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Academic year: 2021

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(1)

Emorragia sub aracnoidea

1.1

Definizione di ESA

L’emorragia sub aracnoidea (ESA), definita come un versamento ematico che si distribuisce fra i due foglietti della leptomeninge aracnoide e pia madre, è responsabile del 5-15% dei casi di ictus.

L'ESA può essere post-traumatica, complicanza di un trauma cranico, o spontanea dovuta nell'85% dei casi alla rottura di un aneurisma, nel 10% idiopatica (“ESA sine-materia”) e nel restante 5% l’ESA riconosce cause rare come dissezione arteriosa, malformazioni artero-venose (MAV), fistole artero-artero-venose durali.

L'ESA spontanea ha un'incidenza variabile in base alla popolazione studiata variando dal 2,2 per 100.000 abitanti/anno in Cina fino a 33-37 per 100.000 abitanti/anno in Finlandia. In media l'incidenza dell'ESA è di circa 10 per 100.000 abitanti/anno.

L'incidenza aumenta con l'età e presenta un picco tra i 50 e i 60 anni e la popolazione femminile risulta essere maggiormente colpita.(1,8)

1.2

Aneurismi cerebrali

1.2.1

Epidemiologia

La rottura di aneurismi cerebrali risulta essere la causa principale di ESA spontanea.

Gli aneurismi cerebrali sono dilatazioni circoscritte delle arterie intracraniche e si formano per progressivo sfiancamento di un piccolo tratto della parete arteriosa là dove vi è stata la perdita della lamina elastica. La parete dell´aneurisma, per questo motivo, è estremamente fragile e suscettibile di rottura in quanto priva della normale protezione. Tipicamente gli aneurismi si formano all’altezza delle biforcazioni vascolari sul poligono di Willis, in quanto a questo livello il flusso è più turbolento e determina stress sulla paretevascolare.

Nell’ 80-90% si verifica nel circolo anteriore e solo 10-20% a livello vertebro-basilare.

L’incidenza degli aneurismi cerebrali è mediamente di 10 casi per 100.000 abitanti con una maggior incidenza nel sesso femminile. Si manifestano molto raramente nella prima decade di vita mentre divengono sintomatici con l´avanzare dell´età: più della metà si registra tra i 40 e i 60 anni. (1,2,3)

(2)

1.2.2

Eziopatogenesi

Gli aneurismi cerebrali si verificano in presenza di alterazioni strutturali della parete vascolare, in parte su base congenita ed in parte indotta dallo stress emodinamico (ipertensione) e dall’ abuso di alcool e fumo. In presenza di una fragilità di parete lo shear stress, provocato dal flusso turbolento nei punti di biforcazione, causa nel tempo la distruzione di alcuni tratti della lamina elastica della parete dei vasi e successivo sfiancamento. Questa è la base patogenetica primaria; tuttavia vengono riconosciute delle cause scatenanti quali le infezioni ed i traumi. (2,9)

1.2.3

Diagnosi

La diagnosi di aneurisma cerebrale può essere effettuata conseguentemente a rottura con quadro di ESA o precocemente quando viene evidenziata la presenza di aneurisma non rotto in modo occasionale, attraverso esami radiologici condotti per altre cause o per la comparsa di segni neurologici legati alla compressione dell’aneurisma su strutture nervose. La diagnosi definitiva di aneurisma cerebrale viene effettuata attraverso l'angiografia cerebrale che permette di visualizzare chiaramente l’intero circolo cerebrale e caratterizzare l’aneurisma stesso. (1,10)

1.2.4

Presentazione clinica e diagnosi pre-rottura.

La diagnosi pre-sanguinamento non è affatto agevole, infatti la maggior parte degli aneurismi rimane latente fino alla rottura. Alcuni di essi possono essere evidenziati nel corso di un esame angiografico eseguito in occasione della rottura di un altro aneurisma, oppure in corso di accertamenti in soggetti a rischio per familiarità o portatori di patologie predisponenti. Quando l’aneurisma è sintomatico, generalmente si tratta di una dilatazione aneurismatica già voluminosa che spesso è evidenziabile alle immagini TAC.

Quando sintomatico, un aneurisma può dare segno di sé attraverso eventi ischemici transitori o permanenti, per mezzo di embolie da distacco di trombi intrasacculari o può generare una sintomatologia compressiva, che si manifesta diversamente a seconda della localizzazione topografica dell'aneurisma:

 l'aneurisma a livello del seno cavernoso può manifestarsi con compressione del trigemino, dei nervi motori oculari, del simpatico pericarotideo o con segni di ripercussione sulle vene del seno;

(3)

 l'aneurisma infraclinoideo comprime il nervo ottico e può dare quindi ambliopia unilaterale ed atrofia ottica;

 l'aneurisma sopraclinoideo simula un tumore soprasellare e comporta qualche volta dei segni ipotalamici;

 gli aneurismi vertebro-basilari possono simulare un tumore della fossa cranica posteriore quindi dare cefalee occipitali, segni cerebellari piramidali, e segni di compressione dei nervi cranici.

Gli aneurismi non rotti sintomatici, se tecnicamente possibile, devono essere trattati.

Al contrario, sembra preferibile non ricorrere al trattamento (chirurgico o endovascolare) nel caso di un piccolo aneurisma asintomatico (sotto i 10 mm) e quando non c'è una storia di emorragia subaracnoidea dovuta ad altro aneurisma. (1,10)

.

1.3

Presentazione clinica e diagnosi di ESA

Nella sua forma più semplice l’ESA si manifesta con la comparsa di una cefalea ad insorgenza improvvisa e violenta, di solito nucale, tipicamente dopo sforzo fisico e frequentemente associata a vomito.

Alcuni fattori sono considerati facilitanti la rottura dell'aneurisma come il fumo di sigaretta e l’alcool ed è anche riconosciuto che picchi ipertensivi e rapide oscillazioni della pressione venosa e del liquido cerebrospinale aumentano la possibilità di rottura. E' interessante notare che circa il 30% delle ESA insorgono durante il sonno ed inoltre alcune attività quotidiane che incrementano la pressione endocranica sono associate ad aumento della frequenza di rottura (defecazione, attività fisica, attività sessuale). (11)

In uno studio di Sah et al. fu trovato che il 10-15% dei pazienti con aneurisma rotto avevano sintomi correlati prima della rottura: cefalea nel 48%, vertigini nel 10%, dolore orbitario 7%, diplopia 4%, perdita del visus 4%. Si parla in questo caso di sintomi pre-rottura. (12,13) Alla cefalea possono associarsi segni di irritazione meningea (rigor nucalis, dovuto alla contrattura riflessa antalgica dei muscoli paravertebrali), improvvisa perdita di coscienza, crisi convulsive, possibile rapido instaurarsi di una sindrome di ipertensione endocranica (nausea, vomito a getto, emorragie retiniche), segni neurologici focali per compressione dei nervi cranici vicini alla sede dell’aneurisma (più frequentemente II, III, VI). Oltre a questi segni neurologici ve ne possono essere altri sistemici associati quali: febbre (di origine centrale, ipotalamica), ipertensione arteriosa (può essere un compenso emodinamico atto a contrastare l'aumento di pressione intracranica, nel tentativo di aumentare la pressione di perfusione

(4)

cerebrale), modificazioni elettrocardiografiche specifiche, quali anomali delle onde T, U, prolungamento dell'intervallo Q-T e squilibri idroelettrolitici.(11,14)

La sindrome sopra descritta è espressione della fuoriuscita di una modesta quantità di sangue negli spazi subaracnoidei con pronta chiusura della breccia (per formazione di un solido coagulo, contrazione del vaso portatore della malformazione, aumento della pressione intracranica).

Uno stravaso ematico più cospicuo può essere causa di raccolte ematiche tali da esercitare anche un effetto massa, aggravando e complicando la sindrome clinica. In tali casi gli effetti della rottura dell’aneurisma saranno più gravi: ematoma intracerebrale, emorragia intraventricolare, idrocefalo ostruttivo acuto o subacuto, ematoma subdurale (più raro) e clinicamente si avrà perdita di coscienza ed in alcuni casi morte improvvisa.

Nel 15 % dei casi l'ESA può portare a morte il paziente in pochi minuti a causa di una grave ipertensione endocranica da ESA massiva, di un edema polmonare neurogeno, od un'aritmia cardiaca.

La diagnosi di ESA si basa su dati clinici associati ad una valutazione strumentale. L'esame principe per la diagnosi di ESA è la TAC che permette non solo di evidenziare la presenza di sangue, ma anche di valutarne la quantità e la sede ed aggiunge così al dato diagnostico una valutazione prognostica.

La sensibilità della TAC è elevata (93-100%) quando l’esame è eseguito nelle prime 24 ore, ma la precisione diagnostica declina nei giorni successivi. Nel caso in cui la TAC risultasse negativa, di fronte ad un forte sospetto diagnostico sulla base della clinica, trova indicazione la rachicentesi che permette di evidenziare sangue nel liquor. Gli approfondimenti diagnostici si avvalgono della AngioTC e della Angiografia che permettono di visualizzare la sacca aneurismatica o la MAV e di valutarne dimensioni e posizione ed indirizzare le scelte terapeutiche. (10)

• TC (sede ed entità dell’emorragia, eventuale idrocefalo associato, possibile visualizzazione dell’aneurisma).

• Eventuale rachicentesi per documentare la presenza di sangue nel liquor (solo in particolari situazioni di esame TC non dirimente ed in pazienti perfettamente vigili, senza segni di effetto massa o di ipertensione endocranica).

• Angiografia per cateterismo arterioso (presenza, natura, sede e morfologia della malformazione, eventuale molteplicità, vasospasmo).

(5)

• Angio-RM e angio-TC: metodiche diagnostiche non invasive che oggi si affiancano all’angiografia e che forniscono immagini sempre più precise ed in molti casi di alta valenza diagnostica.

1.4

Grading clinico dell’ESA

La valutazione clinica neurologica è fondamentale per inquadrare un paziente da un punto di vista prognostico e per stabilire le strategie terapeutiche, dal momento che diversi protocolli decisionali spesso si applicano sulla base della gravità clinica.

Le scale che per lo più vengono impiegate nella pratica clinica sono:  Scala Hunt e Hess

 Glasgow Coma Scale

 Scala World Federation of Neurosurgical Societies WFNS

Esiste anche una classificazione basata sull’entità del sanguinamento alla TAC.  Scala di Fisher

La scala di Hunt e Hess valuta il grado di severità dell’ESA e lo correla alla sopravvivenza ed al rischio di complicanze. (16)

Grado o Aneurisma non rotto Grado 1 ESA asintomatica

Grado 2 Paziente sveglio con cefalea e meningismo Grado 3 Paziente confuso, disorientato, soporoso

Grado 4 Paziente comatoso, reattivo allo stimolo doloroso, ma non alla chiamata verbale, pupille reattive

Grado 5 Paziente in coma profondo, scarsa reattività pupillare reazione in estensione

Tabella 1. Scala di Hunt-Hess

La Scala del Coma di Glasgow, successivamente modificata in Glasgow Coma Score è una scala di gravità neurologica, sviluppata dai neurochirurghi Graham Teasdale e Bryan Jennet per tenere traccia dell'evoluzione clinica dello stato del paziente in coma.

Questa si basa su tre tipi di risposta agli stimoli (oculare, verbale e motoria) e si esprime sinteticamente con un numero che è la somma delle valutazioni di ogni singola risposta (Eye,Verbal, Motor). Può essere applicata ogni qualvolta si voglia stabilire la gravità della compromissione dello stato neurologico di un paziente, al di là della causa del deficit stesso. Dalla somma dei punteggi ottenuti dalla risposta oculare, verbale e miglior risposta motoria si ottiene un punteggio compreso tra 3 e 15. Nessun singolo valore definisce il punteggio limite

(6)

del coma, ma nel 90% dei casi pazienti con GCS ≤ 8 sono in coma mentre nessun paziente con GCS>9 è in coma. E’ una scala ampiamente riconosciuta, semplice, rapida, facilmente riproducibile, che permette di inquadrare i pazienti in un ambito di gravità e guidare il trattamento iniziale e seguire l’evoluzione nel tempo. (15)

Ha inoltre un valore prognostico; l'esperienza di Teasdale e Jennett suggerisce che i pazienti che sommano lo stesso punteggio totale, anche se derivante da diversi punteggi parziali, si comportano allo stesso modo per quanto riguarda la prognosi.

Apertura degli occhi Spontaneamente 4

Alla parola 3

Al dolore 2

Non apre gli occhi 1

Risposte verbali Orientate 5

Confuse 4

Parole senza senso 3 Suoni incomprensibili 2 Non risponde 1

Risposte motorie Obbedisce ai comandi 6

Localizza il dolore 5 Flette normalmente 4 Flette anormalmente 3 Estende al dolore 2

Non muove 1

Tabella 2. Glasgow Coma Score

E' possibile correlare la scala di Hunt e Hess con il GCS score, dal momento in cui entrambe si riferiscono al grado di compromissione neurologica del paziente: pazienti con Hunt e Hess fino a 3 hanno un GCS superiore a 8; i pazienti con un grado Hunt e Hess di 4 e 5 sono in coma, hanno quindi un GCS uguale od inferiore a 8 e necessitano pertanto di intubazione oro-tracheale

Hunt e Hess Hunt e Hess

0. 1. 2. 3. GCS>8 4. 5. GCS<8

(7)

La scala proposta dalla World Federation of Neurosurgical Societies valuta la GCS score e la presenza di deficit neurologici.

Grade GCS Focal neurological deficit

1 15 Absent

2 13–14 Absent

3 13–14 Present

4 7–12 Present or absent

5 <7 Present or absent

Tabella 4. Scala dalla World Federation of Neurosurgical Societies

La scala di Fisher consente di differenziare le ESA in quattro gradi in rapporto all’entità del sanguinamento alla TAC e correla significativamente con l’incidenza di vasospasmo.(17) Grado Sangue nel liquor

I Sangue non identificato

II Sangue diffuso o strati< 1 mm di spessore III Raccolta localizzata o strati> 1 mm

IV Ematoma intracerebrale o interventricolare con emorragia sub aracnoidea più o meno diffusa

Tabella 5. Scala di Fisher

1.5

Outcome nell’ESA

Le innovazioni in ambito neurochirurgico e l’immediato trattamento dei pazienti con una stretta collaborazione tra neurochirurghi e neuroanestesisti ha ridotto la mortalità complessiva dal 50% al 20%-25%. Tuttavia, anche se dati incoraggianti sono stati ottenuti negli ultimi anni per quanto riguarda H-H I-II-III, la mortalità rimane elevata nei pazienti con ESA di alto grado H-H IV-V. (18) I fattori che condizionano l’outcome possono essere suddivisi in fattori associati al paziente quali la severità del sanguinamento iniziale, l’età, il sesso, la gravità clinica al momento della presentazione quale il valore H-H e GCS score, comorbidità, timing del trattamento; fattori associati all’aneurisma quali dimensione, localizzazione nel circolo posteriore e morfologia, fattori locali del centro di trattamento quali disponibilità del servizio di neuroradiologia, volume dei pazienti trattati, tempo trascorso dalla prima valutazione.

(8)

I principali predittori di mortalità attualmente sono l’età e lo stato neurologico iniziale (H-H), mentre la scala di Fisher ha valore predittivo sull’insorgenza di vasospasmo. (10)

Tabella 6

.

Mortalità secondo la scala di H-H. (1968,2002).

1.6

Trattamento chirurgo ed endovascolare

1.6.1

Tipologie di trattamento

Il trattamento principale dell’ESA secondaria a rottura di aneurisma, consiste nell’esclusione della sacca aneurismatica dalla circolazione cerebrale, in modo tale da prevenire una recidiva di sanguinamento.

Ciò può essere garantito con strategie chirurgiche o endovascolari:

 intervento neurochirurgico: “Clipping” dell’aneurisma è il primo approccio ad essere stato sviluppato e consiste nell’esclusione dell’aneurisma dalla circolazione attraverso il posizionamento di una o più clip metalliche. Talvolta, a causa dell'impossibilità tecnica di posizionare la clip, si ricorre al cosiddetto wrapping in cui la sacca aneurismatica viene ricoperta con materiali emostatici, colla di fibrina e altro, così da favorire la fibrosi della tonaca avventizia, aumentare lo spessore della parete vascolare dell'aneurisma, e rendere più difficile la sua successiva fissurazione.

 intervento endovascolare: questo approccio ha guadagnato nel tempo sempre più indicazioni ed è ad oggi in alcuni centri più utilizzato dell'approccio chirurgico

(9)

standard. Questo consiste nell’embolizzazione della sacca aneurismatica (Coiling), talvolta assistito da posizionamento di stent endovascolari (Stent +Coiling).

1.6.2

Trattamento endovascolare vs trattamento neurochirurgico.

Nel 1936, Walter Dandy effettuò il primo intervento programmato su un aneurisma intracranico apponendo una clip d’argento, disegnata da Harvey Cushing, sul colletto di un aneurisma alla giunzione tra carotide interna e comunicante posteriore, in un paziente con paresi del terzo nervo cranico.(23) Da allora, il livello tecnico raggiunto dai neurochirurghi che si dedicano a questa chirurgia è aumentato considerevolmente; inoltre l’evoluzione delle strategie terapeutiche (ultraearly surgery, by-pass a basso e ad alto flusso, approcci alla base cranica, circolazione extracorporea, angiografia e Doppler intraoperatori, ecc..) ha migliorato i risultati della chirurgia.

D’altra parte, l’evoluzione delle tecniche endovascolari ha ormai conferito a questa forma di terapia un ruolo importante nel trattamento di molti tipi di aneurisma con un miglioramento globale delle possibilità di cura dei pazienti affetti da questa malattia.(24)

Tuttavia, entrambe le metodiche hanno controindicazioni e rischi. Il coiling endovascolare, benché non invasivo, comporta ancora un rischio di complicazioni con disabilità e mortalità (25,26). La chirurgia è gravata da un rischio di mortalità e morbilità (27), le lesioni ischemiche nel territorio dei vasi operati sembrano essere più frequenti dopo terapia chirurgica che endovascolare di aneurismi rotti e lesioni associate a retrazioni chirurgiche si vedono in più della metà dei casi trattati. Non esiste una modalità terapeutica che vada bene per tutti gli aneurismi infatti ogni aneurisma, per la sua anatomia e sede può essere meglio trattato da una delle due procedure.

Ne consegue che un trattamento ottimale richiede la disponibilità sia di validi neurochirurghi vascolari che di esperti neuroradiologi endovascolari interventisti che lavorino in collaborazione per valutare ogni singolo caso. (1,10)

La decisione sulla procedura idonea all’esclusione dell’aneurisma dal circolo dovrà essere presa da un consulto multidisciplinare (neurochirurghi, radiologi interventisti, anestesisti) e terrà conto, come da letteratura internazionale, del grading H-H score, della sede dell’aneurisma, dei dati anatomici del colletto e della sacca aneurismatica, dei dati clinici e dell’età. Per lo più l'età avanzata, i gradi clinici intermedi ed alti (3-4 nella scala di Hunt ed Hess) dopo emorragia subaracnoidea, ed in particolare gli aneurismi del circolo posteriore, di difficile accesso chirurgico, sono a parità di indicazioni fattori che orientano la scelta terapeutica verso un intervento endovascolare.(10)

(10)

1.6.3

Timing

Tra i cambiamenti che storicamente hanno modificato la prognosi di questi malati vi è quello legato al concetto di early surgery che prevede il trattamento chirurgico o endovascolare del paziente entro 72 ore dall’ESA (4,5). Il largo studio multicentrico prospettico sul timing della chirurgia degli aneurismi del 1990 (6) mostrò come non vi fossero differenze nell’outcome chirurgico tra pazienti operati in early o late surgery, dimostrando come anche in fase acuta i pazienti potessero essere operati senza peggiorarne la prognosi chirurgica, ma anzi ottenendo un miglioramento dell’overall outcome, cioè della prognosi globale. E’ ormai da tutti accettato che il trattamento precoce, quando le condizioni del paziente lo permettono, contribuisce significativamente alla protezione dei pazienti dal risanguinamento (6,7). In aggiunta, il trattamento precoce dell’aneurisma, in caso di sviluppo di vasospasmo, permette un trattamento farmacologico aggressivo di questa condizione, non possibile se è ancora presente un aneurisma da trattare.

Tuttavia, l’early surgery non è sufficiente a proteggere completamente il paziente dal rischio di un secondo sanguinamento. E’ facilmente comprensibile come i pazienti non possano essere sottoposti ad un trattamento prima di alcune ore dall’ESA e che quindi molti muoiano per risanguinamento prima che qualunque intervento terapeutico sia logisticamente possibile. Studi recenti infatti documentano che circa il 15% dei pazienti che ha avuto un’ESA presenta un “ultraearly rebleeding”, con un alto tasso di mortalità (9,10), infatti il rischio di risanguinamento è massimo nelle prime 24 ore dopo l’ESA (11) e nell’87% dei casi si verifica nelle prime 6 ore (9); ciò riduce i vantaggi del trattamento precoce sulla prognosi globale. L’evoluzione del concetto di early surgery ha portato all’ultra-early surgery (trattamento entro 12 ore), ma anche in una serie in cui tutti i pazienti erano trattati entro 24 ore dall’ESA (e l’85% di essi entro 12 ore) si ebbe un 12% di risanguinamenti (12).

(11)

1.7

Complicanze dell’ESA

1.7.1

C

omplicanze loca

li

I)

Risanguinamento

Nella storia del trattamento dell’ESA, il risanguinamento è stato considerato la più importante causa di mortalità e morbilità.(4)

Studi epidemiologici indicano che almeno il 30-40% di tutti i pazienti colpiti da questa malattia muore entro poche ore dalla rottura iniziale e che in molti casi la causa è un risanguinamento (2,3).

Il più elevato rischio di risanguinamento si registra entro le ventiquattro ore dal primo sanguinamento in relazione, verosimilmente, all’instabilità del coagulo ed alla elevata pressione arteriosa sistemica. Le percentuali di risanguinamento precoce riportate da diversi studi vanno dal 4 al 9,6%, con un picco massimo di rischio entro le 2 ore dall’evento emorragico. Questi dati rappresentano la ragione per il trattamento più precoce possibile dell’aneurisma che è responsabile dell’ESA.(1)

Un secondo picco di incidenza di risanguinamento, se pur di minor entità, si registra verso la fine della prima settimana dall’emorragia, in rapporto verosimilmente all’aumentata attività fibrinolitica subaracnoidea.

A 14 giorni dopo l’ESA il rischio cumulativo di un risanguinamento è circa del 19-20%, mentre dopo 6 mesi circa il 50% dei pazienti ha risanguinato ed il rischio si stabilizza intorno al 3% all’anno.

Per diminuire il rischio di risanguinamento vene talvolta somministrato l'acido tranexanico che è un agente antifibrinolitico.

I fattori di rischio che possono condurre ad un risanguinamento sono: ipertensione, ansia, agitazione, convulsioni; si dovrà quindi monitorare i pazienti e trattare i fattori di rischio, evitando tuttavia l’ipotensione e l’ipoperfusione cerebrale iatrogena. Le convulsioni rappresentano un'evenienza comune dopo l’ESA ed insorgono nel 13-24% dei pazienti, più comunemente nelle prime 24 ore dal sanguinamento. Per questo motivo è opportuno utilizzare un antiepilettico (per lo più viene raccomandata la Fenitoina) per prevenire le convulsioni che sono causa di un secondo sanguinamento.

(12)

II)

Idrocefalo

L’idrocefalo costituisce un’altra comune sequela dell’ESA e può svilupparsi sia nei primi giorni che a distanza di tempo.

L'idrocefalo è per lo più di tipo non comunicante, conseguenza dell’ostruzione delle vie liquorali ad opera del sangue e può essere dovuto al blocco delle cisterne della base o al blocco del quarto ventricolo, dove il sangue coagulato ha bloccato le vie liquorali provocando un idrocefalo acuto. Questo tipo di idrocefalo si presenta piuttosto precocemente e compare nel giro di ore o qualche giorno dopo la rottura dell'aneurisma.

La TAC, eseguita al momento della presentazione clinica o in seguito ad un peggioramento neurologico, consente la diagnosi di idrocefalo che sarà trattato mediante il posizionamento del DVE. Il catetere ventricolare di derivazione esterna consente la deliquorazione che deve essere effettuata in modo lento e graduale per evitare che un’improvvisa caduta della pressione intracranica possa facilitare il risanguinamento dell’aneurisma.

L'idrocefalo può comunque svilupparsi anche tardivamente dopo una o più settimane, in tali casi il blocco liquorale avviene a livello dei microscopici villi aracnoidei della volta e l'idrocefalo sarà pertanto definito comunicante .

Nella maggior parte dei casi ha una risoluzione spontanea, ma nel 10% circa dei casi è necessaria una derivazione liquorale interna (ventricolo-peritoneale o ventricolo-atriale).

III)

Vasospasmo

Una delle complicanze più frequenti e più gravi dell’ESA è l’ischemia cerebrale secondaria al vasospasmo, che generalmente inizia 3-14 giorni dopo l’ESA. Appare angiograficamente nel 30-70% dei pazienti, diventa sintomatico nel 20-30% con una percentuale di morte o morbidità permanente nel 10-20% dei casi (28).

Dal momento che il risanguinamento viene frequentemente prevenuto grazie ad un approccio di tipo early-surgery, tutt’oggi il vasospasmo è considerato la principale causa di morte e di invalidità dell’ESA (14% dei casi, contro il 7% del risanguinamento).

Il rischio di un vasospasmo sintomatico può esser valutato già dalla prima TAC cerebrale: nei casi in cui si osserva una spessa raccolta ematica nelle cisterne sub aracnoidee (soprattutto se a livello perimesencefalico) il rischio di vasospasmo è maggiore rispetto ai quei pazienti in cui la raccolta è più sottile secondo la scala di Fisher (17).

Il vasospasmo sintomatico costituisce la principale causa di insuccessi nel trattamento dell’ESA da rottura di aneurisma in quanto ancora oggi non è disponibile un trattamento

(13)

definitivo. Ciò è correlato al fatto che non sono ancora del tutto noti i meccanismi che innescano lo spasmo dei vasi arteriosi subaracnoidei. Sebbene siano stati rinvenuti diversi fattori vasoattivi nel liquor dei pazienti con ESA, con concentrazioni variabili in relazione al tempo intercorso dal sanguinamento, nessun trattamento specifico ha finora dato risultati incoraggianti. La sostanza che sembra giocare il ruolo più importante nell'insorgenza di questa risposta vascolare sembra essere l'ossiemoglobina (29); si è infatti dimostrato in un modello animale di ESA, che l'ossiemoglobina può oltrepassare il muscolo liscio e l'endotelio e che il grado di vasospasmo correla con la quantità totale di emoglobina presente. E' stato inoltre dimostrato che i farmaci chelanti il ferro funzionano come inibitori del vasospasmo, il che fa pensare che sia l'anello ferrico dell'eme il responsabile di questa complicanza. Il preciso meccanismo con il quale l'oxiemoglobina faccia da innesco ad una cascata di cambiamenti biologici e fisiologici che portano al vasospasmo non è ancora chiaro. Un certo numero di sostanze sono state considerate implicate in questo meccanismo, dando luogo ad altrettante prospettive per possibili terapie.

La risposta immuno-infiammatoria è stata imputata come causa precoce dell'insorgenza del vasospasmo nell'immediato periodo post ESA; si è ipotizzato che questo processo coinvolga la lisi degli eritrociti e l'attivazione delle proteine del complemento. In modelli sperimentali anche l'aumento dei radicali liberi si è dimostrato responsabile di aumentare lo spasmo, e vari metaboliti dell'acido arachidonico sono localmente aumentati; l'endotelina 1, agente vasocostrittore, è aumentato nel liquido cerebrospinale dei pazienti con vasospasmo post ESA (30). Un problema notevole da prendere in considerazione è la particolare micro-anatomia dei vasi cerebrali: dal momento in cui questi sono sprovvisti di vasa vasorum, il coagulo periavventiziale fa da barriera al trasporto degli agenti farmacologici direttamente alla parete vascolare.

Diagnosi. La metodica più utilizzata per individuare il vasospasmo è il doppler transcranico

(DTC), che consente di valutare in maniera non invasiva la velocità del flusso sanguigno delle principali arterie cerebrali nei pazienti post-ESA (31,32).

Si tratta di una metodica bedside, non invasiva, facilmente ripetibile; tuttavia è una procedura operatore dipendente, non esistono dei “cut off” esatti di velocità media per definire con certezza il vasospasmo e non consente di esplorare tutti i vasi cerebrali.

I segmenti del poligono di Willis normalmente indagabili con questa metodica sono l'arteria cerebrale anteriore (ACA), l'arteria cerebrale media (ACM), l'arteria basale; anche l'arteria cerebrale posteriore (ACP) può essere studiata, ma è facile che la velocità venga sottostimata, per ragioni anatomiche.

(14)

L’arteria che consente una più accurata valutazione è la ACM per la quale la velocità considerata normale è di circa 49-60 cm/sec; un vasospasmo lieve si ha quindi per valori velocimetrici di 120 cm/sec, mentre per velocità superiori a 200 cm/sec si parla di vasospasmo severo.

La velocimetria di un'arteria intracranica da sola non ha molto significato, come valore assoluto, poiché una velocità alta può essere, ad esempio, dovuta ad un circolo iperdinamico (cirrosi epatica, tachicardia da febbre, etc); l'aumento locale della velocità può anche essere dovuto ad una locale iperemia, come in presenza di una MAV ad esempio, perché realizzando uno shunt artero-venoso, produce un iperafflusso di sangue alla zona interessata.

Per questo motivo la velocimetria misurata col DTC viene messa a confronto con quella misurata a livello dell'arteria carotide, nell'equazione che ci da il così detto indice di Lindegaard ( I.L. = FV m acm / FV m aci)

Valori di indice di Lindegaard inferiori a 3 indicano un'iperemia, valori compresi da 3 e 6 un vasospasmo moderato, e valori superiori a 6 un vasospasmo severo.

A rendere questo quadro ancora più complicato concorrono altri aspetti: la variabilità nell'anatomia vascolare, la presenza di vasospasmo prossimale o distale all'area in esame, difetti nell'autoregolazione locale ed infarto cerebrale con iperemia distale possono tutti confondere i risultati del DTC, rendendo difficile l'interpretazione della velocità. I dati di Sloan a questo proposito mostrano che il DTC è altamente specifico ma poco sensibile (58,6%) nella diagnosi di vasospasmo (33); in molti casi infatti pazienti con alti valori velocimetrici si presentano clinicamente stabili. In risposta a questa problematica sono stati proposti da alcuni Autori ulteriori strategie: ad esempio, l'aumento di 50 cm/sec di velocità nell'ambito di 24 ore, anche in assenza di clinica, viene ora da molti considerato un segnale di vasospasmo capace di aumentare significativamente il rischio di sviluppare lesioni ischemiche.

La diagnosi di certezza del vasospasmo può essere fatta però solo con l'angiografia cerebrale: in questo modo, soprattutto con le immagini ottenute in sottrazione, si può dimostrare la sede del vasospasmo e la sua entità (il grado di restringimento luminale e la lunghezza del tratto arterioso coinvolto); la specificità e sensibilità di questa metodica diagnostica sono assai alte. La capacità di diagnosticare il vasospasmo con altre metodiche, come la tomografia computerizzata per perfusione (34,35), la Xe-TC (36), la risonanza magnetica pesata per diffusione (37), e la SPECT, è attualmente oggetto di studio.

(15)

Prevenzione e trattamento

La terapia medica del vasospasmo post-ESA è essenzialmente la “Triple H Therapy” (ipertensione, ipervolemia, emodiluizione) e la nimodipina. (38)

Al momento la terapia migliore sembra ancora l’ipertensione e l’ipervolemia in quanto, espandendo il volume ematico circolante ed aumentando il regime pressorio intra-arterioso, riducono l’incidenza dell’ischemia cerebrale e risolvono più o meno completamente i deficit neurologici ad essa correlati nel 70% dei casi.

In sintesi, l’idonea strategia di trattamento dell’ischemia tardiva da vasospasmo cerebrale post-ESA prevede una lieve o moderata espansione del volume ematico circolante mediante l’uso di soluzioni cristalloidi o colloidi (“plasma expanders”), in seguito al trattamento chirurgico o endovascolare

Contemporaneamente le proprietà reologiche del sangue vanno migliorate con una lieve emodiluizione (ematocrito 30-34), per garantire un’idonea perfusione tessutale. Qualora si presentassero comunque deficit neurologici attribuibili al vasospasmo (utilizzando tra i vari accertamenti disponibili anche il doppler transcranico) è indicato aumentare la pressione arteriosa con un incremento dei liquidi perfusi e con farmaci vasoattivi, fino a valori di 200 mm Hg o fino a che i deficit regrediscono. Tale trattamento non è comunque scevro di complicanze, tra le quali ricordiamo lo scompenso cardio-circolatorio, la conversione di un infarto ischemico in un infarcimento emorragico, la possibilità di ematomi intracerebrali e di edema cerebrale progressivo.

Durante gli anni ‘80 i calcio-antagonisti (nimodipina, nifedipina, nicardipina) sono entrati in uso nel trattamento del vasospasmo post-ESA, ma la loro reale efficacia non è ancora completamente verificata. Un grande trial randomizzato, il 'British aneurysm oral nimodipine trial', ha mostrato una riduzione significativa dell'incidenza di ischemia cerebrale e cattivo outcome a tre mesi, comparata con placebo. Come la nimodipina eserciti questi effetti benefici non è ancora ben compreso e può coinvolgere fattori sia neuronali che vascolari, sebbene comunque non riduca in modo significativo l’incidenza di vasospasmo all’angiografia. (39)

La nimodipina migliora tuttavia la prognosi dei pazienti affetti da vasospasmo da ESA, limitando la severità dei deficit ischemici permanenti; la sua azione quando somministrata per via sistemica (endovenosa o per os) è pertanto neuro protettiva e non antispastica, né vasodilatativa.

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Trattamento del vasospasmo severo

Le tecniche endovascolari giocano spesso un ruolo nel trattamento aggressivo del vasospasmo (40); esse includono l'angioplastica transluminale con palloncino e l'infusione intraarteriosa di vasodilatatori e trovano impiego in caso di vasospasmo severo refrattario a terapia medica standard in assenza alle immagini TAC di ischemia già conclamata.

 Angioplastica: si tratta di una metodica efficace nel contrastare il vasospasmo dei grossi vasi prossimali. Produce una sostenuta inversione dello spasmo angiografico, sebbene il miglioramento clinico sia incostante (41). Alcuni studi dimostrano come le complicanze maggiori di questa procedura, quale la rottura vasale, l'occlusione e la dissecazione si incontrano nel 5% dei casi e limitano l’impiego di questa procedura.



Vasodilatatori intraarteriosi: la papaverina è un potente agente rilassante della

muscolatura liscia; il suo uso nel vasospasmo da ESA è stato studiato in maniera estesa. In molti centri l'uso della papaverina è stato relegato ad un ruolo secondario o completamente messo da parte a causa degli effetti collaterali e dei risultati assai passeggeri sul vasospasmo. Gli effetti collaterali più seri sono l'aumento della pressione endocranica, il peggioramento del vasospasmo, deterioramento neurologico con cambiamenti al livello della materia grigia registrati alla risonanza magnetica, e convulsioni. Tutto ciò ha portato ad un crescente uso di altri farmaci per via intraarteriosa come nicardipina, verapamil, nimodipina, milrinone. La nicardipina riduce angiograficamente il vasospasmo e diminuisce significativamente la velocità sistolica nei vasi trattati, senza effetti sulla pressione endocranica e sulla funzione cardiovascolare (42). Il verapamil riduce lo spasmo angiografico e produce miglioramento clinico in un terzo dei casi, senza effetti avversi di rilievo (43), e questo profilo d'azione favorevole si evidenzia in letteratura anche per quanto riguarda la nimodipina. La nimodipina assume un ruolo fondamentale come terapia del vasospasmo severo grazie al suo effetto vasodilatativo quando somministrata per via intraarteriosa superselettiva nel vaso colpito da spasmo ed attualmente sembra essere la terapia migliore e con minor complicanze.

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1.7.2

Complicanze sistemiche

Nella fase acuta post-ESA possono inoltre intervenire una moltitudine di altre complicanze sistemiche, tra cui l’embolia polmonare (soprattutto nei soggetti anziani con preesistente broncopneumopatia ostruttiva), l’edema polmonare (per lo più nei pazienti con grado Hunt-Hess elevato), la broncopolmonite ab ingestis (nei casi in cui vi è una compromissione dello stato di coscienza), l’ARDS (adult respiratory distress syndrome), alterazioni cardiache che vanno da aritmie, complicanze ischemiche allo scompenso cardiaco acuto (takotzubo like syndrome) come conseguenza di un picco catecolaminergico; disturbi idroelettrolitici (iponatriemia e diabete insipido), infezioni sistemiche e tromboflebiti (circa 2% dei casi).

Figura

Tabella 1. Scala di Hunt-Hess
Tabella 2. Glasgow Coma Score
Tabella 4. Scala dalla World Federation of Neurosurgical Societies
Tabella 6 .  Mortalità secondo la scala di H-H. (1968,2002).

Riferimenti

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