INTRODUZIONE
L'indagine che segue mira ad investigare sui presupposti filosofici alla base del moderno diritto d'autore e sulle condizioni storiche della sua trasposizione all'interno della legislazione continentale.
Essa si sviluppa quindi su due registri: da un punto di vista storico-giuridico, si ripercorrono le tappe salienti della storia del diritto d'autore nella Francia del XVIII e XIX secolo al fine di delineare come l'evoluzione dei dispositivi giuridici e del quadro politico-economico di riferimento abbia di volta in volta strutturato le relazioni nel campo della produzione pubblicistica ed articolato i modi di esercizio del potere sui testi; sotto il profilo filosofico-politico, si evidenziano i nodi epistemologici e politici attorno a cui ruota il dibattito sulla proprietà intellettuale, mostrando la forza e allo stesso tempo la problematicità di un discorso storico di matrice lockeana che ha permeato la letteratura giuridica e fortemente influenzato gli orientamenti giurisprudenziali.
Poiché il diritto d'autore continentale non è figlio della Rivoluzione, ma trova nel contesto rivoluzionario terreno fertile ad una rimodulazione degli istituti monarchici preesistenti influenzata dal modello britannico dello Statute of Anne, nel primo capitolo sono introdotte le coordinate storico-politiche necessarie per comprendere l’origine dei privilegi d’edizione, antesignani dei moderni diritti d'autore, ed i conflitti economici ed istituzionali di cui essi furono oggetto.
Furono proprio i contenziosi derivanti dalla concessione da parte dell'amministrazione reale di privilegi d'edizione ad alimentare la riflessione sulla proprietà intellettuale che è andata sedimentandosi a partire dalla seconda metà del XVIII secolo ed è stata animata da due illuministi, Denis Diderot ed il marchese di Condorcet, le cui differenti posizioni sono analizzate rispettivamente nel secondo e nel terzo capitolo e comparate nel quarto.
Come anticipato, tale sedimentazione diede i suoi frutti legislativi nel corso della Rivoluzione, quando l'abolizione dei privilegi indusse l'editoria in una situazione emergenziale i cui andamenti ed esiti normativi costituiscono l'oggetto del quinto capitolo.
Dall'inizio del XIX secolo si assiste al ricorso storico di una battaglia a favore della perpetuità dei diritti patrimoniali dell'autore sull'opera, di cui si fecero portavoce gli economisti liberali discepoli di Fréderic Bastiat. In reazione alle tesi esposte da questi ultimi si levarono le voci di Pierre-Joseph Proudhon, Jules Dupuit e Léon Walras, le cui critiche rappresentano differenti tentativi di superamento delle teorie sulla proprietà intellettuale fondate sul lavoro e sull'analogia con la proprietà dei beni tangibili.
Il riverbero delle idee qui trattate risuona più o meno consapevolmente nel dibattito contemporaneo sul diritto d'autore: lo sguardo retrospettivo consente di mettere in luce la nascita e 1
le modalità di costruzione della figura giuridica dell'autore, di individuare i fattori che hanno contribuito al prevalere del paradigma proprietario e di far emergere i filoni di pensiero che si sono andati via via costituendo.
Posto che la proprietà delle idee non costituisce per noi un argomento apodittico, occorre comprendere come e perché una struttura intrinsecamente iterabile come quella della scrittura è stata sottoposta a vincoli crescenti in termini di accessibilità e riproduzione e valutare l'entità dei benefici e degli svantaggi che ne sono derivati per gli autori e per il pubblico.
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