INDICE
RIASSUNTO pag. 3
ABSTRACT pag. 7
1. INTRODUZIONE pag.10
1. L’Obesità pag. 10
1.2. Aspetti anatomici e funzionali tiroidei pag. 12
1.3. Ormoni tiroidei e metabolismo energetico pag. 16 1.4. Effetti cellulari e sistemici degli ormoni tiroidei sul metabolismo
1.4.1. Effetti cellulari pag. 17
1.4.2. Effetti organo-specifici pag. 18
1.5. Leptina e Asse Ipotalamo-Ipofisi-Tiroide pag. 19
1.6. Ormoni tiroidei e obesità pag. 20
1.7. Alterazioni di funzione tiroidea e metabolismo energetico
1.7.1. Ipotiroidismo pag. 23
1.7.2. Ipertiroidismo pag. 23
1.8. Obesità come condizione pro-infiammatoria pag. 24
2. SCOPO DELLA TESI pag. 27
3. MATERIALI E METODI pag. 28
3.1. Soggetti studiati pag. 28
3.2. Caratteristiche dei pazienti, dosaggi ematici e prelievo di campioni
tiroidei pag. 28
3.3. Estrazione dell’RNA totale da tessuto tiroideo pag. 29
3.4. Corsa su gel denaturante pag. 30
3.5. Quantificazione dell’RNA estratto mediante lettura allo
spettrofotometro pag. 31
3.6. Trattamento con DNasi pag. 31
3.7. Sintesi del cDNA pag. 32
3.8. Amplificazione del cDNA mediante Real Time PCR pag. 33
3.9. Sonde utilizzate pag. 37
3.10. Metodi Istologici pag. 38
3.11. Analisi Istologica del parenchima tiroideo pag.38
4. SINOSSI DEI GENI PRESI IN ESAME
4.1. Il recettore del TSH (TSH) pag. 43
4.2. Il Cotrasportatore Sodio/Iodio (NIS) pag. 45
4.3. La Tireoglobulina(Tg) pag. 46
4.4. La Dual Ossidasi (DUOX1) pag. 47
4.5. La Tireoperossidasi (TPO) pag. 48
4.6. Il recettore EMR-1 pag. 49
4.7. L’interleuchina 6 (IL-6) pag. 49
4.8. Il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α) pag. 50
4.9. Recettore della leptina (Ob-Rb) pag. 50
4.10. Geni collegati al metabolismo lipidico pag. 52
4.10.1. Carnitina palmitoil transferasi 2 (CPT2) pag. 54
4.10.2. Malonil CoA decarbossilasi (MLYCD) pag. 54
4.10.3. Glicerolo 3 fosfato deidrogenasi (GDP1) pag. 55 4.10.4. Glicerolo 3 fosfato aciltrasferasi (GPAM) pag. 55
5. RISULTATI
5.1. Geni tiroide-specifici pag. 56
5.2. Risultati dell’analisi istologica tiroidea pag. 62
5.3. Geni dell’infiammazione pag. 64
5.4. Recettore della leptina pag. 67
5.5. Geni coinvolti nel metabolismo lipidico pag. 68
5.6. Grafici di correlazione per i geni risultati significativi pag. 73
6. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI pag. 75
7. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI pag. 81
8. RINGRAZIAMENTI pag. 90
RIASSUNTO
L’obesità e le patologie tiroidee sono condizioni frequenti nella popolazione generale e spesso si trovano concomitanti nei singoli individui.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito l’obesità come una condizione cronica caratterizzata da un eccessivo peso corporeo per accumulo di tessuto adiposo in misura tale da influire negativamente sullo stato di salute. L’Indice di Massa Corporea (IMC=peso in kg/altezza in m2), è il parametro più utilizzato in epidemiologia per definire e classificare lo stato di obesità.
Nella maggioranza dei soggetti affetti da obesità essenziale, la funzione tiroidea è normale.
Recenti studi hanno tuttavia evidenziato un’associazione positiva tra IMC e concentrazioni sieriche di TSH in soggetti eutiroidei. Le cause di ciò non sono state ancora del tutto chiarite ma hanno contribuito a riproporre un nesso tra le sfumate alterazioni di funzione tiroidea e lo sviluppo dell’obesità.
Al momento, non ci sono studi che abbiano indagato le caratteristiche morfologiche e molecolari della tiroide in base allo stato metabolico o alla categoria di peso dei soggetti studiati.
Nel nostro studio sono stati inclusi 39 pazienti (10 normopeso, 15 sovrappeso, 14 obesi) sottoposti ad intervento di tiroidectomia totale per patologia nodulare benigna o per noduli a citologia microfollicolare.
Aliquote di tessuto tiroideo fresco ed indenne da tireopatia sono state prelevate, è stato estratto l'RNA totale, poi retrotrascritto a cDNA. L'analisi
d'espressione genica è stata effettuata mediante PCR quantitativa utilizzando sia la chimica SYBR Green che TaqMan®. L'espressione relativa dei differenti trascritti genici è stata calcolata mediante il metodo del ∆∆Ct utilizzando come gene housekeeping GAPDH.
L’analisi istologica, condotta mediante colorazione con ematossilina-eosina e lo studio di espressione di EMR-1, IL-6, TNF-α hanno documentato che il parenchima tiroideo dei soggetti obesi non è caratterizzato da un aumentato livello di infiammazione cronica (al contrario di altri organi periferici).
Abbiamo inoltre misurato l’espressione tiroidea dell’isoforma b del recettore della leptina (ObRb). La leptina é un ormone prodotto dal tessuto adiposo ed ha un’azione di regolazione dell’omestasi del peso corporeo.
Poiché è stato postulato che la leptina agisca regolando l’asse ipotalamo- ipofisi-tiroide mediando alcune delle azioni adattative del digiuno in questa tesi si è indagato se, l’eccesso ponderale, fosse correlato ad un’alterata espressione tiroidea del recettore di questo ormone.
I nostri dati indicano che la tiroide esprime ObRb suggerendo in qualche modo l’esistenza di un cross-talk diretto con l’organo adiposo ma non hanno mostrato una differenza significativa di espressione genica che potesse essere funzione dell’indice di massa corporea.
Abbiamo poi indagato i livelli di espressione dei geni collegati alla sintesi degli ormoni tiroidei (TSHr, NIS, Tg, TPO e DUOX1), dato che numerosi studi di popolazione hanno evidenziato una correlazione tra aumento dell’indice di massa corporea ed i livelli di ormone tireo-stimolante (TSH) circolante.
I nostri risultati dimostrano come i geni coinvolti nelle tappe fondamentali di sintesi ormonale tiroidea, siano normalmente espressi nei soggetti obesi.
Unica eccezione è risultata il gene della Tireoperossidasi (TPO), statisticamente meno espresso nel tessuto parenchimale tiroideo dei pazienti obesi rispetto ai controlli. Questo dato necessita ulteriori conferme immunoistochimiche.
I nostri risultati hanno anche segnalato l’evidenza istologica di materiale lipidico intraparenchimale la cui presenza è risultata nettamente più frequente nelle tiroidi dei pazienti obesi. A seguito di questo riscontro abbiamo valutato l’espressione dei geni di alcuni enzimi coinvolti nella sintesi e nell’ossidazione lipidica.
L’mRNA di Malonil-CoA-decarbossilasi (MLYCD) e Carnitina-palmitoil- transferasi 2 (CPT2), sono significativamente sovraespressi nei pazienti obesi rispetto ai controlli. Mentre i livelli di espressione di Glicerolo-3 fosfato-deidrogenasi 1 (GPD1) e di Glicerolo-3 fosfato-aciltransferasi (GPAM) non sono significativamente modificati in base alla categoria di peso corporeo. Questi dati suggeriscono che tra i soggetti obesi esista una diversa omeostasi metabolica lipidica intratiroidea che dovrà essere meglio caratterizzata.
In conclusione i nostri risultati indicano che il tessuto tiroideo dei pazienti obesi non appare colpito da processi di infiammazione cronica nè tantomeno in questi soggetti sono evidenti grossolane alterazioni di sintesi degli ormoni tiroidei. Abbiamo comunque riscontrato sia un elevato rischio da parte di questi soggetti di presentare alterazioni macroscopiche del parenchima
caratterizzate da accumulo/stravaso di tipo lipidico sia alterazioni di espressione degli enzimi della catena metabolica che è responsabile dell’ossidazione dei lipidi. Ulteriori studi saranno necessari per chiarire la caratteristiche di questi fenomeni e capire se sono in qualche modo correlati tra loro.
ABSTRACT
Obesity and thyroid diseases are common disorders in the general population and they frequently concur in single individuals.
The World Health Organization (WHO) defines obesity as a chronic condition characterized by high body weight due to an excess of adipose tissue that has a negative impact on health. Body Mass Index (BMI = mass in kg/height2 in m2), is the parameter commonly used in epidemiology to define and classify obesity.
Most of patients with obesity have normal thyroid function. However, recent studies have shown that in euthyroid patients a positive association exists between BMI and TSH serum concentrations. Causes of this correlation are not yet clear, but contribute to propose a link between subclinical thyroid dysfunction and development of overweight and obesity.
To the best of our knowledge, there are no studies investigating thyroid morphologic and molecular characteristics of overweight and obese subjects.
In our study, we included 39 patients (10 normal weight, 15 overweight, 14 obese) who underwent total thyroidectomy for benign pathology. We have taken samples of fresh normal thyroid tissue and extracted total RNA, then converted to cDNA. The gene expression analysis has been performed by means of quantitative PCR, using SYBR Green probes and TaqMan®. The relative expression of different gene transcripts has been computed by the
∆∆Ct method, using the housekeeping GAPDH gene.
The histologic analysis, performed by Hematoxylin and eosin staining and the study of EMR-1, IL-6, TNF-α expression have shown that the thyroid parenchyma of obese subjects is not characterized by an increase chronic inflammation levels.
In addition, we measured the thyroid expression of the ObRb isoform of the leptin receptor (ObRb). Leptin is a hormone made by fat cells and regulates homeostasis and body weight. Since it has been stated that leptin acts as a tuner of thyroid hypothalamic–pituitary–thyroid axis influencing some adaptive actions of fasting, we tried to investigate if the overweight, is somehow connected to any alterations of thyroid expression of reception of this hormone.
Our data show that thyroid expresses ObRb, thus suggesting the existence of a direct cross-talk with adipose organ. However, they did not show any significant difference in gene expression to be consiedered as a consequence of body mass index.
Then, we have investigated gene expression levels of those genes that are linked to thyroid hormones synthesis (TSHr, NIS, Tg, TPO e DUOX1), because some population studies have shown a correlation between an increase in body mass index and serum levels of TSH.
Our results show how those genes that are involved in main phases of the thyiroid hormone synthesis are normally expressed in obese people. The only exception is the Thyroperoxidase (TPO) gene, statistically less expressed in thyroid parenchymal tissue of obese patients, with respects to checks. This data needs futher hymmunoistochemical confirmations.
Also, our results have shown the histologic evidence of lipidic material intraparenchymal whose presence came out to be far more frequent in thyroids of obese patients. As a follow-up of this evidence, we ha ve investigated the gene expression of some enzymes involved in fatty acid synthesis and β-oxidation.
The mRNA of Malonyl-CoA-decarboxylase (MLYCD) and Carnitine- palmitoyl-transferase 2 (CPT2), are significatly overexpressed in obese patients, with respect to checks. While the espression levels of Glycerol-3 phosphate-dehydrogenase 1 (GPD1) and Glycerol-3 phosphate acyltransferase (GPAM) are not significantly modified when changing the body fat category. This data suggest that among obese people there is an alteration of homeostasis lipidic metabolic that needs further characterization.
In conclusion, our results show that thyroid tissue of obese patients is not target of chronic inflammations. In addition, these people do not present significant alterations in thyroid hormones synthesis. However, we have found a high probability for these people to present macroscopic alteration of parenchymal characterized by both an fatty accumulation and expression alterations of the enzymes of metabolic chain that is responsible for lipids oxydation.
Future work will be focused on clarifications of characteristics of these phenomenons, in order to understand if they are linked somehow.
1. INTRODUZIONE 1.1. L’Obesità.
L’obesità e le patologie tiroidee sono condizioni frequenti nella popolazione generale e spesso si ritrovano entrambe nei singoli individui.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito l’obesità come una condizione cronica caratterizzata da un eccessivo peso corporeo per accumulo di massa grassa in misura tale da influire negativamente sullo stato di salute.
L’obesità è la conseguenza di un bilancio energetico positivo in cui l’introito calorico supera il dispendio energetico. L’Indice di Massa Corporea (IMC=peso in kg/altezza in m2), è il parametro più usato in epidemiologia per definire e classificare lo stato di obesità. Con valori di IMC compresi tra 18.5 e 25 si identifica il normopeso, tra 25 e 29.9 il sovrappeso, tra 30 e 34.9 si pone diagnosi di obesità di grado I, tra 35 e 39.9 obesità di grado II, superiori a 40 di obesità di grado III o grave. Il limite di 25 per definire il sovrappeso e l’obesità, non è arbitrario ma deriva dall’osservazione che per valori di IMC superiori a questo valore, aumenta significativamente il rischio di morbilità e mortalità soprattutto per le malattie cardiovascolari.
Negli ultimi 30 anni la prevalenza dell’obesità è aumentata significativamente in tutto il mondo e le stime più recenti suggeriscono che circa il 34 % degli adulti negli Stati Uniti, sia obeso (1).
In Italia secondo i dati pubblicati nel 2010 dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), le persone obese sono circa 5 milioni e la prevalenza di tale condizione nella popolazione adulta è circa del 10 % (2).
Considerato quindi il rapido e progressivo incremento di casi osservato negli ultimi anni, l’obesità è considerata una vera e propria “pandemia” (3).
Il peso corporeo è regolato da un sistema omeostatico che modula l’assunzione di cibo sulla base della spesa energetica. Alcuni dei componenti di questo sistema sono ormoni dei quali il principale è senza dubbio la leptina, prodotta dal tessuto adiposo, il cui ruolo è quello di segnalare lo stato nutrizionale ai centri regolatori situati a livello ipotalamico. Altri importanti segnali ormonali che contribuiscono alla regolazione del peso corporeo sono rilasciati dal tratto gastro-intestinale, dal pancreas e dal tessuto adiposo (4).
Le differenze di peso corporeo fra gli individui sono tipicamente il risultato di una forte interazione fra l’ambiente e il background genetico individuale.
Mutazioni che coinvolgono i principali geni che codificano per le molecole che regolano il bilancio energetico (5), possono essere responsabili di forme monogeniche di obesità.
La convinzione che l’obesità sia conseguente ad una disfunzione endocrina, prima tra tutte quella della ghiandola tiroidea, è da tempo diffusa e saldamente radicata. Gli ormoni tiroidei infatti svolgono numerose azioni finalizzate al mantenimento dell’omeostasi energetica accelerando la sintesi ed il catabolismo delle principali classi di nutrienti.
1.2. Aspetti anatomici e funzionali tiroidei.
La tiroide è una ghiandola endocrina, a struttura follicolare, localizzata nella regione antero-inferiore del collo. E’ costituita da due lobi laterali connessi da un istmo ed è suddivisa per mezzo di sottili setti fibrosi, in lobuli composti da circa 20-40 follicoli regolarmente distribuiti. Normalmente i follicoli hanno dimensioni variabili da 50 a 500 µm e sono rivestiti da un epitelio cuboidale che delimita una cavità centrale, il lume follicolare, al cui interno è depositata una sostanza gelatinosa chiamata colloide (6).
La colloide è costituita principalmente da tireoglobulina (Tg), una glicoproteina caratterizzata dalla presenza di residui tirosinici a cui si lega lo iodio molecolare al fine di formare tetraiodotironina (tiroxina, T4) e triiodotironina (T3). Circa l’80-90% del prodotto di secrezione tiroidea è costitutito da T4 che ha la funzione di pro-ormone, il 10-20% da T3 e non più del 1% da reverse-T3 (rT3).
La T3 è l’ormone metabolicamente attivo che agendo sullo sviluppo del sistema nervoso centrale, promuove l’accrescimento dell’organismo mentre la rT3 è uno dei principali metaboliti di T3 e T4 (7).
La produzione degli ormoni tiroidei è strettamente regolata da una complessa interazione di segnali provenienti dall’asse ipotalamo-ipofisario (Figura 1).
Figura 1. Asse ipotalamo-ipofisi-tiroide. Thyroid Ruben Kasala, 2010.
Ogni tappa della sintesi e della secrezione degli ormoni tiroidei è stimolata dalla tireotropina (TSH) prodotta dall'ipofisi anteriore, a sua volta sottoposta all'azione stimolatoria dell'ormone ipotalamico di rilascio della tireotropina (TRH) il cui ruolo fisiologico è quello di controllare la regolazione da parte degli ormoni tiroidei sulla secrezione del TSH.
La riduzione dei livelli di T3 stimola il rilascio del TRH dall'ipotalamo e del TSH dall'ipofisi anteriore aumentando così i livelli di T3 e T4.
Elevati livelli di T3 e T4 a loro volta, sono in grado di sopprimere secondo un feed-back negativo la secrezione sia di TRH che di TSH ristabilendo una condizione di equilibrio.
La sintesi degli ormoni tiroidei, richiede la presenza di iodio che deve essere accumulato a livello delle cellule follicolari mediante un meccanismo di
trasporto attivo contro i normali gradienti elettrochimici grazie ad una proteina di trasporto Na+/I- (NIS, Na-I Symporter).
Il NIS è espresso sulla porzione baso-laterale della cellula follicolare tiroidea mentre l’incorporazione di iodio all’interno delle molecole di tirosina, si realizza per azione della perossidasi tiroidea (TPO), espressa in sede apicale.
Lo iodio si lega al carbonio dei residui tirosinici della tireoglobulina sia in posizione 3 che in posizione 5 ed il risultato è la tirosina monoiodinata (MIT) e diiodinata (DIT).
La MIT e la DIT, a loro volta possono associarsi dando luogo a complessi MIT+DIT da cui origina T3 e DIT+DIT che formano T4 in un rapporto che si aggira attorno a 1:18 (Figura 2).
Figura 2. Reazioni coinvolte nella generazione dello Ioduro, MIT, DIT, T3 e T4 Capitolo 41 Berne and Levy Physiology, 6th edition. 2008 Elsevier.
La secrezione degli ormoni tiroidei richiede l’endocitosi della colloide contenente la Tg e quindi la degradazione della Tg con successivo rilascio di T3 e T4. Parte della T4 prodotta viene desiodata a T3 ad opera delle desiodasi follicolaried infine rilasciata in circolo (Figura 3).
La T4 prodotta che raggiunge i tessuti periferici va incontro a desiodazione;
questo processo completa la produzione di T3 (80-90%). La desiodazione rappresenta quindi un meccanismo fondamentale per il processo di attivazione ormonale di T3.
Figura 3. Schema del meccanismo di sintesi e secrezione degli ormoni tiroidei Capitolo 48,
"Synthesis of Thyroid Hormones” in: Walter F., Boron (2003) Medical Physiology: A Cellular And Molecular Approach, Elsevier/Saunders.
1.3. Ormoni tiroidei e metabolismo energetico.
Gli ormoni tiroidei sono implicati nella differenziazione dell’adipocita e nell’acquisizione delle normali funzioni del tessuto adiposo maturo.
Nel tessuto adiposo bianco, in condizioni di eutiroidismo, gli ormoni tiroidei stimolano la lipogenesi e contemporaneamente con il sistema adrenergico, attivano la lipolisi. Nel tessuto adiposo bruno incrementano la produzione di calore regolando l’espressione delle proteine disaccoppianti mitocondriali, in particolare della UCP-1, che provocano dissipazione di energia lungo la catena di trasporto degli elettroni.
I meccanismi attraverso i quali gli ormoni tiroidei stimolano la produzione di calore sono molteplici: accelerano la sintesi e il catabolismo delle principali classi di macronutrienti (carboidrati, proteine e grassi), stimolano numerose vie metaboliche che richiedono il consumo di ATP agendo sia direttamente che indirettamente sulle pompe ioniche coinvolte nel mantenimento dei gradienti di membrana.
In condizioni di eutiroidismo gli ormoni tiroidei coordinano in modo ottimale le diverse attività per garantire lo svolgimento delle funzioni vitali con il minimo dispendio energetico.
L’eccesso di ormoni tiroidei produce una serie di cicli futili e l’effetto termico derivante dal consumo di ATP diviene relativamente più importante.
1.4. Effetti cellulari e sistemici degli ormoni tiroidei sul metabolismo.
1.4.1. Effetti cellulari.
La T3 e laT4 entrano nelle cellule attraverso un processo mediato da un carrier specifico MCT8 ,dove gran parte della T4 è convertita in T3.
La capacità dei tessuti di rispondere alla T3 è correlata sia al numero di recettori nucleari sia al grado di saturazione degli stessi. Nell’uomo, in condizioni di eutiroidismo, risulta occupata circa metà dei siti recettoriali disponibili per la T3.
I recettori degli ormoni tiroidei funzionano da fattori di trascrizione che attivano o reprimono la trascrizione di specifiche classi di geni e allo stato libero sono legati a specifici response elements del DNA e sono associati a un complesso di proteine ad azione corepressiva. Il legame dell’ormone con il recettore determina la dissociazione dei corepressori e il legame di coattivatori con conseguente modulazione della trascrizione genica degli specifici geni bersaglio.
Poiché i recettori degli ormoni tiroidei sono espressi ubiquitariamente, tali ormoni hanno un ruolo chiave nel controllo del metabolismo cellulare.
Tra gli effetti da loro mediati ricordiamo:
• la trascrizione dell’ATPasi Na+/K+ con conseguente aumento del consumo di ossigeno;
• la trascrizione di proteine disaccoppianti (UCP), con aumento dell’ossidazione degli acidi grassi e della produzione di calore senza produzione di ATP:
• la sintesi e la degradazione proteica, che contribuiscono alla crescita e alla differenziazione;
• la glicogenolisi e la gluconeogenesi indotte dall’adrenalina, con conseguente modulazione della sintesi di glicogeno ed l’utilizzazione del glucosio mediata dall’insulina;
• la sintesi del colesterolo e la regolazione dei recettori delle lipoproteine a bassa densità.
1.4.2. Effetti organo-specifici.
Gli ormoni tiroidei sono essenziali per un corretto accrescimento e per i processi di differenziazione cellulare. Controllano il metabolismo, la funzione di tutti gli organi ed i loro effetti variano da un tessuto all’altro.
Sistema scheletrico: attivano gli osteoblasti e gli osteoclasti, mediando la crescita e la differenziazione dell’osso.
Sistema cardiovascolare: hanno un effetto cronotropo ed inotropo, aumentando l’output cardiaco e il volume ematico, riducono la resistenza vascolare sistemica.
Tessuto adiposo: inducono la differenziazione del tessuto adiposo bianco, stimolando gli enzimi lipogenici, l’accumulo intracellulare di lipidi, la proliferazione degli adipociti. Nel tessuto adiposo bruno stimolano la produzione di calore regolando la concentrazione delle proteine disaccoppianti.
Encefalo: stimolano la crescita e lo sviluppo assonale.
Gli ormoni tiroidei stimolano inoltre l’accumulo di subsatrati fondamentali per i processi di ossidazione favorendo l’assorbimento di glucosio dal tratto gastrointestinale, la velocità del metabolismo di glucosio (captazione, ossidazione e sintesi), lipidi (liberazione degli acidi grassi liberi dal tessuto adiposo e ossidazione), trigliceridi plasmatici, acidi grassi liberi e proteine.
1.5. Leptina e Asse Ipotalamo-Ipofisi-Tiroide.
La leptina è un ormone proteico di 16 kDa prodotto dal tessuto adiposo in maniera direttamente proporzionale alla sua massa. Ha una funzione regolatoria che ha lo scopo di informare i centri ipotalamici deputati al controllo dell’omeostasi del peso sullo stato nutrizionale dell’individuo.
L’aumento di massa grassa si accompagna ad un incremento dei livelli circolanti di leptina che induce una riduzione dell’introito calorico contribuendo a mantenere l’omeostasi del peso corporeo. Il dimagrimento al contrario, favorisce la riduzione dei livelli di leptina nel sangue favorendo così l’aumento di appetito e riducendo la spesa energetica. La leptina contribuisce all’instaurarsi della complessa serie di adattamenti neuro- endocrini (amenorrea, ridotta temperatura corporea, ipotiroidismo centrale etc) che si realizzano durante il digiuno.Nelle forme di obesità monogenica legate ad un difetto della leptina o del suo recettore è presente un ipotiroidismo centrale che, seppur di lieve entità, sembra dipendere dal venir meno del normale effetto stimolatorio esercitato dalla leptina sulla secrezione del TRH.
Studi recenti indicano che la leptina stimola la secrezione del TSH aumentando la produzione ipotalamica di TRH sia in modo diretto che indiretto. In modo diretto la leptina attiva il promotore del gene del TRH attraverso STAT3 a livello dei neuroni TRH secernenti del nucleo paraventricolare dell’ipotalamo. Indirettamente invece, stimola la secrezione dell’ormone melanocito-stimolante (α-MSH) ed inibisce quella del neuropeptide AgRP a livello del nucleo arcuato dell’ipotalamo, che a sua volta proietta a livello del nucleo paraventricolare.
L’α-MSH determina un incremento della secrezione del TRH attivando il recettore 4 della melanocortina (MC4R) situato sui neuroni ipotalamici TRH-secernenti, mentre effetti opposti sono prodotti dal suo antagonista endogeno AgRP.
1.6. Ormoni tiroidei e obesità.
Nella maggioranza dei soggetti affetti da obesità essenziale, la funzione tiroidea è normale (8).
Recenti studi di popolazione hanno evidenziato un’associazione positiva tra IMC e concentrazioni sieriche di TSH in soggetti eutiroidei. Le cause di questa relazione non sono state ancora del tutto chiarite, è possibile che l’incremento dei livelli di TSH associati all’aumento dell’IMC, sia espressione della necessità di sostenere l’aumentata richiesta di T4 periferica dovuta ad un aumento di massa magra.
Valori di TSH mediamente più elevati nei soggetti obesi hanno contribuito a riproporre un nesso causale tra le sfumate alterazioni della funzione tiroidea
e lo sviluppo dell’obesità e a proporre nuovamente l’uso degli ormoni tiroidei nella terapia dell’eccesso di peso. Nonostante gli ormoni tiroidei siano stati per lungo tempo tra i primi farmaci ad essere utilizzati nel trattamento dell’obesità, oggi sappiamo che la loro somministrazione non è giustificata. Il calo ponderale prodotto dalla somministrazione di ormoni tiroidei è associato ad una perdita eccessiva di massa magra oltre alla presenza di effetti collaterali potenzialmente pericolosi, soprattutto a livello cardiaco.
Una recente analisi ha valutato la relazione tra TSH sierico e IMC nei soggetti eutiroidei (9). Dei 29 studi presi in considerazione, 18 hanno riportato una correlazione positiva tra le misure di adiposità e il TSH sierico. Alcuni di questi sono studi di popolazione riguardanti soggetti per lo più normopeso; altri studi sono stati focalizzati su coorti di obesi rispetto ai vari gruppi di controllo.
E’ importante sottolineare che l'associazione descritta tra IMC e TSH sierico circolante è relativa a valori di TSH che nella maggior parte dei casi rientra nei limiti della norma. Questa osservazione ripropone la questione se le alterazioni della funzione tiroidea possano predisporre o meno ad un aumento di peso (10-11).
I livelli sierici di TSH tendono a normalizzarsi dopo perdita di peso ottenuta sia con la dieta ipocalorica che con la chirurgia bariatrica (12-13). Queste osservazioni indicano che il lieve aumento del TSH osservato nei pazienti obesi rappresenti una risposta adattativa dell’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide all’aumento di peso. Risultati relativi ad esperimenti condotti nei topi, che
mostrano un aumento in acuto di 3,7 volte del TSH sierico dopo l'alimentazione con una dieta ricca di grassi, sarebbero in linea con questa visione (14). I dati riguardanti le concentrazioni circolanti di ormoni tiroidei in soggetti obesi sono meno univoci a causa dei livelli sierici di T3 che sono riportati aumentati, invariati o diminuiti, mentre la concentrazione sierica di T4 risulta tendenzialmente nella norma o in alcuni casi diminuita. (15-18).
Questa incongruenza può essere ricondotta all’eterogeneità delle popolazioni studiate che includono soggetti che introducono un numero variabile di calorie con diversi gradi di obesità e diversa distribuzione del grasso corporeo.
Alcuni autori, per spiegare tale fenomeno, considerano che l'espansione della massa grassa, di solito associata con un aumento della massa magra, produca un accelerato turnover di ormone tiroideo. L'aumentato tasso di metabolismo dell’ormone tiroideo sarebbe l'evento primario che determina un'attivazione dell'asse ipotalamo-ipofisi-tiroide, finalizzato al mantenimento entro l'intervallo fisiologico di T4 (19).
In mancanza di dimostrazioni precise e dirette dei meccanismi adatattivi dell’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide in presenza di obesità, le cause responsabili dell’incremento dei livelli di TSH sierico nei pazienti obesi risultano ancora oggetto di acceso dibattito.
1.7. Alterazioni di funzione tiroidea e metabolismo energetico.
1.7.1.Ipotiroidismo.
Le alterazioni dello stato tiroideo determinano numerose conseguenze sul metabolismo di vari substrati energetici. L’incremento ponderale può essere presente tra le manifestazioni dell’ipotiroidismo. L’aumento di peso trae principalmente origine dall’aumento del contenuto totale di acqua più che da un ridotto consumo energetico a riposo (20). Tali modificazioni determinano imbibizione tissutale favorita anche dall’accumulo di glicosaminoglicani.
All’aumento ponderale può contribuire la riduzione dell’attività fisica che è conseguente dell’astenia. Nell’insieme questo quadro metabolico, può giustificare un incremento ponderale di modesta entità che avviene nonostante un ridotto apporto di nutrienti e generalmente non è dovuto o lo è solo in minima parte, ad un incremento della massa grassa.
1.7.2 Ipertiroidismo.
Nell’ipertiroidismo si può osservare l’apparente paradosso di un calo ponderale in presenza di un aumento dell’appetito.
L’eccesso dell’ormone tiroideo provoca infatti un aumento della produzione di calore e della lipolisi che è spesso di entità tale da superare l’aumentato introito calorico. L’ipertiroidismo esercita inoltre importanti effetti catabolici a livello osseo e muscolare. In rapporto alla gravità dell’ipertiroidismo, alla durata dello stesso e all’età del paziente, si può
verificare un calo ponderale che riflette in parte la riduzione delle scorte adipose e in larga misura la perdita di massa magra e ossea (21).
1.8. Obesità come condizione pro-infiammatoria.
Per molto tempo il tessuto adiposo è stato ritenuto deposito di energia, mezzo d’isolamento termico e meccanico. Tuttavia dopo la scoperta della leptina avvenuta nel 1994, è stato riconosciuto come organo endocrino in grado di secernere ormoni con molteplici azioni a livello locale e sistemico.
La sintesi ormonale ad opera del tessuto adiposo non è imputabile ai soli adipociti ma anche agli altri elementi che lo caratterizzano, quali la matrice connettivale, le cellule stromovascolari e le cellule immunitarie (22).
La condizione di obesità si associa anche a modificazioni morfologiche e metaboliche, che si accompagnano a maggior espressione di citochine ad azione proinfiammatoria, come l’interleuchina 6 (IL-6) e il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α) e ad una minore produzione di molecole anti- infiammatorie come l’adiponectina. Tutte queste adipochine non hanno soltanto un’azione locale ma agiscono come fattori ormonali che promuovono una condizione infiammatoria cronica di basso grado (23-24).
Il TNF-α ha azione principalmente paracrina e autocrina, è in grado di stimolare la lipasi ormone-sensibile tissutale incrementando la lipolisi e i livelli degli acidi grassi liberi (FFA) circolanti. Inoltre interferisce con il segnale insulinico e determina la down regulation del trasportatore GLUT4 per il glucosio.
In particolare il TNF-α sembra favorire l’adesione e la migrazione dei monociti circolanti nella parete arteriosa e la loro conversione in macrofagi.
A differenza del TNF-α, l’IL-6 ha un’azione principalmente endocrina, viene secreta dai depositi viscerali nel sistema portale ed è in grado, a livello epatico, di alterare il segnale insulinico, stimolare la produzione epatica di trigliceridi e la gluconeogenesi con iperinsulinemia compensatoria.
Analoghe azioni a livello epatico sono state di recente attribuite anche alla leptina (25).
Il TNF-α è sovraespresso nel tessuto adiposo di soggetti obesi, si riduce con la perdita di peso accompagnandosi in questo caso ad un miglioramento della sensibilità insulinica (26). È stato dimostrato che il TNF-α altera il segnale insulinico sia in colture cellulari (miociti e preadipociti) che in vivo;
questo avviene attraverso l’inibizione dell’autofosforilazione dei residui di tirosina del recettore dell’insulina e l’induzione della fosforilazione del residuo di serina del substrato del recettore dell’insulina (IRS) .
Il tessuto adiposo umano contribuisce per il 10-30% dei livelli circolanti di IL-6.
I livelli plasmatici di questa citochina sono direttamente correlati con l’IMC ed inversamente correlati con la sensibilità insulinica. L’IL-6 inibisce la trasduzione del segnale insulinico negli epatociti attraverso la SOCS3 (Suppressor Of Cytokine Signaling-3), la quale inibisce l’autofosforilazione del recettore dell’insulina, la fosforilazione dei residui di tirosina dell’IRS1 e di quello del recettore della leptina (27).
Entrambe queste citochine sembrano interferire con l’azione dell’insulina alterandone la trasduzione del segnale attraverso l’inibizione dell’autofosforilazione del recettore insulinico e l’interferenza con alcune tappe di fosforilazione-defosforilazione delle proteine intracellulari.
2. SCOPO DELLA TESI
Scopo di questo studio è stato quello di analizzare le possibili variazioni d’espressione genica, funzionali e morfologiche del tessuto tiroideo di soggetti normopeso, sovrappeso ed obesi dopo aver raccolto campioni freschi di tessuto in pazienti candidati a chirurgia tiroidea per patologia nodulare benigna.
Abbiamo analizzato l’espressione di geni che caratterizzano la funzione tiroidea quali: il recettore dell'ormone tireostimolante (TSHr), il cotrasportatore Sodio/Iodio (NIS); la Tireoglobulina (Tg); la Tireoperossidasi (TPO); la Dual Oxidase 1 (DUOX1). Inoltre, poichè l'obesità è associata ad uno stato cronico di bassa infiammazione, abbiamo analizzato l’espressione di alcuni geni coinvolti nella risposta infiammatoria tra cui il recettore EMR-1, il Fattore di Necrosi Tumorale (TNFα), l'interleuchina 6 (IL-6). Parallelamente abbiamo valutato i principali parametri endocrino-metabolici (IMC, TSH, FT3, FT4,) dei soggetti arruolati che sono stati divisi per categorie di indice di massa corporea.
Il nostro studio prevedeva anche la valutazione morfologica del parenchima tiroideo. In ultimo, sono stati indagati i livelli di espressione di mRNA di enzimi collegati al metabolismo lipidico. Nello specifico i geni studiati sono stati i seguenti: Carnitina palmitoil transferasi 2 (CPT2), la Malonil CoA decarbossilasi (MLYCD), la Glicerolo 3 fosfato deidrogenasi (GPD1), la Glicerolo 3 fosfato aciltransferasi (GPAM).
3. MATERIALI E METODI 3.1. Soggetti studiati.
In questo studio sono stati inclusi 39 pazienti, non consanguinei tra loro, giunti all’osservazione presso la U.O. Endocrinologia 1 dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria Pisana.
Tutti i pazienti sono stati sottoposti a intervento di tiroidectomia totale per patologia nodulare benigna o per noduli a citologia microfollicolare.
3.2. Caratteristiche dei pazienti, dosaggi ematici e prelievo di campioni tiroidei.
Nei 39 pazienti arruolati sono stati indagati la funzione tiroidea (FT3, FT4, TSH), il titolo degli auto-anticorpi organo-specifici (AbTg e AbTPO), le caratteristiche antropometriche (peso, altezza e IMC). Di questi soggetti, 10 risultavano normopeso (IMC <25), 15 sovrappeso (IMC 25-29.9) e 14 obesi (IMC >30) (TABELLA 1).
I criteri di esclusione prevedevano il sospetto citologico di carcinoma tiroideo, la positività di anticorpi AbTg e/o AbTPO (anche a basso titolo), la terapia con L-Tiroxina, l’assunzione di farmaci immunomodulatori (steroidi, immunosoppressori) o interferenti con la funzione tiroidea (anti- tiroidei di sintesi, beta bloccanti, sali di litio, antidepressivi, neurolettici, anticonvulsivanti) o in trattamento con farmaci anti-diabetici e/o ipolipidemizzanti. Venivano anche esclusi i soggetti inizialmente arruolati ma che ricevevano una diagnosi definitiva di carcinoma tiroideo di rilievo clinico (> 1 cm).
Aliquote del tessuto tiroideo macroscopicamente sano sono state prelevate dal patologo post-intervento, congelate in azoto liquido e conservate a - 80°C per le successive analisi molecolari.
3.3. Estrazione dell’ RNA totale da tessuto tiroideo.
Per ogni paziente è stato estratto l’ RNA totale a partire da circa 100 mg di campione di tessuto tiroideo (conservato a -80°C). Il protocollo utilizzato prevede l’uso del TRIzol® Reagent (Invitrogen) (1ml ogni 100 mg di tessuto).
I tessuti stato sono stati omogenizzati, incubati per 5 minuti a temperatura ambiente (TA) per permettere la dissociazione dei complessi nucleo proteici.
In seguito, sono stati centrifugati a 12000 x g per 10 minuti a 4°C.
La centrifugazione ha consentito di separare due fasi:
• una superiore (sovranatante) che contiene gli acidi nucleici in soluzione;
• una inferiore (pellet) che contiene membrane e residui cellulari.
I sovranatanti recuperati sono stati trasferiti in provette da 1.5 ml e ad ogni campione sono stati aggiunti 0.2 ml di cloroformio.
I campioni sono stati vorticati per 15 secondi e quindi incubati a TA per 10 minuti per poi essere centrifugati a 12000 x g per 15 minuti a 4°C.
In questo modo sono state ottenute tre fasi:
• fase acquosa superiore, incolore, che contiene l’RNA
• fase intermedia, bianca, contenente il DNA
• fase inferiore (organica), rosa, contenente le proteine.
La fase acquosa, è stata trasferita in una nuova provetta e allo scopo di purificare l’RNA, ad ogni campione sono stati aggiunti 0.5 ml di isopropanolo per ogni ml di TRIzol® utilizzato. I tubi sono stati invertiti ed incubati a TA per 10 minuti. Dopo un passaggio in centrifuga (10000 x g per 10 minuti a 4°C) i precipitati sono stati lavati con 1 ml di etanolo al 75% freddo (in H20 DEPC, trattata con dietilpirocarbonato) e centrifugati a 7500 x g per 5 minuti a 4°C.
Il pellet così ottenuto è stato asciugato ed infine risospeso in 20 µl di H20 DEPC.
Per determinare l’integrità dell’RNA estratto da ogni campione, è stata eseguita una corsa elettroforetica su gel denaturante.
3.4. Corsa su gel denaturante.
Prima della corsa, un microlitro di ogni campione è stato denaturato a 65°C per 5 minuti.
Successivamente, sono stati aggiunti 3µl di Loading Buffer così composto:
• 500 µl Formammide,
• 150 µl Formaldeide,
• 100 µl MOPS 10X,
• 1µl di Bromuro di Etidio.
Il gel di agarosio all’1% è stato preparato sciogliendo l’agarosio nel MOPS (1X in H20 DEPC) in una beuta aggiungendo dopo aver lasciato raffreddare la soluzione, formaldeide al 36% .
3.5. Quantificazione dell’RNA estratto mediante lettura allo spettrofotometro.
Per la lettura allo spettrofotometro è stata utilizzata una cuvetta al quarzo.
1µl di RNA di ogni campione è stato letto diluendolo in 50 µl di H20 distillata.
Lo spettrofotometro è stato impostato selezionando le lunghezze d'onda specifica per gli acidi nucleici (260 nm e 280 nm). La lettura di ogni campione fa riferimento alla lettura della sola acqua utilizzata per la diluizione.
La lettura A 260 indica la quantità di RNA presente mentre il rapporto A 260/280 è un indice di purezza, ovvero di contaminazione fenolica, proteica e di DNA.
3.6. Trattamento con DNasi.
Allo scopo di rimuovere eventuali residui di DNA, ciascun campione è stato sottoposto al trattamento con la DNAasi.
La reazione è stata effettuata in un volume totale di 57 µl:
• 5.7 µl Buffer 10X
• 1 µl RNasi OUT
• 1 µl DNasi
• 5 µg di RNA
• H20 DEPC fino a 57 µl
I campioni sono stati incubati per 30 minuti in bagnetto umido a 37°C.
L’RNA è stato successivamente precipitato con il fenolo-cloroformio: sono stati aggiunti 60 µl di fenolo cloroformio ai 57 µl di reazione, i campioni sono stati vorticati e centrifugati per 5 minuti a 12000 rpm a TA.
Dopo aver recuperato la fase acquosa (circa 50 µl), sono stati aggiunti 3 volumi (circa 150 µl) di etanolo 100% (RNasi-free). I campioni sono stati incubati tutta la notte a -20°C oppure 2 ore a -80°C.
Il giorno successivo è stata presa un’aliquota (1/5 del volume pari a 1 µg di RNA) centrifugata per 15 minuti a 13000 rpm a 4°C. Dopo il lavaggio del pellet con 200 µl di etanolo 75% in H20 DEPC , i campioni sono stati centrifugati per 5 minuti a 12000 rpm a 4°C. Eliminata la fase acquosa, il pellet è stato fatto asciugare ed infine risospeso in 9.9 µl di H20 DEPC.
3.7. Sintesi del cDNA.
La retrotrascrizione da RNA a DNA complementare (cDNA) è basata sull’attività dell’enzima retrotrascrittasi, una DNA polimerasi RNA- dipendente che genera un filamento di cDNA utilizzando l’mRNA come stampo. L’RNA totale estratto è stato denaturato per 15 minuti a 65°C al fine di rimuovere le strutture quaternarie.
La retrotrascrizione eseguita in 20 µl totali, è stata effettuata aggiungendo all’enzima (SUPERSCRIPT III, Invitrogen) e all’RNA (1 µg per campione) i seguenti componenti:
• 4 µl Buffer 5X
• 2 µl DTT 0.1 M
• 2 µl dNTPs MIX (10mM ciascuno)
• 1 µl esameri 50X (250 ng/µl)
• 0.1 µl RNasi OUT
La retrotrascrizione è stata portata a termine utilizzando il seguente protocollo:
• 10 minuti a 25°C
• 50 minuti a 50°C
• 15 minuti a 70°C
• ∞ a 4°C.
Al termine della reazione è stato ottenuto un cDNA in un volume finale di 20 µl.
3.8. Amplificazione del cDNA mediante Real Time PCR.
La Real Time PCR è una tecnica che permette di monitorare nel tempo la reazione di amplificazione del cDNA ed è basata sulla diretta correlazione tra l’emissione di fluorescenza e la quantità di DNA amplificato a partire dal cDNA del campione di interesse (e quindi dell’RNA). Questa metodica, sia che utilizzi la tecnologia SYBR Green che quella TaqMan®, presenta una fase iniziale, una fase esponenziale di amplificazione e una fase finale di plateau.
Nella fase esponenziale esiste una relazione tra la quantità di DNA e il numero di cicli di amplificazione:
Quantità di DNA al ciclo n = quantità iniziale di DNA X 2n
L’emissione di fluorescenza permette di visualizzare, attraverso una trasformazione logaritmica, il numero di cicli in relazione al progressivo aumento di fluorescenza.
Il punto in cui la fluorescenza emessa da ciascun campione incontra la linea che determina l’inizio dell’amplificazione logaritmica del cDNA, è detto ciclo soglia (Ct).
Per valutare l’espressione genica dei tessuti tiroidei presi in esame, come già accennato, sono stati utilizzati sia primers SYBR Green che sonde TaqMan® con riferimento ai propri geni endogeni.
La differenza tra la chimica SYBR Green e TaqMan® risiede nel legame dei coloranti fluorescenti alla doppia elica di DNA in formazione. Mentre il SYBR Green utilizza delle molecole fluorescenti che si intercalano durante la formazione del DNA a doppio filamento (ds), il metodo TaqMan®
utilizza degli oligonucleotidi del DNA modificati con un fluoroforo di riferimento e uno di spegnimento, denominati sonde, che rilasciano la fluorescenza una volta ibridati con il cDNA specifico.
Per quanto riguarda l’espressione genica studiata con la chimica SYBR Green, prima di procedere all’esperimento effettivo di confronto della espressione genica tra i gruppi sperimentali sono state effettuate delle prove di diluizione per indagare le curve d’efficienza. Questa prima parte sperimentale è stata seguita per tutte le coppie di primers da noi disegnate.
La curva standard consiste nel costruire una retta di regressione utilizzando diluizioni note del proprio campione di riferimento (nel nostro caso abbiamo
utilizzato una soluzione ottenuta miscelando parti uguali di tutti i campioni presi in esame). Questo sistema consente di valutare l’efficienza di amplificazione mediante l’analisi di tre parametri:
- Slope (s) ovvero la pendenza della retta: indica il numero di cicli che intercorrono tra due diluizioni del campione di controllo che differiscono di 1 log di concentrazione (teorico -3,3 cicli).
- Coefficiente di correlazione (R): esprime le correlazioni esistenti tra i diversi segmenti che compongono la retta di regressione (teorico 1).
- Intercetta nell’asse (y) : definisce il numero di cicli necessari per rilevare 1 copia di DNA campione.
In figura 4 sono riportate le curve d’efficienza dei primers per: GAPDH, NIS,TPO. Per tali geni sono state effettuate anche le “curve di melting” che rappresentano le curve di dissociazione dei primers in esame. Questa curva rappresenta la temperatura alla quale il 50% del DNA si trova in forma denaturata. A ogni prodotto di PCR, infatti, corrisponde una “temperatura di melting” caratteristica e la temperatura di melting sarà quella temperatura in corrispondenza della quale si ha un repentino decremento della fluorescenza (Figura 5).
Per gli altri geni analizzati mediante chimica SYBR Green, come sopramenzionato, sono stati invece utilizzati saggi con efficienza nota in quanto già valutata dalla ditta commerciale (Bio-Rad).
Figura 4. Grafici raffiguranti le curve di efficienza di GAPDH (A) NIS (B) TPO (C). Si ritiene che i primers abbiano un valore d’efficienza idoneo quando questo è compreso tra il 95% e il 105%.
Figura 5. Grafici raffiguranti la curva di melting di GAPDH (A) NIS (B) TPO (C). Tutte e tre le coppie di primers mostrano un unico picco di dissociazione il che indica un corretto appaiamento con il templato.
3.9. Sonde utilizzate.
Nella tabella 2 sono illustrati i primers SYBR Green utilizzati per i geni tiroide-specifici che sono stati disegnati con il programma a libero accesso, Primer3, a partire dalla sequenza mRNA dello specifico gene d’interesse utilizzando come parametri di stringenza 100 bp medi di amplicone finale e una temperatura d’ibridazione di 60 °C.
Nella tabella 3 sono illustrati i codici commerciali delle sonde TaqMan®
utilizzati per i geni dell’infiammazione e per il recettore della leptina.
Nelle tabelle 4 sono riportai i codici commerciali delle sonde SYBR Green utilizzati per i geni collegati al metabolismo lipidico.
3.10. Metodi Istologici.
L’allestimento dei preparati istologici è stato condotto attraverso una serie fasi che prevedono la fissazione, la disidratazione, l’inclusione, il taglio, la colorazione e l’analisi al microscopio.
Dopo l’espianto, il frammento di tessuto è stato fissato in formalina e disidratato utilizzando una soluzione alcolica a concentrazione crescente a partire da etanolo al 50% fino ad arrivare ad etanolo al 100%.
Il tessuto è stato immerso in paraffina fusa e completata la fase di infiltrazione lasciato solidificare a temperatura ambiente.
Successivamente è stato tagliato al microtomo in sezioni dallo spessore compreso tra 5-10 µm. I vetrini sono stati colorati con Ematossilina-Eosina.
3.11. Analisi Istologica del parenchima tiroideo.
L’analisi istologica del lobo tiroideo, sostanzialmente esente da patologia nodulare, è stata eseguita “in cieco” da un patologo esperto in patologia tiroidea. Sono state analizzate almeno 10 sezioni per ciascun preparato ed è stata fornita una indicazione semi-quantitativa circa le presenza di infiltrato linfocitario o di accumulo lipidico. La valutazione è stata effettuata in modo soggettivo secondo la presenza o l’assenza di infiltrato linfocitario e veniva inoltre espressa una valutazione di presenza o assenza di infiltrato di gocce lipidiche.
normopeso sovrappeso obesi valore p
numero di casi 10 15 14 ns
età media (anni)
42.7 ± 4,88 48,07 ± 5,55 50,5 ± 5.93 ns
sesso(M/F) 2/8 8/7 3/11 ns
IMC(kg/m2) 21,4 ± 0,5 27,7 ± 0,3 35 ± 0,9 -
TSH(µU/l) 0,868 ± 0,12 0,813 ± 0,10 1,217 ± 0,17 ns
FT4(pg/ml) 9,35 ± 1,45 9,575 ± 1,02 10,8 ± 1,49 ns
FT3(pg/ml) 3,776 ± 0,58 4,217 ± 0,59 3,984± 0,62 ns
Tg(ng/ml) 367,58±61,27 124,674 ± 17,52
448,06 ± 70,94
ns
Tabella 1. Caratteristiche cliniche ed ormonali dei pazienti suddivisi in base alle categorie di peso corporeo. I dati indicati sono espressi come media ed errore standard. I dosaggi ormonali sono stati condotti nella fase pre intervento.
NOME GENE ACRONIMO GENE
FW RW AMPLICONE
(bp)
Gliceraldeide 3 fosfato
deidrogenasi
GAPDH CCCTTCATTGACCTCAACTACATG TGGGATTTCCATTGATGACAAGC 115 (bp)
Recettore dell'ormone tireotropo
TSHr CTTATTGAGACTCACCTG TGTTTCTTGCTATCAGTTCCTTCA 86 (bp)
Tireoglobulina Tg GTGCCAACGGCAGTGAAGT TCTGCTGTTTCTGTAGCTGAC 87 (bp)
Tireoperossidasi TPO TACCAGGAGGCGCGCAA GGGATGTAATCCCTCAGGGTGA 65 (bp)
Cotrasportatore Na+/I-
NIS GACTGCGACCCTCTCCTCCT TTCGAAGATGTCCAGCACCAG 79 (bp)
Dual Oxidase 1 DUOX1 ATAATCCAGGAGGGCAGGAT TGGGTCTCAGGGAGAGCTAA 100 (bp)
Tabella 2. Elenco dei primers SYBR Green per i geni tiroide-specifici disegnati con il programma Primer3.
NOME GENE ACRONIMO GENE
CODICE AMPLICONE (bp)
Gliceraldeide 3 fosfato deidrogenasi
GAPDH Hs_02758991_g1 93 (bp)
Recettore macrofagico EMR-1 (F4/80) Hs_00892591_m1 63 (bp)
Fattore α di necrosi tumorale
TNFα Hs_01113624_g1 143 (bp)
Interleuchina 6 IL-6 Hs_00985639_m1 69 (bp)
Recettore della leptina ObRb Hs_00174497_m1 111 (bp)
Tabella 3. Codici commerciali delle Sonde TaqMan® utilizzate per i geni dell’infiammazione e per il recettore della leptina (ObRb).
NOME GENE ACRONIMO GENE
CODICE AMPLICONE (bp)
Malonil CoA decarbossilasi MLYCD Hs_644610 93 (bp)
Carnitina palmitoil transferasi 2
CPT2 Hs_713535 130 (bp)
Glicerolo fosfato deidrogenasi 1
GPD1 Hs_524418 94 (bp)
Glicerolo 3 fosfato aciltransferasi
GPAM Hs_42586 78 (bp)
Tabella 4. Codici commerciali delle sonde SYBR Green utilizzate per i geni collegati al metabolismo lipidico.
4. Sinossi dei geni presi in esame 4.1. Il recettore del TSH (TSHr).
Il gene umano del recettore dell’ormone tireostimolante (TSHr) è localizzato sul braccio lungo del cromosoma 14 (14q31), si estende per oltre 60 Kb ed è costituito da 10 esoni.
Il gene codifica per una proteina costituita da 764 aminoacidi, rappresentata da un peptide segnale di 21 residui aminoacidici, un dominio extracellulare glicosilato formato da 394 residui e un dominio composto da 349 residui che costituiscono la porzione a sette domini trans membrana, tipica dei recettori accoppiati a proteine G (GPCR), ed una corta coda citoplasmatica (28).
Il dominio extracellulare del TSHr, responsabile del legame ad alta affinità con il TSH, si compone di diverse strutture, tra le quali la più voluminosa è un cluster formato da 9 motivi ricchi di leucina. Le Leucine-Rich Repeats (LRRs) sono caratteristiche dei recettori degli ormoni glicoproteici (GpHR).
Le LRRs sono comprese tra due domini ricchi in cisteina denominati Cysteine-rich Flanking Region (CFRs), importanti non solo per il legame con l’ormone ma anche per le successive modificazioni conformazionali che determinano l’attivazione del recettore.
Il TSHr è espresso lungo la membrana basolaterale dei tireociti.
I cambiamenti strutturali nel TSHr, prodotti dall’interazione con l’ormone TSH, attivano le proteine G accoppiate al recettore; le proteine G associate alla subunità α stimolano la via di trasduzione del segnale legata all’adenilato ciclasi, che porta alla produzione del secondo messaggero
AMP ciclico (cAMP) e all’attivazione successiva della proteina chinasi A (PKA). Le proteine G contenenti la subunità αq/11 stimolano invece la via della fosfolipasi C (PLC) che porta alla conversione dell’inositolo 4,5- bifosfato (PIP2) in inositolo 1,4,5-trifosfato (IP3) e diacilglicerolo (DAG). Il conseguente rilascio di Ca2+ intracellulare attiva la proteina chinasi C (PKC). L’effetto finale è la stimolazione di tutte le fasi coinvolte nella sintesi degli ormoni tiroidei: uptake dello iodio e sua organificazione, sintesi e secrezione degli ormoni tiroidei, promozione della crescita delle cellule follicolari.
L’espressione di TSHr non è limitata esclusivamente alla tiroide: l’mRNA e/o la proteina stessa sono stati individuati in numerosi tessuti e cellule quali linfociti, adipociti, fibroblasti retrooculari, cellule neuronali ed astrociti (29), tuttavia il significato fisiologico o fisiopatologico di tale espressione extratiroidea non è ancora chiaro; alcuni studi suggeriscono ad esempio la possibilità di un ruolo nella regolazione autocrina o paracrina del TSH sui linfociti (30).
Il TSHr riveste un ruolo importante nel processo della tiroidogenesi, in particolare esso è responsabile della proliferazione e del differenziamento dei precursori e della successiva crescita e proliferazione dei tireociti.
Animali con TSHr non funzionante in quanto knockout (KO) per il recettore si presentano con una tiroide ipoplastica caratterizzata da un numero di follicoli inferiore al normale e con un livello di espressione dei geni di TPO e NIS fortemente ridotto.
Dato l’importante ruolo nello sviluppo e nella fisiologia tiroidea, il TSHr risulta coinvolto nell’eziologia di diverse patologie come bersaglio di autoanticorpi stimolatori o inibitori della sua funzione oppure a causa di mutazioni germinali o somatiche, che ne modificano l’attività, la stabilità o l’espressione sulla membrana (31).
4.2. Il Cotrasportatore Sodio/Iodio (NIS).
Il gene NIS è localizzato sul braccio corto del cromosoma 19 (19p13.11) e codifica per una proteina di 643 aminoacidi.
Esso è composto da 13 eliche transmembrana appartiene alla superfamiglia dei simporti sodio/soluti (SSS).
La proteina NIS è localizzata sulla membrana basolaterale dei tireociti e trasporta all'interno della cellula ioni sodio (Na+) e iodio (I-) in proporzione 2:1. L’attività della Na/K ATPasi garantisce l’energia elettrochimica necessaria all'ingresso dello ioduro, tramite trasporto attivo contro il suo gradiente elettrochimico, richiedendo una spesa di ATP.
Il gene NIS è espresso anche in altri tessuti, come ghiandole salivari, stomaco e ghiandola mammaria durante l'allattamento, dove il suo ruolo fisiologico risulta ancora poco chiaro.
4.3. La Tireoglobulina(Tg).
Il gene della Tg è localizzato sul braccio lungo del cromosoma 8 (8q24).
Codifica per una glicoproteina, molto grande che contiene residui di fosfato e di solfato legati covalentemente.
La Tg viene sintetizzata nel reticolo endoplasmatico rugoso delle cellule epiteliali tiroidee sotto forma di unità peptidiche. Successivamente, queste unità si combinano e durante il trasferimento all’Apparato di Golgi, vengono aggiunte le porzioni glicidiche. La proteina ultimata, incorporata in piccole vescicole, si muove verso la membrana plasmatica e viene riversata nel lume del follicolo adiacente.
La Tg depositata nel follicolo viene iodinata all’interfaccia tra la membrana apicale e la colloide, formando sia monoiodotirosina (MIT) che diidiotirosina (DIT). In seguito due molecole di DIT si uniscono tra loro per formare la T4, oppure una molecola di MIT e DIT si uniscono per formare la T3. L’intera sequenza di reazioni è catalizzata dalla perossidasi tiroidea, un complesso enzimatico localizzato nelle porzioni apicali della membrana cellulare che delimita il lume follicolare. L’ossidante immediato per la reazione ioduro iodio molecolare è il perossido di idrogeno (generato dalla NADPH ossidasi). Una volta iodinata, la Tg viene trasferita nel lume del follicolo. L’immissione in circolo di T3 e T4 richiede l’idrolisi della tireoglobulina. Attraverso un processo di endocitosi, che inizia quando la membrana plasmatica della cellula emette pseudopodi che inglobano una piccola quantità di colloide. Queste goccioline migrano attraverso il citoplasma in direzione basale e per azione di proteasi lisosomiali gli
ormoni possono essere rilasciati e riversati nella fitta rete di capillari sanguigni.
4.4. La Dual Ossidasi (DUOX1).
La DUOX1, nota anche come ThOX1 (ossidasi tiroidea), è un enzima codificato dal gene DUOX1. Nell’uomo sono state individuate due isoforme: DUOX1 e DUOX2.
I geni DUOX1 e DUOX2 sono co-localizzati sul cromosoma 15q15.3, hanno orientamenti trascrizionali opposti e sono separati da una regione di circa 16kb. La sequenza del gene DUOX1 è più telomerica, si estende su 36 kb ed è composta da 35 esoni. La sequenza di DUOX2 estende 21.5 kb ed è composta da 34 esoni.
Le proteine DUOX sono localizzate, insieme alla TPO, a livello della membrana plasmatica apicale del tireocita (32). Sono enzimi con una duplice attività NADPH ossidasica e perossidasica contenenti un dominio omologo alla componente catalitica di membrana della NADPH ossidasi fagocitaria, gp91phox, ed un dominio di omologia con la perossidasi. Le DUOX sono espresse nella tiroide, nell’intestino, nell’epitelio delle vie aeree e nel sistema immunitario. Lo iodio intracellulare organificato inibisce l'attività dell'enzima DUOX, che fornisce il perossido di idrogeno all'ossidazione dello ioduro diminuendo così la sintesi di iodio organificato.
4.5. La Tireoperossidasi (TPO).
Il gene che codifica per la TPO è localizzato sul braccio corto del cromosoma 2 (2p25), contiene 17 esoni e si espande per più di 150 kb.
Kimura e collaboratori identificarono due forme di cDNA per la TPO umana: una forma lunga, nota come TPO-1, che codifica per una proteina di 933 aminoacidi ed una forma corta, TPO-2, che codifica per una proteina simile mancante di 57 aminoacidi. Queste due forme sono generate attraverso splicing alternativo dello stesso gene. L’mRNA per TPO-2 è meno abbondante rispetto a TPO-1 (33).
L’espressione di questo gene è stimolata dal TSH e dipende dagli stessi fattori di trascrizione, TTF-1 TTF-2 e PAX-8, che regolano il gene Tg.
Il TSH aumenta i livelli di mRNA di TPO in vari preparati cellulari di tiroide, questa stimolazione è mimata da un incremento cellulare dei livelli intracellulari di cAMP. L’effetto stimolatorio del TSH su mRNA di TPO in culture di tirociti umani è ridotto da esteri del forbolo, interferone γ, interleuchine 1a e 1b (34).
La TPO è un enzima, di circa 100 kDa, contenente un gruppo eme grazie al quale ossida lo iodio captato dalle cellule follicolari.
Lo iodio così attivato sostituisce l’idrogeno in posizione 3 o in posizione 3 e 5 dell’anello fenolico della tirosina, dando luogo alla formazione rispettivamente di monoiodotirosina (MIT) o diiodotirosina (DIT). La conseguente condensazione, sempre catalizzata da TPO, di una molecola di MIT con una di DIT determina la formazione di 3,5,3’-triodotironina (T3),
mentre la condensazione di due molecole di DIT determina la formazione di 3,5,3’,5’-tetraiodotironina (tiroxina, T4).
Svolge quindi una duplice funzione: l’organificazione dello iodio e la successiva condensazione delle iodiotirosine.
4.6. Il recettore EMR-1.
Il gene che codifica per il recettore EMR-1 è localizzato sul braccio corto del cromosoma 19 in posizione p13.3. Appartiene alla superfamiglia delle proteine G e codifica per un recettore transmembrana di 125 KDa presente sulla superficie dei macrofagi. Rappresenta l’ortologo umano di F4/80 murino.
Recentemente è stato dimostrato che l’espressione di questo recettore è elevata nei granulociti eosinofili, in cui l'espressione si sovrappone a quella del recettore delle chemochine di tipo 3 (CCR3). L’assenza su altri leucociti, inclusi i basofili, implica che EMR-1 è un marcatore altamente specifico per gli eosinofili nell'uomo (35).
4.7. L’interleuchina 6 (IL-6).
Il gene che codifica per questa citochina è localizzato sul braccio corto del cromosoma 7 (7p21).
È una citochina prodotta da numerosi tipi di cellule, tra cui fagociti mononucleati attivati, cellule endoteliali e fibroblasti, implicata sia nelle risposte innate sia in quelle specifiche. Stimola, la sintesi di proteine di fase
acuta da parte delle cellule epatiche, nonché la crescita di linfociti B che stanno secernendo anticorpi.
4.8. Il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α).
Il gene che codifica per questa citochina è localizzato sul braccio corto del cromosoma 6 (6p21.3).
È una citochina pro-infiammatoria, prodotta prevalentemente dai fagociti mononucleati, stimola il reclutamento di neutrofili e monociti nei focolai d’infezione e attiva l’eliminazione dei microrganismi da parte di tali cellule.
Il TNF-α induce l’espressione da parte delle cellule endoteliali di nuove molecole di adesione, la secrezione di chemochine e favorisce l’apoptosi delle cellule bersaglio (36).
4.9. Recettore della leptina (Ob-Rb).
Il gene per il recettore delle leptina è localizzato sul cromosoma 7.
Appartiene alla 1° classe della famiglia dei recettori delle interleuchine che attivano la via di segnale JAK-STAT. Esistono numerose isoforme di questo recettore e se ne distinguono una isoforma lunga (Ob-Rb) e numerose isoforme brevi (Ob-Ra, Ob-Rc, Ob-Re, Ob- Rf). L’isoforma lunga, l’unica con una dimostrata capacità di trasduzione del segnale, è quella maggiormente espressa a livello ipotalamico. La funzione delle isoforme brevi non è stata completamente compresa. È stato ipotizzato il ruolo di proteina legante la leptina in circolo per la isoforma e (ObRe) (37) ed una