• Non ci sono risultati.

1. Un’età di transizione

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "1. Un’età di transizione "

Copied!
4
0
0

Testo completo

(1)

152

C ONCLUSIONI

1. Un’età di transizione

Il primo periodo lorenese, antecedente gli sconvolgimenti apportati dall’invasione francese, conferma in queste ricerche il suo carattere di età di transizione, ancora fortemente impa- stata dell’eredità del passato, ma altresì ricca di spunti innovativi e aspirazioni tendenti ad una più decisa razionalizzazione di tutti i campi dell’attività di governo e gestione del territo- rio.

Sotto la direzione leopoldina, vengono compiuti innumerevoli sforzi per dare all’apparato amministrativo una più salda organizzazione: molti impieghi e uffici vengono rivisti e corretti, alcuni rimossi o accorpati per evitare caotiche sovrapposizioni e conflitti di competenza. Si cerca di distinguere con più chiarezza i diversi ambiti di pertinenza nel tentativo di rendere la macchina amministrativa più agile ed efficiente. Nelle riforme è facile rintracciare una mar- cata spinta accentratrice, atta a ridurre la libertà decisionale dei livelli inferiori e una gestio- ne spesso personalistica del potere, allontanando quanto possibile il pericolo, più volte rav- visato, di incorrere in sprechi, soprusi e vessazioni. A questo scopo ogni pratica istruita dai funzionari deve passare al vaglio del sovrano per l’approvazione.

Ciò nonostante permane una certa disorganicità, che non permette al Granducato di com- piere un deciso salto di qualità verso la modernità già raggiunta da altri paesi europei come Francia e Inghilterra.

Anche l’apparato dei tecnici a servizio dello Stato non si contraddistingue ancora come un corpo dotato di una propria identità e organizzato a livello territoriale: in tal senso l’introduzione della figura del Capo ingegnere è un provvedimento del tutto insufficiente.

Gli interventi dei tecnici fiorentini soffrono di una certa frammentarietà e non arrivano a co-

prire tutte le esigenze locali, provocando disservizi e rimostranze.

(2)

153

“Imperizia e pressappochismo regnavano a Firenze nel primo Settecento”

1

, quando all’indifferenza nei confronti delle preesistenze si aggiungeva un’abbondante dose di negli- genza da parte delle istituzioni preposte al mantenimento e alla conservazione dei beni de- maniali, nonché una malcelata volontà da parte degli enti preposti di perseguire un interesse prettamente economico; spesso i lavori venivano fatti con negligenza e la trascuratezza e l’incuria contribuivano più di ogni altra cosa alla rovina di edifici, ponti e strade

2

.

A differenza dei vicini francesi, che già a partire dal 1747 avevano istituito l’École des Ponts et Chausssées

3

e l’anno seguente l’École des ingénieurs des Mèziéres

4

, gli ingegneri italiani continuano ad essere istruiti dall’Accademia delle belle arti, che semplicemente viene rifor- mata da Pietro Leopoldo mediante l’inclusione di insegnamenti di idraulica e meccanica

5

. Senza l’istituzione di una vera e propria scuola specialistica, gli ingegneri mancano sia di una identità professionale all’interno della società civile, sia di un’opportuna preparazione. Que- sta è una lacuna facilmente riscontrabile anche in qualche episodio relativo ai progetti di rin- novamento dei pretori, quando in certi casi sono i capimastri muratori del luogo a corregge- re le sviste dei professionisti fiorentini.

Gli ingegneri settecenteschi intervengono sul territorio in modo piuttosto disorganico, a se- conda delle necessità del momento o a seguito di un’istanza. L’idea di attuare un monitorag- gio costante e pervasivo del territorio non riesce per il momento a radicarsi, seppure non manchino gli indizi di una concreta necessità

6

.

Solo nel 1825 lo Stato toscano istituisce la Soprintendenza alla conservazione del catasto e al Corpo degli ingegneri, la quale introduce la figura dell’ingegnere di circondario, ad imitazione del francese Corps des ponts et chaussée

7

. Nel 1826 il provvedimento è perfezionato dall’emanazione del Regolamento disciplinare ed istruttivo per il Corpo degli ingegneri

8

. Date le premesse, la campagna di verifica a tappeto dei pretori si distingue nel panorama to- scano di questo periodo per sua organicità e compiutezza. Pur essendo un’iniziativa isolata e pur riguardando un ambito fortemente settoriale, essa appare come un chiaro segnale della

1 PANZA, 1990, p. 242.

2 Significative in tal senso sono le denunce dell’ingegnere Bartolomeo Vanni. Vedi ZANGHERI, 1977, p. 43.

3 Vedi MORACHIELLO -TEYSSOT, 1983, pp. 16-20.

4 Vedi CRESTI -ZANGHERI, 1978, p. XII.

5 Sull’argomento vedi FERRARA, 1985-1986, pp. 246-259.

6 Basti pensare ai costanti problemi legati alle bonifiche e alla regimentazione dei fiumi.

7 Vedi FERRARA, 1985-1986, pp. 111-127 e PIASTRA, 2002-2003, pp. 1-6.

8 Vedi NUTI, 1986, pp. 5-9.

(3)

154

volontà dell’amministrazione centrale di penetrare più efficacemente e uniformemente nelle maglie territoriali.

2. Restauro come rifacimento

Solo nella seconda metà del Settecento inizia a farsi strada una nuova idea di restauro, più vicina a quella attuale. Tuttavia essa nasce in seno al dibattito e confronto con l’antico e, piuttosto che l’architettura, sembra concernere molto più diffusamente le opere scultoree, se ascritte direttamente all’antichità classica, e quelle pittoriche, se riferite all’arte rinasci- mentale, degna di considerazione in ragione del suo stretto legame con l’antico

9

. In ambito toscano tale interesse si declina in parte nella sua variante etrusca

10

, anche se non manca l’attenzione nei confronti della scultura romana, grazie alla presenza a Firenze delle ricche collezioni medicee.

Nessuna particolare considerazione sembra essere concessa a manufatti e opere architetto- niche che esulino dalla classicità o dagli indiscussi capolavori dei grandi maestri del rinasci- mento, che si considerano i diretti continuatori dell’età aurea delle arti.

Le origini dei palazzi pretori qui presi in esame si perdono spesso nei secoli “bui” della storia, quelli medievali; inoltre si trovano in distretti piuttosto isolati rispetto ai centri di dibattito intorno al nascente concetto di restauro. Ciò che li contraddistingue è una marcata funziona- lità, l’essere adatti ad accogliere la sede degli uffici di giustizia. Questo li priva della dignità di

“monumenti” e fa sì che l’intervento su di essi non sollevi alcuna questione, seppure larvale, di conservazione o rispetto del preesistente.

Persino la terminologia utilizzata nelle fonti archivistiche si compone di parole come rifaci- mento, riattamento, resarcimento, piuttosto che restauro, qualsiasi sia la sua accezione. Ve-

rifica e sistemazione dei pretori, la cosiddetta “riduzione in buon grado” di cui parlano i do- cumenti, significa essenzialmente rifacimento, ricostruzione, riparazione.

Gli interventi mirano soprattutto alla praticità, alla salubrità degli ambienti, alla durata nel tempo delle soluzioni attuate e non si esimono dall’apportare qualche variazione che renda

9 Vedi Verso una storia del restauro, 2008, in particolare pp. 207-235.

10 Vedi PANZA, 1990, pp. 235-240.

(4)

155

l’edificio più gradevole e adeguato al gusto del tempo, come ad esempio la regolarizzazione delle superfici e delle aperture, almeno sul fronte principale.

L’interesse si focalizza sulla funzionalità dell’architettura e la possibilità di adattare quanto più possibile la struttura alle nuove necessità. Il mantenimento del preesistente è un acci- dente dovuto principalmente ad una ricorrente esigenza di risparmio che, non consentendo di procedere a radicali ricostruzioni, favorisce la conservazione di una buona parte degli as- setti ereditati dalle epoche passate. In altri casi il passato rimane in ragione della sua valenza estetica o della sua utilità, come certi loggiati che danno decoro alle piazze e creano un ripa- ro per le merci dei venditori.

Gli edifici dei pretori, persino quelli più vetusti, si identificano in definitiva con la loro funzio- ne, rimanendo estranei a una seppure minima considerazione storicistica

11

.

11 C’è da notare che tale estraneità permane a lungo se, per fare qualche esempio, nel 1784 il palazzo pretorio di Certaldo viene alienato con tutti i suoi arredi per essere riacquistato dal Comune e restaurato solo nel 1893;

nel 1954, il trasferimento della caserma provoca il progressivo abbandono del palazzo pretorio di Fucecchio, che viene ridotto a condominio per famiglie sfrattate, indigenti e senzatetto e deposito di materiale e recupera- to solo un trentennio dopo; infine l’interno dell’edificio più antico del pretorio di Pontremoli viene completa- mente stravolto nel corso della ristrutturazione degli anni ’70 del Novecento e adattato ad ospitare gli uffici comunali.

Riferimenti

Documenti correlati

Sì, invece, la premessa - un intero paragrafo - sulla “necessità etica”, dalla quale egli si dice essere stato mosso in conseguenza del mio approccio,

Ogni volta che si effettua un acquisto si può utilizzare il credito Remunero per un importo massimo pari al 30% del valore della spesa effettuata (esempio: se spendo

In alcuni casi per` o, quando si cerca di fare un modello matematico di un fenomeno naturale, pu` o essere opportuno discretizzare la variabile dipen- dente x (un esempio `e dato

La confisca, invece, comporta conseguenze ablatorie definitive (art. 13 La questione veniva sollevata con riferimento all’impossibilità «di disporre la confisca di beni, dei

Elenco dei Comuni della Toscana1. PROVINCIA

Secondo Bilancia i criteri di ammissione al- la diagnosi di disprassia evolutiva, o disturbo evolutivo della coordinazione moto- ria, sono: QI totale non inferiore a 85, 10 punti

5.‒ All’esito della camera di consiglio del 31 maggio 2018, la Sezione ‒ «rilevato che, allo stato degli atti ed all’esito di una valutazione della documentazione prodotta

Giornata dedicata ad ANTONELLA BRUSCHI Medico del Lavoro AUSL Toscana Nord Ovest, anima instancabile del gruppo Rete