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Centrodestra: Draghi sì o no?

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Academic year: 2022

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NAZIONE FUTURA

Allegato gratuito alla rivista di approfondimento politico, economico e culturale Nazione Futura - www.nazionefutura.it

di

FRANCESCO GIUBILEI

TRE SCENARI PER RIMANERE TUTTI UNITI

L

a scelta di Mattarella di incaricare Mario Draghi per la formazio- ne di un nuovo governo ha generato una spac- catura nel centrodestra difficil- mente sanabile se, come sembra ormai evidente, la strada sarà quella di un esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce.

Lo scenario che si profila è un governo di larghe intese forma- to da Pd, Italia Viva, Forza Italia con un possibile appoggio an- che da parte della Lega, mentre il Movimento Cinque Stelle e Fratelli d’Italia andranno all’op- posizione.

Certo, in un panorama in co- stante evoluzione come quello attuale, è difficile definire un perimetro con esattezza, potreb- be verificarsi anche una spacca- tura in seno ai grillini con l’ala più governista facente capo a Di Maio favorevole a sostenere Draghi e le componenti legate a Di Battista determinate ad anda- re all’opposizione. Se ciò si veri- ficasse, considerando l’appoggio di Forza Italia, centristi, gruppo misto e una parte dei Cinque Stelle, si potrebbero trovare i nu- meri anche senza la Lega che a quel punto potrebbe offrire un appoggio esterno.

Mentre Giorgia Meloni ha chiu- so ogni porta all’ipotesi di un go- verno di larghe intese ribadendo la propria linea di elezioni subi- to, Matteo Salvini, pur ribaden- do che la strada più auspicabile è il voto, intervistato al "Corriere della Sera", si è dimostrato aper- turista: “Draghi? L’ho detto an- che a lui, non conta il nome ma cosa vuole fare”.

In seguito su Omnibus a La7 ha elencato alcune proposte come

"taglio di tasse e burocrazia",

"flat tax al 15% per famiglie e im- prese", "azzeramento del codice degli appalti", "rottamazione di 50 milioni di cartelle esattoriali".

Per il leader della Lega "si pos- sono stabilizzare migliaia di insegnanti precari" e "bisogna garantire il diritto alla salute e...

Continua a pag. 3

Così finisce (finalmente) l’era grillina

G

ià due volte negli ultimi 10 anni l'Italia si è trovata di fronte ad una crisi drammati- ca dal punto di vista politico, economico e sociale. E stavolta anche sanitario. Come nel 2011, così oggi, si è scelto, per affron- tarle, di affidarsi a un governo tecnico che piacesse più all'este- ro che in patria.

Questo significa che il potere decisionale non sia di casa in questo Paese, ma anche che la politica debba fare mea culpa.

Perché ritrovarsi con le spalle al muro di fronte alla scelta di sostenere Mario Draghi (e ma- gari venire meno alle promesse fatte agli elettori) o passare per

"irresponsabili" significa aver sbagliato strategia. Certamente, vuol dire essere stati disposti a partecipare a quel gioco al mas- sacro politico e comunicativo che fa schizzare i sondaggi ma uccide la dialettica.

Da quando il paradigma grilli- no ha messo piede nei Palazzi, la demonizzazione dell'avver- sario tipica della stagione ber- lusconiana ha fatto un salto di qualità. È diventata multipola- re. Perché il classico "mai con Ti-

zio" si è trasformato in "mai con Tizio, ma nemmeno con Caio, e con Sempronio solo se c'è un contratto". A loro volta, gli op- positori hanno preso parte allo psicodramma. La morte della politica è coincisa con l'arrivo della pandemia. In qualunque altra situazione storico-politica si sarebbe potuta e dovuta tro- vare una soluzione di concerto tra maggioranza e opposizione.

In nome dell'Italia. Ma in que- sti equilibri tra litiganti diventa impossibile. E così bisogna affi- darsi al "tutore legale". La vera novità di questa scelta "tecnica", però, è che pone fine all'epopea grillina. Il malcontento post-

di DANIELE DELL’ORCO 2011 l'aveva avviata, il 2021 la

chiude. La politica costretta a benedire Draghi è la stessa che ha avuto un rigurgito anti-Casa- lino, anti-Azzolina, anti-dj Fofo, anti-Toninelli, anti-Di Battista.

È la stessa che fa ammenda ac- cettando di essere trattata con pietà dal Colle pur di far fuori tutti questi corpi estranei. In un colpo solo. Con Di Maio e gli altri profili che hanno tentato di

"ripulirsi" costretti alla diaspora o alla dannazione.

È la notte dei lunghi coltelli isti- tuzionale, che ricolloca il M5S nel posto che merita: l'oblio.

Tutti gli altri si spera, però, che abbiano imparato la lezione.

Centrodestra: Draghi sì o no?

editoriale

CON L'EX PRESIDENTE DELLA BCE A PALAZZO CHIGI CAMBIA L'EQUILIBRIO TRA I PARTITI

Liberali, sovranisti e conservatori hanno partecipato uniti alle Consultazioni. Ma ora Lega, FdI e FI devono scegliere

CON LA CRISI DI GOVERNO SPARISCONO GLI "IMPRESENTABILI"

di

ALESSANDRO CAMPI

a pag. 2

" Perché occorre sostenere il

governo tecnico "

di

ALESSANDRO MELUZZI

a pag. 4

" È un profilo che piace ai burocrati "

Con i contributi di:

CORRADO OCONE

a pag. 3

PAOLO BECCHI

a pag. 4

GENNARO MALGIERI

a pag. 5

(2)

«Un centrodestra europeista per sostenere Mario Draghi»

INTERVISTA AL PROF. ALESSANDRO CAMPI

di

FEDERICA MASI

P

rofessor Campi, ieri il Presidente Mattarella ha aperto la strada a un go- verno di “alto profilo” e la scel- ta è ricaduta su Draghi. È la via maestra per risollevare Paese?

Finito male il “mandato esplo- rativo” assegnato al Presiden- te della Camera non restavano molte altre opzioni, una volta esclusa – mi sembra in modo chiaro e anche con buone ra- gioni – quella di un ritorno immediato alle urne. Perso- nalmente, ho sempre pensato che essendo in una condizione di gravissima emergenza sa- nitaria, sociale ed economica (come ci viene continuamente ripetuto), l’alternativa a Con- te – una volta entrata in cri- si la sua maggioranza – non possa essere che quella di un esecutivo di salvezza nazio- nale. Con un programma d’a- zione circoscritto e sostenuto da tutte le forze politiche che hanno a cuore il futuro dell’I- talia. I governi cosiddetti del

“cambiamento” (prima quello giallo-verde, poi quello gial- lo-rosso) sono miseramente naufragati a causa delle loro contraddizioni interne. Non resta che prenderne atto, tenu- to conto di quello che nel frat- tempo è successo – in Italia e nel mondo – con l’aggravarsi dell’emergenza pandemica.

Quale dovrebbe essere il po- sizionamento del centrodestra per accreditarsi come forza responsabile? Quali le moti- vazioni per cui il centrodestra deve appoggiare Draghi?

Capisco l’insistenza sul voto, ma sono convinto che al mo- mento non ci siano le condizio- ni – sul piano politico generale, degli impegni istituzionali che aspettano l’Italia e della sicu- rezza collettiva – per recarsi alle urne e per fare una campagna elettorale che rischierebbe di essere, al tempo stesso, falsata e altamente divisiva. Ciò signi- fica che per il centrodestra non resta che una strada: risponde- re positivamente all’appello di Mattarella e sostenere il gover- no di Draghi. Al quale natural- mente non si deve dare alcun appoggio incondizionato o al buio. Al quale bisognerà evi- dentemente porre delle condi- zioni. Ma col quale occorre pur sempre collaborare realmente.

Il centrodestra già si vede al governo quando un giorno, prima o poi, si voterà (lo dico- no tutti i sondaggi): ma il pro- blema del centrodestra, come

mostra l’esperienza degli ulti- mi 25 anni, non è vincere, ma governare. Il governo Draghi potrebbe essere l’occasione per un riposizionamento in chia- ve europeista delle due com- ponenti principali dell’attuale centrodestra: Lega e Fratelli d’Italia. Inutile girarci intorno:

l’anti-europeismo declamatorio e demagogico, la retorica sui poteri forti, gli ammiccamenti ai populismi autoritari in giro per il mondo si addicono a una forza di opposizioni non a chi voglia guidare un paese come l’Italia, sgangherato quanto si vuole, ma pur sempre inserito in un contesto di rapporti e re- lazioni internazionali dal qua- le semplicemente non si può prescindere. Non perché esso rappresenti una gabbia che ci è stata imposta, ma perché co- stituisce parte integrante della nostra identità politica, storica e culturale. A partire appunto dalla nostra collocazione in Eu- ropa. Il sovranismo, per come io lo vedo, mi è sempre parso una caricatura del nazionali- smo positivamente inteso. Gli interessi nazionali dell’Italia si difendono all’interno del con- certo europeo, avendo la capa- cità di faro, non immaginando di uscire dall’euro o sognando di avere Putin come principale alleato. I leader del centrode- stra sanno benissimo quale sia loro punto debole sul piano della credibilità internazionale:

ci sono già passati. Occasione di più per lasciarsi alle spalle la facile propaganda e per accre- ditarsi come forza di governo per davvero seria, affidabile e responsabile. Aggiungo infi- ne che chiedere solo e soltanto elezioni, elezioni, elezioni non è una affermazione di demo- crazia, ma la prova che sem- plicemente non si riesce a con-

tare nel gioco politico. A furia di chiamarsi sempre fuori alla fine si rischia di stancare anche i propri elettori.

Secondo il suo punto di vi- sta, il governo Draghi potreb- be riassestare anche gli equi- libri in Europa?

Non chiediamo troppo a Dra- ghi. La sua autorevolezza in Europa è indubbio. La sua pa- rola avrà certamente un peso diverso da quello di Conte o di qualunque altro politico ita- liano. È dunque probabile che possa contribuire a ridefinire gli equilibri europei a favore dell’I- talia. Ma ciò potrà accadere solo se sarà politicamente sostenuto da una significativa maggio- ranza. Un uomo da solo, o che dovesse apparire ostaggio dei partiti e dei loro cattivi umori, non può fare nulla.

Consideriamo invece il Mo- vimento 5 Stelle, intenzionato a non dare la fiducia a questo nuovo governo. È il preludio della morte definitiva del Mo- vimento o di una parte di esso?

Il Movimento 5 Stelle è in cri- si irreversibile da mesi. La sua parabola discendente è comin- ciata il giorno dopo la trionfale affermazione del 2018, quando fece il pieno non di consensi politici, ma della rabbia sociale e dello spirito di risentimento circolante nel Paese. Furono votati anche con una qualche speranza di cambiamento, ma non si cambia davvero un Pae- se predicando il “tutti a casa”, auspicando arresti di massa, minacciando di sfasciare tutto, inveendo contro il prossimo ed elevando il dilettantismo a virtù civica. E infatti quell’onda ha cominciato subito a rifluire, specie quando si è cominciato a vedere da chi fosse realmen- te composta la classe dirigente di quel partito e quanto fosse

opaca la sua stessa organizza- zione interna. La fine del go- verno Conte è probabilmente anche la fine di un equivoco o, se si vuole, di un gigantesco abbaglio collettivo. Ne avremo a guadagnare tutti, compresa la lingua italiana, che mai fu tanto straziata come nell’uso che ne hanno fatto in pubblico i gril- lini. E chi male parla e scrive, male pensa e argomenta.

Nella giornata di ieri si voci- ferava l’eventuale formazione di una nuova componente di centrodestra con alcuni depu- tati in quota M5S, tra cui Emi- lio Carelli. Andrà a buon fine?

Anche nel caso del costituen- do governo Draghi il proble- ma saranno i numeri al Senato.

Non so valutare quanto sia im- portante l’iniziativa di Carelli, che mi sembra una figura piut- tosto isolata. E comunque le manovre al centro sono inizia- te da un pezzo, anche se ser- vivano a sostenere Conte, non Draghi. Ora lo schema di gioco è drasticamente cambiato: la soluzione della crisi sta nelle mani dei partiti organizzati, quel che ne resta, non in quelle dei transfughi in Parlamento.

Renzi è stato il padre e il di- struttore del governo Conte. È il vinto o il vincitore?

Ha vinto nella misura in cui ha conseguito il suo obietti- vo principale: mandare a casa Conte, da lui definito – non dimentichiamolo – un proble- ma per la tenuta democratica del Paese. In queste settimane, il capo di Italia Viva, pur con tutti i difetti che gli si possono riconoscere e le leggerezze gra- vi che ha commesso sul piano politico-personale (tipo pre- starsi a un pubblico incontro con un satrapo mediorientale presentato come un riformista e l’alfiere di un nuovo rina-

scimento), ha dimostrato una determinazione e una capacità di manovra politica che i suoi avversari, a partire proprio da Conte, non hanno avuto. Ciò detto è anch’egli uno sconfit- to, come l’insieme dei partiti e dell’attuale classe politica, nel- la misura in cui, per risolvere la crisi, ci si è dovuti affidare ad una personalità esterna o super partes come Mario Dra- ghi. Ancora una volta la tecnica dovrà supplire la politica. Ma se questo accade inutile pren- dersela con i poteri forti o con i condizionamenti internaziona- li: dipende solo dalla fragilità, divenuta drammatica in occa- sione di questa crisi, del nostro sistema politico-istituzionale.

Se dovessero confermare la discesa in campo di Mario Draghi, cosa ci sarà nell’agen- da politica?

Le priorità (peraltro sotto gli occhi di tutti) credo siano quelle indicate dal Presidente Mattarella allorché ha invitato i partiti a sostenere un esecu- tivo di alto profilo: contrastare il diffondersi della pandemia, portare a compimento nel più breve tempo possibile il piano vaccinale, mettere a punto il progetto strategico di investi- menti che l’Europa ci chiede per concederci i finanziamenti previsti dal Recovery Plan, pre- disporre un piano di rilancio per l’economia italiana in vista del dopo-virus sapendo che non ci si può affidare, per la ri- partenza, solo agli incentivi di- stribuiti a pioggia. Poche cose ma urgentissime e decisive.

Dopo il governo Draghi, che dovrà traghettare il Paese ver- so una ripresa, si potrebbe re- stituire la parola agli italiani prima del semestre bianco?

Si può anche immaginare che quello di Draghi sia un go- verno cosiddetto di scopo, anche se non lo si può consi- derare per definizione un go- verno a tempo o a scadenza prefissata. Non lo prevede la Costituzione e Draghi non accetterebbe. La sua durata eventuale dipenderà da molte cose, a partire dall’andamento della pandemia e da quello che potrebbe accadere, già nella prossima primavera, sul piano sociale. Sono tra quelli convin- ti che il rischio di rivolte e pro- teste di massa, causate dalla crisi economica, sia particolar- mente alto: rischio che andrà gestito politicamente, nel caso dovesse materializzarsi, non certo sul piano del solo ordine pubblico. Quanto al semestre bianco, prima o poi bisognerà abolire questo anacronismo costituzionale.

Alessandro Campi, professore ordinario all’Università degli Studi di Perugia

2 SPECIALE CRISI DI GOVERNO NAZIONE FUTURA

(3)

«Un centrodestra europeista per sostenere Mario Draghi»

di

FRANCESCO GIUBILEI

... vaccino per coloro che lo desi- derano".

Una vera e propria road map da realizzare "in queste settimane o mesi che ci accompagnano al voto il Parlamento può e deve fare alcune cose che servono all'Italia" aggiungendo “non dico no a pregiudiziali, dico:

guardiamo i temi”.

Se da un lato Salvini, spinto dall’area più istituzionale della Lega, potrebbe dare il proprio appoggio a Draghi, dall’altro teme di perdere il consenso delle componenti più sovraniste che si potrebbero avvicinare a Fra- telli d’Italia.

È chiaro che mettere mano alla gestione dei fondi del recovery fund e aver voce nell’elezione del prossimo Presidente della Repubblica sono elementi im- portanti ma ci sono altri aspetti da tenere in considerazione.

Anzitutto l'attuale momento sto- rico con la pandemia che ha fatto saltare tutti gli schemi, in secon- do luogo le parole del Presiden- te della Repubblica che sembra- no aver chiuso la possibilità di andare alle urne a breve.

Il rischio per i partiti di centrode- stra di non appoggiare un gover- no Draghi è quello di venire iso- lati e marginalizzati, soprattutto alla luce di una nuova sensibilità na determinata dalle conseguen- ze sanitarie e socio-economiche del coronavirus. Inoltre c'è la possibilità di scongiurare una riforma elettorale in senso pro- porzionale che complicherebbe il percorso per il centrodestra quando si voterà.

Ci sono però anche altri aspetti che non si possono sottovaluta- re: aderire a un governo con il Pd e la sinistra potrebbe essere mal visto da un parte dell’elettorato, è vero che Mattarella ha parlato di un governo non politico ma alla base vi sarebbe comunque

un accordo di carattere politico.

Tra le principali remore in seno a una parte del centrodestra vi è il timore che un governo Draghi possa rappresentare un Monti bis ma le differenze sono molte- plici a partire dal diverso perio- do storico che stiamo vivendo.

Draghi si è dimostrato in varie occasioni contrario a posizioni dogmatiche sull’austerity, cele- bre il suo “whatever it takes” ma altrettanto significativo l’articolo pubblicato a marzo dello scorso anno sul “Financial Times”.

Vale la pena, alla luce del nuovo incarico, rileggere alcuni passag- gi del suo intervento, anche per capire in quale direzione si po- trebbe muovere un ipotetico ese- cutivo a guida Draghi: “Livelli di debito pubblico molto più eleva- ti diventeranno una caratteristi-

ca permanente delle nostre eco- nomie e andranno di pari passo con misure di cancellazione del debito privato. Il ruolo dello Sta- to è proprio quello di usare il bi- lancio per proteggere i cittadini e l’economia dagli shock di cui il settore privato non è responsabi- le e che non può assorbire”.

Posizioni molto diverse da quel- le di Monti come testimonia uno dei passaggi dell’articolo “i debiti pubblici cresceranno, ma l’alternativa – la distruzione per- manente della capacità produt- tiva e quindi della base fiscale – sarebbe molto più dannosa per l’economia e, in ultima analisi, per la credibilità dei governi”.

La seconda ipotesi per il cen- trodestra è l’opposizione al governo Draghi continuando a chiedere elezioni, se il centro-

destra rimanesse compatto su questa linea, appoggiato anche dal Movimento Cinque Stelle, potrebbe essere un’alternativa, il problema è che Forza Italia si spaccherebbe e un’opposizione granitica all’ipotesi Draghi da parte dei grillini non è certa.

Se una parte del centrodestra deciderà di perseguire la strada dell’opposizione, su un punto non si può essere ambigui, bi- sognerà farlo in modo respon- sabile evitando complottismi, posizioni in stile "contro l’uomo delle banche e della finanza” o contro “l’uomo dei poteri forti”.

Una linea di questo genere risul- terebbe del tutto controprodu- cente, la stagione del populismo, dei toni strillati, se qualcuno ancora non se ne fosse accorto, è terminata e il fallimento del

M5S ne è l’emblema.

Perciò, se FdI e la Lega deci- deranno la strada dell’opposi- zione, dovranno farlo in modo costruttivo senza adottare toni controproducenti nella consa- pevolezza che ciò porterebbe a un cordone sanitario, a un isola- mento e una marginalizzazione dalle conseguenze imprevedibi- li. Alla lunga potrebbe verificarsi anche a una crescita di consenso ma occorrerebbe prepararsi a una lunga traversata nel deser- to. Di contro potrebbe anche avvenire l’effetto opposto con una presa di distanza da parte di un'ampia compagine dell'e- lettorato, in particolare i mondi che hanno permesso ai partiti conservatori e sovranisti di rag- giungere importanti percentuali elettorali allontanati da una li- nea di opposizione perpetua.

A dire il vero c’è una terza strada che si profila per Lega e FdI ed è l’appoggio esterno senza entrare in maggioranza, non assumen- do perciò ruoli di governo ma valutando di volta in volta le mi- sure adottate dal governo.

Di sicuro occorre scegliere una posizione senza paraocchi ideo- logici, ponderando con attenzio- ne le conseguenze e cercando di valutare tutti gli scenari possibi- li. La crisi di governo e la scel- ta di Draghi, sono l’ennesima conferma che stiamo vivendo un periodo storico in cui il con- testo politico cambia in modo repentino e il consenso elettora- le registrato dai sondaggi muta con una velocità inaspettata, una scelta sbagliata oggi potrà rivelarsi compromettente per il futuro.

Sergio Mattarella e Mario Draghi a colloquio

Una strategia unitaria per non farsi dividere

APPELLO ALLA CREAZIONE DI UN'IDENTITÀ VINCENTE

Insensato continuare solo ad invocare il voto La destra scelga quale sarà il suo futuro politico

F

a una certa impressione, per chi come me ha criti- cato la politica ideologica della sinistra, vedere riprodotti gli stessi schemi anche a destra.

E, fra l’altro, ma questo è un merito, senza l’ipocrisia che al- ligna dall’altra parte.

La politica, in effetti, si fa con una visione ideale solida e co- erente, da una parte, e un’a- derenza al principio di realtà, dall’altra. Gridare oggi alle elezioni non ha perciò nessun senso politico, se non quello di ricompattare le forze avverse.

Intanto, bisogna prendere atto che un primo sconfitto dell’az- zardo renziano è stato quel patto fondato su statalismo as- sistenzialistico e giustizialismo che legava Conte (e il “partito dei giudici”) alla sinistra sini- stra e all’ala radicale dei grillini.

Ed è una buona notizia per l’interesse nazionale. Seconda- riamente, tutto sommato non conviene nemmeno alla de- stra, ammesso e non concesso che ci fossero state elezioni che l’avrebbero premiata in modo tanto netto da darle il governo del Paese, ereditare le macerie in cui siamo; e per giunta (so-

prattutto a livello della Lega, cioè del partito più grande), senza ancora avere avuto il tempo di maturare una identi- tà chiara e un programma pre- ciso e conseguente di proposte per far uscire l’Italia dal buio profondo in cui è precipita- ta. Senza contare che il lavoro di sistema (amministrazione, giustizia, semplificazione bu- rocratica e legislativa) che ci è richiesto è davvero titanico e non può essere appaltato a una sola parte politica.

Affidare il “lavoro sporco” alla persona più capace (e con più relazioni internazionali) che

abbiamo, ovviamente a deter- minate e precise condizioni (sia programmatiche sia relati- ve alla scelta dei nomi); spiega- re bene agli italiani le proprie scelte; lavorare alla definizio- ne di una identità vincente da far pesare in campagna eletto- rale quando, al termine della legislatura, si dovrà andare necessariamente al voto; fare tutto questo, mi sembra la scel- ta più saggia da fare. Non solo per evitare al Paese il default, ma anche per assicurare alla destra un futuro politico di go- verno e di realizzazione pratica delle proprie idee.

ADESIONE AL GOVERNO, OPPOSIZIONE O APPOGGIO ESTERNO

di CORRADO OCONE Escluso il voto dall’orizzonte delle alternative dal Capo del- lo Stato, giusta o sbagliata che sia questa decisione, non si può non prendere atto della situa- zione. E soprattutto prendere atto che è completamente cam- biato lo schema di gioco, sia ri- spetto ai tempi in cui nacque il primo sia rispetto a quelli in cui si è svolto il secondo governo Conte.

O ci si inserisce in questo gio- co; o si rischia concretamen- te, in nome di una concezione astratta, e cioè ideologica, della politica, di stare all’opposizio- ne per altri chissà quanti anni.

prosegue dalla prima

(4)

di

DANIELE DELL'ORCO

P

rof. Meluzzi, è Mario Draghi l'uomo giusto per far uscire l'Italia dall'im- passe?

La situazione in cui ci troviamo oggi è il risvolto naturale di ciò che era legittimo attendersi vista la direzione intrapresa ormai da tempo. L'incarico a Draghi è l'e- spressione più compiuta e com- pleta di un potere sovranaziona- le che parte da Bruxelles e passa attraverso la finanza.

Lo scenario da incubo per tutti i partiti di centrodestra...

Be', come ricordava il Presiden- te Cossiga in un intervento in tv tornato d'attualità in queste ore, Draghi è pur sempre un uomo di Goldman Sachs.

Lontano anni luce dalle idee dei Meloni, dei Salvini, dei Bagnai, dei Borghi.

L'uomo giusto per chi ritiene che la salvezza dell'Italia risieda nel- le stanze della BCE.

L'uomo sbagliato per chi da sempre auspica un ruolo meno pervasivo delle istituzioni euro- pee negli affari italiani.

Essendo questi due estremi molto lontani tra loro, nel mez- zo ci sono parecchie sfumature.

Potrebbero spaccare la coalizio- ne?La posizione del centrodestra al momento resta la stessa mostra- ta all'inizio delle Consultazioni.

Ora di fronte alla scelta di Mat-

tarella bisognerà riflettere.

Oltre a cacciare Conte e spac- care il M5S, mettere il centrode- stra con le spalle al muro era nei piani di Renzi fin dall'inizio?

Renzi si è rivelato un geniale tattico della politica, per molti aspetti il migliore in circolazio-

ne, anche se può darsi che al- cuni effetti delle sue mosse non fossero proprio pianificati. Ho la sensazione che si sia confermato come l'uomo in grado di rovi- nare feste anziché costruirle, un po' come il Jep Gambardella di Sorrentino. Tuttavia, ritengo che

alla lunga i tatticismi da soli non possano bastare.

L'ultimo passo per la realiz- zazione del suo sogno politico è la concessione della fiducia al governo Draghi, anche se al momento i numeri riportano una strada ancora in salita. È così scontato che la ottenga?

Rispetto al Conte-bis (specie al Senato) al sostegno del Mo- vimento 5 Stelle si è sostituito quello di Italia Viva, dei "respon- sabili" e forse di Forza Italia, ma nonostante le frizioni tra i grillini sono convinto che alla fine la fi- ducia la otterrà senza problemi.

Addirittura?

Lei consideri sempre che il Par- lamento è pieno di gente che deve campare, almeno per una parte di loro lo scioglimento delle Camere rappresenterebbe una catastrofe. Una maggioran- za, seppur raccogliticcia, si tro- verà di sicuro.

Se così non fosse?

Significherebbe che per la politi- ca c'è ancora speranza. Che po- trebbe recuperare la sua dimen- sione e avere un futuro.

Come rischia di cambiare lo

scacchiere politico?

La storia dei grandi profili del- la Prima Repubblica, da Craxi ad Andreotti, da Togliatti a De Gasperi, insegna che quando si entra in una crisi di governo non si sa come si esce. Rientra nella normalità delle cose che in situa- zioni limite alcuni equilibri pos- sano cambiare, ma potrebbero essere anche dei ricollocamenti momentanei.

La crisi politica del 2011 e l'arrivo di un governo tecnico, quello guidato da Mario Mon- ti e dalle sue riforme "lacrime e sangue", ha dato origine a un malcontento così diffuso da fare da volano per l'ascesa del Movimento 5 Stelle. Stavolta cosa potrebbe succedere?

La pandemia ha portato troppe persone sull'orlo della dispera- zione. Senza una grande rotta- mazione delle cartelle esattoria- li, senza una seria protezione dei posti di lavoro quando scadrà il blocco dei licenziamenti, senza la gestione oculata dei fondi del Recovery Fund a sostegno del- le imprese, stavolta si rischierà davvero la rivoluzione.

Alessandro Meluzzi, psichiatra e scrittore

«Le cheerleader della BCE

ora possono esultare»

INTERVISTA AL PROF. ALESSANDRO MELUZZI

4 SPECIALE CRISI DI GOVERNO NAZIONE FUTURA

IL MANIFESTO ECONOMICO DI DRAGHI PUBBLICATO SUL "FINANCIAL TIMES"

Non è più l'artefice delle privatizzazioni

Su banche e finanza ha una visione innovativa

di

PAOLO BECCHI

A

tirar troppo la corda si rischia di romperla, e così è successo. L’ipo- tesi elezioni anticipate c’è, ma il Presidente della Repubblica sta facendo di tutto per evi- tarle. Le sue argomentazioni potranno convincere o meno, ma, se vogliamo essere onesti, non sono del tutto campate in aria. Le emergenze di cui egli ha parlato ci sono realmente. E chi può dubitare sulla necessità di un governo autorevole per affrontarle? Quello che semmai poco si comprende è perché il Presidente non abbia neppure preso in considerazione l’ipote- si di un incarico “esplorativo“, alla seconda carica dello Stato, il Presidente del Senato, per sondare la possibilità di un go- verno di centrodestra.

Sia come che sia, Sergio Matta- rella oggi punta su Mario Dra- ghi per un governo che sia di alto profilo ma che comunque dovrà pure avere i numeri in parlamento per governare. E qui ora è iniziata la nuova par- tita, con il partito allo sbando, formalmente di maggioranza

relativa, il M5S, che sembrereb- be tirarsi fuori. Che fare? Pun- tare alla sfiducia a Draghi per andare dritti dritti e subito alle elezioni? Certo questa è una via. “La sovranità appartiene al popolo…”. Ok, ma è una avventura piena di insidie, il ri- sultato è tutt’altro che scontato e con questa legge elettorale un centrosinistra unito con Conte, nella nuova veste di Prodi, po- trebbe giocarsela, certamente al Sud. E se per caso Salvini col centrodestra riuscisse pure a spuntarla lo massacrerebbero subito dopo, con i mezzi che bene conosciamo.

Per questo penso che l’ipotesi Draghi andrebbe seriamen- te meditata, non per “subire”

Draghi, ma per intestarsi il me- rito di questa soluzione. E le elezioni? Nulla vieta un patto tra gentleman per andare ad elezioni dopo aver riportato sotto controllo la situazione, e al massimo nella primavera del prossimo anno.

Draghi non è certo senza pec- cato (ma chi è senza peccato scagli la prima pietra), può es- sere criticato per il ruolo svolto nelle privatizzazioni degli anni

Novanta, per il ruolo avuto nel 2011 nella caduta del governo Berlusconi, e certo per tante altre cose, non ultima quella di aver salvato l’euro (ma per la verità oggi tutti o quasi sono contenti, perché con il quanti- tative easing ha salvato anche noi) ma si tratta di una persona che ha ricoperto i ruoli più im- portanti che esistono a Banca d'Italia e alla BCE, uscendone con una reputazione ricono- sciuta a livello internazionale.

Non c’è però solo il curriculum e la reputazione all’estero. C’è anche un Manifesto di politica

economica, pubblicato nel mar- zo dello scorso anno, in un ar- ticolo sul “Financial Times”, in cui Draghi ha scritto cose piut- tosto chiare e in particolare che:

i) non bisogna più preoccuparsi del debito pubblico e ii) lo Sta- to deve controllare le banche e fare in modo che esse creino

denaro per imprese e famiglie.

Qui le sue parole: “Occorre far leva su un aumento significati- vo del debito pubblico. La per- dita di reddito a cui va incontro il settore privato – e l’indebita- mento necessario per colmare il divario – dovrà prima o poi essere assorbita, interamente o in parte, dal bilancio dello Stato. Livelli molto più alti di debito pubblico diventeranno una caratteristica permanente.

Sembra di sentire parlare un seguace della MMT.

Questo significa che bisogna fare deficit non del 2%, come adesso, ma dell’8 o 10% del PIL per evitare una depressione economica gravissima. Draghi nell’articolo, non a caso, ha cita- to le due guerre in cui il deficit era esploso e solo una piccola parte del deficit era finanziato dalle tasse e il resto avveniva stampando moneta.

La seconda cosa importante in- dicata nel Manifesto di Draghi è la seguente: “l’unica strada efficace per raggiungere ogni piega dell’economia è quel- la di mobilitare in ogni modo l’intero sistema finanziario ...

immediatamente, evitando le

lungaggini burocratiche. Le banche, in particolare, raggiun- gono ogni angolo del sistema economico e sono in grado di creare denaro all’istante devo- no prestare rapidamente a co- sto zero alle aziende favorevoli a salvaguardare i posti di la- voro. E poiché in questo modo esse si trasformano in vettori degli interventi pubblici, il ca- pitale necessario per portare a termine il loro compito sarà fornito dal governo, sottoforma di garanzie di stato su prestiti e scoperti aggiuntivi”.

Lo Stato deve quindi immette- re capitale nelle banche e usar- le come strumenti di politica economica per creare denaro e metterlo immediatamente a disposizione di imprese e fa- miglie.

Draghi non parla di convincere la UE a “sforare il 2%” o chie- dere aiuto al Fondo “Salvasta- ti”: ha una visione molto più ampia e innovativa. Draghi non andrebbe in Europa col cappel- lo in mano, sarebbero gli altri a doverselo togliere. Bisognereb- be soltanto chiedergli se è quel Manifesto che intende realizza- re con il suo governo.

Non andrebbe in Europa

col cappello in mano, sa-

rebbero gli altri a doverse-

lo togliere

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Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella mentre annuncia la volontà di affidare l'incarico a Draghi

LE PROSPETTIVE FUTURE

Un governo a tempo che sostenga l'economia E torni presto a dare la parola agli italiani

I

l discorso del Presidente della Repubblica non la- scia spazio ai dubbi, non è tempo di votare ma di fare presto e bene. Certo la pan- demia non fa sconti, anzi si avvantaggia del tempo perso, dello stucchevole teatrino del- la politica che, incurante della situazione economica e psico- logica di un Paese da tempo alle corde, offre il peggio di sé. In ogni momento di crisi non può considerarsi suf- ficiente un Governo che si basi solo sull’autorevolezza dei suoi membri, certamen-

di FERRANTE DE BENEDICTIS te una conditio sine qua non,

ma in certi frangenti occorre che ci sia anche la legittimi- tà popolare. A questo punto bisogna domandarsi se un Governo Tecnico voluto dal Presidente Mattarella ed ap- poggiato dalla maggioranza dei due rami del Parlamento possa realmente definirsi le- gittimo, con un Parlamento mai così frastagliato e lon- tano dalla volontà degli ita- liani.

Temo di no, in quanto in un Paese democratico la legitti- mità la offre solo il voto che, a seconda delle sensibilità e dei programmi dei singoli

partiti, consente di eleggere il Parlamento più rappresen- tativo.

Allora cosa fare? Se è vero che votare significa portare il Paese alla paralisi, bisogna fare presto e proporre misure

straordinarie di aiuto e soste- gno all’economia italiana, alle fasce più colpite partite Iva, commercianti e ristoratori, e magari con un programma a breve scadenza che ci porti a dare voce agli Italiani quanto prima; un Governo ponte e a tempo in grado di affrontare questo momento delicatissi- mo e poi il voto.

In alternativa elezioni subito, mettendo in piedi protocolli draconiani di gestione del- la campagna elettorale e del voto se necessario, purché la pandemia non si trasformi in un alibi per tarpare le ali alla democrazia.

di

GENNARO MALGIERI

S

e non Mario Draghi, chi altri? Mi viene questo in- terrogativo di getto, senza pensarci troppo dopo averlo a lungo digerito nelle scorse settimane, al culmine della più ridicola e drammatica al tem- po stesso crisi di governo della storia repubblicana. Già, il tem- po degli esperimenti era finito in Senato quando Giuseppe Conte pronunciò il discorso più vuoto della sua breve carriera di presidente del Consiglio. Incu- rante che chi gli stava di fronte lo avrebbe sfiduciato per tutta la vita, si lanciò in una sequela di minacce e di ammiccamenti a dimostrazione della sua in- sensibilità davanti alle ombre di un default drammatico, ad un disfacimento che non si era mai registrato dopo gli anni del ter- rorismo culminato con l’assassi- nio di Aldo Moro.

Non aver compreso che l’emer- genza pandemica, intrecciata allo scollamento civile e istitu- zionale, oltre che alla decadenza verticale dell’economia nazio- nale, esigeva ben altri atteggia- menti ed un’apertura a vasto raggio a tutte le forze politiche, concedendo quel che era pos- sibile e rivolgendo un accorato appello alla nazione, ha segnato la fine di Conte e delle sue vel- leità di tornare per la terza volta a Palazzo Chigi accompagnato da una misera combriccola di straccioni di Valmy, senza iden- tità e privi della più pallida idea di governo.

Non era quello il tempo delle sortite carnevalesche e al Qui- rinale, si era consapevoli che l’accattonaggio politico, oltre ad esporre la nazione a pericoli difficilmente arginabili, avreb- be offerto dell’Italia nel mondo un’immagine devastata, mise- rabile, indegna della sua storia e perfino delle sue tragedie pre- senti e passate.

L'unica scelta possibile per evitare disastri

NON È IL MOMENTO DEGLI EGOISMI

Non si poteva, davanti a tanto sfacelo politico, istituzionale, ci- vile, imboccare l’impervia e lun- ga strada delle elezioni anticipa- te per i motivi che ha riassunto con grande serietà, non priva di accenti dolorosi, il presidente Mattarella martedì sera. Occor- reva ed occorre un governo di protezione della Repubblica e di salvezza nazionale. A chi al- tri allora se non a Mario Draghi, oggettivamente l’uomo più rag- guardevole come civil servant del quale l’Italia disponga, affi- dare l’arduo compito di metter- si alla testa di una reazione alla crisi dalla cui evoluzione dipen- dono i destini del Paese per i prossimi decenni?

Parlano per lui la sua carriera, il suo prestigio internazionale, le sue capacità non solo econo- mico-finanziarie, ma politiche nel senso pieno della parola avendo governato la Banca d’Italia e la Banca centrale eu- ropea confrontandosi con pro- blemi di non facile soluzione ed uscendone sempre a testa alta.

Nel momento recente più buio della vicenda italiana è riuscito a diradare le nebbie che s’infit- tivano intorno al nostro Paese limitando l’offensiva degli eu- ropeisti oltranzisti e cinici, rap- presentando un argine alla di- sfatta che sembrava imminente per i nostri destini.

Ci sarà chi si opporrà a Draghi in nome di pregiudizi ideologici, formulando tesi invariabilmente complottiste legate alla stantia polemica contro l’establishment, le élites, i centri di potere.

Balbettii inutili mentre il morbo rischia ancora di sopraffarci e la

campagna vaccinale va a rilen- to, le strutture economiche si vanno disfacendo e quelle so- ciali e relazionali sono attaccate dalla disperazione.

Vogliamo vederli i Soloni della suburra, i sovranisti all’amatri- ciana, i populisti che avevano abolito la povertà (un manico- mio a porte aperte ) opporsi alla sola compagine possibile che possa ristabilire una sovranità effettiva interpretando le ragio- ni del popolo e dicendo la verità agli italiani. Sia chiaro, non sia- mo tifosi di questo o di quello.

Ma ragionevolmente ci sembra, scandagliando gli abissi dove siamo finiti, che Draghi abbia più chances di chiunque altro per tentare di riprendere il mare per quanto in burrasca.

Si spaccheranno i partiti, an-

dranno in crisi alleanze piutto- sto fragili, si rinserreranno nei loro eremi a coltivare solipsistici sogni gloria parvenu pervenuti alle cronache nelle ultime set- timane? Già tutto questo sarà miracoloso. Agli egotismi me- schini da gran tempo si sarebbe dovuto opporre un progetto in- carnato da una classe dirigente umile e salda allo stesso tempo, capace e determinata, colta e votata al bene comune. Sia pure con ritardo, colpevolmente di- latato dai sullodati straccioni, la via aperta da Mattarella è quella che al momento ci sembra non soltanto la migliore, ma l’unica.

Coltivassimo altre opzioni po- litiche, come le elezioni antici- pate, le metteremmo da parte anche in vista di tornaconti che al momento opportuno si ma-

nifesteranno. Partecipare ad un progetto di difesa e possibil- mente di rinascita è il più formi- dabile progetto politico al quale si possa aderire. E per questo derubricare il governo che si va formando come “tecnico” è una ridicola ed inconsistente defini- zione per giustificare i pregiudi- zi che dovrebbero nutrire l’av- versione al ristabilimento delle regole e all’avanzata di una sia pur tremante speranza,

Le formule, mentre tutto crolla, non servono a niente. Occor- rono idee senza parole o quasi per riprendere un cammino interrotto. Abbiamo l’impres- sione che Draghi possa essere l’antidoto politico, come tenace guida tra le macerie, ai molti vi- rus in circolazione, non escluso il Covid.

Se è vero che votare si-

gnifica portare il Paese

alla paralisi, bisogna

fare presto e proporre

misure straordinarie di

aiuto alle fasce più colpi-

te dalla crisi

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NAZIONE FUTURA 6 SPECIALE CRISI DI GOVERNO

Rocco Casalino e la sua autobiografia in uscita per Piemme.

LA CREATURA DI GRILLO È ORMAI ALLO SBANDO

I grillini hanno collezionato solo piroette e ora potrebbero cedere anche sul MES

di

FEDERICO DI BISCEGLIE

G

iusto ieri il deputato grillino Giorgio Trizzi- no, forse per via della sua professione medica, ave- va manifestato la sua apertura al MES. In questo senso per il pentastellato il ricorso al Mec- canismo europeo di stabilità avrebbe garantito un viatico certo per la configurazione del Conte ter. Le cose, come sap- piamo, non sono andate esatta- mente così. Eppure il parziale passo avanti era stato fatto, tanto più che il Mes era uno dei due grandi scogli (assieme alla riforma delle Giustizia), che ri- sultavano insormontabili. La la- cerazione mai superata tra gril- lini e renziani passava anche da qui. Ad ogni modo possiamo dire, senza timore di smenti- ta, che il mandato esplorativo consegnato da Mattarella nelle mani di Roberto Fico non ha sortito gli effetti sperati. Ora in- fatti attendiamo di sapere cosa verrà fuori dall’incontro tra l’ex presidente della Bce, convocato a guisa di salvatore della Patria, dal Capo dello Stato proprio questa mattina. Mario Dra-

ghi, comunque, potrà contare sull’appoggio del Movimento?

Una formazione politica che si- curamente, in questi anni, non si è dimostrata un fulgido astro (tanto per rimanere in tema) di coerenza. Partiamo dal pre- supposto che la transazione da movimento barricadero che ha mietuto consensi a colpi di

‘vaffa’ a partito di sistema e di governo non è stata compiu- ta. Probabilmente anche per via del fatto che ancora, pulsa in una parte – pur minoritaria – forte il sentimento del Movi- mento delle origini. L’ala che in qualche modo riconosce come suo leader Alessandro Di Bat- tista e che mal digerisce la dire- zione più patinata che Di Maio ha impresso al movimento.

Va detto comunque che con la

‘cura’ del ministro degli Esteri il Movimento ha saputo detta- re la linea programmatica del Conte bis, arrivando all’azze- ramento sostanziale del Partito Democratico. In profonda crisi di leadership (come magistral- mente descritto da Concita De Gregorio in un recente pezzo su La Repubblica, che peraltro ha scatenato uno scambio di

tweet al curaro tra lei e Zinga), il Pd è silente. Sta acquattato. E di fatto segue pedissequamen- te l’operazione orchestrata dal Richelieu della politica italiana:

Dario Franceschini. Ovvero la miscellanea, la fusione struttu- rale con il Movimento 5 stelle.

Non c’è dubbio che, nel tempo, fra patti di governo e accordi per tenersi ben saldi al Gover-

no, i grillini abbiano confinato nella soffitta dei ricordi gran parte delle loro battaglie origi- narie, cedendo quartiere all’op- portunità del momento. Tanto che, come ha recentemente so- stenuto il sociologo della comu- nicazione Massimiliano Panara- ri, “il Mes era l’ultimo baluardo della loro identità, sul quale per non perdere ulteriore terreno

nell’ambito dell’elettorato, non possono cedere”. La posizione espressa da Trizzino, infatti, era assolutamente minoritaria.

Dunque come si può pensare che un movimento che ha fatto, quantomeno all’origine, dell’eu- roscetticismo la sua battaglia sostenga Mario Draghi? Forse, ancora una vota, prevarranno gli interessi. Della Nazione?

Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, i due pretoriani del comico genovese, hanno punti di vista inconciliabili

di

ALESSANDRO RICO

Dopo l'ingloriosa cacciata

Conte vuole fondare un partito

Su input del guru Casalino, Giuseppi punta a cavalcare la frattura nel M5S per tornare all'assalto

E

Giuseppi ora che fa? Le incognite sul destino po- litico del presidente del Consiglio dimissionario non dovrebbero certo toglierci il sonno. Ma è chiaro che le pros- sime mosse di Giuseppe Conte potrebbero avere un impatto rilevante sulla geografia politi- ca italiana.

È da mesi che si discute del- la tentazione dell’avvocato di fondare un proprio partito. Si diceva fosse già pronto il nome del listone personale: Con-te.

Un’operazione evidentemente benedetta dal guru mediatico del professore pugliese, il por- tavoce Rocco Casalino.

Finora, logica e prudenza han- no sconsigliato al premier di tentare quest’avventura, anche se i giornali hanno spesso pro- vato a lusingarlo, attribuendo- gli percentuali di consenso a due cifre. Ma Conte è più furbo di Mario Monti che alle politi-

ruolo di cerniera che gli ha tri- butato il Pd. Tant’è che Nicola Zingaretti, negli ultimi giorni, ha inspiegabilmente optato per un harakiri contiano.

Solo un concorrente poteva competere in furbizia con l’in- quilino di Palazzo Chigi. E, ora che è stato scalzato da Matteo Renzi, l’ex avvocato del popo- lo potrebbe davvero prendere in considerazione l’ipotesi di lavorare a un proprio soggetto politico. Forse sono esagerate le stime che gli attribuiscono un potenziale del 16% ma è sicuro che il professore possa aspirare a risucchiare almeno una parte dei suffragi grillini, specie adesso che il M5S è spal- le al muro con l’irruzione sulla scena di Mario Draghi. Né gli mancano ammiratori tra i fan del Partito democratico.

Oggi Conte è amareggiato, pentito delle dimissioni, che la forma gli imponeva ma che lui, avendo ormai intuito di es- sere esposto alle pugnalate di Renzi, avrebbe preferito evita- re come la peste. È però troppo presto per darlo per spacciato.

In fondo, se lo scopo dei dem rimane quello di costruire una sorta di Ulivo 2.0, la figu- ra dell’avvocato di Volturara Appula è ancora necessaria.

E anche come libero battitore, Giuseppi potrebbe confida- re in un consenso che farebbe gola, o comunque potrebbe te- nere sotto scacco questo nuovo centrosinistra.

Non ci dimentichiamo, poi, che il prof si è costruito anche una pattuglia di boiardi, dagli agganci nei Servizi al vitupe- rato Domenico Arcuri, di fede dalemiana ma certo non ostile al premier uscente. Ecco per- ché, paradossalmente, a questo punto pure Conte dovrebbe sperare che il “governo di alto profilo” voluto da Sergio Mat- tarella non abbia una prospet- tiva di fine legislatura. E che si torni alle urne prima possibile:

presumibilmente, non a giu- gno, ma almeno dopo l’elezio- ne del nuovo capo dello Stato, entro primavera 2022. Proprio come l’altro conte – Dracula – Giuseppe Conte per adesso è un non-morto della politica.

che del 2013 si lasciò trascinare dal progetto di Scelta civica, immantinente trasformatosi nella leggendaria “Sciolta ci- vica”, dal quale il senatore a vita ricavò essenzialmente una cocente delusione. Finché gli

è stato possibile, Giuseppi si è accontentato di fare da col- lante per l’armata Brancaleone giallorossa, forte della leader- ship che gli ha attribuito un Movimento 5 Stelle sull’orlo dell’implosione, oltre che del

(7)

Da sinistra: Antonio Tajani, Giorgia Meloni e Matteo Salvini durante una manifestazione di piazza

di

PASQUALE FERRARO

I

l tanto atteso momento di Mario Draghi sembra essere arrivato, intendiamoci si tratta pur sempre di una sconfitta del- la politica il dover indirizzare le speranze verso un governo tecni- co o istituzionale che sia. Eppure, era ormai evidente che l’alleanza che si costituì nell’agosto del 2019, per scongiurare un ritorno antici- pato alle urne, fosse ormai giunta al capolinea. Matteo Renzi non poteva cedere e non l’ha fatto, contro le previsioni di molti che si attendevano una fine delle osti- lità dell’ex segretario del partito democratico davanti alla prospet- tiva di aumentare la sua presenza nell’esecutivo.

Adesso però la scacchiera si è rivoluzionata e gli elementi di gioco inducono a predisporre nuove strategie e, soprattutto nel campo del centrodestra, oc- correrà ponderare bene ogni passo da qui in avanti. Il cen- trodestra, lo sappiamo bene, è una forza composta, una coa- lizione compatta, ma costituita da forze politiche con sensibilità differenti. Si tratta soprattutto di sfumature, ma in politica i dettagli contano, soprattutto in una situazione particolare come quella attuale. Le urne tanto agognate, sembrano scomparire all’orizzonte, scartate dal Pre- sidente della Repubblica, che non ha alcuna intenzione di far terminare anticipatamente que- sta legislatura. Pandemia o non pandemia, si tratta di un calcolo politico ben determinato in vista del prossimo appuntamento per l’elezione del suo successore o di un eventuale riconferma nel solco tracciato dal predecessore Giorgio Napolitano. In tutto ciò il centrodestra si trova davanti a due prospettive diametral- mente opposte: da una parte vi è la possibilità di scegliere la via dell’opposizione, responsabi- le come già avviene dall’inizio

In un momento complicato servono politici di razza

TRA FIDUCIA CONDIZIONATA, SUPPORTO A TEMPO E ASTENSIONE

della pandemia, e dunque non legarsi politicamente alle scelte che l’esecutivo, se nascerà, gui- dato dal Prof. Draghi assumerà nei prossimi mesi oppure sce- gliere la via della fiducia con il rischio di condividere ogni scelta, anche drastica di un nuo- vo governo tecnico. Da questa

seconda prospettiva si è saggia- mente sottratta Giorgia Meloni che ha fatto capire, qualora non fosse abbastanza chiaro, che Fra- telli d’Italia non appoggerà ese- cutivi non politici e soprattutto senza un passaggio dalle urne.

La leader di Fratelli d’Italia sa bene che , con il partito in forte crescita, la possibilità dopo la campagna elettorale di essere il primo partito della coalizione non appare impensabile e una permanenza all’opposizione potrebbe rivelarsi una scelta po- liticamente corretta, vista anche la tradizionale crisi di consenso che nelle precedenti esperienze hanno subito i partiti che hanno appoggiato i governi tecnici.

La coalizione nel suo complesso potrebbe essere segnata da qual- che frizione – tanto auspicata dagli avversari – che guardano con terrore ai sondaggi in cui la coalizione si attesta sulla soglia del fatidico 50%. Ed è in questo che il centrodestra dovrà dimo- strarsi abile nel non sottrarsi alle responsabilità, dimostrare com-

pattezza nell’interesse del paese, seguendo quel motto che soleva ripetere Altiero Matteoli “ siamo governativi anche quando sia- mo all’opposizione”. Gli italiani devono percepire il centrodestra come coalizione di governo, anche quando è relegata all’op- posizione. Si tratta di una pas- saggio fondamentale per cataliz- zare il consenso, ma soprattutto per trasmettere quella sicurezza che gli italiani si attendono da un futuro – si spera non troppo remoto – governo conservatore.

I prossimi passi, dalle consulta- zioni lampo del Premier incari- cato Draghi, al voto di fiducia, passando per ogni provvedi- mento economico e sociale, sa- ranno determinanti. Se il centro- destra sarà capace di rompere il perimetro che si è costituito tra

le forze che sostennero il Conte II, approfittando tanto del caos grillino, quanto sulla debolezza evidente della segreteria del Par- tito democratico, allora la partita sarà tutta in discesa.

Sono questi i momenti decisivi in cui l’istituzionalità del cen- trodestra deve essere messa in campo, utilizzando anche tutte le tecniche della prima repub- blica, dalla non sfiducia ad una fiducia limitata. Il rischio di andare in ordine sparso c’è ma l’opportunità di reggere le sorti del Paese, dopo una crisi nata dalle beghe interne alla mag- gioranza di sinistra, è altrettanto importante.

Così come il centrodestra dovrà prendere l’iniziativa sulla leg- ge elettorale evitando un pro- porzionale che provocherebbe

l’eterna instabilità del sistema politico, con maggioranze più liquide di quelle viste fino ad ora, puntando su un maggiori- tario puro –referendum del 1993 –, con i collegi uninominali che ripristinerebbero quel rapporto violato dalle recenti leggi elet- torali fra elettore ed eletto, come sottolineato da quella pietra mi- liare posta dalla Consulta con la sentenza n.1 del 2014. Lavorare da forza parlamentare per co- struire la vittoria nelle urne che non tarderà ad arrivare. La par- tita è complessa, in gioco vi è il destino dell’Italia, ma sono que- ste in fondo le battaglie in cui deve cimentarsi una coalizione che in sé raccoglie le aspirazioni, le volontà, i sogni e le ambizioni del popolo italiano.

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Ne discutono:

FABRIZIO TATARELLA

Vice Presidente Fondazione Tatarella

ANNALISA ROSSI

Soprintendente Archivistico e Bibliografico di Puglia, Basilicata e Lombardia

LEONARDO MUSCI

Archivista - Esperto di informatizzazione archivistica – Memoria Srl

NICOLA BARBUTI

Dipartimento di Studi Umanistici (DISU)

Università degli Studi di Bari Aldo Moro - Dabimus Srl

fondazionegiuseppetatarella.it | fondazionetatarellagiuseppe@gmail.com fondazionegiuseppetatarella.it | fondazionetatarellagiuseppe@gmail.com

ARCHIVIO TATARELLA

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