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INFIAMMAZIONE E ATEROSCLEROSI: RUOLO DELLE CELLULE IMMUNITARIE

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Academic year: 2021

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(1)

Università degli Studi dell’Insubria

Scuola di Dottorato in Scienze Biologiche e Mediche Dottorato in Farmacologia Sperimentale e Clinica

Coordinatore: Dott.ssa Franca Marino

INFIAMMAZIONE E ATEROSCLEROSI:

RUOLO DELLE CELLULE IMMUNITARIE

Dott.ssa. Laura Schembri

Tutor: Dott.ssa . Franca Marino

Anno accademico: 2011/2012

(2)

II

INDICE

CAPITOLO 1 - INTRODUZIONE ... 1

1. ATEROSCLEROSI ... 2

1.1. EVIDENZE FISIOPATOLOGICHE ... 2

1.2 INFIAMMAZIONE E ATH ... 3

1.2.2 CARATTERISTICHE DELLA LESIONE ATEROSCLEROTICA ... 3

1.2.2 RUOLO DELLE LIPOPROTEINE A BASSA DENSITA’... 5

1.2.3 ATTIVAZIONE DELL’ENDOTELIO E RUOLO DELLE CELLULE DEL SISTEMA IMMUNITARIO ... 7

1.2.4 IMMUNITA' INNATA E IMMUNITA’ ADATTATIVA NELL’ATH ... 10

1.3 REFERENZE BIBLIOGRAFICHE ... 13

CAPITOLO 2 -DISFUNZIONE ENDOTELIALE COME CONSEGUENZA DI UNO STATO INFIAMMATORIO NELL’ATEROSCLEROSI ... 15

2.1 INTRODUZIONE ... 16

2.1.1 PLACCA CALCIFICA E FORMAZIONE DI DEPOSITI DI IDROSSIAPATITE ... 16

2.1.2 ALTERAZIONE DEL MONOSTRATO ENDOTELIALE ... 17

2.1.3 DISFUNZIONE ENDOTELIALE ... 17

2.1.4 STRESS E ENDOTELIO ... 18

2.2 SCOPO ... 20

2.3 MATERIALI E METODI ... 21

2.3.1 Coltura delle HUVEC ... 21

2.3.2 Valutazione dell’espressione genica mediante Real Time PCR ... 21

2.3.3. Stimolazione delle HUVEC con adrenalina ... 21

2.3.4 Valutazione dell’espressione di ICAM-1 mediante analisi al microscopio confocale ... 22

2.3.5 Analisi citofluorimetrica dell’attivazione delle HUVEC mediante analisi delle molecole di adesione... 22

2.3.6 Valutazione dell’adesione dei PMN alle HUVEC mediante analisi citofluorimetrica ... 22

2.3.7 Analisi statistica ... 23

2.4 RISULTATI ... 24

2.4.1 Valutazione dell’espressione genica della TH, di VMAT-1 e -2 e della DBH ... 24

2.4.2 Valutazione dell’espressione genica dei recettori α-adrenergici ... 24

2.4.3 Valutazione dell’espressione genica dei recettori β-adrenergici... 24

2.4.4 Valutazione dell’espressione proteica di ICAM-1 mediante analisi confocale ... 25

2.4.5 Valutazione della stimolazione con adrenalina sull’espressione genica di ICAM-1 ... 25

2.4.6 Valutazione della stimolazione con adrenalina sull’espressione proteica di ICAM-1 mediante analisi citofluorimetrica ... 26

2.4.7 Valutazione della stimolazione con adrenalina sull’espressione genica di VCAM-1 ... 26

2.4.8 Valutazione della stimolazione con adrenalina sull’espressione proteica di VCAM-1 mediante analisi citofluorimetrica ... 26

2.4.9 Valutazione della stimolazione con adrenalina sull’espressione di E-Selectina ... 26

2.4.10 Valutazione dell’effetto dell’adrenalina sulla co-coltura HUVEC-PMN condotta mediante analisi citofluorimetrica ... 27

2.5 CONCLUSIONE ... 28

2.6 PROSPETTIVE FUTURE ... 32

2.7 TABELLE E LEGENDE... 33

2.8 FIGURE E LEGENDE ... 34

(3)

III

2.9 REFERENZE BIBLIOGRAFICHE ... 46

ALLEGATO 1 ... 47

ALLEGATO 2 ... 48

ALLEGATO 3 ... 49

CAPITOLO 3 - NEUTROFILI E ATEROSCLEROSI: RUOLO DELLO STRESS ... 50

3.1 INTRODUZIONE ... 51

3.1.1 PMN E INFIAMMAZIONE NELL’ATH ... 51

3.1.2 PMN E STRESS NELL’ATH... 53

3.2 SCOPO ... 55

3.3 MATERIALI E METODI ... 57

3.3.1 Isolamento dei PMN circolanti ... 57

3.3.2 Messa in coltura dei PMN per la valutazione del’espressione dei recettori adrenergici, della TH e dei trasportatori delle catecolamine ... 57

3.3.3 Messa in coltura dei PMN stimolati con adrenalina ... 57

3.3.4 Valutazione dell’espressione genica dell’IL-8 e della β

2

-integrina mediante Real Time PCR ... 57

3.3.5 Valutazione della produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) ... 58

3.3.6 Arruolamento di dei pazienti con stenosi carotidea ... 58

3.3.7 Messa a punto di una metodica per la disgregazione meccanica della placca carotidea .. 58

3.3.8 Sorting immunomangetico dei PMN dalla placca carotidea ... 61

3.3.9 Valutazione dell’espressione genica di IL-8 ed elastasi nei pPMN ... 61

3.3.10 Analisi immunoistochimica della placca carotidea ... 61

3.3.11 Analisi statistica ... 62

3.4 RISULTATI ... 63

3.4.1 Valutazione dell’espressione genica della TH e dei trasportatori delle catecolamine ... 63

3.4.2 Valutazione dell’espressione genica dei recettori α e β adrenergici e dei loro diversi sottotipi... 63

3.4.3 Effetto della stimolazione con adrenalina sull’espressione genica di IL-8 ... 64

3.4.4 Effetto della stimolazione con adrenalina sull’espressione genica della molecola di adesione β

2

-integrina ... 64

3.4.5 Effetto della stimolazione con adrenalina sulla produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) ... 64

3.4.6 Valutazione del numero di cellule ottenute dopo disgregazione della placca carotidea ... 64

3.4.7 Valutazione dell’espressione genica dell’IL-8 e dell’elastasi nei pPMN e nei cPMN di pazienti sottoposti a TEA ... 65

3.4.8 Valutazione della presenza dei PMN nella placca carotidea. ... 65

3.5 CONCLUSIONI ... 66

3.6 PROSPETTIVE FUTURE ... 70

3.7 TABELLE E LEGENDE... 72

3.8 FIGURE E LEGENDE ... 74

3.9 REFERENZE BIBLIOGRAFICHE ... 86

ALLEGATO 4 ... 88

(4)

IV CAPITOLO 4 - EFFETTO DELL’ANGIOTENSINA II SULLA RISPOSTA FUNZIONALE

DEI LINFOCITI T REGOLATORI: STUDIO IN VITRO ... 89

4.1 INTRODUZIONE ... 90

4.1.1 IL SISTEMA RAS ... 91

4.2 SCOPO ... 93

4.3 MATERIALI E METODI ... 94

4.3.1 Separazione delle PBMC da Buffy Coat... 94

4.3.2 Sorting immunomagnetico delle sottopopolazioni linfocitarie ... 94

4.3.3 Valutazione della purezza delle Treg e delle Teff ... 94

4.3.3.1 Analisi dell’espressione genica di FoxP3 in Real-Time PCR per la valutazione della purezza ... 94

4.3.3.2 Analisi citofluorimetrica per la valutazione della purezza delle Treg ... 95

4.3.4 Valutazione dell’espressione di membrana di AT

1

R nei linfociti Treg mediante analisi citofluorimetrica multiparametrica ... 97

4.3.5 Valutazione della produzione di citochine IL-4 e INF-γ mediante Kit ELISA ... 97

4.3.6 Valutazione dell’espressione genica del FoxP3 e delle citochine IL-10 e TGF-β mediante Real Time PCR ... 97

4.3.7 Valutazione della proliferazione cellulare ... 98

4.3.7.1 Marcatura delle cellule con il CFSE ... 98

4.3.7.2 Analisi citofluorimetrica della proliferazione ... 98

4.3.8 Analisi statistica ... 100

4.3 RISULTATI ... 101

4.4.1 Valutazione dell’espressione genica e proteica di AT

1

R ... 101

4.4.2 L’Angiotensina II non influenza la proliferazione delle CD4

+

indotta da PHA ... 101

4.4.3 L’Angiotensina II non influenza il rapporto Th1/Th2 nelle CD4

+

... 101

4.4.4 Valutazione dell’espressione genica di AT

1

R nelle Teff e nelle Treg ... 101

4.4.5 Valutazione dell’espressione di membrana dell’AT

1

R nelle Teff e nelle Treg ... 101

4.4.6 Valutazione del trattamento dell’angiotensina II sull’espressione del FoxP3 nelle Treg e nelle Teff ... 102

4.4.7 Valutazione del trattamento dell’angiotensina II e di antagonisti dei recettori AT

1

e AT

2

sulla proliferazione delle Teff ... 102

4.4.8 Valutazione dell’espressione genica del TGF-β nelle Treg e nelle Teff... 102

4.4.9 Valutazione dell’espressione genica di IL-10 nelle Treg e nelle Teff ... 103

4.4.10 Analisi citofluorimetrica dell’effetto dell’angiotensina sulla attività soppressoria delle Treg ... 103

4.5 CONCLUSIONI ... 104

4.6 PROSPETTIVE FUTURE ... 106

4.7 TABELLE E LEGENDE... 107

4.8 FIGURE E LEGENDE ... 110

4.9 REFERENZE BIBLIOGRAFICHE ... 118

(5)

CAPITOLO 1

INTRODUZIONE

(6)

2 1. ATEROSCLEROSI

L’aterosclerosi (ATH) è una condizione patologica che comprende numerosi e avversi eventi vascolari, inclusa la patologia arterio-coronarica (coronary artery disease, CAD), l’infarto, la patologia arteriosa periferica, eventi responsabili della maggior parte della morbidità e mortalità cardiovascolare nel mondo occidentale (1). Studi epidemiologici indicano che il rischio di ATH è aumentato in tutto il mondo a causa dell’adozione di un stile di vita occidentale che negli ultimi 15 anni ha portato ad un rapido aumento del rischio di obesità e diabete (2; 3)

1.1. EVIDENZE FISIOPATOLOGICHE

L’ATH è la forma più comune dell’arteriosclerosi, termine che indica genericamente un complesso di patologie che provocano un ispessimento delle arterie di grosso e medio calibro che porta alla perdita di elasticità delle pareti arteriose, che compaiono con il progredire dell’età e che può ridurre o impedire del tutto il flusso ematico.

Clinicamente l’ATH può essere asintomatica o manifestarsi, di solito dai 40-50 anni, con fenomeni ischemici a livello delle arterie cerebrali, infarto miocardico e con altri effetti come l’insufficienza renale, ipertensione ed aneurismi. Si manifesta tendenzialmente a livello di osti, biforcazioni o curvature dei vasi dove le alterazioni del flusso sanguigno (diminuzione dello shear stress ed aumento della turbolenza) (4), sommate alla presenza di diversi fattori di rischio come l’iperlipidemia, l’ipertensione, il fumo di sigaretta, il diabete mellito, le infezioni e le anomalie genetiche, stimolano l’insorgenza della lesione iniziale (5).

I trombi causano le maggiori complicazioni dell’ATH; la graduale formazione di stenosi impedisce il corretto passaggio del sangue rendendolo fisso, cioè incapace di aumentare quando le condizioni funzionali lo richiedono, come ad esempio durante uno sforzo fisico. Quindi, la sintomatologia tende a scomparire in condizioni di riposo e a presentarsi nei periodi di attività fisica più o meno intensa. La sindrome tipica è l’angina pectoris. La riduzione del flusso dipende, oltre che dalla stenosi, dalla presenza di meccanismi di compenso insufficienti, come l’instaurarsi di circoli collaterali che consentono al sangue di raggiungere i territori poco irrorati attraverso vasi adiacenti.

L’ateroma, comunemente detto anche placca aterosclerotica, è la lesione caratteristica dell’ATH. Si tratta dell’ispessimento dell’intima (lo strato più interno delle arterie, rivestito dall’endotelio in diretto contatto col sangue) delle arterie dovuto principalmente all’accumulo di materiale lipidico (colesterolo, fosfolipidi) ed alla proliferazione di tessuto connettivo. La placca evolve nel tempo:

dapprima il contenuto predominante è quello lipidico ed assume un colore giallastro, quindi evolve

verso depositi sempre più grandi e consistenti, mutando il colore in bianco. Nello stadio avanzato si

(7)

3 può osservare una degenerazione (necrosi); inoltre il substrato lipidico può richiamare la fibrina, sostanza a composizione proteica, di natura filamentosa e insolubile e dare origine quindi a trombi.

1.2 INFIAMMAZIONE E ATH

Nel 1970 Ross, nella sua teoria “Response to injury” fu il primo a mettere in dubbio la “teoria lipidica” secondo cui la placca aterosclerotica era causata da un accumulo di colestererolo all’interno del vaso. In particolare, Ross fu il primo a sostenere che la placca aterosclerotica nasce da una lesione a livello dell’endotelio arterioso, seguita dall’adesione e aggregazione delle piastrine (6). Il successivo rilascio del fattore di crescita piastrinico (platelet-derived growth factor, PDGF) da parte delle piastrine, promuove la risposta proliferativa delle cellule muscolari liscie (smooth muscle cells, SCM), la cui eccessiva proliferazione può causare un’eventuale occlusione dell’arteria. Già nel 1958, Poole e Florey erano stati i primi a sostenere che a seguito della deposizione di colesterolo, i monociti aderivano all’endotelio e migravano attraverso l’endotelio dell’aorta di coniglio (7). Parecchi anni dopo, Micheal Gimbrone per primo propose il concetto di disfunzione endoteliale sottolineando il ruolo principale dell’endotelio sano nel proteggere contro l’aterosclerosi, a sostegno del fatto che un’alterazione della sua normale funzionalità fosse alla base della patologia aterosclerotica (8). Nel 1986 Ross rivide la sua teoria “Response to injury”

sostenendo che il danneggiamento dell’endotelio è il primo evento importante che porta all’ATH (9), e nel 1999 pubblicò una review importante nella quale sosteneva per la prima volta che l’ATH è una malattia infiammatoria cronica nella quale le cellule del sistema immunitario hanno un ruolo di rilevante importanza (5). Dopo di lui, numerosi studiosi hanno pubblicato diversi lavori a sostegno di questa ipotesi, ritenendo che l’adesione dei monociti e dei linfociti all’endotelio attivato rappresenta la prima fase importante della patologia aterosclerotica.

1.2.2 CARATTERISTICHE DELLA LESIONE ATEROSCLEROTICA

Come descritto nel paragrafo precedente, l’ATH è una patologa infiammatoria caratterizzata

da un’intensa attività immunologica, e rappresenta sempre più una grossa minaccia per la salute

umana nel mondo (1). L’ATH implica la formazione di una lesione nelle’intima, che rappresenta lo

strato più interno del vaso, definita con il nome di stria lipidica, che inizia con l’attivazione

dell’endotelio, l’ossidazione delle lipoproteine a bassa densità (low-density lipoprotein, LDL), il

richiamo nel sito d’infiammazione di magrofagi che inglobano le oxLDL e successivamente si

trasformano in cellule schiumose. A questo stadio, le strie lipidiche sono semplicemente costituite

da cellule schiumose e lipidi mentre i linficiti T e i lipidi extracellulari sono ancora presenti in

numero ridotto. Non tutte le strie lipidiche sono destinate a trasformarsi in lesioni più avanzate. Una

(8)

4 classificazione dell’American Heart Association divide le lesioni aterosclerotiche in sei tipologie, a partire dalle cellule schiumose isolate (denominate “punto lipidico”), attraverso lo stadio dalla stria lipidica, dell’ateroma, del fibroateroma, fino ad arrivare alle lesioni complicate (figura 1).

Fig. 1: Classificazione della lesione aterosclerotica secondo la classificazione dell’American Heart Association

Il continuo ispessimento dell’intima porta quindi alla formazione della lesione matura, definita placca aterosclerotica o ateroma, caratterizzata da un grosso stato infiammatorio e ricca in lipidi, cellule morte, cellule immunitarie (molti macrofagi e linfociti T), cellule vascolari endoteliali, cellule muscolari lisce, matrice extracellulare (10) (figura1).

Fig. 2: Composizione cellulare della placca aterosclerotica. La placca aterosclerotica ha un core contenente lipidi (che include colesterolo esterificato e cristalli di colesterolo) e detriti di cellule morte. Inoltre contiene cellule del muscolo liscio e fibre di collagene, che hanno il compito di stabilizzare la placca stessa, cellule immunitarie, macrofagi, cellule T e mastociti (11).

(9)

5 La placca matura tende ad aver una struttura molto più complessa delle strie lipidiche, protrudendo spesso nel lume dell’arteria. L’ateroma è costituito da una parte centrale, detto core, che contiene cellule schiumose, gocciole lipidiche cellule morte e detriti cellulari, circondato da un cappuccio costituito da cellule muscolari lisce e collagene (10). Altri tipi cellulari presenti a livello di placca e descritti in letteratura sono rappresentati da cellule dendritiche (12), i mastociti (13), pochi linfociti B (10), i linfociti T natural killer. La regione che costituisce l’interfaccia tra il core e il cappuccio fibroso è invece ricca in linfociti T e macrofagi (10).

La maggior parte delle cellule immunitarie presenti al livello di placca sono presenti in uno stato di attivazione e producono citochine proinfiammatorie come per esempio l’interferone (interferon, INF)-γ on il fattore di necrosi tumorale (tumor necrosis factor, TNF)-α (14). Con il tempo, la placca progredisce in una forma più complessa, la secrezione di proteasi da parte della matrice extracellulare e di citochine da parte delle cellule infiltranti la placca, e l’aggregazione delle gocciole di colesterolo e la formazione di cristalli porta alla formazione di un cappuccio fibroso che delimita la placca e previene il contatto tra il circolo sanguigno e il materiale protrombotico della placca. Infine, il cappuccio fibroso può andare incontro a rottura, causando la liberazione del materiale protrombotico nel circolo sanguigno. La rottura della placca rappresenta l’evento clinico più severo e dannoso, in quanto l’esposizione del materiale protrombotico nel circolo sanguigno può provocare l’improvvisa occlusione delle arterie nel sito di rottura della placca. A livello di cuore, l’aterosclerosi può portare all’infarto del miocardio e all’arresto cardiaco; mentre a livello di arterie cerebrali può provare ischemia o ictus. Se l’ATH interessa anche altre branche di arterie, può portare a disfunzione renale, ipertensione, aneurisma aortico.

1.2.2 RUOLO DELLE LIPOPROTEINE A BASSA DENSITA’

Il ruolo fondamentale nello sviluppo della reazione infiammatoria cronica dell'intima è svolto dalla ossidazione delle LDL, che a seguito di incremento della permeabilità vascolare restano intrappolate nella matrice extracellulare dello spazio subendoteliale (15). Qui, subiscono modifiche chimico-fisiche indotte dalle specie reattive dell’ossigeno (reactive oxygen species, ROS) e dall’enzima lipossigenasi-15 (16) aventi tutte come evento scatenante l’ossidazione dei lipidi (16).

Inoltre, la comparsa di cariche negative sulle LDL è un requisito essenziale per il riconoscimento

specifico da parte del recettore scavenger espresso dai macrofagi intimali (17). Inizialmente, si ha la

perossidazione della componente lipidica delle LDL, che interferisce debolmente sull'interazione

delle LDL con il recettore ApoB-E (o LDL-R); tali LDL poco ossidate (MM-LDL) sono

fisicamente simili alle LDL, ma con un carico di macromolecole bioattive, che viene introdotto

nella cellula con la endocitosi delle MM-LDL (18). Nelle fasi successive, si generano prodotti dei

(10)

6 lipidi perossidati e prodotti aldeidici (malondialdeide, MDA; 4-idrossinonenale), che possono modificare covalentemente la componente proteica delle LDL; queste oxLDL non vengono più riconosciute da LDL-R, ma si legano agli "scavenger receptors" (SR: SR-A, CD36 e CD68). Poiché gli SR non sono soggetti a regolazione a feedback-negativo, le OX-LDL non solo introducono nelle cellule che le fagocitano macromolecole attive, ma in aggiunta causano l'accumulo intracellulare di esteri del colesterolo, responsabile della trasformazione in cellule schiumose o foam cells, caratteristiche del tessuto aterosclerotico (figura 2).

L'interazione con i corrispondenti recettori LDL-R e SR (e la conseguente generazione di messaggeri intracellulari, in particolare i ROS) e l'introduzione nella cellula di prodotti ossidati sono la base biochimica dell'azione patogena delle LDL. Le oxLDL attivano nelle cellule (endotelio, macrofagi, cellule muscolari lisce) fattori di trascrizione (es. NF-κB), che inducono l'espressione di geni che codificano per le molecole di adesione, citochine e fattori di crescita e che danno l'avvio alla risposta infiammatoria.

Figura 2. Effetti dell’attivazione e dell’infiltrazione delle LDL sull’infiammazione nelle arterie. In pazienti con ipercolesterolemia, l’LDL in eccesso infiltra le arterie è viene trattenuta nell’intima del vaso. Le modificazioni ossidative ed enzimatiche portano al rilascio di citochine infiammatorie che inducono le cellule endoteliali ad esprimere molecole di adesione . Le modificazioni delle LDL sono causate da recettori, detti “scavenger”, presenti nei macrofagi che successivamente si diventano cellule schiumose.

(11)

7 1.2.3 ATTIVAZIONE DELL’ENDOTELIO E RUOLO DELLE CELLULE DEL

SISTEMA IMMUNITARIO

Lo studio delle fasi precoci dell’ATH umana presenta numerosi ed evidenti ostacoli, per questo che negli anni sono stati ampiamente utilizzati i modelli animali al fine di meglio capire e chiarire i meccanismi di iniziazione dell’ATH, nonostante le limitazioni dovute alle differenze tra modello animale ed umano.

La rewiew pubblicata prima da Hansson e Libby nel 2006 (11) e successivamente quella di Weber (19) hanno permesso di meglio chiarire le diverse fasi del processo infiammatorio durante la formazione della placca aterosclerotica.

In particolare, è possibile evidenziare diverse fasi che si succedono in sequenza durante la formazione della lesione:

- l’attivazione dell’endotelio e l’aumento dell’espressione delle molecole di adesione, come VCAM-1 (vascular cell adhesion molecole-1) e ICAM-1 (intracellular adhesion molecole- 1), sull'endotelio;

- l’adesione all’endotelio e l’infiltrazione dei monociti prima e, successivamente, di altre cellule del sistema immunitario nell’intima;

- l'accumulo e il richiamo di ulteriori cellule da parte delle chemochine prodotte, tra cui il fattore chemotattico monocitario (monocyte chemotactic protein- 1, MCP-1);

- la trasformazione dei monociti in cellule schiumose in risposta alla produzione di citochine, come il fattore di crescita stimolante i macrofagi (macrophage colony-stimulating factor, M- CSF);

- l’alterazione della stabilità della placca causata dalla produzione di citochine ed enzimi da parte delle cellule infiltrate, con conseguente modifica della natura del cappuccio fibroso, che, nel peggiore dei casi, può portare alla rottura della placca e alla trombosi, con conseguente ictus o infarto del miocardio.

E' stato stabilito nel corso degli ultimi 15 anni, che l'endotelio non è un semplice rivestimento di

cellule sulla parete interna delle arterie. Le cellule endoteliali secernono una grande varietà di

molecole attive (20). L’endotelio sano rappresenta una barriera selettiva importante per il libero

passaggio di molecole e cellule attraverso l'interstizio sottostante; è un organo endocrino e

dinamico, che non solo media la vasodilatazione endotelio-dipendente, ma inibisce attivamente

anche l'adesione dei leucociti e la loro migrazione verso l’intima, oltre che l’adesione e

l’aggregazione piastrinica, la proliferazione delle cellule muscolari lisce vascolari e la loro

migrazione. Inoltre inibisce la coagulazione, la fibrinolisi e promuove e partecipa attivamente nelle

reazioni immunitarie e infiammatorie (21).

(12)

8 La disfunzione o l’attivazione endoteliale può essere causata in risposta ad una grande varietà di stimoli, come le oxLDL, i radicali liberi causati dal fumo, l’ipertensione, il diabete, le alterazioni genetiche, l’elevata concentrazione di omocisteina plasmatica e i microrganismi infettivi. Tutti questi stimoli portano ad un’alterazione dell’omeostasi endoteliale e ciò influenza la permeabilità dell’endotelio, la vasocostrizione, la coagulazione e scatena tutta una serie di reazioni infiammatorie ed immunologiche. E' stato dimostrato che la disfunzione endoteliale è uno dei primi segni nell’ATH, anche in assenza di evidenza angiografica di malattia. La riduzione dell’attività dell'ossido nitrico (NO) rappresenta uno dei marcatori maggiormente presi in considerazione in passato e anche tra i più importanti nel rilevare la disfunzione endoteliale (22). L’endotelina-1 (ET- 1), un potente vasocostrittore, sembra essere in un equilibrio con la regolazione del tono vascolare da parte dell’NO. E' stato dimostrato che l’ET-1 può essere coinvolta nell’ATH e che i sui recettori mostrano un aumento della loro espressione nelle placche aterosclerotiche umane (23).

Se la risposta infiammatoria non riesce a neutralizzare ciò che è estraneo, l'infiammazione va avanti e stimola la migrazione e proliferazione delle cellule muscolari lisce. La risposta è mediata dai macrofagi derivati dai monociti e da specifici sottotipi di linfociti T. L’eccessiva risposta infiammatoria e fibroproliferativa porta ad un ispessimento della parete arteriosa e alla formazione della lesione aterosclerotica.

L’endotelio sano non lega i globuli bianchi. In seguito alla disfunzione endoteliale, molte cellule endoteliali (CE) cominciano a esprimere sulla loro superficie le molecole di adesione (selectine, ICAM, VCAM) che fungono da recettori per le integrine presenti sui monociti e sulle cellule T. In particolare, VCAM-1 si lega in maniera specifica ai monociti e ai linfociti T. Questa molecola di adesione, come dimostrato da studi sperimentali, è principalmente espressa dalle CE nelle lesioni aterosclerotiche (24; 25) e sembra essere correlata con un maggiore accumulo di cellule mononucleate (26). L'espressione di VCAM-1 nelle cellule endoteliali è aumentata dalla presenza di mediatori infiammatori o citochine. Questa regolazione dell’espressione di VCAM-1 avviene a livello trascrizionale ed è mediata, almeno in parte, dal fattore di trascrizione nucleare-kB (nuclear factor KappaB, NF-kB) (27).

L’attivazione di NF-kB è coinvolta con l’espressione di diversi geni proinfiammatori ed è presente nelle CE delle lesioni precoci (28). Nelle CE non attivate, la forma predominante di NF-kB è presente nel citoplasma come un eterodimero costituito da due subunità p50 e p65 complessato con una proteina inibitrice di kB (IKB). Dopo la stimolazione delle cellule, IkB viene degradato, rilasciando NF-kB e permettendo così la sua traslocazione al nucleo (29).

Meccanismi ateroprotettivi difettosi, potrebbero anche contribuire all'inizio dell'ATH. A livello

della ramificazione delle arterie, l'assenza di normale shear stress riduce la produzione locale di NO

(13)

9 (30), che può bloccare l'espressione di VCAM-1 (31). La turbolenza e l’anormale shear stress può aumentare la produzione di ICAM-1 (32), e promuovere la produzione da parte delle cellule muscolari lisce di proteoglicani, che possono legare e trattenere particelle di lipoproteina, che dopo la loro ossidazione, promuovono una risposta infiammatoria nei siti di formazione della placca (33).

Dopo la loro adesione alla parete arteriosa, i leucociti iniziano la loro migrazione verso l’intima,

grazie anche all’aiuto di diverse molecole chemoattrattanti. MCP-1 sembra essere responsabile della

migrazione dei monociti nell’intima. Una volta dentro l'intima, i monociti si differenziano in

macrofagi in risposta alla presenza di M-CSF e di altri stimoli. Aumenta l’espressione di molti

recettori, tra cui i recettori scavenger e recettori Toll-like (TLR) che amplificano la risposta

infiammatoria (34). I recettori scavenger mediano l'assorbimento di particelle oxLDL da parte dei

macrofagi, che porta a accumulo intracellulare di colesterolo e alla formazione di cellule schiumose

(Figura 3, b). I recettori TLR legano il lipopolisaccaride (LPS), la heat-shock proteina 60 (HSP60),

le oxLDL, e altri substrati che stimolano la produzione di molecole pro-infiammatorie da parte dei

macrofagi (34). Successivamente o contemporaneamente anche i linfociti T vengono richiamati

all’interno dell’intima, dove vengono attivati dopo l’interazione con le cellule presentanti l'antigene

(antigen-presenting cells, APC), come i macrofagi o le cellule dendritiche, che mediante la

produzione di citochine IL-12, IL-18 e altre citochine, promuovendo l’ulteriore attivazione dei

linfociti T e la loro differenziazione in linfociti T helper di tipo 1 (TH1) (Figura 3, c). Una volta

differenziate le cellule TH1 iniziano a produrre citochine infiammatorie, tra cui l'IFNγ e il TNF-α

promuovendo, da una parte l’ulteriore attivazione dell’endotelio con l’incremento dell’espressione

delle molecole d’adesione, l’aumento della premebeabilità dell’endotelio, la propensione alla

formazione di trombi, e dall’altra l’inibizione della proliferazione della muscolatura liscia e la

produzione di collagene (Figura 3, d). Tutti questi processi aumentano l’infiammazione all’interno

della placca aterosclerotica, infiammazione che potrebbe essere attenuata in seguito alla produzione

di altre due citochine anti-infiammatorie l’IL-10 e il fattore di crescita trasformante (transforming

growth factor, TGF)-β, prodotte da diversi tipi di cellule tra cui le cellule T regolatorie (Treg) e i

macrofagi, e per il TGFβ, anche da parte delle cellule vascolari. Queste citochine anti-infiammatorie

hanno l’importante ruolo di contrastare ed inibire la funzionalità dei linfociti TH1 e quindi di

ridurre lo stato infiammatorio all’interno della lesione favorendo la stabilizzazione della placca, con

tutti gli effetti benefici che ne derivano (Figura 3, e). In particolare per il TGF-β è stato dimostrato

nel modello animale che essa promuove la produzione di collagene, favorendo la stabilità di placca

(35; 36).

(14)

10 1.2.4 IMMUNITA' INNATA E IMMUNITA’ ADATTATIVA NELL’ATH

L’ATH è caratterizzata dalla conservazione e modificazione dei lipidi nella parete vascolare seguita dalla infiltrazione delle cellule infiammatorie. Tra le cellule implicate nella formazione e nella progressione della placca aterosclerotica, si possono distinguere sia cellule dell’immunità innata che cellule dell’immunità acquisita (37). Tra le prime ricordiamo i macrofagi e le cellule schiumose che sono tra quelle maggiormente presenti nella placca aterosclerotica ed sono essenziali

Figura 3. Richiamo e attivazione delle cellule immunitarie nella placca aterosclerotica (11).

(15)

11 per lo sviluppo della placca aterosclerotica (38;39); oltre che ai neutrofili, i mastociti e le piastrine.

Tutte queste cellule mediante la produzione di citochine, ROS, proteinasi, mediatori lipidici, fattori di crescita, promuovono la proliferazione delle cellule muscolari lisce, la deposizione della matrice extracellulare, il rimodellamento del vaso, l’angiogenesi e ulteriore infiammazione (37; Figura 4, I).

Tra le cellule dell’immunità acquisita, ritroviamo da un lato i linfociti TH1 che, mediante la produzione di citochine quali l’INF-γ e il TNF-α, promuovono lo sviluppo della placca aterosclerotica, esacerbando l’attivazione endoteliale; e i linfociti TH2 che producono citochine anti-infiammatorie quali l’IL-4 e l’IL-10 con azione appunto anti-infiammatoria e quindi riduzione dell’attivazione dell’endotelio e della formazione di cellule schiumose (40;41; Figura 4, II). Infine, troviamo ancora linfociti Treg con azione positiva sulla stabilizzazione di placca mediante produzione di citochine anti-infiammatorie e cellule B.

Figura 4. Leucociti e piastrine rilasciano mediatori che controllano l’infiammazione nella placca aterosclerotica e determinano il destino della lesione (37).

(16)

12 L’attivazione endoteliale e il continuo richiamo di cellule immunitarie, che si tratti di immunità innata o acquisita, porta comunque alla progressione della lesione, alla migrazione delle cellule muscolatura liscia vascolare dallo strato sottostante mediale, e le cellule progenitrici circolanti contribuiscono alla formazione del cappuccio fibroso e alla stabilizzazione della placca. Come detto precedentemente, tra le cellule dell’immunità acquisita sono implicati anche i linfociti T e B. In particolare, nel corso degli ultimi 10 anni, è stato sempre riconosciuto il ruolo di queste cellule, che anche se non sono necessari per l'aterogenesi, sono in grado di modulare la progressione di questa malattia, nonostante il loro numero relativamente basso nella placca (42; 43).

Negli ultimi anni, l’attenzione si è focalizzata su una specifica sottopopolazione di linfociti T CD4

+

CD25

+

o Treg che contribuiscono alla soppressione della risposta immunitaria rivolta sia contro il self che contro il non-self (44; 45). Una riduzione nel numero delle Treg è stata osservata in diverse patologie autoimmuni (46); recentemente, uno studio condotto su pazienti con patologie coronariche, ha suggerito come un’alterazione della loro funzione potrebbe rappresentare un sintomo di instabilità di placca.

Mentre il ruolo dei monociti, dei macrofagi, dei linfociti T e B, e delle piastrine è ben riconosciuto nel contesto dell’ATH, solo recentemente studi emergenti hanno fornito una prova convincente che PMN sono stati trascurati nella patogenesi delle malattie cardiovascolari. Recenti studi (47) hanno dimostrato che la migrazione e l’adesione dei PMN alle CE sono eventi critici durante l'infiammazione. Inoltre, PMN, piastrine, monociti e aderiscono alle CE attivate e interagiscono tra loro attraverso la formazione di aggregati, con conseguente maggiore adesione dei leucociti all'endotelio (48).

La conta dei PMN è stato dimostrato essere un fattore di rischio indipendente e un indicatore

prognostico di futuri eventi cardiovascolari, indipendentemente dallo stato di malattia (49). Molti

tipi cellulari tra cui PMN, monociti e CE sono in grado di generare ROS in risposta alla attivazione

(50;51). I ROS sono stati implicati nella promozione dell'infiammazione (52) e della proliferazione

delle cellule muscolari lisce portando a maggiore sviluppo delle lesioni aterosclerotiche. I ROS

sono anche responsabili dell'ossidazione delle LDL, contribuendo allo sviluppo di aterosclerosi

(53).

(17)

13 1.3 REFERENZE BIBLIOGRAFICHE

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(19)

15

CAPITOLO 2

DISFUNZIONE ENDOTELIALE COME CONSEGUENZA DI

UNO STATO INFIAMMATORIO NELL’ATEROSCLEROSI

(20)

16 2.1 INTRODUZIONE

Numerose evidenze sia cliniche che sperimentali dimostrano che il processo aterosclerotico è una conseguenza di molteplici fattori tra cui l’infiammazione gioca un ruolo rilevante (1). Nell’ultimo decennio diversi studi hanno infatti dimostrato come il processo infiammatorio sia tra le cause principali di innesco di una lenta e graduale alterazione funzionale delle cellule endoteliali che come conseguenza induce una alterazione della permeabilità della parete vasale con conseguente ingresso nel lume vasale di cellule infiammatorie. Il primo evento dimostrabile nell’insorgenza di questo fenomeno è dato dall’attivazione del tessuto endoteliale che si può misurare ad es mediante la misurazione dell’incremento di espressione di molecole di adesione quali intracellular adhesion molecule-1 (ICAM-1), vascular cell adhesion molecule-1 (VCAM-1) e diverse altre che sono tipicamente implicate nel processo di adesione e rotolamento delle cellule immunitarie con conseguente migrazione di esse nel torrente circolatorio e amplificazione della risposta infiammatoria (2). Come evidenziato in figura, all’attivazione endoteliale segue l’adesione da parte delle cellule immunitarie con conseguente diapedesi e quindi ingresso nei tessuti infiammati.

2.1.1 PLACCA CALCIFICA E FORMAZIONE DI DEPOSITI DI IDROSSIAPATITE Una disfunzione cronica con depositi di colesterolo e altri elementi nell’intima dei vasi porta alla tipica formazione della placca aterosclerotica che può avere consistenza molto diversa: da un tessuto molle (placca lipidica) ad un tessuto molto duro e calcificato (placca calcifica).

Recentemente abbiamo analizzato tramite microscopia elettronica a scansione una placca carotidea

e ne abbiamo analizzato la composizione (3). Da questo studio abbiamo visto che la placca calcifica

(21)

17 è composta principalmente da un deposito di idrossiapatite. Abbiamo quindi analizzato altre placche nella loro struttura e il risultato di questo lavoro è presentato nell’allegato 1 (4).

2.1.2 ALTERAZIONE DEL MONOSTRATO ENDOTELIALE

L’alterazione della funzione dell’endotelio porta anche ad un ri-arrangiamento strutturale del tessuto. L’endotelio di un vaso malato infatti mostra una struttura molto diversa dal tipico monostrato “sano”. Nel lavoro che abbiamo pubblicato di recente (allegato 2, 5) si può osservare bene la struttura del lume vasale e la sua differenza rispetto ad un vaso “sano”.

2.1.3 DISFUNZIONE ENDOTELIALE

Come già descritto nel capitolo 1, l’ATH è definita come una malattia cronica multifattoriale in cui diversi fattori di rischio concorrono alla genesi e alla progressione. I primi cambiamenti funzionali dimostrabili nella fase iniziale della malattia riguardano le cellule endoteliali (EC) che subiscono delle modificazioni funzionali rilevanti (6). Come prima conseguenza vi è il reclutamento di leucociti dal sangue circolante (7).

In condizioni sane il monostrato endoteliale, pur essendo in costante contatto con le cellule del sangue, non è in grado di instaurare con esse nessun legame; quando invece le EC subiscono un’attivazione infiammatoria, sono indotte ad esprimere in superficie diverse molecole di adesione transmembrana (8), responsabili di rotolamento, adesione, migrazione e accumulo di leucociti e in particolare monociti e linfociti T (7).

In particolare, una prima conseguenza di queste alterazioni funzionali sono l’aumentata espressione di molecole di superficie quali molecole di adesione che richiamano cellule infiammatorie e ne promuovono l’adesione al monostrato e la successiva infiltrazione come già sopra descritto.

Le prime ad agire nel rotolamento, con interazioni deboli, sono le selectine (7). I leucociti esprimono costitutivamente L-selectina mentre le EC presentano in superficie E-selectina e P- selectina solo dopo attivazione (9) consentendo in tal modo di mantenere una specificità di legame endotelio-leucocita solo nella sede del processo infiammatorio.

Una volta legati all’endotelio attivato, i leucociti penetrano, come sopra descritto, per diapedesi tra le EC integre grazie alle molecole CD31 o PECAM-1 (platelet endothelial cell adhesion molecule 1) ed entrano nella tunica intima (10).

Prima di migrare nell’intima, i leucociti devono aderire all’endotelio: questo è reso possibile grazie

ad un altro gruppo di molecole di adesione che svolgono un ruolo importante nella genesi dalla

placca: ICAM-1 e VCAM-1; quest’ultima in particolare è emerso essere la prima molecola

(22)

18 implicata nell’adesione endoteliale di leucociti mononucleati nei siti di formazione della stria lipidica (8). VCAM-1 e ICAM-1, membri della superfamiglia delle immunoglobuline, sono recettori glicoproteici transmembrana, costituiti da una corta coda citoplasmatica (11) e contenenti rispettivamente sette e cinque domini Ig extracellulari, ciascuno di 70-100 amminoacidi disposti in due foglietti beta legati da un ponte disolfuro, formanti il caratteristico ripiegamento immunoglobulinico che costituisce il sito di adesione (9).

La molecola responsabile della prima adesione dei leucociti mononucleati nei siti predisposti alla lesione aterosclerotica (9) è VCAM-1 (8). Essa, infatti, viene espressa prima che il reclutamento leucocitario nell’intima abbia inizio. Da studi condotti su topi geneticamente modificati e studi successivi sulle EC delle arterie coronarie umane, l’endotelio vascolare esprime costitutivamente ICAM-1, che è in grado di rispondere allo shear stress (12) ma non VCAM-1; nei siti di lesione viene poi stimolata o indotta la loro trascrizione attraverso una cascata di eventi intracellulari (1).

Questa differenza di espressione suggerisce ruoli diversi di ICAM-1 e VCAM-1 nello sviluppo dell’ateroma ed un loro ruolo nella progressione del processo. E’ proprio di queste molecole che ci siamo occupati nello studio presentato nell’allegato 3 (13).

2.1.4 STRESS E ENDOTELIO

Tra i fattori che contribuiscono alla generazione e alla progressione della malattia, il ruolo dello stress non è stato ancora chiarito, in particolare quando per stress si considerano i fattori ambientali che agiscono sulle fasi iniziali della malattia. Lo stress porta all’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e del sistema nervoso simpatico, causando il rilascio di diversi neurotrasmettitori e ormoni come i glucocorticoidi, il neuropeptide Y e le catecolamine (CAs) che possono alterare la fisiologia del sistema cardiovascolare e conseguentemente accelerare la cronicità dell’ATH. In questo contesto, le conoscenze riguardanti le relazioni reciproche tra il sistema nervoso e quello immunitario – il sistema neuroimmunitario – fornirebbero delle nuove opportunità di chiarire i meccanismi cellulari e molecolari implicati nel danno vascolare e nella progressione dell’ATH.

La principale via di comunicazione tra il sistema nervoso e quello immunitario avviene attraverso le

fibre simpatoadrenergiche che rappresentano il punto di legame per l’omeostasi e la regolazione del

sistema cardiovascolare. Le terminazioni nervose arrivano alle cellule immunitarie nei tessuti

linfoidi oltre che alle pareti dei vasi e rilasciano trasmettitori catecolaminergici come noradrenalina

(NA) e – in minore quantità – dopamina (DA) e adrenalina (A) insieme a peptidi neuromodulatori

come NPY. La farmacologia molecolare delle CA, e offre vasto assortimento di bersagli adatti per

la modulazione della risposta funzionale: NA e A legano diversi recettori accoppiati a proteine-G

(23)

19 distinti in α-1 e -2 adrenergici (AR), e β-1 e -2 e -3 (βAR), funzionalmente legati a secondi messaggeri come l’AMPc, il Ca++ e il sistema di proteine-chinasi (14). La conoscenza dell’importante ruolo dell’infiammazione nello sviluppo dell’ATH solleva alcune domande critiche circa la ben nota, ma poco conosciuta associazione tra lo stress della vita di tutti i giorni e la malattia cardiovascolare, portando a morte improvvisa e infarto del miocardio fino a manifestazioni patologiche gravi con infiammazione vascolare e aumento della pressione sanguigna.

Infatti, gli eventi infiammatori causati dallo stress possono costituire circa il 40% nei pazienti di ATH con nessun altro fattore di rischio (15; 16). Numerose evidenze suggeriscono che uno stress prolungato e un aumentato rilascio di trasmettitori adrenergici potrebbe portare ad infiammazione vascolare, e allo sviluppo dell’ATH (17). Tra le cellule implicate nell’ATH, i diversi sottotipi di recettori per le CA sono stati identificati sia sulle cellule immunitarie che su quelle endoteliali.

L’attivazione del sistema simpatico porta ad un aumentato rilascio di IL-6 da parte delle EC.

Rilevanze cliniche di questo fenomeno sono indicate dalla capacità di antagonisti dei βAR di ridurre i livelli di IL-6 e proteina C reattiva in pazienti con una malattia vascolare, suggerendo l’attivazione di βAR (18).

Un’ulteriore evidenza di un network tra sistema nervoso e sistema immunitario deriva da recenti

osservazioni (ottenute da diversi gruppi compreso il nostro) circa la presenza nei linfociti di un

sistema dopaminergico/adrenergico endogeno e di meccanismi molecolari completi per la loro

sintesi, immagazzinamento e rilascio (19; 20). Il sistema è regolato positivamente durante

l’attivazione delle cellule, contribuisce alle funzioni chiavi dei linfociti e sembra essere alterato in

malattie immunoinfiammatorie come l’artrite reumatoide (21) e la sclerosi multipla (22).

(24)

20 2.2 SCOPO

Lo scopo del presente progetto, che proseguirà nel mio post-doc, è di chiarire se l’ATH è la conseguenza della disfunzione cronica del sistema neuroimmune e se lo stress rappresenta un punto chiave di questa malattia. Il nostro principale obiettivo è quello di individuare il meccanismo chiave che collega il sistema nervoso, il sistema immunitario e quello vascolare, nello specifico il sistema dei trasmettitori catecolaminergici (adrenergico) con le terminazioni nervose, le cellule immunitarie ed endoteliali attivate durante l’infiammazione o lo stress. A questo scopo, questo studio è diviso in due parti di cui il mio ultimo anno di dottorato si è focalizzato sulla prima parte:

PARTE 1

a) valutazione dell’espressione dei recettori adrenergici in cellule endoteliali di ottenute da vena di cordone ombelicale (HUVEC; un valido modello in vitro di cellule endoteliali) in condizioni normali e dopo attivazione;

b) valutazione in vitro della risposta funzionale in cellule HUVEC dopo stimolazione con agenti stressogeni, misurandole modificazione dei marcatori di attivazione in queste cellule.

PARTE 2

a) effetto della stimolazione delle HUVEC con siero o cellule di soggetti ipercolesterolemi o normocolesterolemici per valutare eventuali modificazioni funzionali delle cellule endoteliali;

b) separazione di cellule endoteliali circolanti e da placca al fine di confrontare i dati rispetto a quanto osservato utilizzando il modello in vitro delle HUVEC;

(25)

21 2.3 MATERIALI E METODI

2.3.1 Coltura delle HUVEC

Le HUVEC (Human Umbilical Vein Endothelial Cells) sono acquistate dalla Millipore Corporation e coltivate in un terreno di coltura apposito (EndoGRO Basal Medium, Celbio, Italia) addizionato del 2% di siero bovino fetale (FBS), 10 mM di L-Glutamina and 0.75 U/ml di eparina a 37°C, 5% CO

2

. Il terreno è inoltre supplementato con 5 ng/ml rh VEGF, rh EGF, rh FGF, con 15 ng/ml rh IGF-1 e con 50 µg/ml acido ascorbico.

2.3.2 Valutazione dell’espressione genica mediante Real Time PCR

L’mRNA totale è estratto da 1x10

6

cellule utilizzando il kit Perfect Eukariotic Mini Kit (Eppendorf, Germania) e la quantità di mRNA ottenuta è quantificata mediante utilizzo dello spettrometro utilizzando una lunghezza d’onda di 260 nm. L’mRNA è successivamente retro trascritto utilizzando il kit Hig-capacity DNA Archive Kit (Applied Biosystem, California, USA) secondo la procedura descritta sul libretto delle istruzioni. L’analisi di Real Time è, infine, condotta utilizzando lo strumento ABI prism 7000 (Applied Biosystem, California, USA), dove hanno inizio una serie di cicli riportata in breve: un primo ciclo di 2 min a 50°C, un secondo di 10 min a 95°C e 40 cicli di 15 sec a 95°C.

I risultati sono analizzati utilizzando il programma ABI prism SDS (Applied Biosystem). Il programma ha fornito i valori del ciclo di amplificazione soglia (cycle threshold, CT) al quale l’intensità di fluorescenza ha cominciato ad aumentare. I risultati sono poi normalizzati in relazione ai valori di CT dell’ housekeeping gene (in questo caso l’RNA ribosomale della subunità 18s) utilizzando la formula 2

– (CT campione - CT housekeeping gene)

(2

– ∆CT

).

2.3.3. Stimolazione delle HUVEC con adrenalina

Le HUVEC sono coltivate in una piastra da 12 pozzetti e lasciate riposare per 24 h al fine di raggiungere la piena confluenza. Successivamente, le cellule sono stimolate con adrenalina (curva concentrazione risposta, 0,01 pg/ml – 1 µg/ml) e lasciate in incubazione per tutta la notte.

Terminato il tempo di incubazione, le cellule sono lavate con PBS e recuperate per le analisi

successive.

(26)

22 2.3.4 Valutazione dell’espressione di ICAM-1 mediante analisi al microscopio confocale Allo scopo di verificare l’espressione delle molecole di adesione ICAM-1 da parte delle HUVEC e la modulazione della stessa attraverso l’incubazione con stimoli noti, quali LPS, TNF-α e con la sostanza di nostro interesse quale stimolo stressogeno, l’adrenalina, sono allestiti test di immunofluorescenza. Il test è basato sulla marcatura indiretta (anticorpo primario anti-CD54 più anticorpo secondario anti-IgG1 coniugato con FITC – fluoresceina isotiocianato) di cellule HUVEC coltivate a confluenza su vetrino porta oggetti precedentemente predisposto in piastre da 24 pozzetti.

2.3.5 Analisi citofluorimetrica dell’attivazione delle HUVEC mediante analisi delle molecole di adesione

L’espressione delle molecole di adesione ICAM- 1 (CD54) e VCAM-1 (CD106) è condotta mediante analisi citofluorimetrica. Dopo aver attivato le cellule con due diversi stimoli l’LPS (1 µg/mL, ON) o il TNF-α (10 µg/mL, 24 h), oppure trattate con adrenalina, le HUVEC sono lavate con PBS e recuperate per l’analisi. Sono utilizzate circa 2x10

5

cellule per condizione, risospese in 10 µl di BBS/BSA 0.5% e marcate con 20 µl di anticorpo anti-CD54 coniugato con phycoerythrin (PE), oppure con anticorpo anti-CD106sempre coniugato con phycoerythrin (PE). Dopo 45 min di incubazione a 4°C al buio, le cellule sono lavate con 1 ml di PBS/BSA 0.5 % e analizzate al citometro FACSCanto II (BDB, Milano) e i dati sono analizzati utilzzando il programma FACSDiva (versione 6.1.3) (BDB, Milano). Le HUVEC sono identificate sulla base dei parametri morfologici forward-scatter (FSC) e side-scatter (SSC). Sono stati acquisiti 15.000 eventi per ciascun campione analizzato e i risultati sono espressi come percentuale (%) di cellule positive per ciascun marcatore utilizzato.

2.3.6 Valutazione dell’adesione dei PMN alle HUVEC mediante analisi citofluorimetrica

L’adesione della PMN alle HUVEC è determinata dalla pre-marcatura dei PMN con

ficoeritrina legata covalentemente alla cianina 5 (PECy5) di topo coniugato ad anticorpo anti-CD16

umano, marcatore altamente espresso su queste cellule. La marcatura è effettuata tramite

l'incubazione dei PMN in terreno di coltura (RPMI 1640) addizionato con 5 µl di anticorpo anti-

CD16-PECy5/1x10

6

cellule in un volume finale di 100 µl per 30 minuti a 4 ° C al buio. Trascorso il

tempo di incubazione le cellule sono lavate con 1 ml di terreno per rimuovere l'anticorpo non

legato. Successivamente i PMN sono risospesi alla concentrazione di 0.5 ml /1x10

6

cellule nel

terreno delle HUVEC e aggiunti a ciascun pozzetto precedentemente piastrato. Una volta aggiunti

(27)

23 alle HUVEC, i PMN sono attivati fMLP (0,1 µM) per indurre la loro adesione alle cellule endoteliali e incubate per 30 min a 37 ° C. Trascorso il periodo di incubazione, i PMN non adesi al monostrato sono rimossi mediante 2 lavaggi e le cellule rimanenti sono recuperate mediante l’utilizzo di un trattamento non enzimatico trattamento (cellule soluzione dissociazione (1X) non- enzimatica, SIGMA) e centrifugati a 500 g per 5 min. L’analisi dell’adesione dei PMN alle HUVEC è eseguita al citometro al citometro FACSCanto II (BDB, Milano) e i dati sono stati analizzati utilzzando il programma FACSDiva (versione 6.1.3) (BDB, Milano). Le HUVEC e i PMN sono individuati in base alla loro side scatter (SSC) e alla marcatura dei PMN con anticorpo anti-CD16- PECy5. Sono acquisiti almeno 25,000 eventi da ciascun campione. L'adesione dei PMN in co- coltura è espressa come percentuale (%) dei PMN CD16

+

.

2.3.7 Analisi statistica

I risultati sono stati espressi come media ± SD (Standard Deviation o Deviazione Standard) di

ogni gruppo sperimentale. La significatività statistica delle differenze tra gruppi è stata valutata

mediante test del t di Student a due code per dati appaiati, mentre i grafici sono stati costruiti

utilizzando un software disponibile in commercio (GraphPad Prism versione 5.02 per Windows,

GraphPad Software, San Diego, CA, USA, www.graphpad.com). Per la valutazione statistica delle

curve concentrazione-risposta è stata utilizzata l’analisi della varianza ad una via (one-way

ANOVA).

(28)

24 2.4 RISULTATI

2.4.1 Valutazione dell’espressione genica della TH, di VMAT-1 e -2 e della DBH

Le HUVEC sono messe in coltura in condizioni di riposo o attivate con due diversi stimoli proinfiammatori, l’LPS (1 µg/mL, overnight) o il TNF-α (10 ng/mL a 24 h).

La tirosina idrossilasi (TH), enzima limitante la sintesi delle catecolamine, e i trasportatori delle catecolamine,VMAT-1 e -2, presentano dei livelli di espressione genica al di sotto della soglia di rilevazione dello strumento. Infine, l’analisi dell’espressione genica della dopamina-beta idrossilasi (DBH) mostra la presenza dell’enzima nelle cellule in condizioni basali (figura 1, pannello A) che viene significativamente aumentata (di 2 volte) sia dopo attivazione con LPS che con TNF-α (figura 1, pannello B).

2.4.2 Valutazione dell’espressione genica dei recettori α-adrenergici

I recettori α

1A

, α

2A

sono espressi nelle HUVEC in condizioni basali (figure 2 e 3, pannelli A) seppur i loro livelli di mRNA siano molto bassi; gli altri sottotipi recettoriali, α

1B,

α

1D

sono poco espressi e non modulati dagli stimoli (tabella 1); mentre per quanto riguarda i recettori α

2B

e α

2C

la loro espressione genica è al di sotto della soglia di rilevabilità dello strumento ed non sono quindi identificabile né in condizioni di riposo nè dopo attivazione delle cellule.

La stimolazione delle cellule con LPS induce un incremento significativo del recettore α

1A

(figura 2, pannello B), seppur si tratta di un aumento di 1 sola volta dell’espressione genica; mentre per quanto riguarda la stimolazione con TNF-α essa induce un incremento statisticamente significativo dell’mRNA del recettore, pari ad un aumento di ben 3 volte rispetto alle cellule a riposo (figura 2, pannello B).

L’espressione dell’mRNA per il recettore α

2A,

è invece aumentata dopo stimolazione sia con LPS che con TNF-α; in particolare si osserva un aumento di ben 5 volte con LPS e di 4 con TNF-α (figura 3, pannello B).

2.4.3 Valutazione dell’espressione genica dei recettori β-adrenergici

I recettori β

2

e β

3

sono espressi nelle HUVEC in condizioni basali (figure 4 e 5, pannelli A), e come per i recettori di tipo α presentano dei livelli di espressione genica bassa; mentre il recettore β

1

ha un espressione al di sotto del limite di rilevazione dello strumento.

(29)

25 La stimolazione delle HUVEC mostra un aumento dell’espressione genica del recettore β

2

- adrenergico statisticamente significativo di circa 4 volte dopo stimolazione con LPS e di ben 12 volte con TNF-α (figura 4, pannelli A e B). Anche per quanto riguarda il recettore β

3

, si osserva un aumento significativo dei livelli di mRNA dopo attivazione delle HUVEC, in particolare quest’aumento è di circa 6 volte dopo stimolazione con LPS e di circa 5 volte con TNF- α (figura 5, pannello B).

2.4.4 Valutazione dell’espressione proteica di ICAM-1 mediante analisi confocale

L’analisi mediante microscopia confocale dell’espressione proteica di ICAM-1 mostra un’espressione di membrana in basale nelle HUVEC di ICAM-1 del 18%, confermato anche dalle immagini in figura 6 (quadrante A) come indicato dalla freccia bianca. Come atteso, la positività per ICAM-1 aumenta del 73% dopo attivazione delle HUVEC con LPS (1 µg/ml, overnight), come mostrato nelle immagini in cui si può osservare una maggiore positività di membrana dovuta alla marcatura in verde dell’anticorpo secondario coniugato a ICAM-1 (figura 6, quadrante B). Anche dopo attivazione con TNF-α (10 ng/ml, 24 h) si osserva un aumento del 91% di cellule positive a ICAM-1(figura 6, quadrante C).

Il trattamento delle HUVEC con adrenalina (A; 1 µM, overnight) induce una modificazione della morfologia delle cellule (figura 6, quadrante D) con una distribuzione puntiforme della marcatura verde lungo la membrana delle cellule e che mostra una positività per ICAM-1 di circa il 33%.

2.4.5 Valutazione della stimolazione con adrenalina sull’espressione genica di ICAM-1 Per la valutazione della stimolazione con A sull’espressione genica delle molecole di adesione abbiamo utilizzato come controlli positivi, al fine di verificare lo stato di attivazione delle cellule, LPS (1 µg/ml, overnight) e il TNF-α (10 ng/ml, 24 h). Come atteso, il trattamento delle HUVEC con LPS induce un aumento significativo di circa 40 volte (vs CTRL: 49.45±45.97) e di circa 50 volte con TNF-α (vs CTRL: 56.86±21.88).

La stimolazione delle HUVEC con concentrazioni crescenti di A (0,1 pg – 1 µM), overnight)

mostra un aumento dell’espressione genica di ICAM-1 a partire dalla concentrazione di 0,01 µM,

per poi divenire significativa alle concentrazioni di 0,1-1 µM dove si osserva un aumento di 2 volte

dei livelli di mRNA (figura 7, pannelli A e B).

(30)

26 2.4.6 Valutazione della stimolazione con adrenalina sull’espressione proteica di ICAM-1 mediante analisi citofluorimetrica

Come per l’analisi precedente, abbiamo verificato l’attivazione delle HUVEC mediante trattamento con LPS (1 µg/ml, overnight) e il TNF-α (10 ng/ml, 24 h). Come atteso, il trattamento delle HUVEC con LPS o TNF-α induce un aumento dell’espressione di membrana ICAM, rispettivamente,di circa il 95% - 98% (LPS: 95.9±0.4; TNF- α: 99.0±0.9). Tuttavia, la stimolazione con A (0.001 – 1 µM) non ha alcun effetto sull’espressione di membrana di ICAM-1 (figura 8).

2.4.7 Valutazione della stimolazione con adrenalina sull’espressione genica di VCAM-1 Come per ICAM-1, anche per VCAM-1 abbiamo verificato l’attivazione delle cellule con (1 µg/ml, overnight), mentre al momento non sono presenti dati circa l’effetto del TNF-α. In particolare, la stimolazione con LPS mostra un aumento significativo di circa 9 volte dei livelli mRNA della molecola di adesione dopo stimolazione con LPS (vs CTRL: 9.69±4.42).

Il trattamento delle HUVEC con una curva concentrazione di A (0.1 pg – 1 µM, overnight) mostra un aumento dell’espressione genica di VCAM-1 di 1 volta a partire dalla concentrazione di 0.001 µM, che si conferma alla concentrazione di 1 µM (figura 9), seppur non è al momento ancora possibile condurre un’analisi statistica, probabilmente dovuta per la scarsa numerosità.

2.4.8 Valutazione della stimolazione con adrenalina sull’espressione proteica di VCAM- 1 mediante analisi citofluorimetrica

Come atteso, il trattamento delle HUVEC con LPS o TNF-α induce un aumento dell’espressione di membrana ICAM, rispettivamente, di circa il 95% - 98% (LPS: 29.9±15.9; TNF- α: 27.2±11.9). Tuttavia, la stimolazione con A (0.001 – 1 µM) non ha alcun effetto sull’espressione di membrana di ICAM-1 (figura 10).

2.4.9 Valutazione della stimolazione con adrenalina sull’espressione di E-Selectina

La stimolazione con LPS induce un aumento statisticamente significativo, di circa 6 volte dei livelli di mRNA di E-Selectina (vs CTRL: 7.67±2.17).

Il trattamento delle HUVEC con A (curva concentrazione-risposta: 0,1 pg – 1 µM, overnight)

induce un aumento statisticamente significativo di 2 volte dei livelli di mRNA della molecola di

adesione E-Selectina già a partire dalla concentrazione di 0.001 µM per poi continuare ad

aumentare in modo concentrazione dipendente ed arrivare fino ad un aumento di 6 volte con la

concentrazioen di 1 µM (figura 11, pannelli A e B).

(31)

27 2.4.10 Valutazione dell’effetto dell’adrenalina sulla co-coltura HUVEC-PMN condotta mediante analisi citofluorimetrica

I dati mostrano in condizioni basali circa il 15 % (%: 15.63±13.44; figura 12, colonna bianca)

di adesione dei PMN alle HUVEC, espressa come percentuale (%) di cellule CD16+. Dopo 1 h di

pre-trattamento delle HUVEC con A 1 µM, si osserva un aumento significativo della % di cellule

CD16+ che sale fino al 40 % (%: 39.95±12.05; colonna grigio chiaro). La stimolazione dei PMN

con fMLP (0.1 µM; 30 min), utilizzato come controllo positivo in quanto rappresenta un tipico

stimolo di attivazione dei PMN induce un aumento staticamente significativo della % di cellule

CD16+ rispetto al controllo (29.48±17.7, colonna nera), seppur di minore intensità rispetto

all’effetto della stimolazione delle HUVEC con A; inoltre l’ulteriore trattamento delle HUVEC con

A induce un aumento statisticamente significativo della % di cellule CD16+ portando i valori a

quelli della sola stimolazione delle HUVEC con adrenalina (40.33±15.07).

(32)

28 2.5 CONCLUSIONE

Negli ultimi decenni, diversi studi hanno dimostrato come il processo infiammatorio sia tra le cause principali di innesco di una graduale alterazione funzionale delle cellule endoteliali che di conseguenza induce un’alterazione della permeabilità dell’endotelio vasale con ingresso nel lume del vaso di cellule infiammatorie. Il primo evento di questo processo è rappresentato dall’attivazione del tessuto endoteliale, fenomeno che può essere evidenziato mediante la misurazione dei livelli di espressione di due molecole di adesione rappresentate da ICAM-1 e VCAM-1 (2). Una disfunzione endoteliale cronica può portare all’accumulo di colesterolo e cellule infiammatorie nell’intima del vaso, con la conseguente formazione della placca aterosclerotica che può essere costituita sia da tessuto molle (placca lipidica) che da tessuto calcifico (placca fibrosa o calcifica). La consistenza della placca è molto importante per l’evolversi della patologia, infatti placche più calcifiche sono quelle meno pericolose in quanto rischiano meno di andare in contro a rottura e causare tutti quei problemi tipici della rottura di una placca soft. Abbiamo dimostrato in uno studio condotto mediante analisi condotta al microscopio elettronico a scansione come la componente di questo tipo di placche sia idrossiapatite (3; 4) che quindi porta alla formazione di una placca solida e probabilmente meno prona a rotture e quindi rischi di accidenti cardiovascolari.

Ma le placche possono avere consistenza differente a secondo del processo che porta alla loro formazione. Gli studi sono quindi volti a cercare di comprendere il meccanismo alla base dell’innesco di questo processo. La causa principale e che sta alla base della formazione della lesione è l’alterazione dell’endotelio, alterazione che abbiamo ampiamente dimostrato in uno studio condotto su diverse placche carotidee in cui è possibile osservare le differenze tra un endotelio sano e un endotelio alterato,dove si può osservare lo sfaldamento dell’endotelio e l’alterazione profonda delle cellule endoteliali che perdono il contatto tra loro e che tendono quindi a stancarsi dalla lamina basale sottostante (5).

Tra i diversi fattori che influiscono sulla generazione e progressione della patologia, gioca un ruolo

importante lo stress. La via di comunicazione principale tra il sistema nervoso e quello immunitario

avviene tramite le fibre simpatoadrenergiche. Le terminazioni nervose arrivano alle cellule

immunitarie nei tessuti linfoidi e rilasciano neurotrasmettitori cateloaminergici. Numerose evidenze

suggeriscono che uno stress prolungato con conseguente rilascio di CA può portare ad

infiammazione vascolare e allo sviluppo dell’ATH (17). L’attivazione del sistema simpatico porta

ad un aumentato rilascio di IL-6 da parte delle CE, e sembrerebbe che l’utilizzo di antagonisti dei

recettori β-adrenergici riducano i livelli di questa citochina, suggerendo quindi l’attivazione di

questo tipo di recettori.

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