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CAPITOLO 3 Valutazione della sensibilità territoriale

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 3

Valutazione della sensibilità territoriale

3.1 Introduzione

La pianificazione territoriale è riconosciuta fin dal Convegno delle Nazioni Unite di Rio del 1992 come lo strumento di fondamentale rilevanza per promuovere uno sviluppo sostenibile del territorio. Attività centrale nel processo di pianificazione è la valutazione, che consente di passare dai principi generali della sostenibilità alla loro concreta realizzazione e di affrontare la complessità che pone lo sviluppo sostenibile per ricercare la soluzione capace di comporre, al più elevato livello possibile, obiettivi economici, ambientali, sociali e culturali.

Le valutazioni sono lo strumento critico con il quale si possono affrontare i problemi conseguenti alla conflittualità fra gli obiettivi e dedurre le priorità tra opzioni e alternative. Le valutazioni a criteri multipli rappresentano lo strumento di questo approccio integrato, partecipativo e suscettivo di inserire i punti di vista dei diversi soggetti interessati alla scelta.

3.2 Metodi di valutazione territoriale ed ambientale

Le tecniche di valutazione vengono suddivise in due grandi gruppi:

 Metodi di valutazione monetaria

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3.2.1 Metodi di valutazione monetaria

Monetizzano le preferenze degli individui per una variazione nella fornitura di un bene, non per il valore del bene in sé. Le preferenze vengono valutate attraverso la disponibilità a pagare e la disponibilità ad accettare. Appartengono a questo gruppo:

- Costo di viaggio: stima la disponibilità a pagare nei confronti di un bene ambientale, basandosi sui costi sostenuti dai visitatori per raggiungere il sito.

- Valutazione contingente: rileva la disponibilità a pagare dei soggetti per variazioni di qualità ambientale. È un metodo parametrico caratterizzato da due componenti, una deterministica e una stocastica secondo una Weibull. - Prezzo edonico: è il prezzo, non di mercato, funzione delle varie

caratteristiche, dove i coefficienti di queste caratteristiche rappresentano i costi impliciti.

Un approccio monetario presenta le seguenti limitazioni:

- monetizza le preferenze degli individui per una variazione della fornitura del bene, non per il bene in sé;

- il valore monetario è misurato attraverso la disponibilità a pagare e ad accettare, e questo è distolto dal reddito del soggetto;

- il valore monetario è individualistico.

3.2.1 Metodi di valutazione non monetaria

Appartengono a questo gruppo le tecniche multicriteri multiattributo (Multiple Attribute Decision Making). Sono state elaborate per affrontare situazione in cui si debba scegliere tra un insieme di alternative sulla base di più attributi di vario genere. Si possono riassumere in:

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- Metodi a eliminazione:: non considera l’importanza degli attributi, ma solo la soddisfazione di uno standard ottimale desiderato. Viene fissato un criterio di riferimento al quale paragonare le alternative in esame.

- Metodi grafici: rappresentano in modo sintetico la situazione tramite grafici e disegni, permettendo una rapida idea del problema.

- Metodi a punteggio: ad ogni alternativa viene assegnato un punteggio, un peso. Questi pesi vengono aggregati tramite una funzione che permette di trovare un indice tale da poter classificare le varie alternative secondo la loro preferenza. Di questi fa parte anche il metodo AHP (Analytic

Hierarchy Process in cui la valutazione è organizzata in forma gerarchica.

La decisione viene scomposta in vari livelli, dove il primo rappresenta l’obiettivo da raggiungere e gli altri gli attributi e i sottoattributi ritenuti determinanti per il raggiungimento dell’obiettivo.

Le tecniche multicriteri a differenza delle tecniche tradizionali monatarie riescono a valutare ex ante le potenzialità connesse alla realizzazione di un determinato intervento ad alto impatto territoriale, studiandone la preferibilità in rapporto a tutti gli attributi di indagine, anche quelli intangibili che con i metodi tradizionali vengono valutati con difficoltà.

Nel presente studio il metodo dell’Analisi Gerarchica di Saaty (AHP, Analytical Hierarchical Process) viene adottato per valutare e localizzare nel territorio dell’area di studio, la distribuzione spaziale delle zone più o meno idonee (diverso grado di “sensibilità” ambientale) ad accogliere la nuova infrastruttura, privilegiando quelle dove l’impatto potenziale dell’opera è più ridotto.

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3.3 Analisi a Criteri Multipli

3.3.1 Caratteristiche generali

L’analisi multicriteri MCDA (Multi Criteria Decision Aid) è una procedura di comparazione a criteri multipli che ha come scopo quello di contribuire allo sviluppo di un processo di apprendimento che alimenta lo stesso processo decisionale (Las Casas 1992).

Si tratta quindi di un metodo non monetario per esaminare la convenienza di progetti di investimento caratterizzati da un rilevante impatto di tipo ambientale, sociale ed economico nel contesto in cui vengono realizzati.

La particolarità dell’analisi multicriteri consiste nella formulazione di un giudizio di convenienza di un intervento in funzione di più criteri di riferimento, esaminati in maniera autonoma o interattiva.

A differenza dell’Analisi Costi Benefici ACB, tecnica di valutazione monocriteri che esprime il giudizio di convenienza riconducendo tutti i criteri di analisi a quello monetario, l’analisi multicriteri AMC cerca di razionalizzare il processo di scelta del policy maker attraverso l’ottimizzazione di un vettore di più criteri, pesati secondo le priorità da questo dichiarate.

In questo modo si possono abbracciare in un unico procedimento valutativo sia i criteri di carattere economico, monetizzabili, sia i criteri extra economici misurabili solo in termini fisici o qualitativi e si offre una griglia metodologica più realistica grazie anche al contributo apportato da settori di ricerca di recente sviluppo quali la teoria degli insiemi, l’algebra matriciale, la ricerca operativa, l’informatica.

Il crescente utilizzo dei metodi di comparazione a criteri multipli rispetto a quelli più tradizionali (Analisi Costi Benefici, Analisi Costi Efficacia etc..) è dovuto sostanzialmente ai seguenti motivi (Lapucci e Santucci, 2007):

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- impossibilità di includere effetti intangibili e/o incommensurabili nelle tecniche di valutazione convenzionali;

- la natura conflittuale dei moderni problemi di pianificazione e valutazione; - il passaggio dal convenzionale “one shot decision taking” a procedure di

decision making istituzionali, in cui molti aspetti di natura politica giocano un ruolo preponderante;

- il desiderio, nell’analisi delle decisioni pubbliche, di non trovarsi di fronte ad una soluzione forzata, ma di avere davanti un ampio spettro di possibilità.

L’analisi multicriteri rappresenta oggi una delle maggiori aree di studio dell’analisi dei sistemi e come tale si è sviluppata portando in eredità caratteristiche e principi di tale materia infatti:

- non tenta di analizzare diverse discipline in un’unica teoria generale, ma cerca di analizzare gli obiettivi attraverso la strutturazione di un problema complesso;

- si esprimono i criteri per la selezione delle alternative in termini di traguardi specifici e non in termini di regole di base;

- la struttura ed il modello che soggiace all’articolazione degli obiettivi assume un ruolo importante;

- l’approccio è strettamente legato all’analisi delle preferenze dei decisori.

Tutti i problemi multicriteri, infine, a prescindere dalla loro diversa natura, hanno delle caratteristiche comuni (Hwang Yoon, 1981) che possono essere così sintetizzate:

1. Obiettivi/Attributi multipli: il decisore deve individuare obiettivi e/o

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2. Conflitti fra criteri;

3. Unità di misura incommensurabili;

4. Ideare/Selezionare l’alternativa decisionale più soddisfacente.

3.3.2 Analisi a Criteri Multipli basata su GIS: A.M.C. Spaziale

La maggior parte dei problemi relativi alla progettazione ed alla gestione del territorio necessitano, pertanto, di metodologie decisionali che siano a criteri multipli e basate su sistemi di informazione geografici (GIS).

Dall’utilizzo di questi due sistemi nasce il metodo A.M.C. Spaziale; infatti queste due distinte aree di ricerca, GIS ed analisi a criteri multipli AMC, possono beneficiare una dell’altra: da un lato infatti le tecniche GIS rivestono un ruolo importante nell’analizzare una grande varietà di dati necessari per il processo di decisione, dall’altro le metodologie di AMC offrono procedure capaci di elaborare e modellare i dati geografici e le preferenze dei decisori incorporando il processo decisionale all’interno di un sistema geografico (Malczewski 1999, Lapucci e Santucci, 2007).

L’analisi spaziale è il processo attraverso il quale i dati grezzi vengono trasformati in informazioni utili, aggiungendovi un contenuto informativo maggiormente comprensibile (es. collocazione nello spazio di attributi socio demografici.

Al fine di poter analizzare tutte le informazioni, il cui riferimento geografico risulta essere di fondamentale importanza, è necessario costruire un S.I.T. (Sistema Informativo Territoriale).

Il S.I.T. è un particolare sistema informativo (cioè un insieme di hardware, software, dati, procedure aziendali, conoscenza, persone che raccolgono, gestiscono, elaborano, distribuiscono informazioni) in cui la maggior parte delle informazioni gestite hanno contenuto spaziale georeferenziato.

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Il “motore” del S.I.T. è il G.I.S. (Geografical Information Systems) che costituisce la parte informatica dell’intero sistema.

L’analisi multicriteri basata su G.I.S. rende esplicita la componente spaziale dell’analisi in quanto richiede sia la conoscenza e la rappresentazione dei dati sui valori dei criteri (mappe dei criteri), sia la localizzazione geografica delle alternative che sono rappresentate attraverso una primitiva geometrica (punto, linea, poligono) a cui sono associati i valori dei criteri di valutazione.

L’analisi a criteri multipli spaziale può essere pensata, quindi, come un processo che combina e trasforma i dati geografici di input in un output decisionale (Malczewski 1999).

Fig. 3.1: prospettiva degli input ed ouput di un modello di analisi multicriteri spaziale

Due sono dunque gli aspetti di cruciale importanza che l’AMC spaziale riesce ad implementare:

- le potenzialità del GIS di acquisire, immagazzinare, recuperare, manipolare ed analizzare i dati territoriali;

- le capacità dell’AMC di aggregare tali dati geografici e le preferenze dei decisori in valori unidimensionali delle alternative decisionali.

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A questo fine il ruolo delle tecniche di AMC basate su GIS è quello di supportare i decisori nel raggiungimento di una maggiore efficacia ed efficienza delle scelte da prendere. Gli elementi costitutivi del processo sono (Fig. 3.2):

- Goal o Obiettivo: scopo o fine del processo esaminato

- Decisori: pesano i criteri sulla base dell’esperienza accumulata in situazioni analoghe

- Criteri e Attributi: standards di giudizio per testare la desiderabilità di una certa alternativa/criterio. Sono gli elementi di giudizio per la valutazione.

- Pesi: permettono di costruire la matrice di valutazione e definiscono i valore di un attributo i-esimo rispetto all’attributo j-esimo.

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Le alternative sono rappresentate, in ambiente GIS, dalle celle di una griglia contenenti i valori degli attributi.

Le fasi che caratterizzano un’Analisi a Criteri Multipli Spaziale sono 3 (Fig. 3.3):

- Raccolta delle informazioni - Modellazione

- Scelta.

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3.3.2.1 Processo di standardizzazione

È necessario rendere confrontabili tra loro i vari criteri e attributi attraverso un processo di standardizzazione, che consente la conversione delle diverse scale degli attributi in una scala comune adimensionale.

I metodi di standardizzazione principali sono:

- Trasformazioni di scala lineare: la standardizzazione avviene rispetto al valore massimo, oppure attraverso minimo e massimo.

- Funzione di valore-utilità: a ciascun attributo viene attribuita una funzione di valore-utilità che mette in relazione i valori assunti dall’attributo con misure adimensionali comprese tra i due valori 0 e 1

- Approcci probabilistici: vengono assegnati in seguito a osservazioni di tipo probabilistico valori tra 0 e 1 associati alla frequenza con la quale si manifestano i valori degli attributi:

0 = evento impossibile

1 = evento certo

3.3.2.2 Assegnazione dei pesi

Il peso è un valore assegnato a un criterio-attributo e sta ad indicare la sua importanza relativa rispetto ad un altro criterio-attributo considerato nel processo di scelta. Per assegnare tale peso esistono diversi metodi:

- Ranking: consiste nell’individuare un ordinamento tra i criteri seguito dal calcolo dei pesi in base a diverse procedure

- Rating: è una graduatoria dei criteri ottenuta attraverso l’assegnazione dei pesi sulla base di una scale predeterminata

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- Confronto a coppie: i pesi sono determinati normalizzando l’autovettore relativo all’autovalore massimo della matrice dei confronti a coppie, detta anche matrice di valutazione, e sono rappresentati dalle compnenti dell’autovettore principale normalizzato.

Di seguito vengono visti i metodi del Ranking e del Confronto a coppie, che sono i due metodi che sono stati utilizzati nel presente studio.

 Ranking

Viene prima di tutto individuato un ordinamento (Rank) tra i criteri. Una volta stabilito l’ordinamento per il set dei criteri, esistono diversi metodi per generare il valore dei pesi:

Rank Sum:

      n k k j j r n r n w 1 1 1  Rank Reciprocal:

 

  n k k j j r r w 1 1 1  Rank Exponent:

      n k p k p j j r n r n w 1 1 1 In cui:

- n: numero di criteri considerati (k 1,2,...,n) - rj: posizione del criterio nell’ordinamento (Rank)

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- p: parametro adimensionale intero (p0 assegna pesi uguali ai criteri, al crescere di p il divario tra i pesi aumenta)

 Metodo A.H.P.

Il metodo dell’analisi gerarchica (metodo A.H.P.) proposto da Saaty integrato con i metodi di Analisi Spaziale supportati dai sistemi di informazione geografici (G.I.S.) si articola in tre fasi:

1. Decomposizione

Consiste nel definire una struttura gerarchica (albero) che comprende gli elementi più importanti del processo decisionale.

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2. Confronto a coppie

Per attribuire i pesi ai criteri-attributi è necessario:

Costruire la matrice dei confronti a coppie (matrice di valutazione)

 Determinare i pesi dei criteri (tramite stime soggettive o interviste)

 Verificare la consistenza della matrice

Nella matrice di valutazione il generico elemento aij rappresenta la dominanza del criterio-attributo i-esimo sul criterio attributo j-esimo. La matrice è:

- quadrata di dimensione n

- positiva, avendo tutti gli elementi uguali a 1 sulla diagonale - reciproca, in quanto aij 1aji

Fig. 3.5: Matrice di valutazione

La matrice di valutazione deve risultare consistente, cioè deve verificarsi la condizione:

jk ij

ik a a

a  

Il rapporto di consistenza CR rappresenta il valore soglia di riferimento il cui superamento comporta la riformulazione dei giudizi.

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CR si calcola come segue:

- si determina il vettore di consistenza CV (n x 1) dividendo il vettore delle somme pesate (peso del primo criterio per la prima colonna della matrice dei confronti a coppie etc.) per il vettore dei pesi.

- Si calcola il valore medio Lambda () del vettore del consistenza CV :

 

n CV n j j

  1 

- Si calcola l’Indice di Consistenza:

1

  n n CI

- Si determina il Rapporto di Consistenza CR, che affinché la matrice risulti consistente deve essere minore di 0,1:

10 , 0   RI CI CR

Dove RI rappresenta il Random Index funzione del numero degli elementi della matrice che vengono comparati:

3. Ricomposizione

Si determinano i pesi globali delle alternative tramite semplici combinazioni lineari.

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3.4 Map Algebra

Il dato riferito al territorio in esame viene modellato secondo un approccio di tipo raster attraverso la costruzione di un reticolo a maglia quadrata che verrà riferito alle varie cartografie tematiche. A ciascuna unità territoriale elementare (pixel) saranno collegate varie informazioni di tipo tematico.

Questa rappresentazione, che presenta dei limiti a livello geometrico (i confini non sono troppo fedeli alla realtà), offre ottime potenzialità a livello di analisi, consentendo di utilizzare le ormai consolidate procedure di analisi della “Map Algebra” (Tomlin 1970).

Tale linguaggio, ideato da C.D. Tomlin all’inizio degli anni ’80 prevede una tassellazione spaziale usata per quantizzare lo spazio geografico in unità discrete, le celle. Nonostante questa semplice struttura la Map Algebra è un linguaggio di modellazione assai potente che utilizza contemporaneamente operatori di tipo algebrico e funzioni spaziali per definire le celle da considerare nel calcolo.

Per quanto concerne la presente analisi, sono stati utilizzati alcuni operatori matematici (prodotto, somma, somma pesata) ed una funzione locale che permette di includere nel calcolo solo quelle celle che si trovano in esatta corrispondenza spaziale.

Con l’utilizzo di tale metodologia è possibile quindi calcolare per ciascuna cella (alternativa) la sensibilità nei confronti della realizzazione del corridoio stradale, ottenendo in questo modo una zonizzazione completa delle aree a maggiore o minore sensibilità rispetto ai diversi criteri e attributi considerati che può costituire uno strumento di supporto alle decisioni quantitativamente robusto e facilmente comprensibile.

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3.5 Applicazione al caso di studio

L’obiettivo di questo studio è quello di valutare la sensibilità globale di un corridoio stradale che ha origine in località San Benedetto e termina in corrispondenza dell’autostrada Genova-Ventimiglia, alla quale si connette mediante la realizzazione di un nuovo svincolo in località Beverino.

In particolare si vuole trovare tra le alternative individuate quella che garantisca la minore percezione dell’infrastruttura nel rispetto dei vincoli ambientali e paesaggistici e della compatibilità con i collegamenti con la viabilità ordinaria. Per far ciò è necessario andare ad analizzare diversi aspetti ed individuare tutti gli effetti che la realizzazione del progetto può comportare, sia in termini di miglioramenti (benefici) che di peggioramento (danni) della salute umana, della qualità della vita, dell’ambiente ecc…

A questo proposito sono state analizzate in dettaglio tutte quelle risorse che possono essere compromesse a seguito della realizzazione di una strada, nonché tutti quegli aspetti morfologici che possono creare problemi alla costruzione della stessa.

Per far ciò è stata utilizzata la metodologia AMC e AHP, che consente di esaminare tutte le risorse in maniera schematica attraverso l’introduzione di una struttura ad albero che permette di individuare gli aspetti concorrenti nella determinazione della sensibilità del territorio.

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SENSIBILITÀ

AMBIENTALE

Vincolo Idrogeologico

Fasce di rispetto dai Pozzi

Fasce di rispetto dai Fiumi

Casse di Laminazione Pericolosità Idraulica

Pericolosità Geomorfologica

Permeabilità Valore dei Terreni

QUALITÀ VISIVA DEL PAESAGGIO Visibilità Elementi Caratterizzanti il paesaggio Siti di Interesse Comunitario ZONE VINCOLATE SUOLO E SOTTOSUOLO

Goal

Criteri

Attributi

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Da ognuno di questi attributi verrà ricavata una mappa di sensibilità; queste verranno poi aggregate tra loro in più modi, creando così scenari diversi a seconda del punto di vista preso in considerazione (dell’ambientalista e del tcnico).

Alle mappe di ogni scenario così ottenute verrà sovrapposta la mappa dei vincoli.

3.6 Costruzione del database geografico

Prima di procedere con l’analisi nel dettaglio si riporta di seguito una tabella riassuntiva che definisce le principali caratteristiche dei dati utilizzati per lo svolgimento dell’esercitazione.

Per ogni attributo che compone i vari criteri viene indicata la fonte da cui è stato ricavato e il tipo di formato.

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Tab. 3.1: “Tabella riassuntiva delle caratteristiche relative agli Attributi concorrenti alla valutazione dei Criteri utilizzati”

ZONE VINCOLATE

Autorità di Bacino Fiume Magra Pozzi, Sorgenti e

Derivazioni Distanza dai pozzi shp puntuale

Casse di espansione Casse di espansione shp poligonale

S.I.C. S.I.C. shp poligonale

Vincolo Idrogeologico Vincolo idrogeologico Provincia della Spezia

(Ufficio SIT) shp poligonale

SUOLO E SOTTOSUOLO

Pericolosità Geomorfologica Pericolosità Geomorfologica

Autorità di Bacino

Fiume Magra shp poligonale

Aree inondabili con Tr di

30-200-500 anni Pericolosità Idraulica

Uso Suolo Valore economico dei suoli

Litologia Permeabilità dei terreni

QUALITÀ VISIVA DEL

PAESAGGIO CTR

Visibilità

Vette

Provincia della Spezia dwg

Sentieri Urbanizzato Strade Elementi caratterizzanti il paesaggio Attrattori Detrattori ZONE DI ESCLUSIONE

Urbanizzato Distanza dai centri urbani

Autorità di Bacino Fiume Magra

shp poligonale

Case sparse Distanza dalle case shp puntuale

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3.7 Analisi dei Criteri e degli Attributi

A questo punto si procede quindi con l’analisi di ciascun attributo attraverso map layers georeferenziati che contengono i dati grezzi relativi all’indicatore in esame e alla standardizzazione degli attributi dei map layers in un intervallo compreso tra 0 e 1, tali da poter essere confrontati tra loro.

Per ciascuna mappa degli attributi ed in funzione del tipo di dato grezzo che essa contiene, qualitativo (es. uso del suolo) o quantitativo (es. distanza dai pozzi), verrà infine effettuata la normalizzazione utilizzando la metodologia ritenuta più opportuna tra quelle precedentemente descritte.

Nello specifico i criteri presi in considerazione per la costruzione dell’albero gerarchico sono i seguenti:

- Suolo e Sottosuolo

- Qualità visiva del paesaggio

- Zone vincolate (vincoli penalizzanti)

in quanto si ritiene siano i più rappresentativi delle risorse che maggiormente vengono interessate dalla realizzazione dell’infrastruttura.

Inoltre per ciascuno di questi criteri sono stati definiti un certo numero di attributi al fine di scomporre e quindi analizzare il problema in maniera più dettagliata.

Si riporta un layout di inquadramento in modo da mettere in evidenza la distribuzione spaziale dei principali centri abitati, il sistema stradale e quello idrografico.

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3.7.1 Criterio Zone Vincolate

L’area direttamente interessata dall’infrastruttura oggetto di studio è caratterizzata dalla predominanza delle componenti naturalistiche e ambientali ed è compresa in una zona individuata dal Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale come macro area omogenea e definita “Spazio rurale”.

L’area presenta in particolare la seguente situazione vincolistica: - Parco Regionale di Monte Marcello-Magra L.R. n. 12/1995; - Sito S.I.C. n. IT1343502 “Parco della Magra-Vara”;

- Sito S.I.C. n. IT1345005 “Porto Venere-Rio Maggiore-San Benedetto; - Vincolo Idrogeologico R.D. 30/12/1923 n. 32

- L. 431 del 8/8/1985 “Legge Galasso”: art. 1, lettera C “Corsi e specchi d’acqua”, art.1, lettera G “Boschi e Foreste.

Per un’analisi dettagliata di questo criterio sono quindi stati presi in considerazione i seguenti attributi:

1. Fasce di rispetto dai fiumi 2. Fasce di rispetto dai pozzi 3. Casse di espansione 4. Vincolo idrogeologico

5. Siti di interesse comunitario (S.I.C.)

3.7.1.1 Attributo Corsi fluviali

Dal punto di vista idrografico, l’area di studio ricade nel bacino imbrifero del Fiume Vara ed è solcata nella parte orientale dal torrente Graveglia e, più ad ovest, dal reticolo idrografico del torrente Riccò. Tali corsi d’acqua drenano da

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sud verso nord in direzione della sponda destra del Fiume Vara e presentano un corso abbastanza sinuoso.

I bacini dei suddetti corsi d’acqua hanno una forma generalmente stretta ed allungata in direzione grosso modo Nord-Sud e sono caratterizzati da una rete idrografica discretamente gerarchizzata, con incisioni fluviali ben incassate o ad ampia sezione, a seconda della natura litologica prevalente. In corrispondenza degli affioramenti litoidi prevale, invece un reticolo idrografico poco articolato ed abbastanza lineare nello sviluppo delle aste fluviali.

I corsi d’acqua che interessano l’area d’indagine, sono caratterizzati da un regime essenzialmente torrentizio e costituiscono il principale elemento dinamico modellatore dei versanti a seguito dell’azione erosiva prodotta dagli stessi.

Viene quindi di seguito riportato lo strato informativo relativo ai fiumi in cui si può osservare la distribuzione spaziale di tutti i corsi d’acqua presenti nell’area di studio classificati secondo Horton-Strahler in 7 classi.

Il dato di partenza di cui si dispone è un dato in formato vettoriale di tipo

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A partire da questo dato grezzo è possibile eseguire un’analisi del territorio considerando aree di maggior sensibilità quelle meno adatte alla realizzazione dell’opera.

Al fine dell’applicazione delle norme contenute nel P.A.I. (Piano stralcio “Assetto Idrogeologico”) il suddetto reticolo idrografico è stato classificato gerarchicamente all’art. 5, comma 20 da monte verso valle in:

- principale: tratti di corsi d’acqua appartenenti agli ordini di Strahler maggiori o uguali a 5 (massimo ordine raggiunto nell’area di studio 7); - secondario: tratti di corsi d’acqua appartenenti agli ordini di Strahler 3 e 4; - minuto: tratti di corsi d’acqua appartenenti agli ordini di Strahler 1 e 2, mentre non fanno parte del reticolo idrografico i canali di irrigazione e di alimentazione di mulini o di altra attività.

Quindi sulla base delle linee guida dettate dall’art. 21, comma 1 del P.A.I. è necessario osservare una fascia di rispetto in prossimità dei corsi d’acqua misurata dal limite più esterno fra le sponde e il limite demaniale o dal piede arginale esterno di ampiezza variabile in funzione della gerarchia e pari a:

- 40 metri se ricadenti nel reticolo idrografico principale, riducibile dalla Provincia, in qualità di Autorità idraulica competente, a 20 metri all’interno dei perimetri dei centri urbani;

- 20 metri se ricadenti nel reticolo idrografico secondario; - 10 metri se ricadenti nel reticolo idrografico minuto.

Tenendo conto di queste indicazioni sono state create mediante il software GIS le suddette fasce di rispetto attorno ai fiumi utilizzando il comando “Buffer” che consente di generare appunto un’area buffer che raccoglie tutti i punti distanti un valore prefissato da una determinata primitiva.

Infine, per rendere comparabili i vari attributi di uno stesso criterio, il dato vettoriale così ottenuto è stato convertito in formato GRID e successivamente

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standardizzato in modo tale che ogni cella (di lato 10 metri) del raster potesse assumere due differenti valori:

- 1: nelle fasce caratterizzate dalla presenza del vincolo;

- 0: nelle zone dell’area di studio al di fuori delle suddette fasce di rispetto. Si riporta quindi di seguito il layout relativo all’attributo “corsi fluviali” standardizzato:

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3.7.1.2 Attributo Pozzi

Il dato di partenza di cui si dispone, è un dato in formato vettoriale di tipo

puntuale; si riporta di seguito lo strato informativo relativo a tale attributo in cui

si può osservare la distribuzione spaziale di pozzi sorgenti e derivazioni nell’area di studio.

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Anche in questo caso le zone più adatte alla realizzazione dell’infrastruttura viaria sono quelle che si trovano a maggiore distanza dai pozzi; tuttavia a differenza del caso procedente la normativa è più restrittiva infatti nell’art. 2.4 del P.T.C. vengono incaricati i Comuni ad assumere misure di tutela necessarie a salvaguardare le risorse destinate al consumo umano secondo la disciplina di cui all’art. 21 del D. Lgs 11 maggio n°152 nel quale vengono individuate le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto, nonché, all’interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, le zone di protezione; in particolare:

- Zona di tutela assoluta: costituita dall’area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni; essa deve avere un’estensione in caso di acque sotterranee e, ove possibile per le acque superficiali, di almeno 10 metri di raggio dal punto di captazione, deve essere adeguatamente protetta e adibita esclusivamente ad opere di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio;

- Zona di rispetto: costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d’uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata; la medesima deve avere un’estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione (le opere viarie all’interno di questa zona devono essere messe in sicurezza);

- Zona di protezione: delimitate secondo le indicazioni delle regioni per assicurare la protezione del patrimonio idrico. In esse possono essere adottate misure relative alla destinazione del territorio interessato, limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili, produttivi, turistici, agroforestali e zootecnici.

In questa sede, facendo riferimento alle “zone vincolate”, si prende in considerazione esclusivamente la fascia di rispetto di raggio 200 metri, mentre la

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zona di tutela assoluta verrà considerata quando si tratteranno le “zone di

esclusione” nelle quali l’infrastruttura non può assolutamente passare. Quindi

ancora una volta tenendo conto delle disposizioni del PT.C. sono state create mediante il software GIS le suddette fasce di rispetto attorno ai pozzi utilizzando il comando “Buffer” contenuto in Arc Map.

Infine, per rendere comparabili i vari attributi di uno stesso criterio, il dato vettoriale così ottenuto è stato convertito in formato GRID e successivamente stndardizzato in modo tale che ogni cella (di lato 10 metri) del raster potesse assumere due differenti valori:

- 1: nelle fasce caratterizzate dalla presenza del vincolo;

- 0: nelle zone dell’area di studio al di fuori delle suddette fasce di rispetto. Si riporta quindi di seguito il layout relativo all’attributo “pozzi” standardizzato:

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3.7.1.3 Attributo Casse di laminazione

Le casse di laminazione sono opere idrauliche finalizzate alla riduzione della portata al colmo di piena di un corso d’acqua mediante l’accumulo temporaneo dei volumi d’acqua; in base al loro funzionamento si possono dividere in:

- Casse di laminazioni in derivazione nelle quali il volume viene invasato in un’area situata in fregio al corso d’acqua. Tale area è di regola pianeggiante e delimitata totalmente o parzialmente da arginature artificiali. I livelli d’acqua raggiungibili nella cassa sono generalmente inferiori ai 5 metri e normalmente essa è vuota. L’acqua è derivata in modo controllato realizzando uno sfioratore laterale posto ad una quota tale da sottrarre i volumi di piena in transito al disopra di un prefissato livello. La cassa di laminazione in derivazione è inoltre dotata di scarico di fondo, anch’esso regolato o meno da paratoie meccaniche, che consente lo svuotamento della stessa dopo il transito dell’onda di piena in alveo.

- Casse di laminazione in linea nelle quali il volume viene invasato sbarrando il corso d’acqua mediante un’opera trasversale (briglia o diga) dotata di uno scarico (bocca tarata) che, al transito della piena, ne limita la portata in uscita provocando l’accumulo temporaneo dei volumi di piena a monte. La cassa di laminazione in linea è di regola provvista di uno sfioratore di superficie che limita il livello a monte in occasione di eventi che riempiono completamente la cassa. Tale tipo di cassa non interferisce con il deflusso e con il trasporto solido naturale.

Si intuisce quindi facilmente come le aree destinate ad accogliere casse di laminazione non siano adatte alla realizzazione di un’infrastruttura viaria; a conferma di questo viene più volte specificato all’interno del P.A.I. come in queste zone siano ammessi, previo parere obbligatorio e vincolante del Comitato Tecnico

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dell’Autorità di Bacino, soltanto interventi che comportino limitate modifiche morfologiche dei terreni tali da non alterare significativamente la capacità di laminazione delle acque di esondazione.

In particolare si può notare, nell’area di studio, la presenza di quattro differenti opere di laminazione due delle quali si trovano nella parte centrale dell’area di studio in corrispondenza del confine dei due Comuni interessati; una in derivazione è posizionata in fregio al torrente Riccò, mentre l’altra in linea si trova a cavallo del torrente Graveglia. Le due restanti, entrambe in derivazione, sono invece collocate ai due confini opposti dell’area di studio e realizzate in fregio ai torrenti Usurana e Pignone.

Anche in questo affinché questo attributo sia comparabile con gli altri appartenenti allo stesso criterio, il dato vettoriale di partenza è stato convertito in formato GRID e successivamente standardizzato in modo tale che ogni cella (di lato 10 metri) del raster potesse assumere due differenti valori:

- 1: nelle aree caratterizzate dalla presenza del vincolo (cassa di laminazione);

- 0: nelle restanti zone dell’area di studio.

Si riporta quindi di seguito il layout relativo all’attributo “casse di

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3.7.1.4 Attributo Siti di Interesse Comunitario (SIC)

L’acronimo SIC significa Sito di Interesse Comunitario. Sono parti di

territorio sottoposte a particolare tutela perché al loro interno sono concentrate

specie ed habitat, che la Comunità Europea ritiene di speciale interesse. Sono

quegli ambienti, piante ed animali che danno significato al termine “biodiversità”, cioè quel patrimonio di risorse naturali che caratterizza il nostro pianeta ed il cui mantenimento risulta fondamentale (sul piano culturale come dell’equilibrio ecologico) per il nostro presente come per il nostro futuro.

In particolare nell’area di studio sono presenti i seguenti siti di interesse comunitario:

SIC “Porto Venere – Riomaggiore – San Benedetto”: area di grandissimo

pregio paesaggistico e ambientale: il versante costiero, da Riomaggiore a Portovenere, è costituito da promontori rocciosi, rupi calcaree inaccessibili, piccole insenature con spiagge ciottolose. Le pendici interne sono decisamente più fresche e ospitano boschi di castagno con vetusti esemplari. Nella zona di Tramonti i coltivi si mescolano ad appezzamenti abbandonati o completamente riconquistati dalla vegetazione naturale. Nella parte più interna verso San Benedetto ed in quella più orientale sono diffuse le morfologie carsiche.

SIC “Parco del Magra – Vara”: quest’area rappresenta l’unico esempio, in

buono stato di conservazione, di ambiente prettamente fluviale in Liguria. Legato strettamente al corso d'acqua in alcuni punti, il sito si allarga, in altri, a comprendere le adiacenti zone riparie dove a boschi alluvionali e zone umide si sostituiscono altri aspetti più o meno alterati da attività dell'uomo. Il Vara conserva elementi di maggiore naturalità con meandri incassati e piccole piane alluvionali.

Sono inoltre presenti varie zone umide (stagni, prati allagati, tratti di estuario con risalita di acque marine, ecc.) di elevato interesse.

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SIC “Zona carsica di Pignone”: si tratta di una piccola porzione del

versante compreso tra la piana alluvionale di Pignone e il crinale del Castellaro. Nell'area, di natura carsica, sono presenti importanti cavità: Grotta della Fornace, Grotta Grande di Pignone e Grotta Seconda di Pignone. Il sito ha anche notevole interesse storico e paleontologico: nelle numerose grotte naturali sono stati infatti ritrovati resti fossili e reperti archeologici e il "Castellaro" corrisponde ad antichi insediamenti liguri.

SIC “Monte Marcello – Magra”: Il sito è localizzato sul promontorio che

separa il Golfo della Spezia dal Fiume Magra. Il paesaggio mostra un'alternanza di boschi, macchia mediterranea ed aree agricole. Le coste rocciose si sostituiscono, a tratti, a piccole spiagge ciottolose. Ricchi depositi fossiliferi rendono l'area interessante anche sotto il profilo paleontologico.

Si riporta di seguito il layout relativo al dato grezzo di partenza (dato in

formato vettoriale di tipo poligonale) in cui si può osservare la posizione

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La decisione di considerare queste zone sottoposte a vincoli penalizzanti e non escludenti deriva dal fatto che la presenza di un SIC o di una ZPS, contrariamente a quanto avviene nei parchi e in altre aree protette, non fa scattare divieti o norme di salvaguardia ben definite quali ad esempio il "divieto di caccia" o il "divieto ad edificare", ma obbliga al buon mantenimento degli habitat e delle specie per cui il sito è stato individuato. È per questo che, prima dell'approvazione di un piano o di un progetto che interessa l'area di un SIC o di una ZPS, è necessario svolgere indagini conoscitive preliminari, che dovranno mostrare eventuali effetti sulle specie e sugli habitat che il sito tutela. Tale studio sarà oggetto della valutazione di incidenza che, in Liguria, è regolamentata da una procedura individuata dalla DGR 328 del 07/04/2006.

La Direttiva Habitat della Comunità Europea (art. 6) prevede che qualunque piano territoriale o progetto che insiste sul territorio di un SIC o di una ZPS, prima di essere approvato, debba essere preceduto da un approfondimento tecnico (relazione d'incidenza) sugli effetti che l'intervento proposto potrebbe causare sugli aspetti naturalistici del SIC o della ZPS. L'Ente (Regione, Provincia, Comune, Ente Parco o altro) che deve approvare il piano o autorizzare il progetto, dovrà analizzare la relazione di incidenza e valutare se quanto viene proposto sia compatibile con uno "stato di conservazione soddisfacente" delle specie e degli habitat localizzati all'interno del SIC o della ZPS.

Anche in questo affinché questo attributo sia comparabile con gli altri appartenenti allo stesso criterio, il dato vettoriale di partenza è stato convertito in formato GRID e standardizzato in modo tale che ogni cella (di lato 10 metri) del raster potesse assumere due differenti valori:

- 1: nelle aree caratterizzate dalla presenza del vincolo (SIC); - 0: nelle restanti zone dell’area di studio.

Si riporta quindi di seguito il layout relativo all’attributo “SIC” standardizzato:

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3.7.1.4 Attributo Vincolo Idrogeologico

Il R.D.L. 30.12.1923 n° 3267 , tuttora in vigore, dal titolo: "Riordinamento e riforma in materia di boschi e terreni montani" sottopone a “vincolo per scopi idrogeologici i terreni di qualsiasi natura e destinazione che, per effetto di forme di utilizzazione contrastanti con le norme di cui agli artt. 7,8 e 9 (articoli che riguardano dissodamenti, cambiamenti di coltura ed esercizio del pascolo), possono con danno pubblico subire denudazioni, perdere la stabilità o turbare il regime delle acque"

Lo scopo principale del Vincolo Idrogeologico è quello di preservare l'ambiente fisico e quindi di garantire che tutti gli interventi che vanno ad interagire con il territorio non compromettano la stabilità dello stesso, né inneschino fenomeni erosivi, ecc., con possibilità di danno pubblico, specialmente nelle aree collinari e montane.

Si riporta di seguito il layout relativo al dato grezzo di partenza (dato in formato vettoriale di tipo poligonale) in cui si mettono in evidenza le zone dell’area di studio sottoposte a vincolo per scopi idrogeologici:

Il Vincolo Idrogeologico in generale non preclude la possibilità di intervenire sul territorio, ma segue l'integrazione dell'opera con lo stesso. Un territorio che deve rimanere integro e fruibile anche dopo l'azione dell'uomo, rispettando allo stesso tempo i valori paesaggistici dell’ambiente.

In Particolare nell’art. 35 della L.R. 22/1/1999 comma 1 si specifica che nei terreni sottoposti a vincolo per scopi idrogeologici, ogni movimento di terreno nonché qualsiasi attività che comporti mutamento di destinazione ovvero trasformazione nell’uso dei boschi e dei terreni nudi e saldi è soggetta ad autorizzazione e subordinata alle modalità esecutive prescritte.

In fine, il dato vettoriale di partenza è stato convertito in formato GRID e standardizzato in modo tale che ogni cella (di lato 10 metri) del raster potesse assumere due differenti valori:

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- 1: nelle aree caratterizzate dalla presenza del vincolo per scopi idrogeologici;

- 0: nelle restanti zone dell’area di studio.

Si riporta quindi di seguito il layout relativo all’attributo “Vincolo

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3.7.2 Criterio Suolo e Sottosuolo

Obiettivo di questa componente ambientale è la determinazione della sostenibilità degli usi, attuali e previsti, del suolo e sottosuolo, l’individuazione dei problemi legati alle caratteristiche geolitologiche, geostrutturali, geomorfologiche e idrogeologiche.

Tale criterio si compone dei seguenti attributi: 1. Pericolosità idraulica

2. Pericolosità geomorfologica

3. Valore dei terreni (o valore economico dei suoli) 4. Permeabilità

3.7.2.1 Attributo Pericolosità Idraulica (PI)

Con il termine pericolosità si intende la probabilità che si realizzino le condizioni di accadimento di un evento calamitoso in una data area. In particolare la pericolosità idraulica è riferita alla probabilità annua di superamento della portata di riferimento che è rappresentata dall’inverso del tempo di ritorno.

In base alle disposizioni contenute nell’art. 14 del P.A.I il territorio dell’area in esame viene suddiviso in tre classi di pericolosità idraulica in funzione del tempo di ritorno:

Aree a pericolosità idraulica molto elevata / elevata (PI4): aree inondabili al verificarsi dell’evento con portata al colmo di piena corrispondente a periodo di ritorno T=30 anni;

Aree a pericolosità idraulica media (PI3): aree esterne alle precedenti, inondabili al verificarsi dell’evento con portata al colmo di piena corrispondente a periodo di ritorno T=200 anni;

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Aree a pericolosità idraulica bassa (PI2): aree esterne alle precedenti, inondabili al verificarsi dell’evento con portata al colmo di piena corrispondente a periodo di ritorno T=500 anni.

Occorre specificare che per aree inondabili si intendono quelle porzioni di territorio soggette ad essere allagate da un corpo idrico a seguito di un evento di piena. Le aree inondabili possono essere caratterizzate da una probabilità di inondazione definita dal tempo di ritorno (T 1

1P

in cui P rappresenta la probabilità di non allagamento) che rappresenta il numero medio di anni che intercorrono tra due allagamenti successivi della stessa area.

Si riporta di seguito il layout relativo al dato grezzo di partenza (dato in

formato vettoriale di tipo poligonale) in cui si mettono in evidenza le aree a

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Da questa rappresentazione si può notare che, come si poteva immaginare, le aree a maggiore pericolosità idraulica sono quelle a cavallo dei tre maggiori corsi d’acqua che interessano l’area di studio ovvero il Fiume Vara ed i torrenti Graveglia e Riccò.

A questo punto a ciascuna classe di pericolosità è stato attribuito un peso utilizzando il metodo del Confronto a Coppie di Saaty:

P.I.4 P.I.3 P.I.2

P.I.4 1,00 2,00 3,00

P.I.3 0,50 1,00 1,00

P.I.2 0,33 1,00 1,00

Attributi Vettore dei Pesi

P.I.4 0,55

P.I.3 0,24

P.I.2 0,21

Per la verifica dell’esattezza dei pesi trovati è stato calcolato il rapporto di consistenza della matrice che risulta pari a 0,016 e dunque inferiore al massimo valore accettabile che è pari a 0,10; quindi i risultati ottenuti possono considerarsi acce.

Lambda (λ) Indice di Consistenza (CI) Rapporto di Consistenza (CR)

3,02 0,009 0,016

L’attribuzione di questi pesi non è casuale, ma scaturisce da un’analisi dettagliata dell’art. 18 del PAI nel quale vengono disciplinate le aree a diversa classe di pericolosità idraulica.

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In particolare una sensibilità molto elevata è stata attribuita alle zone ricadenti nella classe P.I.4, nelle quali sono consentiti esclusivamente interventi di adeguamento e ristrutturazione delle reti di trasporto, mentre un peso decisamente inferiore è stato assegnato alle zone a pericolosità idraulica medio-bassa nelle quali invece sono consentiti interventi di realizzazione di nuove infrastrutture anche se previo parere obbligatorio e vincolante del Comitato Tecnico dell’Autorità di Bacino e purché progettate sulla base di uno specifico studio di compatibilità idraulica che attesti il non aumento delle condizioni di pericolosità e rischio anche nelle aree limitrofe, a monte e a valle.

A questo punto è stata eseguita la standardizzazione dell’attributo attraverso il calcolo del vettore dei pesi normalizzato:

Attributi Vettore dei Pesi Normalizzato

P.I.4 1,00

P.I.3 0,44

P.I.2 0,38

Tali pesi sono stati attribuiti a ciascuna classe di pericolosità attraverso la creazione di un nuovo campo nello shape vettoriale relativo al dato di partenza, quindi affinché questo attributo sia comparabile con gli altri appartenenti allo stesso criterio è stata eseguita la conversione in formato GRID (sul campo “peso”) in modo tale che ogni cella (di lato 10 metri) del raster potesse assumere valori compresi tra 0 e 1 che nel caso specifico sono:

- 1: nelle aree a pericolosità idraulica molto elevata /elevata (P.I.4); - 0,44: nelle aree a pericolosità idraulica media (P.I.3);

- 0,38: nelle aree a pericolosità idraulica bassa (P.I.2); - 0: nelle restanti zone dell’area di studio.

Si riporta quindi di seguito il layout relativo all’attributo “pericolosità

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3.7.2.2 Attributo Pericolosità Geomorfologica (PG)

La pericolosità geomorfologia è riferita a fenomeni di dissesto in atto, non riguarda quindi la pericolosità di aree non interessate da dissesto (propensione al dissesto).

In base alle disposizioni contenute nell’art. 12 del P.A.I il territorio dell’area in esame viene suddiviso in tre classi di pericolosità geomorfologica:

Aree a pericolosità geomorfologica molto elevata (PG4): frane attive e zone di pertinenza;

Aree a pericolosità geomorfologica elevata (PG3): frane quiescenti e zone di pertinenza, coltri detritiche potenti assimilabili, per grado di pericolosità, a frane quiescenti;

Aree a pericolosità geomorfologica media (PG2): frane inattive e zone di pertinenza, aree in dissesto artificialmente stabilizzate, DGPV e coltri detritiche.

Le restanti aree, non comprese nelle precedenti classi, non presentano indizi di franosità reale allo stato delle conoscenze o sono interessate da fenomeni di dissesto di superficie inferiore a 5000 mq.

Occorre specificare quindi che cosa s’intende per frane attive, inattive o quiescenti in base alle definizioni contenute nel PAI:

- Frana attiva: accumuli generalmente eterogenei ed eterometrici di materiali litoidi e non, in matrice limosa e assetto scompaginato, in movimento continuo o discontinuo;

- Frana inattiva: accumuli generalmente eterogenei ed eterometrici di materiali litoidi e non, in matrice limosa e aspetto scompaginato, non più riattivabili nel loro complesso in quanto stabilizzati naturalmente o artificialmente; non sono più attiva le cause che hanno determinato il

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movimento originario, ma sono comunque possibili locali riattivazioni di intensità minore del fenomeno originario;

- Frana quiescente: accumuli generalmente eterogenei ed eterometrici di materiali litoidi e non, in matrice limosa e aspetto scompaginato, in movimento discontinuo; sono ancora attive le cause che hanno determinato il movimento originario e l’accumulo si può rimobilitare nel suo complesso.

Si riporta di seguito il layout relativo al dato grezzo di partenza (dato in

formato vettoriale di tipo poligonale) in cui si mettono in evidenza le aree a

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Per quanto riguarda i dissesti, quelli presenti nelle unità liguridi, consistono, in genere, in piccole frane di scivolamento; mentre quelli che si originano nella coltre di alterazione delle arenarie sono rappresentati per lo più da frane indifferenziate di limitata estensione. Queste ultime sono presenti in alcune zone nell’ambito del territorio in esame, come nell’area compresa tra le località Bruso ed il Boscone (in destra idrografica del torrente Graveglia) ed a nord di Beverino (in sinistra idrografica del Fiume Vara).

Nell’area di studio si segnalano inoltre alcune paleofrane localizzate anch’esse nelle arenarie del M. Gottero e situate poco ad ovest di Beverino, in località Colle dei Frati (a nord di Graveglia) ed a nord-est di Debbio.

A questo punto a ciascuna classe di pericolosità è stato attribuito un peso utilizzando il metodo del Confronto a Coppie di Saaty:

P.G.4 P.G.3 P.G.2

P.G.4 1,00 3,00 3,00

P.G.3 0,33 1,00 2,00

P.G.2 0,33 0,50 1,00

Attributi Vettore dei Pesi

P.G.4 0,59

P.G.3 0,25

P.G.2 0,16

Per la verifica dell’esattezza dei pesi trovati è stato calcolato il rapporto di consistenza della matrice che risulta pari a 0,046 e dunque inferiore al massimo valore accettabile che è pari a 0,10; quindi i risultati ottenuti possono considerarsi accettabili.

Lambda (λ) Indice di Consistenza (CI) Rapporto di Consistenza (CR)

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L’attribuzione di questi pesi scaturisce da un’analisi dettagliata dell’art. 13 del PAI nel quale vengono disciplinate le aree a diversa classe di pericolosità geomorfologica.

In particolare una sensibilità molto elevata è stata attribuita alle zone ricadenti nella classe P.G.4 (pericolosità molto elevata), nelle quali sono consentiti esclusivamente interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, completamento, adeguamento e ristrutturazione delle infrastrutture esistenti, purché siano realizzati senza aggravare le condizioni di dissesto dell’area.

Un peso inferiore è stato invece assegnato alle zone a pericolosità geomorfologica medio-elevata (P.G.2 e P.G.3) nelle quali invece sono consentiti interventi di realizzazione di nuove infrastrutture purché i relativi progetti siano corredati da indagini geologico-tecniche a livello di area complessiva e prevedano la realizzazione di eventuali opere di miglioramento delle condizioni di stabilità in relazione alla natura dell’intervento ed a quella del dissesto. Inoltre per le aree di classe P.G.3 è necessario il parere obbligatorio e vincolante del Comitato Tecnico dell’Autorità di Bacino.

A questo punto è stata eseguita la standardizzazione dell’attributo attraverso il calcolo del vettore dei pesi normalizzato:

Attributi Vettore dei Pesi Normalizzato

P.G.4 1,00

P.G.3 0,43

P.G.2 0,27

Tali pesi sono stati attribuiti a ciascuna classe di pericolosità attraverso la creazione di un nuovo campo nello shape vettoriale relativo al dato di partenza, quindi affinché questo attributo sia comparabile con gli altri appartenenti allo stesso criterio è stata eseguita la conversione in formato GRID (sul campo “peso”) in modo tale che ogni cella (di lato 10 metri) del raster potesse assumere valori compresi tra 0 e 1 che nel caso specifico sono:

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- 1: nelle aree a pericolosità geomorfologica molto elevata (P.G.4); - 0,43: nelle aree a pericolosità geomorfologica elevata (P.G.3); - 0,27: nelle aree a pericolosità geomorfologia media (P.G.2); - 0: nelle restanti zone dell’area di studio.

Si riporta quindi di seguito il layout relativo all’attributo “pericolosità

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3.7.2.3 Valore Economico dei Suoli

La vegetazione del territorio interessato dal progetto è costituita quasi ed esclusivamente da due grandi categorie:

- boschi misti di latifoglie e conifere,

- boschi riparali ed igrofili con cespuglieti di greto.

I boschi riparali ed igrofili ed i cespuglieti di greto sono localizzati chiaramente lungo i corsi d’acqua e sono composti da diversi aggruppamenti, denominati e descritti seguendo le specie dominanti (saliceto, pioppeto …). In alcune zone la fascia riparia si presenta consistente ed articolata (es. confluenza Vara-Riccò), mentre in altre è ridotta a piccoli lembi residui (es. torrente Graveglia).

I boschi misti di latifoglie e conifere, costituiti essenzialmente da castagno, carpino nero, roverella, cerro ed acero, rappresentano un mosaico costituito dai boschi misti mesofili che si alternano con le formazioni a pino marittimo. In alcune zone le pinete si addensano e si mostrano come formazione monospecifiche.

I pioppeti d’origine artificiale trovano spazio nelle aree golenali e, sebbene non possano essere considerati vegetazione naturale, a volte ospitano specie degli aneti, dei saliceti e dei pioppeti naturali.

Oltre a queste, che come detto rappresentano le formazioni dominanti, è bene sottolineare la presenza di territori agricoli caratterizzati da seminativi, colture permanenti (ulivo e vite) e prati stabili nonché di territori modellati

artificialmente come zone urbanizzate, industriali, estrattive e verde artificiale.

Si riporta quindi di seguito il layout relativo al dato grezzo di partenza (dato in formato vettoriale di tipo poligonale) in cui si mettono in evidenza le diverse classi di uso del suolo presenti nell’area in esame.

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A questo punto sono state raggruppate le suddette classi di uso del suolo in tre macroclassi seguendo un criterio di aggregazione di tipo economico (le classi vengono aggregate secondo il rispettivo valore in €/ha); tali valori economici sono stati ricavati consultando i valori agricoli medi forniti dalla Provincia relativi alla regione agraria n°2 (Medio Vara) all’interno della quale sono compresi i comuni dell’area oggetto di studio; in particolare come si può notare dalla tabella sottostante il criterio di aggregazione adottato è il seguente:

- Elevato: valore economico > di 15000 €/ha

- Medio: valore economico compreso tra 5000 e 15000 €/ha - Basso: valore economico < di 5000 €/ha

Classi Tipo di coltura Valore medio per ettaro (€/ha)

Elevato

Vigneti 49000

Uliveti 29500

Seminativo semplice e arborato 22000

Aree agricole miste 16000

Medio

Boschi di angiosperme submontane, montane

e/o subalpine (castagno, faggio …) 8800

Boschi di conifere marittime e collinari

(pinastro, pino d’aleppo, pino domestico) 7000 Boschi di angiosperme marittime e collinari

(leccio, roverelle, carpino nero) 6500

Boschi di conifere submontane, montane e/o

subalpine (pino nero e pino silvestre) 6500 Boschi misti di angiosperme e conifere 6000 Prato sfalciabile in uso o in abbandono 6000

Basso

Formazioni riparali 800

Aree calanchive e/o in forte erosione 800 Aree estrattive abbandonate o in via di

riqualificazione 1000

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A queste viene infine aggiunta un’ulteriore classe (classe “0”) in cui vengono inseriti tutti gli usi del suolo appartenenti a categorie esclusive quali: corsi d’acqua, reti autostradali, aree urbanizzate dal valore economico molto elevato etc… .

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A ciascuna di queste classi, esclusa la classe 0 (che rappresenta aree appartenenti a categorie esclusive) è stato attribuito un peso utilizzando il metodo del Confronto a Coppie di Saaty:

Elevato Medio Basso

Elevato 1,00 2,00 3,00

Medio 0,50 1,00 2,00

Basso 0,33 0,50 1,00

Attributi Vettore dei Pesi

Elevato 0,54

Medio 0,30

Basso 0,16

Per la verifica dell’esattezza dei pesi trovati è stato calcolato il rapporto di consistenza della matrice che risulta pari a 0,008 quindi inferiore al massimo valore accettabile che è pari a 0,10; quindi i risultati ottenuti possono considerarsi accettabili.

Lambda (λ) Indice di Consistenza (CI) Rapporto di Consistenza (CR)

3,01 0,005 0,008

Per il modo in cui sono state costruite le macroclassi si è cercato di ottenere un vettore dei pesi decrescente con intervalli piuttosto regolari attribuendo come ovvio la massima sensibilità ai terreni con maggiore valore economico in quanto l’esproprio di questi ultimi comporta dei costi molto elevati.

A questo punto è stata eseguita la standardizzazione dell’attributo attraverso il calcolo del seguente vettore dei pesi normalizzato:

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Attributi Vettore dei Pesi Normalizzato

Elevato 1,00

Medio 0,55

Basso 0,30

Tali pesi sono stati attribuiti a ciascuna classe di valore economico attraverso la creazione di un nuovo campo nello shape vettoriale relativo al dato di partenza, quindi affinché questo attributo sia comparabile con gli altri appartenenti allo stesso criterio è stata eseguita la conversione in formato GRID (sul campo “peso”) in modo tale che ogni cella (di lato 10 metri) del raster potesse assumere valori compresi tra 0 e 1 che nel caso specifico sono quelli riportati nella tabella soprastante.

Infine le aree ricadenti nella classe “0”, appartenenti a categorie esclusive, nelle quali la realizzazione dell’opera non è possibile indipendentemente dal loro valore economico sono state trattate come zone di esclusione ed è stato attribuito ad esse un valore “No Data” utilizzando la funzione “Setnull” contenuta nell’estensione “Spatial Analyst” del software GIS.

Si riporta quindi di seguito il layout relativo all’attributo “valore economico dei suoli” standardizzato:

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3.7.2.4 Permeabilità

Per prima cosa è opportuno accennare brevemente quali sono le principali formazioni litologiche presenti nell’area interessata dalla realizzazione dell’opera in quanto da esse dipende la permeabilità dei terreni.

In particolare, l’area di studio è costituita prevalentemente dalle arenarie del M. Gottero che affiorano in corrispondenza dei rilievi che delimitano le valli dei torrenti Grveglia e Riccò.

Nell’area situata a sud e a sud-ovest di San Benedetto affiorano invece rocce essenzialmente carbonatiche (depositi calcarei) che caratterizzano i rilievi di M. Cermo, M. Carmi e M. Berisedo.

In corrispondenza dei rilievi arenacei si osservano localmente delle coperture detritiche, talora anche molto estese, derivanti da processi di alterazione della roccia. In particolare si segnala per estensione la coltre detritica che interessa le pendici di Cima del Perdono e di M. Vorrada. Detti rilievi formati essenzialmente da arenarie, sono situati a sud di Beverino e delimitano la valle del torrente Riccò da quella del torrente Graveglia. Inoltre, alla base dei rilievi che delimitano la valli fluviali dei suddetti torrenti sono presenti molto frequentemente fasce detritiche di limitata estensione.

In corrispondenza del fondovalle affiorano i sedimenti di origine continentale, formati da alluvioni recenti ed attuali rilasciate dal torrente Graveglia, dal torrente Riccò, dal Fiume Vara e dai loro principali affluenti. Tali sedimenti sono costituiti da ciottoli, massi, ghiaie, sabbie, limi e raramente da lenti di argilla.

I sedimenti di origine continentale comprendono anche le coltri detritiche, descritte in precedenza, che ammantellano le pendici dei rilievi costituiti da rocce prevalentemente arenacee (arenarie del M. Gottero o M. Zatta).

Si riporta quindi di seguito lo strato informativo che mette in evidenza le principali formazioni litologiche presenti nell’area di studio:

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Come detto in precedenza la circolazione delle acque sotterranee è strettamente connessa alle caratteristiche litologiche, stratigrafiche e strutturali delle differenti unità sedimentarie.

Dal punto di vista idrogeologico è stato quindi possibile distinguere i terreni presenti lungo il tracciato in base alle loro caratteristiche di permeabilità in quattro classi:

1. Terreni a permeabilità variabile per porosità: comprende i sedimenti sciolti (detrito, alluvioni antiche, recenti ed attuali) caratterizzati da una permeabilità variabile da bassa ad alta per porosità.

In linea generale i depositi alluvionali che si rinvengono nei fondovalle dei torrenti Riccò e Graveglia e del F. Vara, sono caratterizzati da una permeabilità alta (sedimenti fluv. Lac. e marini recenti e att./ all. terrazzate e dep. fluviolacustri dello shape) in quanto costituiti prevalentemente ciottoli ghiaie e sabbie. Tuttavia la presenza di intercalazioni limose o più raramente argillose contribuisce a ridurre localmente il grado di permeabilità dei suddetti sedimenti.

Anche le coltri detritiche (coperture detritiche dello shape) possono presentare una permeabilità buona laddove prevalgono i sedimenti più grossolani ed a scarso grado di cementazione; laddove prevalgono invece i sedimenti più fini e/o ad elvato grado di cementazione, la permeabilità è invece decisamente bassa.

2. Terreni da mediamente a poco permeabili per fessurazione (permeabilità secondaria): comprende la quasi totalità dei terreni presenti nell’area in esame, ovvero i terreni arenaceo- argillitico- siltitici. In particolare le arenarie del M. Zotta o del M. Gottero, molto diffuse arealmente nell’area di studio, presentano una permeabilità primaria molto bassa ed una permeabilità secondaria variabile in base al grado di fratturazione. Infatti, in corrispondenza delle zone maggiormente fratturate e delle coltri di

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alterazione superficiale che ricoprono talora le arenarie, la permeabilità può assumere valori decisamente più elevati anche se circoscritti a zone di estensione limitata.

3. Terreni molto permeabili per fessurazione e/o carsismo: include le rocce prevalentemente calcaree e dolomitiche che sono contraddistinte da una permeabilità per fassurazione e/o carsismo generalmente molto alta e costituiscono spesso degli importanti acquiferi a livello regionale. Questa classe è poco rappresentata nel territorio oggetto di studio.

4. Terreni impermeabili: comprende le rocce a prevalente contenuto argilloso e argilloso/limoso, pertanto pressoché impermeabili. Ad essa sono stati attribuiti anche gli accumuli derivanti da movimenti di massa (frane, paleofrane), i depositi eluvio- colluviali e le coltri detritiche a prevalente contenuto pelitico. Anche questa classe come la precedente è poco diffusa nell’area di studio.

Quindi in base a quanto scritto precedentemente le formazioni litologiche contenute nello shape di partenza sono state raggruppate in funzione della permeabilità nel modo indicato nella seguente tabella:

FORMAZIONI LITOLOGICHE CLASSI DI PERMEABILITÀ

Rocce calcaree MOLTO PERMEABILI

Coperture detritiche

PERMEABILI Sedimenti fluviali lacustri e marini recenti e attuali

Alluvioni terrazzate e depositi fluviolacustri Rocce arenacee

ABBASTANZA PERMEABILI Rocce ofiolitiche

Rocce silicee

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Figura

Fig. 3.1: prospettiva degli input ed ouput di un modello di analisi multicriteri spaziale
Fig. 3.5: Matrice di valutazione
Fig. 3.6: Albero gerarchico
Tab. 3.1: “Tabella riassuntiva delle caratteristiche relative agli Attributi concorrenti alla valutazione dei Criteri  utilizzati”
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