La cessione del credito iva come operazione di finanziamento
di Giuseppe Demauro
Pubblicato il 21 ottobre 2008
In un periodo di generale scarsa liquidità del sistema economico, sempre più frequentemente si assiste alla cessione da parte delle imprese dei propri crediti di imposta con il preciso obiettivo di acquisire liquidità in tempi brevi e finanziare così la spesa corrente.
Il fenomeno è imputabile oltre alla necessità di smobilizzare i crediti anche per fronteggiare i tempi di attesa diventati ormai lunghi per vedersi riconosciuto il proprio diritto.
Tali operazioni sono poste in essere dagli istituti di credito o come linea di credito autoliquidante o, come spesso capita nella prassi quotidiana, come garanzia per l’ottenimento di un finanziamento o di una qualsiasi altra linea di credito.
A differenza di quanto accade per i crediti IRES il cui iter di cessione è disciplinato dagli artt. 43-bis e 43-ter del D.P.R. 602/1973, non esiste una norma tributaria specifica che regolamenta in particolar modo la cessione del credito IVA.
Tale mancanza in passato ha prodotto diversi problemi circa la fattibilità della cessione che solo con l’intervento del legislatore ha trovato concreta attuazione attraverso l’art. 5 comma 4-ter del D.L. 14 marzo 1988 n. 70.
Al decreto appena citato seguì l’intervento dell’Agenzia delle Entrate (o meglio degli ispettori compartimentali del Ministero delle Finanze) che con propria circolare (n. 71 del 30 marzo 1989) prevedeva sia la possibilità di cessione del credito IVA sia le modalità operative della cessione stessa che sono state poi nel tempo sempre oggetto di ulteriori rivisitazioni.
Ma vediamo quali sono le caratteristiche peculiari della cessione:
· la cessione ha per oggetto solo il credito che risulta dalla dichiarazione annuale che sia stato richiesto a rimborso;
· la cessione deve essere effettuata attraverso la forma dell’atto pubblico e/o della scrittura privata autenticata;
· nell’atto devono essere esplicitamente individuate le parti contraenti e l’oggetto del contratto;
· l’atto deve evidenziare la previsione dell’obbligo di notifica della cessione stessa all’ufficio tributario ed al concessionario per la riscossione;
· il cedente deve notificare all’ufficio competente ed al concessionario per la riscossione l’avvenuta cessione del credito mediante l’invio di una copia autenticata dell’atto tramite ufficiale giudiziario;
· il rimborso deve avvenire direttamente nei confronti del cessionario del credito.
Misura del credito cedibile
Nessun limite alla cessione di credito Iva viene annoverato tra le disposizioni di legge così come nulla a tal proposito è mai stato evidenziato da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Ne deriva che debba ritenersi cedibile anche una parte del credito dell’imposta in questione nonostante elementi di carattere pratico potrebbero indurre ad affermazioni opposte. Infatti si ricorda che la cessione del credito è fattispecie vietata nel caso dei crediti IRES. Più in particolare con riferimento ai crediti dell’allora Irpeg, tale divieto è stato introdotto dal D.M. n.
384 del 30 settembre 1997 in materia di regolamento della cessione dei crediti d’imposta, mentre negli artt. 43-bis e 43-ter del D.P.R. n.602/1973 nulla era previsto.
Responsabilità del cessionario e del cedente
Nel caso in cui dopo l’erogazione del rimborso l’amministrazione finanziaria accerti la non spettanza delle somme rimborsate, essa può rivalersi direttamente anche nei confronti del cessionario del credito Iva (art. 5 del D.L. n.70/1988 convertito in L. 13 maggio 1988 n. 154).
In questo caso il cessionario può sottrarsi dal pagamento prestando le garanzie previste dal D.P.R. 633/72 art. 38-bis e fino a quando l’accertamento diventi definitivo; naturalmente quanto all’applicazione delle sanzioni scaturenti dall’attività di controllo ed accertamento, esse rimangono a carico del cedente.
Si evidenzia inoltre che nonostante l’amministrazione finanziaria possa agire direttamente nei confronti del cessionario per la ripetizione degli importi indebitamente rimborsati, lo stesso
della cessione del credito Iva in merito all’atto notificato; rimarrebbero pertanto esclusi gli elementi sostanziali che hanno determinato l’insussistenza del credito Iva, per il quale la responsabilità ricadrebbe interamente sul cedente.
Il cedente, dal suo canto, potrebbe anche decidere di non impugnare i provvedimenti dell’amministrazione finanziaria poiché il cessionario potrebbe anche non poter agire giudizialmente se gli elementi contestati sono di natura sostanziale. A questi tuttavia rimarrebbe la possibilità di intervenire volontariamente nel giudizio tributario instaurato dal cedente; ci si rifarebbe al c.d. intervento adesivo dipendente contemplato nel comma 2 dell’art.
105 del codice di procedura civile (ciascuno può intervenire per sostenere le ragioni di alcuna delle parti quando vi ha un proprio interesse).
Efficacia della cessione verso l’Amministrazione Finanziaria
Perché l’atto di cessione si valido è necessario che lo stesso sia redatto verso la l’amministrazione finanziaria nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata e notificato a mezzo ufficiale giudiziario sia all’ufficio competente sia al concessionario per la riscossione.
La cessione avrà effetto nei confronti del debitore ceduto (ai sensi dell’art. 1264 del c.c.) quando questi l’avrà accettata o quanto gli è stata solo notificata; pertanto la sola notifica anche priva dell’accettazione è sufficiente per rendere efficace la cessione del credito Iva nei confronti dell’amministrazione finanziaria.
Si precisa inoltre che il rimborso del credito Iva trova limitazione in eventuali somme dovute dal cedente alla pubblica amministrazione in generale.
Infatti a norma dell’art. 23 del D.Lgs. n. 472 del 18 dicembre 1997, il pagamento di un rimborso può essere sospeso se è stato notificato un atto di contestazione o di irrogazione della sanzione anche se non definitivo.
La sospensione opererà nei limiti della somma che risulta dall’atto o dalla sentenza della commissione tributaria o dalla decisione di altro organo.
Tipologia delle garanzie
Come previsto dall’art.38-bis del D.P.R. 633/1972 il contribuente che ha chiesto a rimborso il credito Iva dovrà fornire contestualmente all’erogazione del rimborso e per una durata paria tre anni dallo stesso, ovvero se inferiore, al periodo mancante al termine di decadenza dell’accertamento, cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, al valore di borsa, ovvero fideiussione rilasciata da un’azienda o istituto di credito, comprese le casse rurali ed artigiane indicate al primo comma dell’art. 38, o da un’impresa commerciale che a giudizio dell’amministrazione finanziaria offra adeguate garanzie di solvibilità o mediante polizza fideiussoria rilasciate da un istituto di credito o da impresa di assicurazione.
Per le piccole e medie imprese le garanzie in questione possono essere anche prestate dai consorzi o cooperative di garanzia collettiva fidi di cui all’art. 29 della L. 5 ottobre 1991 n. 317, iscritti negli elenchi previsti dagli artt. 106 e 107 del testi unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al D.lgs. 1 settembre 1993 n. 385 e successive modificazioni.
Dott. Giuseppe Demauro
giuseppe.demauro@gmail.com
21 Ottobre 2008
Copyright © 2022 - Riproduzione riservata Commercialista Telematico s.r.l