EPISODI
AMENI E CONTEMPORANEI
RICAVATI
DA PUBBLICI DOCUMENTI
T O R I N O
T IP . DELL’ORAT. DI S . F RANC. DI SALES.
1 8 6 4 .
EPISODIO I.
I l segno della santa Croce.
R accontiam o un fatto che ha un intiero paese per testim onio; dob
biam o soltanto tacere il nome del luogo ed il cognome delle persone pei motivi che da questo medesimo racconto ognuno può argom entare.
Non è gran tempo che un giova- n etto partiva da una casa di educa
zione e si recava in p atria per pas
sarvi le vacanze pasquali. Giunto a c a sa , all’o ra di m ettersi a m en sa, secondo che era stato am m aestrato, egli fa il segno della santa Croce e la solita preghiera che i buoni cri
stiani sogliono fare prim a e dopo il
cibo. A quell'atto religioso un suo fratello assai m aggiore di età co
m incia a motteggiarlo, gettando mille spropositi in fatto di religione, e dopo varie dom ande e risposte si tenne fra di loro questo discorso:
— Come tu, o Francesco, (tale era il nome di quell'allievo), tu che sei andato a scuola e che pretendi sa
perne tanto, ti lasci ancora dom inare da questi pregiudizi?
— Caro Domenico, (così chiamavasi il fratello maggiore), non sono p re giudizi, ma sono pratiche religiose, che ci furono insegnate dai nostri genitori, dai nostri maestri, dal nostro parroco.
— Queste sono favole, e le favole non sono più pei nostri tempi ; m et
titi a m angiare e lascia a parte queste anticaglie.
— Io non so dove tu abbia im pa
rato queste brutte m aniere di parlare.
Io trovo che sono cose ragionevoli, Il catechismo ci dice che dobbiamo fare il segno della santa Croce prim a e dopo il cibo, e trovo questa pratica ra
gionevolissima ; perciocché gli ani
m ali soltanto m angiano e bevono senza mai badare al loro Creatore.
Ma noi non siamo bestie, siamo crea
ture ragionevoli, noi dobbiamo rico
noscere la santa mano del Creatore in ogni opera e in ogni momento del giorno e specialmente quando an diamo a ricevere gli alim enti che Dio ci dà per conservare questa vita, che Egli eziandio ci ha donata e che ad ogni momento ci può togliere.
— Giacché tu dai tanto peso a queste inezie facciamo così: tu fa il segno della santa Croce , io mangerò la tua p ietanza, dopo vedremo chi sarà più benedetto e chi avrà meglio pranzato.
— Come vuoi, e, se così ti piace, io rinuncio volentieri alla m ia p ie tanza affinché tu mi lasci in libertà di com piere i miei doveri religiosi.
-Mangiarono l ’uno soltanto m inestra e p a n e , l'altro mangiò per due. Nel corso di quella g io rn ata , Francesco fu oggetto di burla al fratello e ad altri suoi compagni m alam ente edu-
cati. La sera all'o ra di cena Dome
nico disse di nuovo al fratello: Siamo in tesi, tu farai il segno della santa Croce, pregherai a piacim ento, ed io farò la m ia preghiera m angiando la tua pietanza.
— Non m ’ im porta il cederti un po’ di pietanza, ma mi rincresce poi, che tu abbia così perduta la r e li
gione. Credimi, o fratello, io ne sono profondam ente addolorato; che se tu non vuoi praticarla, alm eno non b u r
la rte n e , poiché il mio superiore mi h a detto e più volte ripetuto, che col Signore non si b u rla , e che la re li
gione è un a spada a due tagli che ferisce chiunque tenta d’ im pugnarla.
Credimi, col Signore non si burla.
— B ene, b en e , tu mangi le mie preghiere, ed io m angierò le tue pie
tanze.
Cenarono am bidue; ma quale non fa la m eraviglia, quando videsi en trare in casa buon num ero di com pagni che si unirono a Domenico per burlare il fratello Francesco di quanto aveva fatto. Io non voglio qui ripe-
tere le scem piaggini degli uni e le salde risposte date dall’ altro. Dico solo le cose essere giunte ad un punto che tutti insiem e schiamazzarono con
tro di F rancesco, m entre il povero giovane non poteva più dire altro se non che : col Signore non si burla.
Giunsero intanto le dieci ore di se ra , m a quando i com pagni erano p er p a rtirse n e , Domenico fa in ten dere di sentirsi alquanto male. Tutti si ferm ano, gli prestano i servizi che possono, e tornando inutile ogni cosa lo portano a letto. Violente convul
sioni lo assalgono, acutissim i dolori d’intestini lo costringono a m andare grida spaventevoli. I compagni sono sbalo rditi, la stessa vedova m adre, che pure era assai trascurata nelle cose di re lig io n e, non sapeva che dire e m andò tosto pel medico. F ra n cesco soltanto si avvicina al fratello e gli dim anda se è contento, che esso vada a chiam are il Parroco. Facendo segni di furia gli m inaccia uno schiaffo e p er un m omento lo respinge dal
letto; ma tosto lo chiam a e fa segno che vada presto dove aveva detto.
Giunsero poco dopo quasi contem poraneam ente il Parroco ed il Medico;
ma Domenico era già cadavere. Egli era stato soffocato dalle convulsioni e da una ro ttu ra al petto. Le ultim e sue parole furono queste: Compagni, non disprezzate mai la religione, col Signore non si burla, io muoio per
cosso dalla mano del Signore in ca
stigo della m ia intem peranza e delle bestem m ie proferite contro di Lui.
Speriamo che questo giovano sia spirato nella m isericordia del Signore.
F u per altro una terribile lezione a quei com pagni, che non giudicarono di fare opera m igliore, se non coll’an
dare al più presto possibile ad un convento di cappuccini per confes
sarsi e fare la loro Pasqua.
Il buon Francesco piange tu tt’ora la morte del fratello , e prega ogni giorno pel riposo dell’anim a di lui.
Mentre per altro cresce nella scienza e nel tim or di Dio, si m ostra ognora più coraggioso senza m ai badare a
dicerie m ondane quando trattasi del
l'adem pim ento dei doveri di un buon cristiano.
EPISODIO II.
CAPO I.
Cenno sulla vita di Gio. Enrico Reher.
Giovanni Enrico R eher nacque nel- l'H olsthein in D anim arca da genitori luteran i, che con ogni cura congiun
tam ente ai loro m inistri e m aestri l'educarono nella loro religione. Fino all’ età d ’ anni sedici l'occupazione sua principale era lo studio di essa ed in modo speciale della Sacra Bib
bia, che anche oggidì nell'anno suo trigesim o terzo sa in gran parte a mem oria. N ell'anno decimo sesto fu am m esso, secondo la consueta ceri
monia solita ad usarsi da'suoi corre
lig io n a ri, alla com unione; dopo di che, esercitato per un anno l'uffizio di m aestro di scuola, si diede alla professione di legnaiuolo.
Giovanni Enrico trasm igrò dalla pa
tria nel 1844, e si recò nel Vallese
ad esercitarvi l'a rte sua presso un suo zio convertitosi dal protestantism o al cattolicismo. Questo uomo ra ttiep i
ditosi a poco a poco dal prim o fer
vore si era dato in balìa al vizio del- l’ubbriachezza, e ad altro vizio più abbominevole che Enrico non mai volle nom inare. Tale pessim a condotta os
servata nello zio ed in alcuni altri cattolici lo teneva sem pre più alieno ed avverso ai sentim enti di conversione per tal m aniera, che non volle neppure arrendersi alla prom essa fattagli dallo zio di lasciarlo erede di tutte le sue so
stanze. In questo frattempo fu soprap
preso da una grave m alattia, e accosta
tosi a lui un sacerdote cattolico lo in terrogò a che religione apparteneva. A cui Enrico rispose bruscam ente e con i- stizza: sè essere luterano. Il buon prete cercò m aniera di convertirlo.
Ma ben presto s’avvide che gettava le parole senza p rò ' ; perchè Enrico dopo alcune risposte severe voltò altrove la faccia, nè oltre parlò. Scrisse più volte alla m adre sua, che non avrebbe ab
bandonata la sua setta p er qualunque- siasi cosa del m ondo; e la m adre non cessava per lettera di tenervelo ferm o, esortandolo a non d ar retta agli inviti dei cattolici, ed istru en dolo nei pregiudizi che i protestanti ritengono contro la Rom ana Chiesa.
Egli era tuttora in queste disposi
zioni d’ animo, allora che partì dal Vailese per recarsi a Domodossola. Gio
vanni Enrico essendo d’animo rise n tito e pronto, venuto una volta a con
tesa collo zio, prodotta in parte dal vizio dell’ubbriachezza, a cui lo stesso zio erasi anim a e corpo abbando
nato , erasi determ inato di lasciarlo.
Stabilitosi in Domodossola esercitovvi la sua professione per lo spazio di sette anni. In questa città trovò chi die’ pascolo alla sua curiosità e al suo am ore per la lettura; ma pascolo funesto, pascolo dannosissimo, pascolo empio. Egli si diede a leggere con ardente avidità libri i quali erano pieni zeppi di errori, distruttori d’o- gni fed e, corruttori d’ ogni m o rale, e conducenti all' incredulità. Dalla
lettu ra di questi libri il nostro p o
vero Enrico ricavò funestissimo frutto.
Quante volte ne pianse poi di do
lo re! Abborriamo, o lettore, da libri sì perniciosi; ed ove non abbiamo abbastanza discernim ento a conoscere quali siano i proibiti libri consultiamo prim a di leggerli persone dotte e pie, e così non ci pentirem o poi di es
sere stati senza accorgerci ingannati.
Gio. Enrico benché un po' sdegnoso era adorno di belle naturali virtù.
Trovandosi egli in viaggio senza pane e senza denari, entrò in u n a città e domandò sussidio da alcuni cittadini che gli furono larghi a sufficienza p er ristorarlo per tutta quella g ior
nata. Enrico di ciò lieto proseguiva cantarellando il suo cam m ino, quando s’imbattè in un povero che fattoglisi innanzi chieselo di elem osina, a cui rispose dolcem ente e rid e n d o , che mal si era abbattuto; lui non avere un soldo. Ma in pari tempo frugatosi nelle scarselle vi rinvenne ancora cinque centesimi che subito donò al vecchierello, pago assai d’aver avuto
di che consolare quell’infelice. Di tali ed altre belle doti d’anim o era fre
g iato , fedele nel suo servizio, leale, incapace d’ingannare, superiore e in dipendente da certi rispetti um ani, che fanno piegare l’anim o di alcuni m iserabili di sua condizione a seguir l ’impulso de’ lib ertini che li condu
cono all’ empietà. E di ciò diede saggio a Domo allorché da monelli di quella città, spinti e pagati da non si sa c h i , fischiavasi in pubblica piazza l ’Eccellentissimo Vescovo della Diocesi ; egli sgridò e rim proverò co
loro che osavano fare u n tale scan
dalo dicendo : Che se non volevano r i
spettare la persona, avessero almeno riguardo al carattere.
Vedi, o cristiano, il bell’ esempio che ci dà un protestante ! onoriam o anche noi i m inistri del Santuario chiam ati dal Signore la pupilla de’suoi occhi. Se ami Iddio, rispetta il suo m inistro.
EPISODIO II.
CAPO II.
I l miracolo della Madonna di Re nella Valle Vigezzo, e conversione di E n rico.
Correva l’ anno 1 4 9 4 , undecim o dell’ età di Martino Lutero ; allor
ché Maria volle far m ostra quanto am asse l'Ita lia , le valli circostanti alla Valle Vigezzo, ed in modo spe
cialissim o i popoli di Vigezzo. La ve
rità di un avvenimento così s tra o r
dinario è constatata e resa evidente dal seguente processo giudiziale, che io qui intendo trad u rre letteralm ente dal testo latino. Da esso si vedrà come Maria ha veram ente e m iraco
losam ente messo vivo sangue dalla sua Im m agine, essendo i testim onii sottoscritti all’originale degni di tutta fede, perchè non rozzi, non soli re li
g io si, m a eruditi e gravi secolari.
« Dio glorioso, e nostro Signore Gesù Cristo, e la grazia dello Spirito Santo degninsi d’illum inare i cuori di coloro che descrivono si grandi
prodigi. Sul m uro esterno della chiesa di s. Maurizio nel villaggio di R e, Valle Vigezzo, Diocesi di Novara, sotto il portico della stessa avvi u n ’im m a
gine della Vergine gloriosa Maria, già da m olti anni dipinta, coll’im m agine parim enti dipinta del suo Unigenito Figlio, che posa nel grembo della Ver
gine stessa. Questa Im m agine della Vergine n ell’anno del Signore 1494 in giorno di m artedì 29 aprile co
m inciò a spargere sangue dalla fronte bagnando il volto della Vergine e del suo Figlio Unigenito. Lo stesso sangue usci per più giorni dallo stesso luogo della fronte a bagnar le Im m agini stesse della Vergine e dell’ U nigenito, e molte gocce cad
dero sulla te rra sopra un pannolino, e in un calice sottoposto al luogo dove cadevano le gocce di s a n g u e , che spirò un odore meraviglioso. Di
volgatasi la fama delle m araviglie sopra n arrate nei paesi della Valle Vigezzo, il commendevole personag
gio D. Daniele De-Crespi patrizio Mi
la n e se , Podestà di detta Valle, con
tutti i Chierici e nobili, e altri uom ini de’ luoghi della Valle, si recarono al luogo della C hiesa, dove vedesi di
pinta l’im m agine, p er esam inare l’ac
caduto. Esam inarono infatti l’im m a
gine, e il sangue che appariva sparso dalla fronte dell'im m agine stessa, e che continuava vedersi m iracolosa
mente. Il sullodato Podestà, e gli altri Chierici e nobili p erso n ag g i, esa
m inarono prim am ente i m uri della Chiesa e le singole parti di essi onde conoscere, se m ai quell’ em anazione fosse composta ad arte, e toccarono con m a n o , che quel sangue non p e r arte alcuna, ma p er m iracolo ap pariva e usciva dalla fronte dell' Im
m agine. E perchè si vede il luogo alquanto ripercosso, il sovracennato P odestà, il quale ebbe conoscenza, che un certo Giovanni Zunoni nello stesso giorno di m artedì aveva sca
gliato un sasso contro quell' Im m agine prese alcuni testim onii per mezzo di Pietro B alcone, Notaio e Cancelliere del Podestà, che facesse fede delle cose n arrate più sopra.
Tennero parim enti dietro segni, pro
digi e m iracoli registrali nella stessa chiesa. E sebbene il villaggio di Re, dove si venera l ' im magine sia al- l ’ intorno cinto di selve, e gli abi
tanti ne sieno poverissimi, intrapresero tuttavia a fabbricare in lode ed o- nore della Vergine un tempio son
tu o so , che non potendo per la loro povertà condurre a fine, sono co
stretti ad im plorare soccorso dai Fe
deli cristiani. »
L 'im m ediato successore del Crespi fu il dottore Angelo R om ano, a cui sulle prim e parve t an to incredibile, che un’im m agine dipinta sul m uro potesse spargere vivo sangue, da non voler se non dopo molte istanze, re
carsi sul luogo per assicurarsi della veracità del fatto. Recatosi tuttavia vinto dall'im portunità di m olti, e fer
matosi dinnanzi all’im m agine sacrata, fu talm ente commosso a divozione, che non potè tener le lagrim e; p a r e n d o g li, dice eg li, d i essere rip r e s o d i d u r e z z a e d ’ in c r e d u lità . Dopo che ebbe con somma accuratezza osser-
2. L. C. - An. XII, F. III.
vato p er iscoprire se ciò fosse deri
vato da malizioso um ano artifizio, rese pubblico elogio e testim onianza al m iracolo, la quale testim onianza conservasi pure in carta pergam ena n ella suddetta chiesa parochiale. F ra i Vescovi della Diocesi Novarese che specialm ente prom ossero la divozione alla Madonna di Re, devesi far m en
zione del venerabile Carlo Bessapè, il quale per mezzo dei Vicari foranei, invionne a tutti i preti l ’im m agine venerata. I sommi PP. Clemente IX, Pio VII, Leone XII e Gregorio XVI concedettero indulgenze plenarie e parziali a coloro che visiterebbero il Santuario della Beata Vergine di Be.
La sacra Congregazione de’ Riti già dal 5 settem bre 1839 concedette la facoltà di celebrare la festa nel giorno 30 aprile con officio e messa di rito doppio m aggiore. E per ultimo sua Em inenza il Cardinale Morozzo ve
scovo di Novara di felice m em oria, incoronò nel giorno 5 agosto 1824 la sacra Im m agine, e concedette 100 giorni d’indulgenza a chi visiterà il
S antuario nel dì 24 giugno o fra la sua ottava (1).
P e r tale prodigio i popoli della Valle Vigezzo si accesero di una fi
liale tenerissim a divozione verso Ma
ria. Testimonio ne è il voto che le popolazioni della Valle fecero di r e carsi a Re ogni anno il giorno 23 aprile onde rin graziarla di altro segno manifesto di suo patrocinio.
I Giacobini francesi non sazii di avere im m ersa l ’intera F rancia nel
l ’orrore dell’anarchia, di averla alla
gata di sa n g u e , coperta di s tra g i, guardavano con occhio minaccioso le belle contrade d’ Italia. Già nel 1798 erano per piom bare in Vigezzo a riversarvi dopo il saccheggio tutta 1’ em pietà della loro irreligione. I Vigezzini non credettero aver altre arm i ad opporre che un filiale r i corso a Maria. E Maria? Maria arrestò la sciagura che li m inacciava, e i
(ì) V. Cavalli, Cenno statistico-storici della Valle Vigezzo, come pure: N uovissim a na rra zione storica del m iracolo della Madonna di Re.
Vigezzini furono salvi dall’ em pietà, dall’errore.
Correva il giorno 24 aprile del 1854.
In tale giorno e non nel 23, a mo
tivo della dom enica, le popolazioni di tutte le parochie di Vigezzo si recarono processionalm ente a Re per sciogliere il voto sovranarrato, come pure per ottenere la pioggia sulle cam
pagne arse dalla siccità. Giovanni En
rico, che, come più volte raccontò egli stesso, non credeva ai m iracoli della Madonna, e stimava peccato l’invocarla, colla processione di Vogogno recossi al detto Santuario, condottovi da sola curiosità. Colà giunto entrò in chiesa;
vedeva i circostanti all’altare, che di- votam ente pregavano; am m irava la divozione esem plare di un parroco che all’a ltare di Maria celebrava la m essa;
ma non vedeva 1’ Im m agine sacra.
Maria però vedeva lui, e si preparava a fargli la più segnalata grazia, quella della sua conversione. Non sapendo Enrico dove fosse l’Effigie della Beata Vergine esci di chiesa, e pregò un uomo che gliela additasse. R ientra
rono am bidue, fissò l’im m agine m i
racolosa , una luce nuova ed inso lita gli folgoreggia n ell’ animo ; ciò che prim a a lui pareva peccato or non è p iù ; s’inginocchia e vi recita una preghiera. 0 Maria come siete grande ! Sentesi tutto intieram ente commosso ; cessa l’ avversione a farsi cattolico;
pensieri di conversione occupano tutta la sua m ente ; ogni sforzo da lui adoperato per discacciarli riesce vano, trionfa la g ra z ia ; egli è in suo cuore cattolico. M editabondo più che m ai p er più giorni non sapeva a che partito appigliarsi ; infine per trovar riposo al suo cuore cerca di un prete cat
tolico, che 1' istruisca, da cui prim a tanto fuggiva.
EPISODIO II.
CAPO III.
Prem ura di Giovanni Enrico nett'i- stru irs ì, e prepararsi alla sua r i
conciliazione.
Il padrone di Enrico addossatasi la caritatevole p re m u r a , condusselo da un sacerdote a cui candidam ente
ap rì la sua ferm a risoluzione di re n dersi al cattolicism o. Dichiarò più volte non esser m ira d’interesse tem porale che lo determ inasse ad un tal passo, ma l ’unico desiderio di salvar l’anim a sua. Esposti i prim i p re g iu dizi, dei quali era stato dall’infanzia imbevuto e nei quali era in questi ultim i tem pi conferm ato dai cattivi c a tto lic i, e convinto della loro futi
lità ed insussistenza, si fece ad esa
m inare dietro le spiegazioni dategli, i caratteri ed i segni della vera Re
ligione. La m ancanza di unità nella Fede per le continue variazioni da diversi capi riform atori introdotte, la privazione di u n capo suprem o, che visibilm ente regga la chiesa riform ata, furono gli argom enti più convincenti che l’indussero a rig ettare come falsa la Chiesa luterana e tutte le altre nate da lei, e a credere più che mai ferm a
m ente che la vera Chiesa di Cristo era la Cattolica Rom ana, che u n ica possiede l ' unità della fede, unica ha un capo supremo nel successore di s. Pietro, il Romano Pontefice, Vicario di Gesù
Cristo sulla terra. Egli si diede a stu
diare la nostra santa Religione con un zelo p artico lare; non omise difficoltà che occorressegli alla m ente; anche in mezzo al lavoro pregava e riffletteva sulle cose udite. Il tem po di riposo lo spendeva nella lettura di libri c a t
tolici, e nello studio del Cattolicismo.
P er bram a di vie più istruirsi si p ri
vava perfino in parte del sonno dopo le giornaliere fatiche alle stanche m em bra necessario. In somma, tanto fu l’im pegno da lui messo in opera per addottrinarsi ne’due m esi e mezzo avanti la sua ab iu ra , che ne soffrì nella salute, e fu d’uopo consigliargli m oderazione. Nè ferm avasi solo la cu ra sua n ell’ im parare le verità di nostra santa R eligione, ma co n più ardore disponevasi a ricevere con frutto i ss. Sacram enti. Dal giorno di sua conversione- in poi si astenne dall’uso di liquori chesoleva prim a bere oltre m i
sura, si privò dei giuochi, non usò più all’ o sterie, si diede a ll’ orazione. I giorni festivii li im piegava nelle p ra tiche di divozione, e nelle letture di
divozione e nella lettu ra spirituale.
Nella chiesa trattenevasi con tale m o destia, attenzione e raccoglim ento che i vicini 1’ osservavano pieni d’ am m irazione.
EPISODIO II.
CAPO IV.
Abiura e Battesimo.
Intanto si avvicinava il tempo di sua riconciliazione colla nostra santa Cat
tolica Chiesa. Esam inato da un Re
verendo P adre dell'istituto di Carità, come intelligente della lingua tedesca, da m onsignor Vescovo di Novara ap positam ente delegato, fu giudicato i- strutto e disposto a ricevere i S acra
m enti. Di ciò inform ata sua Eccellenza con decreto del giorno 6 luglio del
l’anno 1854, delegò il molto reverendo teologo D. Carlo Bombasotti, arciprete di Craveggia, perchè ne ricevesse l ’a
b iu ra , e gli conferisse il Battesimo sotto condizione. Fu designato a com
piere una funzione così solenne, com
movente e consolante per la Religione nostra santissim a il giorno 16 di detto mese, sacro a Maria Vergine sotto il titolo del C arm in e, che correva in Domenica. La Chiesa parochiale so
lennem ente apparata, il Municipio che spontaneo intervenuto in corpo con molti signori del paese e num eroso popolo venuto dai paesi vicini per veder l’ opera della m isericordia di D io , aggiunse m aggior lustro e r i spetto ad una cerim onia già p er se stessa im ponente. Uscito dalla casa pa
rochiale accom pagnato dai p a d rin i, dal prete assistente, dal Municipio e S ig n o ri, e giunto alla porta della Chiesa fece- all' arciprete d eleg a to , l’abiura degli errori della sua setta, e la professione della fede cattolica.
Diedesi quindi principio alla fun
zione del B attesim o, che gli fu am
m inistrato sotto condizione ai can
celli d ell'altare m aggiore e prese il nom e di Antonio Maria Carlo, quindi fece per la p rim a volta, la sua Sa
cram entale confessione. Nella Messa
solenne, egli riceveva p er la prim a volta il C o rp o , il S an g u e, coll’ A- nim a e Divinità di Gesù Cristo. Chi sa esprim ere la commozione di quel
l ’anim a quando sentì a riposare so p ra il cuore il caro suo Gesù ! Per più giorni egli non sapea fare altro che lodare e benedire quel Dio che si era degnato di venirlo a visitare. La sacra funzione fu chiusa con p ro c e s sione del santissimo Sacram ento che Antonio Maria Carlo accom pagnò con torcia accesa, m entre si cantava l ’inno A m brosiano in rendim ento di grazie, e benedizione. La divozione del neofito in tutto il corso della sacra Funzione corrispose alla preparazione premessa, ed a più d’uno cavò le lagrim e dagli occhi. L’ allegrezza sua era tale, che bisognato sarebbe leggergliela in cuore, chè non sapeva esprim erla a parole.
Non mai provò giorno cosi felice in tutto il corso ,di sua vita, vero trionfo della nostra santa Religione, che sola sa infondere quella pace nei c u o r i, che, giusta l ’ Apostolo s. Paolo, è su
periore ad ogni senso.
Dopo la sua riconciliazione il neo
fita scrisse una lunga lettera a sua m adre nella quale avvisavate della sua conversione, e de’ motivi che lo de
term inarono a questo passo. La let
tera era com m ovente, piena di testi della sacra Scrittura, co’quali asseriva la verità de’ dogmi cattolici e notava la falsità dè’ Protestanti nella in te r
pretazione de’testi sacri. Dimostrava a lungo la santità del culto reso a Maria, 1’ u tilità d ell’ invocarla, e finiva esor
tando ella stessa ad abiurare. Trascrive- vale sul fine in tedesco l’Ave Maria. E- sitò però a spedirla non tanto pel tim ore del dispiacere che le avrebbe recato, m a più perchè pensando come sua m a
dre per la lettura di quella lettera sa
rebbe escita dalla buona fede in cui si credeva, non convertendosi di poi sa- rebbesi dannata. Ma infelice! Visse e morì nella sua setta. Enrico nella sua disgrazia non si dim enticò del cielo, e raccom andò a Maria sua m adre celeste l’anim a della m adre terren a. Chi sa se nell’ ultim ’ora, conoscendo Ella il suo errore, n o n lo abbia condannato, e non
sia m orta cattolica ? Enrico aveva pregato tanto !
Egli non cessa tuttora di praticare quella religione che conobbe tardi, ed a cui lo aveva chiam ato il Signore nella sua m isericordia. Ed ancora adesso egli è un vivo esempio di quello che possa fare Maria presso il trono del suo figliuolo.
Cristiano, n e’tuoi bisogni non dim en
ticarti che abbiam o in cielo una p o tente pro tettrice, e ricorriam o a Lei con fiducia, e vedrai che sarem o e- sauditi.
EPISODIO III.
Le Suore di Carità non possono esistere che nel Cattolicismo.
Un ricco Inglese protestante di re ligione vedendo quanto bene fanno le am m irabili figlie di s. Vincenzo d e’
Paoli alla povera e travagliata um anità, venne in pensiero di volere istituire un ordine consim ile fra i protestanti.
A questo scopo si recò a Parigi, onde
studiare nella sua fonte l ’istituto delle Suore di Carità. Ma più egli pro
grediva in questo s tu d io , tanto più gravi ostacoli gli si affacciavano innanzi provenienti appunto dalla diversità di Religione. Ciò non ostante a qualunque costo voleva istituire qualche cosa di si
mile in mezzo ai protestanti. Vedendo che non poteva raggiungere lo scopo, risolvette di consultare un santo e vec
chio Sacerdote di Parigi, onde cono
scere da lui il giusto mezzo per ista- bilire tale istituzione.
Il S acerdote lo accolse con somma affabilità e cordialità , e udita la cagione che a lui 1' aveva condotto, cosi prese a dirgli : Signore, se voi volete istitu ire Suore di C arità, non avete che a servirvi dei mezzi che adoperò il santo ed im m ortale suo Istitutore.
— Di grazia, quali sono questi mezzi?
— È necessario il voto di castità.
— Ah ! questa condizione è alquanto difficile; ma per altro si può ottenere.
— Devono le Suore frequentare la santa Comunione.
— Ah! qui non c’è alcuna difficoltà.
— Devono di più frequentare so
vente la santa confessione.
— Questo poi è impossibile. In una parola, soggiunse il protestante, voi volete dire, che per esistervi un ordine uguale al vostro', è necessario di essere cattolico.
— Ecco, qui appunto sta tutto il segreto, perchè fuor del Cattolicismo, non vi è, nè può esservi vera carità.
Fu colpito quel ricco Protestante da queste parole e conobbe la verità di quello che gli diceva il prete catto
lico. Studiò ancora per qualche tempo quella religione che rendeva così forte il sesso chiam ato d e b o le , vide che era divina ed alla fine si deliberò di abiurare gli erro ri della sua setta.
Abbracciò di più lo stato re lig io so , introdusse senza difficoltà le Suore di s. Vincenzo nella sua p a tria , ed ora egli medesimo è un zelantissimo, e fervoroso missionario. (Dal Messager de la Charité.)
Una buona lettura.
Un uomo assai ric c o , ed istru tto , ma pessimo cristiano, possedeva una m agnifica biblioteca, i cui num erosi volum i erano ben lungi dall’ essere edificanti.
La sua moglie, e la sua giovine fi
glia ne gemevano, senza osare però fargliene rim provero. Solam ente gli posero sotto gli occhi un libro, che parlava della carità ; lo lesse, ne restò to c c o , e vivamente im pressionato al punto di trovarsi in collera con se stesso per averne pianto. E si andava d icen do: Bah! tutto questo va ben e; l’au tore certam ente non è sincero. Se ne parte, e va a trovarlo con intenzione ben ferm a di farlo scom parire, col m etterlo in contraddizione col suo li
bro. Per buona fortuna l ’autore se ne stette in calma. L’uomo invece si a r
rabbiava. Con tuttociò si separarono da buoni am ici ; ma il cuore retto e sin
cero di questo personaggio ne era stato EPISODIO IV.
colpito. Fece ritorno di lì a pochi giorni ; era commosso, la sua anim a era agitata: il b e n e , ed il m ale si com battevano terribilm ente. L’autore che è un prete, senza ambagi lo con
sigliò a confessarsi per trovare quella pace di cui andava in cerca. A qu e
sta proposizione il nostro personaggio si leva, si agita, si mette a girare in torno alla tavola.
Io confessarm i ! a me si osa far tale proposta? E batte sulla tavola grid and o: Io confessarm i! Io confes
sarm i ! Ma intanto la grazia del Si
gnore che lo aveva là condotto non cessava di operare in quel povero cuore. Dopo una breve agitazione egli cade in ginocchio, e come mutato in al
tro, dom anda instantem ente di confes
sarsi. Incom incia la confessione, la con
tin u a e si alza con la gioia n ell'anim a : i suoi occhi bagnati di lagrim e espri
mono ciò che interiorm ente prova, e con i suoi sguardi, e con le affettuose strette di m ano caldam ente ringrazia la pietà del sacerdote.
Giunto a casa si affretta a raccontare quanto gli avvenne alla sua moglie, ed
alla sua figlia. Esse però ignare a n cora dell' avvenuto non gli vogliono credere.
— Oh ! dicevagli la moglie, non vo
gliate prendervi giuoco di noi, sarebbe questa troppo grande fortuna !
_ — La prova che mi son confessato si è, che voglio m ettervi a parte della m ia penitenza, pregandovi ad aiutarm i a farla.
— M a, la moglie gli rispose, dato anche che diciate il vero, voi ben sa
pete, la penitenza ciascuno dover farla da sé stesso e non darne una parte agli altri.
— Tranquillatevi pure, le rispose, ve ne ha p er tutti noi tre ed anche per i domestici. F ate accendere fuoco nel mezzo del cortile.
Detto questo egli ascende alla sua biblioteca con la moglie e la figlia, e quanto vi era veram ente di cattivo viene portato da essi e dai domestici giù a basso, e gettato sul fuoco. Vero fuoco di gaudio per il Cielo, e per la te rra !
(Mullois.)
3. L. C. - .in, XII, F. II I .
Una doppia elemosina.
Un allegro e spiritoso Vecchio in contratosi in u n prete in un pubblico passeggio gli si avvicina e gli chiede l ’elem osina; e poscia ciascuno conti
n u a la sua strada. Bentosto di nuovo s’ in c o n tra n o , ed il vecchio di nuovo avvicinandoglisi gli stende la mano p er la elemosina.
Ma, mio amico, gli dice il prete, or ora vi ho dato l ’elem osina! — Oh!
perdono, signor Abate, rispose il m en
dico, io credeva che voi non lo sapeste.
— Come sarebbe a d ire ? — Che avendo voi fatto la elem osina colla mano di
ritta, ora io mi rivolgeva alla m ano sinistra, supponendom i che voi p ra ti
chiate il precetto del Vangelo : Che la vostra mano sinistra non sappia ciò che fa la mano destra. Il motto era così naturale, e così furbesco, che il Sacerdote ne restò incantato nel sen
tirlo, epperciò gli diede per la seconda volta l’elem osina.
EPISODIO V.
D isgraziatam ente un sergente di cit
tà, che passava per colà, vide la scena, ed arrestò il vecchio in flagrante de
litto.
Costui com parve nel lunedi seguente innanzi al trib u n ale della Polizia cor
rezionale sotto la prevenzione del de
litto di m endicità.
Il Sacerdote venne chiam ato in te
stim onio. Ma il buon p rete invece di farglisi accusatore, si fece di lui p a
tro cin a to re; il testim onio diventò av
vocato , e si diportò così b en e , che guadagnò il processo del suo im prov
visato cliente. Si rilasciò il prevenuto, che il degno Sacerdote aveva così bene difeso. E tutti due a braccio a braccio uscirono dall’udienza in mezzo ad una generale commozione.
(Messager de la Charité n. 1 59-1857).
EPISODIO VI.
A tto eroico d ’una giovinetta.
Non avvi cosa alcuna che possa dare una idea adequata dei terrib ili u ra gani , che scoppiano in tem po d ’ au
tunno sulle A lp i, e sulle m ontagne del Giura. P are talvolta che tutte le cataratte del cielo siano aperte sopra questo punto del globo, ove dei n e ri nugoloni si trasform ano in pochi m i
nuti in fiumi im m ensi ed im petuosi, recando ben lungi la ro v in a, la de
vastazione e la m orte. Questi accidenti riescono terrib ili sopratutto nelle valli, perciocché in esse non si possono p re v e d e re , e allorquando la tem pesta com incia a farsi sentire, il poter fug
gire diventa quasi im possibile ai pa
stori ed alle greggi.
Scoppiò n ell’anno 1857 una di queste tem peste si sùbite e sì violenti nelle vicinanze d’un piccolo villaggio della Savoja. Ai p rim i sintom i dell’uragano, persone e bestie si affrettarono di cercare un rifugio nel villaggio. Poco dopo il cielo era tutto in fuoco ; dal seno dei neri n u v o lo n i, che p a revano toccare la terra, partivano senza posa dei lunghi lam pi che infiam m a
vano l’orizzonte ; e il rum ore del tuono ripetuto dall’eco delle m ontagne con
giunto al frastuono del vento, gettavano
il terro re n ell’ anim o dei più corag
giosi abitanti di questo paese.
In mezzo a questo universale spa
vento, un vecchio, di nom e Francesco, trovavasi im m erso nel più gran dolore.
Sua figlia ed il genero erano m orti da un anno, avendo lasciato dietro due avvenenti fanciulli, Franceschina di nove an ni e Giuliano di dieci.
Questi due orfani fin dal m attino a- vevano condotto al pascolo le vacche della m asseria al presente governata dal loro avo; epperciò dovevano es
sere stati sorpresi d all’ uragano nel bel mezzo della valle.
« Mio D io , diceva lo sfortunato vecchio, torcendosi le b raccia e bat
tendosi il petto, prendetevi la mia vita, ve ne scongiuro, m a salvate questi due poveri fanciulli ! »
E di quando in quando faceva degli inutili tentativi onde avanzarsi p er le strade, che le acque invadevano. Im petuosi to rre n ti, spingendosi in giù dall'alto delle m ontagne con gran fra
casso, si gettavano nella valle, schian
tando e strascinando alberi grossis
sim i ed enorm i pezzi di ro ccie. In poco tempo le acque si scaricarono adosso alle case del paese; uom ini ed arm enti furono obbligati a ricoverarsi sopra le colline adiacenti. Si dovette s tra scinare il v e c c h io , che ostinavasi a voler and ar in cerca de’ suoi nipoti p e r salvarli o m orir con essi loro.
Intanto ai prim i lam pi della folgore F ran ceschina e Giuliano, p recipitosa
m ente abbandonata la pastura e spin
gendo le loro vacche in n a n z i, erano giunti a poca distanza dal villaggio ; m a colà appunto essi trovaronsi av
volti come in un m are furioso, le cui onde andavansi accavalcando nello stretto vallone, ove avevano osato in- noltrarsi. Non si tardò dalla collina a vedere questi poveri orfani tenersi stretti per le m ani, e lottare contro l’im peto delle acque, che ingrossavano ad ogni m om ento.
— C oraggio, F ranceschina, diceva il piccolo G iu lian o , se ci è dato di poter arriv are a quell’ albero, che tu vedi in nanzi a noi, siamo salvi; m on terai sopra le mie spalle, abbrancherai
i ra m i; io poi m 'arram picherò anche solo dopo te ed attenderem o colà il finir della tempesta.
— Mio D io , gridò la tenera fan
ciulla, non posso più reggere. » Il fratello la sostiene col braccio, si sforza a strascinarla, ma le sue forze m ancando al suo coraggio cad de; ed era cosa disperata per questi corag
giosi fanciulli. A ll'im pensata, dal luogo ove trovavansi radunati gli ab itanti del paese, una giovine fanciulla di quindici anni p er nom e Adelina ce
dendo ad un movim ento di sublim e entusiasm o si slancia ed en tra nelle acqu e; s'avanza, attaccandosi ai tro n chi degli alberi, o alle sporgenti roc- cie. P er ben due volte è sbattuta dalla violenza della c o rre n te , e per due volte si rialza. Finalm ente raggiunge la sfortunata F ranceschina, che a- veva sm arriti i sentim enti ; la prende, la p orta e la viene a depositare ai piedi dell' avo. Poscia affrontando di nuovo il pericolo con novello a rd o re, si slancia verso il giovine garzone, che la corrente strascinava giù, lo prende
pei capelli, lo strascina sopra u n mon- ticello, ove l ’acqua batteva con meno violenza, se lo carica sopra le spalle e lo trasporta accanto alla sorella.
Rinunziam o a dipingere il contento del buon vecchio, allorquando questi due fa n c iu lli, che avevano in poco tem po ricuperato l ’uso dei loro sensi, corsero a gettarsi nelle sue b ra ccia;
lacrim e di contentezza e di ricono
scenza scorrevano sopra il suo vene
rando volto; voleva ren d ere grazie alla generosa g io v a n e , ma la gioja gli to
glieva il re sp iro ; va verso di lei a b ra c
cia aperte e se la stringe al cuore senza poter proferire parola.
(Messager de la Charité, 1857.)
EPISODIO VII.
La lettura della passione di Gesù Cristo.
Un uom o del basso popolo piu tto sto cattivo cristiano un giorno, m entre sua m oglie trovavasi in c h ie s a , per non sapere che fare si mise a leggere la passione di Gesù Cristo. Questa let
tu ra lo sconvolse affatto e la prim a p a
rola, che disse alla moglie quando rie n trò in casa fu questa: E perchè tu non mi hai detto, che Gesù Cristo è stato così buono, e che tanti torm enti gli fe
cero soffrire ? Ho letto la sua Passione e mise in sconvolgim ento tutto me stesso, ed ho pianto molto. »
E m entre diceva queste cose gli ca
devano le lacrim e dagli occhi. Poco tempo dopo egli andò a confessarsi e divenne fervoroso Cristiano. (Messager Mullois, 1 858, n.1 8 , pag. 186, col. l a ).
EPISODIO V III.
I l miglior modo di far orazione.
Fu un giorno s. Eleazzaro ric h ie sto dal confessore qual metodo se
guisse nel far l’orazione, e qual santo si fosse scelto per suo P atrono spe
ciale. Il santo risp o se: Ho scelto p er m ia avvocata la gloriosa Vergine Ma
ria , e quando voglio p repararm i a far o ra z io n e , prim a di tutto rifletto sulla m ia indegnità e sulla m ia m i
se ria ; poscia m i rivolgo alla Madre
delle grazie ed um ilm ente La supplico ad isp irare al mio cuore ed a m et
tere sulle m ie labbra ciò che riesce accetto a Lei ed al suo Divin Figli
uolo. Le offro colla m aggior possibile divozione u n ' Ave Maria, dopo la quale non m ai mi si fa difetto di m ateria p er m editare le cose divine.
F ra le regole dom estiche di questo santo si trovano scritte le seguenti p aro le: Voglio in tutte le mie terre in tro d u rre la divozione verso la santa Madre di D io, perciò io voglio che lutti i miei sudditi la scelgano per p ad ro n a; perciocché quando noi ab biam o bisogno della m isericordia di Dio, non possiamo meglio fare che r i
correre a questa potentissim a R egina, che è sem pre desiderosa di riceverci sotto la sua protezione, e si m ostra il rifugio di tu tti i peccatori. Proibisco assolutam ente nelle feste consacrate al suo culto d' adoperarsi in qual
siasi opera servile, e voglio che in que
sti giorni tutti i m iei sudditi assistano alla messa ed agli altri officii divini.
(Rosier de Marie, pag. 156)
La ghinea dei poveri Irlandesi a Pio IX .
Pio IX intenerito p iangeva, non è gran tempo, in presenza degli A udi
tori della ruota loro estern an d o le c o n solazioni che risentiva nella sua anim a.
« Im possibile mi riesce a n a r r a r v i, loro diceva, tutti i m eravigliosi segni d ’am ore e di divozione che mi giun
gono da tutte le parti del m ondo cattolico. Tuttavia non posso lasciare di citarvene uno che mi ha profondam ente commosso. I poveri Irla n d esi, questi poveri figli, che sono dipinti come sofferenti tutti gli o rro ri della m iseria, mi hanno m andato u n a ghinea ; li ho benedetti questi miei cari figli con tutto l’am ore del mio cuore » esclamò egli. (Rosier de Mar. n. 6, pag. 67) .
EPISODIO IX.
I l Maresciallo d’ alloggio che arrestò Pio V I I convertito da un Cardinale Arcivescovo.
Abbiamo la com unicazione del se
guente fatto dalla benevolenza d’ un nostro am ico, ch e trovavasi presente quando uno dei più grandi Prelati della F ran cia lo raccontò nello scorso aprile alla num erosa gioventù d’un collegio di Bordeaux.
Nel passato in v e rn o , diceva que
sto p re la to , trovavam i in casa d’ un paroco onde fare la visita della paro chia. Egli mi parlò u n a sera d ’ un vecchio di quel luogo, che pericolosa
mente inferm o si rifiutava di ricevere i S acram enti, senza poter da lui com prendere la ragione di questo rifiuto o- stinato. Voglio vedere di questa sera an cora questo am m alato, dissi io allora.
Ma la casa di costui trovavasi lontano dal paese, la strada in delta stagione era im praticabile p er una vettura e di più facevasi notte. Mentre si
EPISODIO X.
pensava al modo di aver un cavallo, una guard ia ci offrì il suo. Accettai l'offerta, e partii.
Giunsi alla casa del vecchio. Grande fu la sua sorpresa : la visita d 'u n arcive
scovo ad undici ore di notte lo colpi ! Dopo alcuni m om enti di conversazione, lo esortai a confessarsi.
« Ah ! non posso confessarm i rispose egli in u na m an iera brusca.
— E perchè?...
« P erchè ho messo questa mano sulla
» sacra persona del P apa Pio VII, e ben
» lo sento, io sono perduto. Eravam o
» dieci soldati, quando ci presentam m o
» al Papa: io era m aresciallo di alloggio,
» ed io fui il prim o a m ettere le m ani a-
» dosso al Pontefice. Sulle prim e noi
» esitav a m o , e non osavamo appres-
» sa rci alla sua sacra persona.... Ma
» pure noi avevamo degli ordini... Si,
» ben lo sento, non avvi più speranza
» p er me !...
« Ma, amico m io , eccomi q u i,
» io C ardinale della Chiesa R om ana
» venuto a bella posta a tro v a rv i,
» onde offrirvi il perdono. Io ve lo
o ffro , nom e di Pio IX ed a nom e
» di Pio VII, se vivesse ancora. As-
» sic u ra te v i, che se il santo Padre
» passasse p er questi paesi, verrebbe
» egli stesso a vedervi, non già per
» m aledirvi: lo potreste solo sospet-
» ta re ? no, me ne rendo io m alleva-
» dore p er l u i , m a per benedirvi e
» darvi l ’assoluzione. » A queste parole il vecchio tutto commosso si arrende, e il suo cuore che d a lungo tempo già sentiva il pentim ento si aprì alla speranza ed alla grazia divina. Rice
vette adunque dopo la confessione il santo Viatico, l’Olio Santo, ed anche la C resim a, la quale non aveva an
cor ricevuta benché in età avan
zata. Con tutto ciò il m isericordioso Dio non lo volle ancora chiam are a sé : gli rendette la sanità, ed al presente il buon vecchio è il più fervoroso Cristiano della sua parochia. Ecco in qual modo la Chiesa fa le sue ven
dette.
(Rosier de Marie, n. 6, pag. 62, 67).
Brevi cenni sulla vita del canonico Giuseppe Cottolengo.
C haritas Cristi u rg e s n o s
Se t u , o cortese le tto r e , ti p orti nella nostra capitale verso il san
tuario della Consolata e discendi a l
quanto verso la D ora, ti si presenta allo sguardo u n a elegante statua in m arm o rap p resen ta n te un venerando sacerdote in atto di dare lim osina ad un poverello che dim anda aiuto. Que
sto sacerdote è il m araviglioso cano
nico Giuseppe Cottolengo della cui vita stiam o p er dare breve cenno.
Nacque egli in Bra, u n a fra le più religiose città del Piem onte addi 3 m ag
gio 1786 da Giuseppe Antonio Cot
tolengo e Benedetta S arotti nativa di Savigliano. Il genitore di lui occupato n e ll'am m inistrazione della discreta sua fortuna lasciò la cura dell’educazione di G iuseppe, prim ogenito che fu di dodici fig li, alla m adre donna di
EPISODIO XI.
m olta pietà, attentissim a ad educare la sua prole nel tim or santo di Dio.
Alle m aterne cure ben corrispose il figlio e fin da fanciullo dim ostrò pei poveri ed infelici una particolare p re dilezione. Tutto quello che riceveva in dono da’suoi genitori aprem io della sua docilità ed ubbidienza egli allegram ente distribuiva ai poveri poveretti come egli soleva dire. Erano queste come le prim e scintille di quel fuoco di a r
dentissim a ca rità che doveva più tard i incendiare tutta la bell’ anim a sua. At
tese con am ore ad im parare i rudim enti della lingua latina adem piendo con e- sattezza tutti i doveri di diligente sco
laro. Addì 5 dicem bre 1802 potè veder soddisfatto il suo vivissimo desiderio di consacrarsi intieram ente al servizio di Dio ed al sollievo degli infelici a- vendo in quel giorno ottenuto da’ suoi genitori e' dai su p eriori ecclesiastici di poter indossare l’abito ecclesiastico.
E ne era ben degno; poiché se l ’ab
b racciare lo stato ecclesiastico vuol dire sacrificare intieram ente se stesso per procurare la gloria di Dio e la
felicità del nostro prossim o niuno più del giovine Cottolengo sentiva potente in cuor suo questo spirito, dirò me
glio questo bisogno di sacrifizio. A mo
tivo delle continue guerre che afflissero in quei tem pi la nostra povera Europa e fors’anche a motivo di sanità i suoi studi clericali furono piuttosto irrego
lari e dovette attendervi in parte nella sua p atria e in parte nel sem inario di Asti alla cui diocesi apparteneva di quei giorni la città di B ra; nè li potè com pire che dopo nove anni dacché aveva vestito l'ab ito clericale.
Fu ordinato sacerdote nella cappella del sem inario di Torino da Monsignor Paolo Giuseppe Solaro già vescovo di Lucca, il giorno 8 giugno 1811 e l’in dom ani giorno sacro alla santissim a T rinità, di cui fu sem pre divotissimo, potè celebrare per la prim a volta il santo sacrifizio della Messa con quel fer
vore e con quell’allegrezza che i teneri sentim enti di pietà che 1’ anim arono sin da fanciullo non avran m ancato di proccaciargli. Egli la celebrò nella sua te rra natale ove rim ase sino al
4 L. C. - An. S II, F. II I .
novem bre del 1815 inteso a perfezio
narsi in ogni sorta di virtù, ben sa
pendo che non avrebbe potuto senza pericolo dim enticare più tardi intie
ram ente se stesso in prò' degli altri se prim a non si fortificava colla p ra
tica della m editazione e d ell’ esterna ed in tern a mortificazione. Nel novem bre del detto anno fu chiam ato al laborioso, ma in pari tem po nobilis
simo ufficio di vicecurato nella p a
roch ia di Cornegliano presso Alba.
Là egli seppe col zelante esercizio del suo m inistero, colla sua u m iltà , colla sua vivissima bram a di far del bene a tutti, conciliarsi tanta stim a e sincera affezione che oggidì ancora se ne conserva e se ne benedice la memo
ria. Ma dubitando egli nella sua p ro fonda m odestia di non essere ancora abbastanza istruito nelle scienze teolo
giche pensò di rip ren d ere il corso di teologia ed essendosi in quel tempo ap
punto rio rd in ati gli studi e riaperto il Real collegio della provincia di Torino egli vi si recò tosto come convittore a profittare di quel segnalato beneficio, a
com piere gli studi e a laurearsi in teo
logia. Ricevuta la laurea egli si restituì alla casa patern a in Bra ed ivi con gran zelo si adoperò al disimpegno dei mol
teplici e grandi doveri del l 'ecclesiastico m inistero assistendo con peculiare a- more gli inferm i nell’ospedale e sol
levando con cristiana ca rità ogni sorta d’infelici. Si preparavano allora in lui i germ i della grandezza che raggiunse dappoi, ma ciò in m aniere non viste, segrete, perchè i veri tesori della virtù non si trovano mai nello splendore di che ella talor si circonda ma bensì n e ll’oscuro e solitario asilo, che la n a sconde. Nell’anno 1818 essendo morto uno dei canonici della congregazione del Corpus Domini di Torino i m em b ri superstiti posero gli occhi su del nostro degno sacerdote e quantunque pienam ente sconosciuto di persona ai suoi elettori fu non di meno da essi anteposto ai Torinesi e chiam ato a far p arte della loro congregazione. Era la provvidenza che lo spingeva ed egli ubbidiva alla voce che lo chiam ava, ignaro di ciò che Ella dim andasse da
lui ma determ inato di far sem pre in tutto la volontà del Signore sicuro es
sere questa l’unica via p e r fare vero bene e molto bene. Predicare, confes
sare, visitare gli in fe r m i, sollevare i poveri, im piegare il resto del giorno e spesso anche la notte nello studio, n ella m editazione, nella preghiera fu rono le occupazioni sue durante i molti anni che egli passò in quella co n g re
gazione am ato e venerato da tutti.
Costretti a racchiudere in poche pa
gine la vita di un uomo che rich ie
derebbe volumi noi non faremo altro che accennare ciò che l’ha m aggior
m ente illustrata.
Nel giorno 2 settem bre 1827 trova- vasi in Torino proveniente da Milano sua patria e diretto a Lione Pietro P.... colla sua moglie Giovanna Maria G.... di Chazelle dipartim ento di Lione e con tre figli; erano alloggiati all’al
bergo della Dogana Vecchia. R epen
tinam ente am m alatasi la moglie fu trasportata all’ospedale di s. Giovanni, di là all’ospizio della M aternità, quindi nuovam ente all’albergo, perchè in forza
di alcuni rispettivi ordinam enti non poteva essere ricevuta nè in questo nè in quello dei due stabilim enti sovrac
cennati. Fosse il disagio del trasporto, fosse altra causa l'infelice donna ap pena riposta nel suo letto si trovò in pericolo im m inente di m orte. Manda- vasi tosto alla parochia del Corpus Do
m ini p er un prete e vi accorreva il canonico Cottolengo a porgere i soc
corsi della religione alla povera in
ferm a che cessò di vivere in sulla sera.
Testim onio il Cottolengo del luttuoso avvenim ento, delle sm anie della di
sperazione del m arito sventuratissim o dopo averlo confortalo come seppe me
glio si recò a pregare a pie’ d e ll'a l
tare della B. V. delle Grazie nella Chiesa del Corpus Domini. Di là ritirato si a casa espose ai canonici suoi colleghi il divisam ente di appigionare alcune stanze e tenere qualche letto preparato per accogliere m alati in condizione grave, siccome quella donna cui allora aveva assistito o altrim enti per dar rico vero ad infelici raccolti per le pubbli
che vie. Approvarono i canonici del Cor-
pus Domini la proposta del loro collega cui affidarono la cura principale dell’o
pera. Questa fu l ’origine di quella casa del m iraco lo , come la chiam ò il r e gnante Pontefice Pio IX, che prese p iù tard i il nom e di piccola casa della di
vina provvidenza. Nel 1828 s’ aperse l ’ inferm eria denom inata il deposito, nella casa detta della Volta Rossa e si com inciarono a ricoverare m alati che non potessero essere accolti negli spe
dali e che veram ente fossero a b b a n donati. Costretto il Cottolengo, stante il pericolo del cholera m orbus, a chiu
dere nel 1831 tem poralm ente il pic
colo ricovero aperto nel cortile della Volta Rossa egli confidato unicam ente nella provvidenza senza mezzi pecu
n iari si decise di trasportarlo fuori di città nel sito in cui ora si trova ma
ravigliosam ente accresciuto. Poco per volta m algrado delle previsioni in con
trario dei prudenti del secolo questa bella istituzione si dilatò e potè dedi
carsi alla cura d’ogni sorta d’infelici, inferm i, epilettici, sordo-m uti, storpi, fatui, im becilli, o rfa n i, giovani peri-
colanti, convertite, in breve: ogni sorta di m iserie fisiche e m orali trovarono e trovano in questa casa rim edio e con
forto. Ben oltre trenta m ila sono le per
sone che vennero soccorse quivi dalla divina provvidenza nel giro di poco più di trentanni che venne fondata questa casa e di presente contiene poco meno di due m ila individui che in varii spar- tim enti divisi (ventiquattro e più) vi
vendo dell’ altrui carità magnificano grandem ente la divina provvidenza.
Ora aggiungerò una parola sola su quella illim itata confidenza in Dio che fu, si può dire, perfetta nel Cottolengo.
Anzi tutto egli non voleva mai andare a riposo senza prim a avere tutto speso il denaro ricevuto nel giorno, osser
vando letteralm ente l’evangelico detto:
Non vogliate essere solleciti pel dimani.
Quando non poteva diversam ente egli lo dava in lim osina. Un giorno ad una suora che aveva nascosto un po’ di de
naro per poi usarlo in p rò ’ della fami
glia cui presiedeva diede un severo av
vertim ento. Egli tutto affidato alle prom esse di Dio che non sa rà mai per
a b b a n d o n a r e c h iu n q u e in lui confida n o n si la sc ia v a m ai s m a r r ir e a petto di tutti quei gravi ostacoli che n eces
s a ria m e n te doveva in c o n tra re e n e l l’im p re sa e n e l governo della g ran d io sa opera. Egli se m p re lieto, sem pre col suo bel Deo gratias sulle la b b r a metteva la confidenza in tutti q u a n ti lo avvici
navano. E b e n a rag io n e rispose il suo direttore di spirito ad alcuni suoi am ici che gli si eran o p rese n ta ti perchè lo d istornasse dall’ag g lo m e ra r tan ta gente senza aver mezzi sicuri p e r alim e n ta rla , che il Cottolengo si doveva la sc ia r li
bero nella su a azio n e , p e ro cch é ta n ta era la sua fede da s u p e r a r e quella di lutti i T o rin e si insiem e.
Quando stretto dalle m aggiori a n g u stie pei bisogni de’ suoi ricoverati il Cottolengo n o n aveva più u n a m o n eta da dare in elem o sin a agli estranei che a ccorrevano del continuo ad im p lo ra rla da l u i , egli (m irabile confidenza n e l
l’aiuto divino) distribuiva loro gli og
getti che p rim i gli capitavano sotto le m a n i ; ed allora p en sav a agli in g ra n -
di m enti q u a n d o m a g g io re e r a il difetto di mezzi p e c u n ia rii.
Diciamo o r a della su a m orte. Nel giorno 21 a p rile 1842 affranto il Cot- tolengo dalle gravi fatiche sopportate p e r assistere i molti m alati di tifo che eran o nella c a s a , assalito egli stesso dal m orbo m ic id ia le , dopo a- v er benedetto p e r l ’u ltim a volta i suoi c a r i, uscì dalla chiesa accom pagnato dalle la g rim e di tutti che tem evano g ra n d e m e n te della vita di lui. Il m e dico lo esortava a m ettersi a letto, m a egli rifiutava dicendo che le m edicine n o n gli avreb b ero giovato, che Dio vo
leva u sare a n c h e a lu i m ise ric o rd ia e si recò a Ghieri presso del degno suo fratello teologo Luigi canonico di quella Collegiata. Non tardò a ragg iu n g erlo il medico, m a to rn a ro n o v ane le cure.
Egli a n d av a dicendo al suo fratello ad
dolorato : Ebbene, se Dio mi vuole, ec
com i a l u i ; cred i tu che alcun affetto m i t ra tte n g a q u a g g iù ? No, sono sciolto da tutto, son pronto alla voce divina : In D om ino!
Lo assale il delirio, m a an c h e allora
va esclam ando : P aradiso ! P aradiso ! Vergine santa or tocca a v o i! e rip e tendo p e r b e n due volle le belle parole del salm ista m i sono allegrato all’an
nunzio della m ia partenza per la casa del Signore so rrid e n d o spirò la sua b e l l ’a n im a alle ore otto p o m e rid ia n e del sabbato 30 aprile nel detto a n n o 1842.
Ma egli vive tu tto ra : vive in cie
lo ove h a raccolto il prem io della s u a a rd en tissim a carità, della sua fede illim itata: vive nella m e m o ria di q u a n ti il conobbero o u d iro n o p a r la r e di lui, vive nella ric o n o sc e n z a di quanti fu
ro n o da lui beneficati, vive n ell’op era su a m aravigliosa che ben lungi d all’e- stinguersi con lu i, com e pensavano i p rudenti del secolo, si va ogni giorno in g r a n d e n d o : vive finalm ente in modo p a r tic o la rm e n t e sensibile fra noi p e r molti celesti favori che og n i giorno a su a in tercessio n e s’ in vocano e si ot
tengono. Im p e rc io c ch é la santità della sua vita, l ’esercizio eroico delle virtù, l ’efficacia delle sue pre g h ie re che spesso p ro v aro n o m e n tr e e ra in vita eccitarono fedeli cristian i ad invocarlo dopo m orto
con g ra n frutto. P e r questo motivo la Chiesa iniziò il processo di sua b e a tificazione, e da oltre due a n n i si stanno e sa m in a n d o le virtù e ro ich e da lui p r a ticate i n vita e le grazie n o n o rd in a r ie a sua in tercessio n e ottenute dopo m o r t e.
F a c c ia Iddio che la c a rità di questo fe
dele servo del Signore ab b ia molti a m m ira to ri e m olti seguaci e chi trovasi in qualche bisogno sp iritu ale o te m porale faccia con fiducia rico rso a lui e p ro v e rà c e rta m e n te gli effètti della ef
ficace sua protezione presso Dio (1).
(1) S offocan d o co n tin u a m e n te i p en sie r i che la profond a am m ira zio n e p el C ottolen go ci su g g e r iv a e n o n c o n se n te n d o c i il b r e v e sp azio di sc r iv e r li, n o i abbiam o racco lte q u este b r e v e n o tiz ie su l se r v o di D io in d u e op erette ch e si v en d on o al p rezzo di c e n te sim i 60 cadauna p r e sso la lib r e r ia P ie tr o di G. M arietti, a b en efizio d ella cau sa d ella su a b ea tifica zio n e. L’una è l ’e lo g io fu n eb re le tto dal ca n o n ico R enaldi ora V escovo di P in e r o lo , l ’ altra è il d isco r so d e l V escovo di M on d ovi p ron u n ciato n e l l ’ a p ertu ra d el p ro
c e sso d e lla b ea tifica zio n e. N oi ad e s se rim an d iam o i n o stri le tto r i e o ltrech é tro v era n n o una b en dolce ed u tile lettu ra aiu teran n o pure l ’o p era santa da lu i fondata.
Il segno d ella santa Croce Un Missionario scrive da Boston città dell’A m erica in data del 20 l u glio dell’a n n o 1863 il fatto seguente.
Nel giorno in cui e r a succeduto un forte com battim ento tr a gli A m ericani del Sud e del Nord, il g enerale Smith dell’esercito di u n a p a rte belligerante, arriv av a troppo lardi p e r sapere quale e r a la p a ro la d’ordine, o come dicono il segno d i passaggio. Prev ed en d o egli che avanzandosi si esp o rreb b e al fuoco della sua parte, si p re s e n ta alla testa del suo Corpo , e d o m a n d a se v’ h a q u alcuno che a b b ia il coraggio di s a crificare la sua vita p e r salvare quella di molti. Un giovine soldato usci dalle file, offrendosi pronto a fare quello che il ge n e ra le desiderava. Il g e n e r a l e , rin c re sc e n d o g li di esp o rre a sì grave pericolo u n giovane di sp e rim e n ta ta v i r t ù , gli mosse qu alch e difficoltà, quasi p e r allontanarlo, se fosse stato
EPISODIO XII.
possibile, da quella ero ica risoluzione;
Sai tu che cosa fa i? gli disse s o r r i dendo il Generale
« Sì, g e n e ra le !
« Ma ti am m azzeranno.
« Sì, g e n e ra le !
Allora il generale S m ith scrisse so
p r a un foglio di c a r ta : m a n d a te m i il segno. Generale Smith.
Il coraggioso eroe in mezzo all’ u niv ersale stupore de’ suoi c o m p a g n i , rip o n e il suo biglietto in tasca e s’av
v ic in a con passo sicuro alle sentinelle avanzate.
« Chi è là ?
« A m ico! risp o n d e con voce f ra n c a
« Dà il segno ! gli viene soggiunto.
Il giovane colà che si portava a p p u n to p e r sapere qual fosse il se
gno , senza d ir n u lla s’ avanza e tutti i fucili si s p ia n a n o contro di lui. Si r ic o r d a in quel m om ento delle p a ro le della m adre, che gli diceva , n e ’tuoi pericoli r ic o r r i alla protezione del Cielo, e ne uscirai sem p re salvo.
F a in fretta il segno della croce, alza la m a n o destra al Cielo e ra c -