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COMMISSIONE PETIZIONI UE 22.11.17 Ringrazio innanzi tutto la Presidente e la Commissione tutta a nome soprattutto dei petitioners per l’occasione offerta

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STUDIO LEGALE GALLEANO

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COMMISSIONE PETIZIONI UE 22.11.17

Ringrazio innanzi tutto la Presidente e la Commissione tutta a nome soprattutto dei petitioners per l’occasione offerta al fine di far valere le loro ragioni.

Le relazioni di coloro che mi hanno preceduto hanno evidenziato i problemi e le criticità del settore ma, come risulta in modo sufficientemente chiaro dal rapporto Eurofound del 2015, l’analisi è sinora stata fatta soprattutto sul settore privato.

In realtà, almeno certamente in Italia, ma anche negli altri Paesi membri (e nelle stesse istituzioni europee), almeno a giudicare dalle pronunce della Corte europea e del Comitato dei diritti sociali, nonché dalle stesse petizioni oggi in discussione, il problema del precariato sembra essere soprattutto nel pubblico impiego, ovvero quello che dovrebbe essere colpito in misura minore dalla crisi del 2008. Ciò è vero in special modo in Italia.

ITALIA – LA SANITA’

Come risulta dal rapporto 2007-2015 della Ragioneria generale dello Stato Italiano (allegato, pagg. 29 e segg., tabella 5.5) il personale precario italiano sarebbe, complessivamente, pari a quasi 290.000 persone.

Nel servizio sanitario nazionale ammonterebbe a oltre 30.000 unità.

Si tratta di dati del tutto sottostimati. Non è una posizione assunta per

partito preso: nel prospetto indicato, infatti, si indica un numero di

precari pari a 10.392 nelle “regioni a statuto speciale”. Ebbene, nella

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sola Sicilia, che è una delle cinque a statuto speciale, ancorché la più grande, come risulta dalla relazione del 14 luglio 2015 dell’Assessorato al lavoro di quella regione, allegato al mio intervento, i precari ammontano a 16.768 ai quali vanno aggiunti 5.410 lavoratori socialmente utili (peraltro in Italia, questi ultimi, sottopagati e senza contribuzione sociale effettiva), per un totale, in questa sola regione, di 22.178 precari. Come si vede oltre il doppio.

Lo stesso vale, riteniamo fondatamente, per gli altri settori.

Significativo è che, nel settore sanitario, il maggior numero di lavoratori precari riguardi il personale infermieristico, ma non mancano i medici, spesso irregolarmente inquadrati come liberi professionisti, nonostante svolgano ordinaria attività subordinata.

GLI ALTRI SETTORI

Fatte tali precisazioni sui numeri, non possiamo non sottolineare come i precari siano “equamente” distribuiti in tutti i settori della pubblica amministrazione italiana.

Il periodo di precariato che li riguarda supera nella quasi totalità i 36 mesi che sono il limite interno che lo Stato italiano si è dato per la durata massima dei contratti a termine e flessibili nel 2006 (con effetto dall’aprile 2009) e, nella gran parte dei casi, giunge al decennio, con punte sino a venti, venticinque anni (e quindi qui la crisi non centra nulla).

Come già è stato detto da chi mi ha preceduto, nel pubblico impiego, in

Italia, il superamento del limite massimo non comporta la necessaria

stabilizzazione del lavoratore precario. E ciò in una situazione in cui i

concorsi non si fanno mai: nella scuola, come rileva la sentenza

Mascolo della CGUE sul settore scolastico dal 1999 al 2012 non è stato

effettuato alcun concorso. Lo stesso nella regione autonoma della

Sicilia, qui addirittura da oltre trent’anni.

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A fronte di tale situazione si evidenzia (tabella 5.6, pag. 38) che le stabilizzazioni, dopo il picco di 30.000 circa, effettuate negli anni 2007- 2009, in applicazione della cd. leggi Prodi (dal nome dell’allora Presidente del Consiglio), si sono ridotte alle poche migliaia degli anni successivi.

Da tali dati si desume facilmente come in realtà i contratti a tempo determinato (ma anche gli altri di natura flessibile e gli LSU) siano utilizzati per coprire posti dell’amministrazione stabili e permanenti; e ciò in un settore, la pubblica amministrazione, in cui la crisi economica ha poco influito sulla fornitura dei servizi pubblici (qui la crisi è stata affrontata con il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici).

A ciò si aggiunga che non figurano, nei dati ufficiali, alcuni settori di non poco conto, sia sotto il profilo numerico che sotto quello organizzativo, come i quasi 5.000 magistrati onorari, ora all’esame della CGUE, o il caso emblematico degli ex dirigenti delle Agenzie fiscali, utilizzati per oltre 15 anni con contratti a termine per coprire posti vacanti ed improvvisamente rimossi e dequalificati a seguito di un intervento della Corte costituzionale, con disastrose conseguenze sulla situazione del recupero dell’evasione fiscale.

E’ vero che lo Stato italiano, nell’ambito di una riforma del pubblico impiego, ha recentemente approvato il d.lgs. 75 del 25 maggio 2017 che prevede un processo di stabilizzazione. Tale normativa è però del tutto insufficiente: riguarda solo il 50% dei posti disponibili. Interessa solo chi ha più di tre anni di precariato e prevede la mera possibilità degli enti utilizzatori e non l’obbligo, con la conseguenza che non si ha alcuna idea di quanti saranno i soggetti stabilizzati. Non risolve quindi, se non parzialmente, la situazione futura di gran parte dei precari.

CONCLUSIONI

Non posso qui esimermi, pur nel breve tempo concesso, dal ricordare

come la condizione del precario comporti conseguenze pesantissime

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sulla vita di centinaia di migliaia di persone e non solo di natura psicologica.

La condizione di insicurezza che contraddistingue il precario impedisce di accedere al credito bancario, ad esempio per l’acquisto della prima casa e, conseguentemente, la possibilità di costruirsi una vita autonoma ed una famiglia. Senza contare la possibilità di avere dei figli (si veda lo studio “Flessibilmente giovani” di Silvia Bertolini sul precariato italiano che si allega).

Sono situazioni che questo legislatore europeo, con la Direttiva UE 1999/70 aveva ben presente e ha cercato di evitare prevedendo sanzioni per l’abuso nell’utilizzo dei contratti a termine che purtroppo non trovano applicazione nel regime pubblico italiano, nel quale il concorso è ormai divenuto un feticcio il cui unico scopo è quello di difendere una casta di coloro che hanno avuto la fortuna di poterlo espletare, le rare volte che è stato indetto e salvo, per le posizioni più vicine al potere politico (si veda, per tutte, la sentenza Valenza della CGUE), dove è avvenuta una stabilizzazione per mera raccomandazione.

Occorre dunque che questo Parlamento vigili sull’applicazione della Direttiva anche nel settore pubblico, invitando anche la Commissione europea, che dovrebbe essere il braccio armato contro le violazioni della disciplina dell’Unione, affinché si attivi più efficacemente attraverso gli strumenti istituzionali suoi propri, attivando le procedure di infrazione che la situazione richiede.

Gli avvocati del libero foro, che qui io anche rappresento, non smetteranno di lottare, con tutti gli strumenti istituzionali che hanno a disposizione, insieme ai lavoratori abusati, per l’applicazione piena del diritto dell’Unione.

Grazie e buon lavoro.

Sergio Galleano

Allegati:

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1. Rapporto Ragioneria Stato italiano lavoro pubblico 2007-2015 2. Nota Assessorato Regione Sicilia 14.07.2015

3. Studio “Flessibilmente giovani” di Sonia Bertolini, ed. Il Mulino

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