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CAN. PROF. ANGELO SANGUINETI

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Academic year: 2022

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(1)

ISCRIZIONI ROMANE

D ELLA LIGURIA

B A C C O L T E E I L L U S T R A T E

DAL

CAN. PROF. ANGELO SANGUINETI

(2)
(3)

AI CORTESI LETTORI

Mentre ferve nel mondo erudito un mirabile ardore di ricercare e mettere in luce tutto che tende ad illustrare 1' antichità così delle nazioni in generale come dei singoli luoghi in particolare, oggetto di quella nobilissima scienza che è 1’ Archeologia ; la nostra So­

cietà colle memorie e monumenti già dati alle slampe ha mostrato di non voler essere 1’ ultima a prendere parte a questo lodevole movimento e prosegue ani­

mosa il corso delle sue pubblicazioni. Ora pertanto ciò che per molte città e regioni fu già compiuto, e che si dovrebbe per tutte, ci accingiamo di eseguir noi

(4)

pubblicare tulle lo Iscrizioni dei (empi Romani che si iiomìiìo in questo paese e che ad esso, come clic sia, m i Unisco no. o sussistano tu ((ora ne marmi e bronzi oiiginali, o sopravvivano soltanto in al(re collezioni.

M

udo

potrebbe negare i vantaggi che sempre oflrono queste raccolte. Primieramente presentano adunati in-

sieme tanti monumenti che esistono disparati e dispersi, sPe^o ancora ignorati, e danno così allo studioso occa­

sione e comodila di esaminarli, di raffrontarli, di inter­

rogarli a cavarne qualche notizia di storia antica, che per avventura chiudono in seno: quindi assicurano per sempre I esistenza di quelle epigrafi che fossero ri­

maste inedite o affidate soltanto a codici scritti a mano. Il tempo c l ' ignoranza, due terribili nemici dei marmi letterati, ne hanno es(ermina(o un erran numero

consumandoli o impiegandoli in costruzioni come le pietre più vili: le iscrizioni incise sui metalli avea no nella stessa loro materia la colpa che lo condannava al fuòco: un manuscrilto per fo più giace ignoto ed è soggetto ad andare disperso e non lasciar traccia di

A questo fine rivolsero le loro ricerche e fatiche molli uomini dottissimi, che ottimamente meritarono delle ri- ispettive loro patrie e della scienza archeologica in generale, raccogliendo le Iscrizioni Romane delle loro terre, come ci proponiamo noi di far della nostra , imitando di que? valentuomini non il valore ma certa­

mente il buon volere. L a Liguria ebbe qualche parziaf

( C X L Y III ) -

J

(5)

raccoglitore di epigrafi di luoghi particolari. Le Lunensi ebbero la buona

sorte

di essere con somma diligenza ricercate e pubblicale dal sig. Carlo Promis: le Venti- migliesi dal signor Girolamo Rossi. Meno fortunate furono le Albinganesi abborracciale dal Coitalasso e mal­

trattate dal Canojiico Navone. Su parecchie di quest' ul­

time e sopra alcune altre di varii luoghi fece giudiziose osservazioni l1 insigne nostro Spotorno, ma non imprese mai (eppur sarebbe stato uomo da ciò) una generale collezione. Rimane dunque a noi 1’ uffìzio di riempir questo vuoto e pareggiar la Liguria a tante altre Ita­

liche regioni, che già possedono il loro Epigrafico Museo, mercè le cure di uomini che sono riusciti più o meno felicemente nella loro impresa. Così

V

Orsato

raccolse le Patavine, il Malvasia i Marmi Felsinei, il Torre le iscrizioni dell'antica Anzio, il Gori le Etru- sche, T Oliveri degli Abati le Pesaresi, il Bartoli quelle d’ Aquilea, i due compagni Rivautella e Ricol vi le To­

rinesi, il Maffei le Veronesi, il Noris le Pisane, il Zac­

caria le Salonitane, il De Vita le Beneventane, il Mo­

risano le Reggiane di Calabria, il Torremuzza le Sici­

liane, il Vernazza le Albesi, il Bianchi le Cremonesi, il Vermiglioli le Perugine, il Romanelli le Pompeiane, il Cardinali le Veliterne, il Cavcdoni le Modenesi, il Tola le Sarde, 1’ Aldini le Come»si, il Viola le. T i­

burtine. L ’ illustre Labus oltre i suoi moltissimi lavori d’ illustrazione epigrafica, aveva impreso la raccolta

( C X L I X )

(6)

delle iscrizioni Bresciane, quando fu sventuratamente interrotto dalla morte. Ma se questi ed altri, che possono essere sfuìariti alla mia memoria, furono per lo più

C u

nativi dei luoghi che illustrarono e certamente Italiani tutti; venne in questi ultimi anni a raccogliere le noshe ricchezze uno straniero, I insigne Tedesco leodoio Mommsen, il quale nel 1864 pubblicò in Lipsia tutt<

le Iscrizioni del regnò di Napoli, sostituendo se stesso a tutti i raccoglitori parziali e non lasciando agli eluditi del paese presenti e futuri altro incarico clic di a0 giungere qualche appendice alla sua opera mano mano che si andranno facendo nuove scoperte.

Non parleremo dei moltissimi che illustrarono qualche

* In

parte dell immenso tesoro che racchiude 1 eterna i Fulvio Orsino, a modo d esempio, pubblicò Iï])i<j>am mala antiqua irbis sotto il nome del Mazzocchi clic ne fu lo stampatore nel 1524, il Vignoli una scelta <1 crizioni, il Relando e Y Almeloveen i Fasti Consolari y

il Cori la descrizione di un Colombario di liheiti servi di Livia Augusta, il Bianchini una camera < ,scrl

O 7 il

zioni sepolcrali dei liberti della casa di Augusto, i Cuasco le iscrizioni antiche del {Museo Capitolino, * Marini gli atti e Monumenti dei Fratelli Arvali, il sconti il Monumento degli Scipioni, Carlo Fea i

F n v n

menti d i F asti Convolavi e C apitolini

e il Borghesi

i

nuovi Fram m enti dei Fusti Consolari c C a p ito lin a

oli®

un immensità di lavori archeologici d un pregio NCia

( CL )

(7)

mente insigne, che Io fecero senza contrasto principe dell’ Archeologia Italiana. Ninno ignora che l’ Imperatore Napoleone ha ordinala una raccolta generale di tulle le opere del famoso Archeologo per farne una completa pubblicazione. Si dice esser già uscito alla luce qualche

volume, ma non pare che sia stalo ancora messo m

circolazione.

Chi è poi che non conosca gl’ ingenti lavori com­

pilati con più o meno crilica, con diségno non ri­

stretto a luoghi particolari, ma esteso alP universalità del regno epigrafico, dagli Apiani, dagli Smezii, dai Ciriaci, dai Reinesii, dagli Spon, dai Fabretli, dai Gudii, dai Gruleri, dai Muratori, dai Donali? Ma T o­

pera più gigantesca nel fatto deir Epigrafia è quella, credo io, assunta dalla R. Accademia delle Scienze di IJerlino, la quale, prima che fosse condotta a termine la gran raccolta delle Iscrizioni Greche istituita dal Boeckh, si accinse alla collezione di tutte le Epigrafi Latine. Primo inspiratore di questa idea par che fosse T Archeologo Alemanno-danese Kellerman, a cui non bastò la vita e morì fra il lavoro in Roma 1’ anno 1857.

Augusto Guglielmo Zumpl berlinese, già conosciuto per altri lavori d’ erudizione, gli sottentrò per ispingere innanzi 1’ opera, la quale con saggio consiglio fu ripar­

tita in parecchi collaboratori. Intanto Federico Ritschl professore a Bonn e Teodoro Mommsen s1 incaricarono di raccogliere le epigrafi anteriori ad Augusto, prezio-

( CLI )

(8)

( a u )

sissiino prodromo al rimanente edilìzio, da essere sin­

golarmente accollo con amore dagli .studiosi della Latina Filologia. La direzione poi del

Corpus Inscriptionum L a tin a rim

fu allidata al detto Mommsen, a Guglielmo Iienzeo segretario dell’ Istituto Archeologico di Roma, e a Gio. Ratta Rossi Romano, celebre per la sua pro­

fondità nella scienza dell Epigrafìa cosi classica come cristiana : e da tali nomi apparisce che siffatta direzione non poteva esser meglio aflidata. L' accennata riparti­

zione del lavoro fu fatta nel 1854 e I’ Henzen nel 56, pubblicando i suoi supplementi e correzioni alla col­

lezione dell Orelli, andava incontro all obbiezione, che gli si potea muovere, d aver prevenuto con quel suo lavoro la pubblicazione del Corpo universale delle iscrizioni Latine. E rispondeva che quando aveva as­

sunto il suo lavoro era a (emersi che il detto corpo (quando pure fosse venuto in alcun tempo alla luce) poggiasse principalmente sull incerta e debole autorità dei libri c che provando egli con molti esempi agli uomini della scienza la mala

condizione

delle iscrizioni sui libri, avrebbe recato alla compilazione del corpo stesso non piccola utilità. E questa verità si ebbe un rincalzo luminoso nella pubblicazione delle Epigrafi Na­

politano del Mommsen: onde la dottrina di questi due

uomini ebbe tanto potere sull Accademia di Berlino,

che questa riconobbe la necessità di seguirne i consigli

e il disegno col ricorrere all esame per quanto fosse

(9)

possibile, dei marmi originali. Ed egli, 1’ Henzen , già trovandosi compiuto fra le mani il lavoro, e dovendosi aspellare quello dell’ Accademia di Prussia chi sa per quanto lempo ancora (di cui nell’ Archivio Storico di Firenze del 1858 trovavo menzione come di lavoro vivente) stimò, e con ragione, che non tornerebbe inutile pubblicarlo sì in riguardo del Corpo universale, sì a comodo , degli studiosi delle Romane antichità.

In questo modò io tenera dielro all’ andamento dei lavori per la compilazione del corpo universale delle Iscrizioni Latine, affrettandola col più vivo desiderio, ma non colla speranza di vederla- preslo eseguita, quando ecco giungere l’ avviso che già è pubblicalo il primo volume e che sono prossimi alla pubblicazione il secondo ed il terzo e quindi soprag­

giungere il primo, che contiene le iscrizioni anteriori ad Augusto illustrale dal Mommsen e accompagnale da un Aliante in cui per cura del Rilschl furono litogra­

ficamente rappresentati con quella massima esattezza, che in lai opera si possa raggiungere, i monumenti medesimi. Questa parte di lavoro comparve in modo non solo degno dell’ illustre Accademia, alla cui ombra si è andata svolgendo, e degli uomini profondissimi che vi posero mano ; ma da avanzare anche 1’ aspet­

tazione, che pur era grandissima nella repubblica degli eruditi. Il titolo generale dell1 opera ò così concepito:

Corpus Inscriptionum Latinarum consilio et auctoritate

( C illi )

(10)

( cuv )

Academiae litterarum Regiae lio r ussi eue editu m . A d tectae sunt tubulae hthographae. Beroltm apud (m corytum Rei- merum

1862. L’ intitolazione poi speciale del primo volume, da cui ne risulta la grande importanza e preziosità, è questa:

Inscriptiones Luti tute antiquissim ae ad Cui Caesaris mortem

.

E d id it Theodorus Mommsen, Accedunt elogia clarorum virorum

.

F asti a n n i /ulian i editi ab eodem

.

Fasti consulares ad un. \

. C.

O C C L X V l editi a Guilelmo Henzeno

. E a questo si aggiunge per compagno :

Yolumen tabularum

.

P risca e Latin ita tis monumenta epigraphica ad Archetyporum fidem exem­

ptis lithographis repraesentata edidit h r id e m u s Rit- scfielius

.

Voi dunque trovate in questo volume raccolti i mo­

numenti epigrafici della lingua latina dai tempi più remoti alla morte di Giulio Cesare, che ù il periodo più importante di questo ramo della Romana Archeo logia. E dove nelle altre collezioni si trovano sparsi qua e là , confusi cogli altri d’ ogni tempo e d ogni maniera per forma che appena F occhio più spciimen lato li discerne senza esser sicuro della loro autenticità ed esattezza; qui si vedono tulli riuniti insiem e c schie­

rati, quanto fu possibile, in ordine cronologico, e pas­

sati alla trafila di quella inesorabile critica tedesca, che

non la perdona alle più vecchie e stabilite riputazioni,

ma rifacendo il cammino, che pareva già pei precedenti

lavori assicurato, ne rivede nuovamente le ragioni

c

(11)

(

CL\

)

ci porge la verità con quella certezza maggiore, che in cosiflatte materie possa desiderarsi. Io non ho motivo di rilevare 1’ importanza dei monumenti di questo pe­

riodo e dei facsimile che li rappresentano al vero : io me ne appello a coloro che amano alcun poco gli studi della Filologia arcaica Latina. E per questo non posso tenermi dall’ applaudire ai Moderatori della nostra Civica Biblioteca che subito ne ordinarono

Y

acquisto a comodo e soddisfazione dei cultori dell’ Epigrafia, come già l1 avevano dotata della collezione Napoletana del Mommsen, mal reggendo a cotali dispendii la comune degli studiosi.

A queste opere entrate nella detta Biblioteca vuoisi aggiungere il primo volume venuto in luce di quel- 1’ insigne lavoro del cav. Gio. Batta De Rossi, che è intitolalo; Inscriptiones Christianae Urbis Romae saeculo septimo antiquiores . Io non ho bisogno di spendervi intorno molte parole, perchè se grandissima ne era 1’ aspettazione, 1’ effetto in questo primo saggio la vinse.

Cinque anni vi vollero alla stampa di questo volume, che consta presso a poco di 800 pagine e contiene 1574 Iscrizioni. Questo tempo non dee parer soverchio a chi considera che i caratteri della più parie vi sono rappre­

sentali nelle forme precise di quelli de’ marmi originali o

de’codici, che F instancabile Raccoglitore ritrasse di veduta

con immensa fatica, tempo e dispendio dalle Calacombe

di Roma e dalle biblioteche d 'Italia, Svizzera, Francia e

(12)

Germania. Tulta la Collezione consterà ili undici mila Epigrafi. Nel primo volume il De llossi accolse tulio quelle clic hanno certa data. La prefazione, i prolegomeni, lo illustrazioni sono degne del valentuomo che ù cosi profondamente versato nella materia e che I’ ha medi­

tala veni’ anni. Che se essa materia paresse ad alcuno non conforme a questa noslra, perchè

Y

una infima?

mente legala cogli studi sacri, non l’ altra; risponderei primieramente non vantaggiarsene questi soltanto, ma gli archeologici ancora in generale per la storia, |a cronologia, i fasti consolari, la paleografia ecc. Ma poi messo questo da parte, si dee far ragione che la noslra Uaccolta non finisce colle Epigrafi Romane. Onesto sarà come il prodromo di lulla la collezione, poiclrò segui­

ranno alle Romane le.Cristiane più antiche, c poi le altre di secolo in secolo fino. a queir epoca in cui la Socielà giudicherà opportuno arrestarsi. Disgraziatamente nel passalo Novembre abbiamo perduto il Socio Prof.

Don Marco Oliva, che aveva accettalo I incarico di raccogliere ed illustrare le Epigrafi che devono far seguito immediatamente alle Romane. Il suo fine di*

scernimento, la sua pazienza, la scrupolosa esattezza che era uso di mettere nelle cose sue, ci davano di­

ritto di aspettarne un buon lavoro. Siccom e sappiamo che ci avea posto mano, perciò ci riesce strano che

non se ne sia finora trovato ne'suoi scritti vestigio.

Ma per tornare alle grandi collezioni di cui par-

( CLVI )

(13)

Invaino, si desidera ancora die in alcuna delle nostre pubbliche biblioteche entri l’ insigne lavoro del Boeckh, cioè il

Corpus Inscriptionum Graecarum Ç).

Anche in questo,*per non parlare delle sapienti illustrazioni del raccoglitore, sono stali riprodotti per litografia i mo- numenli originali più insigni con quell1 utile che gli amanti di questi sludi possono apprezzare. Se la lingua di esse epigrafi allontana dal nostro soggetto quell1 opera;

il genere della composizione ve la richiama. Ma se questa finora non si trova in alcune delle pubbliche biblioteche di Genova, ci venne dato di vederla insieme a tutti gli altri recenti lavori epigrafici, di cui abbiamo finora parlato, nella privata libreria del nostro (Com­

pianto Socio il marchese Antonio Brignole Sale, alla cui memoria la Società ha reso quell1 onore che per lei si poteva e che io mi pregio di rinnovare profit­

tando-di questa occasione per rendere a quel vero tipo di Gentiluomo probo, dotto, cortese e generoso l’ esiguo ma sincero tributo dei miei particolari sentimenti. Trovo che 1’ Henzen nei suoi prolegomeni ai supplementi Orel- liani si lasciò andare a risentile lagnanze perchè in

(*) Sono quattro volumi. 11 primo veline in lucè nel 1828, il secondo nel 1833 per cura di Augusto Bocckh. Dopo di che, avvenuta la morte di lui, fu data la cura di continuar Topera a Giovanni Franz, il quale nel 1853, diede il terzo vo­

lume tutto compilato sui materiali lasciati dal Boeckh. Ma questi alla sua volta andato ad una cattedra fuori di Berlino ccdò le parti ad- A. Kirchhoflf, il quale diede il quarto volume (senza data).che contiene le iscrizioni cristiane. Mancano ancora a tutta l’ opera gl’ indici, che gl’ intelligenti sanno quanto sono necessarii in

( CI>VII )

(14)

Noma (ove pur confessa non polcrsi desiderare maggior ricchezza di libri amichi) non si (rovino (ulte le mo­

derne pubblicazioni in francese, in tedesco, In ispa- gnuolo, elio farebbero per lui. Il rim provero ? diredo ai lib rai, si (ralla di lavori d un genere a cui pochi possono dedicarsi, e d opere in lingue esotiche: tutte ragioni che poleano per avventura disarmare il suo mal umore. Che maraviglia dunque se io esalto un nobile Signore per la sua sollecitudine in procacciarsi opere di tania’ importanza, le quali, benché di uso privalo, pur arricchiscono la cilli*, potendosi ricorrere in un bisogno alla gentilezza de’ suoi eredi, come vi­

vendo egli ce ne avea fallo cortese facoltà. li queslo vanto di fare accolla di opere moderne non mirando al dispendio, vuoisi attribuire ad un altro insigne noslro Socio, l avv. Caveri, il quale come colla sua dottrina ed eloquenza illustra il foro e la cattedra, così col suo nome onora la nostra Socielà ed è largo delle sue ricchezze librarie a chi a lui si rivolge.

#

Il riunire materialmente ludo quanto si trova m marmi originali, in libri slampali, in codici nianu- scriiii, in ischede private è cosa di cui nulla poirehb’ es­

sere, dalla fatica materiale infuori, di più facile ese­

cuzione, ma insieme di maggiore inutilità, anzi di pregiudizio e danno gravissimo alla scienza, offrendosi in lai modo all incauto studioso per una gran parte il falso per vero, e ammannendoglisi un’ imbandigione

( CL Vili )

(15)

( eux )

di menzognera e fallace dottrina. 11 vero metodo si è di ricorrere, quando si può, ai monumenti originali o di farli passare alla trafila della critica più severa , quando non si possono più rinvenire in altro modo che trascritti in tempi anteriori. La detestabile impo*

stura di parecchi, la credula dabbenaggine di molti altri, la negligenza di taluno anche dotto e profondo, le deviazioni e le vicende a cui vanno soggette le parole quando passano d‘ una in altra scrittura; tutto questo ha fatto che una colluvie di false iscrizioni o, se non altro, guaste c alterate, inondasse il campo delle legittime e sincere e le une alle altre si fram­

mischiassero e apprestassero gravissimo travaglio a chi si proponga di sceverare dalle male erbacce il buono e schietto frumento: lavoro arduo, se fu mai altro, e in cui i più esperti non si possono ripromettere se non un certo grado di esattezza, la perfezione non mai.

Chi crederebbe che 1’ Orelli così profondo e sagace e cotanto della critica epigrafica benemerito, potesse aneli’ egli essere stalo indotto ad accettare il falso per

a

vero e rigettare il vero come falso? E appunto mol­

tissimi sono i luoghi che 1’ Henzen ne’ suoi supple­

menti alla collezione Oreiliana ebbe ad emendare, e avverte i lettori che mollo ancora troveranno a cor­

reggere nel suo lavoro. Tutti sanno quanti monumenti apocrifi si traforarono nelle grandi collezioni del Gril­

lerò, del Muratori ecc. mentre Scipione Malici dall1 altra

(16)

parli* per soverchio limoro

ili

p rendere per genuino lo

spurio, eccedeva in severità,. c si lasciò ire più-volle

•i rigettar come spurio ciò d ie èra genuino. Si può

vedere come non di rado r Orelli e I’ Henzen lo ri-

chiamino

a più benigno giudizio.

In faccia a (ali diflieollà chi non si

periterebbe

di nieller mano ad un’ opera che fa trem are i più saldi polsi? Ala è pur vero doversi riconoscere una grande differenza ira I immensa estensione dello

collezioni uni -

tersali e I augusto cerchio d’ una raccolta particolare,

<*ome è questa, per cui la stessa

nostra povertà ci

è di

conforto.

Abbiamo bensì

un monumento,

che è dei più rari e preziosi di hilta I Epigrafia Latina (la Tavola di Polcevcra) ma I' abbiamo solfo gli occhi in

originale

c non

temiamo di essere indolii in errore do chi

la

copiò- dal

bronzo o

la

trascrisse dai

copiatori.

Quanto

alle altre non le prenderemo

certamente da Pirro Li-

gorio o da chi si è lasciato

abbindolare

da cotal ciur­

matore; ma accennando i -fonti

che

a noi

saranno

sembrati più o meno credibili, porgeremo occasione ai doui di esercitare la loro critica sopra una

collezione

che ullrira cerlamente materia a ciò,

siccome

quella

che per la prima volta viene

alla luce.

Oltre alle ino

satfezze, che sono inevitabili

in un lavoro

di

primo

^elto, si potrà per avventura trovare

incompleta la

^accolla o perchè sia sfuggila alcuna epigrafe

alle mie

ricerche e de miei Colleglli, ossia perchè se

ne possa

( CI.X )

(17)

• • ( CLXI ) * • *

scoprire alcuna di nuovo. Ed io qui dichiaro a quanti capiterà fra Io mani questo scritto, che così le rettifi­

cazioni come le aggiunte che o a me o alla Società si faranno pervenire, saranno accolte con riconoscenza c stampate negli Atti come supplemento alla Colle­

zione:

In cosifratte pubblicazioni si può tenere il metodo di offrire i soli e nudi monumenti, e quello di corre­

darli di più o meno larghe osservazioni. La Sezione Archeologica nell1 affidare a me 1’ incarico di illustrarli, escludeva naturalmente il primo metodo e rimetteva al mio giudizio il modo di praticare il secondo. E brevemente espongo come mi son regolato. Nelle col­

lezioni universali e in molte particolari si vedono di­

stribuite le epigrafi secondo la loro natura, come a dire le Sacre, le Pubbliche, le Storiche, le Onorarie, le Mortuarie ecc. Ma per noi che abbiamo nella nostra Liguria parecchie regioni o centri geografici che contri­

buiscono un contingente, a così esprimermi, di Epigrafi loro proprie e particolari, si prestava come cosa ovvia e naturale il seguir,, piuttosto che un altro, il metodo geografico, avuto nello stesso. tempo riguardo, per quanto si può, all1 intrinseca qualità di ciascuna iscri­

zione. Per attenermi a questo aveva dinanzi agli oc­

chi gli esempii del Boeckh per le iscrizioni Greche e del Mommsen per le Napolitano, a non parlar della natura stessa della cosa, che altamente lo riclamava.

(18)

Ho comincialo pertanto da Genova come centro e capo della Liguria, poi ho percorso la R ivie ra Orientale mettendo capo a Limi che ne fornisce un bel numero già bello e riunito dal valente Archeologo sig. Carlo Promis. Mi son poi disteso per la R iviera Occidentale spingendomi sino a Cernendo e Nizza per quelle ra­

gioni che accenno a suo luogo, quantunque quest’ ul­

timi a rigore non appartenga alla noslra Liguria. In ultimo dovevo rivolgermi a Settentrione. Pe r non parlare di qualche piccola memoria appartenente al lerrilorio Bobbiese, la via Postumia mi faceva in vilo a prendere la direzione di Libarna, ove alcune Epigrafi scamparono alla distruzione del tempo c degli uomini con lui con­

giurali.

E

quinci per quei molivi die accennerò, ho dato luogo ad alcune iscrizioni della vicina Tortona fatte pervenire alla Sezione dal noslro socio il Signor Alessandro Wolf.

E cominciando da quelle di Genova si dovrebbe na­

turalmente prender le mosse da quel prezioso monu­

mento a cui ho di sopra accennalo, come il più im­

portante c il più antico che a Genova noslra appar­

tenga, che è la Tavola di Polccvera. Ma siccome la sua illustrazione, a cui hanno concorso due nostri

/

eruditissimi Socii, forma uri corpo per sè abbastanza ampio ; si è stimalo di riserbarla quasi appendice alla (ine, per non metterla come antemurale innanzi al corpo ddle Iscrizioni e potere una vòlta licenziar

( C L X l l )

(19)

queste alla stampa. Il concorso di questi miei gen­

tili e dotti Colleglli , il pensiero di riprodurre il mo­

numento in

facsimile

; (ulto ci consigliava a ritardare anziché ad affrettare questa pubblicazione, che ora godo di offrire unita, come riclamava la ragione della materia, in un solo volume colla raccolta delle Iscrizioni.

Anche rispetto al. modo dell1 illustrare le lapidi si possono tenere vie diverse secondo la varietà delle persone, a cui s’ indirizzano le osservazioni. Sappiam bene che parlando ai dotti si passano sollo silenzio moltissime cose: di altre basta un semplice cenno.

Quelli che hanno una certa dimestichezza coll Ordii , coll’ Ilenzen, col Mommsen, col Cavedoni ecc. sanno che questi profondi critici, a risparmio di tempo e di spazio, hanno adottato un linguaggio quasi di conven­

zione, estremamente laconico, che contiene quanto basta e niente più, per farsi intendere dai soli intelligenti.

Ma io indirizzandomi piuttosto ai giovani e a quelli che sono delle patrie cose amatori in generale , ho pensalo di fare in modo che costoro senza essere de­

dicali ad uno studio profondo su questo ramo di Ar­

cheologia, possano imprender la lettura delle Lapidi e non essere scorali dalle difficoltà clic presenta di primo trailo

Y

Epigrafia ; ma vi trovino invece quelle rudimentali cognizioni, su cui poggia la scienza, e se

( (XXIII )

(20)

Per quesh) ho pensalo d ie nuocerebbe per una parie la soverchia aridila, che pur sorriderebbe ai dodi di

k

il disciplina : per altra una troppo larga trattazione, che ini darebbe I aria di volerla far da pedagogo,

spaventerebbe

per un indigesta mole d erudizione il semplice dilettante. Questo disegno ebbe 1’ approvazione dei miei Colleghi in quei saggi di lettura che diedi in parecchie tornale nella sezione Archeologica e in adu­

nanza generale. Io non so se avrò conseguilo I intento a cui lio rivolto le m ire: certo Ja buona volontà-non

• *

•in e mancala, e per qucslo spero clic non mi verrà meno 1\ indulgenza de’ Cortesi Lettori.

L Epigrafìa Latina vuoisi considerare

sotto

due aspetti a^»ai

distinti

Ira loro e 1 un non meno dell altro im- portanti.

In

mano dell Ordii e dell' Henzen, per parlar dei più recenti, pel melodo a cui è ridotta, essa ci svela la vita pubblica e-privata dei Romani* Non v ’ è sacerdozio, non rito, non magistratura, non uffizio, non gr ado , non arte, non corporazione che non sia illustrata da relativi monumenti epigrafici.

Questo si

'noi domandare all Epigrafia, non già I apprezzamento delle .persone, intorno a cui è sovente menzognera esaltando, c molle volte con’ pompose espressioni, gli inetti.e i malvagi, e lasciando nell’ obblio i virinosi c‘d 1 grandi. Così se talora fornisce preziosi dati sforici à mettere il critico sulla via di ricercare un

fililo

isrno- -

1 aio o accennato oscuramente da qualche

antico

scrit-

( C L X I V )

(21)

( CLXV )

lo re , non si creda che possa mai più prendere il poslo della storia; ma ci somministra quelle cognizioni o cui la storia non discende. E ciò che è di grande importanza agli occhi dell’ erudito, essa ci presenta il prospello delle antiche forme e desinenze e ortografìa secondo il loro svolgersi nella successione dei tempi : il che sarebbe vano chiedere ai codici, i quali subirono le vicende dell’ ignoranza o della pretensione degli amanuensi, che andarono ammodernando le scrillure che passavano sotto la loro penna. Per l’ altra parte 1’ Epi­

grafia in mano del Morcclli innalzata alla dignità di scienza stabilisce principii e propone norme a comporre epigrafi coll’ eleganza dell’ età di Augusto e siile conve­

niente ad ogni soggetto: non v’ è cosa moderna ch’ egli e coi precelli e coll’ autorità e col proprio esempio non insegni ad esprimere in parole antiche. Dalla sua scuola uscì un Lanzi, uno Schiassi, un Gagliuffi, un Bou­

cheron, un Cavedoni, un Silvestri, un Ciceri, un Borda, un Vannelti, un Labus, un Michele Ferrucci, un Vai- lauri, un Ronchini, un Angelini. La sola noslra città può vantare parecchi elegantissimi scrittori di Epigrafi Latine, come Monsignor Ab. Francesco Poggi, il Cano­

nico Prof. Filippo Poggi, il Canonico Luigi Grassi, il Prof. Don Giuseppe Grondona : lutti personaggi bene­

meriti delle buone Lettere per opere date alla luce o per pubblico insegnamento. E per tacere di tanti

(22)

letteratura, noi abbiamo, or fa due an ni, gustato un volume di (‘legantissime Epigrafi dettate da un nostro Collega, che ne fece anche omaggio alla Socielà, che è il Prof. Cav. Don Paolo Rebuffo mio dilettissimo maestro, a cui godo di rendere questa pubblica testi­

monianza della mia stima e riconoscenza. A me par sempre una fortuna quando avviene clic coloro, i quali hanno squisitezza di gusto educato al bello , possano soddisfarlo in qualche eccellente lavoro che compensi le moleste sensazioni, che pur troppo sono inevitabili nel soverchiale mal vezzo di scrivere , come oggidì si fa, barbaramente. Onde ehi ci riconduce o all aurea semplicità dei nostri Trecentisti o alla schietta c mae­

stosa eleganza delle antiche letterature, ben m erita, a parer mio, presso chiunque ha in pregio la coltura c la gentilezza. E questo non dubito di affermare del mio maestro, dal quale, quando apro il suo volume, ritraggo sempre un piacere ed un conforto.

Non vi sia con questo chi si dia a credere che il nostro corpo d Iscrizioni possa soddisfare alle due ac­

cennate parti dell Epigrafia. È un tesoro troppo ristretto c che, da poche eccezioni infuori, non altro presenta che Epigrafi del tempo dell Impero già avanzato : il clic significa non essere del periodo m igliore.

Così io non enlrerò a discutere se in materia di Epigrafia abbiasi a mantenere esclusivamente 1 uso della lingua Latina, o se questa abbia ad elim inarsi al tutto

( C L X Y I )

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per sostituirle 1‘ Italiana; ma il

cerio

si è che a quella nessuno può negare la qualità eli maestra, la dignità di regina e la facoltà di parlare a tutti i secoli e alle persone colle di tutte le nazioni, senza pretendere che 10 straniero, da qualunque parte venga, debba intendere 11 nostro vivo linguaggio. Io non vorrei certamente negare ad un marito il diritto di dettare in quella lingua, che gli è più famigliare, il ricordo da incidersi sulla tomba della perduta compagna; o ad un figlio di rendere questo pietoso ufficio al compianto genitore;

o ad una madre il conforto di rileggere sul sasso, che copre la spoglia del suo caro pegno, 1’ espressione di quell’ affollo, che un abile epigrafista seppe interpretare per lei. Questo io concederò, se si voglia, alla volgare favella ; ma che nei grandi e pubblici monumenti e nei templi della Chiesa Lalina non abbia a parlar quella lingua, che può chiamarsi a buon dritto monumentale e sacra; questo, con buona venia di chi dissente per avventura da me, io non

Y

ammetto. Ma senza preten­

dere che altri rinunci alla sua opinione, io chieggo soltanto che mi sia lecito rimaner nella mia. A buon conto la collezione del prof. RebulTo può soddisfare a tutti i gusti. Ve n’ ha delle scritte originariamente in italiano, e le latine hanno il riscontro di un’ elegante tra­

duzione fatta dal Ch.ni° Ab. Antonio Drago Dottor Col­

legiato di Belle Lettere. Che se altri dicesse non essere

( C L X V I f )

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risponderei non cercarsi per esse l’ approvazione delle gemili divoratrici di romanzi francesi, ne degli sfac­

cendati signorini cotanto seriamente occupati dell’ azzi­

niarsi : sì Lene ambirsi il favorevole giudizio dei saggi.

E

deb

b'

essere per I autore una bella soddi­

sfazione il veder coincidere

hi

sua con una simile pubblicazione ordinata dal senno di una Società che alacremente promuove ciò che può giovare a Storia c ad Archeologia e che di tanti e sì preclari ingegni si onora.

3Ia per tornare alla nostra Collezione, dicevamo es­

sere piuttosto povera se si confronti con quelle di molti altri paesi; ma pur* sarebbe abbastanza ricca d’ effetto, se risvegliasse I idea e porgesse 1 occasione alla nostra gioventù di coltivare questo nobilissimo ramo di lette­

ratura. Veramente 1 avviamento da essa preso non

fa

presagire gran favore e fortuna per le classiche disci­

pline; ma questo non dovea trattenere la Società dal raccogliere il corpo delle Iscrizioni Liguri per tutte quelle ragioni che abbiam di sopra toccate, e per cui dopo le Romane proseguirà a far tesoro delle

posteriori

per poter offrire anche queste riunite insieme a co­

modo degli studiosi c a perenne conservazione delle stesse.

La nostra Società non contava ancora un anno di vita, quando nella Sezione Archeologica presieduta allora

le

( CLXVIII )

(25)

--- ■

( CLXIX )

doli di mente e di cuore

sono

somme e rare, e la probità .veramente antica) sulla proposta dello stesso Preside si deliberò di fare la collezione di tutte le Epi­

grafi della Liguria a cominciare dalle Romane,: e fu no­

minata una commissione presieduta dal chiarissimo Consigliere Cav. Antonio Crocco, di ogni ramo di lette­

ratura cultore felicissimo e tenero singolarmente del- 1’ Epigrafia. Essa commissione non lardò per uno dei suoi membri (il socio Jacopo Doria) a presentare alla Sezione un disegno che servisse di fondamento al lavoro e come punto di partenza, siccome quello che accen­

nava i fonti principali , a cui si dovea ricorrere* per cominciare a comporre un nucleo *d’ Epigrafia Ligure Romana. Ilo già accennalo come si volle affidare a me T incarico di riunirle col corredo di qualche osser­

vazione; ma frattanto i Membri della detta commissione lavoravano alacremente a procurarmi materia da ciò.

Infatti non andò molto che ricevei un quaderno d’ I- scrizioni in numerò di 150, tratte dalle raccolte stam­

pate e manuscritte, compilato per opera dei chiarissimi Socii Jacopo Doria, Cav. Tommaso Belgrano, Gio. Balla Passano, esteso tulio per mano di quésl’ ullimo c cor­

redalo di varianti. Ebbi anche dal siir. avv. Isola Doilor collegiato di Filosofia e dal Commendatore Varni qualche altro rinforzo. Il cav. Olivieri mi comunicò una lettera a lui direna dal giovinetto sig. Enrico Longpérier, in

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una (lolle quali, come si vedrà a suo luogo, mi tornò gradilissima. Già dissi come il sig. Alessandro Wolf, nostro Socio, parecchie me ne trasmise dal Tortoncse da lui vedute in originale o trovate in raccolte scritte a mano. A tulli questi godo di rendere la tenue ma sincera testimonianza della mia riconoscenza. Nè debbo tacere d’aver più volte consultato, e sempre con sod­

disfazione, il mio amico e consocio il Can. Grassi Bi­

bliotecario emerito della Regia nostra Università e dottor di Belle Lettere ad essa aggregato, come pure d essermi valso dei consigli del nostro Socio I’ Avv.

Cav. Cornelio Desimoni così* riguardo alla distribuzione generale della materia, come su molli punti particolari.

La sua profonda scienza in ogni diramazione archeo­

logica, la sua singolare perspicacia, la sua gentilezza e cortesia , che io ebbi più volte a sperimentare, mi impongono il dovere di rendergli questa pubblica di­

mostrazione di onore e di alleilo. Ad uno di questi due sarebbe stalo meglio affidalo questo compito, che si volle assegnare a me. Ad onla del mio buon vo­

lere io mi sento inferiore all1 impresa e temo che nell incredibile movimento che si è destato verso questi studi in Europa, e nella luce epigrafica che splende in ogni parte, non sia lecito ai medioeri farsi innanzi ove campeggiano i grandi. Io potrò, se non altro, esser pago d aver, come clic sia, secondale le mire della nostra Società, porgendo ad

( CLXX )

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.

( CLXXI )

nitri materia ed occasione di emendare ciò che vi sarà di meno esalto, di supplire a ciò clic vi manca, di spingere il lavoro a quella perfezione di cui può essere suscettivo e che raggiungere di primo (ratio è piuttosto impossibile che malagevole.

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