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Capitolo I La contraffazione alimentare

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Capitolo I

La contraffazione alimentare

Sommario: 1. La contraffazione alimentare, relative tipologie e rischi. – 1.1. L’alimentazione e i suoi riflessi sull’organismo umano. – 1.2. La contraffazione alimentare e relative tipologie. – 1.3. I rischi della contraffazione alimentare con analisi dei prodotti maggiormente contraffatti. - 2. Gli organismi geneticamente modificati (OGM) e la normativa di riferimento. -

2.1.

Norme in materia di OGM. -

2.2.

Gli OGM e la contraffazione alimentare.

1. La contraffazione alimentare, tipologie e rischi.

1.1. L’ alimentazione e i suoi riflessi sull’organismo umano.

L’articolo 2 del regolamento CE n. 178/2002 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 28.01.2002, che stabilisce “i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’ Autorità Europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare”, riporta la seguente definizione di alimento:

Ai fini del presente regolamento si intende per «alimento» («prodotto alimentare», o «derrata alimentare») qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani.

Sono comprese le bevande, le gomme da masticare e qualsiasi sostanza, compresa l'acqua, intenzionalmente incorporata negli alimenti nel corso della

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loro produzione, preparazione o trattamento. Esso include l'acqua nei punti in cui i valori devono essere rispettati come stabilito all'articolo 6 della direttiva 98/83/CE e fatti salvi i requisiti delle direttive 80/778/CEE e 98/83/CE.

Non sono compresi: a) i mangimi;

b) gli animali vivi1, a meno che siano preparati per l'immissione sul mercato ai fini del consumo umano;

c) i vegetali prima della raccolta;

d) i medicinali ai sensi delle direttive del Consiglio 65/65/CEE e 92/73/CEE e) i cosmetici ai sensi della direttiva 76/768/CEE del Consiglio;

f) il tabacco e i prodotti del tabacco ai sensi della direttiva 89/622/CEE del Consiglio;

g) le sostanze stupefacenti o psicotrope ai sensi della convenzione unica delle Nazioni Unite sugli stupefacenti del 1961 e della convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971;

h) residui e contaminanti.

Relativamente alla loro composizione, gli alimenti possono contenere: carboidrati, proteine, grassi, sali minerali, acidi organici, vitamine e, in misura rilevante acqua.

La dieta umana, normalmente deve essere costituita da un complesso equilibrato di queste sostanze che nelle dovute proporzioni ci assicurano il mantenimento delle nostre funzioni.

Ma proprio il cibo, la genuinità e la bontà degli alimenti che consumiamo determinano lo stato fisico e la condizione del cittadino-consumatore. E’ fondamentale pertanto avere a disposizione cibi sicuri e garantiti, attraverso

1

Cass., 15 giugno 1993; Cass., 23 agosto 1994. Orientamento favorevole a riconoscere gli animali vivi come sostanze alimentari. Per gli animali da allevamento, la condizione che ne determina la qualificazione di alimenti è connessa all’atto di abbattimento, che integra la oggettiva destinazione al consumo.

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7

l’igiene nella preparazione e nella conservazione, le indicazioni su origine, requisiti, e qualità degli alimenti stessi.2

In Europa oggi si fa spesso riferimento alla “sicurezza alimentare”, locuzione, che nella versione, non precisa, in lingua inglese distingue la food security e la food safety.3

La food security, si riferisce alla sicurezza delle disponibilità e degli approvvigionamenti alimentari e che potrebbe tradursi con “sicurezza di avere cibo sufficiente”.

La food safety, si riferisce invece alla sicurezza igienico-sanitaria, intesa come assenza di elementi estranei all’alimento, quali i residui dei trattamenti antiparassitari o veterinari o i contaminanti ambientali e l’assenza di alterazioni nel processo di produzione (es. il mantenimento della cosiddetta “catena del freddo4”) e di sostanze nocive.5 Per alcune categorie di alimenti, che sono il risultato dell’applicazione della moderna tecnologia alimentare, la nozione di sicurezza alimentare, intesa quale food safety, significa anche sicurezza tossicologica (intesa quale sicurezza della composizione in se dell’alimento, senza riferimento a fattori esogeni) e sicurezza nutrizionale (intesa quale assenza di svantaggi per il consumatore sul piano nutrizionale). Ma possiamo definire la food safety, come sicurezza informativa, intesa quale adeguata e completa comunicazione al consumatore, in ordine alle caratteristiche dell’alimento e alle sue modalità o quantità di consumo.

2

M. PEZZULLO, La contraffazione alimentare. Disciplina, reati e sanzioni amministrative, <www.unioncamere.gov.it> (20/11/2009) p. 49.

3 L.C

OSTATO,P.BORGHI, S.RIZZOLI, Compendio di diritto agroalimentare, Ferrara, CEDAM, 2011, p. 3 ss.

4

G. PANNO, La catena del freddo dei prodotti alimentari, Centro Studi Galileo,

<www.centrogalileo.it>

L’espressione catena del freddo indica il mantenimento dei prodotti surgelati ad una temperatura costante e comunque inferiore ai -18°C lungo tutto il percorso dalla produzione alla vendita, comprese le fasi di trasporto, stoccaggio ed esposizione. Tale mantenimento è necessario per evitare processi di scongelamento, anche parziale; il successivo ricongelamento, avvenendo con modalità molto diverse dalla surgelazione iniziale, provoca in primo luogo un deterioramento delle proprietà organolettiche dell’alimento. Inoltre, ogni rottura della catena del freddo favorisce lo sviluppo di microrganismi, in modo più o meno grave a seconda della temperatura e della durata.

5

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8

Analizzando lo stesso tema della sicurezza dal punto di vista della gestione delle procedure di produzione, non possiamo trascurare il ruolo dell’agricoltore, il quale fornisce sia i prodotti immediatamente utilizzabili, sia materie prime per la trasformazione.6

Il cibo è generalmente ottenuto in luoghi che possono essere anche molto lontani da quelli di produzione della materia prima agricola e di consumo del prodotto finale; tale circostanza fa si che sia necessario l’uso di sostanze e tecniche conservanti, tali da assicurare una lunga scadenza del prodotto. Questa esigenza ha sviluppato la produzione di beni liofilizzati, surgelati, congelati ed essiccati, dando origine ad una molteplicità di catene alimentari che richiedono accurata organizzazione, mezzi di trasporto specializzati e veloci, organizzazioni di vendita capillari.

Le normative vigenti in materia, come vedremo, stabiliscono regole di produzione e di commercializzazione, finalizzate a garantire la sicurezza dei prodotti alimentari destinati al consumo.

Qualità e sicurezza degli alimenti dipendono, quindi, dall’impiego di tutte le persone coinvolte nella complessa catena della produzione agroalimentare, della lavorazione, del trasporto, della preparazione, della conservazione e del consumo. In base alla definizione sintetica dell’ Unione Europea (UE) e dell’organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la sicurezza alimentare è una responsabilità condivisa “dal campo alla tavola”.

Il percorso da effettuare per raggiungere questo obiettivo prevede diverse tappe: - l’applicazione del quadro giuridico del settore alimentare che rispecchia la

politica “dai campi alla tavola” coinvolgendo l’intera filiera alimentare; - l’attribuzione al mondo della produzione della responsabilità principale di

una produzione sicura;

- l’esecuzione di opportuni controlli ufficiali;

- l’abilità nell’adottare rapide ed efficaci misure di salvaguardia di fronte ad emergenze sanitarie che insorgano in qualsiasi punto della filiera.

6

L.COSTATO,P.BORGHI, S.RIZZOLI, Compendio di diritto agroalimentare, Ferrara, CEDAM, 2011, p. 4 ss.

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9 Non a caso, l’art. 147

del Reg. CE 178/2002, relativo ai “requisiti di sicurezza degli alimenti”, stabilisce che un alimento è a rischio quando è “dannoso per la salute” o quando è “inadatto al consumo umano”. Questa distinzione nasce dal fatto che la legislazione alimentare, oltre a tutelare la salute umana, si prefigge anche di tutelare gli interessi dei consumatori ed è rivolta, quindi, a prevenire le pratiche fraudolente o ingannevoli, l'adulterazione degli alimenti ed ogni altro tipo di pratica in grado di indurre in errore il consumatore.8

Gli alimenti a rischio non possono essere infatti immessi sul mercato.

Per determinare se un alimento sia a rischio occorre prendere in considerazione (art. 14, paragrafo 3 del Reg. CE 178/2002):

7

Art. 14 reg. CE n.178/2002. Requisiti di sicurezza degli alimenti. 1. Gli alimenti a rischio non possono essere immessi sul mercato. 2. Gli alimenti sono considerati a rischio nei casi seguenti: a) se sono dannosi per la salute;

b) se sono inadatti al consumo umano.

3. Per determinare se un alimento sia a rischio occorre prendere in considerazione quanto segue: a) le condizioni d'uso normali dell'alimento da parte del consumatore in ciascuna fase della produzione, della trasformazione e della distribuzione;

b) le informazioni messe a disposizione del consumatore, comprese le informazioni riportate sull'etichetta o altre informazioni generalmente accessibili al consumatore sul modo di evitare specifici effetti nocivi per la salute provocati da un alimento o categoria di alimenti.

4. Per determinare se un alimento sia dannoso per la salute occorre prendere in considerazione quanto segue:

a) non soltanto i probabili effetti immediati e/o a breve termine, e/o a lungo termine dell'alimento sulla salute di una persona che lo consuma, ma anche su quella dei discendenti;b) i probabili effetti tossici cumulativi di un alimento;c) la particolare sensibilità, sotto il profilo della salute, di una

specifica categoria di consumatori, nel caso in cui l'alimento sia destinato ad essa. 5. Per determinare se un alimento sia inadatto al consumo umano, occorre prendere in

considerazione se l'alimento sia inaccettabile per il consumo umano secondo l'uso previsto, in seguito a contaminazione dovuta a materiale estraneo o ad altri motivi, o in seguito a putrefazione, deterioramento o decomposizione.

6. Se un alimento a rischio fa parte di una partita, lotto o consegna di alimenti della stessa classe o descrizione, si presume che tutti gli alimenti contenuti in quella partita, lotto o consegna siano a rischio a meno che, a seguito di una valutazione approfondita, risulti infondato ritenere che il resto della partita, lotto o consegna sia a rischio.

7. Gli alimenti conformi a specifiche disposizioni comunitarie riguardanti la sicurezza alimentare

sono considerati sicuri in relazione agli aspetti disciplinati dalle medesime. 8. Il fatto che un alimento sia conforme alle specifiche disposizioni ad esso applicabili non

impedisce alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati per imporre restrizioni alla sua immissione sul mercato o per disporne il ritiro dal mercato qualora vi siano motivi di

sospettare che, nonostante detta conformità, l'alimento è a rischio. 9. In assenza di specifiche disposizioni comunitarie, un alimento è considerato sicuro se è

conforme alle specifiche disposizioni della legislazione alimentare nazionale dello Stato membro sul cui territorio è immesso sul mercato, purché tali disposizioni siano formulate e applicate nel rispetto del trattato, in particolare degli articoli 28 e 30 del medesimo.

8 L.C

OSTATO,P.BORGHI, S.RIZZOLI, Compendio di diritto agroalimentare, Ferrara, CEDAM, 2011, p. 90 ss.

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10

- le condizioni d'uso normali dell'alimento da parte del consumatore in ciascuna fase della produzione, della trasformazione e della distribuzione (un alimento può essere a rischio a causa di una proprietà intrinseca dell'alimento, per esempio la contaminazione da batteri patogeni. Tuttavia, gli alimenti non devono essere considerati a rischio se le condizioni d'uso normali li rendono sicuri).

- le informazioni messe a disposizione del consumatore, comprese le informazioni riportate sull'etichetta o altre informazioni generalmente accessibili al consumatore sul modo di evitare specifici effetti nocivi per la salute provocati da un alimento o categoria di alimenti (laddove, in alcuni casi, non siano fornite informazioni essenziali sull'uso di alimenti o tali informazioni siano errate, gli alimenti possono diventare a rischio. Un esempio in questo senso potrebbe essere il caso in cui un alimento o un ingrediente alimentare possa comportare un rischio per la salute di un gruppo specifico di consumatori laddove non siano state comunicate in maniera efficace le informazioni obbligatorie in merito all'alimento o a uno dei suoi ingredienti).

Sinteticamente, analizzando il documento di orientamento approvato il 26 gennaio 2010 dal Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, potremmo dire che:

a) Il concetto di "dannoso per la salute" fa riferimento ai possibili effetti dannosi per la salute umana (immediati, a breve e/o a lungo termine), anche solo su un gruppo di consumatori con una particolare sensibilità. Dopo aver individuato un pericolo che può rendere gli alimenti dannosi per la salute, deve essere effettuata una valutazione del rischio associato, tenendo conto dei fattori di cui all'art. 14, paragrafi 3 e 4 del Reg. CE 178/2002.

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11

b) Il concetto di "inadatto al consumo umano" fa invece riferimento alla ragionevole inaccettabilità per il consumo umano secondo l’uso previsto, in seguito a contaminazione dovuta a materiale estraneo o ad altri motivi, o in seguito a putrefazione, deterioramento o decomposizione. 9

1.2. La contraffazione alimentare e relative tipologie.

In genere si fa sempre poca attenzione a ciò che viene ingerito, raramente si pensa che quella sostanza diventerà parte di noi e che condizionerà i nostri processi chimici, biologici ed energetici. Se una sostanza è compatibile con la nostra natura l’organismo la assimilerà senza fatica e ne trarrà beneficio, me se quella sostanza è incompatibile con il nostro corpo questo faticherà per neutralizzarne gli effetti negativi e perderà energia e forza vitale. Quando il nostro organismo non è più in grado di eliminare le tossine introdotte e accumulate si manifesta “la malattia” nella parte più colpita e debole dell’organismo. Già il filosofo tedesco Feuerbach (Landshut, 28 luglio 1804 – Rechenberg, 13 settembre 1872) asseriva: “noi siamo quello che mangiamo”.10

Purtroppo, da quando l’uomo ha iniziato a scambiare gli alimenti con altri beni per una propria utilità, sono nati anche gli illeciti alimentari.

Il fenomeno degli illeciti alimentari, che nell’antichità rappresentava solo una problematica marginale, oggi, con lo sviluppo di nuovi processi di trasformazione, conservazione e commercializzazione degli alimenti e con il progredire delle conoscenze scientifiche, si è notevolmente diffuso, perfezionandosi ed adattandosi alle differenti realtà, nonostante l’esistenza di normative disciplinanti, come già detto, regole di produzione e commercializzazione che includono anche il momento sanzionatorio, a volte assorbito nel complesso normativo ordinario (ad

9

CEIRSA, Linee guida per l’analisi del rischio nel campo della microbiologia degli alimenti,

<www.ceirsa.org > (2013) p.5

10

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12

esempio i reati di frode in commercio e truffa) e a volte è specifico (l’adulterazione di cibi e simili).

La causa principale, degli illeciti alimentari, è sempre da ricercarsi nel maggior profitto economico che un comportamento fraudolento assicura a colui il quale ne è responsabile.

Il dato più preoccupante è che: nessun alimento può dirsi al riparo da comportamenti illeciti.

In effetti, potremmo dire, senza il dubbio di essere smentiti, che quasi tutti gli alimenti sono soggetti a “adulterazione, contraffazione e corrompimento ”11.

Vediamo, che cosa si intende per contraffazione.

Per contraffazione alimentare, si intende la sostituzione totale di una sostanza alimentare con un’altra, il cui pregio è nettamente minore. Per fare un esempio pratico, la vendita di olio di semi spacciati per olio di oliva, oppure la vendita di margarina “mascherata” da burro.

Può accadere inoltre che a sostanze sane si vadano a sostituire sostanze pericolose per la salute.

Le opinioni prevalenti inquadrano la contraffazione alimentare, distinguendola in due larghe tipologie12:

Alterazione, adulterazione, sofisticazione e falsificazione dell’alimento . Si tratta della creazione di un alimento composto da sostanze diverse per qualità o quantità da quelle che normalmente concorrono a formarlo (si pensi ai surrogati), o modificato attraverso la sostituzione, la sottrazione, l’addizione di elementi che normalmente lo compongono.

11 Art. 440 c.p.

12

Ministero dello sviluppo economico, La contraffazione alimentare. Conoscere il problema per affrontarlo meglio, <http://www.uibm.gov.it> (2012) p.3

(9)

13  Falsificazione del marchio13

o dell’indicazione di provenienza geografica o della denominazione di origine14. Si tratta dell’apposizione di un dato falso sull’alimento o sulla sua confezione, ovvero dell’abusiva riproduzione del brevetto secondo il quale l’alimento stesso è prodotto. Questo tipo di contraffazione risulta maggiormente diffuso all’estero e ha comportato lo sviluppo del mercato imitativo dell’ Italian Sounding,, un fenomeno che consiste nell’utilizzo di etichette o altri simboli, colori o figure sull’imballaggio che evochino l’italianità dei luoghi di origine della materia prima, della ricetta, del marchio o del processo di trasformazione di prodotti fabbricati in realtà all’estero. I prodotti recano nomi di marchi che suonano italiani, ma in realtà sono stati realizzati all’estero. Tale fenomeno è noto anche come agropirateria, anche se, come vedremo nel corso del nostro lavoro si tratta di un fenomeno non sempre riconducibile ad una pratica illegale.

Il tema della “Falsificazione del marchio o dell’indicazione di provenienza geografica o della denominazione di origine”, verrà trattato nel corso del secondo capitolo, quando si analizzeranno i temi delle informazioni essenziali, leggibili e comprensibili per effettuare acquisti consapevoli – etichettatura alimenti e bevande, alla luce del Regolamento Comunitario 1169/2011 che uniforma l’etichettatura degli alimenti nei paesi dell’Unione Europea, entrato in vigore il 13 dicembre 2014.

Tornando alla prima tipologia di contraffazione alimentare è utile distinguere, sinteticamente, le sopra citate locuzioni, per evitare che questi termini vengano utilizzati come sinonimi15:

a) Alterazione: è causata da fattori biologici e fisici, spesso concatenati fra loro. Le cause biologiche sono due, quasi sempre concorrenti: microorganismi e enzimi presenti nell'alimento stesso. Le cause

13 Art. 473 c.p.

14

Art. 517- quater c.p.

15

Ministero dello sviluppo economico, Lotta alla contraffazione nel settore agroalimentare, <www.uibm.gov.it/iperico> (2014) p.1 ss.

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14

chimiche sono scatenate da ossigeno, radiazioni, calore e variazione del contenuto idrico. Le fonti di contaminazione sono tante, e si possono raggruppare in tre categorie. Le materie prime possono essere già contaminate all'origine: le carni possono contenere batteri provenienti dalla flora viscerale, il guscio delle uova non è impermeabile ai batteri che possono penetrare e riprodursi all'interno di esso. La contaminazione può provenire dall'ambiente nel quale viene a trovarsi l'alimento o in cui ha vissuto la pianta o l'animale. Infine, la contaminazione può essere dovuta, anche alle pratiche di lavorazione, soprattutto quanto non vengono rispettate le norme igieniche.

In sostanza, sono modifiche della composizione e dei caratteri fisici e chimici degli alimenti causate da fenomeni degenerativi per cattiva o prolungata conservazione, delle quali, ferma restando la responsabilità del produttore, il rivenditore o utilizzatore risponde della detenzione per la vendita o della somministrazione di sostanze alimentari16 in stato di alterazione o, comunque nocive, a meno che esse gli siano state consegnate in confezioni originali sigillate, destinate ad essere aperte solo dal consumatore, le quali non rilevino esteriormente alcun vizio e per le quali l’analisi o qualsiasi altro appropriato controllo si risolverebbe, per la facile deperibilità del prodotto, nella non commestibilità di esso ed, in pratica nell’ impossibilità di immetterlo al consumo. La sanzionabilità penale in merito al non adeguato stato di conservazione degli alimenti è stata, di recente, oggetto di una “clamorosa” sentenza della Corte di Cassazione17 che mette al bando l’esposizione di frutta e verdura all’aperto, per violazione dell’art. 5 lett. b) e d) della legge 283/1962 18

.

16 Cass. pen., 12 luglio 1979. La nozione di sostanze alimentari ricomprende tutto ciò che può

servire all’alimentazione dell’uomo, quale che sia il suo stato (solido o liquido) o il modo in cui viene posto in vendita (prodotto sfuso o in confezione), anche nel caso in cui siano semplicemente allo stadio di sostanze destinate a divenire alimentari.

17

Cass. pen., 10 febbraio 2014 n.6108. Modalità di vendita di ortofrutta esposta agli agenti

atmosferici e allo smog – reato di cattivo stato di conservazione e detenzione di “alimenti

insudiciati”.

18 Art. 5, lett. b) e d), l. 30 aprile 1962 n. 283: “è vietato, nella preparazione degli alimenti o

bevande, vendere, detenere per vendere somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo, sostanza alimentari: [ ] b) in cattivo stato di conservazione”- d) insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione.

(11)

15

(Anche se come vedremo, tale sentenza è stata oggetto di un successivo intervento chiarificatore da parte della terza sessione penale della Corte). b) Adulterazione: consiste in operazioni che modificano la composizione

organolettica del prodotto alimentare, mediante l’aggiunta o la sottrazione di alcuni componenti, senza che apparentemente il prodotto venga modificato in maniera apprezzabile. Ad esempio, vendita di latte scremato o parzialmente scremato per latte intero, oppure olio di oliva a cui viene aggiunto olio di semi e venduto come olio extravergine di oliva.

c) Sofisticazione: consiste nell’aggiungere all’alimento sostanze estranee alla sua composizione allo scopo di migliorarne l’aspetto e la qualità o di coprirne difetti o di facilitare la parziale sostituzione di un alimento con un altro. Alcune sofisticazioni si basano anche su asserite sottrazioni di sostanze naturali con il solo scopo di aumentare il prezzo del prodotto. Ad esempio il finto cioccolato senza zucchero, i finti biscotti senza grassi, le finte noci senza colesterolo.

d) Falsificazione: consiste nella sostituzione totale di un alimento con un altro. Ad esempio olio di semi al posto di olio di oliva oppure margarina al posto di burro.

Per comprendere meglio la definizione di uso comune sopra riportata, è utile suddividere in quattro tipi le pratiche di falsificazione dell’identità dei cibi e delle bevande che attualmente si presentano come più ricorrenti. Si tratta di quelle relative alle falsificazioni:

• della loro identità merceologica;

• dell’identità aziendale e, quindi, giuridica dei soggetti a cui risulta attribuita la responsabilità della loro realizzazione;

• della loro età;

• della loro origine geografica (di provenienza delle materie prime e/o di produzione).

E’ evidente che ci troviamo di fronte, in tutti i casi elencati, a comportamenti umani di natura volontaria.

(12)

16

Nel nostro Paese la prima vera normativa in materia di alimenti, finalizzata alla disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande, e a contrastare e sanzionare il fenomeno degli illeciti alimentari, è contenuta nella legge n. 283 del 196219 e dal relativo regolamento di esecuzione, approvato dal D.P.R. 26 marzo 1980 n. 32720.

Successivamente nel 1986, venne emanato il decreto legge 18 giugno 1986 n. 282 convertito in legge n. 462 del 7 agosto del 1986 21, che prevede:

l’istituzione presso il Ministero dell’Agricoltura e delle foreste

,

nell’ambito del proprio sistema informativo, di un centro di raccolta ed elaborazione informatizzata dei dati forniti dalle regioni, relativi alle imprese che producono, detengono, elaborano e commercializzano uve, mosti, mosti concentrati, vini, vermouth, vini aromatizzati e prodotti derivati (articolo 7 del D.lgs. n. 282/1986 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 1986, n. 462);

l’istituzione presso il Servizio Informativo Sanitario (SIS) del Ministero della Sanità un centro di raccolta informatizzata dei risultati delle analisi effettuate dai laboratori dell’Ispettorato Centrale Repressione Frodi, dai laboratori del servizio sanitario nazionale, da quelli degli istituti zoo profilattici sperimentali, dai laboratori chimici merceologici delle camere di commercio e dai laboratori di seconda istanza per la revisione delle analisi. (articolo 8 del D.lgs. n. 282/1986 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 1986, n. 462);

l’istituzione presso il Ministero della Sanità dell’elenco pubblico delle ditte commerciali e dei produttori che abbiano riportato condanne con sentenza passata in giudicato per reati di frode e di sofisticazione

19 L. 30 aprile 1962 n. 283. Modifica degli articoli 242,243,247, 250 e 262 del Testo unico delle

leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265: “Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande”.

20

D.P.R. 26 marzo 1980 n. 327. Regolamento di esecuzione della L. 30 aprile 1962, n.283 , e successive modificazioni, in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande.

21

L. 7 agosto 1986 n. 462. Misure urgenti in materia di prevenzione e repressione delle sofisticazioni alimentari.

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17

alimentare. (articolo 8, comma 4 del D.lgs. n. 282/1986 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 1986, n. 462);

l’istituzione presso il Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste di un ispettorato centrale repressione frodi per l’esercizio delle funzioni inerenti alla prevenzione e repressione delle infrazioni nella preparazione e nel commercio dei prodotti agroalimentari e delle sostanze di uso agrario o forestale, al controllo di qualità alle frontiere ed, in genere, al controllo nei settori di competenza del ministero stesso. (articolo 10 del D.lgs. n. 282/1986 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 1986, n. 462);

1.3. I rischi della contraffazione alimentare con analisi dei

prodotti maggiormente contraffatti.

Non possiamo trascurare il fatto che i prodotti alimentari potenzialmente dannosi per la salute pubblica (in quanto adulterati, contraffatti…) dopo essere stati realizzati vengono immessi in commercio e quindi destinati alla vendita e al consumo da parte dei c.d. “consumatori inconsapevoli".

La distribuzione di questi prodotti avviene, in genere, attraverso due canali differenti: il clandestino ed il commerciale normale. Il circuito clandestino avviene al di fuori del mercato regolare, ad esempio per strada, nei mercati pubblici, per corrispondenza, su internet. L'altro canale di distribuzione è il circuito commerciale "normale" dei prodotti originali, nel quale vengono maggiormente diffusi prodotti di uso comune e quelli falsi, sono posti accanto agli originali. È in questo circuito che, purtroppo, si trovano più facilmente alimenti contraffatti con gravi rischi di inganno per i consumatori che, al momento dell'acquisto, si fidano della regolarità dei prodotti provenienti da canali ufficiali di vendita.22

22

R.FRAMMARTINO, La contraffazione alimentare del “made in italy”,

(14)

18

E’ quindi fondamentale garantire ai consumatori, attraverso adeguate normative, di acquistare con sicurezza e senza pericolo di essere frodati, alimenti che presentino caratteristiche di salubrità, sanità e qualità elevate, garantite anche dalla conoscenza del luogo di origine del prodotto alimentare o della materia prima di cui esso è composto.

Ma, la lotta alla contraffazione, oltre a tutelare la salute e la sicurezza dei consumatori, deve essere indirizzata anche alla tutela delle imprese del settore agroalimentare italiano ricco di prodotti di eccellenza e certificazioni di qualità. Non a caso, l’Unione Europea ha registrato oltre 1200 prodotti con marchi D.O.P., I.G.P, S.T.G; di questi, ben 266 sono di origine italiana, ovvero circa il 22 per cento dell’intera fetta di mercato europeo.23

Il nostro Paese è pertanto, al primo posto della graduatoria comunitaria dei prodotti tipici e, proprio per questo, i prodotti del cibo italiano sono oggetto di sofisticazioni, falsificazioni, contraffazione e ingannevole utilizzo dell’origine geografica; con le immaginabili ripercussioni di natura economica e di immagine che ne derivano per le imprese italiane.

Possiamo quindi affermare che, l’Italia è ricca di prodotti alimentari di qualità, ma allo stesso tempo, visto l’alto numero di prodotti contraffatti in circolazione, i consumatori (e le imprese) non possono stare tranquilli riguardo a ciò che quotidianamente acquistano e consumano. Stesso discorso vale, per il cibo italiano all’estero, dove sono molti gli alimenti venduti per italiani, ma che in realtà non lo sono.

Quindi, quello della contraffazione, è un fenomeno non solo italiano, ed europeo, ma che si ripercuote anche a livello mondiale (figura 1), come evidenziato dallo studio fornito dalla Camera di Commercio internazionale – giugno 2007,

23

(15)

19 Figura 1

Fonte: Camera di commercio internazionale (CCI) – Giugno 2007

e dal Rapporto dell’ufficio imposte e Unione Doganale della Commissione Europea - 2005 (come riportato nel grafico in figura 2).

Figura 2

Fonte: Rapporto dell’Ufficio Imposte e Unione Doganale della

(16)

20

Secondo i dati del Censis (Centro Studi Investimenti Sociali) la contraffazione alimentare in Italia e nel territorio europeo è un fenomeno in forte crescita: nel 2013 nelle dogane europee sono stati sequestrati più di 2,6 milioni di prodotti alimentari contraffatti, con un aumento stimato pari al 32% rispetto al 2007.

Censis – Comunicato stampa del 27 giugno 2013.

Se la sicurezza alimentare diventa una priorità per il Paese:

“Il 71% delle famiglie italiane è preoccupato della scarsa sicurezza dei prodotti alimentari, il 70% dichiara di leggere le etichette , il 40% si informa perché sente spesso parlare di alimenti contraffatti e poco sicuri. Per l’85% sono molto importanti le garanzie igienico-sanitarie, il 50% presta molta importanza ai marchi agroalimentari di qualità (DOP,IGP e STG). Il sistema dei controlli: Accredia ha accreditato oltre 1.000 laboratori, che nel 2012 hanno svolto circa 10 milioni di analisi, di cui oltre 2,3 milioni su prodotti alimentari, e 49 organismi di certificazione che controllano circa 130mila aziende nel settore biologico e dei prodotti di qualità”.24

Di seguito riportiamo un elenco25, elaborato dal Ministero dello Sviluppo Economico del giugno 2014, dei prodotti maggiormente “violati” ed oggetto di contraffazione:

 Vini:

o ottenuti dalla fermentazione di zuccheri di natura diversa da quelli dell’uva (pratica vietata in Italia, ma ammessa in altri paesi dell’UE);

o aggiunta di coloranti;

o aggiunta di alcol metilico (metanolo)per aumentare la gradazione;

o aggiunta di conservanti antiossidanti illegali come acido borico e acido salicilico;

24

Censis, Se la sicurezza alimentare diventa una priorità per il Paese, <www.censis.it>(2013)

25

Ministero dello sviluppo economico, Lotta alla contraffazione nel settore agroalimentare, <www.uibm.gov.it/iperico> (2014) p.1 ss.

(17)

21 o aggiunta di aromatizzanti;

o aggiunta di antigelo (glicole ditilenico) per aumentarne la morbidezza ed il corpo;

o qualità inferiore a quella dichiarata in etichetta;

o eccesso di anidride solforosa o gradazione alcolica inferiore a quella prevista.

 Olii:

o olio extravergine contenente oli raffinati, sia di oliva che di semi;

o oli con tenori analitici non rispondenti ai requisiti previsti dai regolamenti comunitari;

o oli di semi variamente colorati che possono venire spacciati per oli di oliva.

 Miele:

o aggiunta di zuccheri di altra origine;

o vendita di un miele di una origine botanica diversa da quella dichiarata;

o vendita di mieli extracomunitari per mieli italiani;  Formaggi:

o aggiunta di grassi, soprattutto margarina, per ottenere la qualità lipidica richiesta da quel particolare formaggio che si vuole ottenere;

o aggiunta di fecola o di farina di patate o di amidi per aumentarne il peso;

o aggiunta di pectine e gomme viniliche ai formaggi molli per conferire maggior compattezza;

o aggiunta di formaldeide ai formaggi duri a scopo disinfettante per mascherare difetti di lavorazione dovuti all’utilizzo di latte scadente;

o vendita di formaggi di provenienza diversa, e magari estera, come tipici o a Denominazione di Origine Protetta DOP;

o formaggi pecorini contenenti percentuali più o meno elevate di latte vaccino;

o formaggi ottenuti con latte in polvere ricostituito (consentito in altri paesi);

o attribuzione della designazione di formaggio doc a formaggi comuni;

o aggiunta di sostanze coloranti o minerali.  Mozzarelle:

o Impiego di “caseine industriali magre” o di “latte in polvere ad uso zootecnico”;

o Nelle mozzarelle a denominazione di origine tipica o protetta o garantita vengono impiegate cagliate di origine estera (cagliate lettoni, ungheresi, polacche o di altri Paesi UE);

(18)

22

o Mozzarelle di bufala contenenti percentuali più o meno elevate di latte vaccino.

 Latte:

o annacquamento;

o tenore di grasso differente rispetto a quello dichiarato in etichetta;

o aggiunta di acqua ossigenata per ridurre una carica batterica elevata;

o commercializzazione di latte per neonati contenente proteine di soia geneticamente modificata;

o trattamenti di risanamento non consentiti;

o utilizzo di latte inacidito neutralizzato con l’aggiunta di alcali; o latte fresco ottenuto da latti precedentemente pastorizzati; o utilizzo di latte in polvere ricostituito (con latte in polvere per

uso zootecnico);

o latte pastorizzato più volte;

o utilizzo improprio di diciture come “naturale”, “bio”, “eco”, evocanti il metodo di produzione biologico in prodotti invece del tutto convenzionali;

o presenza di colostro o latte mastico.  Pasta:

o uso di farine di grano tenero (compromette le qualità organolettiche della pasta);

o impiego di altri cereali meno costosi (e conseguente decadimento qualitativo);

o uso di semole di qualità scadente o avariate;

o aggiunta di coloranti o di additivi chimici per imitare le paste speciali o le paste all’uovo o per mascherare il tipo di sfarinato usato.

 Pane:

o vendita di pane a pezzi e non a peso;

o vendita di pane ricco di umidità (e quindi più pesante);

o vendita di pane speciale con l’impiego di grassi diversi da quelli consentiti;

 Riso:

o varietà di pregio minore a quella indicata; o miscela di diverse varietà;

o vendita di riso proveniente dall’estero come se fosse prodotto nazionale;

o risi mal selezionati con aggiunta di chicchi rotti e elementi estranei, mal conservati o vecchi.

 Pesce:

(19)

23

o impregnazione con acqua per farli aumentare di peso;

o trattamento con nitrato di potassio (salnitro) per ravvivarne il colore e far sembrare il pesce fresco;

o uso di coloranti artificiali;

o pesce venduto con nome non rispondente alla qualità reale (ad esempio tonno affumicato venduto come salmone affumicato); o ravvivamento del colore delle branche mediante un trattamento

con anillina e ammoniaca; o utilizzo di conservanti illegali; o pesce venduto scongelato per fresco;

o vendita di prodotti congelati coperti da glassatura senza l’indicazione del peso netto o della percentuale di glassatura; o vendita di prodotti di allevamento per prodotti catturati in

mare;  Carne e salumi:

o vendita di carni provenienti da animali ingrassati con sostanze non consentite (ormoni tireostatici, stilbenici, beta-antagonisti); o vendita di carni contenenti residui di medicinali il cui

trattamento non è stato dichiarato;

o vendita di carni della stessa specie ma di qualità diversa (vitello adulto per vitello);

o vendita di tagli meno pregiati per tagli pregiati (es. lombata del quarto anteriore per filettto);

o vendita di salumi generici con nomi che ricordano quelli DOP/IGP (simili o fraudolentemente falsi).

 Uova:

o uova riportanti una data di preferibile consumo superiore ai 28 giorni consentiti;

o uova differenti per categoria di peso;

o uova conservate in frigo e vendute come fresche.

Appare chiaro, che la contraffazione e ciò che ne deriva rappresenta una vera e propria emergenza in termini di sicurezza, ma anche in termini economici.

(20)

24

2. Gli Organismi Geneticamente Modificati (OGM) e la

normativa di riferimento.

2.1. Norme in materia di OGM.

Nella “contraffazione alimentare”, uno spazio particolare meritano gli OGM che, pur non essendo prodotti contraffatti, perché disciplinati da specifiche normative, potrebbero incidere negativamente sulla salute dei consumatori.26

Negli ultimi anni il dibattito sugli OGM, ha avuto una profonda attenzione da parte dei media e, di conseguenza, ha coinvolto l’opinione pubblica e permesso una diffusione di concetti anche molto complicati ad un pubblico di estrazione culturale e sociale molto eterogenea.

In Italia, a partire dal 2000, sono stati condotti studi approfonditi tesi a valutare la ricezione dell’argomento OGM da parte dell’opinione pubblica.

Questi studi hanno avuto come oggetto i canali mediatici e il loro modo di trasmettere negli anni all’opinione pubblica la “notizia OGM”, evidenziando come le critiche agli OGM riguardino sostanzialmente i rischi che essi possono comportare per la salute umana, l’ambiente e l’economia. 27

26

L.COSTATO,P.BORGHI, S.RIZZOLI, Compendio di diritto agroalimentare, Ferrara, CEDAM, 2011, p. 326 ss.

27

(21)

25 Ma, in sostanza, cosa sono gli OGM?

Gli organismi geneticamente modificati o transgenici sono piante o microorganismi il cui genoma è stato modificato, introducendo un gene preso da un altro organismo mediante l’ingegneria genetica. La Direttiva 2001/18/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12.03.2001 (appendice 2), che regola il rilascio degli OGM nell’ambiente, li definisce organismi “il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l’accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale”. Questa modificazione viene detta “trasformazione”o “transgenesi”. 28

Gli OGM vengono prodotti e studiati per:

a) Aumentare o migliorare la produzione agricola, migliorare le caratteristiche organolettiche dei prodotti agricoli, produrre cibo ad alto

28

(22)

26

valore nutrizionale (piante ad elevato contenuto di vitamine, ferro, selenio).

b) Aumentare la resistenza a stress ambientali e parassiti per le piante forestali, alimentari e quelle utilizzate nell’industria tessile.

c) Salvare specie a rischio

d) Rendere alcune colture industriali resistenti ad erbicidi poco inquinanti e facilmente biodegradabili in modo da poterli usare per distruggere le erbe infestanti senza danni per le colture.

e) Modificare geneticamente alcuni elementi per ridurre il rischio di sviluppo di allergie.

f) Ottenere piante e microorganismi per il biorisanamento.

g) Realizzare bireattori per produrre sostanze di interesse per l’industria chimica e farmaceutica, per la produzione di vaccini e di terapie antitumorali.

La sicurezza alimentare degli OGM è regolata da un complesso piano normativo, teso a tutelare l’ambiente e la salute dei consumatori. Gli alimenti che derivano dagli OGM, teoricamente, possono essere considerati sicuri, tanto quanto gli altri alimenti poiché, nei Paesi in cui le coltivazioni e gli alimenti transgenici sono autorizzati, questi vengono sottoposti a controlli estremamente rigorosi, accurati quanto quelli previsti per gli alimenti non transgenici.

Ma quali sono i rischi?

Come viene sottolineato nel punto 4 del Preambolo della citata direttiva del Parlamento europeo 12/3/2001, n.1829, in tema di emissione deliberata di OGM nell’ambiente, “gli organismi viventi immessi nell’ambiente in grandi o piccole quantità per scopi sperimentali o prodotti commerciali possono riprodursi e

29

Direttiva n. 18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, 12 marzo 2001, in GUCE L. 106/1, 17.4.2001. Sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio.

(23)

27

diffondersi oltre le frontiere nazionali, interessando così altri Stati membri; gli effetti di tali emissioni possono essere irreversibili”.

I potenziali rischi legati agli OGM riguardano essenzialmente la salute umana, l’ambiente e l’economia (gli stessi rischi che abbiamo citato per la contraffazione!).30

Per quanto riguarda la salute umana, i rischi che un prodotto OGM può comportare (fattori allergici e intolleranze) sono controllate dalla complessa normativa vigente che interviene vietando qualsiasi procedimento che possa costituire un fattore di rischio, come nel caso dei geni marcatori per la resistenza agli antibiotici. L’obiezione che permane è quella che, nonostante i test dimostrino la mancanza di rischi immediati, sia impossibile stabilire quanto il consumo ordinario possa, a lungo termine, generare danni all’organismo. La linea di preoccupazione che resta costante e spesso accentuata dalle posizioni degli ambientalisti è quella del rischio ambientale che comprende il timore che piante “costruite” in laboratorio possano essere invasive ed affermarsi ai danni degli equilibri dell’ecosistema, minacciando la biodiversità, intesa quale equilibrio dinamico che permette la coesistenza di diverse specie biologiche, vegetali e animali, in un ecosistema determinato31. La grande preoccupazione per le conseguenze dell’introduzione di OGM nell’ambiente, si allaccia al timore dei rischi socio-economici.

E’ inoltre diffusa la convinzione che la coesistenza di colture OGM e non OGM, e il rischio della diffusione di pollini o semi-OGM che “contaminino” le colture biologiche e non OGM, potrebbe intaccare la “genuinità” dei prodotti.

L’ingegneria genetica, è regolamentata da un complesso quadro normativo comunitario fin dall’inizio degli anni 90, che riguarda anche il rilascio nell’ambiente degli OGM, la loro utilizzazione nell’alimentazione umana ed animale, i criteri di tracciabilità ed etichettatura per alimenti e mangimi contenenti OGM.

30

A.MOCCALDI, OGM e sicurezza alimentare, <www.izslt.it>(2013) p.60

31 A.D

I TULLIO D’ELLISIIS, I nuovi reati ambientali e le strategie difensive, Maggioli Editore, 2015, p. 47.

(24)

28

Prima dell’immissione sul mercato dell’UE ogni prodotto o OGM deve essere sottoposto ad un accurata procedura di autorizzazione, durante la quale viene valutata la sicurezza per l’uomo, gli animali e l’ambiente allo scopo di realizzare un’ unificazione nel mercato delle biotecnologie. Si ritiene utile citare, di seguito, le normative di riferimento:

a) Convenzione sulla Biodiversità del 1992

b) Protocollo sulla Biosicurezza ( applicazione della convenzione sulla Biodiversità) importante documento internazionale per una gestione preventiva del problema degli OGM, considerati potenziali portatori di rischi, da manipolare, utilizzare e trasferire in condizioni di sicurezza. c) Il protocollo di Cartagena del 2000

d) Regolamento CE 1946/2003 del Parlamento Europeo

e) Ratifica UE del Protocollo di Cartagena con Decisione del Consiglio 2002/628/CE (Ratificato dall’Italia con la legge n. 27 del 15 gennaio 2004)

Una particolare attenzione merita la normativa della Comunità Europea, che comprende una serie di direttive e regolamenti importanti per la tutela dell’ambiente e dei consumatori:

a) Direttiva CE 2001/18 sull’emissione deliberata nell’ambiente di OGM che regolamenta l’emissione nell’ambiente e fini di sperimentazione e l’immissione in commercio di OGM.

b) Direttiva CE 98/95 e successive modifiche. c) Regolamento CE 1829/2003 d) Regolamento CE 641/2004 e) Regolamento CE 1830/2003 f) Raccomandazione CE 2003/556 g) Regolamento CE 834/2007 h) Regolamento CE 258/97 i) Regolamento CE 65/2004

oltre al già citato, Regolamento 178/2002.

Di seguito, per sommi capi, l’iter di approvazione di un OGM32

:

 Domanda di autorizzazione per il nuovo OGM ( completa di valutazione del rischio)

 Dir. 2001/18/CE l’autorità nazionale competente dello stato membro valuta se respingere o autorizzare l’emissione dell’OGM ai fini sperimentali, se autorizzata la domanda passa alla valutazione della Commissione Europea ai fini dell’emissione in commercio.

32

(25)

29

 Gli Stati membri della Commissione Europea valutano l’immissione sul mercato dell’OGM (se non raggiungono un accordo viene richiesta la valutazione dei comitati scientifici dell’EFSA)

 Gli Stati membri della commissione Europea ricevuta la valutazione, concedono o rifiutano l’autorizzazione entro 3 mesi dalla ricezione del rapporto

 In caso di parere favorevole interviene il Comitato di Regolazione  Immissione in commercio

Secondo Biotechnology Industry Organization, gli OGM, rappresenterebbero una grande opportunità per l'umanità, in quanto la loro coltivazione a fini produttivi aumenterebbe le rese dei raccolti agricoli.

Al contrario un altro studio, finanziato da parte del US Department of Agriculture ed a cura della University of Wisconsin, sostiene che “le coltivazioni OGM permettano sempre e comunque una resa maggiore dei raccolti”, non sia vero. Diversi studi hanno dimostrato, attraverso una comparazione di dati (tesi a verificare le rese nei campi coltivati con differenti varietà di mais, tra cui vi era mais geneticamente modificato), che le rese relative al mais OGM sono state inferiori rispetto alle varietà di mais non geneticamente modificate. I ricercatori sostengono con dati e prove scientifiche che le manipolazioni genetiche siano in grado di provocare cambiamenti tali nel corso della crescita di una pianta da renderle meno produttiva, in seguito alla manipolazione del relativo genoma.

Ma quale è l’attuale situazione degli OGM in Italia?

Nel nostro Paese33, vi sono in commercio degli OGM il cui utilizzo è autorizzato dall’Unione Europea, ed a ciascuno dei quali è stato assegnato un codice univoco (identificatore univoco, costituito da un codice numerico o alfanumerico), allo scopo di sorvegliare i suoi potenziali effetti sulla salute umana e l’impatto sull’ambiente. Al momento dell’acquisto, sbagliarsi è impossibile: la dicitura “Questo prodotto contiene organismi geneticamente modificati” oppure “Questo

33

(26)

30

prodotto contiene [nome dell’organismo]” deve essere ben visibile sulla confezione.

L’interesse crescente per questa nuova tecnologia ha coinvolto il settore privato, con il rilascio di molte autorizzazioni per le sperimentazioni in campo di piante OGM.

Attualmente le concessioni di autorizzazioni34 sono sospese e dal punto di vista legislativo la situazione è paradossale.

In alcune regioni italiane (Veneto, Lazio, Toscana e Puglia) è stata vietata la coltivazione di OGM.

In realtà gli OGM non possono essere coltivati in Italia35, poiché nessuna semente GM è stata finora registrata, ma non esiste una legge che ne vieti l’importazione. Potremmo dire, una materia, quella degli OGM, con poche certezze e molti rischi!

2.2. OGM, prodotti biologici e contraffazione alimentare.

Oltre al fenomeno OGM, negli ultimi anni stiamo assistendo ad un rapido sviluppo dell'agricoltura biologica, a cui ha contribuito una maggiore consapevolezza dei consumatori in materia di ambiente e sicurezza alimentare.

34

Cass., sez. III, 21 maggio 2012 n. 19251. L’autorizzazione della Commissione europea per l’immissione in commercio di prodotti sementieri geneticamente modificati (nella specie, sementi di mais) non comprende anche la messa in coltura degli stessi, per la quale è invece necessaria ulteriore autorizzazione della competente autorità nazionale, pena l’integrazione del reato di cui all’art. 1, comma 1, del D.lgs. n. 212 del 2001 (In motivazione la Corte ha affermato che la previsione in oggetto è compatibile con la normativa europea, avendo questa demandato agli Stati membri di assicurare la coesistenza tra colture transgeniche e colture tradizionali, al fine di impedire che le prime pregiudichino o danneggino le seconde).

TAR Lazio 23 aprile 2014 n. 4410. La Sezione Terza Quater ha respinto il ricorso presentato contro il decreto ministeriale del 12 luglio 2013 che vietava per 18 mesi la coltivazione di varietà mais geneticamente modificato MON 810, ritenendo il provvedimento ministeriale perfettamente legittimo.

Corte Giust., sez. IV, 6 settembre 2012. In merito alla disciplina del D.lgs. 212/2001 la Corte, ha affermato che emerge che, allo stato attuale del diritto dell’Unione, uno Stato membro non è libero di subordinare ad una autorizzazione nazionale, fondata su considerazioni di tutela della salute o dell’ambiente, la coltivazione di OGM autorizzati in virtù del Regolamento n. 1829/2003 ed iscritti nel catalogo comune in applicazione della Direttiva 2002/53.

35D.L. 24 giugno 2014 n. 91. Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e

l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea.

(27)

31

Anche se nel 2000 rappresentava solo il 3 % circa dell'intera superficie agricola utilizzata (SAU) dell'UE, l'agricoltura biologica è diventata di fatto uno dei settori agricoli più dinamici dell'Unione europea.36 Sono considerati biologici tutti i prodotti ottenuti senza l’utilizzo di sostanze chimiche in tutte le fasi del ciclo produttivo, dal campo fino alla tavola dei consumatori e sono ottenuti esclusivamente con tecniche di coltivazione e di allevamento che rispettino l’ambiente. L'agricoltura biologica è un tipo di agricoltura che considera l'intero ecosistema agricolo, sfrutta la naturale fertilità del suolo favorendola con interventi limitati, promuove la biodiversità dell'ambiente in cui opera ed esclude l'utilizzo di prodotti di sintesi (salvo quelli specificatamente ammessi dal regolamento comunitario) e organismi geneticamente modificati.

Quindi, una netta contrapposizione di valori tra OGM e prodotti biologici, che si ripercuote sul sistema alimentare facendo aumentare le truffe e i rischi per la salute del consumatore, che si trova in un mercato sempre meno chiaro e sicuro e impossibilitato a scelte consapevoli.

Per riprendere il filo conduttore del nostro lavoro, possiamo affermare che i modi per ingannare il consumatore medio37, che potremmo definire come colui che è normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, tenendo conto di fattori sociali, culturali e linguistici e, soprattutto, dell’esistenza di gruppi di consumatori particolarmente vulnerabili per età, malattia o istruzione, sono diversi:

 Il primo è quello di falsificare l’etichetta38

riproducendo alla perfezione i marchi e i regimi di qualità “DOP”, “IGP”, “STG–biologico”, e sigle che attestano la provenienza del cibo e il trattamento senza pesticidi.

36

CODACONS PIEMONTE, I prodotti da agricoltura biologica, <http://www.codacons.piemonte.it>

37 Corte Giust., 4 giugno 2014, C-195/14.

38

A. GERMANÒ, Informazione alimentare. Responsabilità per un’etichetta non veritiera. <www.rivistadirittoalimentare.it>

Quando la mendacità riguarda elementi essenziali del contratto, cioè le informazioni dovute, si ha la nullità del negozio a norma dell’art. 1418, comma 2, cc per la mancanza nell’oggetto dei requisiti di cui all’art. 1346 cc, cioè la possibilità, la liceità, la determinatezza o la determinabilità. Secondo tale dottrina il contratto sarebbe, invece, annullabile qualora le informazioni riguardino elementi non essenziali, ipotesi questa ricorrente in presenza di informazioni volontarie inesatte o false.

(28)

32

In realtà si tratta di alimenti privi di tracciabilità, dei quali il più delle volte, non é possibile risalire al luogo e alle modalità di produzione.  Il secondo modo è quello di violare le più basilari norme igienico-sanitarie

o di utilizzare elevati contenuti di OGM o agenti chimici vietati secondo le norme europee, nell’agricoltura biologica.

Attraverso l’introduzione dell’elemento già modificato (OGM) nella composizione di un alimento, l’impiego dell’elemento modificato geneticamente e potenzialmente pericoloso per la salute39, nella preparazione di cibi o bevande, darebbe origine ad una situazione simile (e sanzionabile) a quella avente ad oggetto l’impiego di conservanti o additivi non consentiti, in quanto pericolosi per la salute e quindi punibili come adulterazione/contraffazione ai sensi del art.440 c.p.

Nel nostro ordinamento, nel corso degli ultimi anni sono stati approvati 4 provvedimenti legislativi, che disciplinano determinate attività relative all’impiego di OGM e che assumono particolare interesse, come vedremo, anche in chiave penalistica:

- D.lgs. 22/4/2001 n. 206 attuativo della direttiva 219/1990/CE che regola l’impiego confinato di MOGM (microrganismi geneticamente modificati) in laboratorio.

- D.lgs. 224/2003, in attuazione della direttiva 18/2001/CE che regola l’attività di emissione deliberata in agricoltura e di messa in commercio di OGM.

- D.lgs. 21/3/2005 n. 70, attuativo dei regolamenti CE 1829/2003 e 1830/2003, che regola l’impiego di OGM negli alimenti e mangimi.40 - D.L. 91/2014 (convertito in legge 11 agosto 2014 n. 116).

39

A.LUPO,E.MOLINARI,Il bluff italiano: Grano importato, soia OGM agli animali e pesticidi a go go, in Il manifesto, 1 maggio 2015. La soia utilizzata come mangime per gli animali, proviene per oltre il 50% da Argentina, dove è coltivata in enormi monoculture, irrorate da aerei con pesticidi (alcuni proibiti nell’UE), tra cui il glifosate, venduto insieme ai semi OGM e classificato dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’OMS (Iarc) come “probabile cancerogeno per l’uomo”.

40

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