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Funzioni in due variabili Raccolta di FAQ Andrea Prevete, 2010

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Funzioni in due variabili Raccolta di FAQ

Andrea Prevete, 2010

1) Cosa intendiamo, esattamente, quando parliamo di funzione reale di due variabili reali?

Quando esiste una relazione fra tre variabili reali z, x, y che associa ad ogni possibile valore di x ed y al più un valore di z, possiamo affermare che la variabile dipendente z è funzione reale delle variabili indipendenti x ed y e scriviamo:

z=f(x,y).

2) Cosa intendiamo per dominio o insieme d’esistenza di una funzione z=f(x,y)?

Il dominio (o insieme d’esistenza) di una funzione z=f(x,y) è l’insieme di tutte le coppie di valori delle variabili indipendenti a cui è possibile associare un valore della variabile dipendente z.

Consideriamo ad esempio la funzione z= y+x.

La coppia (1; 2) appartiene al dominio poiché se diamo ad x il valore 1 e ad y il valore 2 sarà possibile calcolare z= 3.

Invece la coppia (-2, 1) non appartiene al dominio dato che sostituendo per x e y otteniamo z=-1 e sappiamo che la radice quadrata di un numero negativo non è un numero reale!

3) Come facciamo a determinare il dominio di una funzione?

Dipende dall’espressione algebrica che definisce la funzione stessa. Nel caso precedente, per esempio, nell’espressione è presente una radice quadrata e, quindi, affinchè si possa ottenere dal calcolo un numero reale il radicando deve essere positivo (includiamo anche lo 0, altrimenti avremmo detto strettamente positivo !!!).

La considerazione precedente, espressa in forma algebrica, permette di scrivere:

y+x  0

Spesso è utile rappresentare il dominio sul piano cartesiano. Nel caso precedente è semplice verificare che la voluta rappresentazione è la seguente:

DOMINIO

(2)

4) Cos’è il grafico o diagramma di una funzione z=f(x,y)?

Se consideriamo tutte le coppie di valori di valori (x;y) costituenti il dominio della funzione ed associamo ad ognuna di esse il valore z della funzione stessa otterremo un insieme di terne di valori (x;y;z) che generalmente formeranno una superficie in uno spazio tridimensionale. Questa superficie sarà, appunto, il grafico della funzione.

5) Cosa sono e come si rappresentano le linee di livello?

Una linea di livello k è la proiezione sul piano XY della linea intersezione fra il grafico della funzione ed un piano ad altezza k parallelo ad XY stesso.

Data, ad esempio, la funzione z=x2+y2-1 le linee di livello 0 e 3, 8 si costruiscono assegnando a z il valore dei livelli, quindi 0, 3, e 8, e rappresentando su XY la curva risultante:

livello z=0

0=x2+y2-1 , quindi

x2+y2=1, cioè una circonferenza centrata nell’origine degli assi e di raggio 1 . 1 livello z=3

3=x2+y2-1 , quindi

x2+y2=4, cioè una circonferenza centrata nell’origine degli assi e di raggio 4  . 2 livello z=8

8=x2+y2-1 , quindi

x2+y2=9, cioè una circonferenza centrata nell’origine degli assi e di raggio 9  . 3

x y

z

(3)

Quindi le linee vengono riportate sul piano XY per comporre la rappresentazione detta, appunto, a linee di livello:

Particolarmente importante sono le linee di livello che rappresentano funzioni lineari. Data ad esempio la funzione di primo grado z=2x+3y-3, le linee di livello 0 e 1, 2 daranno origine alla seguente rappresentazione:

livello z=0

0=2x+3y-3 , quindi

y= 1

32 

 x , cioè una retta che incontra l’asse delle y nel punto 1 e quello delle x nel punto

2 3 2 13

livello z=1

1=2x+3y-3 , quindi

y= 3

4 32 

 x , cioè una retta che incontra l’asse delle y nel punto 4/3 e quello delle x nel punto

2 2 3 3 4

livello z=2

2=2x+3y-3 , quindi

y= 3

5 32 

 x , cioè una retta che incontra l’asse delle y nel punto 5/3 e quello delle x nel punto

2 5 2

3 3 5

Quindi le rappresentazione grafica sarà:

X Y

1 2 3

z=8 z=0 z=3

(4)

Cioè un fascio di rette parallele e tali che per uguali variazioni di z (per esempio in figura da z=0 a z=1 prima e da z=1 a z=2 poi) risulta costante la distanza fra le rette. D’altro canto il risultato è naturale ricordando che il grafico di una funzione di 1^ grado in due variabili è un piano e che, quindi, la suddetta distanza fra le rette parallele misura (inversamente!) l’inclinazione del piano stesso rispetto ad XY.

Ancora un’osservazione importante sulle linee di livello. Queste, quando riferite a funzioni economiche di costo (o ricavo), prendono il nome di curve di isocosto (o isoricavo) ed indicano il mix di fattori che rendono appunto costanti ad un certo prefissato valore i costi (o i ricavi).

6) Cosa intendiamo per punto di minimo [massimo] locale di una funzione z=f(x,y)?

Una coppia di valori (x;y) appartenente al dominio della funzione in esame è un punto di minimo [massimo] locale se è possibile individuare un cerchio centrato sul punto stesso così che

 in tutti i punti del dominio della funzione in esso contenuti la funzione stessa assuma valori maggiori [minori] o uguali rispetto al valore assunto in (x;y);

 comunque si restringa il raggio del cerchio in esso siano comunque contenuti punti del dominio.

Il valore assunto dalla funzione in questo punto, quindi f(x,y) costituisce un minimo [massimo]

locale.

7) In pratica, qual è la procedura che consente la determinazione di eventuali punti di max e/o min di una funzione z=f(x,y) ?

Si procede così:

a. Si determinano le derivate parziali prime della funzione e si individuano i punti Pi in cui le stesse si annullano contemporaneamente. Chiaremo questi punti candidati poiché

rispondono alle condizioni necessarie per la presenza di min o max locali;

X Y

1- z=1 z=2

z=0

| 1 2-

|

2 |

3

(5)

b. Si costruisce la matrice hessiana a partire dalle derivate seconde della funzione esaminata e se ne calcola il determinante.

c. Per ognuno dei punti candidati Pi si calcolano due numeri, H(Pi) e zxx(Pi) sostituendo le sue coordinate nelle espressioni del determinante e di una derivata seconda (per esempio quella rispetto alla x).

d. Si scartano i candidati per cui H(Pi) risulta minore o uguale a zero. I punti Pi rimanenti saranno di massimo se zxx(Pi) è negativo, di minimo altrimenti.

8) Cosa intendiamo per analisi numerica di una funzione z=f(x,y)?

Le tecniche di analisi numerica, rese possibili dall’avvento del calcolo automatico, consentono di riprodurre il grafico della funzione semplicemente calcolando le terne di valori che lo

costituiscono. Maggiore sarà il numero di terne calcolate, migliore, ovviamente, sarà la fedeltà del grafico ricostruito. Spesso, però, almeno ad un livello elementare, detta analisi per poter essere efficace, deve essere integrata da una regia esterna che, per esempio, definisca il dominio delle coppie (x;y) per cui è possibile eseguire il calcolo!

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Ricerca Operativa Raccolta di FAQ by Andrea Prevete

1) Come possono essere caratterizzati i problemi oggetti di studio della Ricerca Operativa ? La ricerca operativa, spesso definita anche scienza del management, è nata e si è sviluppata studiando l’utilizzo di modelli e strumenti propri della matematica e della statistica nel contesto dei problemi legati ai processi di decisione e gestione in ambito economico ed aziendale.

2) Come può essere descritto un problema di programmazione lineare ? Un problema di programmazione lineare è caratterizzato da …

 Una funzione lineare (detta obiettivo) che, tipicamente, esprime un variabile di costo o di ricavo in funzione di alcune variabili indipendenti, dette decisionali.

Lo scopo del problema è appunto quello di individuare i valori delle variabili decisionali che rendono minimo o massimo rispettivamente il costo od il ricavo.

 Un sistema di vincoli. Questi, tipicamente, consisteranno in disequazioni di primo grado nelle già dette variabili decisionali.

Se il problema è consistente (cioè risolvibile) il sistema di disequazioni individuerà una regione del piano (se le variabili sono due, altrimenti si parlerà di iperpiano) che

costituirà il dominio di ammissibilità entro il quale cercare l’ottimo (minimo o massimo) della funzione obiettivo.

3) Perché cerchiamo l’ottimo in corrispondenza dei vertici del dominio di ammissibilità?

Perché il dominio definito da un sistema di disequazioni lineari costituisce necessariamente una regione di piano convessa. E’ possibile dimostrare che una funzione lineare (e la funzione obiettivo è appunto una funzione lineare!) definita su un dominio convesso ha massimi e minimi proprio nei vertici del detto dominio !

ESEMPIO DI DOMINIO CONVESSO

ESEMPIO DI

DOMINIO NON CONVESSO

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4) Cosa intendiamo per direzione della funzione obiettivo ?

La funzione obiettivo è una funzione lineare che, tipicamente, esprime un variabile di costo o di ricavo in funzione di alcune variabili indipendenti, dette decisionali. Nel caso di due variabili indipendenti la funzione avrà la forma z=ax+by e le linee di isocosto o isoricavo saranno delle rette nel piano XY. Tracciata una qualsiasi di queste, una sua perpendicolare definirà la direzione della funzione obiettivo, ossia la direzione lungo la quale, partendo da un punto qualsiasi e a parità di spostamento, si ottiene la massima variazione di costo o ricavo.

Da un punto di vista operativo per ottenere i punti del dominio di ammissibilità in corrispondenza dei quali la funzione obiettivo presenta min e max basterà spostare parallelamente a se stessa una retta di isocosto (o isoricavo) fino ad ottenere una situazione come la seguente:

Punti di max e min

Retta di isocosto o isoricavo

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