UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DELL’AQUILA Facoltà di Medicina e Chirurgia
Corso di Laurea in Infermieristica (Presidente: Prof.ssa Cristina Petrucci)
TESI DI LAUREA
“GESTIONE E TRATTAMENTO
DEL PAZIENTE CON EMATOMA SUBDURALE”
STUDENTE RELATORE Cordeschi Maura Prof. Bufacchi Stefania
MATRICOLA 252381
ANNO ACCADEMICO 2019/2020
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Ai miei genitori,
senza i loro insegnamenti e il loro supporto non sarei mai potuta arrivare fin qui.
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“Siempre estoy haciendo lo que no sé hacer para aprender cómo hacerlo.”
Pablo Picasso.
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INDICE
INTRODUZIONE 6
CAPITOLO 1 7
1.1 LE PATOLOGIE CEREBRO-VASCOLARI 7
1.2 EMATOMA SUBDURALE 8
CAPITOLO 2 10
CASO CLINICO 10
2.1 PRESENTAZIONE 10
2.2 SITUAZIONE CLINICA ALL’INGRESSO 10
2.3. QUADRO CLINICO EVOLUTIVO 11
CAPITOLO 3 14
ACCERTAMENTO INFERMIERISTICO ALL’ASSISTITO 14
3.1 MODELLI DI GORDON 14
3.2 SCALE DI VALUTAZIONE 16
CAPITOLO 4 20
PIANIFICAZIONE ASSISTENZIALE: NANDA, NIC, NOC 20
4.1 DIAGNOSI INFERMIERISTICHE 20
4.2 VALUTAZIONI FINALI 26
CONCLUSIONI 27
BIBLIOGRAFIA 28
SITOGRAFIA 28
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INTRODUZIONE
L’esperienza di tirocinante di Infermieristica all’interno dell’unità operativa complessa (U.O.C) di Neurochirurgia del P.O. San Salvatore di L’Aquila, durante il II anno di corso di studi, mi ha permesso di entrare in contatto con il caso di un paziente con ematoma subdurale e di studiarne la gestione e il trattamento.
Grazie all’affiancamento del personale infermieristico e medico di questo reparto, ho potuto arricchire le conoscenze, maturare le competenze e crescere professionalmente, non solo dal punto di vista tecnico e specialistico, ma anche da quello che è il lato più umano del processo assistenziale, ossia il contatto diretto con il paziente che ho ritenuto uno dei punti fondamentali del mio percorso.
L’interesse e la curiosità riguardo l’ambito chirurgico nascono dal percorso svolto nell’arco dei tre anni nei reparti di: Chirurgia generale, Neurochirurgia e Cardiochirurgia (in sede estera) e dall’assistenza rivolta al paziente durante il decorso pre, intra e post-operatorio. E proprio questa mi ha portato ad oggi ad elaborare un piano assistenziale analizzando specifiche diagnosi infermieristiche e porre valutazioni ed obiettivi in maniera sistematica.
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CAPITOLO 1
1.1 LE PATOLOGIE CEREBRO-VASCOLARI
Rappresentano la seconda causa di morte del mondo occidentale e la prima di invalidità. Le patologie cerebro-vascolari sono un insieme di disturbi in cui la circolazione del flusso sanguigno diviene più difficile, in modo momentaneo o permanente in un’area precisa del cervello. Le più comuni sono: ictus, aneurisma ed emorragia cerebrale (o intracranica).
Quest’ultima in particolare rappresenta circa il 10-15% del totale degli ictus, ed è una sindrome neurologica acuta causata dalla rottura di un vaso all’interno dell’encefalo, in genere di un’arteria cerebrale, con conseguente raccolta di sangue negli emisferi, nel tronco o nel cervelletto, che può secondariamente aprirsi nello spazio subaracnoideo o nei ventricoli.
Ha una mortalità a 30 giorni del 35-52% (metà dei casi nelle 48 ore). L’incidenza aumenta con l’aumentare dell’età.
L’Emorragia primitiva rappresenta la maggioranza dei casi (78-88%) ed origina da rottura spontanea di un vaso danneggiato da:
- Ipertensione arteriosa cronica;
- Angiopatia amiloide;
L’Emorragia secondaria è causata da:
- Malattie ematologiche e disordini della coagulazione (anticoagulanti, leucemie, anemia falciforme);
- Malformazioni congenite che facilitano la rottura di vasi;
- Lesione cerebrale traumatica;
- Tumori (glioblastoma, melanoma);
- Rottura di aneurismi intracranici
Le emorragie cerebrali si identificano in base alla localizzazione e alla gravità del danno in:
1. Ematoma subdurale con versamento emorragico nello spazio tra dura madre ed aracnoide, è il tipo più comune di emorragia per trauma ma trova casi anche di TAO;
2. Ematoma intraparenchimale con versamento emorragico nel parenchima cerebrale;
3. Emorragia intraventricolare con versamento emorragico nelle cavità ventricolari, dove è contenuto il liquido cefalorachidiano. Colpisce i bambini prematuri, soprattutto quelli
8 che sono stati affetti da distress respiratorio o collasso polmonare. Nel 70% dei casi questa emorragia è secondaria, derivante quindi da un’emorragia intraparenchimale;
4. Emorragia subaracnoidea con versamento emorragico nello spazio subaracnoideo, quindi al di fuori della pia madre, colpisce giovani coinvolti in incidenti automobilistici ed anziani vittime di cadute;
5. Emorragia cerebrale spontanea legata a fattori di rischio quali uso di droghe, ipertensione arteriosa, piastrinopenia.
La gravità del caso dipende dall’età del paziente, dalla quantità di sangue versato, dalle complicanze che subentrano e dalla sede del sanguinamento. Il recupero funzionale è molto variabile: alcuni pazienti guariscono completamente dopo settimane o mesi dalla dimissione, altri presentano disfunzioni permanenti.
1.2 EMATOMA SUBDURALE
Il versamento emorragico si sviluppa nello spazio subdurale, ossia tra la meninge più esterna (dura madre) e la meninge intermedia (aracnoide). Queste ultime descritte, insieme alla pia madre (strato più interno) costituiscono un sistema di membrane che all’interno del cranio e del canale rachidiano rivestono il sistema nervoso centrale, proteggendo encefalo e midollo spinale. La dura madre, membrana molto spessa e ricca di vasi venosi, insieme ai seni venosi provvedono al drenaggio del sangue che circola nel SNC ed è infine separata dalla scatola cranica soltanto da un sottile spazio detto spazio extradurale o epidurale.
L’ematoma subdurale acuto (entro 72h) ha una mortalità superiore al 50%. È una complicanza grave e rapidamente evolutiva dei traumi cranici, coesistono spesso focolai multipli di contusione e lacerazione di parenchima cerebrale. È solitamente causato da un trauma diretto alla testa che è capace di lesionare uno o più vasi cerebrali in quanto, si verifica uno spostamento cerebrale all’interno del cranio, con lacerazione dei vasi a ponte tra la superficie cerebrale e i seni venosi durali: ciò determina un accumulo di sangue nella zona subdurale. In una persona giovane e sana è generalmente necessario un forte trauma affinchè si verifichi un ematoma subdurale. Nell’anziano è sufficiente anche un trauma di minore entità, in particolare con disturbo della coagulazione e che sono in terapia con anticoagulanti, la probabilità aumenta. L’ematoma subdurale acuto può essere dovuto a sanguinamento rapido dopo una lesione cronica grave (caduta, incidente stradale), il quale
9 tuttavia, può determinare un aumento della pressione endocranica, la quale può aggravare i sintomi e aumentare il rischio di morte.
L’ematoma subdurale cronico (dopo settimane o mesi) è tipico degli alcolisti, degli anziani e di coloro che assumono anticoagulanti. Nel 60-80% dei casi dopo traumi lievi, (i quali talvolta possono passare inosservati e condurre alla formazione di piccoli ematomi), possono con il tempo cronicizzare. Nel momento in cui i sintomi diventano evidenti, l’ematoma può essere di grandi dimensioni. Raro l’aumento rapido della pressione endocranica.
L’incidenza di entrambi è aumentata sia in Europa che in USA a causa dell’invecchiamento della popolazione.
La sintomatologia dell’ematoma subdurale acuto dipende dalla compressione che il versamento di sangue esercita nella porzione di encefalo interessata. Nelle lesioni alla testa con una grave emorragia la persona può perdere conoscenza ed entrare subito in coma. I sintomi tipici sono:
- Cefalea progressiva che si instaura nell’arco di alcuni giorni o alcune settimane;
- Emiparesi controlaterale;
- Coma per compressione tronco-encefalica;
- Stato confusionale;
- Difficoltà di eloquio;
- Anisocoria;
- Nausea e vomito;
- Letargia o eccessiva sonnolenza.
La diagnosi viene effettuata con la Tomografia computerizzata (TC) o risonanza magnetica per immagini (RM). La TC evidenzia l’ematoma come un’immagine iperdensa sulla convessità dell’emisfero cerebrale.
La terapia dipende dalla loro gravità. Il trattamento in caso di ematoma lieve si può limitare ad un’attesa vigile del medico. Nei casi più gravi, si richiede l’intervento chirurgico per ridurre e ripristinare il flusso sanguigno ed abbassare la pressione intracranica. La chirurgia è il trattamento di scelta e le patologie concomitanti influenzano negativamente l’outcome post- operatorio.
La prognosi dipende da fattori quali: gravità del versamento ematico e le condizioni del paziente al momento del trauma cranico.
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CAPITOLO 2 CASO CLINICO
2.1 PRESENTAZIONE
Il caso clinico tratta del paziente M.I. di anni 66 che giunge nell’UOC di NEUROCHIRURGIA con diagnosi di “EMATOMA SUBDURALE BILATERALE”
Il paziente portatore di valvola aortica meccanica in terapia con Warfarin, riferiva comparsa di cefalea da circa due mesi, motivo per cui si è recato in PS. Veniva eseguita TC cranio, la quale è risultata negativa per lesioni ischemico-emorragiche. Successivamente tornato in PS per persistenza della sintomatologia, veniva richiesta consulenza neurologica da cui è emersa la necessità di Angio-TC, la quale, a sua volta, ha evidenziato la presenza di una sottile falda di ematoma subdurale FTP destro e minima falda a ridosso dell’emiporzione sinistra. Dopo 4 giorni, per persistenza della sintomatologia cefalalgica, il paziente si è recato nuovamente in PS e sottoposto a controllo TC cranio, è emerso un aumento della nota falda FTP destra con segni di sanguinamento più recente in sede FTP sinistra. Dopo valutazione Neurochirurgica, il paziente giungeva a ricovero presso questa UOC per gli accertamenti e le cure del caso.
2.2 SITUAZIONE CLINICA ALL’INGRESSO
All’arrivo presso l’UOC di NEUROCHIRURGIA dell’ospedale San Salvatore de L’Aquila i dati anamnestici riportavano:
- Familiarità per cardiopatia;
- Ipertensione in terapia con Micardis e Atenololo;
- Precedente sostituzione valvolare aortica in terapia con Warfarin;
- Non venivano riferite allergie farmacologiche o alimentari.
Il paziente era apiretico, FC nella norma, normoteso, SaO2 97%. Si posizionava catetere vescicale 16 fr per ritenzione urinaria. Veniva sospesa TAO dopo consulenza cardiologica.
Si posizionava CVP 18G per terapia infusionale. Manteneva alimentazione per OS.
Veniva quindi effettuato un accurato esame dello stato clinico del paziente da cui emerse quanto segue:
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Esame neurologico: vigile, cosciente, orientato nello spazio e disorientato nel tempo, GCS 15 punti, poco collaborante, pupille isocicliche normo reagenti agli stimoli fotici diretti lieve asincronia bilaterale. Muoveva spontaneamente i 4 arti con meno iniziativa a sinistra. MINGAZZINI: lieve pronazione arto superiore di sinistra, posizione arti inferiori non mantenuta per scarsa collaborazione.
La manovra (o segno) di “MINGAZZINI” è una manovra semeiologica che valuta la presenza di alterazioni della motilità degli arti superiori e di quelli inferiori (paresi). Il paziente, in piedi o seduto, deve mantenere ad occhi chiusi per 30 secondi la posizione che gli viene richiesta.
Se il paziente lamenta una perdita di forza dell’arto o si evidenzia uno slivellamento di un solo arto, il test è positivo. In alcuni casi la positività del test è nella tendenza alla pronazione di una mano. Non tutti i deficit di forza sono dovuti a lesioni cerebrali, ma nell’anziano possono essere secondari a quadri artrosici. Se il paziente lamenta una perdita di forza dell’arto o si evidenzia uno slivellamento di un solo arto, il test è positivo. È necessaria una buona forza dei muscoli addominali, quindi difficile da fare nell’anziano.
2.3 QUADRO CLINICO EVOLUTIVO
Al secondo giorno di ricovero, il paziente presentava un peggioramento clinico con compromissione dello stato di veglia (sveglio ad occhi chiusi, che riapre a comando verbale), un peggioramento dell’emiparesi sinistra, con GCS di 11 punti. Disorientato nel tempo, stato di agitazione, episodi di confusione mentale con alterazioni dell’attenzione e delle capacità cognitive. Presentava, inoltre, dolore acuto da aumento della sintomatologia cefalalgica.
Veniva quindi trattato con terapia:
- Antipertensiva;
- Antalgica;
A seguito di TC cranio che mostrava un aumento della nota falda di ematoma subdurale bilaterale, agli esami ematochimici: INR 3.30, PT 21%, PTT 43 sec, Antitrombina III funzionale 75%, veniva mantenuto a digiuno ed il giorno seguente previa profilassi antibiotica ed eparinica veniva trasportato in sala operatoria, per essere sottoposto ad evacuazione mediante mini-craniotomia in anestesia generale per I.O.T.
L’intervento si è concluso senza complicanze. Al rientro in reparto, il personale medico e infermieristico ha trovato uno stato clinico in miglioramento:
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Parametri vitali: ECG in ritmo sinusale, FC 64 bpm, PA 135/75 mmHg, SpO2 96% in aria ambiente, apiretico;
Esami ematochimici: INR 1.35, PT 64%, PTT 33 sec;
Emogasanalisi: pH, HCO3-, PO2 e PCO2 nella norma;
Esame neurologico: sveglio, vigile, collaborante, presenta buona motilità ai 4 arti;
Pupille isocoriche isocicliche normo reagenti. Assenza riflessi patologici, lieve riduzione dello stato confusionale;
Ferita chirurgica in buono stato: sintesi a strati a punti staccati;
Drenaggio subdurale Jackson-Pratt a caduta che fornisce circa 100 cc di raccolta siero-ematica ogni 4-6 ore;
Alimentazione e mobilizzazione momentaneamente sospese;
Mantenuto catetere vescicale 16 fr;
Mantenuta terapia attraverso 2 accessi venosi periferici (CVP) 18 G:
- Antipertensiva: Micardis, Atenololo;
- Cortisonica: idrocortisone succinato sodico;
- Analgesica: Paracetamolo al bisogno;
- Fluido-terapia;
Posizionato monitoraggio anestesiologico.
Il giorno successivo all’intervento:
- Esame neurologico: assenza riflessi patologici, GCS 15 punti;
- TC encefalo: riduzione falda ematica;
- Medicata ferita chirurgica, assenti segni d’infezione, chiusa con cerotto di garza;
- Eseguito clistere evacuativo con esito positivo;
- Mantenuto catetere vescicale;
- Iniziava alimentazione con vitto leggero, poco tollerata, presentava emesi. Si interveniva con antiemetico.
13 A 2 giorni dall’intervento:
- Esame neurologico: assenza riflessi patologici, GCS 15 punti;
- Rimosso drenaggio dopo essere stato medicato;
- Si iniziava mobilizzazione con deambulatore, ben tollerata;
- Medicata ferita chirurgica, assenti segni d’infezione;
- Alimentazione ben tollerata;
A 3 giorni dall’intervento:
- Esame neurologico: assenza riflessi patologici, GCS 15 punti;
- Esami di routine nella norma;
- Rimosso catetere vescicale;
- Alimentazione spontanea, ben tollerata.
Rimossi punti di sutura ad 8 giorni dall’intervento. Il decorso post-operatorio proseguiva senza ulteriori complicanze.
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CAPITOLO 3
ACCERTAMENTO INFERMIERISTICO ALL’ASSISTITO
Il processo di Nursing è un metodo sistematico di problem-solving utilizzato nell’assistenza infermieristica che facilita lo sviluppo di un’assistenza personalizzata. È costituito da una successione di fasi: Accertamento, Diagnosi infermieristiche, Pianificazione, Attuazione e Valutazione.
Il piano di assistenza infermieristica è il mezzo che permette all’infermiere di progettare e realizzare la personalizzazione dell’assistenza. Consente di identificare le azioni infermieristiche correlate ai bisogni di assistenza di quelle persone, in quel determinato ambiente, in quel determinato momento. L’indispensabilità per l’infermiere di lavorare seguendo un metodo scientifico di risoluzione dei problemi nasce dall’obbligo che deriva dal D.M. 739/94 all’Art. 1 dove viene citato: È nel Profilo Professionale dell’infermiere che viene sancita la responsabilità dell’infermiere nell’assistenza generale infermieristica: esso partecipa all’identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività, identifica i bisogni di assistenza della persona e formula i relativi obiettivi, pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale garantendo la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico- terapeutiche.
L’accertamento infermieristico è la prima fase del “processo di nursing” durante la quale l’infermiere effettua una raccolta sistematica dei dati soggettivi e oggettivi riguardanti la persona (osservazione, intervista, esame fisico, analisi dei dati), al fine di identificare lo stato di salute del paziente.
3.1 MODELLI DI GORDON
Gli 11 modelli funzionali di Gordon sotto qui elencati sono strumenti utilizzati per l’accertamento dello stato di salute in relazione a quello mentale, ambientale e alle capacità del paziente di adempiere alle attività della vita quotidiana al fine di valutare se questi ultimi sono funzionali o meno:
15 Tabella 1: Modelli funzionali Marjory Gordon1
1. Percezione e gestione della salute
Il paziente riferisce essere ex fumatore da circa 5 anni a seguito di pregresso intervento (sostituzione valvolare aortica). È
iperteso, non riferisce allergie ad alimenti e farmaci.
2. Nutrizionale e
metabolico Alimentazione regolare. No alterazione peso. Nel post-operatorio il paziente resta a digiuno per 36h, riprende l’alimentazione orale con soli liquidi e dopo 48h con vitto leggero.
3. Eliminazione
Ritenzione urinaria. Si controlla diuresi con catetere vescicale. In diuresi spontanea a 3 giorni dall’intervento. Defecazione
inizialmente difficoltosa aiutata con clistere evacuativo.
4. Attività ed
esercizio Prova di Mingazzini positiva. Prima del ricovero il paziente
praticava attività fisica aerobica quotidiana. A seguito di patologia la deambulazione viene compromessa. Inizia mobilizzazione in 2°
giornata post-operatoria.
5. Riposo e di sonno
Alterazione sonno-veglia.
6. Cognitivo e
percettivo
A seguito del peggioramento clinico, presenta alterazione dello stato di veglia, stato confusionale acuto, dolore acuto. Nel post- operatorio recupera totalmente funzioni.
7. Percezione di sé e
concetto di sé Ansia, disponibilità a migliorare il concetto di sé.
8. Ruoli e di
relazioni Il paziente è sposato.
9. Sessualità e di
riproduzione Sessualmente attivo fino al giorno del ricovero.
10. Coping e tolleranza allo stress
Paziente collaborante prima e dopo intervento. Aderisce a terapia, tollerato stress grazie a sostegno familiare ed infermieristico.
11. Valori e di
convinzioni Convinzioni e pratiche spirituali non compromesse.
1 Fonte: scienzeinfermieristiche.net
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3.2 SCALE DI VALUTAZIONE
L’accertamento infermieristico in neurochirurgia si avvale, oltre ai modelli di Gordon anche di scale di valutazione fondate su elementi tecnico-diagnostici, le quali ci forniscono un quadro generale del paziente.
Glasgow Coma Scale (GCS)
La Glasgow Coma Scale è una scala che permette di valutare il livello di coscienza nei pazienti che potrebbero aver subito un danno in grado di compromettere la funzionalità neurologica. Ha un punteggio che va da un minimo di 3 (valore minimo che equivale alla completa incoscienza) ad un massimo di 15 punti (valore massimo, paziente cosciente vigile ed orientato), dato dalla somma dei punteggi di ogni singolo parametro. In presenza di trauma grave (lesione cerebrale grave) si ha una GCS ≤ 7, moderato tra 8 – 13, lieve ≥ 14, assenza di lesioni 15.
Una GCS iniziale viene fatta al momento dell’ammissione e poi ogni quattro ore, se non diversamente indicato dall’equipe medica o in caso di eventuali variazioni dello stato di vigilanza. Documentare la GCS è importante poiché l’equipe medica potrà utilizzarla per valutare il miglioramento o peggioramento del paziente.
Per valutare lo stato di coscienza, la scala di “Glasgow” indaga 3 funzioni principali:
Tabella 2: Glasgow Coma Scale (GCS)2
Risposta motoria Risposta verbale Apertura degli occhi
Esegue 6 Orientata 5 Spontanea 4 Localizza il dolore 5 Confusa 4 Alla chiamata 3 Retrae al dolore 4 Parole inappropriate 3 Allo stimolo doloroso 2 Flessione anomala al dolore 3 Suoni incomprensibili 2 Assente 1 Pronoestende al dolore 2 Nessuna risposta 1
Nessuna risposta motoria 1
2 Fonte: Medicina perioperatoria Terapia intensiva Emergenza, Springer, 2003
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Scala di valutazione verbale (VRS, Verbal Rating Scale)
La scala di valutazione verbale comprende un gruppo di parole che caratterizzano diversi livelli di intensità di dolore. Questi vanno da un minimo al massimo più intenso (da “nessun dolore” a “dolore estremamente intenso”). I vantaggi di questa scala stanno nella rapidità e nella semplicità di comprensione e rilevazione. È un sistema efficace per rilevare l’intensità, ossia per misurare esattamente ciò che l’assistito afferisce.
Tabella 3: Scala di valutazione verbale (VRS)3
I 5 punti della scala VRS Nessuno
Lieve Moderato Intenso Molto intenso
L’assistito riferisce un punteggio di “4”, dolore intenso.
Scala di Conley
La Scala di Conley, sviluppata alla fine degli anni ’90 negli Stati Uniti, è una scala di valutazione a sei item che si propone di identificare i pazienti a rischio di caduta intraospedaliera. Le cadute in ospedale sono eventi frequenti e dalle conseguenze potenzialmente disastrose. Dati epidemiologici recenti raccolti nel Regno Unito riportano che tra il 2015 e il 2016, si sono verificate 250.000 cadute, comportanti 2.500 fratture di femore, comportanti allungamenti dei tempi di degenza, stress per famiglie e personale sanitario ed allungamento dei costi. La situazione in Italia non è da meno, il Ministero della Salute ha definito come “evento sentinella”, quell’evento avverso di particolare gravità, potenzialmente evitabile, determinato da cadute durante il periodo di degenza e che può portare a conseguenze gravi, quali morte.
3 Fonte: Le medicine complementari e il dolore. Un approccio basato sull’evidenza clinica, Gino Santini, 2008
18 Le cadute con lesione sono state l’evento sentinella maggiormente presentato (471 eventi nel periodo monitorato compreso tra settembre 2005 e dicembre 2012).4
Questa scala è stata utilizzata al momento dell’ingresso dell’assistito presso l’UOC di Neurochirurgia. Le prime tre domande devono essere rivolte al paziente, le successive vengono valutare direttamente dall’infermiere grazie all’osservazione. Possono essere rivolte ad un familiare o al caregiver solo se il paziente ha severi deficit cognitivi o fisici che gli impediscono di rispondere. Si sommano solo i valori positivi, la risposta “non so” è da considerare come risposta negativa.
Tabella 4: Scala di Conley5
Precedenti cadute (domandare al paziente/care giver/infermiere)
C1 - è caduto nel corso degli ultimi tre mesi? 2 0
C2 - ha mai avuto vertigini o capogiri? (negli ultimi tre mesi) 1 0 C3 - le è mai capitato di perdere urine o feci mentre si recava in bagno? (negli ultimi
tre mesi)
1 0 Deterioramento cognitivo (osservazione infermieristica)
C4 - compromissione della marcia, passo strisciante, ampia base d’appoggio, marcia instabile.
1 0 C5 - agitato (definizione: eccessiva attività motoria, solitamente non finalizzata ed
associato ad agitazione inferiore. Es. incapacità a stare seduto fermo, si muove con irrequietezza, si tira i vestiti, ecc.)
2 0
C6 - deterioramento della capacità di giudizio / mancanza del senso del pericolo. 3 0
Il paziente presenta un punteggio totale di 3:
- Precedenti cadute: 0
- Deterioramento cognitivo: C4 = 1; C5 = 2; C6 = 0
4 Fonte: www.quotidianosanit.it/studi-e-analisi rischio cadute
5 Fonte: La valutazione del paziente portatore di lesioni cutanee, Youcanprint, 2017.
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Esame obiettivo neurologico
L’EON è un procedimento attraverso il quale si esamina il paziente dal punto di vista neurologico, una serie di osservazioni e prove volte ad esplorare il Sistema nervoso autonomo.
Tabella 5: schema dell’EON6
1. Livello di coscienza: vigilanza e contenuti della coscienza. Orientamento: Capacità di identificare sè stesso, le altre persone e le coordinate spaziali e temporali;
Cooperazione: si valuta la volontà o la non volontà a collaborare alle prove proposte.
2. Esame della parola: presenza di disturbi (afasia, disartria, disfonia);
3. Cranio: percussione e palpazione per rilevare volume, forma, posizione del capo rispetto a tronco. Presenza di rigidità nucale e/o di segni patologici;
4. Facies: osservazione del volto;
5. Nervi cranici;
6. Sistema motorio: postura, tono e trofismo;
7. Sensibilità: tatto, dolore, caldo e freddo;
8. Riflessi: superficiali e profondi;
9. Colonna: valutazione colonna in asse in ortostatismo;
10. Stazione eretta;
11. Marcia: eventuali disturbi;
12. Fondus oculi: valutazione pupille;
13. Pressione arteriosa e polso.
6 Fonte: Clinica neurologica, società editrice Esculapio, 2008.
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CAPITOLO 4
PIANIFICAZIONE ASSISTENZIALE: NANDA, NIC, NOC
Dopo aver raccolto i dati riguardanti l’assistito, l’infermiere deve essere in grado di fare diagnosi, ossia identificare un problema reale o potenziale di salute che richiede l’intervento infermieristico per la sua risoluzione, e poi pianificare obiettivi, attuare interventi ed infine valutare i risultati.
4.1 DIAGNOSI INFERMIERISTICHE
Le diagnosi infermieristiche nascono grazie alla Tassonomia Nanda - I “North American Nursing Diagnosis Association” la quale definisce “la diagnosi infermieristica come un giudizio clinico sulle risposte di un individuo, di una famiglia o di una comunità a processi di salute/vita, reali o potenziali”.7 La Tassonomia è costituita da tre livelli: Domini, Classi e Diagnosi. Ad ogni diagnosi infermieristica sono correlati obiettivi di salute tratti dalla classificazione NOC ed interventi infermieristici tratti dalla classificazione NIC. Lo scopo della Nanda è quello di avere a disposizione un linguaggio infermieristico standardizzato, a livello internazionale che possa migliorare la trasmissione della documentazione clinica.
7 Fonte: Principi dell’assistenza infermieristica, CEA, 2007.
21 La raccolta e l’elaborazione dei dati mi ha permesso di citare le principali diagnosi infermieristiche riguardo il caso clinico proposto:
1.DIAGNOSI INFERMIERISTICA: (OO128) CONFUSIONE MENTALE ACUTA 8
DOMINIO 5, PERCEZIONE/COGNIZIONE CLASSE 4, FUNZIONE COGNITIVA
Definizione: Improvvisa insorgenza di disturbi reversibili dello stato di coscienza, dell’attenzione, delle funzioni cognitive e della percezione che si sviluppano in un breve periodo di tempo.
Caratteristiche definenti: Il paziente presenta uno stato di agitazione e irrequietezza, un’alterazione della funzione psicomotoria e di quella cognitiva.
Fattori correlati: Disturbi circadiani del ritmo sonno-veglia causati da desincronizzazione dell’orologio biologico e una condizione di stato confusionale, il quale è statisticamente di più frequente riscontro negli anziani ≥ 60 anni.
Risultati NOC:
- Livello del delirio (0916): Riduzione dello stato di delirio dell’assistito che presentava un’alterazione dello stato di coscienza e della cognizione sviluppata in breve tempo a seguito del peggioramento clinico alla TC;
- Orientamento cognitivo (0901): L’obiettivo era quello di portare l’assistito ad avere capacità a identificare in maniera accurata tempi, luoghi e persone.
Interventi NIC:
- Gestione del delirio (6440): Si interveniva organizzando un ambiente sicuro e terapeutico per l’assistito in stato confusionale acuto, fornendo le informazioni su cosa stava accadendo. Si rassicurava inoltre con comunicazione terapeutica e si incoraggiava la famiglia a rimanere con il malato. Si somministravano analgesici assicurandosi di trattare il dolore in modo adeguato al fine di minimizzare i sintomi;
8 Fonte: Diagnosi infermieristiche con NIC e NOC, CEA, 2017, pag. 180-185
22 - Stimolazione cognitiva (4720): Veniva promossa la consapevolezza e la comprensione dell’ambiente utilizzando stimoli pianificati attraverso l’orientamento spazio-temporale, la stimolazione dei dati anagrafici e della storia personale.
23 2.DIAGNOSI INFERMIERISTICA: (00201) RISCHIO DI PERFUSIONE TISSUTALE CEREBRALE INEFFICACE 9
DOMINIO 4, ATTIVITA’ E RIPOSO
CLASSE 4, RISPOSTE CARDIOVASCOLARI/POLMONARI
Definizione: Vulnerabilità ad una riduzione della circolazione cerebrale, che può compromettere la salute.
Fattori di rischio: Alterazioni del tempo di protrombina (PT), alterazioni del tempo di tromboplastina parziale (PTT), lesione cerebrale.
Il ruolo dell’infermiere è quello di monitorare e rilevare i cambiamenti nelle condizioni dell’assistito.
Risultati NOC:
- Coagulazione ematica (0409): Mantenimento di un buon livello di coagulazione del sangue (sospensione terapia anticoagulante e rilevazione e valutazione dei fattori della coagulazione);
- Perfusione tissutale cerebrale (0406): Mantenimento del flusso ematico attraverso i vasi cerebrali adeguato a mantenere la funzione cerebrale;
- Gestione dell’ipertensione (1837): Fondamentale il livello di comprensione riguardo l’elevata pressione arteriosa, il trattamento, il monitoraggio, la terapia medica e la prevenzione delle complicanze.
Interventi NIC:
- Monitoraggio neurologico (2620): Valutato nel pre e post-operatorio il livello di coscienza e di orientamento attraverso Scale di valutazione, presenza di cefalea, riflessi patologici, tono muscolare, movimenti motori ed andatura. Grandezza, forma, simmetria e reattività pupillare;
- Sorveglianza (6650): Venivano acquisiti ed interpretati i dati dell’assistito attraverso quanto segue: parametri vitali, conta piastrinica, emogasanalisi, livelli di emoglobina per determinare la distribuzione dell’ossigeno ai tessuti. Sorvegliato sito d’inserzione CVP e drenaggio per possibili segni d’infezione o perdita di fluidi.
9 Fonte: Diagnosi infermieristiche con NIC e NOC, CEA, 2017, pag. 706-710
24 3.DIAGNOSI INFERMIERISTICA: (00023) RITENZIONE URINARIA 10
DOMINIO 3, ELIMINAZIONE E SCAMBI CLASSE 1, FUNZIONE URINARIA
Definizione: Svuotamento vescicale incompleto.
Caratteristiche definenti: L’assistito all’ingresso presentava ritenzione urinaria e senso di pienezza vescicale.
Fattori correlati: Resistenza dello sfintere ed inibizione dell’arco riflesso.
Risultati NOC:
- Eliminazione urinaria (0503): Raccolta ed eliminazione urinaria;
- Stato di benessere fisico (2010): Stabilire un benessere fisico in relazione alle sensazioni corporee e ai meccanismi omeostatici.
Interventi NIC:
- Cateterismo vescicale (0508): Introdotto catetere vescicale per il drenaggio dell’urina ed il conteggio della diuresi nelle 24 ore. Attraverso tecnica asettica veniva introdotto catetere vescicale 16 fr siliconato, raccordato alla sacca di raccolta fissata al letto del paziente. Si educava la persona a riferire segni e sintomi di infezione del tratto urinario (febbre, brividi, dolore al fianco, ematuria);
- Assistenza nella ritenzione urinaria (0620): Prima di posizionare il catetere vescicale, si monitorava il grado di distensione attraverso palpazione e percussione della zona sovra pubica, chiedendo inoltre la presenza di dolore e senso di pienezza. Si garantiva la privacy durante le minzioni e dopo rimozione del catetere vescicale si stimolava il riflesso della minzione applicando calore all’addome ed incoraggiando l’assunzione orale di liquidi. Non appena l’assistito riprendeva la minzione spontanea veniva educato a riferire i segni e i sintomi di infezione del tratto urinario (febbre, brividi, dolore al fianco).
10 Fonte: Diagnosi infermieristiche con NIC e NOC, CEA, 2017, pag. 849-852
25 4.DIAGNOSI INFERMIERISTICA: (00132) DOLORE ACUTO 11
DOMINIO 12, BENESSERE CLASSE 1, BENESSERE FISICO
Definizione: Esperienza sensoriale emotiva spiacevole che deriva da un danno tissutale reale o potenziale, o che viene descritta nei termini di tale danno (International Association for the Study of Pain); Insorgenza improvvisa o lenta di qualunque intensità da lieve a grave, con un termine previsto o prevedibile (di durata inferiore a 3 mesi).
Caratteristiche definenti: Il dolore acuto può essere diagnosticato solo in base a ciò che viene riferito dall’assistito poiché, questo è l’unico segno di dolore acuto. Il paziente documentava da sé l’intensità del dolore utilizzando la scala del dolore standardizzata VRS (Scala di valutazione verbale), presentando un punteggio di 4 “intenso”. Centro dell’attenzione ristretto riguardo la percezione nel tempo, presente comportamento espressivo di irrequietezza.
Fattori correlati: Persistenza della sintomatologia cefalalgica correlata a falda di ematoma subdurale e dolore da incisione chirurgica post-operatoria, quest’ultima gestita attraverso la somministrazione di analgesici su prescrizione medica.
Risultati NOC:
- Livello del dolore (2102): Il dolore riferito aveva un punteggio di 4 su scala VRS.
Obiettivo, applicazione di interventi atti a ridurlo;
- Sonno (0004): Il sonno è la periodica sospensione naturale dello stato di coscienza durante la quale il corpo recupera le proprie energie. L’assistito presentava un’alterazione del ritmo sonno-veglia, obiettivo quindi, il mantenimento fisiologico dell’attività notturna;
- Stato neurologico (0909): Capacità del sistema nervoso periferico di percepire, elaborare e rispondere agli stimoli interni ed esterni.
Interventi NIC:
il dolore acuto è di solito un problema che viene gestito primariamente attraverso la somministrazione di analgesici su prescrizione medica, ma esistono anche degli interventi infermieristici autonomi i quali provvedono a ridurre e/o ad eliminare il dolore.
11 Fonte: Diagnosi infermieristica, Diagnosi infermieristiche con NIC e NOC, CEA, 2017 pag. 349-356
26 - Gestione dell’ambiente: benessere (6482): Si promuoveva il benessere ottimale attraverso la sistemazione dell’assistito in stanza singola, in ambiente tranquillo privo da fonti rumorose e da luci eccessive;
- Somministrazione di analgesici (2300): Preparati e somministrati analgesici per ridurre il dolore fino ad un livello accettabile per l’assistito e per promuovere l’attività fisiologica del riposo notturno. Veniva valutata l’efficacia di questi attraverso la comunicazione e l’utilizzo di scale di valutazione;
- Gestione del dolore (1400): Dopo aver classificato il dolore in base alla sede, inizio, durata, frequenza, qualità, intensità e fattori scatenanti si educava la persona ad informare l’infermiere se il dolore non diminuiva e si insegnavano tecniche non farmacologiche da utilizzare dopo la dimissione quali, il rilassamento, la respirazione e la distrazione prima che il dolore insorga o si aggravi, che sono in grado di distogliere l’attenzione della persona determinando la rottura del circolo vizioso dolore – ansia – tensione. Infine, la gestione attraverso la somministrazione programmata di analgesici. Utilizzata scala per livello di dolore (da 1 nessun dolore a 5 grave dolore).
4.2 VALUTAZIONI FINALI
Questo piano di assistenza infermieristica ha condotto ad ottimi risultati, M.I. ha recuperato totalmente le funzioni psico-fisiche. È stata valutata ed accertata l’integrità della ferita chirurgica e del sistema nervoso centrale (dopo ulteriore esame neurologico) quindi è stata evidenziata l’assenza di segni di deficit motori e/o sensoriali. Il livello di coscienza associato ad un’accurata interpretazione dell’ambiente circostante risultava soddisfacente (identificava se stesso, gli altri, il posto in cui si trovava e gli eventi correnti importanti) veniva ridotto e controllato il dolore, venivano infine ripristinate la funzionalità urinaria e l’attività del sonno.
L’identificazione della situazione clinica dell’assistito e la prontezza nell’intervento da parte dell’équipe sanitaria dell’UOC di Neurochirurgia, grazie a studi ed esami mirati, hanno permesso il raggiungimento degli obiettivi preposti. L’assistito veniva poi dimesso dopo dieci giorni dal ricovero, assicurando un percorso verso la guarigione con terapia domiciliare ad eccezione della TAO fino a successivo controllo TC e visita neurochirurgica. Veniva infine consigliato un riposo di 20 giorni con graduale ripresa delle proprie attività quotidiane.
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CONCLUSIONI
L’emorragia cerebrale come illustrato precedentemente, è un’evenienza molto grave e con un rischio di sviluppo ictus del 10-15%. Nonostante i netti benefici dei farmaci anticoagulanti nei pazienti con indicazioni all’uso, l’incidenza dell’ematoma subdurale negli ultimi 15 anni è aumentata, in concomitanza del maggiore utilizzo di farmaci anticoagulanti nei pazienti più anziani (in particolare l’uso di antagonisti della vitamina K come il warfarin). Questi dovrebbero essere utilizzati per periodi non superiori a quelli strettamente necessari. Ad oggi non vi sono norme di prevenzione riguardo le emorragie cerebrali, tuttavia è di fondamentale importanza l’adozione di uno stile di vita regolare, un’alimentazione equilibrata ed una costante attività fisica. Il controllo della pressione arteriosa e l’astensione dal fumo sono essenziali nella protezione da accidenti cerebro-vascolari.
Alla luce di quanto detto finora, il processo di nursing è stato fondamentale per il trattamento e la gestione del paziente. In questo caso clinico, l’utilizzo di modelli funzionali e di strategie di interventi standardizzati nel trattamento di un paziente con ematoma subdurale, hanno portato a risposte soddisfacenti quali, il raggiungimento dello stato di salute ed il recupero totale delle funzioni anatomiche. Si è visto come pratiche assistenziali mirate diano dei risultati efficaci grazie alla visione globale della persona. Il processo di nursing come riportato in letteratura, vuole occuparsi in maniera “olistica” della persona e non guarda più lo stato di malattia come visione bio-meccanica ma viene definito come rottura di equilibrio tra persona e ambiente, l’infermiere ha quindi il compito di offrire all’assistito un’assistenza complessiva, favorendo un ambiente sano al fine di promuovere il suo benessere.
Le numerose figure professionali incontrate nel percorso di studi e lo svolgimento di questo caso clinico mi hanno portato ad oggi ad avere maggiore consapevolezza del mio operato.
Ogni qual volta mi troverò davanti ad un paziente complesso, quale ad esempio neurochirurgico oppure no, ma il quale necessiterà di un’assistenza che richieda un importante partecipazione assistenziale non solo nel pre-intra e post-operatorio ma anche della sfera psicofisica e sociale, riuscirò ad avere un atteggiamento professionale che mi farà agire con fermezza e determinazione, avendo come fine ultimo il “to cure” dei pazienti.
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BIBLIOGRAFIA
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SITOGRAFIA
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