• Non ci sono risultati.

2. ANALISI DELL’OPERA

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "2. ANALISI DELL’OPERA"

Copied!
55
0
0

Testo completo

(1)

58

2. ANALISI DELL’OPERA

Per l’analisi della Trilogía del desaliento che presento in questo studio ho seguito il metodo proposto da José Luis García Barrientos, il quale, nel suo Cómo se comenta una obra de teatro, affronta il testo teatrale dal punto di vista teorico, individuando le specificità del modo di rappresentazione drammatico attraverso il confronto con quello narrativo. A questo scopo, partendo da alcune categorie della teoria del romanzo, la cosiddetta narratologia – più precisamente quella elaborata da Genette – elabora, in modo comparativo, una teoria del dramma, ovvero una drammatologia1.

Dopo alcune considerazioni sulla struttura della Trilogía nel suo insieme, passerò a esaminare l’intelaiatura interna dei singoli drammi; in primo luogo rivolgerò la mia attenzione al tempo e allo spazio drammatico, sottolineandone la densità simbolica e riservando una particolare attenzione alle galassie di senso generate da opposizioni come luce/ombra, dentro/fuori, sopra/sotto ecc.

Successivamente mi occuperò del peculiare uso che Cortés fa delle didascalie, evidenziando la rottura delle convenzioni testuali a esse relative e mettendone in luce le connessioni con la sperimentazione drammatica di autori come Valle-Inclán.

Di seguito analizzerò i personaggi; dopo aver enumerato analogie e differenze tra gli “eroi” dei tre drammi, mi concentrerò sulla loro caratterizzazione, mettendola in relazione con la funzione che essi svolgono non solo all’interno dei singoli testi, ma anche nell’economia generale della Trilogía.

Infine passerò alla fase più propriamente ermeneutica; in modo circolare, prenderò in considerazione prima la Trilogía nel suo complesso e poi i singoli drammi, per poi tornare sulla globalità dell’opera e proporne una mia personale interpretazione. Presterò particolare attenzione anche ai rimandi intertestuali, di cui la

1 «Entiendo por dramatología la teoría del drama […]. La denominación busca

deliberadamente el paralelo con la mucho más consolidada narratología. El desarrollo teórico incomparablemente mayor de ésta permite servirse de algunas […] de sus categorías para aplicarlas al drama, pero con una actitud comparativa, atenta precisamente más a las diferencias que a las similitudes entre los dos modos de imitación aristotélicos. En mi modelo dramátologico es la narratología de Genette (1972, 1983) la que, por su empeño sistematizador y su carácter “modal”, resulta claramente privilegiada como término de inspiración y de contraste»: J. L. GARCÍA BARRIENTOS, Cómo se comenta una obra de teatro Madrid, Síntesis 2007, p. 34.

(2)

59

Triología è ricchissima, mettendo in luce le tecniche di volta in volta utilizzate dal drammaturgo moronense per rielaborare i suoi modelli.

2.1. Lo spazio drammatico

In 1.3.3. ho definito la drammaturgia di Raúl Cortés come la rara avis del teatro spagnolo contemporaneo, sottolineando l’originalità delle sue scelte non solo in materia di linguaggio, ma anche e soprattutto nella struttura dei suoi testi, che rispettano tutti le tre unità aristoteliche di spazio, tempo e azione.

Tale decisione, oltre alle ragioni puramente estetiche che esporrò a continuazione, è dovuta anche alla condizione di precarietà vissuta da Trasto Teatro; una compagnia composta da soli quattro attori, che non riceve sovvenzioni statali e allestisce i suoi spettacoli in casa, infatti, non può di certo farsi carico di grandi produzioni, in cui sono necessari un numero maggiore di attori e diverse scenografie.

La ricerca drammaturgica di Cortés è rivolta essenzialmente a sondare le possibilità simboliche offerte dallo spazio, che nella Trilogía appare come portatore di una forte carica semantica.

Così come quella temporale, anche la localizzazione spaziale risulta alquanto vaga; il lettore e lo spettatore devono desumerla dal dialogo, perché nelle didascalie il drammaturgo non inserisce nessuna indicazione a riguardo, ma si limita, come vedremo meglio più avanti, a introdurre suggestioni poetiche di tipo visuale o uditivo.

Già a una prima lettura, si nota che i luoghi in cui Cortés ambienta le sue storie hanno una caratteristica comune, ovvero sono chiusi, asfittici e oscuri. No amanece en Génova si svolge all’interno di un palazzo fortificato avvolto da una nebbia densissima, che «junta la noche con el día» e «oxida»2 i polmoni del Re. All’ «alcázar» reale si contrappongono due spazi: innanzitutto la tanto anelata Genova, dove i cieli sono limpidi, e, secondariamente, la collina delle donne di cui parla il Poeta, che si caratterizza come locus amoenus:

EL POETA: Señor, al otro lado de las montañas, el trigo alumbra los campos sin descanso, todo el año, y árboles frutales, extraños a estas latitudes, embriagan el ambiente con aromas deliciosos. Ni rastro de esta niebla3.

2 R. CORTÉS MENA, Trilogía del desaliento, cit., p. 65. 3 Ivi, p. 83

(3)

60

In No es la lluvia, es el viento i personaggi sono rinchiusi in un edificio fatiscente, il cui soffitto rischia di cedere sotto il peso della pioggia, lasciandoli annegare; l’oscurità dell’ambiente si contrappone, oltre che alle desiderate stelle, ai colori che Roma dipinge sulle sue gru di carta.

EL VIEJO DE LA JOROBA: Cuentos… ¿Y esos colores? ROMA: Les pinto dibujos en las alas para que puedan volar4. In Contadoras lo spazio del circo sembra quasi prendere vita; sono le porte stesse a cambiare di posto per impedire alla Moglie del domatore di scappare:

LA CONTORSIONISTA: Aquí las puertas cambian de lugar a cada rato y todas están cerradas5.

Il carattere blindato degli spazi si colloca chiaramente nell’universo semantico della prigionia – delle mura familiari in Contadoras, del potere in No amanece en Génova e di una certa visione del mondo in No es la lluvia. Tuttavia, come spesso accade nella drammaturgia cortesiana, tali significati eccedono il livello puramente diegetico della storia e vengono ad assumere un significato esistenziale; la prigionia degli eroi degli eroi di Cortés rappresenta quindi, per metonimia, quella della condizione umana. Il modello, in questo senso, è rappresentato dal Sartre di Huis clos (1944), in cui quattro personaggi vengono rinchiusi in una stanza senza porte né specchi, affinché si tormentino a vicenda con domande e commenti sulle loro miserie e passioni.

Nell’opera di Cortés risulta quindi fondamentale, a livello semantico, l’opposizione dentro/fuori, che appare strettamente relazionata con quella luce/buio: l’oscurità, la nebbia e la cecità rappresentano la confusione dell’uomo, il suo brancolare nei meandri dell’esistenza, nonché il male e la morte; la luce, al contrario, simboleggia chiarezza intellettuale, così come calore e vita.

Molto significativa – soprattutto in Contadoras e in No es la lluvia – appare anche l’opposizione sotto/sopra. Nel primo dramma, lo spazio terreno dell’arena rappresenta, ancora una volta, la prigionia, ma anche la ristrettezza di orizzonti su cui si basa l’ordine oppressivo del Domatore; lo spazio aereo dominato dalla Trapezista,

4 Ivi, p. 113. 5 Ivi, p. 48.

(4)

61

invece, simboleggia la libertà, la grazia, ma anche l’ampiezza di vedute, la conoscenza che viene dalla possibilità di avere una visione di insieme delle cose. Quando le chiede di salire sul Trapezio, infatti, la Trapezista invita la Moglie non solo a guardare, ma anche a scoprire; ed è solo dall’alto che questa comprende l’assurdità della sua condizione.

LA MUJER DEL DOMADOR DE LEONES: Desde aquí arriba lo de ahí abajo parece un lugar tan absurdo6.

Il suo sguardo vuole alzarsi dal piatto di ceci e spaziare tra le stelle.

LA MUJER DEL DOMADOR DE LEONES: Quiero caminar descalza por un campo de manzanos. Quiero contar estrellas viuda de garbanzos7.

L’ambiente di No es la lluvia viene definito dal Vecchio come «agujero» e «cueva»; luogo di inazione forzata e disperazione, esso si contrappone al cielo solcato dalle gru, che si configura come spazio di dinamismo, libertà e speranza.

Anche qui, come nel mito platonico della caverna, l’opposizione sotto/sopra, affiancata a quella luce/buio, viene a significare il cammino verso la conoscenza. Allo stesso campo semantico rimanda l’invito che il Vecchio rivolge a Roma di non addentrarsi ulteriormente nel labirinto8, con chiaro riferimento al mito di Teseo. Gli spazi della Trilogía si configurano anche come luoghi di privazione: a tale stato di penuria allude il fatto che la Moglie del domatore debba mettere nel piatto del marito solo quarantatré ceci; in No amanece en Génova, invece, si insiste molto sull’aridità della terra; il Re considera l’Infausta il suo giardino e chiede a Undicicolpi di “annaffiarla” con la sua urina nera «de riñón vencido»9.

Contrariamente all’acqua, simbolo di vita e fertilità, l’urina di Undicicolpi è portatrice di un significato mortifero, chiaramente in relazione con l’aborto dell’Infausta, che apre il dramma.

In No es la lluvia, invece, l’universo simbolico dell’acqua cambia segno; la pioggia incessante non solo impedisce il ritorno del

6 Ivi, p. 30. 7 Ivi, p. 48. 8 Cfr. ivi, p. 120. 9 Ivi, p. 69.

(5)

62

Viaggiatore, ma mette in pericolo la vita dei personaggi, in quanto il soffitto è a punto di crollare a causa delle infiltrazioni.

Anche in Contadoras, infine, l’acqua acquisisce un valore negativo:

LA MUJER DEL DOMADOR DE LEONES: […] Es bonito ver la lluvia caer tras el enorme ventanal de un café o en el portal de una casa. Desde esos lugares, parece que no moja, que la lluvia fuese una metáfora de sí misma. Elegante y bohemia como una película en blanco y negro… Pero no sé qué pasa con la lluvia cuando azota esta carpa. No deja nada lírico a su paso, sólo barro. Barro… un enorme lodazal y una pesada tristeza que se cala por las junturas10.

Appare come un elemento che non purifica, ma contamina, mentre la catarsi viene portata dal fuoco. Nel finale dell’opera, infatti, si legge:

[Y una tormenta de humo, ceniza y llamas está rugiendo como un animal malherido:

Están ardiendo las lonas, los miedos y tres cuerpos]11.

Lo spazio di Contadoras, infine, rende necessaria un’ulteriore riflessione. Il circo, a mio parere, può essere considerato una metafora del carattere puramente esteriore del valore della famiglia12; è questo il significato che assume la consuetudine della Contorsionista di truccarsi tutti i giorni nonostante non ci siano più spettacoli, perché, come lei stessa afferma, «si cayeran las máscaras, el dolor sería insoportable»13.

Inoltre, pur senza arrivare a configurarsi come uno spazio propriamente metateatrale, il circo in rovina potrebbe alludere, a mio parere, alla crisi del teatro in Spagna, dovuta a una gestione miope, che si cura soltanto dei profitti immediati mettendo da parte i criteri artistici. A questa febbre di guadagno, cifra dell’aggressività del sistema capitalistico, che allude la Contorsionista in questo passo:

10 Ivi, p. 46. 11 Ivi, p. 57.

12 Tale concetto viene ripreso anche in No amanece en Génova: «EL REY: Ni una

flor original en mi jardín. ¡La familia! La familia es un aquelarre de comediantes. Fingen afecto mientras afilan su desconfianza». Cfr. ivi, p. 74.

(6)

63

LA CONTORSIONISTA: […] La culpa es de las condenadas chinas. Sí, ahora se han puesto de moda las chinitas de trece años: incapaces de abrir los ojos, orejonas, sonrientes, y hacen nudos hasta con la epiglotis… son hurones las putas chinas14.

Non è un caso, infatti, che le contorsioniste oggetto dell’invettiva siano cinesi, in quanto la Cina è portatrice di un capitalismo spietato, non rispettoso dei diritti umani. Tale interpretazione appare ancor più legittima se letta nel contesto più generale della ricerca scenica portata avanti da Trasto Teatro. Il fare teatro in casa, per la compagnia malagueña non è soltanto un mezzo per crearsi un proprio spazio al margine dell’industria teatrale, ma anche e soprattutto una forma di resistenza militante contro la società capitalista, che García López non esita a collegare con il concetto foucaultiano di eterotopia:

Creo que aquello que hacen [los espectáculos] cualquier viernes o sábado […] constituye aquella noción que hace algunos años acuñó Michel Foucault, a saber: heterotopía. Se trata de un espacio diferente, de un espacio-otro, de un contra-espacio de resistencia frente al espacio de la represión de la sociedad capitalista. […] La heterotopía se construye como un contra-emplazamiento en el que, siguiendo la tercera Ley de Newton, toda acción conlleva una reacción igual y contraria: ante el poder represivo de la cultura mercantilizada (y militarizada), el contra-poder ubicado en un espacio localizable, ante el cual el sujeto se halla íntimamente comprometido. Así se genera una distancia en el umbral de exclusión desde donde se pueden subvertir las propias categorías del sistema15.

14 Ivi, p. 40.

15 D. J. GARCÍA LÓPEZ, Respirar en este jardín profano, documento appartenente

(7)

64

2.2. Le didascalie e il modello valle-inclanesco

Come ho accennato in 1.3.3, una delle caratteristiche fondamentali della scrittura drammatica di Raúl Cortés è l’uso peculiare delle didascalie.

García Barrientos le definisce come «la notación de los componentes extra-verbales (volumen, tono, intención, acento, etc.) de la representación, virtual o actualizada, de un drama»16 e propone la loro classificazione in drammatiche ed extra-drammatiche.

Le didascalie drammatiche presentano un linguaggio impersonale, che sembra emanare dalla rappresentazione stessa. Inoltre, permettono solo l’uso dell’indicativo presente, senza alcuna concessione alle forme verbali narrative; ciò è dovuto al fatto che la loro funzione non è raccontare, bensì descrivere il modo in cui deve essere allestita la messa in scena, eseguito un movimento o pronunciata una battuta. Infine, si caratterizzano per la totale assenza di deittici e di usi interlocutori del linguaggio, come domande o interiezioni. Il loro spettro funzionale risulta quindi ridotto al solo scopo referenziale.

Le didascalie extra-drammatiche, invece, ammettono l’uso di forme verbali narrative, dei deittici e del linguaggio interlocutorio; non forniscono indicazioni riguardo alla messa in scena e hanno un valore essenzialmente letterario. Come afferma García Barrientos, sono caratterizzate da un’«hipertrofia funcional»17, che include anche la funzione fatica e quella poetica.

La quasi totalità delle didascalie della Trilogía appartiene al gruppo delle extra-drammatiche, ma è possibile isolare anche un piccolo insieme di indicazioni propriamente drammatiche. Ne troviamo alcuni esempi in No es la lluvia e No amanece en Génova, tuttavia la maggior parte di esse è localizzata in Contadoras, dove trentatré delle cinquantasette annotazioni forniscono precise indicazioni sulla messa in scena. Alcune rendono conto dei gesti compiuti dai personaggi, contribuendo a elaborarne la caratterizzazione; altre, invece, specificano a chi viene rivolta una battuta.

Contadoras è anche l’unica delle tre opere della Trilogía a presentare didascalie da cui si possono dedurre indicazioni riguardo

16 J. L. GARCÍA BARRIENTOS, op. cit., p. 45. 17 Ivi, p. 45.

(8)

65

alla scenografia, informandoci, per esempio, della presenza di uno specchio e di un tavolo.

Mettendo a confronto Contadoras con No amanece en Génova, emerge immediatamente la radicale diminuzione, nel secondo dramma, del numero di annotazioni, che da cinquantasette passano a trenta. Di queste, solo tre sono propriamente drammatiche, in quanto forniscono informazioni su alcuni gesti compiuti dai personaggi.

Tra le didascalie extra-drammatiche troviamo indicazioni di tipo poetico e narrativo. Attraverso l’utilizzo di figure retoriche, le annotazioni poetiche forniscono essenzialmente suggestioni sonore e visive.

Tale è l’importanza del silenzio nella Trilogía, che si può persino arrivare ad attribuirgli lo statuto di “personaggio invisibile”. Nelle didascalie, infatti, esso prende forma, acquisendo una propria corporeità:

[Está el silencio enredado en los bucles de la última confesión]18.

Qui Cortés rappresenta magistralmente la plasticità dell’assenza; la mancanza di suono acquisisce sostanza e peso, fino a prendere vita. Come l’edera, avvolge il tendone e ne riempie il vuoto.

In No amanece en Génova, invece, il silenzio arriva persino ad antropomorfizzarsi. L’immagine risultante è ossimorica, in quanto alla mancanza di suono viene attribuito il rumore stridente delle unghie conficcate nella pietra:

[Y el silencio clava las uñas en la piedra]19.

Un altro aspetto fondamentale nella Trilogía è la luce, che è carica di significati simbolici. Quella che illumina i drammi di Cortés è essenzialmente lunare, fioca e intermittente. E proprio all’ intermittenza sembra riferirsi con questa immagine, in cui trema come un malato febbricitante, scosso dai brividi:

[La luz que alumbra la espera es una luz enferma]20.

18 Ivi, p. 41. 19 Ivi, p. 66. 20 Ivi, p. 112.

(9)

66

In alcuni momenti, le didascalie arrivano persino a inglobare il dialogo, raccontando eventi che non vengono rappresentati o rivelando i pensieri dei personaggi.

È il caso delle didascalie narrative, di cui No amanece en Génova è particolarmente ricca. Gli omicidi che Oncetiros commette non si consumano sulla scena, ma vengono raccontati soltanto nelle annotazioni, le quali, in un’operazione che ricorda la Spoon River Anthology (1916) di Edgar Lee Masters, fungono da brevi epitaffi. Nella rassegna delle vittime si annoverano, tra gli altri, un ubriaco, un ritardato, un usuraio e un’adolescente colti nell’estremo istante delle loro vite.

[Un retrasado de rostro abohetado devora una manzana que acaba de robar. Primero rueda el cascabullo mordido, Luego el tonto.

Y ya van dos]21.

Oltre che letterari, questo passo presenta anche riferimenti pittorici. L’attenzione ai dettagli della vita quotidiana – si veda, per esempio, il particolare della mela –, insieme all’accostamento di personaggi così diversi, seppur accomunati dalla miseria dell’esistere, costituisce, a mio parere, un rimando all’arte fiamminga, e, in particolare al Trionfo della Morte (1562) di Brueghel il Vecchio, artista citato dallo stesso Oncetiros22.

21 Ivi, p. 74. 22 Cfr. ivi, p. 100.

(10)

67

In altri casi, questo tipo di didascalie ci fornisce informazioni sui pensieri dei personaggi. Nella scena dello stupro contenuta in No es la lluvia, per esempio, al lettore viene dato di conoscere i desideri di Roma, nonché le sue sensazioni olfattive:

[Y una mano ansiosa le envilece las carnes. Y Roma quiere pensar en aquel verano, y en aquella sombra bajo la higuera. …Roma quiere y no puede.

El mal aliento y las boqueras de un jorobado no lo consienten]23. Infine, alcune didascalie costituiscono delle vere e proprie pause descrittive. Un esempio di questa tecnica è ravvisabile in No amanece en Génova, nell’annotazione che segue l’entrata in scena di Oncetiros.

[Podría ser cualquiera, hombre común, si no fuera porque la ropa le huele a pólvora y le pinta el dedo una marca herrugienta: el óxido del gatillo acariciado once veces. Once veces cada vez.

Once, solo once. Siempre once]24.

La descrizione segue uno schema ben preciso: prima ci presenta il soggetto nel suo complesso e poi si concentra sui particolari – il dito annerito dalla polvere da sparo e la ruggine sul grilletto. Tale circoscrizione del campo visivo ricorda i cambi di inquadratura nel cinema; in questo caso, la prima parte sarebbe associabile a una figura intera o a un piano americano al ginocchio, mentre nella seconda si passerebbe al dettaglio del dito e del grilletto. Inoltre, anche qui ci troviamo di fronte a sollecitazioni di tipo olfattivo.

Ma il cambio di inquadratura non è l’unica tecnica cinematografica presente nella Trilogía. In alcune didascalie, infatti, il drammaturgo si rivolge direttamente al lettore, ricalcando la tecnica dello sguardo in macchina.

In No es la lluvia, per esempio, quando Roma cerca di capire se il Vecchio stia dormendo oppure no, è la voce del drammaturgo a chiamare in causa direttamente il lettore:

23 Ivi, p. 128. 24 Ivi, p. 69.

(11)

68

[Tal vez duerma, tal vez no.

Cuál es tu apuesta?]25.

Questo tipo di strategia è volta alla cosiddetta rottura della «quarta parete», in quanto l’autore dimostra di avere piena consapevolezza dell’esistenza di un destinatario e di volergli svelare i meccanismi della finzione.

Altre volte, invece, le didascalie svolgono la funzione opposta, ovvero quella di coinvolgere maggiormente il lettore, creando, ad esempio una situazione di suspense:

[Están LA MUJER y LA TRAPECISTA MUDA. Pero, aunque no lo parezca, no están solas…]26.

Come la colonna sonora in un film dell’orrore, questa annotazione suggerisce la presenza sulla scena di un altro personaggio, che il pubblico ancora non vede, e aumenta la tensione.

La sperimentazione sulle didascalie raggiunge il suo apice in No es la lluvia, quando la voce del drammaturgo, rielaborando la lezione pirandelliana di Sei personaggi in cerca di autore (1921), si rivolge non al lettore, bensì agli stessi personaggi.

[Nanita, nana… Roma, no duermas. Una quietud esotérica le ha puesto a la madrugada expresión de seda]27.

Le annotazioni di Cortés sono chiaramente impossibili da rappresentare sulla scena; tuttavia, esse sono elementi fondamentali del testo, non solo in quanto aiutano il lettore a comprendere meglio lo svolgimento dell’azione, ma anche perché possiedono un proprio valore letterario.

In tale concezione non può non riconoscersi il modello di Valle-Inclán. Come afferma José Calero Heras in un suo studio sull’autore gallego, infatti, esse sono componenti testuali che, all’interno dei suoi drammi, vivono di vita propria, veicolando una molteplicità di valori estetici.

25 Ivi, p. 136. 26 Ivi, p. 29. 27 Ivi, p. 138

(12)

69

Si no al director de escena, [las acotaciones] sí van dirigidas al lector con un fin único y bien delimitado: darle sumaria noticia de un lugar, unos hechos, unos personajes. En Valle-Inclán se superpone a esta finalidad un criterio altamente estético que hace de ellas pequeñas entidades con vida propia, preciosas y delicadas gemas capaces de conservar su valor desgajadas del collar donde fueron ensartadas28.

In un suo contributo su Luces de bohemia (1920), José Ángel Fernández Roca definisce «eccessive» le didascalie valle-inclanesche, riferendosi non a una loro eventuale sproporzione rispetto al dramma – in cui, infatti, si integrano perfettamente –, ma al fatto che travalicano, eccedono appunto, le convenzioni testuali che le regolano, sia in materia di quantità ed estensione che riguardo alla funzione.

Lo primero que llama la atención en las acotaciones del Valle maduro es su extensión, si se compara con los usos del teatro de su tiempo […]. Destaca, después, su cantidad, ya que hay noventa y cinco a través de las quince escenas de la obra […]. En tercer lugar, lo que Salinas llamaba su "literarización". Las didascalías tradicionales solían ser telegráficas (verbo, gerundio), mínimas (las consideradas imprescindibles […] y utilitarias (indicaciones precisas para el director, el escenógrafo, el actor o el simple lector). Aquí, en LB [Luces de bohemia], se manifiesta en cambio una voluntad de estilo y una complejidad sígnica impensables pocos años antes. […] En síntesis, las acotaciones de Valle exceden con mucho la función referencial y el carácter utilitario; son, en ese sentido, acotaciones excesivas; no porque estén de más, que no es el caso, sino porque nos informan más allá de lo preciso para la representación y porque su revestimiento verbal no se limita a conformar el texto espectacular; porque rebasan el estatuto que normalmente se les atribuye29.

Nella stessa sede Fernández Roca propone una classificazione delle didascalie valle-inclanesche, che distingue in narrative, sinestetico-sensoriali e cinematografiche.

28 J. CALERO HERAS, Textura cinematográfica de las acotaciones escénicas del

teatro de Valle-Inclán, in Anales de la Universidad de Murcia, 39, 1, 1980-81, pp. 175-87, qui p. 175.

29 J. A. FERNÁNDEZ ROCA, Las acotaciones del esperpento: de lo verbal a lo visual,

in Literatura y cine: perspectivas semióticas. Actas del I Simposio de la Asociación Galega de Semiótica (A Coruña, 1995), a cura di J. Gómez Blanco,

<http://ruc.udc.es/dspace/bitstream/2183/9590/1/CC_29_art_16.pdf>, 1997,

(13)

70

Le didascalie narrative «son las que se formulan como narración o descripción, propias del relato, incluso en su enunciación gramatical»30. L’autore sottolinea come questo tipo di indicazioni, parimenti a quanto accade nella Trilogía, venga utilizzato da Valle-Inclán principalmente per la presentazione dei personaggi o per rendere partecipe il lettore dei loro pensieri e riporta come esempio due annotazioni; la prima, tratta dalla scena II dell’opera, ha la funzione di introdurre il personaggio di Don Peregrino Gay, che, specfica Valle-Inclán, «ha escrito la crónica de su vida andariega en un rancio y animado castellano». La seconda, collocata nella scena IX, rivela invece al lettore i pensieri del poeta Rubén, che «siente la amargura de la vida». Infine, sottolinea come spesso l’autore gallego utilizzi le didascalie per riassumere eventi che non compaiono nei dialoghi31.

Le didascalie sinestetico-sensoriali sono quelle che veicolano, spesso anche combinandole, suggestioni visive, sonore, olfattive e tattili. Nella scena X di Luces de Bohemia, per esempio, Valle-Inclán parla di un «perfume primaveral de lilas que embalsama la humedad de la noche».

Analogamente a quanto ho avuto modo di rimarcare poco sopra, anche nelle didascalie di Cortés si registra una forte presenza di stimoli sensoriali, principalmente visivi e sonori; la luce e il suono – o meglio l’assenza di suono – sono di fondamentale importanza nella Trilogía; così come le sensazioni olfattive, che però sono quasi impossibili da riprodurre sul palcoscenico teatrale. Cortés, tuttavia, riesce a mantenerle nella rappresentazione; nel suo ruolo di regista, infatti, si assenta dal salotto in cui viene allestito No amanece en Génova per cuocere delle reali fettine di fegato che poi Oncetiros porta in scena come simbolo delle sue vittime, offrendo al pubblico la suggestione olfattiva della morte.

Le didascalie cinematografiche «son las que parecen presuponer la presencia de una cámara en movimiento, capaz de ofrecemos distintos planos y encuadres, de desplazarse tanto horizontal como verticalmente»32. Tra gli esempi dei “movimenti di macchina”

tradotti in parole da Valle-Inclán, Fernández Roca cita l’attenzione dell’autore gallego per il dettaglio – si pensi, per esempio al «ratón» che «saca el hocico intrigante» nella scena della «Cueva de Zaratustra», traducibile cinematograficamente con un primo piano o un particolare, ma quasi impossibile da riprodurre a teatro, che «con

30 Ivi, p. 204.

31 Cfr. ivi, pp. 204-205. 32 Ivi, p. 206.

(14)

71

su escenario fijo y delimitado, [con] el espectador sentado en su butaca, desconoce tales posibilidades»33.

Il carattere cinematografico delle didascalie di Valle-Inclán viene riconosciuto anche da Calero Heras, che afferma:

[…] Lo cinematográfico en Valle Inclán invade todo su teatro, porque, no conforme con las estructuras realistas del drama de su tiempo, anclado todavía en las concepciones dramáticas de Lope […], intentó reformarlo por vía del espectáculo total, buscando un teatro que fuera teatro y algo más. Así llegó a aproximarse al cine, el espectáculo de masas más novedoso y atrayente cuyo descubrimiento debió deslumbrar a Valle Inclán por las posibilidades que la cámara ofrecía en cuanto a potenciación del detalle, por la agilidad y rapidez que adquirían las historias traducidas a imágenes, por la distorsión que sufría el movimiento de los personajes […]34.

Tra le tecniche che qualifica come maggiormente cinematografiche nel teatro di Valle-Inclán, Calero Heras evidenzia la gradualità con cui l’autore gallego introduce i particolari; l’etichetta che attribuisce a questa strategia è travelling, termine con cui, nel cinema, ci si riferisce ai movimenti di macchina.

ESTRUCTURA GRADUADA (TRAVELLING) Valle suele partir de lo general, de lo panorámico, para, a modo de espiral, ir acortando progresivamente los círculos hasta dar con el detalle u objeto menudo que le interesa35.

Come esempio di travelling, Calero Heras riporta la prima didascalia di Luces de Bohemia:

(I) Hora crepuscular./ (II) Un guardillón con ventano angosto lleno de sol./ (III) Retratos, grabados, autógrafos, repartidos por las paredes, sujetos con chiches de dibujante./ (IV) Conversación lánguida de un hombre ciego y una mujer pelirrubia, triste y fatigada./ (V) El hombre ciego es un hiperbólico andaluz, poeta de odas y madrigales, Máximo Estrella./ (VI) A la pelirrubia, por ser francesa, le dicen en la vecindad Madame Colet36.

33 Ibidem.

34 J. CALERO HERAS, op. cit., pp. 176-77. 35 Ivi, p. 179.

(15)

72

Qui l’auotore divide l’annotazione in sei parti, ognuna delle quali corrisponde a un cambio di inquadratura. La prima potrebbe essere un campo lunghissimo, probabilmente una visione della città al tramonto. Nella seconda parte, con un passaggio al campo lungo, lo sguardo si posa sulla mansarda assolata per poi concentrarsi, nella terza, sui particolari al suo interno. Successivamente, con un campo medio, vengono presentati i due personaggi, sui cui volti l’occhio stringe, fino a proporre un primo primo piano. Ecco che, con un progressivo restringimento del campo visivo, Valle-Inclán presenta al lettore Max Estrella e Madame Colet.

Ho spiegato poco sopra come Cortés utilizzi questa stessa tecnica nel presentare al lettore il personaggio di Oncetiros; nella Trilogía, tuttavia, sono ravvisabili anche esempi di travelling applicati agli ambienti.

[Está el espejo frente al que se maquilla LA CONTORSIONISTA. Y está la mesa donde faena la mujer

…pero no son las únicas cosas que están: junto al espejo, una palangana.

Y junto a la mesa, en el suelo, una pequeña valija]37.

Con uno sguardo documentaristico, gli occhi del drammaturgo moronense si posano sugli oggetti collocati sotto il tendone. Il loro movimento, tuttavia, non è lineare; prima si concentrano sullo specchio e poi scivolano velocemente sul tavolo, salvo poi compiere il percorso inverso e tornare indietro. I “corsi e ricorsi” dello sguardo di Cortés, apparentemente senza significato, rivelano, a una lettura attenta, una struttura compositiva di tipo comparatisco-oppositivo: l’ordine di comparsa istituisce tra gli oggetti un’opposizione – specchio vs tavolo, bacinella vs valigia – che anticipa e amplifica quello che sarà poi il confronto tra la Contorsionista e la Moglie. È come se le cose vivessero di vita propria, come se avessero bocca per parlare e occhi per vedere.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Los objetos miran con una quietud tan sometida que dan ganas de llorar38.

Come nel cinema neorealista italiano, Cortés “pedina” – per dirla con uno dei più illustri teorici di questo movimento, Cesare Zavattini – la realtà per farla “parlare”, per far emergere da essa la verità.

37 R. CORTÉS MENA, Trilogía del desaliento, cit., p. 19. 38 Ivi, p. 38

(16)

73

Accanto all’influenza del neorealismo, nell’orizzonte del drammaturgo moronense è individuabile il modello del cinema espressionista degli anni Venti – forte opposizione luce/buio, deformazione grottesca di realtà e personaggi, desolazione dei paesaggi – che l’autore assimila sicuramente anche attraverso l’opera di Valle-Inclán39.

Prendendo in esame l’insieme delle didascalie della Trilogía nel suo insieme, si osserva immediatamente una diminuzione del numero delle annotazioni, che ammontano a cinquantasette in Contadoras e scendono a trenta in No amanece en Génova, per poi risalire a trentatré in No es la lluvia. Fermo restando che trenta didascalie rimangono comunque una quantità considerevole in opere che non arrivano alle sessanta pagine, tale riduzione non cessa di essere significativa, anche perché i tagli sembrano riguardare soltanto le didascalie propriamente drammatiche.

Parallelamente, nel corso dei tre drammi, è possibile osservare una graduale diminuzione dell’azione – in Contadoras, per esempio, ci sono sicuramente più eventi che in No es la lluvia. Tale affermazione non sembra essere valida per No amanece en Génova, in cui muoiono ben undici persone in una sola giornata; non bisogna dimenticare, però, che nei dialoghi non c’è traccia degli omicidi, i

39 Sia Calero Heras che Fernández Roca, nei loro studi, riconoscono

nell’espressionismo cinematográfico tedesco l’orizzonte cinematografico di Valle-Inclán. Cfr. J. CALERO HERAS, op. cit. e J. A. FERNÁNDEZ ROCA, op. cit.

(17)

74

quali non vengono rappresentati sulla scena, ma compaiono soltanto nelle didascalie, risultando quindi percepibili al lettore, ma non allo spettatore.

A parer mio, tra questi fenomeni esiste una correlazione. La riduzione dell’azione appare essere direttamente proporzionale a quella del numero delle didascalie, perlomeno di quelle propriamente drammatiche – se in scena non succede niente, infatti, non sono necessarie precisazioni dell’autore riguardo ai movimenti, alla voce, all’allestimento, ecc.; al contrario, il rapporto tra lo scemare dell’azione e l’aumento del numero di indicazioni narrative sembra di proporzionalità diretta: ciò che accade, pur non essendo percepibile sulla scena, viene riassunto dall’autore nelle annotazioni drammatiche.

In conclusione, ritengo che l’evoluzione dell’uso delle didascalie nella Trilogía rifletta il percorso della sperimentazione drammatica di Cortés, che, pur partendo già da una posizione di avanguardia – non si può certo considerare Contadoras un’opera tradizionale – si muove sempre più nella direzione di un teatro letterario, in cui l’azione è subordinata all’importanza della parola.

(18)

75

2.3. I personaggi

Osservando la Trilogía nel suo insieme, uno dei primi aspetti che risalta è l’esiguità del numero dei personaggi, che in tutti i drammi non sono mai più di quattro.

Tale scelta, analogamente a quanto già detto nel capitolo relativo allo spazio, è dovuta non soltanto a ragioni di tipo drammatico, ma anche alla situazione di precarietà economica vissuta da Trasto Teatro, come afferma lo stesso Cortés in un’intervista:

S: ¿Por qué todas tus obras tienen pocos personajes (2-4)? Me he dado cuenta de que los dramaturgos contemporaneos españoles no escriben sus obras con muchos personajes...

C.: En general, es una cuestión económica. Una compañía gira sus

espectáculos y mientras más actores, mayor gasto: alojamiento, dieta, transporte. Es inviable para una compañía independiente mantener un nutrido elenco, esto queda reservado a los teatros públicos, oficiales... que, por cierto, también ellos se han visto golpeados por la crisis y han tenido que rebajar sus plantillas. [...] La precariedad no solo condiciona el número de actores-personajes, sino también el diseño de escenografía, utilería, vestuario40.

Secondariamente si nota che, in tutti e tre i drammi, la totalità delle posizioni di potere è occupata da personaggi maschili: in Contadoras in cima alla gerarchia si trova il Domatore di leoni, che impone al circo la sua logica maschilista; in No amanece en Génova il vertice della piramide è rappresentato dal Re; in No es la lluvia, infine, è il Vecchio che ha la meglio sulla volontà di Roma, la quale finisce per adottare la sua visione del mondo.

L’unica eccezione è rappresentata dalla Contorsionista, che si configura come aiutante del Domatore, una sorta di “sacerdotessa” dell’ordine maschilista da lui rappresentato; anzi, si può dire che sia unicamente lei a svolgere la funzione di carnefice, in quanto per tutto il corso del dramma il Domatore si limita a ridere fragorosamente. L’aggressività e la prepotenza che la contraddistinguono sono qualità proprie più di un personaggio maschile che femminile. La Contorsionista pensa, parla e agisce come un uomo; fa largo uso del

(19)

76

turpiloquio e maneggia lo strumento di repressione che appartiene al Domatore, ovvero la sua frusta.

In No amanece en Génova, invece, si verifica la situazione contraria. Il braccio destro del Re presenta caratteristiche tipicamente femminili; il rapporto che li lega non è di sottomissione all’autorità, ma di tenerezza ed empatia. Quando uccide, Oncetiros non lo fa per eseguire un ordine, ma per compiacere il Re, che infatti lo definisce «viejo amigo»41. Inoltre, quando il sovrano si arrabbia, Oncetiros lo ammonisce bonariamente e lo rassicura non sulla sua fedeltà, ma sul suo affetto:

ONCETIROS: Mi cariño es firme como el suelo que pisamos, señor42.

Alla luce di queste considerazioni non appare strano che, nella rappresentazione di Trasto Teatro, il personaggio di Oncetiros sia stato interpretato da una donna, l’attrice Susana Vergara43.

Tale confusione degli attributi di genere provoca, nel caso della Contorsionista, un maggiore distanziamento del pubblico dal personaggio, mentre, per quanto riguarda Oncetiros, innesca una reazione a metà tra la repulsione e la tenerezza.

Inoltre, in Contadoras e No amanece en Génova è presente una vera e propria gerarchia sociale tra i personaggi. Nel secondo dramma questo aspetto è chiarissimo, in quanto c’è un re che considera il resto del mondo suoi sudditi. Quando, durante il loro primo incontro, il Poeta gli parla della collina delle donne, il Re risponde che il suo dominio si estende non solo a quella terra, ma anche a quanto vi si trova sopra, comprese le persone.

EL REY: Tengo todo lo que quiero tener. No sólo esas tierras o esas mujeres, también te tengo a ti. También tú me perteneces44. Seppure in maniera meno esplicita, la divisione sociale è presente anche in Contadoras. Ne è un esempio il modo in cui la Contorsionista parla degli addetti alla pulizia delle gabbie, a cui non rivolge parola perché inferiori addirittura agli animali; la Moglie, invece, deve considerarsi fortunata di godere del privilegio della sua

41 R. CORTÉS MENA, Trilogía del desaliento, cit., p. 69. 42 Ivi, p. 71

43 Cfr. C. TITOS MARTÍN, No amanece en Génova, cit., p. 127. 44 R. CORTÉS MENA, Trilogía del desaliento, cit., p. 83.

(20)

77

conversazione, in quanto non è un’artista, ma svolge un lavoro manuale.

Il fatto che tutte le opere si svolgano in uno spazio chiuso e che tra i personaggi esistano marcate differenze di tipo sociale legittima, a mio parere, l’interpretazione dei “mondi” creati da Cortés come “riduzioni in scala” della società, che conferiscono ai suoi drammi un significato anche politico-sociologico. Il drammaturgo moronense – così come il resto dei membri di Trasto, d’altra parte – non ha mai nascosto la componente fortemente politica del suo teatro, che considera come un vero e proprio spazio di impegno sociale.

Per quanto riguarda la caratterizzazione, Cortés fornisce pochissime notizie sull’aspetto fisico dei i personaggi; per alcuni, come il Domatore di Leoni e la Trapezista, le informazioni sono contenute in una sola didascalia:

[Está EL DOMADOR que no parpadea y siempre ríe. Y está LA TRAPECISTA que no habla, porque es

MUDA.

…pero no están solos]45.

In Contadoras il grado di caratterizzazione fisica è particolarmente basso; dell’aspetto della Moglie non sappiamo nulla, mentre della Contorsionista apprendiamo soltanto che si preoccupa di truccarsi tutti i giorni, anche se il circo non è più in funzione.

Questo è un esempio di quella che García Barrientos chiama caratterizzazione transitiva46, in quanto le informazioni non sono contenute in una didascalia, ma vengono fornite da un altro personaggio, in questo caso dalla Moglie.

In No amanece en Génova la caratterizzazione fisica risulta più accentuata. Dalle didascalie possiamo dedurre qualche indicazione sull’abbigliamento dei personaggi: dell’Infausta, per esempio, sappiamo che indossa «un triste camisón percudido por los meados»47. In questo dramma è presente anche un caso di

caratterizzazione riflessiva, ovvero di un personaggio che caratterizza se stesso48. Ancora una volta si tratta di informazioni sull’aspetto fisico, ed è il Re a fornirle:

45 Ivi, p. 19.

46 Cfr. J. L. GARCÍA BARRIENTOS, op. cit., p. 175. 47 R. CORTÉS MENA, Trilogía del desaliento, cit., p. 63. 48 J. L. GARCÍA BARRIENTOS, op. cit., p. 175.

(21)

78

EL REY: […] ¿Yo provoco esas risas? […] Es mi cabello despeinado, ¿verdad? Son mis uñas negras, mi lienzo agujereado… pues mi aspecto os engaña, inequívoca es la dignidad que me emplea49.

Il grado di caratterizzazione fisica torna a diminuire in No es la lluvia; non c’è nessuna indicazione riguardante Roma, mentre dell’altro personaggio sappiamo solo che è in età avanzata e ha una deformazione, attributi, questi, tutti contenuti nel nome. Come afferma García Barrientos, infatti:

La caracterización empieza ya por el nombre […]. A veces, termina en él, es decir todo el carácter del personaje se encierra en su denominación: por ejemplo, ‘El borracho’ de Luces de

Bohemia. Las designaciones mediante nombres comunes (la

‘Criada’ de La casa de Bernarda Alba) es obvio que proporcionan algún atributo del personaje, de forma patente (Martirio, Angustias, Prudencia) o más soterrada (Alba: «blanca», Bernarda: «con fuerza de oso», Adela: «de naturaleza noble»)50.

Nelle opere di Cortés è presente la totalità dei casi qui elencati. Quasi tutti i personaggi della Trilogía non possiedono un nome proprio, ma vengono “battezzati” con un appellativo costituito da un loro attributo – l’Infausta, per esempio, è la sventurata scelta dal Re per essere il suo giardino – o dalla posizione che ricoprono all’interno della storia, in alcuni casi persino dalla loro professione: è questo il caso del Re, del Domatore di leoni, della Trapezista e del Poeta; altre volte vengono definiti in funzione di un altro personaggio, come accade per la Moglie del domatore di leoni.

Anche quelli che in apparenza lo sembrano, in realtà non sono nomi propri; Oncetiros, per esempio, definisce il personaggio – per metonimia, riferendosi agli undici colpi che spara – come il boia che è costretto a uccidere undici volte al giorno. Roma, a prima vista un nome proprio di città, è in realtà – come suggerisce lei stessa – l’anagramma della parola «amor».

ROMA: Roma al revés…No sé si mi nombre es un augurio o una sentencia51.

49 R. CORTÉS MENA, Trilogía del desaliento, cit., p. 81. 50 J. L. GARCÍA BARRIENTOS, op. cit., p. 173.

(22)

79

Oncetiros e Roma, quindi, non sono effettivamente nomi propri, ma parlanti, che rivelano il ruolo del personaggio all’interno della storia.

I nomi – alcuni di reminiscenza lorchiana – che la Contorsionista attribuisce alla Moglie (Sacrificio, Soledad, Angustias e Dolores), invece, rimandano tutti alla condizione psicologica del personaggio; il fatto che siano tutti scritti con iniziale maiuscola suggerisce quasi che la Moglie ne sia una personificazione – alla maniera degli autos sacramentales –, come è ribadito dalla frase che la Contorsionista ripete ossessivamente: «el nombre de la cosas es la cosa misma».

Un altro esempio di speciale interesse è costituito dai riferimenti mitologici, che Cortés accosta metaforicamente ad alcuni personaggi. È il caso dei rimandi a Diana e Orione presenti in Contadoras52. Nella mitologia greca, Orione era un cacciatore, mentre Diana era la divinità protettrice dei boschi e degli animali; il primo è un chiaro riferimento al Domatore e al suo ruolo di ammaestratore di fiere, mentre il secondo allude alla Moglie, alla sua natura libera, pura e allo stesso tempo premurosa, materna.

Contrariamente a quanto accade per quella fisica, il grado di caratterizzazione psicologica e morale è piuttosto elevato nella Trilogía. Questo tipo di informazioni non viene fornito in maniera esplicita, bensì veicolato implicitamente; in Contadoras passa, tra le altre cose, attraverso i gesti. Ad esempio Cortés si preoccupa di menzionare per ben due volte il fatto che la Moglie accarezzi delicatamente la valigia; nella prima didascalia al riguardo, precisa che lo fa quasi impercettibilmente, «con la yema de los dedos» e nella seconda usa il verbo «rozar»53. L’immagine del personaggio sensibile e delicato che emerge da queste azioni viene poi corroborata dalla premura con cui la Moglie si precipita a raccogliere, quando la Contorsionista rovescia a terra, gli aeroplanini di carta contenuti nella sua valigia.

Le azioni della Contorsionista, al contrario, tradiscono la sua prepotenza e aggressività: getta a terra non solo la valigia, ma anche il telefono che sottrae alla Moglie, così come il piatto in cui questa raccoglie i ceci.

Un caso particolare di caratterizzazione implicita è rappresentato da quello che García Barrientos definisce emblema.

52 Cfr. ivi, pp. 29, 35. 53 Cfr. ivi, pp. 21, 27.

(23)

80

[El emblema es] un objeto, un gesto, un lugar, una forma de hablar, de vestirse, etc., que se asocia de forma constante con el personaje y se convierte así en marca distintiva de éste hasta el punto de simbolizarlo; se trata, pues, de un detalle cuya relación metonímica con el personaje llega a transformarse en metafórica, como el bastón de Bernarda [Alba]54.

La valigia e il vestito giallo contenuto in essa possono considerarsi, a mio parere, emblemi della Moglie, in quanto rivelano la sua natura di personaggio ribelle, che resiste con tenacia ai maltrattamenti del Domatore e della Contorsionista.

Al basso grado di caratterizzazione dei personaggi fa da contraltare anche l’importanza che, nella Trilogía, assume la loro funzione. Poco sopra ho spiegato come tale aspetto influisca fortemente sulla scelta del nome, che spesso viene coniato sulla base di un attributo. Inoltre, sono i personaggi stessi – significativamente i detentori del potere – a insistere sull’importanza del ruolo che quelli a essi subalterni svolgono all’interno del dramma. La Contorsionista, per esempio, ricorda alla Moglie che non le è permesso abbandonare il circo perché lì ha un compito ben preciso:

LA CONTORSIONISTA RETIRADA: ¿Entender? No es tan fácil, mujer. Aquí cumples una función. ¿Quién hará los garbanzos mañana, eh? Por ti como si el circo se muere de hambre, ¿verdad?55

La sua paura più grande, infatti, è non servire più a niente.

LA CONTORSIONISTA RETIRADA: ¿Miedo? Por favor, qué ironía… ¡la mujer de un domador de fieras con miedo!56

Anche il Re rimprovera l’Infausta perché non svolge la sua funzione, ovvero dargli un erede.

EL REY: […] Tú eres mi jardín. Deberías preñar de agua los oquedales, no alentar con niebla tus augurios ¡más niebla aún!... Si cumplieras tu función, el mar se posaría en mi oído para acunarme en su arrullo57.

Infine il Vecchio, nel suo monologo finale, afferma.

54 J. L. GARCÍA BARRIENTOS, op. cit., p. 175.

55 R. CORTÉS MENA, Trilogía del desaliento, cit., p. 45. 56 Ivi, p. 39.

(24)

81

EL VIEJO DE LA JOROBA: […] En el mundo están pasando cosas. […] Muchas cosas son terribles. Y la inmensa mayoría de ellas, inexplicales: cosas raras… […] Pero seguimos caminando como si todo tuviera un sentido, que creemos comprender, tan sólo, porque cumplimos una función58.

Oltre alla funzione, appare di grande rilevanza anche la posizione dei personaggi rispetto al conflitto postulato dal dramma. In Contadoras i due poli del confronto sono rappresentati dalla Moglie e dal Domatore, nuclei attorno a cui gravitano tutti gli altri – la Trapezista attorno alla Moglie e la Contorsionista attorno al Domatore. In realtà, visto che questi rimane in silenzio per tutto il corso della storia, risulta più appropriato affermare che il conflitto si consuma tra la Moglie e la Contorsionista.

In No amanece en Génova il nodo è rappresentato dal Re, che è spalleggiato da Oncetiros, la cui posizione rimane invariata durante tutto il dramma; è costante anche quella dell’Infausta, che, però, è di radicale dissenso nei confronti del sovrano. L’atteggiamento del Poeta, invece, cambia mano a mano che si sviluppa la storia. Nel suo primo incontro con il tiranno sembra questionare la legittimità del suo dominio, schierandosi quindi con l’Infausta. Nel primo finale, tuttavia, rifiuta di ucciderlo e va incontro alla morte senza lottare, arrendendosi alla logica del sistema. Nel secondo finale, invece, arriva persino a usurpare il trono, facendo propria la logica violenta del potere.

In No es la lluvia i personaggi sono soltanto due e si definiscono in reciproca opposizione. Roma rappresenta la speranza, la fede nell’amore e in un senso ultimo dell’esistenza, mentre il Vecchio incarna posizioni nichiliste. L’atteggiamento di Roma, tuttavia, cambia nel corso del dramma, muovendosi sempre di più verso un’identificazione con quello del Vecchio, che, invece, rimane uguale; scoraggiata, decide infatti di andare a dormire, perdendo ogni speranza nel ritorno del Viaggiatore.

Alla luce di queste considerazioni risulta semplice osservare come tutti i personaggi detentori di una posizione di potere siano di caratterizzazione fissa, mentre quella variabile viene riservata ai caratteri che mantengono un atteggiamento di opposizione. Fissi sono anche gli aiutanti di entrambi i poli del conflitto.

Incrociando questi due dati – la valenza funzionale e la costanza/variabilità del carattere – è possibile individuare relazioni

(25)

82

inter-drammatiche di sinonimia e antonimia tra i personaggi, che saranno utili per tentare di determinare il significato dell’opera.

Tabella 1: Valenza funzionale e variabilità di carattere dei personaggi della Trilogía del desaliento. F= Carattere fisso; V= carattere variabile

C ont ado ras de gar b anzo s Personaggi del potere Aiutanti del potere Aiutanti opposizione Personaggi di opposizione F V F V F V F V D om at or e C ont or si o ni st a Tra pe zi st a Mogl ie N o am anec e en G énov a Re O nce ti ro s Inf aust a Poet a N o es l a l luv ia, es e l vi ent o V ec chi o R om a

(26)

83

2.4. Il significato della Trilogía

Come ho accennato poco sopra, i drammi di Cortés sono tutti costruiti sulla base di un conflitto principale, attorno a cui i personaggi si dispongono, definendo così la propria natura.

Tale conflitto non è causato dalla lotta tra diversi soggetti per l’ottenimento di un oggetto – uso questa terminologia in riferimento al modello attanziale di Propp –, ma è costituito da dinamiche di potere in una varietà di scenari – all’interno della famiglia in Contadoras, nei palazzi del potere in No amanece en Génova e tra due idee in No es la lluvia –, in cui si riconosce un percorso di amplificazione che va dalla dimensione privata a quella pubblica.

Con l’ausilio della Tabella 1, è possibile leggere i personaggi di Cortés come segni, come varie declinazioni, in contesti via via più ampi, delle stesse funzioni. Il Re, il Domatore e il Vecchio sono i detentori del potere; eccetto quest’ultimo, gli altri sono coadiuvati da un aiutante – rispettivamente Oncetiros e la Contorsionista; specularmente, la Moglie, il Poeta e Roma sono definibili come i caratteri sottomessi. Ai primi due, infine, devono essere accostati la Trapezista e l’Infausta in veste di aiutanti.

Circoscrivendo il campo di analisi a quelli che ho sottolineato essere i caratteri variabili – ovvero alla Moglie, al Poeta e a Roma – si nota inoltre che le loro vicende tracciano un percorso dall’andamento anticlimatico.

La Moglie, infatti, è l’unica che, attraverso una profonda evoluzione, riesce a capovolgere la situazione iniziale del dramma, liberandosi dalla sua condizione di sottomissione, mentre la lotta del Poeta e di Roma si concludono con una sconfitta.

Tale struttura amplificativa ribadisce, a mio avviso, il significato esistenziale della Trilogía. Le vicende dei personaggi eccedono il processo di significazione interno per fare riferimento alla condizione di tutto il genere umano; il loro «desaliento», quindi, verrebbe a significare lo sconforto che, in epoca postmoderna, affligge l’uomo. O meglio, il pensiero.

Ritengo che tale lettura sia corroborata dall’importanza che assume, nella ricerca drammaturgica di Cortés, la critica alle filosofie del postmoderno, come non ho mancato di sottolineare in 1.3.2. e 1.3.3.

Mi sembra molto significativo, poi, che la parola «desaliento», oltre a essere contenuta nel titolo, venga pronunciata solo da quei personaggi – tra i caratteri variabili – che non riescono a capovolgere

(27)

84

la loro condizione iniziale e ciò avvenga nell’istante immediatamente precedente alla loro resa.

Quando l’Infausta, per convincerlo a uccidere il Re, gli dice che ammazzerà anche lui, il Poeta afferma:

EL POETA: Contra mi desaliento son vanas sus espadas59. Subito prima del monologo che determina l’abbandono della sua posizione iniziale di speranza, Roma dice:

ROMA: Vieja, como tú, y en el peor momento. Ahora que los pedestales están vacíos y me abrazo al mármol rígido del desaliento. Supongo que esto es solo un comienzo: una dureza que te raspa la yema de los dedos y ya nunca dejas de acariciar ortigas60.

L’intenzione di Cortés, tuttavia, non è quella di scrivere una cronaca della morte del pensiero, bensì di scongiurarla, cercando una reazione nello spettatore e proponendo una via alternativa.

Il messaggio finale dell’opera, quindi, è in ultima istanza positivo; non si tratta di un ottimismo ingenuo, acritico, ma è il risultato di una scelta difficile, quella di continuare a lottare per capire un’esistenza spesso criptica ed ermetica, svelando anche le verità scomode.

Per veicolare questi concetti il drammaturgo moronense utilizza strategie testuali finissime, che cercherò di mettere in luce prima nei singoli drammi per poi tornare, circolarmente, sulla Trilogía nella sua globalità.

59 Ivi, p. 87. 60 Ivi, p, 135.

(28)

85

2.4.1. Contadoras de garbanzos

Il tema dell’opera è, come ho già sottolineato in precedenza, la violenza di genere. Facendo riferimento a una non meglio precisata intervista all’autore realizzata nel 2008, Eva Romero Molina afferma che Contadoras nasce in relazione a un progetto dell’ «Instituto de la mujer», ma che in ultima istanza viene rifiutata per la sua eccessiva durezza61.

Sotto il tendone di un circo non più in funzione, si consuma un conflitto tra il Domatore di leoni e sua moglie, o meglio, tra questa e la Contorsionista ritirata, visto che il personaggio maschile non pronuncia nemmeno una parola in tutta l’opera; come lui, anche la Trapezista è priva della facoltà di parlare.

Nel dramma apprendiamo che questa è muta perché la Contorsionista le ha tagliato la lingua62, mentre non c’è traccia della ragione del silenzio del Domatore. Tale menomazione non sembra dipendere da fattori fisici, in quanto il personaggio può effettivamente emettere suoni, come la fragorosa risata che lo contraddistingue.

Mi trovo d’accordo con Eva Romero Molina quando afferma che il Domatore non parla perché non ha necessità di farlo, in quanto nelle donne – non in tutte, ma ancora in troppe –, l’ordine repressivo che rappresenta è molto radicato.

Curiosamente, en este conflicto, la figura del hombre será una figura silenciada. Pero ¿qué necesidad tendrá de hablar? La sociedad y las propias mujeres tenemos ya asumido y aprendido el papel que el hombre escribió para nosotras63.

Nonostante occupino posizioni opposte rispetto al conflitto, anche tra i personaggi parlanti sono individuabili delle relazioni di sinonimia; le azioni che essi compiono, infatti, costituiscono in un certo senso la realizzazione di quanto quelli muti non vogliono o non possono tradurre in parole: la reazione della Moglie viene innescata dai consigli della Trapezista, così come le angherie della Contorsionista costituiscono la concretizzazione dell’ordine maschilista propugnato dal Domatore.

61 Cfr. E. ROMERO MOLINA, Técnica dramática en «Contadoras de garbanzos», in

Buscando sombras, creando espejos, 2008, documento appartenente all’archivio dell’autore, pp. 1-14, qui p.1.

62 Cfr. R. CORTÉS MENA, Trilogía del desaliento, cit., p. 52. 63 E. ROMERO MOLINA, op. cit., p.6.

(29)

86

Oltre che in base ai rapporti che intrattengono l’uno con l’altro, i tre personaggi femminili si definiscono per il loro atteggiamento rispetto al nucleo conflittuale, ovvero il regime del Domatore; la Contorsionista lo considera legittimo e lo elegge a principio ordinatore, la Trapezista lo teme – all’inizio del dramma si copre le orecchie gli occhi, come per negarne l’esistenza –, ma poi agisce come catalizzatore della rabbia della Moglie; quest’ultima inizialmente ne subisce l’oppressione, ma poi vi si oppone, scardinandola.

Ancora una volta mi trovo d’accordo con Eva Romero Molina, quando afferma che i tre personaggi sono interpretabili come tre fasi dell’atteggiamento di un’unica donna rispetto alla violenza subita:

El universo dramático de Contadoras de garbanzos, su acción, gira en torno al silencio, al miedo, a la soledad desplegando en tres de sus personajes femeninos a una única mujer. Se podría decir que cada uno de estos personajes, va a reflejar distintas etapas de lucha contra el régimen establecido en la carpa. Distintas actitudes frente al régimen totalitario impuesto64.

Tale interpretazione sembra legittimata anche dalla percezioni che gli stessi personaggi hanno del fatto che la loro, in realtà, è una condizione comune. La Trapezista, infatti, cercando di convincere la Moglie a ribellarsi afferma:

LA TRAPECISTA MUDA: «Grita tú y mi silencio no será

eterno»65.

E ancora la Moglie, rivolgendosi alla Contorsionista:

LA MUJER DEL DOMADOR DE LEONES: Contadoras de garbanzos… siempre lo hemos sido. Incluso tú66.

È per questo motivo che, nonostante si concentri sulle vicende di un solo personaggio, Cortés ha scelto un titolo al plurale; inoltre, tale titolo suggerisce, a mio parere, anche la volontà da parte dell’autore di scrivere un dramma dal valore universale, significativo per tutte le donne vittime di maltrattamenti. A tale logica risponde anche questa battuta della Moglie:

64 Ibid.

65 R. CORTÉS MENA, Trilogía del desaliento, cit., p. 32. 66 Ivi, p. 26

(30)

87

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: 43 garbanzos en el plato, la buena esposa. 43 garbanzos en los informes, la buena secretaria. 43 garbanzos en la cuna, la buena madre. 43 garbanzos de placer en la cama. 43 garbanzos de moral en el escote y la largura de la falda. Para depilarte las axilas y el bigote, 43 garbanzos. Para las caderas estrechas y el culo alto, 43 garbanzos…siempre lo mismo, 43 garbanzos67.

Nella letteratura spagnola esiste un’altra opera teatrale dedicata al tema della violenza familiare: mi riferisco a La casa de Bernarda Alba (1936), di Federico García Lorca, con cui Contadoras de garbanzos presenta molti punti di contatto.

Il personaggio della Contorsionista, per cominciare, è costruito sul modello della protagonista del dramma lorchiano. Come Bernarda Alba, anche lei agisce in difesa della morale di un maschio assente – pur comparendo fisicamente sulla scena, infatti, il Domatore di leoni non agisce e non parla –, assumendone il ruolo. Entrambi i personaggi, inoltre, presentano spiccate caratteristiche mascoline, tanto che, nel caso di Bernarda Alba, alcuni registi hanno affidato il ruolo ad attori uomini – si pensi, per esempio, a Ismael Merlo nella versione del 1976 diretta da Ángel Facio.

Facendo proprio il lemma sartriano «l’enfer c’est les autres», i due caratteri condividono anche l’ossessione per il mantenimento delle apparenze, che costituiscono l’unico baluardo possibile contro il giudizio degli altri.

Se nel dramma di Lorca tale ossessione si traduce nel rigido lutto imposto alle figlie dopo la morte del marito, in Contadoras prende forma nell’assurda ostinazione della Contorsionista a truccarsi tutti i giorni, nonostante abbia smesso di esibirsi.

LA CONTORSIONISTA RETIRADA: …Por eso sigo aquí, y por eso me maquillo cada día. Ya no me maquillo para el público, ni para el circo. Me maquillo para la carpa, para que me reconozcan los míos68.

Qui la Contorsionista assume anche tratti propri dei personaggi pirandelliani; nella sua percezione del mondo, infatti, l’identità arriva a coincidere con una maschera, ed è attraverso l’occultamento del suo volto che, paradossalmente, viene riconosciuta all’interno del circo.

67 Ivi, p. 27. 68 Ivi., pp. 42-43.

(31)

88

Un altro aspetto che accomuna la Contorsionista al personaggio lorchiano è la mentalità reazionaria e classista; Bernarda intralcia le nozze della figlia Martirio, condannandola a un’attesa inutile, perché lo sposo non proviene da una famiglia facoltosa. Inoltre, si rifiuta di regalare gli oggetti appartenuti al marito defunto, dimostrando, in questo modo, un forte disprezzo per le necessità dei poveri; è celeberrima, infatti, la battuta che pronuncia nel I atto: «los pobres son como animales. Parecen hechos de otras sustancias»69.

Questa frase viene ripresa dalla Contorsionista, che, parlando degli addetti alle gabbie, afferma:

LA CONTORSIONISTA RETIRADA: […] Aparte de ti, ¿quién los conoce? ¿Quién sabe sus nombres? Son invisibles… fantasmas arrastrando un cepillo. Sus animales valen más… Creo que en todo el tiempo que llevo en esta carpa jamás miré a uno a los ojos o crucé palabra alguna70.

Il fatto che la Contorsionista li qualifichi come fantasmi rimanda alla seconda parte della battuta di Bernarda, in cui il personaggio afferma che i poveri sono fatti “di un’altra pasta”, stabilendo, in questo modo, una differenza sostanziale, di natura, tra lei e loro. In secondo luogo, si ricollega alla frase che ripete costantemente – «el nombre de las cosas es la cosa misma» –; il fatto che nessuno conosca il loro nome, infatti, equivale a che nessuno ne riconosca l’esistenza.

Sia Bernarda che la Contorsionista sono personaggi inclini alla violenza, come è dimostrato dai loro emblemi, ovvero il bastone e la frusta, che le configurano come veri e propri prolungamenti dei personaggi maschili.

Risulta significativo, infatti, che in entrambi i drammi la furia dei personaggi oppressi – Adela, la Moglie e la Trapezista – si scateni proprio su questi oggetti. Nella quarta parte del terzo atto, al culmine del confronto con Bernarda, Adela rompe «la vara de la dominadora»71; allo stesso modo, prima di incendiare il circo, la

Moglie e la Trapezista sottraggono la frusta alla Contorsionista e le legano mani e piedi alla sedia.

Il parallelismo più significativo tra i due personaggi, tuttavia, è costituito a mio parere dall’ossessione per il controllo sulle parole

69 F. GARCÍA LORCA, La casa de Bernarda Alba, Madrid, Cátedra 2005, p. 149. 70R. CORTÉS MENA, Trilogía del desaliento, cit., p. 26.

(32)

89

altrui. Tale caratteristica è riconoscibile anche nella Contorsionista, che richiama continuamente la Moglie e la Trapezista al silenzio.

LA CONTORSIONISTA RETIRADA: (Al DOMADOR) ¡O la calla usted o la callo yo!72

In Contadoras il silenzio ha un’importanza fondamentale a livello simbolico; metafora di oppressione e di incomunicabilità, non è presente soltanto nel mutismo dei personaggi, ma informa tutti i livelli del testo, fino ad arrivare alla punteggiatura, che è infatti ricca di puntini sospensivi.

Los silencios abundan en la obra, pero estos no son marcados por Raúl Cortés como tales. Juega con el lector y no los hace evidentes, creando no silencios, sino abismos de silencios en sus puntos suspensivos. […] No indican calma sino tensión, miedo desmedido. Podrían ser silencios metafísicos: la causa, la imposibilidad para la comunicación73.

Il dialogo con l’opera lorchiana, tuttavia, non si esaurisce con la costruzione del personaggio della Contorsionista; la Moglie, infatti, presenta alcuni punti di contatto con Adela.

Entrambe si ribellano al dispotismo che le opprime; tuttavia, mentre Adela manifesta fin dall’inizio del dramma una fortissima vitalità e intolleranza nei confronti dell’autorità materna, la Moglie si configura prima come un personaggio sottomesso e arriva alla ribellione soltanto dopo una lunga evoluzione. Inoltre, contrariamente a questa, che combatte per liberarsi dall’oppressione dell’ “amore”, dal dominio di un uomo, Adela lotta per averlo.

L’analogia più rilevante tra questi personaggi è rappresentata dagli espedienti che i rispettivi drammaturghi usano per caratterizzarli. La natura istintiva e ribelle di Adela viene suggerita da Lorca per mezzo di un vestito verde, che la ragazza si ostina a indossare nonostante il rigido lutto imposto da Bernarda.

Cortés cambia il colore – non più il verde, ma il giallo, che è comunque un colore vivace, simbolo di vitalità –, ma si serve della stessa strategia – un vestito, che contrasta con l’ombra scura del padre – per rappresentare l’animo sognatore e il desiderio di resistenza della Moglie.

72 R. CORTÉS MENA, Trilogía del desaliento, cit., p. 53. 73 E. ROMERO MOLINA, op. cit., p. 7.

Riferimenti

Documenti correlati

Tenuto conto dei tempi di progettazione e di entrata a regime dei percorsi, il rischio concreto che si corre disegnando oggi percorsi formativi fortemente

15.00-18.00 PRIMO VENERDÌ DEL MESE: ADORAZIONE EUCARISTICA E CONFESSIONI 20.45 VEGLIA DI PREGHIERA PER I DEFUNTI NELLA FESTA DEI SANTI.. 15.00 CIMITERO: EUCARESTIA PER

Se SI, di che tipo: X Sospeso A colonna Incassato nel mobile Tipo di rubinetteria del lavabo:. Spazio frontale al

5 Solo per il momento, perché sulle banchine della metropolitana sa- rebbe possibile, invece, con un minimo di tecnologia, far crescere degli alberi per mitigare l’aggressività

Mai come prima si popolo non va vista certo causa della sua morte avve- cane generano opinioni più sono le sue acquisizioni dot- era vista una così grande come un contrasto nei

Se la più grande saggezza è non avere paura, cominciamo dalla scuola, come ha detto un mese fa il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Vo' Euganeo:

L’ 8 marzo 2017 è stata defini- tivamente approvata la Legge 24/2017 – nota ai più come Legge Gelli – “Disposizioni in materia di sicu- rezza delle cure e della persona

Via del Tintoretto (01VE9787) Splendido appartamento finemente ristrutturato ampio ingresso salone doppio di rappresentanza cucina tre camere doppi servizi cantina terrazzo