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PRESENTE E FUTURO IN CARTELLONE

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Academic year: 2021

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C

APITOLO

IV

P R E S E N T E E F U T U R O

I N C A R T E L L O N E

«Il presente sarebbe pieno di tutti i futuri, se il passato non vi proiettasse già una storia.»

(A. Gide)

4.1 «Questa o quella…..» pari non sono

Lo spaccato fornito dalla presentazione delle tre realtà istituzionali mostra chiaramente il guado che in questo particolare momento storico-istituzionale il settore delle arti rappresentate sta attraversando. Il cambiamento che ormai è inequivocabilmente necessario sembra anche essere impossibile: il modo di intendere la mission ed il sistema delle attività necessarie per realizzarla sono intrappolati in logiche così refrattarie alle necessarie modifiche da rendere queste ultime inapplicabili se non causando un vulnus fatale alla sopravvivenza stessa delle istituzioni.

Il fattore mercato ed il fattore innovazione, già endemicamente posti in rapporto di trade-off per questo settore, nella realtà italiana sono stati messi in aperto e dichiarato conflitto, quasi senza lasciare alcuna possibilità di mediazione. Dato questo stato di cose, tuttavia, esistono diversi modi di vivere in un ambiente con simili caratteristiche socio-culturali ed istituzionali.

Le tre realtà presentate evidenziano che l’unico canale di innovazione che questo settore presenta è dato dal grado di interazione-integrazione con il territorio in cui l’istituzione opera. L’Associazione “Arena Sferisterio” è innanzitutto un’istituzione culturale, un’organizzazione la cui attività è finalizzata alla produzione di spettacoli ad elevato

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202 livello artistico di carattere musicale, teatrale e ballettistico; poi, solo incidentalmente, o almeno in seconda battuta si inserisce nel tessuto sociale e produttivo in cui opera. La stagione operistica è quasi una caratteristica immanente di quel territorio anche perché questo ruolo era perfettamente allineato con la concezione presente (ante crisi) nella legislazione e nella motivazione dei finanziamenti.

Il “Rossini Opera Festival” invece nasce come una struttura costruita con le pietre sociali ed economiche, oltre che, naturalmente, istituzionali e culturali del suo territorio. Prova ne è che l’evento culturale è concepito non solo come situazione di produzione e di diffusione culturale, ma anche come occasione in cui potrebbe trovare (e, di fatto, trova) espressione tanta parte delle diverse realtà che caratterizzano il territorio. Di contro l’evento stesso è nato e si è poi sviluppato perché le caratteristiche territoriali erano congeniali sia alla sua creazione ed organizzazione sia, anche, al suo successo: c’è insomma un continuo rapporto di scambio che fa del “Rossini Opera Festival” l’evento che fin dalle sue prime edizioni ha potuto allargare il suo raggio d’azione anche al di fuori del territorio, intessendo una proficua e sempre più ricca rete di collaborazione con altre istituzioni europee ed impegnandosi con successo nella realizzazione di altri eventi e progetti culturali. Anche in questo caso, nel modellare la fisionomia dell’istituzione è intervenuto il sistema dei finanziamenti che si connota appunto come un vero sistema, alla costituzione del quale hanno concorso sia variabili pubbliche sia variabili private. E’ così che già dall’inizio il Festival si presenta come la manifestazione che in Italia, insieme all’Arena di Verona, ha il maggiore ammontare di introiti pubblicitarî oltre ad essere stabilmente legato ad uno sponsor e quindi ad avere tutti i vantaggi che a livello di marketing ed a livello di valorizzazione questa situazione comporta.

Valori questi a cui il “Festival Puccini” sta arrivando in modo sempre più compiuto, avendo trovato capacità gestionale e convinzione per cercare di affrancarsi dalle logiche non-gestionali presenti nelle prime trenta edizioni del Festival. La spinta e la motivazione iniziali per la creazione del Festival erano senza dubbio molto forti, ma sono mezzi ormai insufficienti per superare gli ostacoli sempre più impegnativi posti dalle spinte e dalla forza dei cambiamenti ambientali ed istituzionali. Anche in questo caso il nuovo punto di partenza è stato fornito da una ben amalgamata visione del patrimonio culturale con la situazione socio ambientale da cui quel patrimonio ha preso forma. Ecco quindi gli sforzi per cercare di creare nuove sinergie, per cercare di costruire un soggetto con una fisionomia e delle capacità operative tali da renderlo un referente per tutte le possibili domande provenienti dagli attori sociali: per far questo si

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203 è innanzitutto lavorato per dare all’organizzazione un’immagine credibile per la concretizzazione del progetto culturale. L’attenzione alla coerenza fra l’importanza ed il prestigio dell’evento ed il soggetto che con la sua attività quell’evento organizza e valorizza è stata senz’altro un valido fondamento per dare crescente solidità negli sviluppi successivi, quando si è cercata, e trovata, una nuova platea ed altri ambienti socio culturali dove le melodie pucciniane potessero risuonare. Ne è scaturito un circolo virtuoso in cui sono stati attirati anche altri soggetti, cioè un insieme di stakeholder ai quali il Festival si è presentato come un evento di produzione culturale. Il Festival si è così arricchito di quelle caratteristiche che vengono considerati come elementi critici da valutare per i soggetti sociali che vogliono dialogare con l’istituzione per essere coinvolti nell’evento culturale.

Questo ha costituito un confronto con una pluralità di referenti e quindi una iniziale diversificazione del sostegno finanziario. Certamente solo embrionale, però ora c’è una discreta lista di soggetti più o meno importanti del tessuto socio-economico che hanno scelto di costruire un rapporto duraturo con la fondazione e di non limitarsi soltanto ad una fuggevole visita testimoniata soltanto dal logo impresso sui pannelli pubblicitarî che verranno riciclati nell’edizione successiva. Di contro la Fondazione, pur incontrando queste realtà in una situazione non contigua al mondo artistico-musicale, si è preoccupata di farlo utilizzando il loro stesso linguaggio, quello di vicinanza al fruitore-spettatore. La “resurrezione” del Festival di torre del Lago, come peraltro emergerebbe dal colloquio con uno dei partner dell’istituzione culturale1, è coincisa con l’ingresso di un nuovo gruppo dirigente, artistico e gestionale, che ha saputo rendere funzionale alla crescita della Fondazione il nutrito bagaglio relazionale di cui era portatore. Affinché questa funzionalità fosse pienamente operativa e (almeno potenzialmente) completa, però, l’ampiezza e la qualità degli scambi con i diversi stakeholder hanno dovuto avere una diversa connotazione: insomma accanto al “sovoir faire” ed alla cordialità tipici delle pubbliche relazioni si sono occupati anche spazî negoziali diversi, dove hanno rilevanza anche i punti di vista, diciamo, un po’ meno artistici. Attualmente, anche le operazioni di filantropia non sono semplici e disinteressate elargizioni ma, tranne forse che per il ritorno finanziario, vengono trattate come dei veri e proprî investimenti

1 Il dott. Petrozziello, responsabile per le relazioni esterne alla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca,

ha indicato nel nuovo stile di comunicazione impresso dal Direttore Generale della Fondazione un fattore strategico fondamentale per il futuro andamento dell’attività culturale.

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204 presidiati da appositi sistemi di monitoraggio2.

Ora, sebbene non sia esplicitamente emerso nel corso dei colloquî, si può intuire che nel caso in cui lo stakeholder partecipi all’assemblea dei socî o addirittura sia inserito nel C.d.A. la sua influenza nel plasmare e nel «colorare» certi aspetti della gestione possa essere, informalmente ma senza dubbio sostanzialmente, assai più rilevante. Tale rilevanza tuttavia non deve ricondursi tanto alla formulazione di una vera e propria strategia quanto piuttosto a dare un taglio più gestionale al più importante focus artistico per guidare così tutta l’attività artistica su binarî che meglio si confanno ad una visione economica o, almeno, a fare in modo che questa attività non deragli molto da certe direttrici economiche e sociali.

Preme ribadire che questo comportamento non è stato esplicitamente riferito da nessuno degli interlocutori contattati, tuttavia si evince chiaramente da una frase che, in forme diverse ricorreva in ogni colloquio: «La nostra Fondazione finanzia soltanto, non si occupa della gestione!» Poi però incrociando questa frase con altre si scopre che le richieste di finanziamento sono tante e, fra queste, quella del festival lirico non è certo la più remunerativa a livello pubblicitario o a livello di maggiore penetrazione sociale… però… però… la manifestazione rappresenta un volto importante del territorio, ha grande capacità distintiva e quindi viene finanziata3. Il finanziamento, perciò, è legato non solo al valore artistico, ma soprattutto alla forza della sua percezione ed alla sua capacità di essere, non solo in potenza ma anche in atto, una buona attività.

L’unica fondazione privata, la Fondazione Scavolini, ha come movente della sua azione quello di essere parte di un circuito virtuoso, in cui ci sia la possibilità di restituire alla società la linfa e le energie che l’azienda di cui è emanazione riceve sotto forma di risorse infrastrutturali, umane e sociali. E’ palese, quindi, che se il coinvolgimento e l’impegno nel R.O.F. non fosse uno strumento per contribuire al funzionamento di questo circuito probabilmente (anzi, sicuramente) la Fondazione ne prenderebbe le distanze. Anzi si potrebbe meglio dire che questo avverrebbe anche se questa non fosse migliore di tutte quelle possibili, come prova il comportamento della Fondazione Sanpaolo che, nel 2004, ha diminuito il suo apporto perché il più importante evento delle Olimpiadi Invernali di Torino aveva la precedenza. In questa decisione ha

2 Come emerge dal bando di accesso ai finanziamenti, la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca

subordina la concessione dei suoi contributi all’identificazione di una gestione caratterizzata in un modo non burocratico, improntata a criterî di chiarezza e trasparenza e, soprattutto, dove le particolari circostanze lo richiedano, alla presenza di un’adeguata attività promozionale.

3 Quanto appena descritto è emerso nel corso del colloquio con la sig.ra Rita Vannini dell’Ufficio

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205 certamente pesato il fatto che le Olimpiadi si svolgessero a Torino, città dove l’istituto bancario ha la sua sede centrale oltre al grande prestigio dell’evento in sé. Tuttavia da quanto è accaduto i responsabili del R.O.F. hanno potuto trarre informazioni preziose sulla tipologia e la misura dell’ambiente in cui oggi la loro istituzione è chiamata ad operare.

E’ quindi anche dal tipo di interlocutori con cui si relazionano che queste istituzioni vengono plasmate e ricevono input per modulare il loro comportamento ed interpretare la loro mission. Questi input alla luce dei fatti risulta essere assai importante perché, in mancanza di altri punti di riferimento e con il brusco venir meno di agevoli fonti di finanziamento, è uno dei pochi modi validi che le istituzioni culturali hanno per assorbire il cambiamento ed apprendere un nuovo “modus operandi”.

Dove questo input manca, o almeno non si presenta con queste caratteristiche, il cambiamento diventa un fatto traumatico, che mette l’istituzione in una situazione di pericolosa emergenza. L’Associazione “Arena Sferisterio” solo nell’ultimo anno ha avuto un contratto con uno sponsor rappresentato da un’azienda privata; precedentemente l’unico rapporto di carattere finanziario di una certa rilevanza era stato quello con la Fondazione «Cassa di Risparmio di Macerata», ma soprattutto per l’impostazione gestionale dell’Associazione il rapporto fra le due istituzioni è stato molto scarno, basato principalmente “sulla presa d’atto dell’esistente” piuttosto che sullo stimolo all’implementazione di nuovi sviluppi.

Anche da questa ultima considerazione sembra emergere sempre più palesemente che, con l’evidente eccezione di quelli finanziarî, non sono certo i mezzi da gestire che mancano alle istituzioni, a nessuna delle istituzioni. Anche se con il mix diverso che deriva a ciascuno dalla propria storia, ognuno dei casi presentati propone caratteri ambientali interessanti, che poi a ben guardare sono proprio quelli che hanno giustificato la loro genesi. Il maggiore deficit e la maggiore differenza pertanto si registrano nell’azione gestionale e nello sforzo relazionale che peraltro, almeno per quanto riguarda le tre realtà considerate, non avrebbe uno stretto legame con il patrimonio culturale da gestire.

Se si considerano le logiche e gli strumenti operativi proposti dalla dottrina per un’azione che sia veramente gestionale ed innovativa, questi risultano quasi deformati quando vengono osservati nell’ambito di queste istituzioni.

Rispetto a quanto detto sui benefici dell’uso delle nuove tecnologie si deve rilevare non solo che, come è facile arguire, la loro introduzione non è di per se stessa apportatrice di

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206 vantaggi, ma che anche un loro impiego marginale può non incidere negativamente. Per quanto riguarda il primo aspetto si può prendere ad esempio la vicenda dell’Associazione «Arena Sferisterio», che è stata fra le prime istituzioni culturali ad avere un sito internet il cui link compariva nei siti delle amministrazioni locali. Il navigatore, potenziale fruitore culturale, quindi, veniva contattato e “stimolato” in parecchie occasioni, ma poi l’interesse suscitato non riusciva a trovare adeguata e pronta soddisfazione. Il sito infatti aveva serî problemi nel download e alla fine non era neanche in grado di compensare la pazienza dell’utente con informazioni esaurienti ed aggiornate sull’attività dell’Associazione, neutralizzando così tutti i benefici attuali e futuri di questo tipo di contatto. Il tempo perso e, conseguentemente, le opportunità mancate sono notevoli ma lentamente la situazione è via via migliorata, con l’aggiornamento della gestione artistica e di pari passo con la maggiore attenzione all’aspetto socio-economico anche l’utilizzo di questo strumento è più mirato: ci sono frequenti restiling e gli aggiornamenti sono più tempestivi.

Speculare a questa situazione è invece il caso della Fondazione R.O.F. . Il sito di questa istituzione tecnicamente molto ben costruito, non presenta però molti collegamenti diretti con altri siti istituzionali, né propone link utili al navigatore per descrivere il sistema della pararte in cui essa si colloca. Inoltre non tutte le parti sono aggiornate in modo tempestivo e ricevono stessa cura ed uguale attenzione. Anche in questo caso la gestione segue una logica “demand pull” o meglio “firm demand pull”: vale a dire che l’istituzione, una volta accertata la forza del proprio prodotto e la propria credibilità presso il pubblico, utilizza la tecnologia proprio dove e nella misura in cui non può più farne a meno. Da qui una grande tempestività nella presentazione del cartellone, uno spazio per l’acquisto o l’affitto degli allestimenti ed una sezione molto curata dove vengono proposte agli appassionati ben due tipi di modalità con cui rafforzare il legame con l’istituzione, corredata dall’esposizione di tutta la relativa legislazione fiscale; mentre la biglietteria elettronica, avendo l’istituzione grande afflusso di pubblico, è stata adottata solo in tempi molto recenti (per ultimo fra le istituzioni presentate) e, comunque, con un utilizzo molto contenuto.

Il R.O.F., nell’adottare le nuove tecnologie di marketing non si fa guidare dalle opportunità offerte dal nuovo strumento quanto piuttosto dalla capacità dello strumento di dare soluzione a problemi o colmare le esigenze che, di volta in volta, possono sorgere nel corso del continuo confronto dell’istituzione con la comunità di riferimento, in generale, e con i suoi stakeholder, in particolare.

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207 La Fondazione di Torre del Lago invece usa la tecnologia per accompagnare il suo percorso strategico di crescita. Si rileva perciò che il suo sito, così come gli sforzi e le risorse a livello di management, è fortemente orientato alla comunicazione ed alla costruzione della rete di relazioni su cui innestare un sistema di sinergie funzionali allo sviluppo dell’istituzione stessa. Questo significa che, mentre per l’istituzione di Pesaro la tecnologia è un ponte da gettare solo dopo aver accertato la presenza di un interlocutore, la Fondazione Festival Puccini utilizza la tecnologia come possibile ponte verso le opportunità future, magari ancora in fieri.

Del resto il momento in cui c’è il confronto con le opportunità future si presenta in modo diverso dalla prassi teorica anche sotto molti altri aspetti. Per esempio tutte le questioni relative alla costruzione di una sinergia con tutto il “sistema della pararte” è stato parecchio trascurato: in nessuno dei colloquî è stato citato un momento di confronto di carattere politico-strategico con le istituzioni di altri comparti sociali o culturali. In tutti i casi i confronti sono di carattere finanziario: per quanto riguarda le strategie e “il cosa” e “il come” fare niente viene detto: c’è uno stato di cose esistente e le istituzioni si inseriscono in questa situazione. Poi certo c’è modo e modo di accordarsi: cercando di mantenere una certa identità gestionale e continuando ad avere la forza di cercare dei referenti a cui formulare proposte valoriali oppure stando arroccati sulla propria “cittadella culturale” ad aspettare la concessione di uno spazio. Tutto dipende dalla configurazione del management gestionale e dal suo modus operandi.

A prima vista sembrerebbe che una dirigenza più vicina all’amministrazione pubblica locale, o addirittura confusa con essa, sia strategicamente più efficace nella creazione di sinergie e nella capacità di fare sistema con gli altri soggetti della realtà sociale ed economica, anche perché, da un punto di vista operativo, la pronta disponibilità di informazioni più corrette dovrebbe portare conseguentemente ad azioni più tempestive ed efficienti. Invece dall’osservazione delle tre istituzioni emerge che, quando il management non aveva una sua identità ed una sua fisionomia ben definita e distinta, la mission, che nella sua parte artistica continuava ad essere esaurientemente conseguita, a livello sociale era profondamente mortificata. Il R.O.F., partito come evento culturale organizzato dal Comune e poi trasformato in ente, non appena ha percepito che la commistione lo stava fagocitando nelle logiche burocratiche dell’amministrazione pubblica si è subito distinto, marcando questa sua distinzione con l’ingresso di istituzioni non-profit private e delineando bene percorsi strategici che, sempre vigilando

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208 sulle vicende territoriali, erano costruiti prevalentemente seguendo logiche operative non burocratiche. Questo approccio, risultando premiante proprio per un miglior conseguimento della mission, ha dato un contributo decisivo affinché il lavoro culturale del R.O.F. ricevesse l’attenzione finanziaria delle istituzioni statali per il cui ottenimento fosse a sua volta necessario adottare una gestione, se non aziendale, almeno attenta al mantenimento dell’equilibrio finanziario4. Le altre due istituzioni invece non hanno saputo percepire questa commistione come un fatto dannoso, che le imbalsamava ulteriormente nella loro logica autoreferenziale, poiché non erano consapevoli di aver bisogno di ciò che quella situazione toglieva loro: una identità organizzativa e la possibilità di elaborare autonomamente strategie funzionali alla propria affermazione ed alla propria crescita. Hanno ostinatamente continuato ad imporre una fisionomia che si scontrava con le esigenze dei cambiamenti in atto.

Questo tacito scontro alla fine per l’istituzione di Torre del Lago si risolve in una «ri-fondazione» caratterizzata soprattutto da un mutamento a livello di dirigenza e da un rinnovato atteggiamento nelle logiche operative.

L’Associazione di Macerata invece ha stentato ad adeguarsi e, quando l’ha fatto, ha seguìto i tempi e le modalità dettati dalla grave urgenza finanziaria. Perciò, mentre la formulazione delle strategie è rimasta in mano alla stessa categoria di soggetti, la parte artistica è stata interessata da rilevanti cambiamenti nei flussi di attività e nel sistema dei ruoli così da delineare, a livello artistico-operativo, un assetto strategico caratterizzato da una migliore ripartizione delle responsabilità ed una migliore rispondenza al potere decisionale. Il direttore artistico è maggiormente presente nel corso della realizzazione del progetto artistico approvato dal C.d.A.: non si occupa più soltanto della parte artistica ma si cura di predisporre anche i primi raccordi dell’allestimento e di tutte quelle attività che lo sostengono e lo modellano. Il direttore artistico, oltre ad essere una presenza propositiva negli accordi e nei contatti con eventuali sponsor od altre organizzazioni del tessuto sociale, insieme al direttore tecnico ed al direttore amministrativo, partecipa attivamente alla distribuzione delle risorse ed alla loro eventuale redistribuzione affinché la risoluzione dei problemi che eventualmente si presentassero non comprometta la resa artistica dell’intero progetto. Nella Fondazione «Festival Puccini» la fase della negoziazione di tempi e risorse assume un carattere molto più collegiale, anche perché, grazie al fatto che le linee

4 Con i dettami della legge 237/99 la Fondazione del R.O.F. diventa un ente finanziato in via ordinaria

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209 strategiche sono meglio imbrigliate nelle due figure chiave del direttore generale e del direttore artistico, l’autonomia lasciata agli altri attori si muove su uno spazio dove comunque la valenza artistica prospettata non viene intaccata.

Le stesse corrispondenti figure chiave sono presenti anche nella Fondazione R.O.F.: qui sono il sovrintendente ed il direttore artistico. Mentre nella Fondazione di Torre del Lago le due figure sono poste su un piano paritario, nella Fondazione di Pesaro, forse anche per ragioni “storiche”, il sovrintendente rappresenta uno snodo fondamentale per l’elaborazione e l’attuazione di ogni linea strategica, anche per quelle a carattere artistico-musicale che prendono le mosse dalla professionalità del direttore artistico. In quest’ultimo caso tutta l’ingegneria di ogni processo strategico ha sempre l’impronta del sovrintendente che raccorda ogni sua parte, da un lato, con gli organi decisionali posti a monte, dall’altro, con tutti i soggetti operativi destinatari delle istruzioni gestionali. Ad entrambe le situazioni organizzativo-manageriali, sebbene differenti, corrisponde tuttavia una situazione strategica e gestionale parecchio vivace nei confronti delle opportunità e delle sfide future, ed una notevole capacità interlocutoria nei confronti delle altre realtà territoriali.

Nonostante il sovrintendente del R.O.F. si affretti a precisare che in nessuna stagione il programma della manifestazione è stato dettato dalle esigenze commerciali5 degli operatori turistici, non dimentica di rimarcare quanto indotto crei quella particolare espressione di mission culturale e come la sua crescita abbia dato una spinta anche alla crescita di tutta l’economia locale6. E’ vero, la situazione territoriale favorevole, dovuta alla particolare connotazione turistica della zona, è preesistente al Festival, ma il Festival ha saputo impreziosirla, darle una connotazione positiva in più, ha fatto sistema.

Ancora più interessante è quello che sta avvenendo a Torre del Lago dove la piena coscienza del proprio ruolo sociale e la vigile considerazione della mission culturale hanno reso la Fondazione il costruttore di un contesto di offerta culturale a vocazione turistica, ma di seria e profonda matrice scientifico musicale. In questo caso l’istituzione è il capofila del sistema e si pone non solo come referente culturale ma anche come

5 «Se posso riferirmi all’esperienza del R.O.F., devo dire che nessuna attenzione fu posta, in partenza, agli

aspetti turistici e commerciali dell’operazione, che si resse invece esclusivamente sulle sue sante motivazioni artistiche e culturali.» Si veda MARIOTTI G. (2000): p. 81. E ancora: «E’ stato calcolato che nel nostro caso l’indotto ha superato nel 1995, secondo stime prudenti, i 20 miliardi di lire.» Si veda Relazione del press-book del 1996 in L. M. SICCA (1998): p. 183.

6 Del resto l’istituzione del Ministero del Turismo e dello Spettacolo, abolito con il referendum del 18

Aprile 1993, era basata sulla logica che dovesse essere il turismo a far da traino allo spettacolo e non viceversa. Cfr. A. MAZZAROLLI (1995): p. 206.

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210 soggetto strategico nella guida alla costruzione del “sistema della pararte”. Questa operosità ha rafforzato la sua immagine e, soprattutto, gli ha dato la credibilità di presentare con successo diversi spunti innovativi che il suo pubblico ha accolto con favore. Ma forse l’aspetto più importante, vista la doppia valenza economica e culturale, è rappresentato dal fatto che l’innovazione artistica elaborata nelle sue produzioni riceve notevoli riconoscimenti all’estero, confermandola così come soggetto esportatore di cultura. Ed è solo grazie alla lucidità con cui porta avanti la sua visione strategica che è riuscita anche ad essere medium di formazione e sensibilizzazione culturale7.

Situazione opposta si osserva invece a Macerata dove lo Sferisterio non si è ancora ben integrato con il contesto sociale, considerando sufficiente proporre una produzione culturale di alta qualità, imputando così tacitamente ai possibili referenti la «responsabilità» della loro mancata risposta. Il risultato di questo comportamento alla lunga è diventato paradigmatico della crisi presente in tutto il comparto. Alla fine, dopo anni di produzione artistica di alto o addirittura altissimo livello, con allestimenti puntualmente rinnovati, il vento della crisi ha coinvolto anche il perseguimento della mission artistica. Le produzioni, sebbene ancora di alto livello, sono diminuite in tipologia e quantità8 e, anche quando la strategia ha indirizzato la produzione verso un repertorio raffinato ed originale, che ha addirittura ricevuto il supporto del «passaparola» della platea9, la crisi non è stata scongiurata. Probabilmente l’errore è nell’impostazione della dirigenza che, quasi rifiutandosi di gestire, si concentra soprattutto sul “cultural core” della produzione artistica e per la resurrezione dello Sferisterio punta tutto sulla grande notorietà del nome artistico. Anche se poi, quando le luci della ribalta si sono spente, pretende di recuperare la valenza socio-economica dell’evento cercando di valutare l’impatto sul sistema con studî mirati ed indagini sull’affluenza. Dallo scorso anno, dopo il grido disperato dell’amministrazione comunale ed un approccio diverso anche alla parte produttiva, teso a sintetizzare meglio l’aspetto artistico e quello artigianale presenti nella produzione, la manifestazione è riuscita a presentarsi al pubblico in modo più intelligibile e chiaro, ha rinnovato un po’ la sua identità ed è ritornata ad una variazione di generi che da tempo la cieca rincorsa ai finanziamenti pubblici aveva allontanato dal palcoscenico dello Sferisterio.

7 Ci si riferisce al progetto per le scuole. 8

Non bisogna dimenticare che l’Associazione «Arena Sferisterio» è un teatro di tradizione!

9 Nei due anni in cui è stata direttore artistico Katia Ricciarelli, è stato proposto un repertorio insolito, con

un cartellone prevalentemente basato su opere raramente rappresentate, che meravigliarono gli spettatori mettendo in moto un passaparola che fu un grande traino per l’acquisto dei biglietti, ma poi piovve ed alcune recite furono cancellate!

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211 Se si confrontano i rapporti delle tre istituzioni fra i risultati della loro azione e la propria mission è empiricamente evidente come l’interpretazione conservativa e chiusa di concetti equivalenti anziché preservare la cultura e la sua diffusione la costringano negli ambiti meccanicistici delle cifre e degli standard. Considerando la griglia di

posizionamento del prodotto e la griglia di definizione degli scope del prodotto10 si nota che se per lungo tempo la produzione dell’ Associazione maceratese si poneva a cavallo fra l’area 1 e l’area 2 della prima griglia, poi con il progredire della crisi ha dovuto ripiegare tutta sull’area 1. Sia il R.O.F. che il Festival Puccini, invece, hanno mantenuto e rafforzato le loro posizioni nel corso del tempo, con vantaggi notevoli sia per quanto riguarda la stabilizzazione dell’immagine presso il pubblico, sia la credibilità presso i diversi pubblici che costituiscono tutto l’ambiente di approvvigionamento e partnership.

OFFERTA Spettacolo = Focus su regia e scenografie Musica = Focus su orchestra e direttori Tradizione Innovatività CARATTERISTICHE DISTINTIVE

Fig. 4.1: Griglia di posizionamento del prodotto.

Con riguardo alla seconda griglia emerge un dato ancora più particolare. Il «Festival Puccini» prima della ri-fondazione posizionava la sua location soprattutto nell’area 1, dopo il rinnovo della veste giuridica è riuscito con successo ad estendere la sua attività all’area 3 della location, riuscendo ad avere grande vantaggio per quanto riguarda la comunicazione in tutto il suo bacino di utenza e, grazie alle attività culturali collaterali al Festival, anche a rafforzare la sua immagine in ambito locale. Il R.O.F., invece, che localmente opera quasi elusivamente con il festival, mantiene forte la sua immagine nella zona di appartenenza presentandosi come una variabile distintiva ed attrattiva del territorio mentre àncora la sua immagine all’estero alla sostanziosa attività di co-produzione, scenica e musicale, svolta in collaborazione con grandi teatri europei.

8

Si veda C. CIAPPEI, C. NOSI, I. VANNINO (2002): pp. 20-21.

1 2 4 3 R.O.F. Festival Pucciniano Sferisterio

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212 L’Associazione «Arena Sferisterio» nel corso del tempo spinta dalla crisi finanziaria ha dovuto adeguarsi: mentre qualche anno fa affiancava alla variegata produzione della manifestazione sul territorio, una notevole quantità di esibizioni all’estero, sempre in collaborazione con altre istituzioni musicali, ora l’attività all’estero è praticamente assente ed è aumentato l’impegno sul territorio locale, dove è coinvolta nell’organizzazione e nel circuitare diverse manifestazioni. Il riflesso di questo cambiamento forzoso sull’immagine e la comunicazione però non è stato simmetrico: infatti, mentre l’affievolita presenza sulle scene estere non ha certo giovato, la maggiore presenza sulla scena locale non è riuscita ad avere quel ritorno che ci si sarebbe aspettati. Le iniziative intraprese, ancorché di valore artistico più che apprezzabile, hanno mancato ove di un’adeguata strategia distributiva e promozionale, come la rassegna “Terra di Teatri”,ove di una puntuale gestione economico-finanziaria, come nel caso del “Treno della Lirica”. In quest’ultimo caso l’interessante idea di realizzare un’offerta globale è stata bloccata dall’accumularsi del deficit finanziario; la rassegna “Terra di Teatri” invece che poteva ampliare il raggio di azione spazio-temporale ed a presentare l’associazione come agente culturale del territorio, rimane uno strumento dalle potenzialità inespresse. Come dimostra l’esperienza delle altre due istituzioni, affinché queste iniziative anti-invisibilità funzionino, è necessario che le attività collaterali siano concepite quali strumenti per supportare l’attività principale, come nel caso delle mostre per la Fondazione di Torre del Lago o come nel caso delle coproduzioni del R.O.F., o ancora delle manifestazioni collocate in situazioni spazio-temporali che le convalidino come referenti culturali del territorio. Per quanto riguarda la provenienza degli artisti, componente a più spiccato tasso artistico, tutte e tre le organizzazioni riescono a proporre un’offerta varia ed articolata, segno che comunque tenere in considerazione l’aspetto artistico è condizione centrale ed insostituibile per certe variabili critiche.

Dei titoli poco si può dire sui due festival di Torre del Lago e Pesaro, visto che sono dedicati alla produzione di un solo autore, mentre si presta a qualche considerazione la programmazione dello Sferisterio che, ad un periodo con cartelloni pieni di titoli di grande richiamo, soprattutto nazionali, ne ha fatto seguire un altro in cui si è cercato di proporre una maggioranza di titoli innovativi, che però, lasciati senza un adeguato supporto distributivo e promozionale, non hanno avuto il ritorno che si voleva. Ed è questo un segno tangibile di quanto sia dannoso per queste istituzioni avventurarsi su nuovi ed anche validi sentieri artistici senza aver istaurato un rapporto forte e duraturo

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213 con la comunità locale. Nonostante una parte della platea di queste manifestazioni scelga la manifestazione come occasione turistica, bisogna dire che spesso l’evento “càpita” all’attenzione del turista in modo incidentale: allora è chiaro che avere il sostegno del sistema di offerta locale è di grande vantaggio. La prova della criticità di questa variabile viene proprio dall’analisi delle tre situazioni.

Internazionale

Nazionale

Locale o Regionale

Area di Attività Provenienza Titoli

(Location) Artisti Programmazione

Fig. 4.2: Griglia di definizione dello scope del prodotto.

Fig. 4.1: Andamento del saggio di riempimento delle tre istituzioni.

La presenza e la qualità del gioco di squadra di cui un’istituzione culturale è capace di avvalersi, grazie al sistema di relazioni che ha costruito, è evidenziato anche dal saggio di riempimento, ovvero dalla occupazione dei posti disponibili: l’andamento delle presenze non sarebbe solo in balìa della sensibilità artistica ma sarebbe legato anche al destino degli altri “nodi”, così che la platea è composta dagli appassionati e da spettatori

0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

SFERISTERIO FESTIVAL PUCCINIANO R.O.F.

BASSA PRESENZA

MEDIA PRESENZA

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214 che diventano tali per uno stimolo emotivo-informativo, magari occasionale. Analizzando i casi esaminati, non si evidenziano differenze tali da convalidare questo nesso, se non quando anche la situazione degli altri nodi diviene negativa (2009-2010): tuttavia si evidenzia che là dove la partecipazione alla rete è più attiva le oscillazioni sono minori.

Per quanto riguarda le azioni che direttamente incidono sulla promozione, si rileva che tutte e tre le organizzazioni hanno un Ufficio Stampa, ma in nessuna è presente un ufficio dedicato al marketing, quindi tutte e tre si rivolgono prevalentemente e preferenzialmente alla comunità dei critici e degli esperti musicali e teatrali. Eppure la promozione attivata da Pesaro e Torre del Lago è più produttiva presso il pubblico perché il fatto di essere parte di una rete economico-sociale rende il ruolo e l’attività di queste istituzioni più produttive per la comunità. L’importanza di questo legame anche per l’aspetto promozionale emerge chiaramente dal fatto che, anche quando l’innovatività degli spettacoli ha avuto per lo Sferisterio il prezioso veicolo pubblicitario del passaparola favorevole, non c’è stato riscontro di presenze e, ancora una volta, per far passare il messaggio e dimostrare l’apporto della manifestazione all’indotto socio-economico si è dovuto fare un discontinuo ed affatto artistico riferimento all’apporto positivo dato ai saldi di fine stagione.

La mancanza di un approccio gestionale alla produzione culturale non si vede soltanto nella proiezione dell’istituzione verso l’esterno ma anche nell’attenzione e nell’impegno spesi per risolvere i problemi interni, cercando ad esempio di ammorbidire gli effetti che le fisiologiche rigidità ripercuotono sulla gestione: ciascuna di queste organizzazioni, infatti, presenta delle caratteristiche che producono diseconomie ma che allo stesso tempo, rappresentando la “causa” della loro esistenza, essendo cioè legate ai fattori che hanno motivato ed ispirato la loro creazione, non possono essere eliminate “sic et simpliciter”.

In ogni edizione al «R.O.F.» viene presentato un conto molto “salato” dalla SIAE e tale onere, poiché una delle specificità culturali più importanti della manifestazione è data dalla presentazione di edizioni critiche inedite dell’opera di Rossini, non può essere eliminato, pena la perdita di un importante tratto di identità. Allora la gestione cerca di recuperare introiti incidendo CD, stampando libretti che poi saranno venduti durante gli spettacoli o ancora, vista la grande professionalità e le notevoli capacità artigianali impiegati nella messa in scena, vendendo o noleggiando costumi e scenografie.

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215 Il “tallone d’Achille” del «Festival Puccini», invece, è dato proprio dalla location, cioè da quella caratteristica ambientale che ha dato il “la” alla creazione del festival e che certo ha grande suggestione e grande prestigio, ma che rimane fuori mano rispetto alle grandi vie di comunicazione e nelle ore di svolgimento dello spettacolo non è raggiunta in modo efficiente dai trasporti pubblici, rendendo così più difficile che estendere la fruibilità dello spettacolo ad un maggiore bacino di utenza; che è bella, ma si trova in un centro piccolo e con pochi servizî di accoglienza. Ebbene, per fare in modo che la spedizione a Torre del Lago abbia motivi plurimi e quindi sia molto “produttiva” per il fruitore-turista, la Fondazione sta costruendo un sistema di offerta culturale che possa servire come base per riuscire a far sviluppare e ad incentivare l’offerta di infrastrutture per il turismo. Inoltre le particolari scene presenti negli allestimenti, oltre ad essere utilizzate per ampliare l’offerta culturale con la composizione di una mostra di opere scultoree “in loco”, vengono utilizzate per allestire mostre in luoghi di grande frequentazione come l’aeroporto di Pisa, le piazze di noti centri turistici così da diffondere la conoscenza del prodotto e quindi diminuire l’incertezza legata alla spedizione in un posto defilato rispetto alle rotte turistiche più note.

Anche l’Associazione di Macerata ha il suo punto debole nella location, ma dalla gestione questo onere viene visto come un male ineluttabile, un tributo all’arte che in quanto tale è supinamente accettato, quasi che contrastarlo depauperasse il valore artistico dell’operazione. L’Arena Sferisterio è una struttura assai prestigiosa ed è unica nel suo genere: è l’unico teatro all’aperto con i palchi, è l’unico che abbia una forma semiellittica che gli procura una notevole acustica. Ma l’esigenza di addossare il palco a tutto il lungo muro di appoggio fa lievitare i costi degli allestimenti: riempire molti metri lineari di fondali e personaggi, adeguatamente preparati con costumi, trucco e parrucco, è un costo direttamente correlato con la spettacolarità della rappresentazione ma senza nessuna proporzionalità con gli introiti da biglietteria. Se a questo problema si potrebbe in parte ovviare rinunciando ad un po’ di spettacolarità, la soluzione immediata del problema legato alla cancellazione degli spettacoli per ragioni meteorologiche risulta molto difficile per non dire impossibile. Allora ci si dovrebbe accontentare di una soluzione più mediata, come ad esempio quella di adattare gli allestimenti a location riparate dalle intemperie, come sale di palazzi storici oppure il teatro cittadino; per mantenere la spettacolarità diminuendo la diseconomicità si potrebbe iniziare a mettere sul mercato delle rappresentazioni teatrali almeno parte della

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216 produzione scenica11. Per fare questo però è necessario effettuare un’attenta programmazione dell’attività con una valutazione di tutte le alternative e collocarla, visto il carattere misto del problema, all’interno di un momento strategico che veda il contributo negoziale di tutti i principali elementi dell’organizzazione. Nell’ambito dell’Associazione invece l’unico momento di incontro delle diverse anime avviene solo fra le diverse parti della produzione e non ha affatto carattere strategico, né segue una logica economico-negoziale, è piuttosto un momento di adattamento degli standard temporali e finanziarî secondo logiche prettamente e strettamente finanziarie. Comunque, anche in questo caso l’attenzione prevalente continua ad essere dedicata all’aspetto artistico, mentre l’aspetto gestionale rimane sullo sfondo, senza integrarsi appieno.

In tutte le istituzioni considerate, l’approccio al progetto spettacolo avviene formalmente secondo lo schema di controllo previsto dall’economia aziendale, ma poi, sostanzialmente, le informazioni che lo schema in discorso produce ottengono da parte degli operatori una attenzione diversa. Mentre nell’Associazione è un supporto finanziario, atto a evitare o a contenere le perdite, la cui portata informativa non viene apprezzata e considerata fino in fondo, nelle altre due istituzioni il sistema di controllo contribuisce ad ispirare l’azione futura. Nell’Associazione la maggior parte dell’informazione e dell’apprendimento, che pure il valore artistico dell’evento è in grado di produrre, avviene in modo informale e non riesce ad essere registrato e codificato, continuando così a lasciare ampi margini di autonomia ai suoi detentori. A Torre del Lago e ancor più a Pesaro il progetto di spettacolo viene pensato e gestito seguendo uno schema prossimo a quello per l’ideazione e il lancio del nuovo prodotto: l’ideazione e la progettazione iniziano molto prima della “messa in scena” in modo che, già sulla carta il progetto possa avere un carattere il più possibile “definitivo”. In quest’ultimo caso, soprattutto, entra pienamente nelle fasi della realizzazione un responsabile gestionale, il sovrintendente, che con il suo ruolo “amalgamatore” riesce a tenere le fila di tutti i processi ed è il regista della rete di conoscenze e della loro circuitazione. Per quanto possa essere possibile in questo tipo di organizzazioni, la

11 Nel comparto lirico-musicale si può evidenziare un fenomeno quasi paradossale: la sua essenza artistica

estremamente effimera e sfuggente fa perno sull’esistenza e la produzione di maestose ambientazioni che esistono in quanto opere d’arte solo nel periodo in cui si crea l’emozione dello spettacolo, per poi diventare giacenze di magazzino. Ma è possibile che un tale patrimonio possa essere valorizzato attraverso una razionalizzazione nella gestione del magazzino ed una maggiore attenzione alla loro conservazione in modo da inserire le scene in un catalogo per il loro noleggio o da mettere all’asta costumi e attrezzerie; oppure ancora le si può collocare in un contesto diverso utilizzandoli per mostre ed allestimenti così da introdurle alla fruizione di un pubblico più ampio. Cfr. B. LUNGHI .

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217 conoscenza riesce ad essere maggiormente formalizzata nelle due Fondazioni, dove gli schemi che supportano il processo produttivo hanno una matrice organizzativa che meglio è in grado di assorbire le istanze strategiche e nella loro definizione prevede il coinvolgimento di tutti gli “attori” che occupano posizioni chiave. Ne è prova che nelle stagioni 2008-2010, in cui l’assetto organizzativo ha assunto una configurazione più confacente alla trasmissione delle istanze strategiche provenienti dal vertice con un migliore abbinamento di responsabilità e ruoli operativi, l’Associazione riesce ad avere un’attività meglio organizzata nella proposta artistica e nei tempi di programmazione. L’evidenza più importante è che una presenza sempre più sostanziale ed un impiego sempre maggiore di concetti e processi la cui natura sembra essere molto lontana dai connotati della produzione artistica sono fondamentali per attuare e rafforzare la mission dell’istituzione.

Se si considerano gli scopi che ciascuna istituzione ha posto a base della sua esistenza e del suo operato, si vede in modo inequivocabile che dove la programmazione dell’attività, l’attenzione alla promozione, la cura e la gestione delle relazioni hanno avuto il giusto spazio e la giusta considerazione, quello che era stato scritto nero su bianco nello Statuto è diventata realtà sensibile grazie all’attività dell’istituzione. Detto questo, va chiarito che la differente realizzazione della mission esistente fra le istituzioni e, all’interno di una stessa istituzione, fra i diversi punti in cui la stessa si articola non è strettamente legata all’attenzione dedicata al core-business ed all’impegno profuso per la sua realizzazione. Almeno non in prima battuta.

Considerando la storia delle tre manifestazioni si può agevolmente notare che fin dalla loro prima edizione il livello artistico è stato sempre di notevole pregio e quindi tutte e tre sono state produttrici di utilità artistica per il loro referente primario, la comunità, e per il comparto in cui si collocano, la cultura spettacolistica. Solo quando tale valenza, a seguito dello iato fra l’immutabilità dell’evento ed i cambiamenti socio-economici in corso, è diventata più debole e più opaca si sono registrati dei condizionamenti e si è progressivamente definito un circolo vizioso in cui l’isolamento della manifestazione si ripercuoteva sulla valenza della manifestazione danneggiandola ulteriormente. Ed è proprio in questo momento che, dove prima dove dopo, si è posta un’organizzazione istituzionale a supporto e a guida dell’attività artistica. Quindi si potrebbe dire che la storia stessa di ciascuna di queste istituzioni è lì a dimostrare che, quello che è stato scritto chiaramente ed estesamente sullo statuto, finalizza la sua attività, mentre l’essenza di questa attività è scritta nell’evolversi degli eventi.

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218 La relazione esistente fra aspetto artistico ed aspetto gestionale è certamente biunivoca ma non è un percorso unico a doppio senso, vale a dire che il modo in cui il primo condiziona il secondo ed il secondo condiziona il primo non hanno caratteristiche uguali ma con segno opposto.

Ritornando all’analisi di quanto sta accadendo, l’Associazione Sferisterio dopo un periodo di crisi che, anche se solo parzialmente, aveva intaccato l’aspetto artistico, sta vivendo una nuova fase. L’arrivo di un Direttore Artistico che ha assunto un ruolo più complesso ha dato una nuova fisionomia all’organizzazione ed anche all’offerta artistica, facendole assumere connotati di maggiore intelligibilità rispetto alla platea degli spettatori. Tali cambiamenti, tuttavia, non rendono questa nuova fase foriera di vero rinnovamento poiché quasi nulla è avvenuto a livello gestionale e le logiche operative così come il sistema di relazioni non hanno conosciuto un cambiamento vero ed innovativo nella mentalità. Se la sostanziale inerzia dell’arto gestionale permarrà, si può realisticamente prevedere che questo sforzo e l’impegno profuso produrranno una situazione di breve respiro destinata a ritornare al punto di partenza.

Sono invece presenti con pari intensità in tutte le istituzioni considerate una grande attenzione all’accounting dell’indotto e, parallelamente, una eguale ed articolata trattazione di questo aspetto. Nell’ambito della comunicazione esterna di ciascuna istituzione grande spazio è dedicato a questo aspetto ed in modalità molto simili, quasi a significare che nell’attuale composizione di questa informativa poco o nessun peso ha l’informativa interna, che in qualsiasi modo si sviluppi, resta totalmente separata. C’è tuttavia da evidenziare una differenza fra le istituzioni considerate. Nelle istituzioni marchigiane è ancora lontana una mentalità che formi la comunicazione verso l’esterno anche con elementi resi dall’informativa interna o anche che semplicemente produca un’informativa completa, frutto dell’integrazione dei due sistemi, interno ed esterno, che quindi di si muova in modo parallelo alla valenza dell’attività. L’istituzione toscana, invece, anche se tagliandola sull’esigenza di meglio evidenziare la creazione di un indotto, ha cercato di integrare le due fonti facendole convergere nella stesura e nella pubblicazione su rete del bilancio di missione. Nonostante questo, tuttavia, nella costruzione della politica di comunicazione, l’arte e lo spettacolo sono ancora dei “solisti”: l’efficienza conseguita nella loro realizzazione non è ancora entrata nel coro. Alla luce di quello che è accaduto e di quanto sta accadendo in tutte le istituzioni, nelle differenze e nelle uniformità, si può dire che una renaissance dell’aspetto artistico, per essere di lungo periodo e avere la possibilità di svilupparsi, deve essere accompagnata

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219 dalla rete di sostegno fornita dall’attività gestionale. Una rete che trova i suoi appigli anche all’esterno, nella capacità/ volontà del sistema socio-istituzionale di riconoscere questa nuova entità ed il suo ruolo e soprattutto nell’impegno che questo sistema saprà mettere nella costruzione di nuovi linguaggi e di altri canali di relazione.

4.2 «Nessun dorma!…Nessun dorma!...»

La criticità del momento che le istituzioni musicali stanno vivendo non è causata solo dall’incapacità della loro struttura e del loro modus operandi di cogliere le sfide e di trasformare le minacce, ma deriva anche dalla latitanza, più o meno intermittente, di alcuni attori della filiera culturale il cui ruolo interagisce in modo variabile con l’esplicitazione e l’acquisizione di nuove potenzialità da parte delle organizzazioni in discorso. Se è vero che gran parte del lavoro di cambiamento e di ammodernamento deve essere svolto dalle istituzioni stesse, è altresì vero che tutte le teorie gestionali e le impostazioni strategiche del mondo non potranno stravolgere la natura del settore e che, quindi, potrebbero non essere sufficienti, da sole, a guidare il comparto verso il futuro. Soprattutto per alcune istituzioni, che anche a fronte di un’alta valenza culturale, presentano fisiologicamente una notevole fragilità strutturale ed ambientale, l’apporto ed il contributo di ciascuno di questi attori come pure la costruzione ed il mantenimento di una dialettica valoriale e strategica risultano essere di importanza vitale.

Da questo punto di vista gli attori più importanti sono senza dubbio le istituzioni pubbliche, statali e locali, con le quali i soggetti del comparto intrattengono soprattutto tre tipi di relazioni: finanziarie, istituzionali e non istituzionali.

Fra le istituzioni spettacolistiche e i soggetti pubblici c’è quindi un legame complesso che è tanto ineliminabile quanto critico e che per questo dovrebbe essere interessato da profonde riforme improntate ad una logica di coerenza fra gli obiettivi dei diversi piani di relazione e ad un coordinamento efficiente dell’azione fra i due referenti principali. Lo Stato finora non si è mosso certo in modo coerente: prima, spinto dalle esigenze di bilancio, pratica tagli drastici al F.U.S. poi, però, non accompagna queste pericolose manovre di bilancio con delle congrue riforme strutturali che possano permettere al settore di recuperare i margini di manovra persi per la riduzione dei finanziamenti. Alla stretta finanziaria non ha fatto seguito nessun provvedimento che cambiasse la

(20)

220 regolamentazione del lavoro o incidesse sul suo costo12, così da sgravare il bilancio delle istituzioni da una della sue voci più onerose. La forte diminuzione delle risorse disponibili non ha spinto il finanziatore pubblico ad attuare meccanismi di distribuzione che rendessero più produttive quelle rimaste, né da un punto di vista economico né da un punto di vista politico. Il meccanismo con cui vengono distribuiti i finanziamenti non ha guidato le istituzioni a recuperare margini di economicità né le ha incentivate ad innovare le logiche operative. Piuttosto, le istituzioni che per la loro struttura hanno maggiormente sofferto per il calo dei finanziamenti, si sono trovate avviluppate in una logica finanziaria che le ha allontanate dalla mission ancora di più di quanto non abbia fatto nel corso degli anni la diffusa e scontata mentalità inutilmente protezionistica che presiedeva al governo del settore. Il barcamenarsi fra il freno posto dal permanere di questo tipo di mentalità e la spinta ad agire proveniente dalla pressione finanziaria ha creato una situazione ambigua che, ostacolando e limitando il processo di ammodernamento, costituisce un alibi inattaccabile per le istituzioni più pigre e refrattarie al cambiamento.

Quando è arrivata la crisi finanziaria il soggetto pubblico ha agito in “modo finanziario”: piuttosto che valorizzare ha cominciato a vendere e, da un modus operandi sbagliato, quello burocratico e sterilmente protezionistico, è passato ad un ruolo ancora più inadeguato, quello di mercante13; mentre illustra agli operatori del settore il patrimonio di opportunità della cultura, non riesce ad approfittare della felice situazione giuridico-sociale che si è venuta a creare per avviare le riforme14. Sarebbe auspicabile

12

E’ stata definita “thatcherismo all’italiana” la pratica di tagliare le risorse finanziarie mantenendo stabili le risorse umane: cfr. L. M. SICCA, L. ZAN (2004). Comunque la diatriba sulle risorse umane è apertissima: a chi segnala la loro notevole onerosità, facendo notare che il loro peso sul bilancio è cresciuto nel corso del tempo (60% nel 1987 e 62% nel 1990) e che in alcuni periodi ha avuto un incremento superiore al tasso di inflazione (cfr. M. VENTURINI, 1992) , c’è chi risponde che la qualità delle produzioni italiane è la più alta in Europa. Ancora altre fonti segnalano che all’estero (Austria) il maggior guadagno degli orchestrali è compensato da una più che maggiore produttività. (Cfr. M. MARIANI, 2004). I teatri maggiori hanno anche cercato di porre un calmiere ai cachet delle star, la seconda voce più onerosa, ma anche qui la soluzione è stata giudicata poco praticabile perché si temono ripercussioni sulla qualità, una qualità che rimane tuttavia molto costosa visto che nel 2004 il costo medio per dipendente nelle Fondazioni lirico-sinfoniche era di 58.607 Euro a fronte di un costo medio per i dipendenti statali di 25.000 Euro. Cfr. C. JUCKER (2004b).

13 Cfr. P. LEON, M. TRIMARCHI (2003). Ancora: «Al contrario, il disagio finanziario del settore,

accentuato dalla sua staticità istituzionale, ha spinto molti operatori - e sta per convincere il legislatore - a cadere in una serie di tentazioni commerciali il cui sviluppo non sembra condurre ad alcun risultato apprezzabile in termini di solidità di bilancî mentre con ogni probabilità contribuirà a snaturare ulteriormente il prodotto culturale, accentuandone la spettacolarizzazione da una parte, e contraendone l’eterogeneità e la varietà dall’altra.» Si veda M. TRIMARCHI (2002).

14 Per quanto riguarda l’ingresso dei privati nelle istitîuzioni culturali sono state introdotte nuove forme

giuridiche che guidassero la gestione verso obiettivi quali-quantitativi di efficacia e di efficienza; nei processi e nelle relazioni fra i diversi livelli è entrato l’uso della programmazione negoziata;

(21)

221 che tutti quei moventi che il soggetto pubblico ha presentato alle istituzioni insieme alle decurtazioni dei finanziamenti diventassero anche i moventi di tutta la sua azione, legislativa e finanziaria.

Questo significa decentrare, valorizzare, coordinare; significa cominciare ad agire là dove il problema è nato, cioè nelle pratiche inefficienti, nella mancata armonizzazione delle funzioni, nella eccessiva segmentazione del settore15. Il decentramento è il primo passo affinché i quei moventi siano veramente tali, poiché riporta il momento decisionale ed operativo lì dove il sistema culturale italiano, policentrico e localistico16, non solo produce identità e comunica valori, ma ha anche sempre trovato le risorse17, materiali e creative, per sostenersi. Inoltre l’attuazione del decentramento non solo è in grado di restituire alla produzione culturale la sua vocazione valoriale ma permette anche di risolvere uno dei fattori critici della nuova filosofia operativa del soggetto pubblico: «considerare le attività artistiche e culturali quali potenziali volani per lo sviluppo sostenibile dei territorî»18. Il decentramento risulta essere l’infrastruttura più adeguata perché nell’ambito locale la dimensione culturale del territorio incontri la sua dimensione economico-produttiva e si arrivi così alla costruzione di un Sistema Locale di Offerta Turistica. Grazie all’estesa applicazione degli strumenti del processo in discorso, il territorio può essere presentato come un sistema economico che, forte delle sue peculiarità19, crea intorno ai beni e alle attività culturali il contesto della pararte, fornendo così l’interlocutore ed il sostegno più adeguato all’ampliamento della loro valenza. Ma questo arricchimento, congeniale soprattutto a quelle istituzioni artisticamente di grande valore ma dimensionalmente svantaggiate, può realizzarsi solo se il processo di decentramento coinvolgerà anche il settore culturale20.

l’abrogazione del Ministero per il Turismo e lo Spettacolo aveva aperto la strada al completamento di quel processo di decentramento iniziato negli anni Settanta con l’istituzione delle Regioni. Cfr. P. PETRAROIA (1999). 15 Cfr. G. DE RITA (1995). 16 Cfr. ibidem. 17 Cfr. C. BODO (1995). 18 Si veda A. M. A. MERLO (2002): p. 446. 19

«Peculiarità di un Sistema Economico Locale sono: - lo stretto legame e l’identificazione con il territorio; - l’integrazione tra i diversi soggetti tra loro e tra i medesimi ed il territorio; - la fitta rete di relazioni tra tutti i soggetti appartenenti alla comunità; - la comunanza di interessi; - il forte senso di appartenenza.» Si veda A. CAPOCCHI (2005): p. 11.

20 Sulla mancanza di attenzione alla specificità delle attività culturali in sede di esame del disegno di

legge riguardante il “Nuovo ordinamento federale della Repubblica” grande preoccupazione viene espressa da G. Van Straten, Presidente dell’Agis, che nota come ancora una volta lo spettacolo italiano, con il suo straordinario patrimonio di valori, culturali ed economici, sia stato escluso dal dibattito sul riordino delle funzioni lasciando così inalterata la differenza di dignità ed il notevole deficit di autonomia. Cfr. Dichiarazione ADN KRONOS del 20-09-2000.

(22)

222 Il decentramento è infatti un processo produttivo di integrazione, coordinamento, informazione ed infrastrutture cioè tutti quegli strumenti che non si limiterebbero a rendere alcune degli auspicate attività gestionali possibili ma riuscirebbero a condizionarne pesantemente l’efficacia. Il supporto che il settore pubblico così organizzato sarebbe in grado di fornire si manifesterebbe su due livelli:

livello diretto: perché inciderebbe immediatamente sulla valorizzazione della

produzione attuale;

livello indiretto: perché sosterrebbe tutte le attività funzionali alla produzione

artistica (opere musicali, di balletto e di prosa), oppure i meccanismi della sua distribuzione e della sua destinazione.

Il primo e forse più importante vantaggio le istituzioni culturali lo avrebbero sul fronte della promozione. Mentre a livello locale le Regioni e degli Enti Locali si adopererebbero per costruire un sistema-prodotto completo potenziando il raccordo fra le diverse realtà territoriali21 ed incentivando le forme che premiano il radicamento sul territorio, il governo centrale si occuperebbe di monitorare la realtà culturale di tutto il macrosistema cercando di organizzare opportune occasioni di promozione, coerenti con le esigenze della realtà osservata e di costruire una migliore circuitazione del prodotto sulla scena internazionale cercando di favorire scambi. In questo modo l’istituzione potrebbe collocare il suo prodotto in un contesto di cui attraverso la sua politica di comunicazione è diventata punto di riferimento culturale e che perciò stesso rafforza la sua immagine e quindi rende più efficace ogni sforzo promozionale. La contestualizzazione del prodotto culturale risulta dalla combinazione di due tipi di interventi:

 strategici, dati da una ricomposizione delle entità istituzionali presenti nel territorio attraverso coordinamenti intercomunali, connessioni fra comuni e province di riferimento ed il potenziamento delle strategie di raccordo con il livello regionale e modulati con una diversa formalizzazione del legame (partnership stabili o partnership su progetti specifici)22;

 tattici, costituiti dalla ricombinazione e dall’adattamento delle risorse infrastrutturali, come operazioni sulla manutenzione degli edificî già dedicati allo

21

In proposito il presidente di “Italiafestival” denunciò: «...[la] quasi totale mancanza di programmazione culturale nelle città, con sovrapposizioni di eventi spesso dell’ultima ora e molto spesso di dubbia qualità, con incertezze e interlocutori disattenti circa gli spazî da poter utilizzare, rendono davvero molto difficile il lavoro legato alla cultura e alle arti dello spettacolo.» Si veda G. BELGERI (2001).

22

(23)

223 spettacolo, sulla riconversione di spazî con altra destinazione iniziale e soprattutto sulla rete dei trasporti23.

La combinazione di questi due tipi di interventi è funzionale in particolar modo:

 alla promozione dei piccoli comuni attraverso forme di collegamento intercomunale, interconnessioni tra comuni e province ed il potenziamento di strategie di raccordo con il livello regionale;

 per supportare la preziosa attività dei Festival attraverso l’implementazione di un funzionale sistema regionale che si raccordi con l’azione di promozione effettuata a livello nazionale.

Per quanto riguarda le attività di supporto a livello indiretto, l’azione dei due soggetti pubblici arriva ad incidere su una serie di variabili, hard e soft, che riescono a loro volta interferiscono con l’attività dell’istituzione che “è dietro le quinte”, va infatti a toccare tutte quelle variabili macro sulla cui definizione l’istituzione culturale minore non può incidere ma che possono condizionare il successo e lo sviluppo della sua attività. Queste variabili riguardano tre componenti dell’ambiente operativo dell’istituzione culturale:  il mondo del lavoro,

 il rinnovamento e l’innovazione dell’offerta,  la formazione della domanda24

.

Si arriverebbe così ad incidere su quelle variabili strutturali che, configurando un ambiente operativo più favorevole, darebbero alle istituzioni culturali la possibilità di agire in modo più efficiente e quindi di circuitare in modo migliore il prodotto culturale per renderlo volano di sviluppo economico e sociale. Le tre componenti considerate richiedono tuttavia un impegno quali-quantitativo diverso, per tipologia di intervento e per ampiezza del raggio d’azione.

Riguardo la prima componente l’intervento avrà una matrice prettamente organizzativo- legislativa tesa da una parte a promuovere nei momenti e nei luoghi della formazione

23

«[rete dei trasporti] che, se opportunamente studiata in corrispondenza anche con gli orarî delle iniziative culturali, consentirebbe agli eventi organizzati nei piccoli centri di acquisire rilievo sovralocale e potrebbe aiutare gli enti di spettacolo nel programmare e organizzare un maggior numero di iniziative anche nei contesti di dimensioni più ridotte.» Si veda ibidem: p.460.

24 In proposito C. Monin, direttore della Comunicazione al Louvre, commentando nuove forme di

concorrenza provenienti da Eurodisney e la Città della Scienza, ha rilevato: «Esistono delle barriere che non hanno a che vedere né con la distanza né con il prezzo né con la mancanza di informazione, e contro le quali il marketing non può nulla: sono le barriere che sono dentro la testa di ognuno e che fanno pensare che il mondo dei musei “non sia per me”. Solo l’azione culturale sul territorio, molto lenta e costosa, può arrivare a recuperare costoro con un’efficacia che non ha nulla a che vedere con gli standard abituali del marketing.» Cfr. A. DETHERIDGE (1998). Proprio in risposta a questo aspetto D. ARCHIBUGI (2001) propone che la Repubblica Italiana, nel rispetto dei suoi compiti su cultura ed istruzione, introduca la frequentazione obbligatoria del teatro.

(24)

224 del personale artistico l’ambiente innovativo capace di fornire al settore una materia prima di qualità e conforme alle sue esigenze25, dall’altra a rendere più flessibile il rapporto lavorativo26, modulandolo a seconda dei diversi ruoli e delle specifiche situazioni, in modo da abbattere i costi fissi27 e da permettere di razionalizzare l’attività adottando, dove possibile, politiche di outsourcing28.

Per incidere sulla seconda componente bisognerà agire sui metodi di gestione e valorizzazione, sulle logiche che guidano il soggetto pubblico.

L’intervento sulla terza componente è forse il più complesso perché richiede l’azione congiunta di tanti diversi attori e si configura come un investimento di differenti risorse a lungo termine ed a vasto raggio ma soprattutto necessita di un profondo cambiamento di mentalità. Se finora si è agito pensando che lo welfare nel settore culturale fosse monodimensionale, bisogna prendere atto che l’azione culturale si esplica in un doppio binario: la domanda e l’offerta. L’azione congiunta su queste due forze presuppone che la domanda, finora trascurata da qualsiasi politica, venga definita come “pubblico” e conseguentemente l’offerta, finora oggetto di politiche massicce ma poco efficaci, venga considerata alla stregua di “prodotto culturale”29.

La convinzione che la cultura bastasse a se stessa è stata ormai inequivocabilmente smentita dalla realtà dei fatti dove non solo la cultura non brilla di luce propria ma è suscettibile di essere sostituita nel sistema delle preferenze da altri prodotti e servizî30. Diversi studi hanno ormai dimostrato non solo che le preferenze non sono date e che sono invece modificabili31, ma anche che avere la prima esperienza culturale da bambini aiuta l’evoluzione in questo senso da adulti. Il verbo principale è stimolare l’esperienza

25 Cfr. E. CORI (2001): p. 42.

26 «E’ il contratto l’elemento debole del nostro sistema che ha ingessato i teatri, spiega Vergnano. Se

vogliamo renderli competitivi dobbiamo avere il coraggio, con i sindacati, di prendere in mano il contratto e rivederlo.» Si veda C. JUCKER (2004a).

27 E’ per cercare una migliore integrazione ed una maggiore razionalizzazione delle risorse che nelle

Marche è operativo dall’inizio del 2011 il “Consorzio Marche Spettacolo”, di cui le due istituzioni marchigiane qui esaminate sono enti promotori. Sembra tuttavia che le infrastrutture di coordinamento che questa istituzione crea, possano essere sfruttate solo se già si ha dimestichezza con l’attività di programmazione e di promozione altrimenti potrebbe risultare un miraggio inafferrabile. Cfr. www.marchespettacolo.it.

28 Cfr. E. CORI (2001): p. 41. 29 Cfr. L. TREZZINI (1995).

30 «L’errore consisteva nel ritenere che i consumi culturali fossero riconosciuti come valore universali e

non sostituibili, mentre in realtà essi fanno parte delle attività del tempo libero: questo spiega perché le attività sovvenzionate interessano una parte sempre più ridotta del pubblico, mentre l’audiovisivo si prende la parte del leone del tempo libero. Il problema del pubblico è fondamentale: a che serve interrogarsi su sottigliezze teoriche se il pubblico è destinato a scomparire?» Si veda X. DUPUIS (1993): p. 29.

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