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La raccolta bancaria: tendenze ed implicazioni

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Academic year: 2021

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Indice

Introduzione………...2

Capitolo 1-La raccolta bancaria nella letteratura e l’evidenza empirica…………...4

1.1) Aspetti nozionali sulla raccolta bancaria……….………....4

1.2) La raccolta bancaria nella letteratura economica………...8

1.3) Analisi quantitativa della raccolta delle banche italiane avvenuta nell’ultimo decennio...17

Capitolo 2-Alcuni aspetti d’impatto sulla raccolta bancaria……….28

2.1) La politica monetaria: un aspetto da considerare nelle strategie di raccolta delle banche………..28

2.2) I vincoli sulla liquidità imposti da Basilea III: il loro impatto nelle politiche di raccolta e sulla redditività delle banche ……….………..46

2.3) Il “Funding Gap” e la “Posizione Netta di Liquidità”……….…...57

Capitolo 3-Analisi di cinque gruppi bancari………...67

3.1) Il trend della raccolta dei gruppi bancari nel periodo 2007-2015………...67

3.2) Le prospettive dei gruppi bancari sulla raccolta ravvisabili dai documenti ufficiali...83

Conclusioni…….……….…………90

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Introduzione

L’importanza della raccolta per gli intermediari bancari è evidenziata molto bene nell’articolo 10 del D.L 1 settembre 1993, n 385 in cui viene definita l’attività bancaria: << La raccolta di risparmio tra il pubblico e l'esercizio del credito costituiscono l'attività bancaria. Essa ha carattere d'impresa.>>.

Dalla definizione emerge come la raccolta sia un elemento a cui le banche non possono prescindere visto che è l’espediente attraverso cui vengono accumulate le risorse finanziarie necessarie per l’esercizio dell’attività creditizia.

Nella letteratura economica la raccolta è stata sempre considerata di pari importanza alla politica degli impieghi per il conseguimento di un equilibrio efficiente all’interno delle gestioni bancarie.

Le difficoltà crescenti che le banche italiane hanno incontrato negli ultimi anni, in modo particolare dallo sviluppo della crisi finanziaria a livello globale, ha sicuramente ravvivato l’interesse di queste ultime verso tale aspetto che nel periodo antecedente alla crisi suddetta era stato considerato in modo secondario rispetto alla gestione dell’attivo poiché veniva visto come un qualcosa di acquisito dato che i mercati imperversavano in situazioni di abbondante liquidità e le problematiche sul fonte delle modalità di approvvigionamento erano alquanto ridotte.

La ricerca crescente negli ultimi anni da parte delle banche italiane, ed in modo particolare dei primi cinque gruppi bancari, di politiche di Asset & Liability Management sempre più accurate è una riprova di quanto la raccolta risulti fondamentale a livello gestionale, soprattutto in momenti di notevole difficoltà come quello in cui gli intermediari bancari hanno dovuto operare nel recente passato e tutt’ora.

La motivazione di aver scelto di analizzare la raccolta bancaria sta proprio nel fatto di voler evidenziare come il sistema bancario italiano si sia mosso negli ultimi anni per fronteggiare le crescenti problematiche ad essa connesse e quali siano le prospettive future di un aspetto di così grande rilevo all’interno delle gestioni bancarie.

Nel primo capitolo, dopo aver fornito delle nozioni teoriche sugli aspetti che verranno in seguito considerati nell’analisi, si cerca di fornire una panoramica riguardo alla letteratura inerente alla raccolta bancaria evidenziando in che modo quest’ultima sia stata affrontata da un punto di vista teorico.

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Infine, nell’ultimo paragrafo, viene fornito il trend che la raccolta delle banche italiane ha assunto nel decennio 2005-2014.

Nel secondo capitolo il primo argomento che viene trattato riguarda l’influenza esercitata sulla raccolta bancaria dalle misure espansive delle BCE adottate in seguito alla crisi finanziaria globale.

Nel secondo paragrafo l’obiettivo è sempre il solito ma ha come oggetto i requisiti quantitativi sulla liquidità ideati dal Comitato di Basilea.

Il capitolo si conclude con l’analisi del funding gap e della posizione netta di liquidità, due aspetti che hanno ricevuto un’attenzione crescente negli ultimi anni non solo da parte delle banche italiane ma anche dalla stessa Banca d’Italia.

Il terzo ed ultimo capitolo ha come obiettivo quello di mostrare l’evoluzione della raccolta dei primi cinque gruppi bancari italiani nel periodo 2007-2015 e di fornire una breve disamina sulle prospettive future inerenti alle strategie di approvvigionamento, cercando di evidenziare le componenti della raccolta su cui i gruppi incentreranno maggiormente la loro attenzione nei prossimi anni.

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1 – La raccolta bancaria nella letteratura e l’evidenza empirica

1.1 - Aspetti nozionali sulla raccolta bancaria

Prima di analizzare l’andamento quantitativo di alcune forme della raccolta bancaria è opportuno fare chiarezza su alcuni aspetti che verranno di seguito affrontati.

In generale, il termine “raccolta bancaria” allude alle diverse forme tecniche con le quali la banca ottiene risorse finanziarie finalizzate allo sviluppo dell’attività di intermediazione creditizia.

Una distinzione di rilievo è quella sulla base del tipo di rapporto che l’intermediario instaura con la clientela che vede contrapposta la raccolta diretta da quella indiretta. Nella raccolta diretta si crea un rapporto creditizio tra il cliente e la banca, con quest’ultima che si rende debitrice nei confronti del cliente a seguito dell’emissione di proprie passività.

Nella raccolta indiretta, contrariamente a quella diretta, il rapporto che si instaura tra la banca e la clientela non è creditizio ma bensì di servizio in cui la banca ha l’obbligo di agire in nome e per conto del cliente e di riconsegnare allo stesso i capitali che le sono stati affidati.

La differenza tra le due forme di raccolta è anche a livello contabile visto che le operazioni della raccolta diretta vengono contabilizzate nel passivo dello stato patrimoniale nelle voci inerenti i debiti verso la clientela e le altre banche; mentre le operazioni della raccolta indiretta, come riportato da Borroni M. e Oriani M. (2014), non sono riportate nello stato patrimoniale poiché non generano direttamente flussi di liquidità come ad esempio i depositi e le obbligazioni.

Anche i ricavi, a seguito della differente natura delle due tipologie di raccolta, vengono contabilizzati in modo differente. Gli interessi corrisposti sui depositi e sulle obbligazioni vengono contabilizzati nel margine di interesse mentre le commissioni provenienti dai servizi della raccolta indiretta a favore della clientela vengono contabilizzati nel margine di intermediazione.

In dottrina, data la differente natura delle due tipologie di raccolta, c’è stato un dibattito riguardo alla computabilità o meno delle forme tecniche appartenenti alla cosiddetta

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raccolta indiretta all’interno della raccolta complessiva delle banche. Infatti, considerando da un punto di vista prettamente tecnico le varie forme della raccolta indiretta, emerge come quest’ultime non siano parte dall’attività di intermediazione creditizia ma bensì dell’attività di intermediazione mobiliare in cui svolgono un ruolo rilevante, come riportato da Borroni M. e Oriani M. (2014). Il fatto che la Banca d’Italia non fornisca alcuna definizione al riguardo fa emergere ulteriori perplessità riguardo alla fondatezza della definizione di raccolta indiretta.

Quirici M.C. e Cappiello A. (2006) ritengono che la definizione di raccolta indiretta sia stato un escamotage da parte delle banche per rendere meno evidenti le grosse difficoltà riscontrate sulla raccolta vera e propria anche se riconoscono la sua importante funzione integrativa vista la capacità di canalizzare notevoli flussi di risparmio che altrimenti sarebbero stati canalizzati verso altri intermediari.

Anche Cenderelli E. e Bruno E. (2011) asseriscono che la definizione di raccolta indiretta sia scaturita dalla prassi operativa e la giustificano ponendo l’attenzione all’intento delle attività innovative di intermediazione, ovverosia quello di evitare un drenaggio eccessivo delle risorse finanziarie intermediate dagli intermediari creditizi.

Tabella 1.1

Raccolta diretta

Raccolta indiretta

Depositi da clientela ordinaria residente Gestioni individuali di patrimoni

Obbligazioni da clientela ordinaria

residente

Titoli in custodia semplice o

amministrata

La tabella 1.1 mostra le componenti della raccolta bancaria che verranno prese in considerazione nel prosieguo dell’analisi.

In merito alla raccolta diretta il termine “clientela ordinaria residente”, come definito dalla Banca d’Italia , fa riferimento a tutte le persone fisiche e giuridiche residenti in Italia ad eccezione delle banche, della banca centrale, dei fondi comuni monetari e delle altre istituzioni finanziarie la cui attività consiste nel ricevere depositi e/o strumenti altamente sostituibili ad essi da enti diversi dalle banche e nell’erogare crediti e/o effettuare investimenti in titoli per conto proprio.

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Una distinzione generale che può essere compiuta riguardo alla raccolta diretta è quella tra le operazioni al dettaglio e quelle all’ingrosso. Mentre le prime vengono effettuate con un numero di operatori elevato e per importi unitari contenuti; le seconde vengono attuate con grandi clienti e con operatori istituzionali e professionali e sono di importi unitari elevati.

Con il termine “depositi da clientela ordinaria residente” presente nella tabella 1.1 si fa riferimento ai depositi in conto corrente, a quelli rimborsabili con preavviso ed ai pronti contro termine.

I depositi in conto corrente appartengono alla categoria dei depositi con funzione monetaria mentre i pronti contro termine ed i depositi rimborsabili con preavviso appartengono ai deposti tempo a causa della diversa finalità per cui vengono stipulati dai clienti.

I depositi tempo, detti anche depositi a risparmio, vengono sottoscritti dal cliente con finalità di remunerazione delle somme investite; al contrario i depositi moneta vengono utilizzati dalla clientela per finalità transattive visto che consentono al cliente di accedere ad una pluralità di strumenti di pagamento e sono il presupposto per accedere ad una molteplicità di servizi bancari.

Una distinzione generale che può essere compiuta sulla raccolta riguarda la durata che può essere differente anche fra le stesse forme tecniche utilizzate dalle banche.

Per le passività bancarie di durata inferiore ai 18 mesi si parla di raccolta a breve termine; quella a medio termine si ha quando le passività non superano i 5 anni ed hanno una scadenza superiore ai 18 mesi ed a lungo termine quando le passività hanno una scadenza superiore ai 5 anni.

L’aggregato obbligazioni considerato nell’analisi riguarda i titoli emessi dagli intermediari bancari ad esclusione di quelli collocati all’ingrosso.

Visto che la durata minima dei titoli obbligazionari deve essere di 3 anni e l’eventuale rimborso anticipato non può avvenire prima di 18 mesi dalla data del collocamento, come fatto notare da Borroni M. e Oriani M. (2014) sulla base di quanto riportato dalle istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia, emerge come quest’ultime siano degli strumenti appartenenti esclusivamente alla componente della raccolta orientata al medio-lungo termine.

Tra i servizi bancari appartenenti alla raccolta indiretta si ricorda la negoziazione per conto terzi, il servizio di custodia ed amministrazione dei titoli e la gestione di patrimoni su base individuale.

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Nell’analisi condotta nel paragrafo 1.3 inerente all’andamento della raccolta bancaria vengono considerate la gestione individuale di patrimoni ed il servizio di custodia e amministrazione dei titoli.

Il servizio di gestione individuale di patrimoni, a differenza degli altri servizi sopra menzionati, è l’unico in cui la banca non si limita esclusivamente ad eseguire l’ordine del cliente ma compie delle decisioni di investimento/disinvestimento in nome e per conto del cliente stesso sulla base delle condizioni contrattuali inerenti agli obiettivi, alle tipologie di strumenti finanziari, alla durata ed alle condizioni del mandato ricevuto dal cliente. Questo aspetto, come evidenziato da Quirici M.C. e Cappiello A. (2006), rende il servizio di gestione individuale la fase più avanzata dell’attività di intermediazione mobiliare in cui si estrinseca la raccolta indiretta visto il potere decisionale della banca nello svolgimento di tale servizio e la difficoltà nello strutturare il portafoglio di investimento in grado di soddisfare appieno le esigenze della clientela.

L’attività di negoziazione per conto terzi, altro servizio fondamentale all’interno di quelli appartenenti alla raccolta indiretta, a differenza della gestione individuale costituisce per l’intermediario un impegno esclusivamente esecutivo dato che consiste nella mera trasmissione al mercato degli ordini di acquisto e di vendita dei clienti.

Il punto di forza di tale servizio, come ribadito da Quirici M.C. e Cappiello A. (2006), non sta tanto nel suo valore aggiunto ma bensì nella circostanza che gli investitori per poter negoziare strumenti finanziari devono necessariamente avvalersi di un intermediario autorizzato allo svolgimento di tale servizio di investimento, come riportato nel Testo Unico della Finanza (T.U.F.).

Il servizio di custodia semplice o amministrata integra il servizio di negoziazione per conto terzi con il fine di incrementare il valore aggiunto dei servizi di investimento svolti per conto della clientela.

Il servizio può consistere o nella semplice conservazione dei titoli o, nel caso della custodia amministrata, nell’incasso periodico dei proventi sui titoli dei clienti, nell’informare la clientela riguardo alle scadenze dei titoli e nell’esercitare i diritti sui titoli in base alle esigenze del singolo cliente.

L’ammontare dei titoli in custodia semplice ed amministrata è molto significativo perché mostra non sola la dinamica di tale servizio accessorio ma anche quella del servizio di negoziazione per conto terzi che insieme alla gestione individuale di patrimoni costituiscono i servizi di investimento di maggiore importanza per la raccolta indiretta e, più in generale, per la profittabilità delle banche.

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1.2 - La raccolta bancaria nella letteratura economica

Nel periodo precedente alla crisi finanziaria globale del 2007-2009 molte banche, a seguito dell’abbondanza di liquidità presente sui mercati, si sono focalizzate principalmente sulla redditività e sulla liquidità dell’attivo trascurando la composizione quali-quantitativa del passivo, fonte di uno dei rischi che ha giocato un ruolo principale nella crisi finanziaria e nella sua propagazione a livello globale: il “funding liquidity risk”. A seguito della crisi finanziaria alcuni lavori hanno analizzato i dati di bilancio bancari per individuare i fattori che hanno spinto all’evoluzione della raccolta in un certo modo piuttosto che in un altro, oppure per fornire una panoramica dettagliata dell’evoluzione della raccolta dal periodo precedente a quello successivo della recente crisi finanziaria globale e a quella del debito pubblico o ancora, per individuare gli effetti della raccolta e della sua composizione sulla stabilità finanziaria delle banche.

Ad esempio, gli articoli di Vazquez F. e Federico P. (2012) e di Oura H., Chan-Lau J.A., Gonzalez-Hermosillo B., Gundmundsson T. e Valckx N. (2013) illustrano l’evoluzione della raccolta bancaria e le implicazioni della sua composizione sulla stabilità finanziaria degli intermediari bancari.

Vazquez F. e Federico P. (2012) suddividono un campione di banche sulla base della differente operatività (global / domestic bank). Nell’articolo viene impiegato un modello probit per mostrare l’andamento del Net Stable Funding Ratio e del Leverage Ratio nel periodo precedente la crisi finanziaria globale e nel corso della stessa.

Per rendere maggiormente comprensibile l’evoluzione della liquidità strutturale e dell’indebitamento delle banche considerate, i due autori rappresentano graficamente il trend nel periodo precedente e durante la crisi, tenendo conto non solo della distinzione tra global e domestic banks ma considerando anche in modo separato le banche fallite da quelle non fallite.

Nel testo vengono utilizzate due regressioni per cogliere meglio le differenze tra le global e le domestic banks, quest’ultime a loro volta suddivise in banche commerciali, casse di risparmio e banche di credito cooperativo.

I due autori introducono anche due valori soglia per le proxy del NSFR ed del Leverage Ratio nelle regressioni impiegate, in modo tale da individuare l’eventuale diverso effetto sulla stabilità finanziaria di un incremento della liquidità strutturale o del capitale.

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Questo lavoro, sebbene in modo indiretto, mette in evidenza gli effetti di una raccolta più o meno stabile sulla probabilità di stress di un intermediario bancario visto che il numeratore della proxy del NSFR dipende dalla stabilità delle fonti di finanziamento della banca stessa.

In generale dall’analisi emerge che nel periodo precedente alla crisi, le global banks avevano livelli più alti di indebitamento, con un maggiore affidamento sulla raccolta all’ingrosso a breve termine, ed una liquidità strutturale inferiore.

Le banche fallite nel periodo precedente alla crisi avevano livelli della proxy rappresentativa il NSFR inferiori ed un indebitamento superiore rispetto alle banche sane. Aspetto interessante è il declino della proxy del NSFR nel periodo precedente alla crisi, per entrambe le categorie di banche, e la sua risalita nel corso della medesima.

Guardando ai valori soglia, è mostrata la complementarità del capitale e della liquidità sulla stabilità finanziaria: per le banche con livelli alti di indebitamento e livelli bassi della proxy del NSFR, inferiori a quelli stabiliti come soglia, l’effetto maggiore sulla stabilità finanziaria è quello derivante dalle variazioni del capitale; per livelli di capitalizzazione superiori a quello soglia sia la liquidità strutturale che il capitale hanno effetto sulla stabilità finanziaria.

Dai risultati ottenuti si nota un apprezzamento dei due autori per i requisiti di Basilea 3 sulla liquidità e sul capitale.

Considerando separatamente le global dalle domestic banks risulta che la stabilità finanziaria per le prime è influenzata maggiormente dalla capitalizzazione, mentre per le seconde sono le fonti di finanziamento stabili a giocare un ruolo fondamentale. Nel sottoinsieme delle domestic banks il capitale ha un effetto maggiore sulla stabilità delle casse di risparmio mentre per le banche commerciali l’effetto principale deriva dalla liquidità strutturale. Oura H., Chan-Lau J.A., Gonzalez-Hermosillo B., Gundmundsson T. e Valckx N. (2013) focalizzano lo studio su un campione di banche delle quali prendono in considerazione un insieme di dati dal 1990 al 2012.

A differenza dell’articolo di Vazquez F. e Federico P. (2012) il campione viene suddiviso in banche delle economie avanzate, banche delle economie emergenti e banche a rilevanza sistemica.

Il primo aspetto di cui gli autori si occupano è l’individuazione, tramite una regressione lineare, dei fattori che influenzano la composizione della raccolta; aspetto che non si ritrova in Vazquez F. e Federico P. (2012) che indagano esclusivamente gli effetti sulla

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stabilità finanziaria provocati dalle variazioni della raccolta a medio e lungo termine e dall’indebitamento.

La regressione lineare utilizzata considera come variabili indipendenti le caratteristiche specifiche delle banche, alcuni aspetti macro-finanziari ed altri aspetti regolamentari ed istituzionali.

Guardando alle caratteristiche specifiche delle banche i risultati mostrano che le banche più grandi hanno una capitalizzazione inferiore ed un indebitamento, non consistente in depositi, superiore rispetto alle altre; in particolare se trattasi di banche operanti in Paesi emergenti.

Le banche con livelli alti di profittabilità e quelle che distribuiscono dividendi ricorrono maggiormente all’indebitamento ed hanno livelli di capitale e di depositi inferiori rispetto a quelle operanti nei Paesi con un alto livello di crescita del PIL.

Un minore indebitamento ed un maggiore livello di depostiti è rilevato invece per le banche localizzate nei paesi con un alto livello di risparmio finanziario nonché per le banche di rilevanza sistemica, operanti in paesi con un adeguato sistema normativo, Quest’ultima notazione è di rilievo da un punto di vista accademico poiché mostra come anche l’ambiente regolamentare possa influire sulla strutturazione della raccolta delle banche.

L’argomento viene ribadito anche da Van Rixtel A. e Gasperini G. (2013) :<< national characteristics play an important role in the specific pattern of bank funding across different euro area countries. Such variation may be related to differences in national legal frameworks, historical customs and the structure of the domestic banking sector>>. I risultati delle regressioni impiegate documentano anche il trend della raccolta bancaria per le banche operanti in diverse economie sia nel periodo precedente alla crisi che in quello successivo.

Nel periodo precedente alla crisi le banche dei paesi economicamente avanzati, a differenza di quelle giapponesi e dei paesi emergenti, basavano gran parte della raccolta su quella all’ingrosso.

A seguito della crisi le banche operanti nell’Eurozona hanno fatto fronte al blocco dell’interbancario a breve attraverso l’emissione di covered bonds, titoli che ove riacquistati dalla banca emittente potevano essere dati in garanzia per accedere alle operazioni di rifinanziamento della BCE.

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Le banche statunitensi hanno diminuito l’indebitamento non costituito da depositi, incrementando questi ultimi ed il capitale proprio, infine le banche emergenti e quelle giapponesi hanno innalzato la raccolta all’ingrosso.

Al fine di palesare l’effetto delle caratteristiche della raccolta sulla stabilità finanziaria, nell’articolo viene utilizzata una regressione lineare basata su dati panel forniti da Bloomberg. L’aspetto interessante del modello è quello di aver utilizzato tre variabili per descrivere la situazione di stress finanziario in modo da non giungere ad una definizione unica che, per le varie tipologie di banche considerate, potrebbe essere fuorviante. Per le banche operanti nei paesi emergenti e per quelle operanti nei paesi avanzati, un alto affidamento sulla raccolta all’ingrosso è associato ad un probabilità più elevata di cadere in una situazione di stress finanziario.

Un’elevata concentrazione della raccolta è associata in molti casi a situazioni di dissesto; così come un alto livello di indebitamento, soprattutto a breve, per le banche di rilevanza sistemica e per quelle operanti nei mercati emergenti, può generare situazioni analoghe. Dall’osservazione separata delle banche in dissesto da quelle stabili, gli autori evidenziano come le prime, nelle maggior parte dei casi, abbiano peggiorato la composizione della raccolta e le seconde, invece, l’abbiano migliorata riducendo l’indebitamento, aumentando il grado di diversificazione ed aumentando lievemente la capitalizzazione.

Altra questione sollevata da Oura H., Chan-Lau J.A., et al. (2013) è la valutazione dell’impatto delle riforme introdotte da Basilea 3, sulla risoluzione delle crisi bancarie e di quelle sui mercati Over The Counter (OTC) dei derivati sul costo delle passività bancarie.

La novità è resa bene dalle parole degli autori: <<There have been many attempts to assess the cost implications of bail-in powers, depositor preference, and asset encumbrance, but few of these fully incorporate the changes in the overall funding structure of a bank>>.

Per valutare l’impatto delle misure sopra citate vengono compiute delle stime basandosi su un modello di banca ipotetica, che rifletta le caratteristiche delle principali banche a livello europeo.

L’introduzione della preferenza per i depositanti, che conferisce a questi ultimi anzianità legale su altri creditori non garantiti, e l’aumento delle attività assegnate in garanzia a fronte delle operazioni di raccolta, per effetto anche delle indicazioni di Basilea 3 sulla

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liquidità strutturale, provocano un rialzo dello spread del debito non garantito, ma sempre a livelli inferiori a quello subordinato.

L’influenza principale sullo spread è esercitata dall’introduzione della preferenza per i depositanti, soprattutto nel caso in cui la stessa venga estesa ai depositi non assicurati, ovverosia a quelli esclusi dall’ intervento del fondo di garanzia.

Le stime eseguite pongono in evidenza l’effetto sugli spread, rispetto al “risk–free” a seguito dell’introduzione dei poteri di “bail-in”.

La conversione in capitale del debito soggetto a “bail-in” di per sé non ha un effetto rilevante sullo spread del debito non garantito; l’effetto è più pronunciato quando si ha un aumento della quota dei creditori esenti da tale procedura. Infine, per verificare se il modello produce risultati realistici, gli autori utilizzano la simulazione su quattro banche rilevanti a livello sistemico con una diversa composizione del capitale ed un diverso rischio.

Oltre all’impatto positivo delle misure di Basilea 3, come mostrato da Vazquez F. e Federico P. (2012); gli autori evidenziano come le nuove regole in materia di risoluzione delle crisi bancarie possano rafforzare la disciplina prudenziale nel caso in cui quest’ultime riducano l’elevata domanda sui titoli di debito emessi dalle banche di rilevanza sistemica e quindi anche il loro status di “too-big-to-fail” da cui hanno sempre tratto un cospicuo vantaggio competitivo nella raccolta delle risorse finanziarie.

Gli articoli di Van Rixtel A. e Gasperini G. (2013) e di Vaciago G., Bianconi M., De Felice G. (2011) hanno entrambi l’obiettivo di delineare l’andamento della raccolta bancaria registratosi negli ultimi anni. In Van Rixtel A. e Gasperini G. (2013) l’analisi si focalizza per verificare l’impatto della crisi finanziaria globale e della crisi del debito pubblico sulla raccolta delle banche europee.

Vaciago G., Bianconi M., De Felice G. (2011) invece concentrano la loro analisi sulle banche italiane fino al 2009.

Come in Vazquez F. e Federico P. (2012) e Oura H., Chan-Lau J.A., et Al. (2013), Van Rixtel A. e Gasperini G. (2013) cercano di individuare alcuni dei possibili fattori che possono influenzare la raccolta bancaria.

I due autori nel loro studio, come in Vaciago G., Bianconi M., De Felice G. (2011) per le banche italiane, mostrano la “flight-to-quality” delle banche europee verso una raccolta maggiormente stabile. Dall’analisi emerge una riduzione della raccolta tramite i depositi per le banche operanti nei paesi periferici ed un aumento per i paesi fulcro dell’Eurozona,

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ribadendo ancora una volta l’influenza del paese di origine sulle caratteristiche della raccolta bancaria.

Van Rixtel A. e Gasperini G. (2013) parlando della raccolta all’ingrosso, oltre a mostrare il differente trend per le banche dei paesi periferici rispetto a quelle dei paesi di importanza centrale, evidenziano l’importanza giocata dalle garanzie pubbliche nell’emissione dei titoli bancari, soprattutto per le banche operanti nella periferia dell’Eurozona.

Sia Van Rixtel A. e Gasperini G. (2013) che Vaciago G., Bianconi M., De Felice G. (2011) illustrano il collegamento tra i CDS bancari e lo spread sul debito sovrano, mostrando come le tensioni su quest’ultimo possono influenzare il costo delle emissioni bancarie e quindi della raccolta.

Lo studio di Vaciago G., Bianconi M., De Felice G. (2011) cerca anche di individuare le prospettive future della raccolta bancaria basandosi sulle differenze esistenti tra le politiche di raccolta delle banche italiane e quelle europee e sulle indicazioni delle autorità monetarie inerenti all’orientamento delle politiche monetarie per l’avvenire.

L’indicazione particolare che emerge è quella di ricorrere maggiormente alle cartolarizzazioni ed all’emissione di covered bonds, due tecniche meno sfruttate dalle banche italiane.

Huizinga H. e Demirgüç-Kunt A. (2009) impiegano su un campione di dati appartenenti a banche quotate nel periodo 1995-2007 molteplici regressioni per mostrare le determinanti del reddito da non interesse e della raccolta non composta da depositi e verificare l’impatto di queste ultime sulla performance e sul rischio degli intermediari considerati.

Riguardo ai fattori specifici a livello bancario che influenzano la raccolta da non depositi possono essere riprese le osservazioni degli autori: << Interestingly, the same bank variables that tend to give rise to a higher fee income share also give rise to a higher non-deposit funding share, with few differences. Association with asset growth is much stronger, whereas equity is no longer significant. This suggests that fast-growing banks appear to be relatively heavily financed through non-deposits, increasing leverage. In addition to investment banks, bank credit institutions also rely more heavily on non-deposit financing>>.

Viceversa ove si tenga conto delle variabili a livello istituzionale e regolamentare e di quelle macroeconomiche, le stime evidenziano un effetto opposto sui redditi da non interesse e sulla raccolta da non depositi, dimostrando che una correlazione positiva fra

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reddito da non interesse e quota di raccolta si verifica soltanto se rilevato in un contesto relativo alle sole specifiche bancarie.

Successivamente per verificare l’impatto del reddito da non interessi e della raccolta da non depositi sulla performance e sul risultato bancario vengono utilizzate delle regressioni che hanno come variabile dipendente due diverse misure di rischio e di performance in modo da ottenere una conferma della veridicità dei risultati ottenuti. Oltre a questo gli autori, per ovviare al fatto che le banche possono modificare la composizione del reddito da non interesse e della raccolta da non depositi a seguito dell’impatto di quest’ultime sulla performance e sul rischio, impiegano ulteriori regressioni con dei valori del reddito e della raccolta sfasati di un anno per valutare le eventuali divergenze con le indicazioni emergenti dalle regressioni con i valori non ritardati.

L’indicazione principale dell’articolo è che le banche tradizionali, cioè quelle che hanno una strategia fondata principalmente sul reddito da interesse e sulla raccolta tramite depositi, siano più sicure degli intermediari che invece fondano principalmente le loro strategie su attività che non producono interessi e su una raccolta diversa dai depositi, come ad un esempio le “investment banks” e gli intermediari bancari con un elevato tasso di crescita.

Altri articoli, a differenza di quelli precedentemente considerati, si sono orientati nell’analisi di alcune componenti della raccolta, utilizzando anche dei modelli teorici, con l’obiettivo di descrivere gli effetti di quest’ultime sulla stabilità finanziaria, sulla redditività e la rischiosità delle banche, cercando di fornire delle indicazioni utili sia per le banche che per le autorità di vigilanza.

Il lavoro di Schlueter T., Sievers S. and Hartmann-Wendels T. (2014) rientra nella letteratura che si occupa dei depositi e del comportamento dei depositanti.

La novità dell’articolo rispetto alle opere esistenti è resa bene dagli autori: <<..this is the first study that evaluates the cash flow patterns of individual depositors together with all contract information and a variety of customer characteristics for an entire bank>>. I dati considerati riguardano i depositi di risparmio edilizio stipulati da una cassa di risparmio edilizio tedesca con la clientela retail.

Nel modello ipotizzato la banca può influenzare il comportamento dei depositanti, e quindi la “duration” dei depositi, attraverso la corresponsione di premi a livello contrattuale a valere dopo un certo periodo temporale di giacenza delle somme investite. Nelle regressioni impiegate vengono considerate anche alcune variabili che tengono

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conto dell’andamento del mercato, delle caratteristiche della clientela e di quelle contrattuali per verificare se questi aspetti sono in grado di influenzare il comportamento dei depositanti.

La peculiarità dello studio è quella di fornire, attraverso l’analisi dell’impatto dei premi sulla durata e sulla volatilità dei depositi, delle indicazioni utili al management bancario per la gestione dei depositi a vista che rappresentano per le banche tedesche la principale fonte di raccolta.

Anche Huang R. e Ratnovski L. (2010) trattano una specifica componente della raccolta bancaria: la raccolta all’ingrosso, una delle fonti principali della propagazione del “funding liquidity risk”.

Come riportato da molti studiosi, tra cui Van Rixtel A. e Gasperini G. (2013), il cospicuo ricorso delle banche, soprattutto quelle di grandi dimensioni, alla raccolta all’ingrosso è stato favorito dalla globalizzazione finanziaria che ha provocato l’espansione del mercato interbancario statunitense, dallo sviluppo dell’“investment banking” che ha spinto le banche a ricercare fonti di finanziamento a breve termine meno costose per massimizzare la redditività, derivante soprattutto da attività svolte sul mercato e di durata inferiore rispetto a quelle delle banche con un business tradizionale.

A differenza degli studi precedenti, tra cui merita ricordare quelli di Goodfriend, King (1998) e di Calomiris (1999), in cui vengono evidenziati gli aspetti positivi della raccolta all’ingrosso; Huang R. e Ratnovski L. (2010) cercano di illustrare anche gli aspetti negativi di questa fonte di finanziamento.

Per evidenziare gli aspetti positivi della raccolta all’ingrosso gli autori utilizzano il modello presente in Calomiris e Khan (1991) in cui si ha un’economia composta da una banca e da due tipi di finanziatori: i depositanti ed un finanziatore all’ingrosso.

Nel modello si ipotizza che il finanziatore all’ingrosso possa monitorare l’investimento e decidere, ad un’epoca intermedia, se rinnovare o meno il finanziamento concesso; in caso di mancato rinnovo la banca viene liquidata trovandosi ad avere un attivo insufficiente a rimborsare tutti i finanziatori.

A seguito del raffronto delle equazioni che mostrano il livello di benessere collettivo con e senza il finanziatore istituzionale, il modello evidenzia come la presenza di quest’ultimo influisca in modo positivo sul benessere dato che l’ammontare investito in un progetto con un valore iniziale positivo è superiore ed in caso di liquidazione si ha un valore più alto.

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L’analisi della funzione di profitto della banca pone in rilievo come quest’ultima sia portata a dare massima prelazione al finanziatore istituzionale e a scegliere come ammontare di risorse quello ottimale per la massimizzazione del benessere della collettività, visto che il tasso di remunerazione dei finanziatori all’ingrosso diminuisce all’aumentare della loro quota di prelazione sui depositanti.

Dal momento che le banche sono spinte a conferire massima prelazione al finanziatore all’ingrosso; quest’ultimo è portato, nella ricerca della massimizzazione del profitto, a scegliere l’intensità di monitoraggio uguale a quella ottimale per la massimizzazione del benessere collettivo.

Al fine di mostrare le possibili inefficienze connesse alla raccolta all’ingrosso, nel modello di riferimento viene introdotto un segnale, casuale e gratuito, disponibile esclusivamente al finanziatore all’ingrosso.

La differenza rispetto al modello precedente è che il finanziatore disinformato è portato a liquidare la banca, in caso di segnale negativo riguardo alle prospettive dell’investimento attuato dalla banca stessa, a meno che il segnale abbia un basso livello di accuratezza, tale per cui il valore attuale del progetto risulti superiore a quello di liquidazione.

Guardando al benessere collettivo si rimarca una riduzione del livello ottimo di monitoraggio, segnale che mostra una riduzione del valore attribuito dal finanziatore all’ingrosso all’informazione ottenuta a proprie spese. Con il segnale casuale gratuito, a differenza del caso in cui il segnale è assente, il finanziatore all’ingrosso è portato a liquidare la banca al crescere della prelazione sugli altri creditori ed a diminuire il monitoraggio.

Huang R. e Ratnovski L. (2010) uguagliando il valore di liquidazione a quello di prosecuzione dell’investimento ricavano il livello di prelazione oltre al quale il finanziatore istituzionale è portato a seguire il segnale casuale, comportando la possibilità di liquidazioni inefficienti.

Partendo dal valore soglia individuato, i due autori documentano che tale valore diminuisce all’aumentare della prelazione dei depositi e del valore di liquidazione; viceversa aumenta a seguito di una crescita delle some ottenute dal finanziatore all’ingrosso.

Quando la banca assegna un privilegio superiore a quello soglia si trova da un lato a fronteggiare la possibilità di liquidazioni inefficienti e dall’altro a ridurre il tasso da offrire ai finanziatori all’ingrosso: se la decisione ha un valore positivo la banca è portata ad

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aumentare il privilegio dei finanziatori all’ingrosso, rischiando così la possibilità di liquidazioni inefficienti.

1.3 - Analisi della raccolta delle banche italiane nel corso

dell’ultimo decennio

L’analisi dei dati relativi alla raccolta bancaria nel decennio 2005 – 2014 ci consente di interpretare la dinamica sull’ andamento e la composizione della raccolta bancaria diretta ed indiretta dalla clientela ordinaria residente; in particolare di quella proveniente dalle famiglie e dalle imprese.

Le fonti principali utilizzate sono costituite dalle relazioni annuali della Banca d’Italia, e relative appendici, e dalla base dati statistici (BDS) sempre di Banca d’ Italia.

L’arco temporale in cui viene attuata l’osservazione dei dati è particolarmente significativo, in quanto, nel periodo indicato, l’attività delle banche è stata fortemente condizionata dall’insorgere della crisi finanziaria mondiale, crisi che ha dato avvio ad un periodo di recessione e di crisi economica, divenuta poi di portata sistemica, ed in un secondo tempo dal propagarsi anche in Italia della crisi del debito sovrano che ha significativamente interessato la dinamica e la composizione della raccolta.

Tabella 1.2

Fonte: Banca d’Italia, Relazioni annuali anni vari.

Note: (2) La voce "totale depositi" non si riferisce solo ai depositi stipulati con la "clientela ordinaria residente" ma anche con i residenti all'estero e le IFM. (3) I depositi sono stati considerati al netto di quelli connessi con op. di cartolarizzazione e di cessione crediti. (4) I depositi sono considerati al netto della raccolta postale di Cassa Depositi e Prestiti, inclusa da Banca d'Italia in tale componente dal 2007.

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Figura 1.1

Fonte: Banca d’Italia, Relazioni Annuali anni vari.

Punto di partenza dell’osservazione è quello riferito alla raccolta del 2005, raccolta che aveva fatto registrare un’espansione piuttosto sostenuta dei depositi in conto corrente e delle obbligazioni, rispetto all’ anno precedente.

Un primo aspetto che emerge dalla tabella 1.2 è la rilevanza della raccolta tramite deposti da clientela ordinaria sul totale complessivo della raccolta.

Figura 1.2

Fonte: BI, varie Relazioni Annuali. Fonte: Banca d’Italia, Relazioni Annuali anni vari.

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Negli anni dal 2005 al 2009, i depositi della clientela residente hanno fatto registrare complessivamente un buon tasso di crescita, sia pure con intensità diversa in ciascun anno.

I depositi in conto corrente sono stati la componente che ha maggiormente contribuito al trend positivo della raccolta a livello nazionale.

Anche i pronti contro termine, nel periodo 2005 – 2007, con la loro crescita hanno contribuito allo sviluppo della raccolta diretta a livello nazionale.

Un fattore che ha influito sulla crescita di questa componente, soprattutto nel 2005, è stata la maggiore capacità dei pronti contro termine, rispetto alle attività più liquide, come i conti correnti, a seguire più prontamente la tendenza al rialzo dei tassi a breve dovuto all’aumento dei saggi ufficiali da parte della Banca Centrale Europea. Di converso, per lo stesso motivo, negli anni 2005 – 2007, i depositi in conto corrente hanno fatto registrare un rallentamento della loro crescita.

Nel biennio successivo (2008 – 2009), a seguito dell’evoluzione della crisi finanziaria e dell’inizio della recessione, nonché delle misure straordinarie adottate dalla Banca Centrale Europea la raccolta di fondi sull’interno, soprattutto presso le famiglie, ha segnato un aumento dei depositi a risparmio e di quelli in conto corrente della clientela residente.

Nel contempo i pronti contro termine hanno iniziato a decrescere a seguito della sensibile riduzione dei rendimenti offerti, risentendo anche delle politiche di offerta delle banche, volta ad ampliare la raccolta interna, meno esposta alle turbolenze dei mercati finanziari ed a compensare l’accentuata riduzione della raccolta all’ingrosso sui mercati esteri. La crescita dei depositi non ha riguardato soltanto i conti correnti, bensì anche i depositi rimborsabili con preavviso e quelli con durata prestabilita.

Nel periodo 2010 – 2011 si assiste ad una inversione di tendenza nella raccolta tramite depositi. Le banche, soprattutto quelle di grandi dimensioni, a seguito delle manovre espansive della BCE hanno preferito ricorrere a questa forma di provvista, a costi contenuti, anziché attuare politiche rivolte ad ampliare la raccolta da clientela residente, a costi più elevati.

Nel triennio 2012 – 2014 si evidenzia una ripresa complessiva della raccolta al dettaglio. L’armonizzazione del trattamento fiscale delle rendite finanziarie, deliberato nel 2012, si è dimostrato elemento determinante per la crescita della raccolta al dettaglio da famiglie ed imprese. In precedenza, infatti, i depositi con durata prestabilita, risultavano

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penalizzati da una tassazione superiore rispetto ad altri strumenti finanziari, quali ad esempio le obbligazioni.

Nel 2013, l’incremento della raccolta al dettaglio tramite depositi è risultato inferiore rispetto a quello dell’anno precedente.

Nel dettaglio i depositi con durata prestabilita hanno mantenuto il loro trend di crescita, mentre quelli in conto corrente hanno invertito l’andamento decrescente, fatto registrare nel triennio precedente; questo andamento peraltro non è da ascrivere ad una politica delle banche tesa ad offrire tassi di rendimento maggiormente allettanti ma bensì ad un atteggiamento precauzionale della clientela a fronte dei maggiori investimenti in attività finanziarie di maggior rischio effettuati in un contesto di ripresa dei mercati.

I pronti contro termine hanno invece proseguito a segnare un andamento al ribasso, iniziato nel 2007, verosimilmente in ragione sia della instabilità dei mercati finanziari, come pure della maggiore incidenza fiscale sulle rendite, a far tempo dal 2012; una misura quest’ultima che orientato la clientela e le banche verso strumenti alternativi.

Occorre inoltre tener presente che tra il 2013 ed il 2014, il fabbisogno di provvista delle banche è risultato minore in ragione del calo dei finanziamenti alle imprese e ciò le ha orientate politiche di approvvigionamento meno onerose.

Nel 2014, come avvenuto nell’ anno precedente, è proseguito il trend positivo della raccolta in conto corrente, che ha più che compensato il calo fatto registrare dai pronti contro termine e dei depositi con durata prestabilita, confermando la propensione dei risparmiatori a mantenere scorte liquide a fronte dei maggiori investimenti in azioni od altre forme di risparmio gestito.

Nel periodo intercorrente fra il 2008 ed il 2013, all’interno della rilevazione dei depositi da clientela ordinaria residente è possibile anche analizzare l’andamento di quelli riferiti rispettivamente alle famiglie ed alle imprese, evidenziati rispettivamente nella Tabella 1.3 e nella Tabella 1.4.

Tabella 1.3

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Tabella 1.4

Fonte: Base Dati Statistica di Banca d’Italia.

In merito alla raccolta proveniente da questi comparti emerge ancora una volta il ruolo fondamentale svolto dai depositi in conto corrente.

Nel 2009 la crescita dei conti correnti è risultata sostenuta in entrambi i comparti, un aspetto questo che riflette una scarsa propensione della clientela residente ad investire nelle attività finanziarie a più alto rischio.

Nello stesso periodo anche i depositi a risparmio, sia con durata prestabilita come quelli rimborsabili con preavviso, hanno fatto segnare una crescita, confermando così la preferenza delle famiglie e delle imprese verso investimenti più liquidi e meno rischiosi. Nel 2010 si è verificato un rallentamento generale della raccolta tramite depositi da famiglie ed imprese spiegabile con un aumento del costo opportunità di detenere i depositi a seguito del rialzo dei tassi di mercato che ha indirizzato, soprattutto le famiglie, verso attività più remunerative.

I depositi in conto corrente e quelli rimborsabili con preavviso delle famiglie, hanno pertanto fatto registrare una riduzione a favore dei depositi con durata prestabilita e dei titoli di Stato, per gli elevati rendimenti offerti.

A differenza delle famiglie, i depositi in conto corrente delle imprese hanno subito una flessione contenuta e nell’anno successivo (2011) la loro consistenza è rimasta pressoché invariata. La diminuzione ha trovato comunque compensazione con l’aumento dei depositi rimborsabili con preavviso e con durata prestabilita.

Verosimilmente le imprese più solide, in un contesto di difficoltà economiche e finanziarie derivanti dal propagarsi della crisi del debito sovrano ed a seguito di una riduzione dei piani di investimento, hanno preferito impiegare la loro liquidità in depositi con durata prestabilita.

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Negli anni 2013 e 2014 i depositi in conto corrente, riferibili alle imprese ed alle famiglie, sono tornati nuovamente a crescere riflettendo il graduale miglioramento dell’economia e dei mercati finanziari.

Per quanto attiene ai depositi con durata prestabilita o rimborsabili con preavviso, si è complessivamente registrata una riduzione, con un andamento più accentuato per quelli delle imprese.

Figura 1.3

Fonte: Banca d’Italia, Relazioni Annuali anni vari.

Figura 1.4

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Passando ad esaminare l’andamento dei depositi da clientela ordinaria residente rilevato per le diverse categorie dimensionali di banche, anche se il criterio di raggruppamento delle banche nel corso del decennio osservato è stato modificato; emerge una crescita pressoché continua per le banche di piccole dimensioni nell’intero periodo considerato. Questo aspetto riflette il maggior radicamento delle banche piccole e minori sul territorio, che consente un minore condizionamento della raccolta derivante dalle turbolenze dei mercati, traducendosi così in una minore volatilità dei depositi.

Soltanto i primi cinque gruppi bancari, secondo la classificazione adottata nel 2012, hanno subito una riduzione della raccolta dei depositi da clientela residente, mentre le altre categorie dimensionali hanno fatto registrare un andamento tendenzialmente positivo.

Questa dinamica può essere legata anche al cospicuo ricorso, nel periodo suddetto, da parte delle banche di grandi dimensioni al rifinanziamento presso la Banca Centrale Europea per quantità elevate ed a costi ridotti.

Nel 2014, a seguito dell’abbondante liquidità sui mercati e della riduzione del costo della raccolta, le banche appartenenti ai primi cinque gruppi dimensionali, hanno attuato politiche di recupero della raccolta da clientela residente, riducendo il rifinanziamento presso l’Eurosistema.

Tabella 1.5

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Figura 1.5

Fonte: Banca d’Italia, Relazioni Annuali anni vari.

Nel 2008, a seguito dell’inasprirsi delle tensioni sui mercati finanziari europei, le banche, per sopperire al calo della provvista all’ ingrosso, hanno adottato misure volte ad incrementare la raccolta obbligazionaria all’interno, soprattutto presso le famiglie, facendo segnare ancora una crescita rilevante delle obbligazioni che era già stata registrata già negli anni precedenti.

La crescita è proseguita anche nell’anno successivo, sebbene a ritmi inferiori, a seguito di una inversione di tendenza manifestatasi nella sottoscrizione di questi titoli da parte delle famiglie.

La politica monetaria espansiva della Banca Centrale Europea ha determinato un miglioramento dei mercati ed una riduzione del livello dei tassi di interesse, compresi i rendimenti delle obbligazioni, avviando di conseguenza una riallocazione degli investimenti delle famiglie verso i titoli azionari e la sottoscrizione di quote di fondi comuni d’investimento, a detrimento del comparto obbligazionario bancario.

Nel 2010 le obbligazioni hanno segnato una riduzione, sia nella loro consistenza complessiva che in quella riguardante il collocamento al dettaglio, per effetto di un maggior ricorso da parte delle banche al rifinanziamento presso la Banca Centrale Europea ed alla raccolta all’ingrosso garantita.

Nella prima metà del 2011, in un contesto di maggiore tranquillità dei mercati, la raccolta mediante obbligazioni è tornata a salire per poi subire un rallentamento nella seconda parte dell’anno in seguito al verificarsi delle tensioni sul fronte del debito sovrano italiano.

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Dal 2012 alla fine del periodo osservato, le obbligazioni sottoscritte dalla clientela residente sono diminuite, anche in ragione dell’armonizzazione del trattamento fiscale delle rendite finanziarie, che ha indotto le famiglie ad una ricomposizione del portafoglio finanziario verso i depositi con scadenza prestabilita. Al calo delle obbligazioni bancarie, oltre alla motivazione fiscale sopra ricordata, ha contribuito anche la riduzione del fabbisogno di provvista da parte delle banche, dovuto al cospicuo calo dei finanziamenti all’economia reale.

Figura 1.6

Fonte: Banca d’Italia, Relazioni Annuali anni vari.

Analizzando la consistenza delle obbligazioni presso i diversi gruppi dimensionali di banche, come mostrato graficamente dalla figura 1.6 ed 1.7, emerge che la differenza fra le banche di grandi dimensioni, da un lato, e quelle di piccole dimensioni, dall’altro, si sia accresciuta nel corso degli anni.

Figura 1.7

Fonte: Banca d’Italia, Relazioni Annuali vari anni.

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Questa diversità può essere spiegata dal fatto che la maggiore capacità di collocamento delle obbligazioni sia a livello domestico che soprattutto a livello sovranazionale, da parte delle banche di maggiori dimensioni, sia da mettere in relazione alle maggiori dotazioni patrimoniali delle stesse come pure alla loro struttura di aziende a livello internazionale. Altro aspetto interessante da notare è la diversa influenza esercitata dagli effetti derivanti dalla crisi finanziaria internazionale e di quella del debito sovrano sugli andamenti della raccolta obbligazionaria.

Le banche appartenenti ai primi cinque gruppi, che collocano le maggior quantità di obbligazioni sui mercati internazionali, hanno sperimentato una maggiore volatilità di questo tipo di raccolta rispetto a quelle di minori dimensioni che, fondamentalmente, collocano le loro emissioni sul mercato interno.

Tabella 1.6 Tabella 1.7

Fonte: Banca d’Italia, Relazioni Annuali anni vari. Fonte: Banca d’Italia, Relazioni Annuali anni vari.

Figura 1.8

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Figura 1.9

Fonte: Banca d’Italia, Relazioni Annuali anni vari.

Esaminando l’evoluzione della raccolta indiretta nel periodo considerato, rappresentata graficamente dalle tabelle 1.6 ed 1.7 e dalle figure 1.8 ed 1.9, si riscontra innanzitutto un andamento sostanzialmente negativo della componente delle gestioni patrimoniali che, alla fine degli anni ’90, avevano assunto una rilevanza sempre più crescente all’interno delle strategie bancarie.

Per quanto attiene ai titoli a custodia ed in amministrazione si evidenzia primariamente come i titoli di capitale mostrino un andamento maggiormente altalenante rispetto ai titoli di debito.

Nel periodo 2005-2007 le gestioni individuali hanno subito un decremento di crescente intensità a motivo delle preferenze della clientela verso forme di intervento dirette in titoli azionari ed obbligazionari.

Nel 2008 la raccolta netta da gestioni patrimoniali continua l’andamento riflessivo subendo il maggior numero di rimborsi.

La propagazione degli effetti della crisi finanziaria a livello europeo, e quindi anche a livello italiano, ha certamente concorso alla riduzione generalizzata del risparmio gestito, in particolare quello gestito dalle banche.

Nel 2009 i titoli a custodia hanno registrato un breve calo a seguito di una cospicua riduzione dei titoli di capitale che peraltro è stata quasi completamente compensata dall’aumento dei titoli di debito, un aspetto che denota la tendenza della clientela, ed in particolare delle famiglie, ad orientarsi verso attività di minor rischio.

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Sempre nello stesso anno le gestioni individuali hanno fatto segnare una raccolta netta positiva, ancorché quantitativamente contenuta, rispetto ai consistenti rimborsi degli anni precedenti; un andamento verosimilmente attribuibile alle manovre espansive della Banca Centrale Europea che hanno attenuato le tensioni sui mercati.

Nel biennio successivo (2010-2011) si è verificato un trend al ribasso della raccolta indiretta; ribasso imputabile, nel 2010, al calo delle gestioni patrimoniali e nel 2011 anche dei titoli dei titoli a custodia ed in amministrazione; un andamento verosimilmente dovuto all’intensificarsi della crisi del debito sovrano a livello nazionale.

Il comparto della raccolta indiretta, negli anni a seguire, ha fatto registrare nel complesso un andamento crescente, ad eccezione della raccolta netta da gestioni patrimoniali che nel 2012 ha continuato ad assumere valori negativi.

Solo nel 2013 anche la raccolta da gestioni patrimoniali ha assunto valori positivi, sebbene di modesta entità invertendo l’andamento sostanzialmente negativo dei sette anni precedenti.

La crescita del risparmio finanziario delle famiglie ed il miglioramento dei mercati sono stati determinanti per la ripresa di questa forma di raccolta che è continuata anche nel 2014.

Capitolo 2 – Principali fattori influenti sulla raccolta bancaria

2.1 – La politica monetaria: un aspetto da considerare nelle

strategie di raccolta delle banche

Come riportato dalla Banca Centrale Europea (2010), con “trasmissione della politica monetaria” si allude all’insieme delle azioni volte ad influenzare i tassi di mercato ed il livello dei prezzi che costituiscono l’obiettivo principale del mandato conferito alla Banca Centrale Europea, come riportato nell’art.127 del Trattato sul funzionamento dell’UE. Le operazioni di mercato aperto, quelle su iniziativa delle controparti e la riserva obbligatoria sono gli strumenti attraverso i quali viene condotta la politica monetaria.

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Le operazioni di rifinanziamento, in periodi normali, influenzano l’andamento dei tassi sull’interbancario, in particolare l’Euro OverNight Index Average (EONIA) che può essere inteso come il costo marginale di rifinanziamento delle banche.

Questo aspetto rende le operazioni di politica monetaria il primo passo del processo di trasmissione della politica monetaria all’economia reale poiché i cambiamenti dei tassi nel mercato monetario influenzano i tassi applicati dalle banche sui prestiti che, a loro volta, influenzano l’attività economica provocando, in ultima istanza, delle variazioni sul livello dei prestiti e delle aspettative di inflazione nel medio termine.

Da quanto suddetto si comprende l’importanza delle banche all’interno di questo processo: un crollo di fiducia sull’interbancario, con un conseguente calo della liquidità scambiata, può attenuare o addirittura annullare il legame fondamentale tra i tassi utilizzati nelle operazioni di rifinanziamento principali e quelli sul mercato monetario. L’ipotesi della “Liquidity Hoarding”, molto diffusa nella stampa specializzata e nella letteratura economica, sostiene che le misure adottate dalle banche centrali siano inefficaci sia perché le banche sono portate ad utilizzare la liquidità immessa non per prestarla ad altre banche o all’economia reale ma bensì per aumentare le riserve in eccesso in periodi di forte incertezza; sia perché la Banca Centrale Europea con le varie misure adottate si sostituisce all’interbancario stesso rendendo così inefficaci le iniezioni di liquidità per ripristinare il suo funzionamento.

Affinito M. (2013), basandosi su dati mensili di gruppi bancari operanti in Italia, evidenzia le caratteristiche principali delle banche che fanno maggiormente ricorso al rifinanziamento proveniente dall’Eurosistema nel periodo 2007-2011. Dall’analisi emerge che, nel periodo considerato, le banche che hanno fatto maggior ricorso ai fondi provenienti dall’Eurosistema erano quelle che avevano la più alta quantità di finanziamenti all’economia reale ed alle altre banche, risultato che va a contrastare l’ipotesi della tesaurizzazione della liquidità in periodi di crisi da parte delle banche. L’efficacia della politica monetaria in periodi di crisi è avvalorata ulteriormente nell’analisi compiuta da Affinito dal fatto che le banche che hanno ricorso maggiormente alle operazioni di rifinanziamento sono state quelle che, a seguito dello sviluppo della crisi finanziaria, hanno assunto una posizione netta creditizia più accentuata sull’interbancario ed hanno erogato più prestiti ai privati.

Guardando agli effetti della politica monetaria sulla raccolta uno studio interessante, sebbene abbia per oggetto un gruppo di banche commerciali e di casse di risparmio statunitensi, è quello di Girotti M. (2015) che, attraverso un modello semplificato in cui

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opera una banca in una situazione di monopolio, fornisce delle osservazioni teoriche utili alle autorità monetarie su alcuni aspetti del processo di trasmissione della politica monetaria da tenere ben presenti nel momento in cui deve essere implementata nei vari contesti in cui le autorità si trovano ad operare.

La sensibilità dei depositi a vista, che sono una componente rilevante della raccolta bancaria, agli impulsi provenienti dalla politica monetaria viene vista da Girotti come un elemento difficoltoso da quantificare da parte delle autorità monetarie poiché le banche li detengono non solo per finalità regolamentari ma anche per formare delle scorte di liquidità in grado di fronteggiare le uscite future di cassa inattese, soprattutto in momenti di alta volatilità sui mercati ed in modo particolare sull’interbancario.

Altro aspetto che per Girotti rende difficoltosa la quantificazione della sensibilità dei depositi a vista agli impulsi provenienti dalla politica monetaria è dovuto al fatto che i depositanti detengono tale forma di depositi anche e soprattutto per scopi transattivi e quindi il costo-opportunità di questo prodotto bancario è possibile che non sia del tutto rispondente al livello dei tassi di mercato.

Cour-Thimann P. e Winkler B. (2013) evidenziano come il diverso orientamento dei sistemi finanziari sia stato determinante nell’influenzare il modo in cui è stata attuata la politica monetaria da parte delle Banca Centrale Europea e della Federal Reserve durante il periodo di crisi.

La Banca Centrale Europea, visto l’orientamento prevalentemente bancocentrico del sistema finanziario europeo, ha preferito focalizzarsi maggiormente su misure destinate alle banche in modo tale da preservare il meccanismo di trasmissione della politica monetaria all’economia reale visto il ruolo fondamentale svolto dal credito bancario nella struttura finanziaria delle imprese.

Dall’agosto del 2007 lo sviluppo della crisi dei mutui subprime statunitensi ha generato delle tensioni sui mercati finanziari ed in modo particolare sull’interbancario in cui si è registrata una riduzione delle negoziazioni ed un aumento dello spread tra l’“Euro Interbank Offered Rate” (EURIBOR) a tre mesi e l’ “Overnight Indexed Swap” (OIS) di pari durata in seguito al calo di fiducia tra le banche partecipanti agli scambi dovuto ai timori riguardo alla solvibilità delle controparti, come evidenziato graficamente dalla figura 2.1 di seguito.

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Figura 2.1

Fonte: European Central Bank, Monthly Bulletin, October 2010.

Le tensioni sul mercato monetario hanno reso maggiormente instabile la raccolta bancaria a breve termine delle banche, rischiando così di compromettere l’erogazione del credito all’economia reale da parte delle banche facenti affidamento a tale forma di raccolta e di rendere più debole il legame tra i tassi presenti sul monetario e quelli ufficiali della Banca Centrale Europea.

Per evitare che il malfunzionamento del mercato monetario fosse persistito a lungo ed avesse comportato delle ripercussioni considerevoli sull’economia reale la Banca Centrale Europea, come riportato da Cour-Thimann P. e Winkler B. (2013), ha iniziato a fornire liquidità overnight alle banche per consentire a queste ultime di avere liquidità sufficiente a ridurre le incertezze sempre più crescenti riguardo alla posizione netta di liquidità a breve termine delle banche europee.

Nei mesi successivi la Banca Centrale Europea ha condotto delle operazioni di rifinanziamento supplementari di durata semestrale, più lunga rispetto a quella trimestrale dei periodi ordinari.

Complessivamente l’ammontare della liquidità offerta è rimasta invariata, aspetto che dimostra come l’intenzione dell’Eurosistema sia stata quella di rendere maggiormente stabile la raccolta bancaria destinando più liquidità nelle operazioni di rifinanziamento di maggiore durata e riducendo quella nelle operazioni con durata inferiore.

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Figura 2.2: Andamento tasso di cambio €/$ dal settembre 2008 al dicembre 2008

Fonte: Archivio dei tassi di cambio della Banca d’Italia.

La crisi dei mutui subprime non solo ha innalzato la volatilità sui mercati monetari a livello globale ma ha anche aumentato quella dei tassi di cambio, come mostrato dalla figura 2.2.

Per questo motivo la Banca Centrale Europea ha stipulato delle linee di swap con la Federal Reserve in modo tale da garantire una certa stabilità della raccolta in $ per le banche europee, soprattutto per quelle con operatività transfrontaliera.

Con il fallimento della Lehman Brothers le tensioni insorte in un primo momento sul mercato monetario si sono trasformate in una crisi finanziaria di portata globale che ha avuto delle ripercussioni anche sull’andamento dell’economia reale dei paesi europei. Come riportato dall’IMF(2013), il mercato interbancario ha iniziato a prosciugarsi e l’effetto maggiore si è registrato sul segmento della raccolta in valuta estera.

Il prosciugamento della liquidità sul monetario e l’aumento generalizzato della volatilità sui mercati finanziari sono due aspetti che hanno penalizzato le banche europee che, negli anni precedenti, avevano indirizzato sempre di più la raccolta verso il segmento dell’interbancario non garantito per finanziare la notevole espansione degli impieghi, vista l’abbondanza di liquidità su questo segmento che aveva consentito un approvvigionamento ad un costo ridotto.

Un aumento repentino e considerevole della volatilità e del costo della raccolta all’ingrosso avrebbe sicuramente spinto le banche europee ad effettuare un “deleveraging” affrettato che avrebbe sicuramente avuto delle ripercussioni

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estremamente negative sull’andamento dell’economia reale che già stava risentendo, sebbene in misura differente tra i vari paesi dell’Eurozona, degli effetti della crisi finanziaria globale.

Per evitare scenari disastrosi come quello vissuto nel periodo della Grande Depressione degli anni ’30 la Banca Centrale Europea, come le altre autorità monetarie, è intervenuta prontamente per rimediare ad uno scenario che stava diventando estremamente problematico.

Il giorno in cui si è riunito il Consiglio Direttivo della BCE, l’8 Ottobre 2008, è stata decretata la riduzione del tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali di 50 punti base in modo tale da rallentare l’aumento dell’EURIBOR e dell’EONIA, tassi fondamentali per il “pricing” dei finanziamenti da parte degli istituti creditizi.

Sempre l’8 Ottobre il Consiglio Direttivo ha deliberato il passaggio dalle aste a tasso variabile a quelle a tasso fisso con pieno soddisfacimento della domanda di liquidità delle banche.

La gamma delle attività utilizzabili come garanzia nelle operazioni di rifinanziamento con l’Eurosistema sono state ampliate e la durata delle operazioni di rifinanziamento a più lungo termine è stata estesa a 6 mesi; fatto che mostra, insieme alle altre misure suddette, l’intento dell’autorità monetaria di migliorare le condizioni di raccolta delle banche, rendendola più stabile e meno orientata al brevissimo termine ponendo così un rimedio al blocco dell’interbancario che stava rendendo sempre più problematica la gestione della raccolta per le banche.

Le misure deliberate nella riunione dell’Ottobre del 2008 segnano l’inizio dell’adozione da parte dell’Eurosistema di misure che, per come strutturate, vengono definite “straordinarie” rispetto alle altre misure convenzionali.

L’adozione delle misure “straordinarie” da parte della Banca Centrale Europea dimostra come la politica monetaria tradizionale, dopo il fallimento della Lehman Brothers, era diventata insufficiente a fronteggiare i dissesti sul segmento del monetario a breve termine in cui i tassi, come mostrato dalla figura 2.3, stavano assumendo un andamento sempre più difficile da controllare da parte dell’autorità monetaria.

Con la diminuzione dei tassi sulle operazioni di rifinanziamento principale e, soprattutto, con il passaggio alle aste con il soddisfacimento totale della domanda di fondi si è registrato, come evidenziato nella figura 2.1 e nella figura 2.3, un aumento considerevole della liquidità in eccesso delle banche che ha contribuito, a detta di Abbassi P. e Linzert

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T. (2011), alla progressiva attenuazione della volatilità dei tassi di mercato ed alla loro riduzione.

Figura 2.3

Fonte: European Central Bank (2010), “The ECB’s response to financial crisis”.

La posizione netta di liquidità delle banche è migliorata considerevolmente a seguito delle misure adottate dalla Banca Centrale Europea.

Ad esempio, l’estensione delle operazioni di rifinanziamento a più lungo termine ha consentito di allungare la duration della raccolta bancaria rendendo così il sistema bancario più stabile.

La riduzione del livello dei tassi sulle operazioni di rifinanziamento principale dall’ottobre del 2008 è continuata fino al maggio 2009, provocando complessivamente una riduzione di 325 punti base, ulteriore manifestazione dell’indirizzo accomodante della politica monetaria. L’obiettivo è stato raggiunto visto il calo subito dall’EONIA e dall’EURIBOR.

Nella riunione del Consiglio Direttivo della BCE del 7 maggio 2009 sono state annunciate ulteriori misure straordinarie con la finalità di supportare la linea delle misure adottate nel 2008.

A seguito della riunione sono state annunciate delle operazioni di rifinanziamento a più lungo termine di durata annuale con una frequenza trimestrale, decisione che dimostra ancora una volta l’intento dell’autorità monetaria di garantire una provvista

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