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CAPITOLO 3 Inquadramento clinico e ricerca della causa sottostante

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CAPITOLO 3

INQUADRAMENTO CLINICO E RICERCA DELLA CAUSA SOTTOSTANTE

L’approccio ai disordini convulsivi dei piccoli animali e il loro trattamento sono simili, sotto molti punti di vista, a quelli di varie altre affezioni riscontrabili in medicina veterinaria: si manifesta un problema, si cerca di formulare una diagnosi corretta che giustifica la condizione clinica e si inizia la terapia per trattare il processo patologico sottostante o le sue manifestazioni. Tuttavia ci sono alcune differenze specifiche per questo tipo di disordini:

 Spesso non si riesce ad identificare una precisa eziologia sottostante;

 Spesso il clinico deve iniziare un percorso terapeutico basandosi solo sull’anamnesi;

 Il trattamento viene spesso iniziato quando l’animale è, per il resto, normale;

 È necessario trovare un equilibrio tra la qualità della vita dell’animale e del proprietario e la capacità di limitare gravità, frequenza e durata dei futuri eventi epilettici (Podell, 2004).

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3.1 Iter diagnostico completo e ricerca della causa sottostante la

sintomatologia epilettica

Inizialmente bisogna considerare il fatto che la crisi epilettica non è una patologia ma può essere sintomo di svariate patologie (Gandini, 2015). Per questo, per arrivare ad una diagnosi più certa possibile, è necessario intraprendere un iter diagnostico completo che inizia con la raccolta di una dettagliata e accurata storia dell’animale e finisce con esami più complessi come la diagnostica per immagini avanzata (Immagine 3.1).

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3.1.1 Segnalamento

Molto importante è il segnalamento dell’animale, in quanto alcune patologie con sintomatologia epilettica sono tipiche di alcune razze e possono colpire prevalentemente alcune fasce d’età (Gandini, 2015).

Le razze toy sono più soggette a sviluppare ipoglicemia giovanile e idrocefalo, i brachicefali sono soggetti anch’essi a idrocefalo e a patologie neoplastiche, generalmente, sopra i 5 anni d’età.

La leucodistrofia è frequente nel Cairn e nel West Highland Terrier bianco, la lipodistrofia nel Kurzhaar, la lissencefalia nel Lhasa Apso, gli shunt porto-sistemici e l’iperlipoproteinemia nello Schnauzer nano (Gandini et al, 2014). L’epilessia idiopatica invece è stata riconosciuta in numerose razze di cani, particolarmente in Pastore Tedesco, Pastore Belga e Tervueren, Keeshonds, San Bernardo, Barbone standard e nano, Beagle, Setter Irlandese, Cocker Spaniel, Alaskan Malamute, Siberian Husky, Labrador Retriever, Golden Retriever (Thomas, 2010) e, recentemente, anche il Rottweiler (Heske, 2015). Si pensa che in alcune di queste razze, in particolare Labrador Retriever, Golden Retriever, Pastore Belga e Tervueren, sia implicata una componente genetica ereditaria a trasmissione poligenica autosomica recessiva (Bernardini, 2008; Jaggy, 2008; Ekenstedt, 2013).

Per quanto riguarda le fasce d’età, i soggetti giovani, di età inferiore ad un anno, hanno in genere crisi epilettiche causate da anomalie dello sviluppo

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(idrocefalo, lissencefalo), encefalite infettiva, avvelenamento da piombo, gravi parassitosi intestinali, shunt porta-cava e ipoglicemia giovanile.

I soggetti oltre i 5-6 anni d’età sono più soggetti a neoplasie del SNC o ipoglicemia da ipersecrezione di insulina per neoplasie a carico delle cellule  del pancreas.

Infine, la fascia più larga della popolazione colpita da crisi epilettiche, tra 1 e 6 anni d’età, presenta epilessia idiopatica, cioè ad origine sconosciuta (Ford et al, 2007).

3.1.2 Anamnesi

È importantissimo raccogliere informazioni dettagliate sull’animale, in quanto in circa il 50% dei casi la formulazione di una corretta diagnosi può essere posta sulla base della sola anamnesi (Ciaramella, 2014).

L’anamnesi si distingue in:

 Ambientale, in cui bisogna chiedere tutto sull’ambiente in cui vive l’animale. Se sono presenti sostanze tossiche quali insetticidi (a base di metaldeide, organoclorurati, organofosforici), rodenticidi, detersivi a base di esaclorofene, vernici contenenti piombo, linoleum, catrame, materiale per l’edilizia, glicole etilenico, piante tossiche ecc. con cui potrebbe essere venuto in contatto. In questa fase dell’anamnesi è importante anche chiedere se vive con altri animali e quali (Ciaramella, 2014).

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 Fisiologica, in cui bisogna chiedere qual è lo stato delle vaccinazioni, fare domande sulle grandi funzioni organiche e sulla dieta dell’animale, per un eventuale eccesso di proteine o carenza di tiamina.

 Patologica, remota e prossima. Bisogna chiedere se l’animale ha subito traumi di qualsiasi tipo, sia in passato che in prossimità dell’inizio della sintomatologia, se è sotto terapie farmacologiche, o se esso, o qualche parente, ha avuto particolari patologie in passato (Ford, 2007).

Una parte fondamentale dell’anamnesi è la descrizione della crisi epilettica. Spesso l’evento ha breve durata e non può essere osservata direttamente dal clinico, quindi è importante che il proprietario riferisca età alla prima crisi, tipo, durata, frequenza delle crisi e comportamento dell’animale fra i vari episodi (Bernardini, 2008). Se è possibile risulta molto utile anche fornire materiale video (Gandini, 2015). Come si è già accennato nel primo capitolo le crisi epilettiche possono essere classificate in varie categorie e dal punto di vista clinico si distinguono in: crisi focali, generalizzate, focali a generalizzazione secondaria, crisi a grappolo e stato epilettico.

Le crisi focali, essendo espressione di un focus epilettogeno distinto a livello della corteccia cerebrale, si manifestano sotto forma di spasmi della muscolatura facciale, movimenti di masticazione o delle labbra, “acchiappare le mosche”, cercare di mordersi la base della coda ruotando rapidamente in circolo, spasmi del collo e dell’estremità anteriore (Buonaccorsi, 1995; Platt et al, 2004; Ettinger et al, 2008), possono essere semplici o complesse a seconda che la coscienza venga mantenuta o compromessa.

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Le crisi epilettiche generalizzate si manifestano con perdita di coscienza, decubito e segni motori simmetrici generalizzati a tutto il corpo. L’attività motoria è molto violenta, con contrazioni muscolari toniche e/o cloniche, protratte e ripetitive, pedalamento degli arti e tremori. Sono molto comuni anche segni dell’attività del sistema nervoso autonomo, quali dilatazione pupillare, salivazione, piloerezione, minzione e defecazione (Quesnelt, 2008). In alcuni casi nei momenti precedenti la crisi si può avere una fase, chiamata aura nell’uomo, in cui si hanno alterazioni comportamentali come ricerca di attenzioni o allontanamento, agitazione, tendenza a vagare senza meta, guaiti o ululati.

L’epilessia sintomatica di solito si manifesta con crisi focali o generalizzate, l’idiopatica con crisi generalizzate (Buonaccorsi, 1995), anche se recentemente è stato ipotizzato che molte possano essere crisi focali con quasi istantanea generalizzazione secondaria (Moore, 2013).

La crisi epilettica può essere seguita da un periodo, la fase “post-ictale”, in cui l’animale ha comportamento anomalo dovuto ad esaurimento cerebrale dopo l’intensa attività. L’animale può apparire confuso, turbato, stanco; può manifestare fame o sete e a volte anche cecità e aggressività. Questa fase può durare da secondi a ore e a volte anche giorni (Berendt, 2004).

La descrizione dell’evento, o ancora meglio la visione, è molto importante per fare una prima diagnosi differenziale. Ci sono infatti alcuni disordini parossistici con manifestazioni che mimano la crisi epilettica (Gandini, 2015).

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Fra questi, facilmente confusi con epilessia, ci sono narcolessia, catalessi e sincope (Berendt, 2004).

La narcolessia è caratterizzata da un disturbo della coscienza accompagnato da improvvisa atonia che fa cadere il paziente in uno stato di sonno che dura da pochi minuti fino a 20 minuti. Alcuni animali hanno disordini di movimento associati al sonno o sonno REM violento, in cui veloci movimenti muscolari degli arti creano spostamenti dell’animale durante il sonno e a volte caduta da posti rialzati e possono essere confusi con crisi epilettiche (Cizinauskas, 2008). La catalessi è una corta e improvvisa riduzione o perdita di tono muscolare. I segni possono variare da debolezza o penzolamento della testa fino all’improvvisa caduta a terra. Gli attacchi durano da pochi secondi fino a qualche minuto e la coscienza viene mantenuta. La sincope è un’episodica interruzione della coscienza dovuta a una diminuzione del flusso ematico nel cervello. Il temporaneo e completo arresto della perfusione del cervello causa il collasso del paziente, con le pupille dilatate e a seguire movimenti convulsivi che però differiscono dalla crisi tonico-clonica in quanto si manifestano soltanto determinando una condizione di estensione tonica del tronco, mascella serrata, lievi sussulti clonici degli arti o del tronco e spasmi facciali.

Tra le più comuni ci sono la sincope vaso-vagale, provocata da una condizione che favorisce vasodilatazione periferica come eccitazione, paura o dolore; la sincope cardiaca, spesso causata da un’improvvisa riduzione della gittata cardiaca per una disritmia; la sincope tussiva, causata da una condizione

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respiratoria come laringite o bronchite cronica, dove un aumento della pressione intratoracica interferisce con il ritorno venoso al cuore (Berendt, 2004; Ettinger, 2008). A questo proposito può essere utile dopo l’esame fisico, un esame obiettivo generale dell’apparato respiratorio e circolatorio per verificare la presenza o meno di alterazioni della funzionalità cardiaca (es. aritmie) che possano confermare la sincope (Gandini, 2015).

3.1.3 Esame fisico

Dopo l’anamnesi segue sempre, in ogni paziente, un esame fisico generale di tutti gli apparati. Questo è essenziale per, eventualmente, identificare anomalie di altri organi o apparati che possano aver interessato secondariamente il sistema nervoso, mimino un disordine neurologico primario o che possano influenzare la prognosi (Garosi,2004).

Si inizia con l’osservare l’animale, verificare stato del sensorio, stato di nutrizione e atteggiamenti particolari. Si osservano aspetto ed elasticità della cute e colore delle mucose apparenti. Si passa ad una palpazione dei linfonodi esplorabili (sottomascellari, perifaringei, prescapolari, poplitei, inguinali), un ingrossamento dei quali potrebbe indicare infiammazione o infezione. Si misura la frequenza cardiaca (nel cane 80-120 battiti per minuto) verificandone contemporaneamente la concordanza con il polso (con una leggera pressione sull’arteria femorale). Si misura frequenza e tipo di respiro (nel cane 16-18 atti respiratori al minuto) ed infine la temperatura rettale (37.9-39,9 °C) (Ettinger, 2008; Ciaramella, 2014).

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3.1.4 Esame neurologico

Dopo l’esame fisico generale, si passa all’esame obiettivo particolare. In questo caso all’esame neurologico.

In generale l’esame neurologico è suddiviso in due parti:

Nella prima parte vengono fatte una serie di osservazioni. Si valuta lo stato mentale, inizialmente con la raccolta dell’anamnesi, stabilendo col proprietario il comportamento usuale di ciascun soggetto e poi valutando se ci sono alterazioni come depressione, stupore, coma.

Modificazioni comportamentali comuni possono essere aggressività, deambulazione compulsiva, perdita di comportamenti acquisiti come l’addestramento, vocalizzazioni o tendenza a premere la testa contro il muro.

Occorre valutare alterazioni della postura e del corpo a riposo. Le più comuni sono rotazione o deviazione della testa, curvature spinali, rigidità da lesione cerebrale o cerebellare.

Si osserva l’andatura per valutare anomalie della coordinazione come l’atassia o anomalie nei movimenti volontari quali paresi o paralisi (tetraparesi/tetraplegia, paraparesi/paraplegia, monoparesi/monoplegia, emiparesi/emiplegia). Le paresi da motoneurone superiore sono responsabili di paresi spastica mentre quelle da motoneurone inferiore sono responsabili di paresi flaccida.

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Possono esserci poi movimenti di maneggio da lesioni vestibolari o dell’encefalo anteriore e zoppie varie che possono richiedere anche un esame ortopedico.

Si possono osservare movimenti involontari come tremori del corpo o della testa, crisi epilettiche, mioclono, miotonia ecc (Platt et al, 2004).

Nella seconda parte dell’esame neurologico si eseguono delle prove sull’animale che consistono in esame dei nervi cranici, esame delle reazioni posturali (posizionamento propriocettivo, saltellamento e andatura su bipedi laterali, posizionamento visivo e tattile), esame dei riflessi spinali e tono e dimensioni muscolari, esame della sensibilità (cutanea, pannicolare, dolorifica superficiale e profonda) ed infine palpazione di testa, colonna vertebrale ed arti per verificare eventuali sedi di dolore (Platt et al, 2004).

Nell’ indagine sulle crisi epilettiche è importante, quando si effettua un esame neurologico, porre attenzione a segni riferibili ad una disfunzione del prosencefalo, che possono ricondursi a perdita della capacità di relazionarsi in modo normale con l’ambiente circostante, comportamenti abnormi o esagerati e perdita delle funzioni cognitive (Gandini, 2015). Tipico dell’epilessia idiopatica è, invece, un esame neurologico negativo (Bernardini, 2008).

L’esame può essere influenzato dai segni post-ictali di una crisi epilettica recente, per cui è consigliato ripetere l’esame dopo alcuni giorni (Braund, 2002).

Dell’esame neurologico può far parte anche l’elettroencefalogramma (EEG), la registrazione grafica dell’attività elettrica spontanea del cervello. Vengono

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applicati tre o quattro elettrodi ad ago nel sottocute di ciascuna metà del cranio (frontale, temporale, parietale e occipitale) più uno aggiuntivo al vertice del cranio. Idealmente dovrebbe essere registrata l’attività corticale durante tutti gli stadi della coscienza, dalla veglia completa allo stato di sonnolenza, dal sonno non REM al sonno REM, ma i tracciati possono essere facilmente influenzati da artefatti, soprattutto perché, in medicina veterinaria, molti clinici sono spesso costretti ad utilizzare la sedazione per effettuare l’EEG (Brauer, 2012).

Durante una crisi epilettica generalizzata si hanno delle scariche EEG interictali a spike (Mancia, 1993; Platt et al, 2004).

3.1.5 Esami di laboratorio di base

Sono essenziali soprattutto per escludere eventuali malattie metaboliche che inducono manifestazioni neurologiche (Gandini, 2015). Infatti, spesso, una malattia confinata al sistema nervoso centrale non esibisce alterazioni specifiche degli esami di laboratorio di base (soprattutto malattie degenerative e malformative). Alterazioni ematologiche possono essere date anche da alcune malattie neurologiche di natura infettiva, neoplasie ed intossicazioni (Platt et al, 2004; Nelson, 2000).

È molto importante, inoltre, il ruolo rivestito dagli esami di laboratorio nel verificare la possibilità di sottoporre l’animale ad anestesia generale per permettere indagini neurologiche più specifiche quali Tomografia Computerizzata o Risonanza Magnetica (Gandini et al, 2014).

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Nel cane, il campione viene prelevato dalla vena cefalica, safena o giugulare con ago 20-22 gauge e viene raccolto in provette con o senza anticoagulanti a seconda del tipo di esami che si vogliono eseguire sul campione. La provetta contenente Acido Etilendiamminotetraacetico (EDTA) è indicata per l’esame della morfologia cellulare (controindicata per alcuni parametri biochimici e per il test di coagulazione); i Sali di eparina sono indicati per l’emocromo e per alcuni parametri biochimici del plasma; il Sodio citrato è indicato per i test di coagulazione mentre provette vuote o con gel separatore sono indicate, dopo centrifugazione e separazione del siero, per i parametri biochimici sierici e la sieroelettroforesi delle proteine.

A. Esame emocromocitometrico completo – È propedeutico a tutti gli altri esami di laboratorio; dà informazioni sul numero, caratteristiche e contenuto cellulare. Si compone di parametri per la valutazione dell’eritrogramma, leucogramma e piastrine e viene sempre integrato dalla valutazione microscopica delle cellule su striscio colorato. Si utilizzano provette contenenti anticoagulanti EDTA, Sali di eparina, Sodio citrato.

B. Esame biochimico completo – Il sangue per gli esami biochimici di routine viene raccolto in provette con sali di eparina per gli esami plasmatici e in provette vuote per la separazione del siero. È consigliabile raccogliere il campione la mattina e col paziente a digiuno da 8-10 ore per evitare artefatti quale, ad esempio, la lipemia del campione. L’esame biochimico è importante per l’esclusione di eventuali malattie metaboliche e patologie sistemiche. Vengono

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analizzati valori importanti per la valutazione di patologie epatiche (alanina aminotransferasi – ALT, bilirubina, fosfatasi alcalina - ALP, gamma glutamiltransferasi – GGT), patologie renali (azoto ureico ematico – BUN, creatinina), patologie pancreatiche (amilasi, lipasi, glucosio, insulina), variazioni nelle concentrazioni di ioni (calcio, bicarbonato, cloro, fosforo, potassio, sodio, gap anionico), variazioni enzimatiche (creatinchinasi), variazioni delle proteine sieriche (albumine, globuline, rapporto albumine/globuline).

Ulteriori test diagnostici eseguiti in caso di riscontri anomali sono: misurazione dell’ammoniemia e degli acidi biliari pre e post-prandiali per la valutazione di malattie epatobiliari (es. shunt porto-sistemico), esame dei lattati per la valutazione del metabolismo glicemico, misurazioni del magnesio per valutare disturbi gastrointestinali, nefropatie e malattie endocrine varie (Ford et al, 2007; Nelson, 2010).

C. Esame delle urine – Si effettua per la valutazione di patologie renali (Ford et al, 2007).

3.1.6 Esami tossicologici

Molte intossicazioni sono responsabili di sintomatologia epilettica, per cui esistono esami specifici da effettuare in caso di sospetto. Per la valutazione del piombo ematico, un campione di sangue intero in EDTA, con valori superiori a 0,4 ppm è considerato indicativo di avvelenamento (Ford, 2007).

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In base all’anamnesi, la sintomatologia e alcuni riscontri ematologici è possibile risalire a intossicazioni da varie sostanze, come quelle contenute in alcune piante (es. tasso), sostanze chimiche che possono causare sintomatologia epilettica (es. naftalina, glicole etilenico e propilenico, rodenticidi anticoagulanti e contenenti brometalina, fosfuro di zinco, insetticidi a base di piretrina e piretroidi, insetticidi contenenti organofosforici e carbamati, idrocarburi clorurati, metaldeide) o l’ingestione di particolari animali (es. alcune specie tossiche di rospo) (Braund, 2002; Ettinger et al, 2008).

3.1.7 Test sierologici e microbiologici

Questo tipo di indagini sono frequentemente indicate in pazienti con malattia neurologica o neuromuscolare. Consistono in titolazioni anticorpali (es. anticorpi antinucleari – ANA in caso di malattie infiammatorie del sistema nervoso centrale), emocoltura, urinocoltura, e PCR per l’identificazione specifica di un’infezione sostenuta da un determinato agente.

Organismi infettivi identificabili sierologicamente in pazienti con malattie neurologiche e neuromuscolari possono essere virus (es. cimurro, rabbia), protozoi (Toxoplasma, Neospora), miceti, elminti, batteri, agenti infettivi trasmessi da zecche (Nelson, 2010).

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3.1.8 Analisi del liquido cefalo-rachidiano

Il liquido cefalo-rachidiano viene prelevato più facilmente e con migliori risultati dalla cisterna magna, a livello dell’articolazione atlanto-occipitale da cui si ottiene un volume maggiore di fluido, o dallo spazio subaracnoideo lombare. Il prelievo si effettua con l’animale in anestesia generale, decubito laterale con il collo in flessione. Si usa un ago spinale con mandrino da 22G e si inserisce perpendicolarmente all’asse maggiore della colonna vertebrale. Quando l’ago penetra la dura madre, e si sente come un sobbalzo e una diminuzione della resistenza, viene sfilato il mandrino e si verifica il flusso del fluido. Se ne prelevano circa 0,5-2 ml.

L’esame di routine comprende la valutazione della pressione del liquido, delle caratteristiche fisiche, la cellularità e il contenuto proteico. L’esame del liquido cefalo-rachidiano assume grande importanza per ricevere la conferma diagnostica in caso di malattie infettive e infiammatorie (Braund, 2002; Anderson, 2008).

3.1.9 Diagnostica per immagini

Esistono diverse tecniche di diagnostica per immagini per la ricerca di patologie intracraniche o extracraniche che abbiano potuto causare una sintomatologia epilettica. L’esame radiografico non è abbastanza sensibile per la diagnosi di malattie intracraniche; tuttavia, può essere utile per diagnosticare malattie neoplastiche come alcuni casi di meningioma e malattie congenite come l’idrocefalo. La radiografia è spesso utilizzata per la ricerca di

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metastasi neoplastiche indicative della presenza di una neoplasia primaria che può aver causato sintomatologia epilettica. Per l’indagine dei tessuti molli sono richieste tecniche più avanzate come l’ecografia, la tomografia computerizzata (TC), la risonanza magnetica (RM) o la mielografia. L’ecografia è una metodica per immagini non invasiva, particolarmente utile nella ricerca di anomalie epatiche quali lo shunt porto-sistemico, masse a carico dei tessuti molli o malattie congenite quali l’idrocefalo. La TC è una tecnica avanzata che fornisce un buon dettaglio tissutale generando immagini trasverse che possono essere ricostruite in diversi piani. I tessuti molli dell’encefalo appaiono abbastanza omogenei con alcune variazioni nella scala dei grigi in base alla densità dei tessuti, mentre i ventricoli encefalici appaiono molto più scuri grazie al loro contenuto fluido (Gandini et al, 2014).Vi è necessità di anestesia generale, ma la risoluzione dei tessuti molli non è paragonabile a quella offerta dalla RM, che è considerata la diagnostica per immagini di prima scelta per la diagnosi di patologie a carico del sistema nervoso centrale (Gandini et al, 2014). La RM permette di ottenere un’eccellente risoluzione dei tessuti molli in piani multipli e in maniera non invasiva. Fornisce immagini in sezione che, a differenza della TC, possono essere ottenute in qualsiasi piano dello spazio senza perdita di dettaglio. Ha, però, un costo elevato e, per questo, spesso, questa opzione non viene presa in considerazione dal proprietario dell’ animale (Olby et al, 2004).

Queste tecniche avanzate di diagnostica vengono utilizzate nell’animale epilettico allo scopo di escludere cause di epilessia che possono essere curabili con mezzi diversi dalla sola terapia antiepilettica (es. malattie infettive o

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infiammatorie del cervello), identificare lesioni che sono causate da crisi epilettiche ma non sono esse stesse la fonte della crisi (es. sclerosi ippocampale), e fornire i dati per far progredire ulteriormente il campo di ricerca sulla patogenesi e/o trattamento dell’epilessia (Rusbridge et al, 2015). Inoltre recenti studi, prendendo spunto dalla medicina umana, si stanno indirizzando nel possibile utilizzo di tecniche combinate di RM ed EEG nell’identificazione della “zona” epilettogena, in pazienti refrattari alla terapia, per possibili futuri approcci chirurgici (Hasegawa, 2016).

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3.2 Riscontri diagnostici e caratteristiche delle principali patologie causa

di epilessia sintomatica

Nel primo capitolo abbiamo visto una classificazione eziologica dell’epilessia che la suddivide in quattro grandi categorie (sintomatica, reattiva, criptogenica e idiopatica); parleremo ora delle principali patologie note che possano causare epilessia sintomatica. Questo tipo di epilessia, come abbiamo visto, è dovuta alla presenza di una lesione strutturale identificabile nel cervello. Parleremo quindi di anomalie congenite e patologie intracraniche.

3.2.1 Anomalie congenite

Nei pazienti affetti da una malformazione del tessuto nervoso, i segni clinici compaiono in giovane età, spesso entro il primo anno di vita (Moore, 2013) e sono generalmente progressivi o non progressivi (Garosi, 2004).

A. Idrocefalo – E’ una delle più comuni malformazioni congenite del SNC del cane ed è caratterizzato da un’anormale dilatazione del sistema ventricolare con conseguente accumulo di liquido all’interno del cranio (forma ostruttiva non comunicante). Può essere congenito o acquisito. Le razze canine predisposte all’idrocefalo congenito sono Chihuahua, Volpino di Pomerania, Yorkshire terrier, Bulldog inglese, Lhasa Apso, Barbone toy, Cairn terrier, Boston terrier, Carlino, Pechinese e Maltese. I segni clinici possono svilupparsi già a partire dai 2-3 mesi d’età e riflettono le strutture anatomiche coinvolte e la loro gravità non dipende necessariamente dall’entità della dilatazione ventricolare ma da una

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serie di anomalie concomitanti che comprendono il processo patologico sottostante, le alterazioni della pressione intracranica a esso associate, l’eventuale emorragia intraventricolare e l’acutezza dell’ostruzione ventricolare. Tra i segni clinici possono esserci crisi epilettiche, alterazione del sensorio, atassia e paresi. Gli animali con idrocefalo hanno il cranio deformato a cupola, fontanelle aperte e spesso strabismo ventrolaterale. Inoltre manifestano crescita ritardata e difficoltà di apprendimento nell’addestramento. Per la diagnosi sono fondamentali tecniche di diagnostica per immagini quali ecografia (attraverso le fontanelle aperte), TC e RM. L’EEG di solito presenta un’attività caratteristica ad ampiezza alta e onda bassa, spesso con elevata frequenza. La pressione del liquor è di solito normale o bassa nell’idrocefalo non comunicante. La prognosi è spesso sfavorevole (Braund, 2002; Schaer, 2003; Platt et al, 2004).

B. Lissencefalo – E’ una condizione rara in cui si ha un encefalo piccolo, di aspetto liscio, con poche o nessuna circonvoluzione e solchi cerebrali, con alterazioni della corteccia cerebrale e conseguenti alterazioni visive e comportamentali. La razza più colpita è il Lhasa Apso in associazione a ipoplasia cerebellare. Gli animali hanno difficoltà di apprendimento e sono difficili da addestrare. I segni clinici si manifestano nel primo anno di vita e sono caratterizzati da anomalie comportamentali, deficit visivi e convulsioni. La diagnosi si sospetta in base all’anamnesi e ai segni clinici, ma la conferma si ha con EEG, RM, biopsia encefalica o esame necroscopico, mentre tutte le altre

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indagini sono normali. La prognosi è sfavorevole (Braund, 2002; Schaer, 2003).

3.2.2 Patologie infiammatorie e infettive

Le malattie infiammatorie o infettive possono avere un esordio acuto, subacuto o più insidioso. I segni clinici generalmente progrediscono, ma possono anche essere intermittenti. I deficit neurologici possono essere riconducibili a una lesione focale o multifocale e possono essere simmetrici o asimmetrici (Platt et al, 2004). Patologie infiammatorie e infettive possono colpire animali di qualsiasi età (Moore, 2013).

A. Encefalite da Cimurro – Il Cimurro è una malattia contagiosa causata da un paramyxovirus, che si esprime principalmente attraverso sintomi intestinali e respiratori, seguiti talvolta da segni neurologici. È caratteristica dei cani giovani (3-6 mesi d’età) e dopo contagio per via inalatoria il periodo di incubazione è breve (3-7 giorni). La mortalità oscilla fra 30% e 80% (Scatozza, 2008). Le manifestazioni neurologiche più comunemente associate al cimurro sono convulsioni, iperattività, movimenti di maneggio e alterazioni comportamentali e da un punto di vista istopatologico è caratterizzata da morte di neuroni e cellule gliali e demielinizzazione. La diagnosi è suggerita dal riscontro di corpi inclusi nei campioni istopatologici e presenza di elevati titoli anticorpali contro il virus del cimurro nel liquido cefalorachidiano (IgM

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e IgG). Per la forma neurologica non esiste un trattamento specifico (Schaer, 2003; Ettinger, 2008).

B. Rabbia – Infezione dovuta a un virus della famiglia Rhabdoviridae. Molto importante è in questo caso l’anamnesi, in quanto il virus viene trasmesso tramite morso di animali con saliva infetta. Diffonde lungo gli assoni nervosi e replica nel SNC per poi raggiungere altri tessuti tra cui le ghiandole salivari. Dopo una fase prodromica di 2-3 giorni iniziano i sintomi clinici tra cui quelli nervosi. Nella cosiddetta “forma furiosa” della rabbia appaiono sintomi relativi al prosencefalo tra cui irritabilità, agitazione, fotofobia, pica ed iperestesia per poi spesso progredire verso incoordinazione, crisi epilettiche e morte. La diagnosi definitiva si ha con il test di immunofluorescenza diretta o PCR (Sellon, 2008).

C. Pseudorabbia – Causata da un virus appartenente alla famiglia degli alpha-herpesvirus che penetra, nella maggior parte dei casi, con l’ingestione di carne suina infetta. Il virus diffonde lungo gli assoni nervosi e dopo circa 3-6 giorni di incubazione causa infiammazione e anomalie funzionali delle cellule cerebrali che producono sintomi neurologici variabili a seconda della parte colpita e includono crisi epilettiche. Il decorso è rapido (48 ore circa) e si conclude con la morte dell’animale. La diagnosi definitiva si ha con immunofluorescenza diretta o PCR (Sellon, 2008).

D. Toxoplasmosi e Neosporosi – Toxoplasma gondii e Neospora caninum sono protozoi che possono colpire qualsiasi area del sistema nervoso

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determinando encefalite, mielite o neuropatia periferica nel cane. La diagnosi si basa sulla presenza dei titoli anticorpali nei confronti dei microrganismi e una distinzione clinica fra i due protozoi non è sempre possibile (Ettinger, 2008).

E. Meningoencefalomielite batterica – Batteri (il più comune lo Staphylococcus aureus) che raggiungono il cervello o il midollo spinale. Le lesioni possono essere localizzate (sotto forma di ascessi) o diffuse in focolai disseminati; in particolare gli ascessi generano compressione del tessuto nervoso adiacente, con segni clinici variabili a seconda del punto interessato. Il liquido cefalorachidiano presenta marcata pleiocitosi, con una prevalenza di neutrofili, e la diagnosi definitiva si raggiunge con l’identificazione e la coltura del batterio usando il liquido cefalorachidiano (Schaer, 2003).

F. Meningoencefalomielite granulomatosa canina – Malattia infiammatoria idiopatica del SNC per la quale si sospetta una patogenesi immunomediata. Si ha un accumulo di macrofagi e cellule epitelioidi all’interno del SNC, con un coinvolgimento di tipo focale o multifocale. La sintomatologia comprende crisi epilettiche, alterazioni comportamentali, iperestesia cervicale. La diagnosi si basa sull’esame del liquido cefalorachidiano che presenta pleiocitosi con aumento delle cellule mononucleate, linfociti e occasionalmente plasmacellule e neutrofili (Schaer, 2003).

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3.2.3 Neoplasie intracraniche

Sono più comuni in soggetti di età superiore ai 5 anni ma possono svilupparsi in soggetti di qualsiasi età. I segni neurologici hanno generalmente una natura cronica progressiva ma è anche possibile osservare un deterioramento improvviso delle condizioni neurologiche del soggetto. Fattori determinanti sono le dimensioni, il tipo istologico, il tasso di crescita, la risposta infiammatoria associata e la localizzazione della lesione. I deficit neurologici possono essere simmetrici o asimmetrici e spesso suggeriscono una lesione focale (Platt et al, 2004). Gli effetti dei tumori sono sia primari, come la compressione e infiltrazione dei tessuti adiacenti, che secondari, come ernie cerebrali, idrocefalo ostruttivo, emorragie ed edemi. I segni clinici variano a seconda dell’area cerebrale interessata ma i più frequenti sono alterazioni del comportamento e crisi epilettiche. Tra le neoplasie più frequenti nel cane ci sono meningiomi, astrocitomi, oligodendrogliomi, papillomi dei plessi coroidei, e più raramente ependimomi (Braund, 2002). Per la diagnosi è importante la valutazione del liquido cefalorachidiano che rivela un aumento della pressione e della concentrazione proteica senza aumento della conta cellulare, ma fondamentali sono TC e RM, soprattutto se si vuole attuare una terapia come la chirurgia (Schaer, 2003).

3.2.4 Squilibri nutrizionali

Oggi sono abbastanza rari. I segni neurologici sono tipicamente bilaterali e simmetrici. Queste malattie hanno esordio variabile e sono spesso lentamente progressive (Platt et al, 2004). Tra gli squilibri nutrizionali più comuni c’è la

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carenza di tiamina o vitamina B1 in animali che si alimentano con razioni naturalmente carenti di tiamina o alimenti cotti. La carenza enzimatica che si verifica svolge un ruolo nel processo di ossidazione completa del glucosio attraverso il ciclo dell’acido citrico e i tessuti che vengono particolarmente compromessi sono quelli del cervello e del cuore. Segni clinici evidenziati nel cane sono anoressia, depressione del sensorio, paraparesi spastica progressiva, torcicollo, movimenti in circolo, esoftalmo, crisi epilettiche generalizzate, decubito e morte. Questi segni, insieme all’anamnesi alimentare sono elementi fondamentali per la diagnosi (Braund, 2002).

3.2.5 Patologie degenerative

Le malattie degenerative possono coinvolgere qualsiasi porzione del sistema nervoso e sono caratterizzate da un esordio insidioso e una progressione lenta. Molte sono familiari o ereditarie e l’età di esordio è variabile (Platt et al, 2004; Ettinger, 2008).

Un esempio di patologia degenerativa sono le malattie da accumulo che in genere derivano da una carenza di origine genetica di un enzima idrolasi lisosomiale con accumulo del substrato all’interno del citoplasma delle cellule in tutto il sistema nervoso. La trasmissione è ereditaria a carattere autosomico recessivo.

Alcune malattie da accumulo sono:

A. Malattia di Gaucher – E’ una rara patologia da accumulo lisosomiale causata da carenza di glucocerebrosidasi ( - glucosidasi) con accumulo

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di glucocerebroside nei neuroni. I sintomi iniziano intorno ai 6 mesi d’età e consistono in grave incoordinazione motoria, ampliamento della base d’appoggio, andatura rigida, ipermetria e tremori generalizzati. La diagnosi si effettua determinando l’attività enzimatica dei leucociti e la prognosi è infausta.

B. Malattia di Lafora – Malattia a carattere progressivo e degenerativo dovuta all’accumulo di un complesso glicoproteico all’interno di neuroni e cellule gliali, analoga alla malattia di Lafora riportata nell’uomo e clinicamente caratterizzata da epilessia mioclonica progressiva. Nel cane è stata segnalata soprattutto nel Beagle e nel Bassethound. Negli stati avanzati di malattia è riportata la presenza di crisi epilettiche dai 5 mesi ai 7 anni circa. All’interno dei neuroni si trovano degli inclusi basofili distinti in tre tipi (tipo I, tipo II, tipo III). All’EEG si evidenzia attività lenta, ritmica, con quadri analoghi a quelli delle crisi epilettiche miocloniche (Braund, 2002).

C. Altre malattie da accumulo lisosomiale sono: Gangliosidosi, per mancanza degli enzimi Beta-galattosidasi o Beta-esosaminidasi A e/o B ed accumulo di gangliosidi; Sfingomielinosi, per carenza dell’enzima sfingomielinasi ed accumulo di sfingomielina, colesterolo e glicosfingolipidi; Leucodistrofia a cellule globoidi, per deficit di Beta-galattosidasi ed accumulo di galactocerebrosidi; Mucopolisaccaridosi; Glicogenosi; Fucosidosi; Lipofuscinosi ceroide; Glicoproteinosi. I lisosomi si ingolfano di materiale non degradato e viene compromessa la funzione metabolica della cellula poiché i lisosomi ipertrofici

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comprimono gli organuli intracellulari con una diminuzione della respirazione cellulare. Le manifestazioni cliniche risultano dagli effetti tossici dovuti all’accumulo intracellulare di vari substrati. I segni più comuni includono cambiamenti comportamentali, crisi epilettiche, atassia, tetraparesi, tremore e cecità. Per molte di queste patologie sono disponibili test enzimatici su sangue e tessuti e test molecolari (Schaer, 2003).

3.2.6 Trauma cranico

Il trauma cranico nel cane, come nell’uomo, è associato con un significativo rischio di sviluppo di epilessia post-traumatica (Steinmetz, 2013).

Le condizioni traumatiche spesso hanno un esordio iperacuto o acuto. I segni clinici in genere rimangono stazionari o migliorano nel tempo. I deficit neurologici possono essere simmetrici o asimmetrici e spesso sono riferibili a una lesione focale ma possono anche essere presenti lesioni multifocali.

Il trauma cranico dovuto a cause esogene si verifica soprattutto in seguito ad incidenti automobilistici, ma anche ferite da arma da fuoco, cadute, colpi e lotte con altri animali. La sintomatologia epilettica nei traumi acuti è legata ad edema e ipossia, nonché al danno corticale.

Nei traumi cronici invece si pensa che sia la cicatrice post-traumatica a fungere da focus epilettogeno a distanza di settimane o anche mesi dal trauma (Schaer, 2003; Platt et al, 2004).

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3.3 Riscontri diagnostici e caratteristiche delle principali patologie causa

di epilessia reattiva

L’epilessia reattiva o provocata ha un’eziologia definita e si verifica in risposta ad uno specifico fattore ambientale (es. tossico) o sistemico e una volta trattata la causa sottostante il cervello può tornare alla normalità poiché non c’è anomalia neuroanatomica o altra causa neuropatologica (Platt, 2004; Penderis, 2014). Le cause più comuni di epilessia reattiva in pazienti veterinari sono essenzialmente le intossicazioni e le malattie metaboliche (Brauer, 2011; Moore, 2013).

3.3.1 Malattie metaboliche

Le malattie metaboliche possono colpire animali di qualsiasi età. Determinano alterazioni del metabolismo e dello stato elettrofisiologico del cervello e l’esordio clinico dei sintomi neurologici è variabile ma è più spesso acuto, sebbene i segni associati di malattia sistemica siano spesso subacuti o cronici. Le manifestazioni più comuni sono segni clinici diffusi e non specifici, deficit bilaterali simmetrici riferibili all’encefalo anteriore, che nella maggior parte dei casi provocano attacchi primari generalizzati, e neuropatie periferiche simmetriche. La maggior parte di queste condizioni ha un andamento intermittente nel tempo (Braund, 2002; Platt et al, 2004). Sono svariate le malattie metaboliche che possono provocare una sintomatologia epilettica.

A. Ipossia – Una perdita dell’apporto di ossigeno cerebrale provoca encefalopatia ipossico-ischemica, sia attraverso una diminuzione della

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tensione di ossigeno arterioso (PO2<50mmHg) sia con riduzione o

assenza della perfusione cerebrale. Entro 20 secondi dall’anossia ed entro 2-4 minuti dall’ipossia-ischemia si ha danno cerebrale irreversibile. Quanto maggiore è la durata dell’ipossia, tanto maggiori saranno le probabilità che si verifichino segni di coinvolgimento del tronco encefalico (Ettinger, 2008).

B. Ipoglicemia – La carenza di glucosio è una causa comune dei segni neurologici associati alle malattie sistemiche. Una glicemia inferiore a 40mg/dL induce una risposta da stress al rilascio di ormoni di controregolazione e induce la gluconeogenesi. Gli effetti neuroglicopenici vanno da alterazioni comportamentali a debolezza iniziale fino a tremori, crisi epilettiche parziali e generalizzate, cecità. Le cause più comuni dell’ipoglicemia sono l’aumento della captazione o la diminuzione della produzione di glucosio. Un incremento della captazione si osserva in caso di insulinoma, eccessiva somministrazione esogena di insulina ed eccessivo metabolismo (Ettinger, 2008). L’insulinoma è la neoplasia delle cellule del pancreas, piuttosto comune nel cane e maligna nell’80% dei casi circa. Nell’animale sano la secrezione di insulina cessa completamente quando la glicemia scende sotto 65-80 mg/dL, mentre nell’animale con insulinoma, le cellule neoplastiche continuano costantemente a secernere insulina portando a grave ipoglicemia. Il segno distintivo dell’insulinoma è l’aumento della concentrazione ematica di insulina nonostante la glicemia ridotta. La maggior parte dei segni clinici deriva

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dagli effetti dell’ipoglicemia sul sistema nervoso poiché il glucosio è la singola fonte di energia più importante nell’encefalo e la gravità dei segni clinici aumenta con il diminuire della glicemia (Hess, 2008). C. Epatopatie – Fra le conseguenze delle epatopatie si osserva

l’encefalopatia epatica, un disturbo metabolico del SNC che consegue a una riduzione della funzionalità epatica, dovuta ad una carenza enzimatica del ciclo dell’urea o ad alterazioni del circolo portale. Può conseguire a shunt porto-sistemici, ovvero difetti del circolo epatico, per cui vasi anomali determinano il passaggio del sangue portale, proveniente da stomaco, intestino, pancreas e milza, direttamente nel circolo sistemico bypassando il fegato e impedendo così la clearance di sostanze quali ammoniaca, mercaptani, acidi grassi a corta catena, acido gamma-aminobutirrico, batteri, endotossine etc. Queste sostanze, nel circolo sistemico, possono arrivare anche al cervello determinando scompensi elettrolitici, squilibri acido-base e una sintomatologia neurologica. Alcuni studi hanno dimostrato che nel liquido cefalorachidiano di cani con shunt porto-sistemico, rispetto ai cani di controllo, si ha un incremento delle concentrazioni di triptofano e dei suoi metaboliti, della glutamina e dell’acido chinolinico (Ettinger, 2008). Nello shunt congenito gli enzimi epatici possono essere normali o leggermente aumentati e alle radiografie i soggetti presentano un fegato piccolo e reni aumentati di volume. Queste anomalie sono presenti, di solito, in soggetti con meno di un anno d’età e con particolare incidenza in Schnauzer nani, Yorkshire Terrier, Cane da

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pastore Australiano, Old English Sheepdog e Terrier Maltesi. Altre cause di encefalopatia epatica possono essere patologie epatiche croniche, come la cirrosi, che colpiscono animali d’età media o avanzata e presentano livelli variabili di ALT e bilirubina totale e un aumento marcato di ASP.

Altra causa è l’insufficienza epatica acuta, che colpisce animali di ogni età ed è caratterizzata da aumenti marcati di ALT e bilirubina totale, con livelli variabili di ASP. Infine l’encefalopatia epatica può essere causata da deficit enzimatico del ciclo epatico dell’urea in cui l’encefalopatia è associata all’iperammoniemia. In cani con encefalopatia epatica, indipendentemente dalla causa, i sintomi neurologici sono simili e si verificano nel 95% circa dei casi. È possibile osservare un comportamento imprevedibile e altalenante, demenza, perdita progressiva dell’eccitabilità, mioclonie e crisi epilettiche. La terapia dello shunt porta-cava congenito consiste nella correzione chirurgica e ha successo soprattutto nei soggetti di età inferiore ai 2 anni (Braund, 2002; Ettinger, 2008).

D. Encefalopatia uremica – Descritta in cani giovani e anziani affetti da insufficienza renale. I segni clinici sono rappresentati da depressione del sensorio o stato stuporoso, crisi generalizzate, fascicolazioni muscolari, oscillazioni della testa e debolezza. Nel sangue si ha un aumento dei livelli di azoto ureico e creatinina. La causa di questa affezione non è chiara ma è stato ipotizzato un ruolo dell’acidosi

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associata, l’ipoglicemia e l’ipocalcemia (Braund, 2002; Lahunta et al, 2010).

E. Iperlipidemia – Possono verificarsi crisi convulsive in cani con disturbi del metabolismo lipidico. Comune nello Schnauzer nano tra i 2 e 7 anni d’età (Lahunta et al, 2010).

F. Disordini elettrolitici (Ipocalcemia) – Disturbi elettrolitici che possono causare crisi convulsive sono ipernatriemia, ipomagnesiemia, iperkaliemia, ipocalcemia (Lahunta et al, 2010).

L’ ipocalcemia si ha in seguito a perdita di calcio dal fluido extracellulare (spesso in seguito a meccanismi renali), in quantità superiori a quelle che possono essere rimpiazzate dall’accelerazione dell’assorbimento dell’intestino o dai depositi ossei. Le cause sono numerose; qualsiasi condizione che ne aumenti le concentrazioni sieriche, come il rilascio di grandi quantità di fosforo cellulare o la compromissione acuta della funzione renale, può determinare una riduzione della calcemia. In queste condizioni il sistema nervoso diventa sempre più eccitabile a causa dell’aumento della permeabilità delle membrane dei neuroni e le fibre nervose si depolarizzano spontaneamente. I segni clinici sono in genere correlati all’entità e alla rapidità della caduta della concentrazione sierica di calcio. Predominano le manifestazioni dell’irritabilità neuromuscolare, debolezza muscolare generalizzata con o senza fascicolazioni, che nei casi più gravi può progredire fino a spasmi tetanici e crisi epilettiche (Braund, 2002).

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G. Ipoparatiroidismo primario – Si ha una cessazione della funzione paratiroidea che porta a una diminuzione nella concentrazione di calcio e un aumento nella concentrazione plasmatica di fosforo con diminuzione dell’ escrezione urinaria di calcio e fosforo. Queste alterazioni sono dovute alla perdita degli effetti del paratormone (PTH) sulla mobilizzazione ossea di calcio e fosforo, alla ritenzione renale di calcio, all’aumento dell’escrezione renale di fosforo e all’aumentato assorbimento intestinale di calcio e fosforo. I sintomi clinici solitamente iniziano con improvvisi disturbi neurologici o neuromuscolari intermittenti. Nell’80% dei cani con ipoparatiroidismo primario sono state riscontrate crisi generalizzate tonico-cloniche però in parte atipiche poiché non vi è perdita di coscienza e non c’è incontinenza durante l’episodio. Gli episodi epilettici possono durare 20-90 secondi (raramente più di 30 minuti) e la maggior parte si risolve spontaneamente. Nel formulare una diagnosi si riscontrano grave ipocalcemia, iperfosfatemia e diminuzione dell’ormone paratiroideo (Ettinger, 2008). Altri segni clinici sono letargia, inappetenza, prurito facciale intenso e respirazione affannosa. L’inizio delle manifestazioni spesso è associato con l’esercizio fisico, stress, eccitazione e colpisce cani fra le 6 settimane e i 12 anni d’età, con una media di 6 anni (Nelson, 2010).

H. Ipotiroidismo – Endocrinopatia che colpisce cani tra i 2 e i 6 anni d’età ma è molto comune anche nei cani anziani. La forma più grave include segni come il mixedema, associato a bradicardia, ipotermia, demenza,

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stupore o coma, debolezza generalizzata dei motoneuroni inferiori. Segni neurologici possibili sono crisi epilettiche, atassia, movimenti di maneggio, testa piegata, nistagmo o paralisi del nervo facciale. Si accompagna spesso ad alopecia locale o generalizzata, simmetrica o asimmetrica. Riscontri comuni nell’esame emato-biochimico sono ipercolesterolemia e iperlipemia, aumento ALT e ALP e raramente CK (Podell, 2008; Nelson, 2010). Bisogna porre particolare attenzione nei cani in terapia con farmaci antiepilettici poiché l’uso di Fenobarbital riduce significativamente la concentrazione ematica di T4 e, di conseguenza, è facile interpretare erroneamente un effetto avverso come patologia primaria (Gaskill, 2000). Possono, quindi, aiutarci in una giusta diagnosi la misurazione di T4 e TSH e il riscontro o meno di altri segni tipici dell’ipotiroidismo, quali lesioni cutanee, letargia e ipercolesterolemia (Von Klopmann, 2006).

I. Iperadrenocorticismo – Endocrinopatia che colpisce tipicamente cani di età superiore ai 6 anni. Può avere tre origini: ipofisaria, surrenalica o iatrogena. Nell’ iperadrenocorticismo di origine ipofisaria si ha un’eccessiva produzione di ormone adrenocorticotropo (ACTH) che stimola iperplasia del surrene con produzione eccessiva di cortisolo. In quello di origine surrenalica, invece, neoplasie del surrene producono sostanze bioattive e anche cortisolo con inibizione della secrezione di ACTH e progressiva atrofia della corticale del surrene. Razze predisposte all’iperadrenocorticismo ipofisario sono Boxer, Boston Terrier, Bassotto, Barboncino nano e Beagle. Razze predisposte a

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neoplasia surrenalica sono Pastore Tedesco, Barboncino nano. Agli esami emato-biochimici tipicamente i cani presentano leucocitosi neutrofila, eosinopenia, linfopenia, policitemia di grado lieve. Aumento di ALT, ALP, ipercolesterolemia, lipemia, iperglicemia. Gli animali di solito hanno poliuria/polidipsia (PU/PD), anomalie della cute e talvolta diabete mellito insulino-dipendente. I segni neurologici sono dati dall’accrescimento e la compressione della neoplasia ipofisaria verso talamo e ipotalamo e sono: apatia stuporosa, tendenza a spingere la testa contro ostacoli fissi, anomalie dell’andatura, movimenti di maneggio, atassia, adipsia e crisi epilettiche (Nelson, 2010).

J. Colpo di calore – Il colpo di calore è una sindrome da danno cellulare causata da un marcato aumento della temperatura corporea con perdita del controllo della termoregolazione e si verifica quando la produzione di calore sovrasta i normali meccanismi di dissipazione.

Il colpo di calore può danneggiare pressoché tutti gli organi. La predisposizione può derivare da fattori ambientali (es. elevate temperatura e umidità), da fattori medici (es. obesità, patologie respiratorie e cardiache ecc.) e da vari altri fattori (es. tossine, farmaci, sforzi eccessivi). È segno molto comune l’insufficienza renale acuta, che può essere fatale. Molto frequente è anche la coagulazione intravasale disseminata (CID). Insulti al SNC possono avvenire a seguito di lesione termica diretta, alcalosi respiratoria, trombosi o ipoperfusione indotta da shock. Le complicazioni dell’insulto al SNC includono crisi epilettiche (che fanno ulteriormente aumentare la

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temperatura corporea), ipoventilazione, coma, arresto respiratorio e cardiaco. I segni clinici del colpo di calore sono correlati agli apparati che sono colpiti e al grado di insulto che subiscono, così come sono variabili i risultati degli esami di laboratorio (Gfeller, 2008; Lahunta et al, 2010).

3.3.2 Intossicazioni

Le intossicazioni spesso hanno un esordio clinico acuto e la comparsa di segni clinici diffusi o bilateralmente simmetrici dal momento dell’esordio. Le tossine che possono colpire il sistema nervoso, sia primariamente sia secondariamente, sono numerose (Platt et al, 2004). Alcune sostanze con cui possono venire a contatto i cani sono le sostanze chimiche.

A. Piombo – E’ l’intossicazione più frequente nel cane. Avviene essenzialmente con l’ingestione di vernice, batterie, linoleum, materiale per saldatura, materiale idraulico e piombini per la pesca. Si ritiene che il piombo inibisca i gruppi sulfidrilici di enzimi essenziali del metabolismo cellulare e può distruggere la barriera ematoencefalica, danneggiando le cellule endoteliali dei capillari. L’avvelenamento cronico provoca essenzialmente sintomi gastroenterici, come vomito, dolore addominale, anoressia, diarrea, megaesofago, mentre l’intossicazione acuta provoca sintomi neurologici, come alterazioni del comportamento, isteria, atassia, tremori, opistotono, cecità e crisi epilettiche (che possono cominciare dopo pochi giorni dall’ingestione).

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Per la diagnosi è importante la presenza di eritrociti nucleati con punteggiature basofile con o senza anemia, ma la diagnosi certa si ha tramite analisi chimica che svela una concentrazione ematica di piombo superiore o uguale a 0,4 ppm (Braund, 2002; Dorman, 2008; Cotè, 2008).

B. Naftalina – La principale fonte sono le palline antitarma. La naftalina provoca sintomi come vomito, letargia, convulsioni, anemia emolitica acuta, emoglobinuria e insufficienza renale. Allo striscio ematico si evidenzia la presenza di corpi di Heinz e metaemoglobina.

C. Glicole etilenico e propilenico – La fonte principale è il liquido antigelo per il radiatore delle automobili. La dose letale di glicole etilenico per il cane è di 4,4 mL/kg e di 9 mL/kg di glicole propilenico.

D. Metaldeide – Contenuta nel veleno per lumache, provoca crisi epilettiche che si caratterizzano per la rapida insorgenza (da 30 minuti a 6 ore dopo l’ingestione), e per i tremori muscolari, spesso con conseguente ipertermia (>41°C). A volte si può notare un odore dolciastro, simile all’acetone, proveniente dal vomito o dall’animale stesso. I sintomi clinici in genere durano 1-2 giorni (Cotè, 2008).

E. Rodenticidi anticoagulanti – Interferiscono con il riutilizzo della vitamina k e vanno a inibire la sintesi dei fattori della coagulazione con sviluppo di coagulopatie. Sono riportati anche paresi, atassia, crisi epilettiche e morte improvvisa.

F. Fosfuro di zinco – Sostanza rodenticida. La dose letale nel cane è di 20-50 mg/kg. I sintomi sono anoressia, letargia, debolezza, dolore

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addominale e vomito entro 1-4 ore e possono progredire fino a decubito, tremori in tutto il corpo, crisi epilettiche, collasso cardiopolmonare e morte.

G. Brometalina – Si trova in alcuni rodenticidi ed è in grado di disaccoppiare la fosforilazione ossidativa, con conseguente edema della mielina a livello cerebrale. I sintomi sono tremori muscolari, ipereccitabilità, vocalizzazioni, episodi di corse improvvise, crisi epilettiche, iperestesia, vomito e dispnea. La dose letale nel cane è di 2,5 mg/kg.

H. Idrocarburi clorurati – Sono usati per la prevenzione ed il controllo delle infestazioni da insetti. L’intossicazione avviene tramite ingestione, inalazione, o assorbimento transcutaneo. Sono stimolanti non specifici del SNC e provocano sintomi quali irritabilità, isteria, spasmi muscolari facciali, movimenti di masticazione, andatura spastica, atassia, midriasi, salivazione e gravi attacchi epilettici. L’attività epilettica provoca un aumento della temperatura corporea (Braund, 2002).

I. Organofosforici e carbamati – Sono contenuti negli insetticidi per il controllo dei parassiti esterni del cane e nell’ambiente. Gli organofosforici sono inibitori irreversibili dell’acetilcolinesterasi mentre i carbamati sono reversibili. L’intossicazione provoca un accumulo del neurotrasmettitore acetilcolina che produce una crisi colinergica, con sintomi muscarinici (salivazione, lacrimazione, secrezione bronchiale, vomito, diarrea), nicotinici (tremori muscolari,

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paralisi respiratoria), e misti (depressione del SNC, crisi epilettiche, miosi, iperattività). Si diagnostica determinando la riduzione dell’attività (<50%) della colinesterasi nel sangue, tessuto cerebrale e retina (Braund, 2002; Dorman, 2008).

Le sostanze chimiche non sono le uniche in grado di provocare intossicazioni negli animali ma lo sono anche molte sostanze contenute nelle piante (es. alcune alghe azzurro-verdi) e in alcuni animali. Ad esempio le bufotossine, contenute nelle ghiandole parotidi di alcuni tipi di rospo (soprattutto presenti in America e in Australia) provocano, nel cane che afferra il rospo con la bocca, scialorrea, scuotimento della testa, atassia, vomito, polipnea, convulsioni e diarrea emorragica. Queste tossine possono provocare la morte in 30 minuti. L’intossicazione da cioccolato, invece, induce convulsioni che si manifestano entro 12 ore dall’ingestione. Sono presenti altri sintomi, che precedono le crisi, e sono polidipsia, vomito, tachicardia e irrequietezza (Braund, 2002; Cotè, 2008).

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3.4 Epilessia idiopatica

Quando, dopo un percorso diagnostico completo, non si riesce a identificare una causa sottostante, si parla di epilessia idiopatica o primaria, una condizione neurologica cronica, caratterizzata da ricorrenti crisi epilettiche, che insorge nella maggior parte dei cani tra 1 e 6 anni d’età ed occasionalmente prima dei 6 mesi o dopo i 10 anni d’età. Rappresenta il 60-70% circa di tutti i casi di epilessia (Penderis, 2015). La diagnosi è per esclusione di tutte le patologie conosciute essere responsabili di crisi epilettiche (Bernardini, 2008).

Una diagnosi di “presunta epilessia idiopatica” viene fatta anche in pazienti in cui età, razza, esame neurologico e sintomatologia sono coerenti con l’epilessia primaria ma per cui non è stato effettuato un percorso diagnostico completo (Moore, 2013).

Il cane presenta tipicamente crisi tonico-cloniche generalizzate che si verificano, nella maggior parte dei cani durante il riposo o nel sonno (Pakozdy, 2008). Gli esami fisico e neurologico e le analisi del sangue sono generalmente normali e non vi sono anomalie neuroanatomiche e neuropatologiche (Penderis, 2014). Nell’epilessia idiopatica può anche manifestarsi attività tonica, mioclonica o atonica e alcuni studi hanno documentato che possono anche insorgere crisi focali, storicamente considerate incompatibili con una diagnosi di epilessia idiopatica, e avere una generalizzazione secondaria. Inoltre, all’esame neurologico può essere utile differenziare i deficit post-ictali da quelli relativi a una malattia strutturale del

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prosencefalo e a questo proposito può essere utile ripetere l’esame neurologico dopo circa 24-48 ore dall’evento, quando i deficit post-ictali dovrebbero essersi risolti (Moore, 2013).

Può essere colpita qualsiasi razza e per alcune di queste (tra cui Bassotto, Keeshond, Beagle, Pastore dello Shetland, Irish Wolfhound, Vizla, Bovaro del Bernese, Springer Spaniel, Labrador Retriever e Golden Retriever) è stata ipotizzata una base genetica (Thomas, 2010; Ekenstedt, 2011; Hülsmeyer, 2015).

L’epilessia idiopatica, tuttora, in più del 30% dei casi è refrattaria alla terapia farmacologica (Muñana, 2013; Merbl, 2014) e negli ultimi anni sono stati eseguiti numerosi studi per valutare la correlazione fra la “malattia” e lo stato fisiologico dell’animale. In particolare si pensa che gli ormoni sessuali abbiamo un ruolo importante nell’innalzare o abbassare la soglia epilettogena. Nella donna, infatti, esiste un tipo di epilessia, detta catameniale, che si manifesta con cambiamenti nell’andamento delle crisi epilettiche durante il corso del ciclo mestruale. Sulla base di queste conoscenze è stato condotto uno studio retrospettivo sul cane, dimostrando che la gran parte delle cagne intere con epilessia idiopatica ha avuto crisi epilettiche in corrispondenza di alcuni momenti del ciclo estrale. Si è ipotizzato, dunque, che l’estradiolo abbia un ruolo pro convulsivante, riducendo la soglia epilettogena, e che il progesterone abbia un ruolo protettivo. Sulla base di ciò, ci sono pareri contrastanti, fra i vari autori, sul possibile beneficio dell’ovariectomia. Sicuramente saranno necessarie altre ricerche al riguardo (Von Meervenne, 2015).

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Sulla base delle ipotesi avanzate sull’epilessia idiopatica umana, un altro studio retrospettivo è stato condotto sul cane per verificare una possibile correlazione tra il verificarsi di crisi epilettiche e le 8 fasi del ciclo lunare, nonché dell’illuminazione del cielo notturno durante queste fasi. Non sono state rilevate, però, significatività statistiche, per cui è stata esclusa questa relazione (Browand-Stainback, 2011).

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Nell’ impostare un adeguato protocollo diagnostico per dare un nome alla patologia che causa la sintomatologia epilettica, senza tralasciare nessuna ipotesi, il clinico può seguire uno schema che si avvale dell’acronimo VITAMIN D (Immagine 3.2), dove V=Vascolare, I= Infiammatorio/Infettivo, T= Traumatico, A= Anomalo congenito, M= Metabolico, I= Idiopatico, N= Neoplastico, D= Degenerativo (Gandini et al, 2015).

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Come abbiamo visto all’interno del capitolo, tutte le voci dell’acronimo possono potenzialmente essere chiamate in causa, quindi può essere utile seguire questo schema per non tralasciare nessuna ipotesi (Gandini, 2015). Un cane epilettico è un grande impegno per il proprietario, sia da un punto di vista economico sia psicologico, che lo porta molto spesso a prendere la decisione di eutanasizzare il proprio animale. Secondo uno studio la vita media di un cane con epilessia idiopatica è di 2,3 anni dalla diagnosi fino alla morte naturale o la decisione dell’eutanasia da parte del proprietario (Berendt, 2007).

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