWHQ
2001, pp. 12 sgg.
11 Nihon shoki1LKRQNRWHQEXQJDNXWDLNHL7ǀN\ǀ,ZDQDPLVKRWHQSS
12 .8'ƿ, *HQEX\ǀQRVKLVǀ, pp. 22-25.
nelle cerimonie kagura. E la danza è strumento precipuo per il rivelarsi del GLYLQRHSHUFRQWUROODUHHIXJDUHOHLQFHUWH]]HFRVWUXLWHHJRYHUQDWHGDOOH
GLYLQLWjHJDUDQWLUQHO¶HQHUJLDYLWDOHDEHQH¿FLRGLWXWWLJOLDVWDQWL
È l’energia bruciante ed elettrizzante prodotta dal dinamismo della danza della shamana che consente di attrarre gli spiriti di divinità e morti e di entrare in comunicazione/contaminazione con il divino, e con questi gesti il medium può interagire con il mondo del divino tramite la poesia RUDFRODUHSURIHWLFDHWUDVPHWWHUQHODYRORQWjQRQFKpULJHQHUDUHOHHQHUJLH
vitali che abbracciano e animano la comunità umana e la natura circostante.
3. SHAMANESIMO: ASCESEEDISCESE
Il mito di Amenozume insegna agli umani lo scopo e le tecniche con cui eseguire un rito per entrare in comunicazione con le divinità e gli spiriti.
( PDQLIHVWD DQFKH FKLDUDPHQWH L FDUDWWHUL GLVWLQWLYL GHL IHQRPHQL FKH VL
IDQQRULHQWUDUHQHOO¶DPELWRGHOORVKDPDQHVLPR/DGDQ]DGL$PHQR]XPHq
la matrice, archetipo dei riti del kagura per richiamare le divinità con bat- tito dei piedi, l’utilizzo di torimono (᥇≀), l’agitare di questi, la discesa della divinità (kamioroshi ⚄㝆ࢁࡋ), possessione (kamigakari ⚄ᠱࡾ) o invasamento e kamifuri ⚄ࡾRVVLDDJLWD]LRQHDO¿QHGLSUHVHUYDUQH
e risvegliarne le energie.
Anche nei riti delle divinità ctonie in ambito greco ricorre il battito dei piedi che percuote il suolo, mantenendone il contatto per sprigionarne le energie, e il ricorso alla trance estatica ricercata consapevolmente per en- trare in comunicazione con il mondo delle divinità e degli spiriti, ottenerne oracoli o responsi, trattenerne e risvegliarne il vigore, richiamare la loro SURWH]LRQHFDULFDGLHQHUJLHSRVLWLYHHIDYRUHYROL
Dal tempo degli studi di Mircea Eliade questi gesti vengono circoscritti VRWWRLOQRPHGLVKDPDQHVLPROHFXLVYDULDWHIHQRPHQRORJLHVRQRWUDGL]LR- nalmente distinte in due tipologie, anche in Giappone a cominciare dagli VWXGLGLUHOLJLRQLSRSRODULGL+RUL,FKLUǀᇼ୍㑻 (1910-74), traduttore di (OLDGHRGLIRONORUHGL6DNXUDL7RNXWDUǀᱜᚨኴ㑻 (1917-2007) e altri. 6L GLVWLQJXH WUD LO PRGHOOR ³FRQWLQHQWDOH´ SUHYDOHQWH GL ³GLVWDFFR GHOOR
13 ,ELG, p. 24.
14 C. BARONE, Le metamorfosi del fantasma, Palumbo, 2001, pp. 21-22.
15 N. TERAUCHI, 1LKRQ JHLQǀ QR JHQU\nj ± *DJDNX ± 6RQR WD\ǀVHL, in 1LKRQ QR GHQWǀ JHLQǀ
Nǀ]D%X\ǀHQJHNL7ǀN\ǀ7DQNǀVKDS&RVuDQFKHQHLWǀND㋃ḷ, danze di gruppo FKH VL ULWHQJRQR WUDPDQGDWH GDOOD &LQD LO IRUWH YDORUH PDJLFRDSRWURSDLFR VL PDQLIHVWD LQ XQ
PRYLPHQWRFRUHXWLFRIRQGDWRVXOFDOSHVWLRGHOVXROR
16 T. SAKURAI, Nihon no shamanizumu, Ge7ǀN\ǀ<RVKLNDZD.ǀEXQNDQSS
+ 6$,7ƿ, 6KƗPDQL]XPX WR ZD QDQLND ± (OLDGH NDUD QHRVKƗPDQL]XPX KH, in T. OKABE – +6$,7ƿ+768'$, 6KƗPDQL]XPXQREXQNDJDNX7ǀN\ǀ6KLQZDVKDSS
VSLULWR´dakkongata ⬺㨦ᆺ) per cui la mente si disgiunge dal corpo, vola e vaga nei mondi dell’aldilà e raggiunge così l’estasi congiungendosi con LO GLYLQR R JOL VSLULWL ,O PRGHOOR FODVVLFR VDUHEEH ³LO GLVWDFFR GDO FRUSR
il volo e vagare nella dimensione celeste, o invece la discesa nel mondo VRWWHUUDQHRGHJOLLQIHULHOuORVFDPELRLQWHUVFDPELRGLUHWWRFRQSUHVHQ]H
VRSUDQQDWXUDOL FRPH DQLPH R VSLULWL PRUWL FKH YL ULVLHGRQR´, una scis- sione dell’anima dal proprio corpo e un viaggio nella dimensione urania o ctonia dei mondi altri raggiungendo l’estasi, la perdita di coscienza, il rapimento. Sarebbe dunque peculiarità dello shamanesimo continentale, QHOODVXDPDQLIHVWD]LRQHSLWLSLFDTXHVWDGLPHQVLRQHGLYLDJJLRPLVWLFR
WUDPLWH GLVJLXQ]LRQH H DVFHVD YHUVR LO GLYLQR H LQ¿QH OD trance tramite l’unione con esso,OUDSLPHQWRHVWDWLFRYLHQHPRVVRGDXQDIXJDYHUVR
l’adilà, un viaggio shamanico che si approssima a misticismo e contem- plazione.
L’altro tipo (K\ǀUHLJDWD ៰㟋ᆺ VL IRQGHUHEEH VXO SURFHVVR LQYHUVR
ossia su uno stato psichico in cui lo shamano, avendo come tramite il suo corpo, induce la discesa della divinità e attraverso l’albergare di questa nel suo corpo si mette in sintonia con il divino, viene posseduto dal dio (kamigakari, in termini moderni K\ǀL ៰౫HDO¿QHIDFHQGRVLGDWUDPLWH
GHOODVXDPDQLIHVWD]LRQHQHDFFRJOLHHVROOHFLWDOHHQHUJLHQHULIHULVFHOH
parole o gli oracoli.
Il processo di discesa – possessione – invasamento viene suscitato dal corpo tramite movimenti reiterati, musica (il suono di strumenti a corda, SHUFXVVLRQL R VRQDJOL FDQWR GDQ]D URWD]LRQL H EDWWLWR GHL SLHGL ¿QR D
SHUYHQLUHDTXHOORFKHL*UHFLFKLDPDYDQR³HQWXVLDVPR´RVVLDODFRQGL- ]LRQHGLFKLqLQYDVRGDXQDIRU]DRIXURUHGLYLQRȞࢡİȠȢUDJJLXQWLGDOOD
SLWRQHVVDGDOO¶LQGRYLQRGDOVDFHUGRWHQRQFKpGHOSRHWDLVSLUDWRGDXQGLR
1HL IHQRPHQL GHOOR VKDPDQHVLPR JLDSSRQHVH LQ FRQWUDSSRVL]LRQH DO
modello continentale, prevarrebbe per lo più questa seconda categoria scandita in tre momenti: discendere della divinità (kamioroshiDFFRJOLHUH
la divinità, che viene a invadere il corpo dello shamano danzatore o anche VKDPDQRLQSRVL]LRQHVWDWLFDLQWUDWWHQHUODFRQPXVLFDFDQWRGDQ]DRI- IHUWHHULDYYLDUODYHUVRO¶DOWUDGLPHQVLRQHkamiokuri ⚄㏦ࡾ).
,QUHDOWjDOGLOjGHOOHWHQGHQ]HDULJLGHGLVWLQ]LRQLFKHVLYRJOLDIDUSUH- valere un modello e unica matrice universale o si voglia invece accentuare OH VSHFL¿FLWj GRYXWH D GLIIHUHQ]H FXOWXUDOL GHULYDQWL GDOO¶DPELHQWH QHOOD
maggior parte dei casi sono presenti e spesso convivono parallelamente HFRQWHPSRUDQHDPHQWHHQWUDPELLVLVWHPLODIRUPDGHOO¶HVWDVLHODIRUPD
17 SAKURAI, Nihon no shamanizumu, Ge, cit., p. 415.
18 +6$,7ƿ³6KƗPDQL]XPXWRZDQDQLND´S
19 T. SAKURAI, 1LKRQ QR VKDPDQL]XPX -ǀ 7ǀN\ǀ <RVKLNDZD .ǀEXQNDQ SS 42-48 (Nihon miko no tokushoku, pp. 49-83).
della possessione. E in moltissime realtà culturali o civiltà lo shamano o il vaticinatore/oracolo può essere statico e richiamare la divinità in sogno (percorso che consente il trapasso all’altra dimensione) o ancora con il suono dell’arco di catalpa (azusa) – in Giappone si parla di azusa miko ᱻᕩዪ±RFRPHOD3L]LDSLWRQHVVDD'HO¿UDJJLXQJHUHODtrance grazie DOOHHVDOD]LRQLGL³YDSRUL´PDDQFKHOD¿JXUDGHOODmiko danzante, quale è Amenouzume e le sarume no kimi ⊷ዪ⊤ዪྩ che da lei sarebbero GLVFHVHHDFRUWHGHVLJQDWHHUHGLWDULDPHQWHDWDOHVHUYL]LRHIXQ]LRQHQHL
ULWLLQFXLFDQWRPXVLFDHPRYLPHQWRFRUHXWLFRIDYRULVFRQRODGLVFHVDH
ODSRVVHVVLRQHSHUSRLGLYHQLUHLQWUDWWHQLPHQWRGHOODGLYLQLWjFRQRIIHUWH
votive, cibarie e libagioni, ma soprattutto con musiche, canti e danze.
Muta radicalmente tuttavia il ruolo del corpo: nella prima tipologia, la PHQWHVLODQFLDLQYRORGLVWDFFDQGRVLGDOFRUSRVLOLEUDLQHVWDVLPHQWUH
QHOODVHFRQGDLOFRUSRIXQJHGDVWUXPHQWRLQFXLORVSLULWRGLYLQRDOEHUJD
viene abitato dalla divinità e dunque, se i torimono sono tramite della discesa, il corpo è ricettacolo dell’azione di invasamento (kamigakari).
,QRJQLFDVRODGDQ]DDFFRPSDJQDWDGDPXVLFDHFDQWRVLSUR¿ODFRPH
strumento di distruzione/scomposizione per garantire poi la riconquista dell’ordine naturale e approssima corpo e mente alle radici cosmiche nella ricongiunzione di una struttura a tre strati tra mondo celeste, mondo terreno e mondo sotterraneo, che tuttavia in Giappone non ha una verticalità bensì una sorta di contiguità orizzontale tra le due/tre dimensioni.
0DVHORVFLDPDQHVLPRLQ*LDSSRQHDGLIIHUHQ]DGLTXHOORFRQWLQHQWDOH
PHQRSURSHQGHYHUVRLO³YLDJJLRHVWDWLFRPLVWLFR´GLDVFHVDSHUO¶LQFRQ- tro con la divinità, il raggiungimento di stati di estasi, quanto piuttosto è proiettato verso il richiamo della divinità a discendere, a impadronirsi del medium e parlare attraverso di esso, portare la sua energia, sin dall’anti- chità il ruolo prevalente di mediatore tra esseri umani, spiriti e divinità, FWRQLHSLFKHXUDQLHFRQHQWLWjVRSUDQQDWXUDOLDQLPHGHLGHIXQWLULPDQH
DI¿GDWRDOOHGRQQHÊDOODGRQQDFDSDFHGLGDUHODYLWDFKHYDDQFKHOD
SUHURJDWLYDGLVYROJHUHODIXQ]LRQHSULPDULDHYLWDOHULFUHDWLYDQHLULWXDOL
FKH JDUDQWLVFRQR O¶HTXLOLEULR GHO FRVPR OD IHUWLOLWj H OD SURWH]LRQH GHOOD
comunità. E le cerimonie del kaguraVLIRQGDQRSURSULRVXFDQWRHGDQ]D
richiamare la divinità, calamitarne le energie, preservandole, trattenendole e rivitalizzandole tramite l’agitazione, il raggiungimento per ecceitazione e incantamento della trance per giungere a vaticinio-oracolo e per risuscitare la vitalità di natura e uomini.
$I¿RUDQRFRVuLQSDUWHOHSHFXOLDULWjGHOOHmiko giapponesi (con simi- larità con quelle coreane)e le peculiarità dello shamanesimo giapponese.
20 6$,7ƿ6KƗPDQL]XPXWRZDQDQLND, p. 18 (14-31).
21 M. RAVERI, Il pensiero giapponese classico, Torino, Einaudi, 2014, pp. 37-42.
Sembrano queste le radici speciali e privilegiate della danza nel nuovo assetto del Giappone: le arti di musica e danza, come in tutto l’oriente, sono arti create dagli dei, arti apprese dagli dei, portatrici di armonia tra GHLHXRPLQL8QRGHLULWLIRQGDQWLKDDOFHQWURSURSULRODGDQ]DLOEDWWLWR
GHLSLHGLO¶DJLWDUHGLXQ¶DVWDRDOWURRJJHWWROXQJRHDIIXVRODWRFRQVWHOL
di bambù, tralci, rami di sakaki VRQDJOL VWULFH R IDVFH GL FDUWD nusa), archi, spade, lance, ventagli ecc. (torimonoDO¿QLGLIDUFDODUHOHGLYLQLWj
(kamioroshiIDUVLLPSDGURQLUHGDHVVHLQUDSLPHQWRkamigakari) e risve- gliarne le energie vitali (kamifuri).
'¶DOWURFDQWRLQHSRFDVXFFHVVLYDDYYLHQHXQWUDVIHULPHQWRGLWDOLSRWHUL
VFLDPDQLFLRUDWDXPDWXUJLFLSLFKHGLYLQDWRULDQFKHVX¿JXUHPDVFKLOL
che, oltre a pratiche di meditazione e opportune discipline ascetiche, ricor- URQRDGDOWULVWUDWDJHPPLVWUXPHQWLDUWL¿FLSHUUDJJLXQJHUHLOORURVFRSR
oltre agli oggetti, o l’arco di catalpa, impiegati dalle sciamane, essi ricor- rono all’uso della maschera, pratiche magico-ascetiche di preparazione e SXUL¿FD]LRQHIRUPXOHPDJLFKHGLVFRQJLXURPDVHPSUHFRQFDQWRHGDQ]D
come elementi portanti e irrinunciabili.
4. DANZAMUSICAECANTO: MAIACORTE, NELLEPROVINCE, NELTERRITORIO
Il termine mai ⯙ൺ trova il suo etimo nel verbo mau, mawaru ᘔࡿ,
³UXRWDUH´³JLUDUHLQWRUQR´RVVLDXQ¶D]LRQHLPSHUQLDWDVXXQPRYLPHQWR
URWDWRULR FKH KD LO VXR IRQGDPHQWR LQ XQ DQGDPHQWR FLUFRODUH H RUL]
]RQWDOHQRQVREEDO]DQWHEHQVuXQPRYLPHQWRIRQGDWRVXOSDVVRXQ¶DQ- datura a contatto con il suolo (e la percussione dello stesso). Le danze FKH GDL SULPRUGL JLXQJRQR ILQR DO SHULRGR PHGLHYDOH Yamato mai
ೖ⯙ o gosechi no mai ⠇⯙, danze guerriere come Kume mai
22 'DQ]HG¶HSRFDDQWLFDRULJLQDULHGHOO¶DUHDGL<DPDWRDFFROWHDFRUWHHHVHJXLWHDQWLFDPHQWH
LQRFFDVLRQHGHO'DLMǀVDLFHOHEUD]LRQLGHOO¶DVFHVDDOWURQRGHOQXRYRLPSHUDWRUHRLQIHVWLYLWj
SUHVVRVDQWXDULVKLQWǀ/DWUDGL]LRQHLQVHJXLWRDLGLVRUGLQLGHOO¶HUDƿQLQqVWDWDLQWHU- URWWDHSRLULSULVWLQDWDDSDUWLUHGDO'DLMǀHGHOHRUDHVHJXLWDRJQLDQQRDO&KLQNRQVDLGL
novembre. Tra le danze tramandate nei santuari si annoverano quella al santuario di Ise, danzata da miko, e quella al santuario Kasuga di Nara, eseguita invece da sacerdoti. I danzatori, in nu- PHURSDULRJJLLQJHQHUHTXDWWURPDXQWHPSR¿QRDQFKHDYHQWLLQXQSURFHVVRGLLQÀXVVLGHO
gagaku, si muovono recando in mano un ramo di sakakiDFFRPSDJQDWLGDXQFDQWRUHXQÀDXWR
un hichiriki e un wagon (cetra antica giapponese): GUNJI MASAKATSU (ed.), 1LKRQ EX\ǀ MLWHQ, 7ǀN\ǀ7ǀN\ǀGǀVKXSSDQS
23 'DQ]DIHPPLQLOHFKHVLGLFHULVDOHQWHDGDOORUFKpDOO¶LPSHUDWRUH7HQPXኳṊኳⓚ (?-686), LQ ULWLUR SUHVVR XQD VXD YLOOD D <RVKLQR PHQWUH VXRQDYD LOkoto sarebbe apparsa una creatura FHOHVWHFKHGDQ]DQGRIHFHYROWHJJLDUHHULYROWDUHSHUFLQTXHYROWHOHPDQLFKHGHOODYHVWHPDOD
SULPD DWWHVWD]LRQH ULVDOLUHEEH LQYHFH DOO¶LPSHUDWRUH 6KǀPX ⪷Ṋኳⓚ (701-56) nel 742 sotto la denominazione gosechi tamai, e in tal caso apparirebbe come danza di propiziazione del UDFFROWRHVHJXLWDGDIDQFLXOOHDOO¶LQL]LRGHOQXRYRDQQR7UDLPROWLHYHQWLFKHLOOXVWUDQRODYLWD
degli eventi stagionali di corte, a corte viene comunque celebrata nell’undicesimo mese, in oc-
ஂ⡿⯙ o gli Hayato mai 㞙ே⯙, o gli antichi Surugamai 㥴Ἑ⯙, ma anche i tamai ⏣ൺ, che emergono e preservano le radici popolari, VRQRLQJHQHUHGHVLJQDWLSURSULRFRQTXHVWDYRFH6RQRTXHVWHPDQLIH- VWD]LRQLGLIHQRPHQLFRUHXWLFLDXWRFWRQLORFDOLUHJLRQDOLFKHQHOODIDVH
GL FRQVROLGDPHQWR GL XQ SRWHUH FHQWUDOH IRUWH YHQJRQR DFFROWL ULDV- sorbiti nella capitale e eseguiti come tributo a celebrazione degli eventi stagionali e rituali salienti che scandiscono la vita della corte imperiale e che vengono dunque inclusi quale patrimonio comune nel repertorio del
FDVLRQHGHO'DLMǀHRGHO1LLQDPHVDLULVSHWWLYDPHQWHGDFLQTXHHTXDWWURIDQFLXOOHDFFXUDWDPHQWH
prescelte tra la nobiltà di corte di alto rango e poi anche di ranghi minori, guidate e addestrate DOO¶HYHQWRSHUHVLELUVLDOFRVSHWWRGHOO¶LPSHUDWRUHLQFRVWXPLGLVWUDRUGLQDULRVIDU]RFRQXQYHQ- taglio di cipresso giapponese hinoki (KLǀJL ᷓᡪ) in genere in cinque brani. Il termine gosechi no mai (danza di cinque melodie) richiamerebbe i cinque ribaltamenti di maniche della creatura celeste della leggenda o meglio le cinque melodie di tonalità diverse dispiegate dall’accompa- gnamento di wagon ÀDXWR hichiriki e la reiterazione dei versi del canto (GUNJI, 1LKRQ EX\ǀ
jiten, p. 156).
24 Danza di battaglia ma anche ricorrente e adatta ai conviti di corte e in epoca Heian eseguita GDPHPEULGHOFDVDWRGHJOLƿWRPRQHO'DLMǀVDL,YHUVLGHOFDQWRHODGDQ]DULVDOLUHEEHURDOOD
campagna verso oriente del mitico primo imperatore Jinmu ⚄Ṋኳⓚ e sarebbe poi stata tra- PDQGDWDSHUPXVLFDHFRUHRJUD¿DGDLFDVDWLGLƿWRPRక e Saeki బ, che con una ventina di rappresentanti ciascuno l’avrebbero eseguita anche alla cerimonia di apertura degli occhi GHO JUDQGH %XGGKD GHO 7ǀGDLML D 1DUD /D WUDGL]LRQH VL VSH]]D LQ HSRFD PHGLHYDOH PD YLHQH
ULSUHVD QHO H TXLQGL JLXQJH ¿QR D RJJL QHL ULWL GL DVFHVD DO WURQR GUNJI, 1LKRQ EX\ǀ
jiten, p. 136).
25 Hayato mai VDUHEEH XQD GDQ]D GHOOD SRSROD]LRQH GHJOL +D\DWR QHO VXG GHO .\njVKnj 6RW- WRPHVVLVL DO SRWHUH FHQWUDOH IXURQR GHVWLQDWL D IRUQLUH JXDUQLJLRQL SHU OH JXDUGLH GL FRUWH H OD
GDQ]DIXLQWURGRWWDLQRFFDVLRQLGHOODYLWDGLFRUWHFRPHODSUHVHQWD]LRQHGHLWULEXWLLPSHULDOLR
QHO'DLMǀVDL(VHJXLWDGDGXHGDQ]DWRULGXHFDQWRULGXHHOHPHQWLDOkotoXQRDOÀDXWRGXHDO
EDWWLWRGHOOHPDQLHFFVHPEUDDYHUDYXWRFDUDWWHUHLPLWDWLYRTXDVLXPRULVWLFRODUDI¿JXUD]LRQH
GHOO¶DQQHJDPHQWRGHOSURJHQLWRUH8PLVDFKLKLNRQHOSURIRQGRGHOPDUHVHFRQGRDOWULLQYHFH
JXHUUHVFR FRQ O¶XVR GL VFXGL SXUWURSSR OD WUDGL]LRQH q DQGDWD SHUGXWDV¶q LQWHUURWWD LQ HSRFD
medievale (GUNJI, 1LKRQEX\ǀMLWHQ, p. 332).
26 Ne risulta attestazione nel 0DNXUD QR VǀVKL ᯖⲡᏊ FD GL 6HL 6KǀQDJRQ Ύᑡ⣡ゝ H QHO Qǀ Hagoromo ⩚⾰sono accostati agli Azuma asobi ᮾ㐟 (Divertimenti d’oriente), ossia danze popolari originarie delle regioni d’oriente che accolte a corte hanno VXELWR O¶LQÀXVVR GHO gagaku. Secondo la leggenda sarebbero state tramandate dai Michimori su imitazione della danza di una creatura celeste apparsa sulla spiaggia di Udo nella regione di Suruga (l’attuale area di Shizuoka). Ne risultano attestazioni nel 763 o nelle celebrazioni GL VXIIUDJLR GHO JUDQGH %XGGKD GHO 7ǀGDLML GL 1DUD QHO H SRL FHOHEUDWH H RIIHUWH LQ YDUL
VDQWXDULLQJHQHUHGDOOHJXDUGLHRIXQ]LRQDULGLFRUWH'RSRXQSHULRGRGLREVROHVFHQ]DVRQR
VWDWHULSUHVHQHOODWDUGDHSRFD(GR;,;VHF2JJLVRQRHVHJXLWHGDTXDWWURGDQ]DWRULDFRUWH
e presso importanti santuari con accompagnamento del battito di legni (shakuÀDXWRhichiriki, wagon e canto, in una sequenza di brani in un andamento circolare (GUNJI, 1LKRQEX\ǀMLWHQ, pp. 9-10).
27 Danze delle risaie, danze popolari legate ai riti di coltivazione del riso. La più antica attesta- zione, nel Nihon shokiIDULIHULPHQWRDXQ¶HVHFX]LRQHQHOTXLQWRJLRUQRGHOTXLQWRPHVHGHO
sotto l’imperatore Tenji ኳᬛኳⓚ (625-671). Danza di trapianto delle piantine di riso veniva HVHJXLWDQHOODFRUWHQHO'DLMǀHSHURSHUDGLGDQ]DWRULGHOPLQLVWHUGHOJDJDNXPDGRSRXQDIDVH
GLLQWHUUX]LRQHYLHQHULSULVWLQDWDQHO'DLMǀHGHOSHUSRLSHUGHUQHGH¿QLWLYDPHQWHO¶XVDQ]D
$OVDQWXDULR6XPL\RVKLGL2VDNDYLHQHWUDPDQGDWDLQXQDIRUPDHVHJXLWDGDmiko (GUNJI MASA-
KATSU, 1LKRQEX\ǀMLWHQ, pp. 243-244).
gagaku 㞞ᴦOD³PXVLFDFRUWHVH´GHOO¶DULVWRFUD]LDUDGXQDWDVLLQWRUQRDOOD
¿JXUDGHOO¶LPSHUDWRUH.
Ma la voce mai H LO VLQRJUDPPD GL IDWWR VL WURYD LPSLHJDWD DQFKH
SHUULIHULUVLDJHQHULGLPXVLFDHVSHWWDFRORGLSURYHQLHQ]DGDOFRQWLQHQWH
dall’Asia centrale come il gigaku ఄᴦ, legato al buddhismo, o dai regni di Corea, Cina, o Sud Est asiatico ecc., come il repertorio del bugaku ⯙ᴦ, FKH DFFRJOLH O¶LQVLHPH YDULR GL FRUHRJUD¿H DOO¶LQWHUQR GHL JHQHUL UDSSUH- VHQWDWLYLQHOODFRUWHLPSHULDOHGHOSHULRGR+HLDQFRVuFRPHOHGDQ]H¿RULWH
nei grandi complessi templari buddhisti, ennen no mai ᘏᖺࡢ⯙ o altro.
2 DQFRUD FRQ WDOH FDUDWWHUH FL VL ULIHULVFH DOOH PDQLIHVWD]LRQL FRUHXWLFKH
all’interno del sangaku ᩓᴦ, giunto dal continente, che si riversano nel grande corso del sarugaku ⊷ᴦ, ove è incluso il complesso multicolore GHOOHDUWLGHOORVSHWWDFRORSLYDULH¿QRDFRQÀXLUHDOOHVRUJHQWLGHOQǀR
GHON\ǀJHQ
7XWWDYLD FRPH VX GHVFULWWR WDOH PRYLPHQWR URWDWRULR q IRUPD EDVH
FKHDIIRQGDOHVXHUDGLFLLQXQDPDWULFHULWXDOHPDJLFRUHOLJLRVDFKHKD
l’archetipo della danza giapponese nella celebre esibizione di Ama no iwayato descritta in Kojiki e Nihonshoki e dunque del kagura. Inizia così dal tamafuri e tamashizume, con movimenti magico-propiziatori (il bat- tito dei piedi) e tale pregnante valore rituale è la sorgente primordiale e originaria della danza che va diramandosi e espandendosi scandita nelle SLGLYHUVHPDQLIHVWD]LRQLGHOODYLWDGHOO¶XRPR&RVuFRPHYHGLDPRQHOOH
danze di miko/sciamane (mikomai ᕩዪ⯙), nel miko kagura le danze HVHJXLWHGDVDFHUGRWHVVHSUHVVRLVDQWXDULVKLQWǀGHOOHGLYHUVHUHJLRQLVL
imperniano su un movimento circolare in riti di richiamo e sollecitazione delle divinità, con l’uso di torimono, ossia oggetti come ventagli, rami di sakakiFDPSDQHOOLVSDGHHYHQJRQRHVHJXLWHFRPHSUHJKLHUDHRIIHUWDDOOD
divinità (KǀUDNX ἲᴦ). Come detto, essendo inscenate come cerimoniali GLLQYDVDPHQWRDQFKHVHRUPDLIRUPDOL]]DWHVWLOL]]DWHHHVWHWL]]DWHKDQQR
la particolarità di porre al centro un esecutore/attore/danzatore wazaogi, in tal senso sono danze di singoli (o singoli multipli in numero plurale), e di essere eseguite come cerimoniali dovuti a specialisti (sciamane/i, sacer- GRWHVVHVDFHUGRWLHTXHVWDVLSXzGH¿QLUHODWRQDOLWjEDVHGHOmai. Sono GDQ]HGLIRUWHYDOHQ]DPDJLFRHVRUFLVWLFDFKHFRQJHVWLDIIDWWRGLYHUVLGD
TXHOOLGHOODTXRWLGLDQLWjVLIRQGDQRVXDWWLFKHULFKLDPDQRFRVFLHQWHPHQWH
la divinità/spirito, cercano con il movimento del corpo una comunicazione
28 Per gagaku si rinvia a: D. SESTILI, 0XVLFDHGDQ]DGHOSULQFLSH*HQMLOHDUWLGHOORVSHWWDFROR
nell’antico Giappone, Lucca, LIM, 1996 e B. RUPERTI, Storia del teatro giapponese, Dalle ori- JLQLDOO¶2WWRFHQWR9HQH]LD0DUVLOLRSSRUPERTI, Storia del teatro giapponese, 'DOO¶2WWRFHQWRDO'XHPLOD, pp. 31-37.
29 Per i numeri vari che rientravano negli ennen si rinvia a: RUPERTI, Storia del teatro giapponese, 'DOOHRULJLQLDOO¶2WWRFHQWR, pp. 54-56.
scambio con le divinità, perseguono l’invasamento, la possessione. Sin dai primordi canto e danza sono metodi di preghiera/rito per richiamare lo spi- ULWRGHOODGLYLQLWjRRIIHUWHGHVWLQDWHDLQWUDWWHQHUHODGLYLQLWjHLQTXHVWR
valore si riconosce il nucleo originario dell’arte coreutica.
Sul versante popolare nel territorio e nelle realtà locali, nei villaggi, strettamente connesse con la coltura del riso sono le danze tamai e taasobi
⏣㐟,QTXHVWHVLULFRQRVFRQROHRULJLQLGHOOHSULPHIRUPHDXWRFWRQHGL
spettacolo che si accompagnano alla risicoltura, sistema agricolo-econo- PLFRGLYHQXWRIRQGDQWHSHUODVXVVLVWHQ]DGHOOHSRSROD]LRQLQHOO¶DUFLSHODJR
JLjGDOO¶HSRFD<D\RLᘺ⏕௦ (III-II sec. a.C.) in risaie, o addirittura il WDUGR-ǀPRQ⦖ᩥ௦RVVLDLO,9VHFD&PDIRUVHVXWHUUHQRDVFLXWWR
/H ³GDQ]H GHOOH ULVDLH´ DO VXRQR GL ÀDXWR H WDPEXUR DFFRPSDJQDQR LO
trapianto del riso allo scopo di ingraziarsi la protezione delle divinità, di VXVFLWDUQH OH HQHUJLH GL ULYLYL¿FDUQH OD SRWHQ]D IHFRQGDWULFH IDYRUHQGR
OD SURVSHULWj GHO UDFFROWR WUDPLWH LO ULFKLDPR GHOOH GLYLQLWj FWRQLH IRUPH
SHUIRUPDWLYHFRPHVXDFFHQQDWRSUHVWRDFFROWHDFRUWHWUDOHFHULPRQLHSHU
l’incoronazione imperiale. I taasobi ³LQWUDWWHQLPHQWL GHOOH ULVDLH´ VRQR
rituali in genere eseguiti a capodanno da personaggi mascherati che riper- corrono, imitandoli, i gesti del ciclo agricolo per auspicarne l’abbondanza attirando l’energia vitale della divinità sulle colture, approdando in seguito LQ IRUPD SL FRPSOHVVD DO dengaku ⏣ᴦ (musica- divertimento delle risaie)$QFKHTXHVWHIRUPHGLVSHWWDFRORVLUDGLFDQRGXQTXHVXOWHUULWRULR
nelle celebrazioni rituali, e in particolare nelle sagre stagionali legate ai FXOWLVKLQWǀ⚄㐨, di intrattenimento destinate alle divinità e alla comunità.
Su analogo humus trova le sue radici il dengaku (musiche delle risaie) che RJJLFRPSUHQGHLQVHQVRODWRXQDSOXUDOLWjGLPDQLIHVWD]LRQLQHOO¶DPELWR
GHOOHDUWLSHUIRUPDWLYHIRONORULFKHPXVLFKHHVHJXLWHFRQFUHWDPHQWHLQDF- compagnamento al trapianto del riso (taue ⏣᳜), in cui i canti di lavoro e i suoni strumentali scandiscono dunque a ritmo binario i movimenti delle GRQQHDGGHWWHDTXHVWDLPSRUWDQWHRSHUD]LRQHLOtaasobi in cui prevale il YDORUHYDWLFLQDWRULROHPROWHSOLFLDUWLGHOORVSHWWDFRORHFRUHRJUD¿HQRWH
come dengaku odori ⏣ᴦ㌍HVHJXLWHHVYLOXSSDWHGDDUWLVWLSURIHVVLRQLVWL
i GHQJDNXKǀVKL ⏣ᴦἲᖌ. Sia le prime sia quest’ultime, proprio attraverso ODVSHFLDOL]]D]LRQHGHJOLDUWLVWLLQFDULFDWLVLVYLOXSSHUDQQRLQIRUPHVSHW- WDFRODULGLV¿ODWHULFFKHHDGGREEDWHSHUOHYLHFLWWDGLQHIXU\nj 㢼ὶ) o in IRUPDDQFKHGLWHDWURGLUDSSUHVHQWD]LRQHHQWUDQGRLQFRPSHWL]LRQHFRQLO
sarugakuHGXQTXHLOQǀ
30 ,ELG, pp. 29-33. M. IIDA, 'HQJDNXNǀ'HQJDNXPDLQRJHQU\nj.\ǀWR5LQVHQVKRWHQ
pp. 29-33.
31 Si noti come per il dengaku si impieghi anche la voce odori: dengaku odori. RUPERTI, Storia GHOWHDWURJLDSSRQHVH'DOOHRULJLQLDOO¶2WWRFHQWR, pp. 29-33.
5. DANZAEMASCHERA, RITIAPOTROPAICIEMANIFESTAZIONIDELDIVINO
D’altro canto, in maniera distinta, si può individuare anche una corrente coreutica mai che, come possiamo riconoscere in 2NLQD ⩝, vede la ma- QLIHVWD]LRQHGHJOLVSLULWLGLGLYLQLWjRGLDQWHQDWLDOFHQWURGLLQWHQVLULWXDOL
agricoli che dall’antichità sono venuti sacralizzandosi in quanto cerimoniali atti a pregare per la pace e la prosperità, impetrare e propiziare concordia e DEERQGDQ]DGLPHVVLGHL³FLQTXHFHUHDOL´QHOO¶LPSHURH¿QRDRJJLVLVRQR
WUDPDQGDWL LQ PDQLHUD PXOWLIRUPH QHOOH DUWL GHOOR VSHWWDFROR WUDGL]LRQDOL
Così, come è tipico di ogni cultura agraria, anche nella cultura greca l’inno cantato, che sul piano religioso diviene una richiesta o supplica, si pone in VWUHWWDUHOD]LRQHFRQODGDQ]DVFDQGHQGRQHODYLWDUHOLJLRVDKDODIXQ]LRQH
GLLQYRFDUHODSURWH]LRQHGHJOLGHLGLDOORQWDQDUHVSLULWLRHIIHWWLPDOLJQL
GL VWLPRODUH H IDYRULUH XQ FDPELDPHQWR FDGXWD GHOOD SLRJJLD LQ FDVR GL
siccità, propiziazione del raccolto, allontanamento di pericoli di danni o parassiti ecc.), di stringere i vincoli che uniscono gli dei ai partecipanti.
,QTXHVWR³EUDQRVDFUR´2NLQD, eseguito dai tre ruoli di 2NLQD (un tempo preceduto da &KLFKLQRMǀ ∗ᑚ, danza di vecchio oggi omessa), Senzai
༓ṓ¿JXUDGLJLRYDQHFKHLQJHQHUHSRUWDLOEDXOHFRQWHQHQWHOHPDVFKHUH
e danza la danza dei mille anni, Senzai no mai) e 6DQEDVǀ ୕␒ཽ, si PDQLIHVWDLOYDORUHDXJXUDOHSURSL]LDWRULRDSRWURSDLFRFKHqDOOHRULJLQL
HDOOHUDGLFLGHOULWRHGHOORVSHWWDFRORQHOQǀHQHOOHDUWLVFHQLFKHJLDSSR- nesi e, come testimonia anche Zeami nei trattati, in quanto tale occupa nel UHSHUWRULRXQSRVWRHXQWUDWWDPHQWRFHULPRQLDOHDIIDWWRVSHFLDOHQHOVXR
YDORUH VDFUR QHOO¶XVR GL IRUPXOH PDJLFRLQFDQWDWRULH QHOO¶XVR VSHFLDOH
delle maschere (che vengono portate in una scatola e indossate apposita- mente in scena per le danze preposte) quasi che, tramite esse, gli artisti si WUDVIRUPDVVHURLQGLYLQLWjIDYRULVVHURODGLVFHVDHODPDQLIHVWD]LRQHGHOOD
divinità, ne attirassero la protezione e la garanzia di preservazione di pace e SURVSHULWjQHOODIRUWHYDOHQ]DGXQTXHGLLQWUDWWHQLPHQWRGHOOHGLYLQLWjHGH- JOLXRPLQLLQXQ¶DWPRVIHUDGLDUPRQLDHDXJXUDOLWjFKHGRYUHEEHDYYROJHUH
il cosmo, il paese, il luogo, gli astanti. Secondo le interpretazioni di alcuni studiosi, le danze dei jushi ࿚ᖌ (maestri di scongiuri) nei riti in ambito buddhista DYUHEEHUR DYXWR OD IRUPD SL DQWLFD H RULJLQDOH QHOOD GDQ]D
del vecchio con maschera nera (6DQEDVǀ), segno del volto abbronzato del FRQWDGLQR R IRUVH GHOOH GLYLQLWj GHOOD WHUUD PHQWUH LO YHFFKLR GDO YROWR
bianco (2NLQD FRPXQTXH LQ TXDQWR WDOH PDQLIHVWD]LRQH GHOOD ORQJHYLWj
HGXQTXHGHOEXRQDXJXULRVDUHEEHXQDYHUVLRQH³QRELOLWDWD´VXFFHVVLYD
segno di una sovrapposizione del potere centrale, imperiale e aristocratico di corte, sul substrato religioso dei singoli culti locali.
32 Su 2NLQD: RUPERTI, 6WRULDGHOWHDWURJLDSSRQHVH'DOOHRULJLQLDOO¶2WWRFHQWR, cit., pp. 53-54.
33 Ibid., p. 53.
Orikuchi Shinobu ᢡཱྀಙኵ (1887-1953) in 2NLQDQRKDVVHL ⩝ࡢⓎ⏕, DIIURQWDQGR DQFKH LO WHPD GL sarugaku e dengaku, ipotizza l’esistenza, SULPD GHOOD IRUPD]LRQH GL XQR VWDWR QD]LRQDOH GHOOD IHGH R FXOWR QHL
FRQIURQWLGHOODGLYLQLWjTokoyogami ᖖୡ⚄ (ࢺࢥ࣑ࣚ࢞) quale divinità che giungeva dall’aldilà, da oltre il mare, come immagine dell’abitante del mondo dell’eternità ᖖୡேHGHJOLFKLDPDTXHVWH¿JXUHGLYLQHSURYHQLHQWL
dal mare marebito ࣐ࣞࣅࢺ 4XHVWL DOO¶LQL]LR HUDQR ULWHQXWL ¿JXUH FKH
portavano l’avvento della primavera ma poi si credette che le loro visite avvenissero al passaggio di ciascuna stagione, essi si stanziassero nel SURIRQGRGHOOHPRQWDJQHGLYHQWDQGRDELWDQWLGHOOHPRQWDJQHHTXLQGLGL- vinità/numi della montagna. In realtà questo passaggio all’immaginazione/
credenza del regno del tokoyo come collocato tra i monti è motivato dal SURJUHVVLYRWUDVIHULPHQWRGHOOHSRSROD]LRQLGHOOHFRVWHYHUVRODUHVLGHQ]LD- lità nelle montagne. Sarà dunque il messaggero della divinità o la divinità stessa della montagna che scende verso il villaggio abitato dagli umani e la matrice/archetipo di questa divinità è okina, il vecchio. La divinità della PRQWDJQDFKHPDQLIHVWDQGRVLHVFHQGHQGRSHUOHVXHYLVLWHGDLPRQWLLQ
VHJXLWRGLYLHQHLOGLRFKHYLYHHULVLHGHQHOVDQWXDULRVKLQWǀGHOYLOODJJLR
,Q TXHVWL SDVVDJJL VL ULÀHWWH DQFKH O¶DUFR GL WHPSR GHO SDVVDJJLR GHJOL
abitanti del Giappone dall’epoca della caccia all’epoca dell’agricoltura VWDQ]LDOH,ULWLVDFULFKHPDQLIHVWDQRTXHVWRWUDSDVVRVDUHEEHUROHGDQ]H
2NLQD. La maschera di Okina viene trattata come corpo divino e la danza GL2NLQDYLHQHHVHJXLWDFRPHFHULPRQLDGHOODIHVWDFXOWRGLUHTXLHPSHU
le anime (chinkon 㙠㨦) e di propiziazione della prosperità delle messi dei cinque cereali. Tali rituali sacri arricchendosi del valore esorcistico magico del jushi sarugaku diventano poi okina sarugaku.
L’attore-danzatore in 2NLQD dunque, indossando la maschera da vec- FKLR GLYHQWD PDQLIHVWD]LRQH GHOOD GLYLQLWj HSLIDQLD R GHJOL VSLULWL GL
SURJHQLWRULDQWHQDWLGLYLQL]]DWLWUDPLWHODPDVFKHUDLOGDQ]DWRUHQHqSRV- VHGXWRRVLWUDVIRUPDQHOODGLYLQLWjVWHVVDSXzPRVWUDUHO¶LQYLVLELOHGDUH
visibilità alla sua sembianza di vecchio, con il suo sorriso antico, e divenire PHVVDJJHUR H SRUWDWRUH GL OXQJD YLWD IRUWXQD SURVSHULWj H SDFH QHO ORUR
eterno reiterarsi nelle stagioni, vecchio che allontana i mali e benedice gli DVWDQWLFRQDXVSLFLIRUPXOHDXJXUDOLHGDQ]D
,Q FRQWURFDQWR LO SHUVRQDJJLR GL 6DQEDVǀ SULPD GL LQGRVVDUH OD PD- schera, auspica che la gioia presente in questo momento e luogo non debba IXJJLUHYHUVRO¶HVWHUQRHLQVFHQDXQDGDQ]DPRYLPHQWDWDmomi no dan ᥣࡳࡢẁ GL SXUL¿FD]LRQH GHOOR VSD]LR VDFUR GHO SDOFRVFHQLFR TXLQGL
indossata la maschera del vecchio nero (NRNXVKLNL Mǀ 㯮Ⰽᑚ), dopo un dialogo con il portatore del baule delle maschere Senzai, esegue il suzu no
34 S. ORIKUCHI, 2ULNXFKL6KLQREX]HQVKnjYRO7ǀN\ǀ&KnjǀNǀURQVKD
dan 㕥ࡢẁVFHQDGHLVRQDJOLIHVWHJJLDQGRODFRQWLQXLWjSHUHQQHHO¶HWHU
QLWjDXJXUDOHGHOODIDXVWDJLRUQDWDSUHVHQWHPRVWUDHPLPDFRQLVRQDJOL
gesti di aspersione e semina, quindi, togliendosi la maschera, esce di scena.
6. ILCORPOEISUOISTRUMENTI: UOMO, SPAZIOSACROENATURA
,QWDOHFRQWHVWRFDQWRHGDQ]DVLFRQ¿JXUDQRFRPHWHFQLFKHGLULFKLDPRH
comunicazione con il divino, in un dialogo con le divinità e con l’universo, RFRPHHYHQWRGLHSLIDQLDGHOQXPHSURJHQLWRUHRGLYLQLWjGHOODPRQWDJQD
HODUJLWRUHGLEHQH¿FLLQXQDVLQWRQLDFKHVLFHOHEUDFRQVXPDHGHVSDQGH
tra il cosmo naturale e umano, tra macrocosmo della natura (di cui le GLYLQLWjVRQRPDQLIHVWD]LRQLHPLFURFRVPRGHOODFRPXQLWjXPDQDHGHO
corpo del danzatore.
Sui legami tra danza e cosmologia, sulle correlazioni tra movimenti GHJOLDVWULQHO¿UPDPHQWRGHOODYROWDFHOHVWHVXOO¶DUPRQLDULFHUFDWDHULDI
IHUPDWDWUDPDFURFRVPRHPLFURFRVPRVFULYRQRL¿ORVR¿GHOOHWUDGL]LRQL
d’oriente e occidente e registrano gli studiosi della danza.
In un contesto religioso in cui, prima ancora della costruzione di luoghi VDFUL LQ IRUPD GL HGL¿FLR DUFKLWHWWRQLFR VHFRQGR LO PRGHOOR SULPRUGLDOH
delle costruzioni lignee con tetto a capanna, i primi siti del sacro sono ele- menti naturali all’aperto nel contesto naturale, come grandi alberi (goshin- boku ᚚ⚄ᮌ albero sacro, ad es. il nageia nagi di Kumano, la cryptomeria japonicaGL0LZDHPROWLDOWULURFFHLPSRQHQWLFDVFDWHIRUHVWHVFRJOL
marini, montagne: come accade al santurario del monte Miwa o a Kumano, sono proprio gli elementi naturali primari a essere luoghi sacri in cui si riconosce l’albergare delle divinità, degli spiriti con le loro energie vitali.
/DIHGHHLOFXOWRDXWRFWRQRULFRQRVFRQRSRLLOULVLHGHUHGHOODGLYLQLWj
LQRJJHWWLGDDOEHULURFFHPRQWDJQHDVSHFFKLJHPPHIUHFFHVSDGHR
lance, immagini o altro, designati e riconosciuti come corpo della divinità (shintai ⚄య) e tali esseri inanimati, oggetto di venerazione, con la costi- WX]LRQHGLHGL¿FLSUHSRVWLYHQJRQRVSHVVRULSRVWLQHOFXRUHLQDFFHVVLELOH
GHLVDQWXDULVKLQWǀLQPDQLHUDVLPLOHDO sancta sanctorum o ancora a naos e adyton dei templi greci.
Nella danza-rito dinamicamente la divinità si deposita anche prov- visoriamente sul torimono H DO¿QH YLHQH D RVSLWDUOD LO FRUSR GHOO¶DWWRUH
VKDPDQR FKH IXQJH GD ULFHWWDFROR H VWUXPHQWR GL FRPXQLFD]LRQH FRQ LO
divino. Il corpo dell’attore che si invasa, impossessato da spiriti e divinità, KDFRVuLOGRQRGLSUHVHQWLUHHLQGRYLQDUHQHSURIHULVFHOHSDUROHVHQWHQ]H
o vaticini.
35 C. SACHS, Storia della danza, Milano, Il Saggiatore, 2015 (1966).
Anche se non il recipiente riverso di Amenouzume, lo spazio in cui si muove la danzatrice shamana è comunque uno spazio magico e limitato, circoscritto e concentrato, e tale tenderà a rimanere nella danza giappo- nese, come osserva con acutezza Gunji, nei kaguraQHOOHPDQLIHVWD]LRQL
IRONORULFKHQHOODGDQ]DGLVDODqQHOFRQYHUJHUHHFRQFHQWUDUVLFHQWULSHWR
GL HQHUJLH FKH VL FDWDOL]]DQR OH IRU]H VDFUH H VSD]LR VDFUR q GXQTXH LO
palcoscenico.
Divinità e spiriti abitano dunque in luoghi e in oggetti su cui si po- sano sostano anche transitoriamente (yorishiro ౫௦, ៰௦) ma talora, se necessario, si ricorre anche a esseri animati che vengono allora chiamati yorimashi (౫ᕩ, ៰ᕩ, ᑹ❺PHGLXPVDFHUGRWHVVHPDDQFKHIDQFLXOOLR
QHOFDVRGLGLYLQLWjWHUULELOLGDWHPHUHHULYHULUHIDQWRFFLFKHDVVRUERQR
VX GL Vp OH FRPSRQHQWL PDOH¿FKH VSLULWL PDOLJQL PDODWWLH R DOWUR H WDOL
IDQWRFFLVLPXODFULVRQRSRLGHVWLQDWLDHVVHUHDEEDQGRQDWLDOOHDFTXHJHW- tati, distrutti.
1HOULWPRGHOODGDQ]DLOFRUSRXPDQRRXQRJJHWWRGLIDWWH]]HXPDQH
H QRQ IXQJH GXQTXH GD PHGLXP miko VKDPDQR IDQFLXOOR R EXUDWWLQR
HFF 1HOOH WUDGL]LRQL SULPLWLYH FRPH PDQLIHVWD $PHQRX]XPH tuttavia qLOFRUSRIHPPLQLOHFKHSLGLRJQLDOWURULFRUUHQGRDtorimono, tralci, IURQGH RJJHWWL DOOXQJDWL GDQ]D H PXVLFD LO VXRQR GHOO¶DUFR GL FDWDOSD
sembra predisposto e incline a giungere alla possessione (K\ǀL). Il corpo IHPPLQLOH q GRWDWR GL VSHFLDOH SURSHQVLRQH H VHQVLELOLWj GHPDQGDWR DOOD
comunicazione con le divinità e spiriti di vivi e di morti, lontani o vicini, DOODFRQJLXQ]LRQHFRQQXELRFRQOHGLYLQLWjHGXQTXHDOOHSURIH]LHDOO¶RUD
colo, ai responsi.
(SSXUH FRPH PDQLIHVWD LO ULWR GL $PHQRX]XPH DQFKH VH QHO ¿QDOH
viene denudandosi, il corpo viene addobbato adeguatamente, con tralci, IUDVFKHUDPLGLEDPEHGXQTXHLOFRVWXPHKDVSHFLDOHULOHYDQ]D$QFKH
VH QHO PLWR JOL DWWULEXWL IHPPLQLOL YHQJRQR SDOHVDWL VXVFLWDQGR WXWWDYLD
IUDJRURVH ULVDWH QRQ q FHUWR OD EHOOH]]D GHO FRUSR QXGR GHOOD WUDGL]LRQH
HOOHQLFDODVXDJLRYLQH]]DHVHQVXDOLWjGDHVVHPHVVLLQULOLHYREHQVuLOIRFXV
qHULPDQHO¶DWWUD]LRQHGHOORVSLULWRYLWDOHVSHFLDOLTXDOLWjGLIRU]DYLWDOH
e valore magico che vengono riconosciuti e attribuiti dunque a vegetali particolarmente rigogliosi dai lunghi tralci, gli steli, i rampicanti di cui l’estendersi protendersi e il verde perenne sono segni(TXHVWRPDQLIHVWD
DI¿QLWj FRQ OD FRQVXHWXGLQH GHOOH PHQDGL R EDFFDQWL LQ DPELWR JUHFR GL
adornarsi, il capo il corpo e il tirso, con sarmenti, palmiti di viti o pampini G¶XYDHJKLUODQGHG¶HGHUHRDOORULLQWUHFFLDWLROWUHFKHSHOOLGL¿HUHDQFKH
VH LQ PDQLHUD R SHU UDJLRQL GLIIHUHQWL FRQQHVVH FRQ LO FXOWR GL 'LRQLVR
36 GUNJI,‘Nobiru’ to ‘kagamu’ to©<DVǀQ$QNRNXEXWǀ'DQFH5HYLHZ-$3$1ª
7-1983, pp. 58-61.
37 .8'ƿ, *HQEX\ǀQRVKLVǀ, p. 22.
GLYLQLWjSROLPRU¿FDGHOODULQDVFLWDHGHOULQQRYDUVLGHOFLFORYLWDOHGL¿RUL
e piante, con una mascherazione che marca comunque un ritorno a una QDWXUDOLWjLVWLQWLYDVHOYDJJLDLUUD]LRQDOHFKHLQSUHGDDOO¶HEEUH]]DIRQWH
GLPHGLD]LRQHWUDXRPLQLHGLYLQLWjSHUVHJXHLQFHVVDQWHIRU]DYLWDOHDQFKH
LQXQFRQWDWWRSLVWUHWWRFRQQDWXUDHGLYLQRQHOO¶XQLRQHFRQLOIUHQHWLFR
ÀXLUHVHOYDJJLRHSHUHQQHFKHWXWWRSHUYDGH(XQRVWHORGLEDPEIURQ- doso, recato tra le mani, come accade alle miko, rimarrà nella tradizione VFHQLFDJLDSSRQHVHGDOQǀDONDEXNLFRPHVHJQRGLXQDFUHDWXUDLQJHQHUH
GRQQDSRVVHGXWDLQYDVDWDRSUHGDGLWXUEDPHQWRHGHOODIROOLD
0DQHOODOXQJDVWRULDGHOWHDWURJLDSSRQHVHLOFRVWXPHODIRJJLDJOLDG- GREELGHOFRUSRFRQJOLDWWUH]]LFRQWLQXHUDQQRDHVVHUHLOIXOFURHVWHWLFR
QRQFHUWRODJLRYDQLOHSHUIH]LRQHGHOFRUSROXGLFRRFFLGHQWDOH
Di contro, il corpo maschile per essere e mostrarsi posseduto dalla divi- QLWjHTXLQGLDQFKHPDQLIHVWDUQHOD¿JXUDKDQHFHVVLWjGLULFRUUHUHDGDOWUL
strumenti, dispositivi magici, quali sono le maschere, appositamente indos- VDWHRHYHQWXDOPHQWHPDQLIHVWDUQHOHLPPDJLQLHOHJHVWDWUDPLWHIDQWRFFL
7XWWDYLDOH¿JXUHIHPPLQLOLGRWDWHGLWDOLSRWHULHGHPDQGDWHDIDUHGD
intermediarie con le divinità e gli spiriti –LQFDUQDWHGDOODPLWLFD¿JXUDGL
Himiko ༝ᘺ (prima metà del III sec.), sovrana-shamana che accentrava VXGLVpSRWHUHUHOLJLRVRHSRWHUHSROLWLFR– via via perdono il ruolo cen- WUDOHFKHHUDORURDVVHJQDWRLQRULJLQHDWDOL¿QLDQFKHDOO¶LQWHUQRGHLFXOWL
VKLQWǀORFDOLWDQWRSLFRQODFUHVFHQWHSRWHQ]DGHOEXGGKLVPRFKHSHU
molti versi preclude l’accesso alle donne) e la congiunzione di questo con lo shintoismo (U\ǀEX VKLQWǀ ୧㒊⚄㐨). Al contempo, con il sempre più LQWHQVRLQWUHFFLRGLFHULPRQLHHIHVWLYLWjGHLVDQWXDULVKLQWǀFRQLWHPSOL
EXGGKLVWLOH¿JXUHGHLVDFHUGRWLHGHLPRQDFLDVVXUJRQRDUXRORGRPLQDQWH
mentre le miko vengono appositamente incaricate solo per danze e rituali circoscritti a singole celebrazioni, alle occasioni di possessione e vaticino.
Fino a limitare la loro presenza, nei riti di corte e nei santuari, a esibizioni GLJLRYDQLIDQFLXOOHLQGDQ]HHVWHWL]]DWHLQFXLJHVWLHPRPHQWLGHOODWUDQFH
estatica sono solo stilizzati, come accade oggi. Ottengono spazio negli HYHQWL FRQ HVLEL]LRQL ORUR ULVHUYDWH PHQWUH OH RULJLQDULH ¿JXUH GL miko FKHIXQJRQRGDPHGLXPYLYHQWHFRQOHGLYLQLWjVLWUDVIRUPDQRFRQYHUWRQR
spesso in arukimiko Ṍࡁᕩዪ (sacerdotesse itineranti) disgiunte dai san- WXDUL R DIIHUHQWL DG DQWLFKL VDQWXDUL ,]XPR .XPDQR HFF PD RUPDL GL
IDWWRVOHJDWHGDOOXRJRGLRULJLQH$TXHVWH¿JXUHGLmiko itineranti discen- derebbero danzatrici-cortigiane quali le VKLUDE\ǀVKLⓑᢿᏊ.
38 H. MISUMI, -RVHLJHLQǀQRJHQU\njNDLUDLVKLNXVHPDLVKLUDE\ǀVKL7ǀN\ǀ.DGRNDZDVKRWHQ
2001, pp. 132-162.
39 RUPERTI, 6WRULDGHOWHDWURJLDSSRQHVH'DOOHRULJLQLDOO¶2WWRFHQWRSS+WAKITA, -RVHLJHLQǀQRJHQU\njNDLUDLVKLNXVHPDLVKLUDE\ǀVKL7ǀN\ǀ.DGRNDZDVKRWHQSS 132-
< OKIMOTO, 5DQEX QR FKnjVHL 6KLUDE\ǀVKL UDQE\ǀVKL VDUXJDNX 7ǀN\ǀ <RVKLNDZD
.ǀEXQNDQSS
$O FRQWHPSR VL LPSRQJRQR QHO FXOWR H QHOOH OLWXUJLH DQFKH ¿JXUH
maschili di shamani/sacerdoti che si esibiscono in riti apotropaici o esor- FLVWLFLVFDFFLDQGRLPSXULWjHVSLULWLPDOLJQLFRQODGLIIXVLRQHGHOEXGGKL- VPR QHL WHPSOL SL LQVLJQL VRWWR OD IRUPD GL jushi, e nei santuari sotto IRUPDGLGDQ]DWRULGHOODGDQ]D2NLQDRDOWULULWLGLSXUL¿FD]LRQH&RPHVX
HVSRVWR LQ IRUPD GL FDQWR H GDQ]D DSSDUH GXQTXH OD GDQ]D FHULPRQLDOH
augurale di 2NLQD, danza del vecchio-divinità portatore di longevità, garante di prosperità, abbondanza e ricchezza del raccolto. Nel caso di 2NLQD la PDVFKHUDVLPDQLIHVWDLQPDQLHUDHYLGHQWHHVVDVWHVVDFRUSRVXFXLULVLHGH
la divinità, strumento di possessione da parte della divinità visitatrice, e TXLQGLPDQLIHVWD]LRQHVWHVVDGHOOD¿JXUDGHOODGLYLQLWjHODUJLWULFHGLIRU- tuna e longevità, che come accennato diventa prerogativa degli attori di sarugaku LQ XQD FUHVFHQWH SURIHVVLRQDOL]]D]LRQH H VSHFLDOL]]D]LRQH GHL
ruoli di esibizione in canti, musiche e danze, ossia negli eventi rituali e VSHWWDFRODULFKHIDFHYDQRGDFRUROODULRDOOHJUDQGLIHVWLYLWjHFHOHEUD]LRQL
UHOLJLRVH QHL FRPSOHVVL WHPSODUL SL LQJHQWL GD 1DUD D .\ǀWR DL OXRJKL
sacri del territorio. Incaricandosi via via dell’esecuzione delle danze 2NLQD presso i vari luoghi di culti locali disseminati nelle province, gli attori-danzatori di sarugaku acquisiscono così sempre maggiore potere e autorevolezza.
,QWDOHFRQWHVWRLOULWRVLWUDVIRQGHVHPSUHSLQHOODGLPHQVLRQHGHOO¶DUWH
SHUIRUPDWLYD GD ULWR PDJLFR WUDVFRORUD LQ VSHWWDFROR RIIHUWR DJOL GHL H
rivolto anche agli uomini. In tale processo si avvia una progressiva este- tizzazione, una graduale elaborazione estetica che vede la maschera al centro, come catalizzatore di energie divine e della magia di possessione- PHWDPRUIRVLHVLDYYDOJRQRDQFKHGLYHQWDJOLRFRVWXPLDFFHVVRULVHPSUH
più preziosi.
La precisione, l’esattezza nella successione dei gesti, la leggibilità e OLPSLGH]]DYLVLELOHGHOULWXDOHVLIDYLHSSLQLWLGH]]DHEHOOH]]DGHOJHVWR
/DOLWXUJLDGHOOD¿JXUDGHLJHVWLGHJOLDWWLVLIDFRUHRJUD¿DO¶HVDWWDVXF- cessione di gesti e movenze di tutto il corpo, oltre che garanzia dell’esatto VYROJLPHQWRHVXFFHVVLRQHGXQTXHGLHI¿FDFLDGHOOHSUHJKLHUHGLDGHJXDWD
rispondenza alle invocazioni, si traduce in bellezza estetica nell’esecuzione.
Se nella tradizione cristiana la danza viene spesso condannata e via via esclusa dalle liturgie, per le possibili compromissioni con la sensualità VHGXFHQWH GHO FRUSR LQ *LDSSRQH LQYHFH QHOOH PLOOH PDQLIHVWD]LRQL GHL
culti e della religiosità locali (sato kagura 㔛⚄ᴦ e mille altri) così come nei riti a corte, del potere centrale (mikagura ᚚ⚄ᴦ e altri), il legame tra UHOLJLRQHHGDQ]DVLPDQWLHQHVDOGDPHQWHIRQGDQWHHFHQWUDOH
40 Ma si veda nel dettaglio: A. TESTA, Storia della danza e del balletto, Roma, Gremese Editore, 2005, pp. 24-27.
'DQ]DHFRUSRQRQVRQRPDLHVFOXVLGDULWLHVSHWWDFROLSHUFKpWUDPLWL
imprescindibili del contatto con il divino. In tal maniera e contesto, ritmo dell’universo e ritmo del corpo si congiungono, si sintonizzano, hic et nunc si elettrizza e ricarica lo spirito vitale che dà vita e respiro a tutte le cose, natura, stagioni, animali e uomini. La danzatrice/danzatore dà corpo HYRFHDOODGLYLQLWjHLQSUHGDDOUDSLPHQWREHQH¿FDJOLXRPLQLPHWWHQGROL
in comunicazione con il mondo degli spiriti divini.
Un unico respiro congiunge tramite musica e danza l’universo naturale, e in oriente musica e danza non si incardinano meccanicamente sul ritmo del battito cardiaco, come accade nella musica occidentale, bensì sul ritmo del respiro, quel respiro che con un’alternanza più lenta e distesa di inspi- razione ed espirazione nella musica orientale palpita e scandisce l’intero mondo naturale e creativo, in un ritmo binario.
7. DANZAPOESIA EMUSICA: DANZAENARRAZIONE, RITMOERACCONTO
Il legame tra canto e danza, che rimane cardine indissolubile nella tradi- ]LRQHFRUHXWLFDHSHUIRUPDWLYDJLDSSRQHVHVLJLRYDGHOODSRHVLDOLQJXDJJLR
che con il suo speciale ritmo, scandito nell’alternanza di 5 e 7 more, è il lin- guaggio per eccellenza con cui si dialoga con i numi, un linguaggio verbale che si avvale del potere magico della parola (kotodama ゝ㟋), con il suo YDORUHDSRWURSDLFRVFDUDPDQWLFRIRUPXOHFDULFKHGLSRWHQ]DGLVFRQJLXUR
VRUWLOHJLRDQDWHPDLQFDQWHVLPRRDOWUR(FDQWRHGDQ]DVRQRLIRQGDPHQWL
GHOOHDUWLGHOORVSHWWDFROR¿QRDOODPRGHUQLWjFRVuQHOODWHRULDWHDWUDOHGL
Zeami nel VDUXJDNXQRQǀ l’arte del teatro si incardina su due pilastri, il monomane ≀┿ఝ PLPHVL SXQWR GL IRU]D GHOOH FRPSDJQLH G¶DWWRUL GL
<DPDWRHbuga nikyoku ḷ⯙᭤ (i due elementi di canto e danza).
7DOH OHJDPH GL SRHVLD FDQWR H GDQ]D DQLPD DQFKH OH FRUHRJUD¿H GHL
VKLUDE\ǀVKL. Il termine, usato per denominare sia il genere sia le danzatrici (dette anche VKLUDE\ǀVKLPH), designa delle danze in realtà eseguite da GRQQHPDDQFKHGDIDQFLXOOLchigo ⛶ඣ) o giovinetti, e da uomini anche dell’aristocrazia in occasioni conviviali di divertimento. Nel caso delle dan- ]DWULFLVHPEUDQRGLIDWWRGLSDUWLUVLGDOJUDQGHÀXVVRFKHVLQGDOOHRULJLQL
vede la danza e il canto prerogativa delle donne come sciamane investite di poteri magici di evocazione, invasamento, vaticinio e comunicazione con le divinità e gli spiriti, rappresentate dalle miko. La loro sembianza ULHFKHJJLD TXHOOH ¿JXUH DQFHVWUDOL XQD SUHVHQ]D FDSDFH QHOOD GDQ]D GL
suggerire i movimenti dei mikomai di sacerdotesse invasate dalla divinità, GLWUDVIRUPDUVLLQDOWURGDVpDQFKHGLDOWURJHQHUHGLWUDPXWDUVLFRPHLQ
XQDPHWDPRUIRVL7UDVIRUPDWHVLLQGDQ]DWULFLFRUWLJLDQHLWLQHUDQWLFKHYL- VLWDQRRVRQRLQYLWDWHSUHVVRQRELOLUHVLGHQ]HFKHGLIDWWRLQWUDWWHQJRQRLQ
conviti, che si esibiscono nella danza, nel periodo di dominio dei guerrieri
OHGDQ]DWULFLVFHOJRQRGLWUDVIRUPDUVLLQDOWURGDVpGLYHVWLUHDELWLPDVFKLOL
con veste di chiara valenza maschile come hitatare, suikan, tateeboshi e spada, che alla tenuta dei guerrieri richiamano, ma di colore bianco e decori bianchi argentei, come le miko, esercitando sul loro pubblico di guerrieri PDVFKLXQIDVFLQRVSHFLDOH'¶DOWURFDQWRLQPDQLHUDDQDORJDLIDQFLXOOL
al servizio dei monaci (chigo) che si esibivano nei VKLUDE\ǀVKLnel corso dei numeri che coronavano gli ennen, momenti di divertimento e intratteni- mento conviviale a chiusura di celebrazioni religiose nei templi, agghindati LQDELWLFKHULFKLDPDYDQRYHVWLIHPPLQLOLVSHFXODUPHQWHHUDQRVRJJHWWLGL
DWWUD]LRQHIDVFLQD]LRQHHRJJHWWLGLLQWHUHVVHVHQVXDOHSHULPRQDFLVWHVVL
Le danze si sarebbero articolate in due momenti: una prima parte di danza lenta e solenne (il VKLUDE\ǀVKL vero e proprio) in cui si ammirava GXQTXHLOIDVFLQRGHOOD¿JXUDGHOGDQ]DWRUHGDQ]DWULFHQHOODVXDIXOJHQWH
bellezza e una seconda parte chiamata seme ࢭ࣓, che costituiva il momento culminante in cui l’artista intonava all’impronta una lirica (wakaḷ) dei versi composti appositamente e consoni all’occasione, producendosi quindi in una danza di ritmo convulso (UDQE\ǀVKL ᢿᏊ) scandita con battito dei piedi in dialettica di violenta tensione con il tamburo a clessidra (tsu- zumi) percosso in genere da adeguato musicista di provato virtuosismo. Canto e narrazione venivano dunque ritmati dalle percussioni, talora con LOÀDXWRHODGDQ]DHVHJXLWDFRQLOYHQWDJOLRFKHDFFHVVRULRIRQGDPHQWDOH
nella danza, richiama l’uso dei torimono (il ramo di sakaki, lancia, arco, specchio o altro) nei rituali kagura, nella seconda parte oggetto di ammi- razione era la voce, e il ritmo agitato di cadenza tra passi e percussioni.
(WDOLVSHFLDOLULWPLGLFHUWRFRQÀXLVFRQRQHLkusemai e saranno recepiti anche dal VDUXJDNXQRQǀ, o nelle celebrazioni degli ennen, o anche nelle ballate predilette dai guerrieri di Kamakura, ma anche tra monaci e nobiltà di corte e intonate nei conviti. I brani eseguiti sono soprattutto VǀND ᪩ḷ (canti veloci) ossia ballate al ritmo di 7-5, più estese e sviluppate rispetto ai canti LPD\ǀ tanto in voga in quel periodo, con melodie che riprendono quella dello VKǀP\ǀ WHQGDL, con enumerazioni, lunghe elencazioni di nomi, descrizioni di viaggi (michiyuki 㐨⾜), liste di toponimi e oggetti (monozukushi ≀ᑾࡃࡋ), scandite dal battito del ventaglio ma poi anche dal suono dello shakuhachi'LIDWWRHVVHSXUDFFROWHVRWWRODSURWH]LRQH
di signori nobili o potenti, sono generalmente di estrazione sociale bassa, FRPHDOWUH¿JXUHGLDUWLVWLLWLQHUDQWLFRPHOHGRQQHGLJHQWLQRPDGLGH- dite alle arti e cortigiane, descritte nello Shinsarugaku ki ᪂⊷ᴦグ, che DIIROODQRODVFHQDGHO*LDSSRQH¿QRDOO¶HSRFDPRGHUQDFRVuFRPHSHUVRQH
41 J. PIGEOT, )HPPHV JDODQWHV IHPPHV DUWLVWHV GDQV OH -DSRQ DQFLHQ ;,ࢥ;,,,ࢥ VLqFOH, Paris, Éditions Gallimard, 2003, pp. 178-180.
42 OKIMOTO, 5DQEXQRFKnjVHL, pp. 57-72.
43 Ibid., pp. 42-51,ELG., WAKITA, -RVHLJHLQǀQRJHQU\njpp. 143-155.
dotate di poteri speciali, religiosi, sacerdoti, attori, artisti, sciamani e non.
Tuttavia, grazie alle loro arti, alcune riuscirono a raggiungere posizioni di rilievo, come Otomae எ๓, cantante di LPD\ǀ divenuta guida e maestro in quest’arte dello stesso imperatore Goshirakawa ᚋⓑἙኳⓚ (1127-1192), come Kamegiku ட⳥FKHIXFRQFXELQDGHOO¶LPSHUDWRUHLQULWLUR*RWRED
ᚋ㫽⩚RDQFRUD%LP\ǀᚤጁ o Iso no zenji ☾⚙ᖌROD¿JOLD
Shizuka gozen 㟼ᚚ๓DPDWDGDOFHOHEUHHURH0LQDPRWRQR<RVKLWVXQH
※⩏⤒ (1159-89)RDQFRUD*Lǀዽ⋤ e Hotoke gozen ᚚ๓, predilette dal potente Taira no Kiyomori ᖹΎ┒ (1118-1181) e cantate nello Heike monogatari ᖹᐙ≀ㄒ.
$QFRUD VX XQ YHUVDQWH GLYHUVR IDQQR OD ORUR FRPSDUVD DQFKH IRUPH
FRUHXWLFKHFKHVLVYLOXSSDQRDOO¶LQWHUQRGLYDULHIRUPHGLDUWLGHOODQDUUD- zione (katarimonoㄒࡾ≀), in cui grazie all’abbinamento della narrazione verbale e con il suono di strumenti a percussione si sviluppa un racconto, una storia: kusemai ᭤⯙ o NǀZDNDPDL ᖾⱝ⯙, generi che via via di- VWDQ]LDQGRVL GDOOD PDWULFH PDJLFRUHOLJLRVD ¿RULVFRQR LQ SDUWLFRODUH LQ
epoca medievale, e poi nel periodo del paese in guerra. Di questo genere si conservano anche numerosi testi le cui storie sono spesso comuni con LO WHDWUR Qǀ YHUUDQQR VSHVVR ULSUHVH H ULHODERUDWH QHO WHDWURGHL EXUDWWLQL
o nel kabuki che ne svilupperanno motivi e personaggi, vicende e trame.
All’epoca in cui Kan’ami ほ㜿ᘺ (1333-84), padre di Zeami e grande PDHVWUR GHO Qǀ assume dal kusemai alcuni ritmi che arricchiranno la UHFLWD]LRQH GHO Qǀ TXHVWD IRUPD q DQFRUD GDQ]DWD GD VLQJROL GDQ]DWRUL
che scandiscono narrazioni non ancora sviluppate in testi letterariamente FRQVROLGDWLLQPDQLHUDPDWXUD'RSRXQDIDVHGLGHFDGHQ]DWXWWDYLDFRQ
¿JXUH GL DUWLVWL GL DUWL PLQRUL VKǀPRQML ၐ⪺ᖌ o senzumanzai ༓⛅
ṓ TXHVW¶DUWH YHGH XQD ¿RULWXUD FRQ O¶DSSDUL]LRQH GL .ǀZDND WD\nj, un artista che dalla regione di Echizen giunge alla capitale, rielabora e ne ULVFULYHLIRQGDPHQWLDUWLFRODQGRODLQGDQ]HDGXHLQWHUSUHWLWD\nj e waki.
In tal modo si avvia un’evoluzione verso rappresentazioni con più attori (due o tre), che vengono articolate in dialoghi e canti a due (corali) sulla base dei testi verbali e con gesti e danza, ma senza che gli interpreti as- sumessero le vesti e l’interpretazione dei personaggi, preservando dunque XQDQDWXUD³QDUUDWLYD´/HSULPHDWWHVWD]LRQLGLWHVWLULVDOJRQRDOOD¿QHGHO
1400 (1498) e quelli ora preservati si suppone si siano consolidati dunque QHOODVHFRQGDPHWjGHO;9,VHFROR/DOHJJHQGDWUDPDQGDWDGDJHQDORJLH
44 RUPERTI, 6WRULDGHOWHDWURJLDSSRQHVH'DOOHRULJLQLDOO¶2WWRFHQWR, pp. 108-111.
45 Narrazione epica dell’ascesa e della rovina della casata Taira (Heike), nella lotta per la supre- PD]LDQHOO¶LPSHURFKHOLYLGHVFRQ¿WWLGDOFODQ0LQDPRWR,OUDFFRQWRDPSOLDWRVLH
GLYHUVL¿FDWRVLQHOWHPSRLQYDULHOH]LRQLHWUDGL]LRQLQHOODVXDYHUVLRQHLQL]LDOHYLHQHDIRUPDUVL
QHO;,,,VHFROR5HFLWDWRGDFDQWRULFLHFKLFRQO¶DFFRPSDJQDPHQWRGHObiwa, sia come genere GL UHFLWD]LRQH FKH FRPH PDWHULD GL LVSLUD]LRQH KD HVHUFLWDWR SHU VHFROL JUDQGH LQÀXVVR VXOOD
OHWWHUDWXUDHVXOWHDWURQǀWHDWURGHLEXUDWWLQLNDEXNLHFF