• Non ci sono risultati.

Quale riabilitazione fa la differenza? Il caso del trauma cranico grave

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Quale riabilitazione fa la differenza? Il caso del trauma cranico grave"

Copied!
15
0
0

Testo completo

(1)

TAGETE 4 –1999 1

Quale riabilitazione fa la differenza?

Il caso del trauma cranico grave

Dr. Paolo Boldrini

Introduzione

Gli esiti disabilitanti dei traumatismi cranio-encefalici (TCE) costituiscono un problema di particolare rilevanza sanitaria e sociale nelle moderne società industrializzate, la cui portata appariva sottovalutata fino a pochi anni fa. Non a caso si è coniato il termine di "epidemia silenziosa" per definire questa patologia, che riguarda spesso giovani adulti in piena età scolastica o lavorativa, e comporta sequele disabilitanti di tipo fisico, comportamentale, cognitivo. Altro elemento non trascurabile del problema è la entità delle ripercussioni sull’entourage del paziente, ed in particolare sul sistema famigliare, tanto che si può considerare il grave traumatismo cranio-encefalico non solo come una malattia dell’individuo, ma come una malattia di tutta la famiglia.

Nel nostro paese, il mondo della riabilitazione medica e quello della riabilitazione sociale sono impegnati in modo sempre crescente in questo campo, alla ricerca di modalità di intervento sempre migliori ed efficaci. D'altra parte, vi è la consapevolezza che gli sforzi dei soli "addetti ai lavori " e delle loro famiglie spesso non sono sufficienti ad assicurare a questa categoria di persone un adeguato livello di reintegrazione sociale ed una accettabile qualità di vita.

E' necessario l'apporto di molte altre competenze, in ambito sociale, scolastico e lavorativo;

per questo non può che essere accolto favorevolmente l'interesse dimostrato dal mondo assicurativo verso queste problematiche.

In questa relazione si cercherà di fornire alcune informazioni generali sul problema, e di chiarire il ruolo e l'importanza degli interventi riabilitativi in questo campo.

Chi sono i gravi traumatizzati cranio-encefalici?

I gravi traumatizzati cranio-encefalici (TCE) sono in genere giovani adulti, di età compresa fra i 15 e i 35 anni, in piena età scolastica o lavorativa, per lo più vittime di incidenti della strada.

In circa due casi su tre, si tratta di persone di sesso maschile.

Il grave trauma cranico comporta danni al cervello che possono causare coma, di durata e profondità variabile, e altri disturbi delle funzioni nervose (paralisi, mancanza di coordinazione motoria, perdita della vista, disturbi del linguaggio, della memoria, dell'umore, etc.).

In oltre la metà dei casi i traumatizzati cranio-encefalici riportano anche danni di altri organi oltre al cervello: fratture scheletriche, traumi del torace, traumi dell'addome, etc.

Quanti sono i gravi traumatizzati cranio-encefalici?

Il grave trauma cranio-encefalico è fra le cause più frequenti di morte o di disabilità permanente nelle moderne società industrializzate.

Si stima che, nei paesi industrializzati dell'Occidente, ogni anno circa 300 persone su 100.000 necessitino di recarsi in ospedale a causa di un trauma cranico.

Questo significa che, in Italia, circa 460 persone ogni giorno varcano la porta del Pronto Soccorso per questo motivo.

(2)

Nella maggior parte dei casi si tratta di traumi moderati o lievi; i traumi cranio-encefalici gravi sono stimati a circa il 10% del totale.

La mortalità per trauma cranio-encefalico è di circa 20-25 persone ogni 100.000 abitanti/anno.

Il numero di persone che restano disabili a causa di un trauma cranio encefalico è difficile da stabilire con precisione, anche perché i vari studi utilizzano criteri differenti per definire la disabilità residua. Le statistiche riportano valori fra le 150 e le 400 persone disabili ogni 100.000 abitanti; in Italia questo comporta un numero stimabile fra le 85.000 e le 220.000 persone circa, a seconda del livello di disabilità che viene considerato.

Se si pensa che la aspettativa di vita per una persona che sopravvive ad un grave trauma cranio-encefalico può non essere diversa da quella di soggetti sani di pari età, si può facilmente comprendere l'entità delle risorse (sanitarie, assistenziali, sociali e psicologiche) necessarie per far fronte a questo problema.

Come si valuta la gravità iniziale del trauma cranio-encefalico?

Per stabilire la gravità del trauma cranio-encefalico, ci si basa fondamentalmente sulla valutazione della alterazione della coscienza; nei casi estremi si ha il coma (la persona non parla, ha gli occhi chiusi, non reagisce ai normali stimoli), che può essere di diversa intensità e durata.

Esiste un sistema a punteggio universalmente adottato per misurare la gravità della perdita di coscienza: la Scala del Coma di Glasgow. Il punteggio minimo è 3 (il coma più grave possibile); il punteggio massimo è 15 (la situazione di chi si muove e parla normalmente).

Tutti i pazienti che hanno un punteggio inferiore a 9 dopo il trauma sono considerati in coma.

In genere, si definisce trauma cranio-encefalico grave la situazione in cui il coma (punteggio inferiore a 9) si protrae per almeno sei ore.

Altri elementi per valutare la gravità del trauma sono il tipo e l'entità delle lesioni associate di altri organi.

Come si cura e si assiste il grave traumatizzato cranio-encefalico?

Al momento del trauma, è fondamentale assicurare un soccorso tempestivo ed adeguato, attraverso i servizi di emergenza (118), ed il trasporto ad un ospedale fornito delle attrezzature necessarie.

Una volta in ospedale, il paziente viene in genere indirizzato ai reparti di Rianimazione o Neurochirurgia; gli interventi iniziali hanno lo scopo di assicurare la sopravvivenza e di limitare ulteriori danni al cervello e agli altri organi. Questi interventi possono durare dal alcuni giorni ad alcune settimane.

Una volta superata la fase acuta, e stabilizzate le funzioni vitali, il traumatizzato presenta in genere un graduale recupero della capacità di rispondere e comunicare con l'ambiente esterno, di muoversi, di alimentarsi.

Questa fase di recupero è di durata variabile: da alcune settimane nei casi meno gravi ad alcuni anni nei casi più severi. In generale, il recupero maggiore si verifica entro il primo anno dal trauma; più lento è il recupero, più gravi sono le menomazioni disabilitanti residue.

Nella fase di recupero è essenziale pianificare adeguati interventi medico-riabilitativi, di tipo intensivo, possibilmente effettuati presso Unità specialistiche di Medicina Riabilitativa.

La durata degli interventi medico-riabilitativi di tipo intensivo varia da alcune settimane ad alcuni mesi. Al termine di tale periodo, se il paziente non presenta menomazioni disabilitanti di particolare entità, può essere reinserito nel proprio ambiente abituale di vita, senza necessità di ulteriori interventi. In molti casi, invece, il permanere di sequele invalidanti permanenti rende necessari ulteriori interventi, sia di riabilitazione medica che di

(3)

riabilitazione sociale, e/o la pianificazione di interventi assistenziali a lungo termine.

La figura 1 riporta uno schema riassuntivo del sistema integrato di cure ed interventi per il grave traumatizzato cranio-encefalico.

La tabella 1 riporta una sintesi delle fasi cliniche e degli interventi riabilitativi in ogni fase.

Quali sono le conseguenze a lungo termine di un grave trauma cranio- encefalico?

Spesso, quando i pazienti vengono trasferiti dai reparti di cure intensive alle Unità specializzate di Medicina Riabilitativa, sono ancora in fase uscita dallo stato di coma: non sono in grado di comunicare, né di muoversi, né di nutrirsi. Sono totalmente dipendenti da altri nella cura di sé ed esposti a molte possibili complicazioni cliniche.

Inizialmente, il trattamento riabilitativo ha per scopo la stabilizzazione delle condizioni cliniche, la facilitazione dell'uscita dal coma, il recupero della capacità di comunicare e di comprendere, la ripresa di autonomia nelle attività vitali di base (la capacità di alimentarsi, di muovere gli arti, di controllare la vescica, di stare seduti, in piedi, e di camminare…).

In seguito si tratta di rieducare il paziente ad attività più complesse, come la lettura e la scrittura, la capacità di lavarsi e vestirsi autonomamente, la pianificazione della giornata, il controllo del proprio comportamento e delle proprie emozioni.

Gradualmente, viene favorito il reinserimento famigliare e sociale, e gli interventi di riabilitazione medica si integrano con quelli di riabilitazione sociale.

Dopo un anno da un grave trauma cranio-encefalico, circa il 40-50% dei pazienti può riprendere gradualmente la vita e le attività precedenti; circa il 20-30% presentano menomazioni disabilitanti residue, ma sono autonomi nella maggior parte delle attività quotidiane; i rimanenti presentano esiti gravi e permanenti , che abbisognano di interventi assistenziali a lungo termine e di aiuto anche nelle attività quotidiane elementari.

La capacità di riprendere le attività precedenti dipende, ovviamente, non solo dal tipo di trauma ma anche dal tipo di attività: i pazienti in grado di riprendere la attività scolastica sono una percentuale maggiore rispetto a quelli in grado di riprendere la attività lavorativa. Le ricerche disponibili riportano percentuali variabili fra il 20 e il 50% circa di persone in grado di tornare al lavoro dopo un trauma grave.

Le sequele invalidanti a lungo termine sono estremamente multiformi e complesse, e spesso il paziente lamenta il coesistere di molti problemi; si tratta di:

• Disordini di tipo fisico, sensoriale e motorio: Perdita di forza o di coordinazione muscolare, disturbi della vista e dell'udito, difficoltà di equilibrio, crisi epilettiche…

• Disordini di tipo mentale e cognitivo: Difficoltà di concentrazione, memoria, linguaggio;

difficoltà o lentezza a risolvere i problemi o a pianificare le attività abituali…

• Disordini del comportamento: Irritabilità, ansia, depressione dell'umore…

E' utile l'intervento riabilitativo per i traumatizzati cranio-encefalici?

La Riabilitazione è un processo di “soluzione di problemi” e di educazione nel corso del quale si porta una persona disabile e la sua famiglia a raggiungere il miglior livello di vita possibile sul piano fisico, funzionale, sociale ed emozionale, con la minor restrizione possibile delle sue scelte operative.

Vi sono numerosi studi che dimostrano la importanza e l'efficacia degli interventi riabilitativi per i traumatizzati cranio-encefalici; è stato evidenziato che la riabilitazione comporta i seguenti benefici:

(4)

• Più precoce recupero della capacità di comunicare e interagire con l'ambiente;

• Più precoce e migliore recupero delle capacità cognitive;

• Migliore livello di autonomia nelle attività quotidiane;

• Migliore livello di reinserimento sociale e lavorativo;

• Riduzione dei tempi e dei costi di degenza ospedaliera;

• Riduzione dei costi di assistenza a lungo termine.

Spesso si ritiene che il trattamento riabilitativo di questi pazienti, seppure giustificabile sul piano etico, comporti un impiego sproporzionato di risorse rispetto ai risultati. In realtà ciò non è vero: se si considera che, come già accennato, la aspettativa media di vita della maggior parte dei pazienti non è sostanzialmente diversa da quella delle altre persone di pari età, si può comprendere come sia giustificabile, anche sul piano puramente economico, impegnarsi in programmi anche lunghi e complessi per far sì che il paziente recuperi almeno una parziale autonomia, piuttosto che dover provvedere ad una assistenza completa per vari decenni.

Quali sono i requisiti di un corretto intervento riabilitativo per i traumatizzati cranio-encefalici gravi?

Due requisiti generali sono estremamente importanti:

• La Tempestività degli interventi riabilitativi: è dimostrato che iniziare gli interventi riabilitativi precocemente, non appena la situazione lo consente, comporta un migliore recupero funzionale ed una minore durata della degenza in ospedale.

Un intervento tardivo, oltre a protrarre inutilmente misure di assistenza che potrebbero essere evitate, comporta il rischio di danni secondari, ed il rischio che non si possa sfruttare appieno il potenziale di recupero del paziente.

• La Continuità' e la integrazione degli interventi riabilitativi: è necessario che il paziente riceva gli interventi appropriati, da parte dei professionisti e nelle strutture appropriate per ogni fase del suo percorso riabilitativo: dalle Unità di Medicina Riabilitativa specializzate per il trattamento intensivo nella prima fase, quindi alle Unità di Medicina Riabilitativa estensiva, e quindi alle strutture ed agenzie di Riabilitazione Sociale. E' anche importante non confondere i diversi livelli di intervento: spesso vengono proposti interventi di reinserimento sociale quando il paziente potrebbe ancora trarre giovamento da interventi riabilitativi specifici (fisioterapici, logoterapici, neuropsicologici); altre volte, al contrario, vengono inutilmente prolungati trattamenti di riabilitazione medica quando in realtà il paziente avrebbe necessità di un percorso di reintegrazione sociale o scolastica.

Altro elemento caratterizzante l'intervento riabilitativo per questi pazienti è la necessità di un progetto riabilitativo individuale elaborato in base alla specifica situazione di ogni singolo paziente, con uno o più persone di riferimento precise e ben individuate, che possano coordinare i diversi programmi riabilitativi.

Le strutture che accolgono questi pazienti, specialmente nella prima fase della riabilitazione, dovrebbero elaborare e realizzare il progetto in modo multiprofessionale e multidisciplinare. Sono infatti necessarie le competenze integrate di molti operatori: medico specialista in Medicina Riabilitativa, medici specialisti in altre discipline, fisioterapista, logopedista, neuropsicologo, assistente sociale…Per questo si parla in genere di "équipe riabilitativa".

Va inoltre tenuto presente che la riabilitazione non si può somministrare "al" paziente come una qualsiasi altra terapia, ma va realizzata "col" paziente e con la sua famiglia.

Un elemento importante nella realizzazione di un corretto programma riabilitativo è quindi la

(5)

informazione ed educazione del paziente e delle altre persone significative del suo ambiente di vita (famigliari, colleghi di lavoro, amici, compagni di scuola) .

Sono in corso di elaborazione nel nostro paese le procedure per l'accreditamento delle strutture sanitarie, comprese quelle che erogano trattamenti riabilitativi.

L'accreditamento delle strutture consente agli utenti ed ai finanziatori (pubblici o privati) di verificare le caratteristiche dei servizi erogati dalle strutture, e di scegliere i servizi che sono ritenuti più idonei.

Il sistema di accreditamento prevede che siano soddisfatti determinati requisiti di struttura, di personale e di organizzazione.

In appendice sono riportati in maggior dettaglio le indicazioni sugli standard organizzativi proposti per le Unità di Alta Specialità Riabilitativa per le Gravi Cerebrolesioni, proposti dalla Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitazione.

Recentemente, molte delle indicazioni contenute nella proposta della Società Scientifica sono state incluse nel documento conclusivo sulla organizzazione della riabilitazione emanato dalla Conferenza Stato-Regioni, (G.U.n.124 del 30.5.98) e costituiranno una base di riferimento normativo a livello nazionale.

Come si misurano le sequele invalidanti dei gravi traumatismi cranio- encefalici e i risultati degli interventi di riabilitazione?

Esistono diverse scale di misurazione degli esiti dei gravi traumatismi cranio-encefalici.

Vi sono scale di valutazione e strumenti standardizzati per la misurazione:

• delle sequele sensomotorie residue (ad esempio la Ferrara Brain Injury Assessment Schedule);

• delle sequele psicologiche e neuropsicologiche residue (ad esempio la Neurobehavioral Rating Scale);

• del livello di indipendenza funzionale (ad esempio la Functional Independence Measure);

• del livello di disabilità complessiva (ad esempio la Disability Rating Scale);

• del livello di reintegrazione sociale e lavorativa (ad esempio la Community Integration Questionnaire);

• della necessità di assistenza quotidiana (ad esempio la Supervision Rating Scale).

Questi strumenti sono comunemente adottati per valutare i risultati degli interventi riabilitativi. Ad esempio, i pazienti ricoverati presso la nostra Unità di Medicina Riabilitativa per le Gravi Cerbrolesioni hanno un punteggio medio di 40 alla scala FIM di indipendenza funzionale all'ingresso, ed un punteggio medio di 80 alla dimissione.

Quanto costano gli interventi riabilitativi per il grave traumatizzato cranio- encefalico?

La maggior parte dei dati disponibili sui costi del trattamento riabilitativo di questi pazienti proviene da statistiche nordamericane.

La tabella allegata riporta i dati di una ricerca statunitense del 1994, relativa ai costi di degenza in una struttura ospedaliera di riabilitazione intensiva. Come si può vedere, i costi variano in funzione sia della gravità del trauma encefalico, che della presenza di altre lesioni concomitanti.

Per quanto riguarda i costi sanitari e sociali complessivi delle degenze in struttura, i ricoveri ospedalieri e i ricoveri in strutture protette di questi pazienti comportano negli USA un costo annuo di circa 4,5 miliardi di dollari l’anno ; il costo in termini di giornate lavorative perdute è stato stimato fra i 26 e i 35 miliardi di dollari/anno .

(6)

Il costo medio delle cure mediche per il trattamento delle conseguenze del TCE nei quattro anni successivi alla ospedalizzazione è stato stimato fra i 2.300 dollari circa per in traumi lievi, ed i 54.000 dollari per i traumi gravi

Costo per trattamento riabilitativo intensivo del TCE (da Seigel et al.)

QUADRO CLINICO ALL’ESORDIO

COSTO TRATTAM.

RIABILITATIVO ($)

TCE moderato, senza lesioni associate degli arti

12.490 TCE moderato con lesioni

associate degli arti

36.177 TCE grave senza lesioni

associate degli arti

59..274 TCE grave con lesioni associate

degli arti

84..950

In Svezia, il costo giornaliero di degenza presso una Unità di Medicina Riabilitativa specializzata è risultato variare, ne 1996, fra l'equivalente di Lit. 1.275.000 al giorno, per i pazienti con maggiore fabbisogno assistenziale, e l'equivalente di Lit. 641.000, per i pazienti a minore fabbisogno assistenziale.

Per quanto riguarda il nostro paese, i dati disponibili sui costi di produzione di una giornata di degenza in una Unità di Medicina Riabilitativa specializzata indicano valori che si aggirano fra le 650.000 e le 800.000 lire al giorno.

Un caso esemplare

Viene presentato e discusso un caso paradigmatico per illustrare il ruolo e l'importanza dell'intervento riabilitativo in questa patologia, e i potenziali danni derivanti da un intervento non tempestivo.

P.A. è una giovane infermiera di 23 anni; vive con i genitori e una sorella minore; è fidanzata.

La madre è dipendente di una impresa di pulizie, il padre è operaio, la sorella è commessa.

Nel marzo 1991, mentre rincasa alla guida dell'auto dopo essere uscita a far compere, esce di strada, riportando un grave trauma cranico, con coma immediato, e la frattura della tibia sinistra.

Viene soccorsa e trasportata in eliambulanza presso un Ospedale Regionale; è immediatamente operata in Neurochirurgia per la asportazione di un ematoma cerebrale.

Viene ricoverata in Rianimazione per circa 40 giorni; dopo circa 20 giorni apre gli occhi, ma non dà nessun segno di contatto con l'ambiente. Dopo il periodo di trattamento rianimatorio, viene trasferita in un reparto di Neurologia, dove rimane per circa un mese. Durante tale periodo, continua a non dare segni di contatto con l'ambiente. Nel giugno 1991 viene trasferita in una Unità di Lungodegenza; i famigliari la assistono notte e giorno; trascorre qualche decina di minuti al giorno in poltrona; una fisioterapista la tratta per circa un quarto d'ora al giorno. Alle fine di giugno, inizia a reagire maggiormente agli stimoli; esegue qualche movimento su comando, inizia a emettere qualche suono inarticolato; riprende ad alimentarsi per bocca.

La cannula che era stata inserita in trachea per aiutarla a respirare può essere rimossa; inizia a pronunciare parole comprensibili; i genitori chiedono di poterla riportare a casa. Viene loro prospettata una situazione di grave e persistente disabilità, e vengono suggerite misure di

(7)

assistenza a lungo termine, e fisioterapia di mantenimento, volta a prevenire ulteriori danni. A casa, è assistita dai famigliari; rimane in carrozzina o a letto durante la giornata.

Durante l'estate, inizia a rispondere a tono alle domande, e dopo un periodo in cui ha qualche difficoltà di orientamento e di memoria, si mostra via via più adeguata e consapevole.

Presenta gravi difficoltà motorie e di equilibrio, che le impediscono di stare in piedi e camminare, e di essere autonoma nelle normali attività quotidiane. Effettua cicli di logopedia e fisioterapia ambulatoriamente, con risultati modesti. Per la maggior parte dell'anno, resta in casa con la madre; saltuariamente riceve alcune amiche. Il fidanzato si trasferisce in un'altra città e interrompe i contatti. La madre ha rinunciato al lavoro per assistere la figlia.

Dopo circa tre anni dal trauma, nel 1994, viene ricoverata presso una struttura di riabilitazione intensiva specialistica, per una valutazione clinica e funzionale e per verificare se vi sia necessità di ausilii oltre a quelli già in uso.

Malgrado le gravi e persistenti menomazioni motorie, si ritiene ragionevole proporre alla paziente un programma di rieducazione motoria e funzionale, visto che si ritengono possibili miglioramenti in questi aspetti. La paziente si mostra motivata e collaborante, anche se non completamente consapevole delle conseguenze disabilitanti delle sue difficoltà.

All'inizio del programma di trattamento, ha bisogno di aiuto in tutte le principali attività di cura della persona (lavarsi, vestirsi); non riesce a mantenere la posizione seduta senza schienale; sta in piedi solo con l'aiuto di una persona e si sposta solo con la carrozzina, che spinge da sola per brevi tratti. Ha difficoltà nel concentrarsi e nel ricordare gli avvenimenti della giornata; riesce a parlare, ma l'eloquio è molto difficilmente comprensibile. Ha difficoltà visive, a causa di un disordine dei movimenti oculari causato dal trauma. Viene effettuato un intervento chirurgico per la correzione di una deformità del piede, causata dalla lunga immobilità. Effettua sedute di logopedia per migliorare la comprensibilità dell'eloquio.

Dopo un primo periodo di ricovero di circa 50 giorni, riesce a sedere su una sedia normale, e a spostarsi camminando con due bastoni e l'aiuto della fisioterapista; riesce a vestirsi da sola.

Viene addestrata ad usare strategie particolari per ricordare le cose da fare durante la giornata, e superare le difficoltà di concentrazione. L'eloquio è più comprensibile: riesce a parlare al telefono. Viene dimessa, dopo che la madre è stata addestrata ad aiutarla negli esercizi di deambulazione con i bastoni, e viene sollecitata a uscire di casa e riprendere i contatti con le amiche.

Nei mesi successivi, viene ricoverata altre volte per periodi di trenta-quaranta giorni, durante i quali si proseguono gli interventi riabilitativi; acquisisce via via una maggiore autonomia nel cammino e nella cura di sé; migliora ancora la comprensibilità dell'eloquio e riesce a superare alcune delle sue difficoltà di memoria.

Nel 1995, durante uno dei periodi di ricovero presso la Unità di Medicina Riabilitativa, si affronta il problema del reinserimento lavorativo. Le viene proposto uno stage di orientamento presso un centro di riqualificazione professionale con cui la Unità è in contatto.

La paziente frequenta lo stage contemporaneamente al periodo di trattamento riabilitativo presso il Centro, e le viene proposto di effettuare un periodo di formazione. Dato che il programma di formazione prevede l'utilizzo della videoscrittura, viene addestrata all'uso di un computer con la tastiera ed il video modificati per superare le sue difficoltà motorie e visive.

Nel frattempo, la Unità di Medicina Riabilitativa ed il Centro di Riqualificazione Professionale prendono contatti con il sindaco del paese di residenza e con alcune imprese che operano nella zona, per programmare uno stage in azienda al termine del periodo di formazione.

(8)

LUOGO DEL TRAUMA

118

(9)

DIP.EMERGENZA PRONTO SOCCORSO

Tabella 1 - FASI E OBIETTIVI DEL TRATTAMENTO RIABILITATIVO DEL TRAUMATIZZATO CRANIO-ENCEFALICO

FASE DURATA

*

STRUTTURE OVE SI EFFETTUANO GLI INTERVENTI

FINALITA’ PRINCIPALI DEGLI INTERVENTI

RIABILITATIVI ACUTA:

Dal momento del trauma

Da alcune ore ad

• Rianimazione

• Neurochirurgia • Supporto agli interventi rianimatori e

REPARTI DI DEGENZA PER ACUTI RIANIMAZIONE

NEUROCHIRURGIA

DOMICILIO- AGENZIE PER IL REINSERIMENTO SOCIALE/SCOLASTICO/LAVORATIVO UNITÀ POST-INTENSIVA AD ALTA

VALENZA RIABILITATIVA

UNITA’ DI MEDICINA RIABILITATIVA III LIVELLO

UNITA’ DI MEDICINA RIABILITATIVA II e I LIVELLO

STRUTTURE RESIDENZIALI O SEMIRESIDENZIALI PROTETTE

(10)

fino alla risoluzione delle problematiche rianimatorie

e neurochirurgiche

alcune settimane

neurochirurgici nella

prevenzione del danno secondario;

• Minimizzazione delle menomazioni

• Facilitazione della ripresa di contatto ambientale POST-ACUTA O

RIABILITATIVA

Da alcune settimane a

vari mesi

• Unità di Riabilitazione Intensiva (II III livello);

• Trattamento delle menomazioni;

Dalla stabilizzazione delle funzioni vitali fino al

raggiungimento del massimo livello di autonomia possibile in

funzione delle menomazioni residue

• Minimizzazione della disabilità residua;

• Unità di Riabilitazione Estensiva

• Informazione e addestramento alla gestione delle

problematiche disabilitanti DEGLI ESITI Da alcuni

mesi ad alcuni anni

• Strutture Sociali ed Agenzie

Comunitarie per la reintegrazione famigliare, scolastica, lavorativa;

• Facilitazione all’utilizzo ottimale delle capacità e competenze residue in ambito famigliare, sociale, lavorativo

Dalla stabilizzazione della disabilità residua al

raggiungimento e mantenimento del massimo livello di integrazione sociale possibile, in funzione delle

menomazioni e disabilità

• Strutture

residenziali o semiresidenziali

protette

• Modificazione

dell’ambiente per favorire al meglio l’utilizzo delle capacità residue.

Appendice - standard di accreditamento per una unità di riabilitazione medica di terzo livello per le gravi cerebrolesioni acquisite

Riferimenti

Sul piano normativo, le Unità di Riabilitazione di Terzo Livello per le Gravi Cerebrolesioni Acquisite (UGC) si configurano come "presidi al alta specialità" secondo quanto stabilito dal DM 29.1.1992.

I presidi ad Alta Specialità Riabilitativa erogano attività che richiedono particolare qualificazione ed impegno di mezzi, attrezzature e personale specificamente formato, per il trattamento delle menomazioni più gravi e delle disabilità più complesse.

La UNITA’ PER LE GRAVI CEREBROLESIONI ACQUISITE (UGC) e’ dedicata alla presa in carico di pazienti affetti da esiti di gravi cerebrolesioni acquisite (di origine traumatica o di altra natura), caratterizzate nella loro evoluzione clinica da un periodo di coma piu’ o meno protratto e dal coesistere di gravi menomazioni fisiche, cognitive e comportamentali, che determinano disabilita’ multiple e complesse, e che necessitano di interventi valutativi o terapeutici non erogabili in regime ambulatoriale o attraverso il ricovero in strutture di II livello.

L'Unita' per le Gravi Cerebrolesioni e' espressamente destinata ad affrontare i problemi assistenziali e rieducativi degli esiti dei gravi traumatismi cranioencefalici (TCE) e di altre

(11)

gravi cerebrolesioni caratterizzate da complessi deficit fisici, cognitivi e comportamentali.

A livello nazionale, fonti di riferimento sono il Manuale per l'Accreditamento dei Servizi di Medicina Riabilitativa elaborato dalla Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitazione ed il manuale di Autovalutazione e Accreditamento delle strutture sanitarie elaborato nell'ambito dei progetti regionali sull'accreditamento istituzionale e professionale promossi dalla Agenzia Sanitaria della Regione Emilia-Romagna.

La necessità di strutture specificamente dedicate alla presa in carico riabilitativa di pazienti con gravi lesioni cerebrali acquisite trova conferme anche nelle linee di indirizzo elaborate a livello della Unione Europea: nell'ambito del progetto europeo HELIOS II sulla integrazione sociale dei disabili, cui hanno partecipato sia professionisti della riabilitazione che rappresentanti delle associazioni dei pazienti, sono state elaborate raccomandazioni sulla riabilitazione delle persone affette dal danno cerebrale (6), si sottolinea la necessità che le problematiche conseguenti a lesione cerebrale acquisita siano riconosciute come una specifica categoria di evento disabilitante, con caratteristiche peculiari che la differenziano da altre patologie di interessa riabilitativo, e che rendono necessaria la organizzazione di interventi da parte di equipes multiprofessionali specificamente formate. Sempre nello stesso documento, si raccomanda la adozione di sistemi di accreditamento per tutte le strutture e servizi coinvolte negli interventi su queste patologie.

La CARF (Commission for Accreditation of Rehabilitation Facilities), il più importante organismo non-governativo per l'accreditamento in riabilitazione negli USA, ha ritenuto necessario individuare specifici criteri e standard per i programmi di intervento rivolti alla riabilitazione delle persone con danno cerebrale acquisito. Tali programmi riguardano sia gli interventi erogati in regime di ricovero ospedaliero che quelli erogati fuori dall'ospedale (che nel nostro paese sarebbero inclusi negli interventi di riabilitazione sociale).

La CARF definisce come "Brain Injury Comprehensive Inpatient Programs Category One"

interventi riabilitativi che per molti aspetti corrispondono a quelli effettuati in regime di degenza ordinaria presso le Unità di Riabilitazione di Terzo Livello per le Gravi Cerebrolesioni Acquisite. Si tratta infatti di interventi riabilitativi intensivi, omnicomprensivi, erogabili solo in ambiente ospedaliero, e indirizzati a pazienti ancora potenzialmente instabili sul piano internistico generale, con necessità di assistenza medica e infermieristica dedicata nell'arco delle 24 ore. In questo modello di accreditamento, gli standard riguardanti gli aspetti strutturali sono relativamente pochi, mentre maggiore spazio viene dato agli standard relativi al processo di valutazione e trattamento (ad esempio modalità di valutazione, frequenza delle riunioni di team per l'aggiornamento degli obiettivi), nonché al sistema informativo (indicatori per il monitoraggio delle attività e loro utilizzo).

Mission delle unità di riabilitazione di terzo livello per le gravi cerebrolesioni acquisite

La Unità per la Riabilitazione delle Gravi Cerbrolesioni Acqusite ha l'obiettivo di aiutare il paziente con grave lesione cerebrale acquisita a raggiungere il massimo livello funzionale e il miglior livello di reinserimento sociale e di qualità di vita consentiti dalla malattia, in rapporto alla fase clinica in cui egli si trova. La UGC interviene sui danni secondari, sulle menomazioni, le disabilità el'handicap, e persegue il suo obiettivo attraverso un approccio multiprofessionale da parte di un team riabilitativo, coordinato dal medico specialista in Medicina Riabilitativa, e basato su un progetto riabilitativo individuale. Tale progetto è adattato in base allo stadio di recupero in cui si trova il paziente, al suo potenziale di recupero e ai bisogni del paziente stesso e della sua famiglia. La UGC persegue il suo obiettivo attraverso attività di tipo terapeutico, assistenziale ed educativo-informativo. La UGC ha

(12)

inoltre il compito di effettuare attività di informazione e consulenza alle strutture di I e II livello per le patologie disabilitanti di sua pertinenza.

Aspetti strutturali dotazione di personale e standard di struttura e di personale

Elementi utili alla definizione di standard strutturali della UGC si possono trarre dal già documento del gruppo di lavoro promosso dalla Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali. Va rilevato peraltro che tale documento prevede requisiti strutturali e standard di personale particolarmente elevati; inoltre non è previsto un adattamento delle dotazioni strutturali e di personali in funzione di possibili variabilità dei contesti operativi e delle situazioni organizzative. Per questo, è difficilmente pensabile la utilizzazione di queste indicazioni al fine di individuare standard applicabili in maniera diffusa.

Altri riferimenti normativi utili al definire standard di accreditamento per le UGC, sebbene non specifici per le strutture di riabilitazione e per i centri ad alta specialità, possono venire dal DPR 14.1.97, relativo ai requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie, e dal manuale di accreditamento proposto dalla Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitazione.

Come già accennato, nel modello proposto dalla CARF i riferimenti a standard di struttura sono relativamente limitati; ciò è dovuto sia alla maggiore enfasi posta sugli aspetti organizzativi e di processo, sia al fatto che i requisiti strutturali tendono a non essere considerati pertinenti rispetto alle attività di accreditamento, in quanto definiti da leggi, normative e regolamenti cui le strutture debbono adeguarsi già prima di intraprendere percorsi di accreditamento

La definizione degli standard strutturali per la UGC, più che fondarsi sulla elencazione prescrittiva di requisiti architettonici specifici (numero, tipologia e caratteristiche dei locali) dovrebbe basarsi , nel rispetto dei requisiti minimi definiti dal DM 14.1.97, sul criterio della loro adeguatezza rispetto alle attività erogate e agli obiettivi specifici dichiarati dalla Unità Operativa. In altre parole, si ritiene inappropriata, in una prospettiva di accreditamento, una valutazione di conformità delle strutture rispetto a standard definiti "a priori" senza tener conto delle specificità delle attività erogate. Appare più corretta una valutazione fondata sulla congruenza fra obiettivi dichiarati, attività effetivamente svolte e dotazioni strutturali.

Una prospettiva analoga appare utile anche nella individuazione degli standard relativi al personale (evitando di definire in astratto "quale e quanto personale", senza tener conto delle peculiarità organizzative, delle attività e degli obiettivi) In questo caso, tuttavia, sembra utile fissare alcuni criteri inerenti alle peculiarità del processo riabilitativo e alla finalità generale della UGC, quali:

• La necessità che il team riabilitativo sia composto almeno dalle seguenti figure: medico specialista in Medicina Riabilitativa (o, se specialista in altre discipline, con un curriculum documentato in ambito riabilitativo); fisioterapista, logopedista, terapista occupazionale (o fisioterapista con curriculum documentato in ambito di terapia occupazionale); psicologo, assistente sociale, infermiere professionale con curriculum documentato in ambito riabilitativo;

• La necessità che la dotazione numerica di personale si adeguata rispetto alle finalità della struttura, alle attività erogate e alla specifica organizzazione della Unità; in particolare rispetto alla possibilità di assicurare copertura medica ed assistenza infermieristica dedicata nell'arco delle 24 ore, nonché di erogare almeno tre ore al giorno di trattamento riabilitativo specifico;

• La necessità che la direzione della Unità sia affidata ad un medico specialista in Medicina Riabilitativa con formazione specifica nell'ambito delle gravi cerebrolesioni.

(13)

Standard relativi al processo riabilitativo

• Gli interventi riabilitativi erogati dalla UGC dovrebbero essere basati sulla elaborazione di un Progetto Riabilitativo Individuale, e sulla definizione di specifici Programmi ed Obiettivi Riabilitativi.1.

• Le attività attraverso le quali la UGC realizza i progetti ed i programmi riabilitativi debbono basarsi su un approccio multidisciplinare, adattato in base allo stadio di recupero neurologico in cui si trova il paziente, sul potenziale di recupero e sui bisogni del paziente stesso e dei suoi famigliari.

• Le principali tappe dell'intervento riabilitativo sono:

ƒ Valutazione del paziente e dei suoi bisogni riabilitativi;

ƒ Pianificazione degli interventi riabilitativi;

ƒ Effettuazione degli interventi riabilitativi, di tipo:

1 Il PROGETTO RIABILITATIVO è un insieme di proposizioni, elaborate dall’equipe multiprofessionale riabilitativa, coordinate dal medico specialista responsabile, che:

• definisce quali siano gli esiti funzionali attesi, in funzione della patologia che ha determinato la disabilità, della situazione socio-ambientale del paziente, delle risorse disponibili;

• tiene conto in maniera globale dei bisogni, delle preferenze del paziente (e/o dei suoi familiari quando e’ necessario), delle sue menomazioni, disabilita’ ed abilita’, oltre che dei limiti imposti dalle situazioni ambientali e dalle risorse disponibili;

• deve dimostrare la consapevolezza e comprensione, da parte dell’equipe riabilitativa, dell’insieme delle problematiche del paziente, compresi gli aspetti che non sono oggetto di interventi specifici;

• definisce il ruolo dell’equipe riabilitativa e delle diverse strutture e presidi della “rete riabilitativa”

rispetto alle azioni da intraprendere per il raggiungimento degli esiti desiderati;

• e’ comunicato in modo comprensibile ed appropriato al paziente e, quando necessario, ai suoi familiari;

• e’ comunicato a tutti gli operatori coinvolti nel progetto stesso;

costituisce il riferimento per ogni intervento svolto dall’equipe riabilitativa;

Programma Riabilitativo

Il PROGRAMMA RIABILITATIVO e’ un piano d’azione più limitato e specifico rispetto al progetto: si tratta di un insieme di proposizioni, elaborato dall’equipe multiprofessionale riabilitativa, coordinata dal medico specialista responsabile, che, compatibilmente col progetto riabilitativo elaborato per un determinato paziente:

• definisce i motivi per cui il paziente necessita di presa in carico da parte di un determinato servizio di Medicina Riabilitativa;

• definisce quali sono le aree di intervento specifico durante il periodo di presa in carico;

• individua ed include gli obiettivi degli interventi che verranno effettuati durante il periodo di presa in carico, e li aggiorna nel tempo;

• definisce i tempi prevedibili per l’effettuazione degli interventi, nonche’ modalita’ e tempi di erogazione;

• definisce le misure di esito appropriate per la valutazione degli interventi, l’esito atteso in base a tali misure ed il/i tempo/i di verifica del raggiungimento di un dato esito;

• individua gli operatori coinvolti negli interventi, il relativo impegno e modalita’;

• viene aggiornato periodicamente durante il periodo di presa in carico;

• costituisce un elemento di verifica del progetto riabilitativo.

Ad un progetto riabilitativo, come ad ogni presa in carico del paziente, possono corrispondere molti e diversificati programmi riabilitativi.

Gli OBIETTIVI RIABILITATIVI sono risultati attesi di interventi che concorrono alla realizzazione del programma stesso. L'obiettivo riabilitativo è di solito espresso in termini precisi e quantificabili, viene perseguito in tempi limitati, e coinvolge un numero ristretto di operatori.

(14)

ƒ Terapeutico;

ƒ Assistenziale;

ƒ Educativo/Informativo;

ƒ Pianificazione della dimissione;

ƒ Valutazione degli effetti dei trattamenti e follow-up dopo la dimissione

• Le attività di valutazione del paziente dovrebbero includere:

• Bilancio medico-internistico

• Bilancio menomazioni disabilitanti

• Fisiche

• Cognitive

• Comportamentali

• Bilancio di disabilità

• Bilancio di handicap e qualita’ di vita

Pianificazione e verifica degli interventi riabilitativi

• Elaborazione e stesura del progetto riabilitativo

• Elaborazione e stesura del programma riabilitativo con individuazione degli obiettivi riabilitativi

• Verifiche e adattamenti del programma riabilitativo Pianificazione della dimissione

Interventi terapeutici

• Fisioterapia e rieducazione motoria

• Rieducazione respiratoria

• Terapia occupazionale

• Rieducazione Funzionale e addestramento alla autonomia

• Prescrizione, collaudo e addestramento all’uso di ausilii

Logopedia

• Rieducazione delle funzioni cognitive

• Trattamenti farmacologici per problemi internistici o neurologici

Nursing infermieristico dedicato nell’arco delle 24 ore, comprendente:

• Gestione infermieristica delle problematiche internistiche generali;

• Gestione dei programmi di nutrizione parenterale ed enterale;

• Gestione delle tracheostomie e collaborazione ai programmi di rieducazione respiratoria;

• Medicazioni e toilette delle piaghe da decubito;

• Collaborazione ai programmi di rieducazione sfinterica e alla alimentazione per os;

• Collaborazione ai programmi di prevenzione delle complicanze da immobilità;

(15)

Collaborazione ai programmi di informazione/educazione del paziente e dei famigliari.

Interventi educativi-informativi

• Colloqui informativi periodici con il paziente e/o i famigliari

• Coinvolgimento del paziente e/o dei famigliari nella elaborazione e aggiornamento del progetto e programma riabilitativo

• Addestramento del paziente e/o dei familiari alla gestione dei problemi disabilitanti e all’uso di protesi, ortesi ed ausili tecnici

• Informazione e consulenza al Medico di Medicina Generale e ad altri operatori sanitari che saranno coinvolti nella gestione del paziente alla dimissione.

Informazione e consulenza a operatori sociali, insegnanti, colleghi di lavoro e a chiunque possa essere coinvolto nella gestione delle problematiche disabilitanti e dell’handicap del paziente

1) Proposta di linee-guida per l'organizzazione della Medicina Riabilitativa. Giornale Italiano di Medicina Riabilitativa, 10 (3): 205-241, 1996.

2) Requisiti Minimi strutturali tecnologici ed organizzativi delle strutture sanitarie di riabilitazione. Giornale Italiano di Medicina Riabilitativa, 10 (3): 243-268, 1996.

3) Basaglia N., Boldrini P., Crimi G. Manuale di Accreditamento dei Servizi di Medicina Riabilitativa. Seconda Versione.

Giornale Italiano di Medicina Riabilitativa, 10 (2),

4) Agenzia Sanitaria Regionale, Regione Emilia-Romagna: Gestire e verificare la qualità nelle strutture sanitarie. CLUEB, Bologna, 1997

5) Agenzia Sanitaria Regionale, Regione Emilia-Romagna: Valutatori per l'accreditamento. L'avvio di un percorso di formazione. Quaderni Qualità n.4 - CLUEB, Bologna, 1997

6) HELIOS II Thematic Group no.11 - Brain Injury Rehabilitation - Guidelines for Good Practice.Achievement of the Exchange and Information Activities of the Helios II Programme, 1993-1996. European Commission DG V/Integration of Disabled People.

7) Commission for Accreditation of Rehabilitation Facilities (CARF). Standards Manual and Interpretive Guidelines. CARF, Tucson, 1996

Riferimenti

Documenti correlati

- i pazienti sono identificati mediante la piattaforma regionale SISPC, vengono contattati, in base ad accordi aziendali, o direttamente dal

Tutte queste considerazio- ni e questi limiti, evidenziati per altro dagli stessi autori, hanno pertanto consentito a chi fa ricerca di ripensare a “una migliore gestione

Al controllo clinico persisteva la tendenza alla retro- pulsione di lieve entità e la RM dell’encefalo dimostrava un’evoluzione in senso occlusivo dell’iniziale trombosi

Alla luce di questo, della negatività del FOO e del fatto che durante l’osservazione con terapia analgesica per os è stato bene, il bambino viene dimesso, non essendo emerso

Vista la clinica e la storia di trauma cranico, eseguiamo TC cranio che mostra: “in sede extra-assiale parietale sinistra, apprezzabile sottile aspetto tenuemente

Per questo lavoro sono stati somministrati i test TSCA (Test di Simulazione del Comportamento Assertivo) e TSCE (Test di Simulazione del Comportamento Empatico)

I dati non sono certamente completi, perché per quanto riguarda l’INAIL mancano le corrispettive voci anno per anno dei settori di cui non ci siamo occupati, ma voler fornire i

All’interno dell’area archeologica di Villa Magna sono stati eseguiti lavori di rilevamento topografico attraverso l’uso integrato di GPS, stazione totale e pallone