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Parere n. 9 (adunanza del 14.05.98)

Autonomia didattica e innovazione dei corsi di studio a livello universitario e post-universitario (Parere sul rapporto finale del gruppo di lavoro ministeriale presieduto dal prof. Guido Martinotti) I

1- Il Consiglio Universitario Nazionale sottolinea la positività e l'utilità del Rapporto finale del Gruppo di lavoro ministeriale su "Autonomia didattica e innovazione dei corsi di studio a livello universitario e post-universitario" in quanto strumento di sollecitazione di un ampio dibattito che ha coinvolto i singoli Atenei e l'intera comunità universitaria. Ritiene tuttavia che esso non possa costituire un quadro di riferimento limitativo né esaustivi degli orientamenti che scaturiscono dall'assunzione del valore dell'autonomia come orizzonte di riferimento, di proposta e di riforma del sistema universitario italiano.

2- L'attuazione del dettato sancito dall'art. 33 della Costituzione mediante il complesso delle leggi che hanno reso finalmente efficace tale principio (l. 168/1989; l. 341/1990; l. 537/1993; l. 127/1997) costituisce certamente un punto di svolta della politica universitaria. Ciò può dare l'apparenza che si stia procedendo, con una serie di interventi "a mosaico", al completamento dei tratti della nuova università dell'autonomia, definiti nei principi essenziali e secondo gli obiettivi di fondo fissati dalle leggi e dalla responsabilità politica dell'esecutivo. In realtà manca una enunciazione di un tale disegno e dei suoi principi cardine, enunciazione che non contraddirebbe l'esercizio effettivo dell'autonomia e l'intervento "dal basso". L'assenza di un quadro definito di opzioni fondamentali caratterizzanti l'attuale fase di passaggio verso il sistema centrato sull'autonomia si avverte infatti nelle politiche e nel concreto operare degli Atenei prima che nel Documento. Il quadro complessivo di incertezza che ne deriva non manca così di proiettare i suoi effetti negativi nella stessa ampia discussione suscitata dal documento.

3- La decretazione che al Ministro compete in tema di autonomia didattica, a norma del comma 95 art. 17 della L. 127/97, rappresenta una cartina di tornasole in grado di far emergere sia i problemi irrisolti sul terreno delle

"condizioni" di contesto dell'autonomia, sia la sovrapposizione di orientamenti e di principi di fondo tra loro incompatibili.

4- Tutto questo rende ancor più evidente la necessità di contestuali o ulteriori interventi a carattere strutturale e finanziario affinché l'autonomia costituisca condizione essenziale per l'innovazione, la razionalizzazione, l'unitarietà e insieme la differenziazione del sistema.

5- Assumere la centralità dell'autonomia didattica impone la necessità di una maggiore aderenza alla domanda degli studenti, un più puntuale raccordo con le esigenze del mercato del lavoro e con le condizioni generali di sviluppo della società e crea le condizioni per il superamento delle degenerazioni della autoreferenzialità che spesso hanno contrassegnato le analisi del sistema universitario.

6- Il CUN condivide le intenzioni e gli obiettivi generali di razionalizzazione del sistema che da esso scaturiscono e l'impegno volto al conseguimento di un alto livello di formazione professionale, culturale e critica da parte dei soggetti della formazione. Occorre sottolineare che la finalità di fondo rimane quella di rendere competitivo il sistema formativo italiano nel suo complesso e di prepararlo a raccogliere le sfide sempre più incalzanti poste dall'avanzamento del livello di integrazione europea e dal parallelo processo di globalizzazione.

7- Pertanto il parere espresso dal CUN si colloca su un terreno che è nello stesso tempo critico e propositivo, all'interno della linea strategica generale del rafforzamento dell'autonomia degli Atenei nel quadro del mantenimento dell'unitarietà e della pubblicità del sistema.

8- L'autonomia didattica attribuisce agli Atenei la capacità di darsi ordinamenti curricolari "in conformità a criteri generali definiti...con uno o più decreti del Ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica".

Questa capacità consente in linea di principio la necessaria flessibilità e adattamento del sistema ai contesti e ai ritmi della trasformazione e una maggiore differenziazione e articolazione dell'offerta formativa. Ma, a parere del CUN, la differenziazione diviene un arricchimento del sistema solo se questo mantiene l'unitarietà di fondo e il carattere pubblico. Nell'aspetto formale la garanzia di ciò sta nel fatto che il sistema operi "in conformità a criteri generali definiti" dai decreti del Ministro dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica; nella realtà sostanziale ciò può essere garantito solo tenendo conto dell'effettiva disparità delle condizioni di partenza, dei profondi squilibri che devono essere sanati, dei requisiti essenziali che devono essere garantiti.

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9- L'autonomia costituisce un valore e insieme uno strumento che sta alla base dell'intervento nella trasformazione dell'intero sistema. Occorre in particolare mantenere ben fermo il principio che l'università è sede primaria della ricerca e che quindi l'autonomia didattica in tutti i suoi aspetti deve essere affrontata mantenendo l'unità di fondo didattica-ricerca. Solo su questa base la formazione può conservare la necessaria valenza critica e innovativa che la deve contraddistinguere. Se invece i due aspetti vengono più o meno artificialmente separati, dobbiamo allora osservare che non sono da sopravvalutare gli effetti sul sistema universitario di un intervento sulla didattica che operi sugli aspetti più formali e superficiali.

10- Il sistema soffre non solo per una grave carenza di risorse rispetto al ruolo che è doveroso attribuire alla ricerca e alla formazione nello sviluppo del Paese, ma anche per le politiche di indiscriminata proliferazione di atenei, facoltà e corsi di laurea trascurando le esigenze di bilancio, il mantenimento di parametri di qualità, il rispetto di una politica di coordinamento o di programmazione a livello nazionale, regionale o interregionale. La dispersione delle risorse ha sottratto - e continua a sottrarre - possibilità di intervento sul terreno del diritto allo studio, su quello del miglioramento dei servizi degli atenei, degli standard edilizi.

11- Il sistema, inoltre, tralascia ogni rapporto incentrato sulla serietà didattica e sull'efficienza educativa quando trascura la creazione di un giusto equilibrio nel rapporto quantitativo e qualitativo tra docenti e studenti e nel rafforzamento reale e non nominale delle iniziative di tutorato. La mancanza di ogni intervento sul terreno dello stato giuridico di docenti e ricercatori, infine, mantiene condizioni di malessere che indeboliscono le relazioni didattiche e formative.

12- Il perseguimento di quello che viene chiamato un "intervento a mosaico", senza una chiarezza condivisa e partecipata della missione e degli obiettivi di fondo del sistema, contribuisce a mantenere nell'incertezza il confronto sollecitato dal Documento, con il pericolo reale di una oscillazione continua fra intervento sul sistema dei principi generali e adozione degli strumenti per raggiungere le finalità espresse dai principi.

13- Occorre inoltre osservare che i provvedimenti operativi che sono il cardine del Documento (struttura dell'ordinamento didattico, crediti, valutazione, orientamento) sono già previsti da leggi precedenti (legge 341/90;

sull'orientamento si è già espressa la Commissione interministeriale (MURST/MPI) costituita ai sensi dell'art.4 della legge 168/89 e la valutazione è già stata introdotta nel sistema universitario dalla legge 537/93 che prevede la costituzione di strutture operative interne agli Atenei (nuclei) ed esterne (Osservatorio)). Il Documento poco si interroga circa le ragioni che hanno impedito questo mancato sviluppo applicativo. Su questo ha certamente influito il persistere dell'assenza delle condizioni di autonomia sul terreno della didattica e l'irrigidimento della struttura curricolare. Ma anche laddove si è registrata una effettiva volontà di rinnovamento da parte dei docenti e da parte degli studenti, si è diffusa una marcata sfiducia circa la efficacia di questo tipo di intervento, in assenza della rimozione delle ragioni strutturali di impedimento, quali le carenze di laboratori e di infrastrutture, l'irrazionale distribuzione degli studenti fra le sedi universitarie, lo scollamento deciso tra università e scuola, tra la formazione e il mercato del lavoro. Il forte tasso di dispersione scolastica, il prolungamento abnorme dei tempi necessari per conseguire il titolo, la riduzione del numero dei laureati sono fattori che vanno aggrediti contemporaneamente sul terreno della didattica, della ricerca e su quello degli interventi strutturali. La novità rappresentata dalla legge 127/97 e la spinta verso il completamento del disegno di autonomia e di diretta responsabilizzazione degli Atenei costituisce una condizione preliminare indispensabile, ma certamente non sufficiente, se non accompagnata da altri tipi di interventi.

14- Per quanto concerne i principi menzionati nel Documento, - la contrattualità come la differenziazione competitiva, la pluralità dell'offerta formativa, la flessibilità curriculare, la mobilità delle risorse, l'accreditamento dei corsi di studio, l'innovazione bottom-up, i sistemi di valutazione e la trasparenza - si osserva che questi vengono solo enunciati, senza una adeguata analisi delle relazioni in cui gli stessi si pongono con la premessa iniziale (autonomia) né una valutazione attenta delle alternative operative che da essi potrebbero logicamente scaturire. Da ciò emerge una certa incoerenza dell'impianto metodologico che si traduce nella difficoltà ad individuare il quadro d'insieme in cui dovrebbero trovare unitarietà le molteplici direttive dell'intervento operativo.

II

15- L'autonomia non può essere presentata come "...solo uno strumento per ottenere un deciso miglioramento qualitativo dell'insegnamento...". La stessa rappresenta un modo di essere dei diversi Atenei, una garanzia assicurata dalla Costituzione. La sua attuazione comporta oggi un rilevante impegno anche perché implica un significativo cambiamento nei rapporti fra gli Atenei e il MURST.

16- Due sono i modelli che sembrano di volta in volta dominare nel Documento senza che si intraveda in modo chiaro la via della loro integrazione: da un lato la spinta verso la libera differenziazione competitiva che potrebbe

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far pensare ad una forma di "deregulation", dall'altro il riferimento all'unitarietà del sistema, alimentato da risorse pubbliche, ed ai criteri relativi agli ordinamenti, che potrebbe condurre a un rinnovato centralismo. Questo fatto potrebbe indebolire la necessaria rottura con il passato, nel quale, in assenza di una chiara indicazione di modello, si è fatto ricorso a provvedimenti legislativi settoriali, transitori o urgenti, che hanno rinviato le contraddizioni, senza risolverle.

17- Il Documento assume che le soluzioni proposte, "riducano i gradi di complessità del sistema a tutti i livelli".

Occorre osservare che la complessità non è di per sé buona o cattiva. Essa rappresenta un modo di essere dei sistemi sociali con cui occorre confrontarsi al fine di evitare stati di sovrapposizione o contraddittorietà degli elementi che li renderebbero ingovernabili. Di fatto, i rimedi proposti a) insistono su una situazione di disomogeneità strutturale e funzionale tra Atenei e tra Facoltà (localizzazione, età, dimensione) a cui si accompagna una inevitabile sperequazione di risorse, che rimane del tutto invariata; b) troppo spesso appaiono come un ulteriore addensamento di compiti (realizzazione della nuova articolazione degli ordinamenti didattici, differenziazione dell'offerta formativa, orientamento) a cui non corrisponde l'erogazione o il reperimento di nuove risorse. Il rischio è che in assenza di un'azione sui fattori che generano la complessità, le difficoltà di governo del sistema possano crescere. Inoltre, potrebbero anche sommarsi gli effetti negativi di una differenziazione competitiva che si realizza tra Atenei troppo spesso insufficientemente strutturati, localizzati in aree territoriali del tutto diverse, rivolti verso scopi molteplici.

18- Il sistema universitario italiano è pubblico in quanto dà risposta a finalità di carattere generale e utilizza risorse pubbliche: ciò rende necessaria una sua unitarietà pur nel quadro dell'autonomia degli Atenei, peraltro già disposta dalla L. 168/89. In un regime di autonomia non trova posto una riforma dall'alto, il centro non può che limitarsi a definire criteri minimi generali (L. 127/97). Poiché l'attuazione di qualsiasi decisione innovativa spetta agli Atenei, essa deve essere graduale e attentamente monitorata sia ex ante (conoscenza delle variabili) sia ex post (analisi dei risultati); il responsabile centrale deve assicurarsi che non si dia vita a processi

"avventuristici" ed in proposito può avvalersi della valutazione (L.537/93), ma al contempo deve esercitare una funzione di stimolo.

19- Sul tema della differenziazione competitiva occorre osservare come non si possa fare riferimento al fenomeno analogo che si realizza tra imprese in un libero mercato. Le conseguenze di una competizione tra Atenei strutturati in modo diverso, spesso in misura insufficiente, localizzati in contesti differenti, nei quali, ad esempio, la "dimensione economica" è inadeguata, sono facilmente prevedibili. Né va dimenticato che la

"dimensione economica" scaturisce dal rapporto tra strutture, risorse di personale, finanziamenti, da un lato, compiti e funzioni, dall'altro. La localizzazione, ad esempio, è un fattore che incide in misura notevole sul rapporto tra strutture, risorse umane, finanziamenti e compiti e funzioni a cui è necessario assolvere. Una competizione affidata esclusivamente alle regole del libero mercato non potrebbe che prefigurare un quadro finale che trascura il livello e la qualità. I vantaggi indiscutibili della differenziazione competitiva si riscontrano sul piano della crescita manageriale, nell'aumento del livello di motivazione, nella valorizzazione dei soggetti che governano o comunque contribuiscono al processo decisorio. Tuttavia, poiché le finalità che un sistema universitario unitario si pone non si limitano alla riduzione dei costi o al miglioramento del rapporto tra costi e ricavi, la competitività dovrà essere attentamente interpretata ed attuata con l'ausilio di interventi adeguati. Ciò è tanto più importante, in quanto nella prevista riforma del sistema non si fa mai cenno al problema delle risorse.

Occorre piuttosto sottolineare: i rapporti di collaborazione (poco trattati nel Documento), le aggregazioni tra Atenei attuate nella forma degli accordi, reti, alleanze strategiche, tali da garantire al contempo la differenziazione competitiva e la qualità. Accordi, reti o alleanze strategiche, oltre a rappresentare un ulteriore terreno di applicazione del principio di contrattualità, potrebbero consentire l'esplicarsi di sinergie in grado di incidere sul processo di crescita dei soggetti coinvolti pur garantendo il mantenimento delle specificità e nel rispetto delle differenti condizioni in cui questi operano.

20- Dal Documento emerge la tendenza all'abolizione del valore legale dei titoli di studio. Questa particolarità del valore formale del titolo, tutta italiana, è destinata ad essere gradualmente sostituita da forme particolari di

"validazione" dei titoli differenziati rilasciati dagli Atenei che assumono il carattere di "accreditamento" a posteriori invece che a priori. Al di là del principio di accreditamento, c'è da chiedersi quale sarà la via seguita per la validazione, se quella degli "Accreditation Boards" di esperienza statunitense o altra. Non è d a sottovalutare il problema della validazione a priori che la normativa comunitaria richiede per alcuni tipi di professioni. Sembra chiaro che l'accreditamento rappresenta un tema di estrema rilevanza, una occasione da non perdere per fare emergere nuove professionalità o favorire la formazione di nuove figure, in particolare i diplomati universitari.

21- II tema della contrattualità sembra provvisto di elementi di ambiguità che dovranno essere risolti. Ogni

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Ateneo formulerà una carta dei servizi la quale concorre ad aumentare la trasparenza. Rimane, tuttavia, il dubbio che per adempiere correttamente a questo principio l'Ateneo debba provvedere a regolare il flusso di studenti full-time e part-time; in questo caso si potrebbe prefigurare una sorta di numero chiuso, o altre forme di regolamentazione degli accessi in funzione delle risorse strutturali e organizzative disponibili. Sembra innegabile che la contrattualizzazione del rapporto con gli studenti contribuirebbe a dare una certa soluzione al problema dei fuori corso. Tuttavia, è auspicabile che si rifletta sulle modalità attuative di questo principio in modo da evitare che lo studente fuori-corso cambi semplicemente denominazione e diventi uno studente part-time.

22- Al di là delle osservazioni formulate sinora, ci sembra opportuno valorizzare le motivazioni che si collocano a monte del Documento e che trovano riscontro in una esigenza ormai imprescindibile di intervenire sul sistema universitario italiano. L'aumento rilevante della massa degli studenti, ma anche la varietà nella composizione del corpo studentesco, le diverse motivazioni e diversi stili di partecipazione alla vita universitaria hanno portato anche ad una profonda differenziazione della domanda che non presenta più quelle caratteristiche d i tendenziale omogeneità su cui per lunghi anni gli Atenei si erano orientati. Le forme di adattamento poste in atto dal sistema, oltre a rivelarsi del tutto insufficienti a risolvere i molti problemi provocati dall'aumento e dalla differenziazione della domanda, hanno portato ad un generale deterioramento qualitativo, all'aumento dei fuori corso, alla crescita del tasso di abbandono degli studi. Il motivo centrale a cui sono da collegare le esigenze di innovazione della didattica, che dovrà ispirare le proposte operative di intervento, risiede nella convinzione generalmente condivisa che l'Università italiana è stata sino ad oggi una istituzione prevalentemente centrata sull'offerta, piuttosto che una istituzione orientata a dare risposta ad un flusso di domanda mutevole ed articolato. Occorre chiedersi se gli strumenti operativi predisposti nel Documento con la contrattualizzazione del rapporto con gli studenti, l'orientamento, la struttura degli ordinamenti didattici, i crediti quantitativi, siano sufficienti a far fronte ad una domanda differenziata, multiforme e mutevole ed inoltre se gli Atenei siano in grado di sostenere i compiti loro assegnati in assenza di nuove risorse.

23- Il sistema dei crediti didattici, dei tre livelli di titoli di studio e la possibile introduzione di due ulteriori livelli (C.U.B. - certificato universitario di base e master o diploma di studi superiori specialistici) costituiscono gli strumenti operativi individuati nel documento per assicurare flessibilità al sistema formativo nel percorso dello studente. Un'agile utilizzabilità del percorso comunque compiuto è sostenuta inoltre dalla raccomandazione verso una riorganizzazione degli studi in stadi successivi, primo dei quali il possibile anno iniziale comune su ampia base scientifico-disciplinare. Se il completo superamento della laurea, ancora oggi spesso unico vero livello di istruzione post-secondaria, è condizione non più eludibile nell'università di massa di una società avanzata, il CUN ritiene che una eccessiva proliferazione di titoli comporti il rischio di una loro non chiara corrispondenza a compiuti percorsi formativi e di una perdita di identità della didattica di livello universitario, che deve rimanere fortemente caratterizzata da un rapporto reale tra ricerca e trasmissione del sapere.

24- Appare evidente la necessità che l'architettura generale di livelli successivi configurata nel documento permetta un'ampia flessibilità e adattabilità allo specifico dei diversi comparti formativi e dei corrispondenti spazi professionali e contenga in sé gli strumenti per sperimentazioni e revisioni. La squilibrata attuazione nel sistema universitario nazionale, a quasi 20 anni dall'emanazione del DPR. 382/80, dei livelli aggiuntivi alla laurea, rappresenta con chiarezza la disomogeneità delle realtà universitarie e sconsiglia l'imposizione di una organizzazione rigidamente omogenea di livelli e di titoli.

III

25- Il CUN ritiene che l'introduzione di una pluralità di iniziative formative post lauream di percorso molto più breve del dottorato e della scuola di specializzazione rappresenti un passo decisivo per dotare l'Università di una pronta adattabilità alla variegata e mutevole richiesta della società in termini di professionalità di alto livello molto specializzate, costituendo nel contempo lo strumento di elezione per la formazione ricorrente. II CUB, invece, non sembra mostrare un significato che vada oltre quello di costituire un approdo raggiungibile per studenti in difficoltà; la configurazione di un percorso breve ma organico, garantito nel CUB, da un ciclo di due anni- equivalenti, potrebbe essere raggiunto attraverso una diffusa presenza del livello intermedio (diploma) in tutti i percorsi curriculari, purché quest'ultimo sia ampiamente articolato in relazione ad esigenze e prospettive, sia nella durata sia nella finalizzazione e struttura.

26- In questo scenario, ad evitare che la riduzione dei tempi di laurea conduca ad un abbattimento di qualità, è necessario che dottorato e scuola di specializzazione divengano realmente parte integrante del percorso formativo. Va quindi modificato il carattere attuale del dottorato, connesso con il sistema del numero chiuso a borse di studio, trasformando l'attuale selettività di accesso in una selettività di merito nella erogazione delle borse di studio con una severa selettività in uscita, permettendo così di ampliare la platea degli studenti che

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accedono al livello di formazione più elevato.

27- Va infine sottolineato che la riorganizzazione curriculare non può esaurirsi nella semplice ridefinizione quantitativa dei crediti didattici corrispondenti, che peraltro dovranno tenere conto del carico di lavoro dello studente comprensivo dello studio personale. Questo ovviamente impone una revisione dei programmi e la selezione tra contenuti prioritari e di approfondimento o specializzazione, riservando i secondi ai livelli più alti di formazione. Una più chiara definizione dei processi formativi, dei livelli di qualificazione, dei contenuti curriculari costituisce inoltre condizione necessaria a una corretta lettura dell'offerta didattica da parte degli studenti, a vantaggio di un migliore loro orientamento. Quest'ultimo, d'altra parte, non deve essere interpretato come occasione per creare l'anno di orientamento, che non farebbero che reintrodurre ritardi in contrasto con la prospettiva di accelerazione del processo formativo; vanno piuttosto messe in opera iniziative, suggerite dal Documento, per migliorare il coordinamento con la scuola superiore.

28- Occorre curare che il sistema dei crediti sia funzionale ad una strada di rinnovamento didattico, piuttosto che al consolidamento di situazioni esistenti. E' necessario quindi che l'introduzione del sistema - che richiede insieme il superamento della rigidità dei corsi, della fissità delle tabelle, ma anche l'allentamento della titolarità dell'insegnamento e il superamento di logiche individualiste - avvenga tenendo conto della diversa realtà delle facoltà e dei percorsi di studio, all'interno di forme di sperimentazione scientificamente fondate e monitorate, per una graduale estensione. Nello stesso tempo, occorre avere chiara consapevolezza che tale sperimentazione inciderà profondamente nell'attuale organizzazione per corsi di laurea e facoltà e quindi che sarà necessario approntare le nuove forme di organizzazione delle strutture didattiche.

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