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- Parte I - Spazi marini e migrazioni: notazioni concettuali

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- Parte I -

Spazi marini e migrazioni:

notazioni concettuali

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CAPITOLO PRIMO

La proiezione del potere statale nel Mar Mediterraneo

1.1 Il regime giuridico del Mar Mediterraneo: mare chiuso o semi-chiuso

Il Mar Mediterraneo rappresenta i resti dell’antica Teide, mare più vasto che separava durante l’era geologica il Continente europeo dal Continente africano. Oggi sono circa venti gli Stati che si affacciano sul Mar Mediterraneo e possono essere classificati in tre distinti gruppi, oltre alla dipendenza britannica di Gibilterra e alle basi britanniche di Cipro: Paesi collegati al nucleo centrale dell’Europa, Paesi appartenenti alla periferia europea, Paesi arabi del Medio Oriente e del Nord Africa; in particolare sono presenti ben dodici Stati europei, uno Stato eurasiatico, tre Stati del Medio Oriente e cinque Stati Nord africani1, con una conseguente proiezione del potere statale su di esso alquanto controversa.

La definizione del Mar Mediterraneo come “mare chiuso o semi-chiuso” è frutto di un compromesso diplomatico ai fini della Convenzione di Montego Bay nel 19822. In questa si afferma che per mare chiuso o semi-chiuso debba intendersi un “gulf, basin or sea surrounded by two or more States and connected to another sea or the ocean by a narrow outlet or consisting entirely or primarily of the territorial seas and exclusive economic zones of two or more coastal States”3. Come si nota, tale definizione manca di precisione e di chiarezza: si da un’unica definizione per entrambi (mare chiuso o semi-chiuso), ma dalla quale sono chiaramente esclusi ed ignorati quei bacini che la dottrina considera geograficamente “chiusi”, come il Mar Caspio e il Mar Morto, in quanto non presentano alcun collegamento evidente con altri bacini marittimi o con gli oceani. Questa mancata linea chiara di demarcazione tra i due concetti riveste un determinato significato pratico. Ai fini della definizione data dalla Convenzione, potrebbero essere considerati mari chiusi quei bacini che rappresentano un solo accesso ristretto rispetto ad altri bacini marittimi o agli oceani; per contro, potrebbero essere considerati mari

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Tra gli Stati appartenenti alla costa europea si fa riferimento a Albania, Bosnia ed Erzegovina, Cipro (territorio conteso), Croazia, Francia, Grecia, Italia, Malta, Monaco, Montenegro, Slovenia e Spagna. Sulla costa Orientale o asiatica ci sono Israele, Libano, Palestina (territorio conteso), Siria e Turchia. Tra gli Stati Nord africani ci sono invece Algeria, Egitto, Libia, Marocco e Tunisia.

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La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) è stata definita durante un lungo processo di negoziazione attraverso una serie di Conferenze delle Nazioni Unite iniziate nel ‘73 ed è stata firmata a Montego Bay, Giamaica, il 10 dicembre 1982. È entrata in vigore il 16 novembre 1994. Al 9 agosto 2013 166 Stati hanno ratificato la Convenzione, l’ultima ratifica risale ad agosto 2013 da parte della Nigeria. L’UE l’ha firmata nel ‘84 e ratificata nel ‘98. Anche gli Stati Uniti l’hanno firmata, ma il Senato americano non l'ha ancora ratificata. L'Italia ha autorizzato la ratifica della Convenzione con la legge del 2 dicembre 1994, n. 689. È opportuno dire che la Spagna l’ha ratificata il 15 gennaio 1997 e il Marocco il 31 maggio 2007.

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chiusi quei bacini che rappresentano una pluralità di accessi ristretti che li collegano ad altri bacini marittimi agli oceani4. Quindi il Mar Mediterraneo sarebbe un mare semi-chiuso perché presenta tre accessi: Dardanelli e il Bosforo, Gibilterra e l’accesso artificiale del canale di Suez. Tuttavia la dottrina ha cercato di completare la definizione data dalla UNCLOS al fine di precisare tale concetto ed è quindi stato possibile rilevare caso per caso quali mari rientrassero nella definizione di mare chiuso o semi-chiuso e quali ne fossero invece esclusi. Il dibattito è stato acceso e controverso, in particolare in relazione all’inclusione del Mar Mediterraneo nel concetto stesso, giungendo alla conclusione che il Mar Mediterraneo è un mare semi-chiuso di più ampie dimensioni che presenta tutte le caratteristiche individuate dalla Convezione di Montego Bay per tale qualificazione, anche se il concetto di mare chiuso o semi-chiuso non è stato definito con sufficiente precisione5.

Tuttavia gli Stati sono e sono stati sempre scettici nel considerare unitariamente questa definizione proposta. Già durante la Terza Conferenza sul diritto del mare6, alcuni Stati costieri del Mar Mediterraneo si sono mostrati ostili a questo concetto, tra i quali l’ex Unione Sovietica con l’argomentazione giuridica che i mari chiusi o semi-chiusi sarebbero comparativamente piccoli, non rappresenterebbero collegamenti con altri oceani e non servirebbero come rotte di navigazione internazionale.

1.2 Le conseguenze della condizione del Mediterraneo

Appare chiaro che la nozione di mare chiuso o semi-chiuso deve servire in definitiva come quadro geografico particolare sul quale gli Stati costieri devono fondarsi per basare una cooperazione più attiva e per assicurare razionalmente e scientificamente la gestione delle risorse biologiche e la preservazione dei loro mari, nonché un fattore di incentivazione al coordinamento più stretto. Da non dimenticare è che oggi si può rilevare una certa tendenza generale nella rielaborazione del diritto del mare, che si potrebbe definire statalista, cioè diretta ad accrescere l’autorità e i diritti degli Stati sugli spazi marittimi; si procede verso un progressivo restringimento dell’altro mare o mare libero, tutto a favore delle zone di mare sotto giurisdizionenazionale. Questo processo di erosione degli spazi di alto mare e delle classiche libertà proprie di quest’ultimo costituisce infatti una tipica tendenza contemporanea. Nel Mediterraneo oggi, nella

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Leanza U., Il regime giuridico internazionale del mar Mediterraneo, Editoriale Scientifica, Napoli, 2008, p.6. 5 Ibid., p.7.

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La terza Conferenza delle Nazioni Unite ha avuto la sua prima sessione con solo funzione organizzativa a New York nel ‘73; la seconda sessione si è tenuta a Caracas nel ‘74, mentre la terza a Ginevra nel ‘75.

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migliore delle ipotesi, l’alto mare inizia dal limite esterno del mar territoriale7

, che si pone a dodici miglia dalla linea di base dello stesso mare territoriale la quale, a sua volta, è tracciata molto al largo della costa e non la segue pedissequamente8.

In particolare di seguito si vedranno le conseguenze della condizione particolare che viene a trovarsi il Mar Mediterraneo sul regime degli spazi marini, sul regime degli accessi e sulla cooperazione tra Stati costieri e Stati terzi.

1.2.1. Sul regime degli spazi marini e sulle loro delimitazioni

L’art 2 della Convenzione di Montego Bay stabilisce che “the sovereignty of a coastal State extends, beyond its land territory and internal waters and, in the case of an archipelagic State, its archipelagic waters, to an adjacent belt of sea, described as the territorial sea”9.

Tuttavia le difficolta della determinazione dei confini del Mar Mediterraneo dipendono essenzialmente dalle sue caratteristiche geomorfologiche, oltre all’interferenza tra i criteri puramente giuridici e i possibili criteri geografici ai fini della delimitazione. Fattori rilevanti sono l’esiguità delle sue dimensioni, la sua relativa povertà sia con riferimento ai fondali che alle acque sovrastanti sia in termini di risorse naturali e viventi e come ultimo la sua vulnerabilità ecologica e dalla lentezza nel ricambio delle sue acque. Inoltre, come fa notare Leanza10, sul Mar Mediterraneo si affacciano numerosi Stati e regioni densamente popolate e date le sue dimensioni relativamente ristrette, qualsiasi accordo, arbitrato o regolamento giudiziario relativo alle frontiere marittime, tanto tra Stati limitrofi quanto tra Stati contrapposti, risulta difficoltoso ed ha inevitabili ripercussioni esterne.

Anche la morfologia costiera rende difficoltosa l’applicazione di criteri di equità e di proporzionalità e in alcune zone pone problemi geo-politici di ordine internazionale. Inoltre il compito di tracciare i confini marittimi risulta difficile per l’esistenza di una moltitudine di isole costiere, in generale più vicine alle coste europee ed asiatiche rispetto a quelle africane.

Devono essere ricordati inoltre, i problemi posti da alcune situazioni di sovranità speciale sui territori costieri, nonché alcune vivaci controversie su problemi marittimi e

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La sovranità dello Stato costiero si estende, nel caso di uno Stato arcipelago, nelle sue acque arcipelaghe su una zona di mare adiacente denominata acque territoriali; L’ampiezza massima delle acque territoriali è attualmente stabilita in 12 miglia misurate a partire dalle linee di base.

8 Nel XX secolo alcuni Stati espressero il desiderio di estendere la loro giurisdizione nazionale specialmente per poter aumentare la possibilità di sfruttare in maniera esclusiva le risorse marine, principalmente quelle minerarie e di pesca, oltre i limiti delle tre miglia. Fra gli anni 1946 e 1950 una serie di Paesi hanno iniziato a dichiarare in ambito internazionale l'estensione delle loro acque internazionali a 12 miglia, raggiungendo l’accordo in sede di Terza Conferenza delle Nazioni Unite sul diritto del mare ai sensi dell’art. 3.

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Art.2, comma 1, parte II, Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. 10 Leanza, op. cit., p.10.

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costieri. In particolare nell’ambito di questa indagine, tali problemi vedono coinvolti sia Spagna e Regno Unito per il promontorio di Gibilterra, sia Spagna e Marocco per le enclave di Ceuta e Melilla11.

1.2.2 Sul regime degli accessi e delle attività marittime

Il Mar Mediterraneo, oltre ad essere un bacino semi-chiuso, è soprattutto un bacino di transito per la navigazione internazionale. Questa sua natura contrasta essenzialmente con il carattere protezionista delle pretese alimentate dalle nuove norme che sostituiscono all’esclusivismo delle Potenze marittime, l’esclusivismo degli Stati costieri, tutelato dal principio della sovranità dei mari. Questi Stati dispongono oggi di poteri e facoltà talmente considerevoli da essere portati a conservare una posizione assolutamente predominante, che contrasta con gli obblighi che la stessa natura di bacino di transito impone agli altri Stati costieri del Mar Mediterraneo e nei confronti degli Stati terzi utenti del bacino.

L’eventuale espansione delle sfere di competenza esclusiva degli Stati costieri nell’ambito del Mediterraneo porterebbe, infatti, al risultato di un mare sottoposto esclusivamente alla sovranità di questi Stati. Ma ciò sarebbe in assoluto contrasto con la stessa posizione geografica di transito del Mediterraneo ed con gli obblighi che dalla natura di via di comunicazione di questo mare derivano ai suoi Stati costieri, che hanno sempre manifestato un particolare attaccamento a carattere di via aperta alla navigazione internazionale di questo bacino. Da un lato il Bosforo e i Dardanelli, dall’altro il Canale di Suez, ed infine lo Stretto di Gibilterra, assicurano infatti rispettivamente il passaggio dal Mar Nero al Mediterraneo, dall’Oceano Indiano al Mediterraneo ed infine dall’Oceano Atlantico al Mediterraneo e viceversa.

Anche le principali potenze marittime, nonostante l’accettazione dell’ampliamento delle acque costiere preteso dai Paesi in via di sviluppo, hanno energicamente sostenuto la necessità di mantenere il principio tradizionale delle libertà di navigazione anche nei bacini chiusi e semichiusi. Leanza fa notare che solleva molte preoccupazioni l’atteggiamento di alcuni Stati mediterranei che, nonostante l’accordo raggiunto in sede di Terza Conferenza sulle delimitazioni del mare territoriale a dodici miglia12, hanno sostenuto la posizione che uno Stato costiero, in ragione dei suoi interessi di sicurezza o della legislazione nazionale, potrebbe estendere il mare territoriale anche al di là del limite delle dodici miglia13. Ecco quindi la duplice caratteristica del Mar Mediterraneo:

11 Per un approfondimento si vedano in questo capitolo i paragrafi 1.3 e 1.4. 12

Per un approfondimento si veda in questo capitolo il paragrafo 1.2.1. 13 Leanza, op. cit., p.8.

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da un lato, un mare semi-chiuso nel quale le sovranità statali si scontrano con gran facilità e quasi si sovrappongono, dall’altro un bacino internazionale di transito non solo per gli Stati costieri del bacino stesso ma anche e soprattutto per gli Stati terzi. Questa duplice caratteristica è in assoluto contrasto con il rischio di “nazionalizzazione” di tale mare. La Convenzione di Montego Bay ha così sviluppato una straordinaria dilatazione dei poteri degli Stati costieri nell’ambito degli spazi marini, ma la libertà di navigazione presenta un interesse troppo grande sia per il commercio internazionale nel Mediterraneo sia per lo sviluppo economico dei suoi Stati costieri neo-indipendenti. Gli stessi Stati in via di sviluppo che si affacciano sul Mediterraneo non ignorano questa realtà ed è proprio per questa ragione che i fenomeni di appropriazione esclusiva degli spazi marini e le pretese ad essi relativi nell’ambito di questo mare sono state fino a questo momento piuttosto modeste.

1.2.3 Sulla cooperazione tra Stati costieri e Stati terzi

Come prevedibile per gli Stati del Mediterraneo, come del resto per gli Stati costieri di qualsiasi altro bacino, si impone la necessità di cooperazione nella gestione del Mar Mediterraneo, come previsto dalla stessa Conferenza, almeno per quanto riguarda alcuni settori di attività. Infatti l’art.12314 invita gli Stati, bordering an enclosed or semi-enclosed sea, sia a “cooperate with each other in the exercise of their rights and in the performance of their duties under this Convention”, sia a cercare di “a) coordinate the management, conservation, exploration and exploitation of the living resources of the sea; b) coordinate the implementation of their rights and duties with respect to the protection and preservation of the marine environment; c) coordinate their scientific research policies and undertake where appropriate joint programs of scientific research in the area; d) to invite, as appropriate, other interested States or international organizations to cooperate with them in furtherance of the provisions of this article”.

Quindi proprio la parte IX della Convenzione contiene una serie di disposizioni relative alla cooperazione tra gli Stati costieri e sono esortati anche ad invitare gli Stati interessati e le Organizzazioni Internazionali competenti a cooperare con essi nell’attuazione delle disposizioni relative ai mari chiusi o semi-chiusi.

Tuttavia in casi in cui una puntuale applicazione della parte IX della Convenzione non risulti facile sul piano multilaterale, gli sforzi degli Stati devono essere indirizzati verso forme di cooperazione più stretta al fine di prevenire ad una gestione comune del bacino che soddisfi le esigenze di tutti gli Stati sul Mediterraneo ed eviti quindi il

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pericolo di una “nazionalizzazione” di tale Mare, che nuocerebbe agli interessi degli Stati che su di esso si affacciano e a Stati che utilizzano le sue acque come iter ai fini dei propri traffici marittimi.

I mari chiusi o semi-chiusi sono oggi ambienti privilegiati in cui la tendenza al regionalismo si manifesta come un quadro di partecipazione tra gli Stati costieri per assicurare la assunzione delle responsabilità collettive nella gestione di tali risorse. In altri termini, esiste una tendenza molto netta da parte degli Stati costieri di questi bacini marittimi a considerare questi ultimi come una sorta di mare nostrum15. Tuttavia appare chiaro che, essendo il Mediterraneo soprattutto un bacino di transito utilizzato in gran parte per le comunicazioni e i loro traffici da Stati essenzialmente estranei al bacino stesso, tale cooperazione dovrà essere estesa anche ai terzi Stati utenti del bacino.

Gli Stati costieri di un mare determinato sono spesso i più interessanti a stabilire un rapporto con tale mare e con le sue risorse, ed in genere solo questi Stati sono disposti ad impegnare mezzi finanziari, sforzi organizzativi, cooperazione a lunga scadenza. Essa assume aspetti di maggior complessità nelle ipotesi in cui tali mari siano anche bacini di transito poiché pone il problema dei rapporti con gli Stati terzi che usufruiscono del bacino, pur non affacciandosi su di esso.

L’alternativa ad una soluzione di delimitazione globale delle rispettive sovranità tra gli Stati costieri nell’ambito del Mediterraneo sta dunque nell’abilita degli Stati mediterranei e degli Stati terzi a saper utilizzare strumenti conferiti dalla Montego Bay in materia di cooperazione.

Tuttavia, nonostante numerosi ostacoli e la persistenza di fattori di tensioni, il Mar Mediterraneo è un bacino che rappresenta almeno tre caratteristiche che sembrano favorire lo sviluppo alla cooperazione: la circoscritta configurazione geografica, l’intensità del traffico marittimo e la povertà delle risorse ittiche.

1.3 La delimitazione del mar territoriale

Un problema importante è quello che riguarda la delimitazione della piattaforma continentale16 tra Stati che si fronteggiano o fra Stati contigui. A questo proposito il principio base accolto dalla Convenzione di Ginevra del 1958 in mancanza di accordo, è

15

Leanza, op. cit., p.8. 16

Caffio F., Glossario di diritto del mare, Rivista Marittima, III edizione, 2006, p.111: “Per piattaforma

continentale si intende l’area sottomarina che si estende al di là delle acque territoriali, attraverso il prolungamento naturale del territorio emerso, sino al limite esterno del margine continentale, o sino alla distanza di 200 miglia dalle linee di base, qualora il margine continentale non arrivi a tale distanza”.

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quello del criterio dell’equidistanza17

corretto da circostanze speciali, vale a dire da fattori geografici ed economici atti a giustificare una deroga rispetto al metodo di base. Tuttavia il valore giuridico obbligatorio di questo criterio nei confronti degli Stati che non erano parte della Convenzione di Ginevra, venne negato dalla Corte nel 196918, decretando che il criterio dell’equidistanza non era imposto dal diritto consuetudinario e che pertanto la delimitazione poteva essere effettuata soltanto mediante accordo tra gli Stati interessati, ma sempre secondo principi di equità.

Successivamente la UNCLOS, recependo gli indirizzi derivanti dalla giurisprudenza della Corte e dalla prassi degli Stati, ha: a) confermato il criterio dell’equidistanza in mancanza di un accordo, fermo restando la possibilità di apportarvi le correzioni rese necessarie dall’esistenza di circostanze speciali o di titoli storici; b) introdotto il principio per cui la delimitazione della piattaforma continentale e della zona economica esclusiva (ZEE)19 deve farsi per mezzo di accordo in modo da raggiungere una soluzione equa20; c) eliminato ogni previsione riguardo alla delimitazione della zona contigua21 tra Stati con coste opposte, nel caso di distanza tra le linee di base22 dei due Stati inferiore alle 24 miglia, consentendo in tal modo la sovrapposizione delle rispettive zone contigue. A questo riguardo Caffio23 sottolinea che, secondo un’autorevole interpretazione tra gli Stati parte della I Convenzione di Ginevra del 1958, sarebbe ancora in vigore il principio secondo cui nessuno Stato, a meno di diverso accordo, può estendere la sua zona contigua al di là della linea di equidistanza (art.24).

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Ibid., p.72: “È tale la linea, ciascun punto della quale è equidistante dai punti più vicini delle linee di base

dalle quali è misurata, tracciata per la delimitazione delle zone di rispettiva giurisdizione di Stati con coste opposte o adiacenti”.

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Corte Internazionale di Giustizia, caso North Sea Continental Shelf, 20 febbraio 1969. Il caso riguardava la controversia tra Germania, Olanda e Danimarca sulla delimitazione della piattaforma continentale del Mare del Nord.

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Area di mare che si estende per 200 miglia nautiche dalla linea di base, in cui lo Stato costiero può esercitare il diritto di sfruttamento esclusivo delle risorse naturali. Si noti che all’inizio nessun Paese mediterraneo aveva infatti proclamato unilateralmente una ZEE con ampiezza di 200 miglia nel Mar Mediterraneo, dato che le coste non distano in nessun punto 400 o più miglia dalle coste opposte di un altro Stato. Il fronte contrario all’istituzione di ZEE ha cominciato a incrinarsi con la creazione di zone in cui gli Stati costieri si avvalevano di parte dei diritti esercitabili nella ZEE relativamente alla protezione della pesca e dell’ambiente marino; a fronte di queste iniziative i seguenti Paesi hanno invece adottato iniziative di creazione di vere e proprie ZEE esclusive. 20

In mancanza di un accordo ha affidato la risoluzione della controversia alla Corte Internazionale di Giustizia, al Tribunale Internazionale del Diritto del Mare, o ad un Tribunale arbitrale.

21

Oltre le 12 miglia nautiche dalla linea di base si estende un tratto di ulteriori 12 miglia, quindi 24 miglia nautiche dalla linea di base, in cui lo Stato costiero può continuare a fare valere le proprie leggi rispetto, principalmente, al controllo del contrabbando o dell'immigrazione clandestina. Secondo una dottrina formatasi nel periodo tra le due guerre, lo Stato costiero avrebbe il diritto di esercitare poteri di vigilanza doganale in una zona contigua al mare territoriale. Tale dottrina venne recepita dall’art 24 della Convenzione di Ginevra del 1958 e poi trasferita nell’art.33 UNCLOS “in una zona d’alto mare contigua al suo mare territoriale, lo Stato costiero

può esercitare il controllo necessario, in vista di: prevenire la violazione delle proprie leggi di polizia doganale, fiscale, sanitaria e di immigrazione; reprimere le violazioni alle stesse leggi, qualora siano commesse sul suo territorio o nel suo mare territoriale”.

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Il termine indica genericamente la linea dalla quale è misurata l’ampiezza delle acque territoriali. 23 Caffio, op. cit., p.42.

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Coma già visto24, la UNCLOS fissa l’estensione massima del mare territoriale a dodici miglia marine dalla linea di base. Se la nuova misura dell’estensione del mare territoriale non pone problemi per il regime degli spazi ampi oceanici, produce effetti diversi per i mari chiusi o semi-chiusi (come il Mar Mediterraneo), determinando un radicale ridimensionamento degli spazi assegnati al mare libero: si sono così raddoppiati gli spazi assegnati.

La UNCLOS individua tre sistemi per fissare la linea di base per la misurazione del mare territoriale25:

Linea di base normale: la linea di massa marea lungo la costa;

Le linee rette solo nell’ipotesi che la costa presenti profonde indentature e curvature o che vi siano corone di isole e scogli in prossimità della costa; La combinazione dei due metodi sopra descritti.

Anche nel Mediterraneo la determinazione delle linee rette si è dimostrata importante per la misurazione del mare territoriale e delle ulteriori zone le cui risorse sono divenute di pertinenza dello Stato costiero. L’adozione del metodo delle linee rette di base trova una sempre più frequente diffusione nella pratica degli Stati mediterranei, come dimostrano le legislazioni di Spagna, Marocco, Italia, Francia, Libia, Tunisia. Tuttavia le legislazioni nazionali degli Stati del Mediterraneo rivelano un livello di conformità con questi metodi piuttosto elastico e talora dubbio, sebbene la Convenzione sia stata ratificata da tutti gli Stati del Mediterraneo ad eccezione di Israele, Libia, Siria e Turchia.

1.3.1 Le coste spagnole e marocchine

In primis si deve rilevare che la maggior parte dei Paesi del Mediterraneo si sono sinora avvalsi della possibilità di tracciare linee di base rette, a modifica del regime seguito in precedenza che individuava nella linea di bassa marea lungo la costa la linea di base normale delle acque territoriali.

La Spagna ha infatti utilizzato il sistema delle linee rette di base per determinare quasi totalmente la determinazione delle acque interne nel Mediterraneo, seguendo il litorale in quasi tutta la sua estensione, anche in certe località dove la presenza di profonde frastagliature appare discutibile. Tuttavia le coste spagnole non sono né frastagliate profondamente, né coronate da isole costiere al fine da giustificare l’utilizzazione di tali

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Per una panoramica storico si veda in questo capitolo il sotto-paragrafo 1.2.1 e in particolare le note 7 e 8. 25

Nella parte II, l’art.5 stabilisce che la base di misurazione del mare territoriale è data dalla linea di bassa marea. Più importante tuttavia è l’art.7 che riconosce la possibilità di derogare a tale principio ricorrendo al sistema delle linee rette. Secondo tale sistema, la linea di base del mare territoriale non è segnata seguendo le sinuosità della costa ma congiungendo i punti sporgenti o, se vi sono isole o scogli in prossimità, congiungendo le estremità di questi o ancora, in presenza di caratteristiche naturali che rendono la costa instabile, unendo i punti più avanzati.

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linee di base.

Le straight baselines sono state tracciate anche intorno alla costa delle isole Baleari. A questo proposito Leanza26 nota che è apprezzabile che la legislazione spagnola abbia evitato di racchiudere tale arcipelago in un unico sistema di linee rette (come invece ha fatto per le Canarie) seguendo il disposto dalla Convenzione di Montego Bay, che riserva le linee di base arcipelaghe ai soli Stati costituiti interamente da uno o più arcipelaghi. Nelle Baleari solo le isole di Formentera ed Ibiza sono state congiunte da linee rette, ma come fa notare Leanza27 è difficile giustificare anche l’istituzione di tali linee di congiunzione.

Non sono state istituite, invece, straight baselines nelle cinque plazas de soberanía28 spagnole, tra cui Ceuta e Melilla, situate lungo le coste marocchine, per le quali vale quindi la linea della bassa marea.

Inoltre la precedente legislazione spagnola29 riconosceva da più di due secoli la regola delle sei miglia e sembra che sia da ritenere verosimile che la pratica del Mediterraneo si fosse precedentemente fissata al limite di 6 miglia, proprio a causa dell’effetto trainante esercitato su di essa dal comportamento della Spagna e della sua legislazione.

Con riguardo invece alla delimitazione della sfera di competenza, il Marocco ha adottato un sistema combinato di linee di bassa marea e di linee rette per la determinazione del limite interno al proprio mare territoriale ed ha determinato il tracciato di tali linee rette di base nel Mediterraneo che seguono interamente la costa dallo Stretto di Gibilterra fino al confine con l’Algeria.

Il sistema delle linee rette non ha però tenuto conto delle cinque enclave spagnole, Ceuta e Melilla e le piccole isole al largo, che risultano al di qua delle linee stesse e pertanto private di zone marittime30. Come infatti afferma Gutiérrez Castillo: “...las fronteras marinas de la ciudad de Ceuta viened determinadas por la línea media o equidistante entre las costas ceutíes y las marroquíes, dando lugar a un encapsulamento del territorio ceutí dentro las aguas jurisdiccionales marroquíes”31.

Molti Stati negli ultimi anni hanno chiuso baie e golfi, anche di vaste proporzioni, spostando conseguentemente verso il largo la linea di base del mare territoriale. Per la Convenzione di Montego Bay è possibile per uno Stato costiero acquisire alle acque

26

Leanza, op. cit., p.15. 27

Ibid. 28

Plazas de soberanía ("posti di sovranità") è il termine storicamente (secoli XIX e XX) dato ai possedimenti

spagnoli nel Maghreb; attualmente non hanno alcun tipo di connotazione coloniale, ma unicamente amministrativa e sono parte dell’Unione Europea. Ne esistono cinque: Ceuta, Melilla, le isole Alhucemas, le isole Chafarins e Peñon de Vélez de la Gomera. Agli inizi del XX secolo Ceuta conobbe una crescita di popolazione, in coincidenza con l' inizio del protettorato spagnolo in Marocco, nel 1912 fino al 1956, anno in cui la Spagna riconobbe l’indipendenza del Marocco.

29

Leanza, op. cit., p.15. 30 Ibid.

31

Gutiérrez Castillo V. L., La delimitación de las aguas marinas españolas en el Estrecho de Gibraltar, Documentos de opinión 29/2011, Instituto Español de Estudios Estratégicos, 2011, p.6.

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interne le c.d. baie giuridiche32, conformemente alla c.d. regola del semicerchio, per cui la superficie della baia deve essere uguale o superiore a quella del semicerchio avente per diametro la linea tracciata attraverso l’entrata della baia33

. Tuttavia la linea di chiusura della baia non può eccedere le ventiquattro miglia34. Dall’esame della prassi, risulta che gli Stati costieri nel Mediterraneo non hanno sempre tenuto nella dovuta considerazione la distinzione tra linee rette di base e linee di chiusura delle baie. Raramente, infatti, viene specificato in base a quale dei due criteri è stata fissata la linea di base per la misurazione delle acque territoriali. Questo rende così particolarmente gravoso il ruolo dell’interprete, con la conseguenza che il regime della navigazione in determinate aree del Mar Mediterraneo è incerto, e ciò è stato all’origine di pericolose situazioni di tensione internazionale.

Leanza sottolinea che, sebbene la legislazione spagnola definisca le linee rette di base, che vengono utilizzate anche come linee di chiusura delle baie la cui apertura non ecceda le ventiquattro miglia, in verità lungo le coste spagnole vi sono numerosi golfi (quali Almeria, Cartagena, San Jorge) che, pur non corrispondendo alla descrizione delle baie giuridiche fornita dalle Convenzioni di codificazione, sono stati chiusi con le straight baselines 35. Diversa invece è la situazione nella baia di Algeciras, non inclusa nella linea di base retta spagnola36.

In Marocco, la legislazione del 1975 ha determinato le linee di chiusura delle baie sulle coste marocchine e ha tracciato le linee rette senza ridefinire il concetto di baia37. Tuttavia occorre ricordare che le disposizioni precedenti prevedevano già, pur senza definire il concetto di baia, che nelle medesime la linea di base sia data da una linea retta, tracciata attraverso la baia nella parte più vicino all’imboccatura, al primo punto in cui l’apertura non ecceda le dodici miglia marine.

1.4 Uno stretto di interesse internazionale nel Mar Mediterraneo

Lo Stretto di Gibilterra è lungo circa trentatré miglia e largo circa sette miglia e mezzo nel punto più stretto, ad Ovest di Ceuta, con una profondità che varia da trecento metri ad circa ottanta metri ed è quindi anche relativamente poco profondo38.

Se ci soffermiamo su cosa rappresenta lo Stretto di Gibilterra, si trasforma in uno

32

Si definiscono baie giuridiche quelle baie che non consistono in una semplice curvatura della costa, ma in un’incavatura ben marcata.

33

Art. 10, comma 2, parte II, Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. 34

Ibid., comma 5. 35

Leanza, op.cit., p.15.

36 Questo argomento verrà ripreso nel prossimo paragrafo 1.5. 37

Leanza, op. cit., p.15. 38 Ibid.

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spazio sia molto controllato, sia anche pericoloso, uno spazio dove ogni istante l’illegale si scontra con la legalità; è uno lembo di mare sospeso tra un mondo e un altro, tra una vita e un’altra migliore. Appare chiaro che sia un luogo di controllo intenso dove si sperimentano muraglie elettroniche sofisticate e sistemi di vigilanza che limitano l’europeo dal non europeo39

. Costituisce un vero e proprio crocevia per le rotte internazionali con un alto traffico marittimo mondiale e sola alternativa ragionevole per l’accesso dall’Atlantico al Mediterraneo.

“Las revendicaciones de soberanìa… y las interpretaciones enfrentadas del artículo X del Tratado de Utrecht entre España y Reino… han condicionado históricamente las relaciones internacionales de estos países, convertiendo el Estrecho de Gibraltar en un perfecto laboratorio de estudio para… las normas del derecho del mar, en particular”40

. Lo Stretto di Gibilterra rientra oggi nella categoria degli stretti internazionali ove vige il regime del passaggio in transito che prevede il diritto di navigazione e di sorvolo per tutti gli Stati. Tale regime di libertà di transito è stato sancito dalla Dichiarazione di Londra del 1904 tra Gran Bretagna e Francia con oggetto la smilitarizzazione della costa marocchina dello Stretto41. Tuttavia, come già visto42, “desde el punto de vista geográfico, no habrà duda que la totalidad de las aguas del Estrecho de Gibraltar se encuetran encerradas en aguas de soberanía y/o jurisdicción de los Estados ribereños”43. Infatti “todos los Estados ribereños tienen establecida la anchura de su mar territorial en 12 mn y éste es el límite máximo permitido en la CNUDM y por tanto todas las aguas constituyen mar territorial, discurre entre cabo Espartel/cabo de Trafalgar y Punta Europa/Punta Almina”44

Quindi se il regime giuridico dello Stretto di Gibilterra è oggi lo stesso di tutti gli altri stretti internazionali regolato dalle disposizioni della Convenzione di Montego Bay, relative al passaggio in transito per gli stretti congiungenti due parti dell’altro mare45, sia il Marocco sia la Spagna riconoscono le loro coste atlantiche come ZEE46 e inoltre le coste mediterranee del Mare di Alborán sono ZEE solo del Marocco47. Mentre invece contraria si è espressa la Spagna che, nel firmare la Convenzione di Montego Bay, ha espresso l'intenzione di regolamentare il regime del transito nello Stretto. Il punto di

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Per un approfondimento si veda nel capitolo 3 il paragrafo 3.4. 40

Gutiérrez Castillo, op. cit., p.1. 41

Il Trattato dell'Entente cordiale, firmato a Londra l'8 aprile 1904, definiva il riconoscimento di sfere d’influenza coloniale tra Francia e Gran Bretagna; in particolare nei primi due articoli si definivano le reciproche sfere d'influenza in Africa Settentrionale. Anche la Spagna vi aderì con la Dichiarazione di Parigi del 3 ottobre 1904.

42 Si veda in questo capitolo il paragrafo 1.3. 43

Gutiérrez Castillo, op. cit., p.2. 44

Suárez de Vivero, J. L., Jurisdicciones marítimas en el Estrecho de Gibraltar, Análisis del Real Instituto Elcano, n.31/2002, p.1.

45 Art.37, parte III , Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. 46

Ley n. 33/77 de 28 de mayo de 1977.

(13)

24

vista spagnolo è stato contestato nel 1985 dagli Stati Uniti i quali hanno messo in risalto il fatto che la pretesa spagnola non è conforme al diritto internazionale, soprattutto per ciò che riguarda la possibilità di porre vincoli al diritto di sorvolo sullo Stretto degli aeromobili militari48. Leanza49 sottolinea che la Spagna ha cercato fino all’ultimo di apportare modifiche al testo della Convenzione e successivamente all’atto della firma della UNCLOS nel 1984, in particolare ha depositato una dichiarazione contenente un’interpretazione molto restrittiva del testo convenzionale con riferimento alla libertà di passaggio inoffensivo e di transito degli stretti internazionali50. Inoltre malgrado l’esistenza di numerosi atti internazionali che hanno riconosciuto la libertà di passaggio nello Stretto e malgrado sia stato il primo nei confronti dei quali si è manifestata la necessità del riconoscimento di una regola di libertà di passaggio, il suo diritto di passaggio non è mai stato oggetto di precise regolamentazioni convenzionali51.

Esistono anche ulteriori due contenziosi: tra Spagna e Gran Bretagna per la restituzione del possedimento della Rocca di Gibilterra e per la pretesa britannica di attribuire alla propria colonia uno spazio di acque territoriali; tra Spagna e Marocco per le città autonome di Ceuta e Melilla.

In particolare le città autonome di Ceuta e Melilla si trovano nella riva mediterranea del Marocco e dal XVI e XVII secolo e sono a tutti gli effetti parte integrante dello Stato spagnolo52. Il Marocco ha sempre attuato una politica di rivendicazione a partire dal 1956 non solo attraverso dichiarazioni internazionali ma anche attuando una politica di delimitazione ed sfruttamento degli spazi marini circostanti, senza che ad oggi ci sia una precisa regolamentazione53. Inoltre la frontiera ispano-marocchina rappresenta la linea che stabilisce il limite territoriale tra Spagna e Marocco, una frontiera costruita sopra una serie di conflitti e alle alleanze: Spagna - Marocco; Islam - Cristianesimo; Europa - Africa; territorio UE - territorio non UE. Una frontiera che tutt’oggi crea un serie di problemi e tensioni nel coordinamento della politica migratoria spagnola-marocchina54.

48

Il Governo degli Stati Uniti considera lo Stretto di Gibilterra come via d’acqua internazionale, come ribadito nell’accordo stipulato nel 1975 con Israele, Memorandum of Agreement.

49

Leanza, op. cit., p.8. 50

La Spagna, all'atto della ratifica (1997) della UNCLOS, ha formulato la seguente dichiarazione: “- la propria

ratifica non può essere interpretata in nessun modo come riconoscimento di qualsiasi diritto o situazione relativa agli spazi marittimi di Gibilterra che non sono compresi nell'art.10 del Trattato di Utrecht del 1713 (questo art. stabilisce che "Gibilterra spetta all'Regno Unito, senza nessuna giurisdizione territoriale e senza comunicazione aperta con la regione attigua, dalla parte di terra"); - il regime di passaggio in transito stabilito nella Parte III della Convenzione del Diritto del Mare del 1982 è compatibile con il diritto dello Stato costiero di stabilire in uno stretto internazionale sue proprie regolamentazioni; - nell'art. 39 di detta Convenzione la parola "normalmente" (riferita all'obbligo per gli aeromobili di stato in transito sullo Stretto di rispettare le Regole dell'Aria emanate dall'ICAO e di tener conto della sicurezza della navigazione) va interpretata come "salvo forza maggiore o pericolo grave"”.

51

Leanza, op. cit., p.10. 52

Ceuta passò nel 1688 alla Spagna, che la trattenne anche dopo l’indipendenza marocchina, nel 1956. Alla conclusione della Reconquista (1492) seguì nel 1496 la conquista del porto marocchino di Melilla da parte della Spagna.

53

Si veda in questo capitolo il paragrafo 1.3.

(14)

25

Il Regno Unito esercita invece la sua sovranità sulla rocca di Gibilterra a partire dal XVIII secolo55 e la controversia sullo status giuridico internazionale di questa rocca costituisce un ulteriore motivo di difficoltà per la soluzione del problema relativo al regime giuridico dello Stretto. In particolare il Regno Unito ha rivendicato tre m.m. in relazione a Gibilterra e due m.m. in relazione alla Bahía de Algeciras, anche se il Trattato di Utrecht del 1713 non fa alcun riferimento ai limiti della estensione della giurisdizione britannica sulla acque della Baia e dello Stretto, non permettendo quindi di rivendicare un mare territoriale attorno a dette zone. In particolare secondo le posizioni britanniche “el hecho de que solamente el puerto de Gibraltar fuera concedido sin ninguna mención a una cesión de aguas territoriales es irrilevante, ya que es una posición mantenida desde hace tiempo que una cesión de territorio automáticamente conlleva la cesión de las aguas territoriales a menos que lo contrario se haya establecido específicamente”56.

Dal canto suo, secondo Gutiérrez Castillo, il governo spagnolo “siempre se ha mantenido firme y ha interpretado literalmente el artículo X del Tratado de Utrecht, reconosciendo la soberanía británica tan solo sobre las aguas del puerto gibraltareño”57.

Ciò nonostante l’esistenza di un mare territoriale proprio a Gibilterra è riconosciuta, ma, in mancanza di un’apposita regolamentazione giuridica, la linea di base delle acque territoriali è data dalla linea di bassa marea che opera ipso iure58. Proprio tale omissione è all’origine di una situazione di tensione tra Spagna e Regno unito che dura ancora oggi. Concludendo, anche se l’incertezza delle frontiere tra i tre Stati coinvolti (Spagna, Regno Unito e Marocco) non ricade sulla navigazione nello Stretto, ciò ha dato il via ad una giustapposizione delle acque territoriali che hanno provocato conflitti di varia natura: conflitti sulla pesca, a carattere ambientale, di contrabbando e sicurezza. Da un lato il Regno Unito che difende il suo mare territoriale nella parte Nord-Orientale dello Stretto, soprattutto nelle acque della baia di Algeciras, dove “los contrabandistas escapan de la guardia civil al entrar en aguas jurisdicionales”59 di Gibilterra; dall’altro la Spagna che considera solo il Marocco uno Estado ribereño e infine il Marocco che, come la Spagna, riconosce solo due poteri statali nello Stretto, non tenendo conto nè della soberanía spagnola su Ceuta e l’isola di Perejil, nè della presenza britannica a Gibilterra.

55 Lo Stretto prende il nome dalla rocca di Gibilterra che è ancora possedimento della Corona Britannica dopo essere stato occupato militarmente dalla Gran Bretagna nel 1704 ed acquisito giuridicamente al termine della guerra di successione spagnola, con il Trattato di pace di Utrecht del 1713.

56

Gutiérrez Castillo, op. cit., p.7. 57 Ibid., p.8.

58

Leanza, op. cit., p.15. 59 Ibid., p.10.

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26

Detto ciò, questo ha anche una grande incidenza sulle relazioni bilaterali, dato che in molte occasioni la delimitazione degli spazi marittimi è stata utilizzata dai Paesi confinanti per fare pressioni su determinate questioni come accordi di immigrazione e di sicurezza.

1.5 La Convenzione SAR: una valutazione alla luce delle problematiche

In riferimento a quanto detto sulla delimitazione delle rispettive aree di sovranità tra gli Stati costieri nell’ambito del Mediterraneo, sembra opportuno un accenno all’International Convention on Search and Rescue at Sea (Convenzione SAR), al fine di comprendere meglio le problematiche sulla gestione dei flussi migratori che vede come principale legislatore l’UE ma che lascia free to cooperate, soprattutto nell’ambito della lotta all’immigrazione irregolare, i singoli Stati secondo loro scelte politiche.

A partire dal 1974 gli Stati membri dell’International Maritime Organization, (IMO) hanno adottato due importanti Convenzioni marittime internazionali che hanno ricadute sulle questioni poste all’arrivo via mare di rifugiati e migranti60: International Convention for the Safeguard of Life at Sea (Convenzione SOLAS) nel 197461 e International Convention on Search and Rescue at Sea (Convenzione SAR) nel 197962.

In particolare la SAR Convention prevede la delimitazione tra Stati frontisti o contigui di zone SAR (Zona di Ricerca e Soccorso), ossia aree di acque territoriali e acque internazionali adiacenti di competenza strettamente nazionale nelle quali si impieghino specifici mezzi navali, aerei o terrestri volti alla salvaguardia della vita umana in particolari situazioni di pericolo. Ogni Paese ha assegnate delle zone di competenza nelle quali è tenuto a fornire una simile operatività.

I servizi SAR possono essere implementati dagli Stati, a titolo individuale, mettendo in piedi un’organizzazione nazionale SAR oppure in collaborazione con uno o altri Stati creando un'organizzazione SAR congiunta. Così gli Stati parte sono invitati a concludere accordi con gli Stati vicini per regolare e coordinare i servizi di soccorso nelle zone marine delimitate dall’accordo stesso, ma in assenza di accordi di delimitazione i limiti delle zone SAR sono concordati in ambito IMO.

La Convenzione SAR si fonda quindi sul principio della cooperazione internazionale, così che il principio di collaborazione tra le autorità SAR si stabilisca già prima dell’inizio dell’operazione e che le zone di ricerca e salvataggio siano ripartite d’intesa

60

Le convenzioni internazionali riguardanti la sicurezza della nave, della navigazione, della vita umana in mare e la salvaguardia dell’ambiente marino sono promosse dall’IMO.

61

Firmata a Londra il 1.11.1974 ed entrata in vigore il 25.5.1980;

62 Firmata ad Amburgo il 27.4.1979 ed entrata in vigore il 22.6.1985; l’autorità responsabile per l’applicazione della Convenzione SAR è il Ministro dei trasporti, mentre l’organizzazione centrale e periferica è affidata al Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto ed ad relative strutture periferiche.

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27

con gli altri Stati interessati.

Tuttavia proprio questa sua natura si è rivelata un aspetto problematico, in quanto “require a proper implementation by States parties and need the conclusion of regional or bilateral agreements concerning the delimitation of SAR zone and the coordination of their activities”63. D’altronde tali zone non corrispondono necessariamente con le frontiere marittime esistenti e la loro delimitazione non pregiudica il regime giuridico delle acque secondo l’UNCLOS.

Per quanto riguarda il mar Mediterraneo nel corso della Conferenza IMO di Valencia del 1997 è stato approvato il General Agreement on a Provisional SAR Plan64 stabilendo i limiti delle zone SAR mediterranee. Tuttavia i problemi non sono mancati e la discussione tra gli Stati del Mediterraneo centrale si è rivelata senza un punto di arrivo65: l’Algeria e la Libia erano assenti; Malta ha rivendicato unilateralmente un’enorme zona SAR senza tuttavia disporre di mezzi per svolgere operazioni di soccorso66; Malta e Italia hanno dichiarato una zona SAR parzialmente complementare67.

Nel 2004 l’IMO ha adottato due emendamenti68 alle Convenzioni SOLAS e SAR, finalizzate a preservare l’integrità dei servizi di ricerca e soccorso, garantendo che le persone in pericolo in mare vengano assistite e, allo stesso tempo, riducendo al minimo gli inconvenienti per la nave che presta assistenza. In particolare tali modifiche hanno lo scopo di assicurare che all’obbligo del comandante della nave di prestare assistenza, faccia da complemento un corrispondente obbligo degli Stati di cooperare nelle situazioni di soccorso, sollevando il comandante dalla responsabilità di prendersi cura dei sopravvissuti e consentendo agli individui che vengono soccorsi in mare in simili circostanze di essere prontamente trasferiti in un luogo sicuro69.

Tuttavia Malta non ha accettato gli emendamenti e in ogni caso gli Stati responsabili delle zone SAR non sembrano essere vincolate ad ammettere sul loro territorio le c.d. rescued persons. Ne derivano però conseguenze preoccupanti: ogni Nazione da un’interpretazione della Convenzione SAR a suo piacimento, così come della nozione di

63

Di Filippo M., Irregular migration across the Mediterranean Sea: Problematic Issues Concerning the

International Rules on Safeguard of Life at Sea, in “Paix e Sécurité Internationales”, n.1, 2013, p.5.

64

General Agreement on a Provisional SAR Plan, Valencia, 8-12 settembre. 65

Per un approfondimento si veda Di Filippo, Irregular migration across the Mediterranean Sea, cit., pp.1-24. 66

Malta ha dichiarato una zona SAR di circa 250.000 chilometri quadrati, ossia 750 volte il suo territorio. Si noti che queste anomalie della zona SAR maltese possono essere corrette a seguito di specifici accordi di delimitazione.

67 In particolare la zona SAR di Malta si sovrappone nella parte a Nord e ad Ovest con la corrispondente zona SAR italiana coprendo addirittura le acque territoriali di Lampedusa, Lampione e giungendo a ridosso della Tunisia, creando problemi a questo Paese riguardo alla propria capacità di soccorso.

68

Maritime Safety Commitee Resolution MSC.153(78) e MSC.155(78), adottati nel 20 maggio 2004 ed entrati in vigore il 1° luglio 2006; in particolare è stato rivisto il capitolo 2, 3, e 4.

69

Infatti precedentemente anche quando l’operazione di soccorso è stata portata a compimento, potevano insorgere problemi per ottenere il consenso di uno Stato allo sbarco dei migranti e dei rifugiati.

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“porto sicuro”70, dell’identificazione della situazione che impone assistenza71

; si rivela una tendenza dello Stato responsabile della sua regione SAR a scaricare sia su altri Stati sia sui comandanti della nave l’attività SAR; molte navi preferiscono non adempire i loro obblighi, evitando così costi e ritardi dati dall’incertezza di dove sbarcare i migranti. A Marzo 2010 è stata discussa in sede COMSAR (Sub-Committee on Radiocommunications and Search and Rescue) e bocciata72 la proposta di aggiungere nuovi emendamenti, da parte di Spagna e Italia, alla Convenzione SOLAR e SAR al fine di “consider new measures that guarantee a rapid disembarkation of persons rescued at sea”73; infatti, come si legge nel documento, in molte occasioni in zone SAR “responsible Countries have neglected their duties” e “the Governments responsible for the SAR regions, where persons have been rescued, have failed to provide a safe place for their disembarkation”.

Tuttavia aspetto controverso è il luogo in cui le persone soccorse devono essere sbarcate nel caso in cui lo Stato competente per la regione SAR non rispetti i suoi obblighi. In particolare nello stesso anno il Consiglio non ha approvato la proposta di attribuire un valore vincolante74 all’elaborazione della Commissione di un progetto per integrare il codice Schengen nella parte relativa alla sorveglianza delle frontiere marittime affidata a Frontex75, al fine di assicurare una uniformità di trattamento a livello europeo in particolare quando le operazioni di sorveglianza siano condotte dall’Agenzia. Le nuove linee guida elaborate prevedono che lo sbarco dei migranti soccorsi deve avvenire nel Paese che ospita l’operazione Frontex, anche qualora lo sbarco in un Paese terzo non sia possibile76. Quindi sembra proprio che, qualora ci sia una scarsa collaborazione con i Paesi di origine e di transito, la responsabilità ricada su i Paesi che ospitano l’operazione.

Nel 2010 in un incontro in sede COMSAR, la Maritime Safe Committee (MSC)77 ha stabilito che l’IMO “should act as a focal point for co-ordinating proposed amendments

70

Per un approfondimento si veda Di Filippo, Irregular migration across the Mediterranean Sea, cit., pp.1-24. In particolare secondo gli emendamenti del 2004 il place of safety, in cui sbarcare i migranti, va individuato tra i porti del Paese che è titolare della zona SAR.

71 La Convenzione SAR stabilisce che qualora sorgano dubbi sulla sicurezza di una nave o sull’incolumità di una persona a bordo, devono essere contattate le autorità SAR per trasmettere tutte le informazioni necessarie per stabilire se sussista una situazione SAR.

72

Doc. COMSAR 14/17, Report to the Maritime Safety Committee, 19.3.2010.

73 Doc. FSI/71/15/1, Compulsory Guidelines for the Treatment of Persons Rescued at Sea, 13.2.2009. In particolare si chiedeva che “The Contracting Government responsible for the search and rescue region, where the

rescue operation takes place, shall exercise primary responsibility for ensuring that such coordination and co-operation occurs, so that the persons rescued at sea are disembarked from the vessel involved in the rescued operation and delivered to a place of safety under its control, where persons rescued at sea can have timely access to post rescue support”

74

Decisione n.2010/252/UE del Consiglio del 26.04.2010. 75

Per un approfondimento sul ruolo di Frontex si veda nel capitolo 4 il sotto-paragrafo 4.2.3. 76

Durissima è stata la reazione di Malta che tuttavia ha ospitato l’operazione Nautilus IV, pretendendo che le operazioni di sbarco vengano fatte nei posti più vicini (ossia a Lampedusa o in Sicilia).

77 Doc. MSC 87/26,

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29

to the Safety recommendations” e in particolare la Segreteria IMO “should undertake to receive any proposed amendments, to distribute them to the Organizations and to collate their respective comments”. Dopo un incontro nel 2010, nella prima metà del 2011 in un meeting tra Malta, Spagna e Italia si è fatta avanti la proposta di elaborare un accordo a livello regionale sulle procedure di sbarco dei migranti soccorsi, come un pilot scheme che può servire da guida non solo alle regioni del Mediterraneo ma anche di altri

continenti. Durante altri incontri nel 2011, nei quali ha partecipato tale consultation group, è stato deciso di includere tra i partecipanti anche Organizzazioni internazionali e regionali78 e altri Stati mediterranei ed inoltre tale gruppo di Stati ha espresso la volontà di sottoscrivere un accordo regionale nella forma di Memorandum of Understanding (MoU)79.

Anche se un Trattato regionale che risponda meglio alle esigenze degli Stati, sembra poter risolvere e chiarire in un futuro queste questioni, anche con l’ausilio di Organizzazioni Regionali e Internazionali, ad oggi rimane però accesa la controversia tra gli Stati membri UE. Infatti la questione dell’immigrazione irregolare via mare è una questione alquanto delicata da gestire e anche l’UE non sembra avere un deciso potere contrattuale con i Paesi di origine e di transito dei flussi migratori80.

Inoltre altre questioni non aiutano: i testi delle Convenzioni SAR e SOLAR sono ambigui riguardo a molte questioni; le sempre più numerose operazioni SAR creano controversie tra gli Stati; i Paesi di destinazione hanno sempre più difficoltà evidenti nello stabilire accordi con Paesi terzi; le politiche adottate negli ultimi anni dagli Stati membri e dall’UE nei confronti di cittadini di Stati terzi sono sempre più restrittive; il sistema Dublino81 aumenta la possibilità che siano sempre più i Paesi situati alle frontiere esterne ad esaminare la domanda di asilo, con l’annessa responsabilità degli oneri connessi all’accoglienza dei richiedenti82

.

Ma gli interessi economici sono molti, tanto che sembra che il controllo all’immigrazione sia anche legato ad una questione meramente economica: più sono i

78

Doc. MSC 89/INF.23, 12.04.2011. 79

Si veda Doc. FAL 37/WP.1, 9.09.2011. A questo proposito si è tenuto un primo incontro a febbraio 2012 al quale hanno partecipato la Segreteria IMO, la Gran Bretagna e i Paesi mediterranei (Algeria, Cipro, Francia, Grecia, Italia, Libano, Malta, Marocco, Spagna, Turchia); sebbene un secondo incontro dovesse tenersi ad aprile 2012, la Segreteria Generale IMO ha posticipato l’incontro a data da definirsi.

80

Questo argomento verrà affrontato nella parte II.

81 Convenzione di Dublino, firmata il 15.6.1990 ed entrata in vigore l’1.8.1997, sulla determinazione dello Stato competente per l’esame della domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri UE.

82

Lo Stato viene individuato sulla base dei seguenti criteri: lo Stato dove hanno ricevuto il rifugio determinati familiari, lo Stato che ha già rilasciato al richiedente un titolo di soggiorno o un visto ad altri fini, lo Stato in cui per primo il soggetto ha fatto ingresso regolarmente o irregolarmente. Se una domanda si asilo viene presentata ad uno Stato membro non competente, il richiedente asilo viene trasferito verso lo Stato competente senza un esame nel merito della sua richiesta.

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30

chilometri delle zone SAR dichiarate maggiori sono i finanziamenti erogati dall’FFE83. Eppure la priorità dovrebbe rimanere quella di far sì che gli Stati assumano comportamenti responsabili nei confronti di rifugiati e ai richiedenti asilo.

Inoltre questione controversa è anche la coincidenza tra la zona SAR e la Flight Information Region84 (FIR); nessuna norma internazionale stabilisce la coincidenza tra zona SAR ed area FIR e la definizione dei confini delle FIR avviene normalmente per accordo tra gli Stati interessati nell’ambito dell’ICAO. Nel Mar Mediterraneo a tale proposito è aperto un contenzioso tra Grecia, assertrice di tale corrispondenza, e Turchia, che sostiene invece di avere diritto nel Mar Egeo ad una zona SAR più ampia della propria FIR85; dal canto suo Malta ha dichiarato una zona SAR corrispondente con la zona FIR.

83

Decisione n.573/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23.5.2007, che istituisce il Fondo delle Frontiere Esterne per il periodo 2007/2013, nell’ambito del programma generale “Solidarietà e gestione dei flussi migratori”. Le risorse annuali del FFE sono ripartite fra gli Stati membri come segue: 30 % destinato alle frontiere terrestri esterne, 35 % alle frontiere marittime esterne, 20 % agli aeroporti e 15 % agli uffici consolari.

Frontex elabora i criteri di ponderazione e presenta ogni anno una relazione sull'analisi dei rischi incontrati dagli

Stati membri relativamente al loro compito di controllo e di sorveglianza delle frontiere esterne. 84

Per FIR si intende un’area dello spazio aereo internazionale in cui, sulla base della Convenzione di Chicago del 1944 sull’aviazione civile internazionale e delle prescrizioni dell’International Civil Aviation Organization (ICAO), è previsto che gli aeromobili comunichino allo Stato costiero informazioni sul proprio piano di volo al fine di salvaguardare la sicurezza del traffico aereo. L’obbligo di fornire tali informazioni riguarda solo gli aeromobili civili e non militari.

85

La Grecia ha infatti istituito una zona SAR di propria giurisdizione che comprende tutte le zone di acque internazionali dell’Egeo, oltre alle acque territoriali greche, secondo il criterio di far coincidere la zona del SAR marittimo con quella del SAR aereo ricadente nella propria FIR. La Turchia, per parte sua, ritiene invece che la propria giurisdizione SAR si estenda sino alla metà dell’Egeo.

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31 Figura 1. Plazas de soberanía.

Fonte: Wikipedia.org

Figura 2. Jurisdicciones marítimas en el Estrecho de Gibraltar.

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