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SUPERQUESITO... a pag. 7

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Coordinato da Gilberto Gelosa

Il riaddebito dei costi promozionali tra società di un gruppo

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S UPER Q UESITO ... a pag. 7

A GEVOLAZIONI

1.1.9

Ristrutturazioni

Ho eseguito dei lavori di ristrutturazione edilizia per i quali verrà emessa fat- tura entro il 31/12/2002.

Nel caso in cui i bonifici di pagamento della fattura verranno effettuati nel cor- so dell’anno 2003, si chiede se tali spese possano essere comunque portate in de- trazione.

Lettera firmata - Quesito via Internet Risponde Ciro D’Ardia

Per la detrazione del 36% delle spese di ristrutturazione edilizia, vale il criterio di cassa, ragion per cui il pagamento dovrà essere effettuato tramite bonifico ban- cario nel 2002. Nel caso in cui si abbia una proroga dell’agevolazione anche per il 2003, potranno essere detratte anche le spese sostenute in tale anno.

C ONTABILITÀ

5.3.

La rilevazione delle ritenute a professionisti

Desidero conoscere un vostro chiarissimo parere a proposito del momento con- tabile in cui viene registrata in contabilità generale la ritenuta d’acconto per fat- tura emessa da un professionista e, precisamente, al momento della registrazio- ne della stessa in contabilità, quindi rilevando il debito verso l’erario oppure si ri- leva sempre in contabilità al momento del pagamento della fattura se successivo

44

Sommario

2

Cooperative

3

Immobilie condomini

5

Impostesui redditi

6

Redditidiversi

11

Redditi d’impresa

11

Redditi di lavoro

autonomo

(2)

al momento del ricevimento della stessa, oppure dell’av- venuta prestazione professionale?

Giovanni Denaro - Messina

Risponde Marco Mosconi

Il corretto momento di rilevazione contabile del debito verso l’erario per la ritenuta operata sul compenso spet- tante a un professionista è quello della registrazione del pagamento del compenso stesso.

Tale conclusione è riconducibile alla disposizione fi- scale in materia, la quale prevede l’obbligo, per il sostitu- to d’imposta, di versare la ritenuta entro il giorno 16 del mese successivo al pagamento della fattura. Ciò signifi- ca che soltanto all’atto del pagamento della fattura sorge il debito verso l’erario e pertanto in tale momento dovrà avvenire la relativa registrazione in partita doppia.

C OOPERATIVE

2.3

Ristorni, come determinarli

Si consideri che l’art. 3 comma 2 della legge 142/2001 prevede la possibilità di ristornare a favo- re del soci lavoratori, sotto forma di maggiori com- pensi, una parte degli utili conseguiti e che la circo- lare n. 53/E del 18 giugno 2002 dell’Agenzia della entrate, nel titolo «ristorni», precisa che «l’ammon- tare dei ristorni spettanti ai soci non è commisurato alle quote di partecipazione al capitale sociale, ben- sì alle transazioni economiche effettivamente in- tercorse tra il singolo socio».

Da tali considerazioni si deduce che il ristorno an- drebbe calcolato non su tutto l’utile di esercizio ma sulla parte di utile prodotto dai soci, previo accanto- namento delle quote di riserva obbligatoria e al fon- do mutualistico.

Come può essere calcolata la quota da ristornare?

Bruno Bonaldi - Vilminore dl Scalve (Bergamo)

Risponde Giannino Cascardo

Le due norme citate nel quesito hanno portata diversa in quanto la prima incide sotto il profilo civilistico, la se- conda, ossia la circ. n. 53/E, è stata emanata dall’Agen- zia delle entrate, che si preoccupa del risvolto impositivo.

Quest’ultima non avrebbe, in ogni modo, la stessa porta- ta e importanza dell’altra in quanto interpretazione dell’amministrazione finanziaria e non dell’organo legi- slativo. In effetti la circolare richiama le leggi, che ripor- tano l’argomento, in vari punti ma non apportando, a mio parere, alcuna modifica al regime civilistico, sem- mai mettendo a fuoco alcuni problemi di ordine tributa- rio, al fine della determinazione del «residuo (base per la tassazione)», così come viene definito in una delle tabelle allegate.

Ciò significa che, volendo, la cooperativa può distri- buire eccedenze di bilancio anche in misura superiore al- le previsioni fiscali agevolative ma, in tal caso, non sa- rebbero più assimilabili ai redditi di lavoro dipendente come maggiorazione retributiva.

Circa la determinazione dei ristorni il lettore tenga conto, ai soli fini impositivi sui quali, mi sembra, si con- centra l’attenzione del quesito, della circolare che ha ci- tato, con l’esempio numerico riportato nella tabella dove si sottolinea la neutralità del residuo da sottoporre a tas-

sazione nelle due ipotesi considerate. Ma su ristorni di differente ammontare.

__________________

2.3

Incidenza dei costi e dei ricavi

In una cooperativa di produzione e lavoro che opera nel settore elettronico con produzioni proprie (articoli progettati, prodotti e venduti con proprio marchio) ma anche produzioni per conto terzi, con impiego dl perso- nale socio-dipendente e dipendenti non soci, come può essere calcolata l’incidenza dei costi e dei ricavi generati dai soci nel produrre l’utile dl esercizio, sulla cui base andrà poi calcolata la quota da ristornare?

Per intenderci meglio, la scrivente cooperativa ha un organico di 24 persone, di queste 16 sono socie a otto non socie, con ruoli diversi: responsabili, operai, impiegati ecc. Alcuni sono addetti e produzioni che generano mag- giori margini di utili rispetto ad altre, cui sono addetti soci e non soci.

Per entrare ancor più nel dettaglio: tra i soci, alcuni hanno fruito di astensione obbligatoria e facoltativa di maternità, per cui nel corso del presente esercizio non hanno prodotto al pari di altri. Partecipano ugualmente al ristorno, o partecipano solamente in rapporto alle ore di effettiva presenza in azienda?

Quale può essere stabilito il corretto criterio su cui calcolare il ristorno e la quota spettante a ogni socio?

Bruno Bonaldi - Vilminore dl Scalve (Bergamo)

Risponde Giannino Cascardo

Premettiamo che viene definita e distinta, in dottrina, le cooperative di lavoro che utilizzano unicamente l’atti- vità dei soci come «pura», dalle altre che si servono anche di lavoratori a qualsiasi titolo occupati ma non soci.

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2.3

Ristorni e soci lavoratori

Premesso che la legge 142/2001, art. 3 comma 2, reci- ta testualmente:

2. Trattamenti economici ulteriori possono essere de- liberati dall’assemblea e possono essere erogati:

b) in sede di approvazione del bilancio di esercizio, a titolo di ristorno, in misura non superiore al 30% dei trattamenti retributivi complessivi di cui al comma 1 e alla lettera a), mediante integrazione delle retribuzioni medesime, mediante aumento gratuito del capitale so- ciale sottoscritto e versato, in deroga ai limiti stabiliti dall’articolo 24 del dlcps 14 dicembre 1947, n. 1577, rati- ficato, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 1951, n.

302, e successive modificazioni, ovvero mediante distri- buzione gratuita dei titoli di cui all’articolo 5 della legge 31 gennaio 1992, n. 59.

Si chiede di sapere se, a prescindere dalle previsioni statutarie, l’assemblea ordinaria di una cooperativa di produzione e lavoro possa deliberare il ristorno median- te integrazione delle retribuzioni medesime o mediante aumento gratuito del capitale sociale. In sintesi: se lo statuto non prevede esplicitamente la possibilità di ri- storno, sulla base della legge 142/2001 è possibile deli- berare in tal senso o è necessaria una modifica statuta- ria?

Spazio srl - Vilminore dl Scalve -Bergamo

(3)

Risponde Giannino Cascardo

Il ristorno, in quanto definito dalla dottrina più accre- ditata (e secondo prassi consolidata) come «rimborsi o remunerazioni differite delle prestazioni mutualisti- che», sono una peculiarità tipiche di ogni forma di coope- rativa, escluse, secondo dottrina, solo le edilizie, quelle di assicurazione e creditizie.

La legge citata nel quesito quindi non fa altro che riba- dire un principio che risale addirittura ai primi anni del secolo scorso (rd 12/2/1911, n. 278), riservando la fa- coltà di decidere all’assemblea, né fa riferimento alla ne- cessità che ciò sia preventivamente contenuto nello statu- to sociale. È prassi che le cooperative, soprattutto quelle di lavoro, stabiliscano in un regolamento le modalità di calcolo e distribuzione del ristorno, lasciando allo statu- to solo la determinazione delle altre destinazioni delle ec- cedenze di bilancio dell’esercizio, compresa la misura degli eventuali utili distribuibili.

Pertanto la risposta al quesito è in senso positivo, pre- cisato però che, sempre secondo la dottrina prevalente, ciò non veniva considerato un obbligo, salvo non fosse stato previsto dall’atto costitutivo. Ora, con l’introduzio- ne della legge 142/2001, questo rigido vincolo sarebbe dunque caduto e ritengo sia stata riservata la facoltà all’assemblea di pronunciarsi in merito.

I MMOBILI E CONDOMINI

4.6.

La mansarda condonata

Ho acquistato una mansarda condonata da sottotetto:

al contratto è allegato il regolamento non adeguato a mansarda oggetto di mutamento destinazione d’uso con concessione in sanatoria dotata di abitabilità. Con il si- lenzio-assenso il condominio cita sempre il regolamento e non mi lascia ristrutturare l’abitazione dichiarata in- salubre dalla Asl e il cui progetto è stato vistato dalla stessa Asl.

M.T. Masci - L’Aquila

Risponde Gino Terzago

Il condominio nulla può opporre se il mutamento d’uso è stato eseguito nel rispetto della normativa codici- stica (art. 1122 cod. civ.) e del regolamento di condomi- nio. Ella ha ogni buon diritto di procedere al risanamen- to dell’unità edilizia, tenuto presente che la giurispru- denza si è orientata nel senso del divieto al proprietario del sottotetto, prima semplice ripostiglio e poi apparta- mento, di collegare i servizi dello stesso (televisione, sca- richi e riscaldamento) a quelli comuni. Così il Sc (senten- za 7/6/2000 n. 7730): i proprietari delle unità immobi- liari (nella specie, mansarde) che, per ragioni di confor- mazione dell’edificio, non siano servite dall’impianto di riscaldamento centralizzato non possono legittimamen- te vantare un diritto di condominio sull’impianto mede- simo, perché questo non è legato alle dette unità immobi- liari da una relazione di accessorietà (che si configura co- me il fondamento tecnico del diritto di condominio), e cioè da un collegamento strumentale, materiale e funzio- nale consistente nella destinazione all’uso o al servizio delle medesime. Il presupposto per l’attribuzione della proprietà comune in favore di tutti i compartecipi viene meno, difatti se le cose, gli impianti, i servizi di uso comu- ne, per oggettivi caratteri strutturali e funzionali, siano necessari per l’esistenza o per l’uso (ovvero siano destina-

ti all’uso o al servizio) di alcuni soltanto dei piani o por- zioni di piano dell’edificio.

__________________

4.6.

La rete a fibre ottiche

Si sta istituendo la rete a fibre ottiche in tutta la città.

Tutti i caseggiati sono sottoposte obbligatoriamente ai collegamenti della stessa. Il condominio deve subire passivamente la stesura dei tubi e covi, senza ingegne- ria nella proprietà privata, costoro a quale titolo o legge possono occupare tratti privati, collocando «armadi» per raccolta di collegamenti e derivazioni a scopi commer- ciali.

Nel tempo si creerebbe una usucapione, una servitù coatta sussistono degli obblighi legislativi forniture op- pure è possibile stipulare un contratto commerciale ov- vero di comodato per tale occupazione, il rogito, il regola- mento di condominio non prevede tale servitù.

Desidero una risposta alquanto presto per i problemi nascenti con le imprese.

Giorgio Ferraro - Milano Risponde Gino Terzago

Ove sia richiesto da uno o più condomini, l’impresa procede all’installazione e ai collegamenti senza che l’as- semblea condominiale possa opporre divieti.

È chiaro però che se si provocano danni durante l’ese- cuzione, gli stessi saranno sopportati dall’impresa.

__________________

4.6

La servitù di passaggio

Sono proprietario di un’abitazione a favore della qua- le è stata costituita, a titolo oneroso, una servitù di pas- saggio, sia per le persone che per le auto, gravante su una strada di proprietà di un adiacente condominio.

All’ingresso di tale strada (tra l’altro molto ripida) a cir- ca 100 metri dalla mia abitazione, è collocato un cancello manuale che quasi sempre viene lasciato aperto, sia per il disagio di dover scendere dall’auto per aprirlo o richiu- derlo, sia per la pericolosità di dover abbandonare tem- poraneamente il veicolo. Qualora poi ricevessi visite e il cancello fosse chiuso a chiave mi troverei a dover fare a piedi i detti 100 metri per aprirlo. La soluzione proposta dall’amministratore, sentiti i condomini, è stata quella di provvedere all’installazione e alle future manuten- zioni di un cancello automatico, completamente a mie spese. A dir loro la mia negligenza nel lasciare aperto il cancello sarebbe addirittura sanzionabile qualora si ve- rificassero danni alle abitazioni. È giusto che io sostenga interamente tale onere o può essere ripartito anche tra i condomini? Se sì, in che misura e con quali criteri? Posso essere in qualche misura sanzionato se, nel caso non si provveda all’installazione di cancello automatico, io continuassi a lasciare aperto quello esistente?

Gilberto Invernizzi - Omobono Imagna Risponde Gino Terzago

L’art. 1064 cod. civ. consente la chiusura del fondo (per protezione, ingerenze di terzi ecc.) da parte del proprieta- rio del fondo servente. Ciò nasce dal combinato disposto degli artt. 841 e 1064 cod. civ. secondo cui il proprietario del fondo gravato da servitù di passaggio ha facoltà di chiuderlo, ma deve lasciare libero e comodo l’ingresso e il

(4)

transito al proprietario del fondo dominante con la con- seguenza che l’apposizione di un cancello ancorché ac- compagnata dalla consegna delle chiavi al proprietario del fondo dominante, non comporta soltanto un minimo e ammissibile sacrificio per quest’ultimo, ove anziché consentire normalmente il libero passaggio di tutte le persone che devono servirsi del passaggio stesso per l’uti- lità e la comodità del fondo dominante, importi, in rela- zione allo stato dei luoghi, una limitazione sostanziale al contenuto della servitù determinando una situazione di scomodità e di grave disagio per il fondo dominante.

(In base al suddetto principio la Sc ha confermato la de- cisione del merito che aveva ritenuto che stante la di- stanza del cancello e la mancanza di un campanello e di un congegno di apertura, a distanza, il proprietario del fondo dominante sarebbe stato costretto a particolari at- tività per l’apertura e la chiusura del cancello stesso e quindi di esporsi a disagi e pericoli. In tale senso Cass.

31 ottobre 1989 n. 4548; 9 gennaio 1980 n. 168; 30 marzo 3804; 13 maggio 1982 n. 3003; 23 gennaio 1982 n. 4 di- cembre 1980 n. 6325). E ancora, in fattispecie analoga (Cass. 10/9/1999 n. 9631). Nell’ipotesi di fondo gravato da servitù di passaggio, l’esercizio da parte del proprie- tario, della facoltà riconosciutagli dall’art. 841 cc di chiudere in qualunque tempo il proprio fondo protegger- lo dall’ingerenza di terzi deve essere esercitato in modo tale che l’esercizio della servitù di passaggio non venga impedito né reso scomodo; spetta al giudice di merito stabilire quali misure in concreto, risultino più idonee a contemperare l’esercizio dei diritti (quello di chiusura del fondo servente e quello di libero comodo esercizio del- la servitù da parte del proprietario del fondo dominan- te), avendo riguardo a tutte le circostanze del caso con- creto e perciò non solo a quelle, oggettive, derivanti dalla struttura dei fondi interessati e, più in generale, dallo stato dei luoghi, bensì anche a quelle soggettive, come il comportamento tenuto dal proprietario del fondo ser- vente. (Nella specie, la Sc ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto misura non idonea garantire il libero esercizio della servitù di passaggio la consegna delle chiavi del cancello apposto a chiusura del fondo servente, al luce del comportamento del proprietario di tale fondo che ave ripetutamente sostituito la serratura di detto cancello).

__________________

4.6

La natura dell’amministratore

Sono amministratore «in prorogatio» non avendo rag- giunto i 501 millesimi. In assemblea successiva la vota- zione ha avuto il seguente risultato:

1) all’amministratore «in prorogatio» millesimi 345,022

2) alla «Bianchi snc» di Rossi Rossa millesimi 385,244 (i voti riportavano, a volte, solo il nome della società a volte il nome della società con affianco il nome «Rossi Rossa»;

3) alla «Rossi Rosa» senza alcun riferimento alla so- cietà»; mill. 168,232;

4) il presidente dell’assemblea ha fatto verbalizzare che il nuovo amministratore e la Bianchi snc di Rossi Rossa».

Domanda:

non è che la «Bianchi snc di Rossi Rossa» e la «sig. Ros- si Rosa», pur essendo l’amministratore della stessa, sia- no due persone giuridiche diverse, per cui non avendo

raggiunto il quorum, rimane in carica l’amministratore in prorogatio?

M. Boso - Eraclea Risponde Gino Terzago

Il quesito involge la questione se l’amministratore di condominio possa essere una persona giuridica (Cass.

24/12/1994 n. 11155) ovvero unicamente una persona fisica (Cass. 9/6/1994 n. 5608). Si propende per questa ultima soluzione in quanto la sentenza citata del dicem- bre 1994 ritiene che comunque, si trattava di società di persone, facilmente si può individuare colui che ha agito in nome e per conto dell’ente. Nel caso specifico ritengo che l’amministratore sia comunque il signor Rossi e non la società, in quanto la somma dei voti (385,244 + 168,232=553,476) si riferisce unicamente alla persona fisica. Comunque semmai trattasi di deliberazione an- nullabile (Cass. 5/1/2000 n. 31).

__________________

4.6

L’uso del marciapiede

A e B due fabbricati sono uno di fronte all’altro, e si af- facciano su un cortile carraio «pertinenza» di B, ma gra- vato di diritto di passaggio per gli edifici che vi si affac- ciano. Nel cortile, lungo la facciata di A scorre un fosso largo circa 70 cm. di proprietà di un consorzio per l’irri- gazione; B durante i lavori di manutenzione, provvede d’accordo con il Consorzio, a coprire il fosso, Si crea così un marciapiede contro la facciata di A. Come e da chi po- trà essere usato tale marciapiede?

G. Rosani - Fiesco Risponde Gino Terzago

Nella specie, la copertura a marciapiede del fosso non fa venire meno la servitù di passaggio, ma la ampia an- che a favore di A. Al proposito si veda:

a) le opere vietate dal proprietario del fondo servente dall’art. 1067 comma 2 cc, sono soltanto quelle che si ri- flettono alternandole, sul contenuto essenziale dell’al- trui diritto di servitù quale è determinato dal titolo, si da incidere sull’andatura e sull’estensione dell’utilitas og- getto di quello stesso diritto. La norma non tutela quindi l’utilitas che di fatto il proprietario del fondo dominante ritenga di trarre dalla servitù, ma quella assicurata nel suo contenuto essenziale dal titolo. Conseguentemente, in tema di servitù di passaggio, non comporta diminu- zione dell’esercizio della servitù l’esecuzione di opere che pur riducendo la larghezza dello spazio di fatto disponi- bile a tal fine, la conservino tuttavia in quelle dimensioni che non comportino una riduzione o una maggiore sco- modità dell’esercizio delle servitù» (Cass. 3/11/1998 n.

10990);

b) l’estensione di una servitù convenzionale e le moda- lità del suo esercizio devono essere descritte dal titolo, da interpretarsi con i criteri dettati dagli art. 1362 cc, in quanto compatibili con la materia in esame. Peraltro, ove la convenzione contrattuale non consente di dirimere i dubbi al riguardo, come quando, nel costituire una ser- vitù di passaggio, si limiti a prevedere soltanto il diritto di transito, senza altre specificazioni, il giudice è tenuto a ricorrere al criterio sussidiario del contemperamento delle esigenze del fondo dominante con il minore aggra- vio del fondo servente, tenendo conto, con riferimento all’epoca della convenzione, dello stato dei luoghi, della naturale destinazione dei fondi e di tutti gli elementi me-

(5)

diante i quali di norma è possibile individuare le esigen- ze del fondo dominante che le parti hanno inteso soddi- sfare con la costituzione della servitù, senza che, di con- seguenza, gli sia consentito di introdurre particolari mo- dalità, che, non indicate dalle parti, non siano corri- spondenti a uno specifico tipo di servitù previsto dalla legge. (Cass. 20/7/1991 n. 8122).

__________________

4.6

Lo spostamento degli scarichi

Ho recentemente acquistato un garage. L’ammini- stratore sostiene che il regolamento condominiale esclude dalla proprietà comune indivisibile i proprietari dei garage, poiché in tale garage sono collocati scarichi fognari che possono essere spostati negli attigui locali condominiali. Posso pretendere lo spostamento? Dal ro- gito non risultano servitù.

G. Ostanicola - Ostia Vetere Risponde Gino Terzago

Solo il regolamento cosiddetto contrattuale può esclu- dere la comproprietà di alcune parti comuni. Per quanto riguarda la servitù di passaggio di scarichi fognari, il proprietario del fondo servente (Ella) può, se l’originario esercizio è diventato più gravoso o se impedisce di esegui- re lavori o riparazioni o miglioramenti, offrire al pro- prietario del fondo dominante (il condominio) un luogo ugualmente comodo. L’autorità giudiziaria può anche disporre che la servitù sia trasferita su altro fondo del proprietario del fondo servente o di un terzo che accon- senta (art. 1068 cod. civ.).

__________________

4.6

La manutenzione dell’area verde

Un ente affittuario di una palazzina di due piani con corte, di proprietà Iacp, ha deciso di rinunciare al piano terra che lo Iacp stesso in procinto di affittare a nuovo in- quilino dopo aver espletato pubblico bando di concorso.

La corte è attrezzata con verde, siepi e alberi di alto fusto che necessitano di opere di manutenzione e ripulitura.

1) L’inquilino che sta per sottoscrivere il contratto di locazione è tenuto a pagare tali opere considerato che le stesse derivano da una ricrescita avvenuta precedente- mente alla stipula del contratto?

2) In caso affermativo in che misura lo stesso deve con- correre? In proposito ha rilevanza il fatto che i lavori, seppure ancora da eseguire, sono stati già appaltati? E se gli stessi oltre che appaltati fossero anche eseguiti? Al proprietario Iacp spetta una quota di partecipazione alla spesa?

3) Considerato che i contratti stipulati con gli Iacp so- no contratti tipo, ove non vengono riportate clausole spe- cifiche e ove si fa riferimento al regolamento interno e/o alle norme del codice civile, può l’inquilino per gli anni fu- turi, chiedere di farsi carico autonomamente e ad anni alterni con l’altro conduttore (nel caso specifico l’ente af- fittuario) della gestione del verde e della sua manuten- zione senza dover sottostare alle maggiori spese derivan- ti dal contratto di appalto stipulato dall’ente stesso?

Lettera firmata - Quesito via Internet Risponde Gino Terzago

Il conduttore è tenuto a osservare il regolamento con-

dominiale. Nella specie, è tenuto a sopportare le spese per la manutenzione dell’area verde: manutenzione, e non piantumazione di nuovi alberi, anche se necessitano di sostituzione. Per quanto sopra non può sottrarsi e inter- venire autonomamente.

__________________

4.6

La servitù per destinazione

Lo scrivente all’inizio del 2001 ha acquistato un im- mobile e due cantine in un condominio che è costituito tra l’altro da un cortile da cui si accede dalle cantine e sul quale si affaccia il mio appartamento. Ho pertanto sem- pre utilizzato tale porta per accedere dalla cantina al cortile ed effettuare la ordinaria manutenzione sia rela- tiva all’appartamento che alle cantine (per esempio pu- lizia persiane dell’appartamento, non essendo lo stesso dotato di terrazzo, e pulizia della parte esterna delle fi- nestre delle cantine). Dopo qualche mese il proprietario del cortile (che inizialmente deteneva tutto il condomi- nio: appartamenti, cantine e cortile) ha venduto il corti- le a un condomino, il quale mi ha comunicato che inten- de chiudere la porta di accesso al cortile impedendomi l’accesso e quindi l’effettuazione della manutenzione di cui sopra. Chiedo di conoscere, fornendo il riferimento normativo e/o giurisprudenziale a sostegno di tali affer- mazioni, se tale comportamento è legittimo o se al con- trario mi deve essere garantito il diritto di accesso al cor- tile eventualmente fornendo una soluzione pratica.

Lettera firmata- Quesito via Internet Risponde Gino Terzago

Nella specie si potrebbe trattare della cosiddetta ser- vitù per destinazione del padre di famiglia, laddove la res, ita stant ut stent.

Infatti ove la detta porta fosse sempre servita, nulla si dive nel quesito, per accedere al cortile, e, da qui, rag- giungere la strada pubblica, il proprietario del predetto cortile non può pretendere la chiusura della porta (art.

1062 cod. civ.) In caso diverso, il mantenimento della porta, cioè solo per la manutenzione (pulizia delle per- siani e delle finestre), non può essere consentito, essendo- vi al proposito il disposto dell’art. 843 cod. civ.).

I MPOSTE SUI REDDITI

1.1

Dottorato di ricerca

Un dottorando ha percepito dall’università degli stu- di nell’anno 2001 l’importo di Lit. 20.450.010 per borsa di studio per dottorato di ricerca ai sensi della legge 398 del 30 novembre 1989. Su tale importo è stata operata ritenuta del 4,33% a favore della gestione autonoma 10% dell’Inps, ai sensi dell’art. 51 della legge 488 del 23/12/1999.

Domando se tale soggetto, dal punto di vista fiscale, è da considerare «familiare a carico» dei genitori, ovvero se avendo posseduto reddito (ancorché esente) superio- re a Lit. 5.500.000 non è fiscalmente a carico per l’anno 2001.

Salvatore Sergio - Napoli Risponde Norberto Villa

La modifica dell’art. 12 del Tuir apportata dall’art. 3

(6)

del dl 330/1994 ha introdotto la regola secondo cui il reddito da assumere ai fini del calcolo del limite per esse- re considerati a carico è costituito dai soli redditi che con- corrono a formare il reddito complessivo. Pertanto, nel caso in cui i familiari possiedano redditi esenti, gli stessi sono da considerare ininfluenti e non sono da considera- re ai fini del calcolo del limite di cui al citato art. 12 del Tuir. Pertanto qualora il reddito percepito dal lettore sia considerare esente lo stesso non avrà nessuna influenza circa la possibilità che lo stesso sia da considerare o me- no fiscalmente a carico.

A riprova di ciò si ricorda anche come le istruzioni al modello Unico 2002 facciano riferimento (al fine della verifica del limite reddituale) all’ammontare del reddito complessivo da cui, ai sensi dell’art. 3, comma 3, lett. a) del Tuir, sono esclusi (tra gli altri) i redditi esenti dall’imposta.

__________________

1.1

I regimi sostitutivi

In data 1º settembre 2001 ho aderito al regime delle nuove iniziative ai sensi dell’art. 13 della legge 388/2000 iniziando in tale data l’attività di sub agente assicurati- vo. Nel periodo dal 1º gennaio 2001 al 31 agosto 2001 ho svolto l’attività come lavoratore dipendente in una so- cietà che offre assistenza hardware.

Nella dichiarazione dei redditi anno 2001 Unico 2002 posso usufruire della detrazioni quadro RP al 100%

avendo un reddito che confluisce nel quadro RN (detra- zioni che non sarebbero da considerare se un soggetto aderisce la regime delle nuove iniziative in quanto viene applicata un’imposta sostitutiva del 10%)?

Studio Matteuci - Lugo (Ra) Risponde Norberto Villa

L’articolo 13 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 ha introdotto un regime fiscale agevolato per le nuove ini- ziative imprenditoriali. Lo stesso prevede il pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef pari al 10% del red- dito prodotto dall’attività. Tale reddito non concorre pertanto (si veda l’art. 3 del Tuir) alla formazione del reddito complessivo netto. Nella norma istitutiva non vi è un divieto assoluto di cumulare (nel medesimo periodo d’imposta) reddito agevolato ex art. 13 della legge 388/2000 e reddito di lavoro dipendente.Da ciò ne conse- gue che le detrazioni previste con specifico riguardo al reddito da lavoro dipendente prodotto nell’anno 2001 potranno essere godute dal lettore secondo le regole ordi- narie. Le stesse una volta indicate nel quadro RP del mo- dello Unico potranno abbattere il risultato finale della dichiarazione. Si consideri che le stesse potranno incide- re solo sull’imposta calcolata sul reddito complessivo imponibile ai fini Irpef (e non quindi sull’imposta sosti- tutiva ex art. 13 della legge 388/2000).

__________________

1.1

L’auto della sas

Svolgo il lavoro di ispettore sistemi qualità e ambien- te esplicando tale attività presso le sedi delle varie aziende che richiedono tale certificazione. Si tenga pre- sente che le aziende sono posizionate nei luoghi più di- sparati a volte raggiungibili solo tramite autoveicolo che utilizzo per espletare attività ispettiva. Consideran-

do ciò, la macchina acquistata e intestata alla mia ditta (sas) di cui sono il socio accomandatario (e unico lavora- tore) è possibile dedurla al 100%?

Massimo Ippolito - Quesito via Internet Risponde Norberto Villa

Secondo le (rigide) indicazioni della prassi ministe- riale ciò non è possibile.

Ai sensi dell’art. 121-bis del Tuir la deducibilità inte- grale è ammessa per i veicoli strumentali all’esercizio dell’attività d’impresa (oltre che a quelli adibiti a uso pubblico o concessi in uso promiscuo ai dipendenti, ipo- tesi queste non rilevanti nel caso di specie).

Come sostenuto nella cm 48/E del 10 febbraio 1998 (in via fortemente restrittiva) nella prima ipotesi (veicoli strumentali) rientrano solo i veicoli «senza i quali l’atti- vità dell’impresa non può essere esercitata» (autovetture per le società di noleggio o per le scuole guida, o per ceri- monie o in leasing per le società che operano come locatri- ci). A oggi tale posizione non ha subito alcuna modifica:

sulla base della stessa si deve quindi ritenere che nel caso del lettore siano operanti i limiti alla deducibilità previ- sti dall’art. 121-bis del Tuir. Pur prendendo atto della posizione della prassi si può ricordare comunque che esi- stono posizioni interpretative meno stringenti (si veda per esempio la circ. Assonime 60 del 20/5/1997) che po- trebbero essere seguite, ma che in caso di controllo dareb- bero luogo, senza dubbio, alla contestazione da parte dell’amministrazione finanziaria.

R EDDITI DIVERSI

1.1.6

La rivalutazione del terreno

Ero proprietaria (in seguito alla successione di mio padre apertasi il 10 febbraio 1963 e successivo atto di di- visione del 10 giugno 1968) di un appezzamento di terre- no che col vigente piano regolatore previsto dal comune è diventato zona artigianale e commerciale D2.

Con atto di donazione del 10 giungo 1968 tale terreno l’ho donato in nuda proprietà ai miei tre nipoti.

La rivalutazione di detto terreno e il conseguente pa- gamento dell’imposta sostitutiva del 4% prevista dall’art. 7 della legge 448 del 2001 sono efficaci ai fini della determinazione delle plusvalenze di cui all’art. 81 comma 2, lett. a) e b) del Tuir?

Lettera firmata - Quesito via Internet Risponde Norberto Villa

È proprio nel tentativo di evitare o ridurre il possibile impatto fiscale di tali plusvalenza che si basa la norma citata dal lettore. La stessa infatti dispone che «agli effet- ti della determinazione delle plusvalenze e minusvalen- ze di cui all’art. 81» per i terreni edificabili e con destina- zione agricola posseduti alla data del 1° gennaio 2002, può essere assunto, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore a tale data determinato sulla base di una peri- zia giurata di stima a condizione che il predetto valore sia assoggettato a un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi pari al 4% del valore così determinato.

Pertanto qualora il terreno in questione rientri tra quelli per i quali la rideterminazione è consentita (sul punto si veda la circolare 15/E del 2002) l’applicabilità delle disposizioni di cui all’art. 7 della legge 448/2001 risulta applicabile. Continua a pag. 11

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Il riaddebito dei costi promozionali tra società di un gruppo

ITALIAOGGI7 PROSEGUE LA RUBRICA«SUPERQUESITO», CHE SI PROPONE DI RISOLVERE I PROBLEMI INTERPRETATIVI PIUCOMPLESSI IN MATERIA FISCALE. I LETTORI CHE VOGLIANO SOTTOPORRE UNA QUESTIONE

DI INCERTA SOLUZIONE ALLA COMMISSIONE DI ESPERTI POSSONO INVIARE UN QUESITO, FORMULATO IN FORMA SINTETICA E CORREDATO DELLA DOCUMENTAZIONE NECESSARIA, VIA FAX AL NUMERO02/58317598

S UPER Q UESITO

QUESITO

Sono l’amministratore unico di una società a re- sponsabilità limitata operante nel settore della vendita all’ingrosso di macchinari e piccoli im- pianti per la lavorazione del pellame posseduta al 95% da Casa madre tedesca.

Sovente le massicce campagne promozionali (fiere, sponsorizzazioni, concorsi a premi) e quel- le pubblicitarie (per lo più lanciate su riviste spe- cializzate di settore) decise e organizzate a livel- lo di gruppo vengono estese su tutti i mercati na- zionali su cui i prodotti in oggetto vengono com- mercializzati (e non solo in Germania) salvo poi, da parte della holding, riaddebitarne pro quota le spese sostenute alle diverse società operanti nei diversi paesi.

A prescindere della deducibilità ai fini delle im- poste sui redditi di tali costi su cui credo di avere le idee più chiare, i dubbi concernono il regime Iva cui assoggettare tali riaddebiti. A riguardo chiedo opportuni chiarimenti.

Premessa

La fattispecie di operazione (di tipo commerciale effettuata dalla società capo gruppo e in seguito riaddebitata agli effettivi beneficiari, le società fi- glie) rappresentata nel quesito in esame, mostra in effetti almeno due aspetti degni di nota e ap- profondimento ai fini dell’imposta sul valore ag- giunto.

Innanzitutto risulta interessante la circostanza del riaddebito che di fatto, e vedremo anche di di- ritto, null’altro è che un ribaltamento di costi che il soggetto che inizialmente li ha sostenuti opera per competenza nei confronti anche della vostra so- cietà che, per le campagne promozionali e pubbli- citarie effettuate sul vostro mercato di riferimen- to, risulta essere in termini commerciali l’effettiva beneficiaria.

Questa forma di ribaltamento vedremo come ai fini dell’Iva rappresenti un negozio giuridico dal trattamento molto peculiare.

In seconda battuta, lo stesso tipo di prestazione

di tipo «pubblicitario» resa alla Casa madre da parte di un terzo soggetto, residente o non residen- te, e poi riaddebitata pro quota, necessita di essere accuratamente definita ai fini della verifica sulla territorialità Iva.

Il punto di riferimento e di partenza per l’ap- profondimento è rappresentato evidentemente da- gli articoli di legge nello specifico gli articoli 3, comma 3, ultimo periodo e 7, comma 4, lettera d) del decreto del presidente della repubblica n. 633 del 26 ottobre 1972 (di seguito dpr 633).

All’art. 3 si legge che le prestazioni di servizi re- se o ricevute dai mandatari senza rappresentanza sono considerate prestazioni di servizi anche nei rapporti tra il mandante e il mandatario.

L’art. 7 alla lettera d) del quarto comma stabili- sce che le prestazioni pubblicitarie si considerano effettuate nel territorio dello stato italiano e quin- di sono rilevanti ai fini Iva quando rese a soggetti ivi residenti salvo non siano utilizzate fuori dalla Comunità europea, cioè che fuori dalla Ue produ- cano i loro effetti economici.

Vale la pena approfondire ambo i temi.

Il mandato nelle prestazioni di servizi

Particolare attenzione merita appunto l’ultima parte del terzo comma dell’art. 3, relativa al rappor- to di commissione per i servizi ovvero sia prestazio- ni che vengono erogate nell’interesse di terze perso- ne.

Riguardo al rapporto di commissione nell’ambito delle prestazioni di servizi, recependo quanto all’art. 6, par. 4, della VI direttiva n. 77/388, le nor- me nazionali al citato art. 3, comma 3, del dpr n. 633 distinguono il rapporto di mandato in funzione del fatto che sia con o senza rappresentanza richiaman- do implicitamente gli artt. 1703, 1704 e 1705 del co- dice civile.

Nel primo caso (mandato con rappresentanza) il mandatario agisce in nome e per conto del mandan- te, pertanto, gli effetti giuridici degli atti compiuti dal mandatario si riflettono direttamente in capo al

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mandante: il rapporto economico fra i due soggetti è limitato al compenso per la prestazione di interme- diazione resa dal mandatario, mentre ogni altro rapporto economico instaurato con i terzi si manife- sta direttamente nella sfera giuridica (e fiscale) del mandante a nulla rilevando da un punto di vista giuridico la soggettività del mandatario.

In questa ipotesi risulta applicabile il disposto dell’art. 15, comma 1, n. 3, del dpr 633 che sanci- sce l’esclusione dalla base imponibile delle som- me dovute a titolo di rimborso delle spese antici- pate in nome e per conto della controparte, pur- ché regolarmente documentate.

In altri termini, nel caso il mandatario abbia

«spesato» l’acquisto del servizio non si è trattato che di un’anticipazione in nome e per conto del mandante.

Il costo viene trasferito direttamente nella sfe- ra giuridica (e fiscale) del mandante, che provve- de a esercitare il diritto di detrazione (se compe- te).

Questo trasferimento giustifica l’esclusione della base imponibile dell’operazione trasferita nel rapporto economico mandatario/mandante, in altri termini il riaddebito del mandatario al man- dante per le somme anticipate è fuori campo Iva.

Nel secondo caso (costi a nome proprio, anche se per conto altrui) l’acquisto si intende eseguito dal mandatario cui spetta il diritto di detrazione (se compete).

Il mandatario agisce in nome proprio e, di con- seguenza, le due operazioni che si pongono in es- sere per effetto di esso (acquisto e rivendita) co- stituiscono autonomi rapporti ai fini dell’applica- zione del tributo. In pratica, la norma stabilisce che, seppure l’oggetto del trasferimento (in que- sto caso un servizio) è unico, i rapporti che si in- staurano sotto il profilo tributario sono duplici e distinti e cioè: il primo fra il mandatario e il ter- zo (prestatore del servizio), il secondo fra il man- datario e il mandante (la vostra società) che su- bisce il riaddebito dei costi del servizio reso dal terzo al mandatario (la Casa madre).

Recenti e concordi pronunce ministeriali con- solidatesi nel tempo confermano l’identità del servizio ribaltato rispetto a quello acquistato, in ossequio al principio della unicità dell’oggetto del rapporto giuridico che si instaura fra le par- ti (mandante, mandatario, terzo) distinguendo il trattamento ai fini Iva in funzione del potere di rappresentanza che il contratto di mandato at- tribuisce o meno al mandatario.

In particolare, ripetiamo, nel rapporto di man- dato, sia con rappresentanza che senza rappre- sentanza, gli effetti giuridici dell’atto si riper- cuotono comunque sulla sfera giuridica del man- dante e questo in applicazione:

- se il rapporto di mandato è senza rappresen- tanza, dell’art. 3, comma 3, del decreto del pre- sidente della repubblica 633;

- se il rapporto di mandato è con rappresen- tanza, dell’art. 15, comma 1, n. 3, decreto del presidente della repubblica 633.

Come si vede, le norme, interne e comunitarie,

tendono a perequare il rapporto di intermedia- zione, sia esso diretto o indiretto.

Le pronunce ministeriali, un ap- profondimento

Prendiamo per esempio la risoluzione n. 6 dell’11 febbraio 1998 in cui il ministero delle finanze af- fronta il tema del regime Iva del trasferimento di co- sti sostenuti nell’interesse e per conto di un altro soggetto passivo; peraltro l’aspetto centrale della ri- soluzione in oggetto coinvolgeva anche la questione della territorialità.

Per comprendere il pensiero ministeriale, ormai radicato, si vedano anche le risoluzioni n. 146 del 27/9/1999 e la recente n. 323/E dell’11/10/2002, oc- corre innanzi tutto aver chiara la differenza che in- tercorre tra l’ipotesi per così dire classica, del riad- debito delle spese in nome e per conto. In questo ca- so, il soggetto intermediario è «trasparente» e «neu- trale» rispetto ai due soggetti intermediati, nel sen- so che, proprio come indica la norma (art. 15, primo comma, n. 3) spende il nome del mandante nei con- fronti del soggetto che effettua la prestazione di ser- vizio: tanto premesso l’operazione riverbera imme- diatamente i propri effetti nei confronti del man- dante, non lasciando traccia alcuna nella sfera dell’intermediario (se non nei conti della contabilità generale, riguardo all’anticipazione finanziaria eseguita).

Il fatto che l’operazione di fatto, in quanto antici- pazione monetaria, sia esclusa dal campo di appli- cazione dell’imposta, implica che perda di rilevanza l’emissione del documento fiscale (la fattura) che ovviamente coinvolge direttamente il mandante e il prestatore del servizio.

La necessità di transito del documento fiscale (cioè, della fattura) dal fornitore direttamente al cliente dimostra che l’oggetto dell’operazione su- bentra nella sfera giuridica del mandante senza la- sciare traccia nell’intermediario.

Simile negli effetti ma diversa nella forma è l’al- tra forma di intermediazione, cosiddetta indiretta, dove l’intermediario non spende il nome del proprio mandante e acquista direttamente a suo nome il servizio che, successivamente, è come se rivendesse al mandante.

Questa fenomenologia appare assolutamente pa- ragonabile alla fattispecie rappresentata nel quesi- to in esame, ove la società capogruppo si presenta come il mandatario che nell’interesse delle altre so- cietà del gruppo concorda una prestazione di servi- zio che sarà erogata da un soggetto terzo ma nei vo- stri interessi.

La ratio della norma punta a un unico obiettivo:

evitare che l’intermediario resti in qualche modo in- ciso dalla operazione.

Il che si verifica:

- nell’intermediazione con rappresentanza (ex art. 15, comma 1, n. 3) per sua natura, nel senso che l’oggetto della prestazione è davvero trasferito an- che sotto il profilo documentale;

- nell’intermediazione senza rappresentanza

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quando il servizio ricevuto è lo stesso che viene ri- trasferito.

Prestazioni rese a un soggetto terzo diverso dall’utente: il discorso della territorialità

Posto che le norme di cui all’art. 7, quarto com- ma, del dpr n. 633/1972 devono essere interpre- tate non già in maniera restrittiva, stanti anche i chiarimenti forniti a livello giurisprudenziale circa l’applicabilità dei criteri di collegamento

«casistici» (cioè quelli di cui al paragrafo 2 dell’art. 9 della VI direttiva e del comma 4 dell’art. 7 della norma nazionale) appare chiaro che le regole applicabili nei rapporti diretti forni- tore-beneficiario di un servizio devono trovare ap- plicazione anche relativamente a operazioni non direttamente intercorrenti tra il prestatore e l’utilizzatore del servizio.

Non tutti gli ordinamenti nazionali tuttavia hanno intrapreso questa strada interpretativa; è il caso per esempio dell’orientamento palesato dall’amministrazione finanziaria francese, in ba- se al quale la prestazione pubblicitaria deve es- sere resa direttamente a un utente pubblicitario soggetto passivo per essere considerata imponi- bile nel paese del committente. In virtù di tale in- terpretazione restrittiva, l’esclusione dal campo di applicazione dell’Iva di cui fruiscono in linea di massima i soggetti intermedi quando il destina- tario della prestazione è stabilito all’estero.

La Corte di giustizia tuttavia, movendo dall’or- mai consolidato principio in forza del quale le re- gole dettate in materia di luogo di effettuazione delle prestazioni di servizi, diverse da quella del paese del prestatore, non rappresentano eccezio- ni a un principio generale e non sono, dunque, su- scettibili di un’interpretazione restrittiva, ha ri- tenuto che l’unico criterio di riferimento sia rap- presentato dalla «…natura della prestazione di servizi in quanto tale…», non assumendo alcun rilievo la circostanza che l’attività sia prestata di- rettamente a favore del cliente, ovvero di un ter- zo che la fattura a sua volta all’utente.

Il chiarimento fornito dalla Corte di giustizia, trova conferma nelle conclusioni già raggiunte dal ministero delle finanze con riferimento a un caso simile a quello esaminato dal giudice comu- nitario. Con la citata rm 11 febbraio 1998, n. 6/E, infatti, si è affermato che nel caso in cui una so- cietà di diritto italiano acquisti servizi di tipo pubblicitario in Italia e, in base a uno specifico rapporto contrattuale, riaddebiti il costo soste- nuto a una società francese (nella fattispecie maggiorato di una percentuale relativa al proprio intervento, circostanza che comunque non rileva ai nostri fini), il regime territoriale applicabile al- la rifatturazione (il nostro ribaltamento) deve es- sere valutato in riferimento alla natura della spe- cifica prestazione originaria, con la conseguenza che se la stessa è inquadrabile come prestazione

pubblicitaria trovando applicazione il principio di tassazione nel paese del destinatario soggetto passivo in altro stato comunitario (cfr citato art.

7 comma 4 lett. d) del dpr 633).

Il consolidamento della prassi ministeriale

Tale pronuncia conferma, peraltro, un indiriz- zo ministeriale che può dirsi ormai consolidato.

Considerando il riaddebito dei costi relativi a una determinata prestazione come effettuato secondo lo schema proprio del mandato senza rappresen- tanza, il ministero ha ripetutamente affermato

«…la sostanziale equiparazione dei servizi resi o ricevuti dal mandatario a quelli da lui resi al mandante...».

«…Conseguentemente anche la natura delle prestazioni rese dal mandatario senza rappre- sentanza al mandante, che non possono essere ri- condotte, ai fini Iva, a una semplice attività di so- stituzione soggettiva nello svolgimento di atti- vità giuridicamente rilevante, rivestono lo stesso carattere di quelle rese o ricevute dal mandatario per conto del mandante…».

Le conseguenze sono presto dette:

- assoggettamento al regime di territorialità proprio della prestazione originaria;

- la natura della prestazione di base, corretta- mente qualificata in funzione del suo contenuto oggettivo ovvero della tipologia di negozio giuri- dico posto in essere, rappresenta pertanto il cri- terio unico ed essenziale per ricondurre l’opera- zione a essere o meno territorialmente rilevante ai fini Iva;

- questo a prescindere dalle ipotesi in cui la pre- stazione sia resa in via indiretta a un soggetto terzo.

Considerazioni

Stante quanto in premessa e alla luce del sen- tiero interpretativo illustrato e argomentato, si ritiene che nel caso di specie la vostra società ca- pogruppo rappresenti di fatto e di diritto un in- termediario ossia un mandatario senza rappre- sentanza che si occupa, con soggettività giuridi- ca, della organizzazione di una o più campagne promozionali, assumendosi conseguentemente i rischi e i costi di ogni negozio giuridico, salvo poi rifatturare alle società figlie le quote di servizi re- si dal fornitore, che effettivamente riverberano i loro effetti commerciali nei rispettivi mercati di sbocco.

A questo punto la vostra società si trova nelle condizioni di ricevere una fattura generata dalla fruizione di una prestazione pubblicitaria e non può che rifarsi all’art. 7 comma 4 lett. d) per defi- nirne l’ambito territoriale.

Come anticipato, il citato disposto normativo stabilisce alla lettera che le prestazioni pubblici- tarie si considerano effettuate nel territorio dello

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stato italiano e quindi sono rilevanti ai fini Iva quando rese a soggetti ivi residenti salvo non sia- no utilizzate fuori dalla Comunità europea, cioè che fuori dalla Ue producano i loro effetti econo- mici. Premesso che in esito alla sentenza della Corte di cassazione civile n. 11141 del 13/12/1996 per luogo di utilizzazione si intende quello dove la prestazione è utilizzata dal committente ovve- ro quello ove il servizio stesso esplica la propria immediata utilità e non già quello ove si acquisi- sce il risultato economico finale della medesima prestazione, nei casi di prestazioni di tipo pub- blicitario, si ritiene che il relativo utilizzo possa riferirsi al luogo di effettuazione della campagna.

Nel vostro caso il mercato interno cui le promo- zioni e i messaggi pubblicitari si rivolgono sem- bra di fatto il luogo di utilizzo, pertanto i riadde- biti in oggetto sono territorialmente rilevanti ai fini Iva in Italia e pertanto deve essere versata l’imposta.

A identica conclusione è giunta l’Agenzia delle e n t r a t e n e l l a c i t a t a r i s o l u z i o n e n . 3 2 3 dell’11/10/2002 (cfr ItaliaOggi del 12/10/2002) benché a parti invertite.

Allorché una società italiana decida di riadde- bitare a una società estera il costo di una campa-

gna pubblicitaria volta al rilancio di un marchio commerciale di cui detta società estera è titolare, in assenza del requisito territoriale, ai sensi dei più volte citato art. 7 comma 4 lett. d), non deve esporre l’Iva in fattura.

Nella citata risoluzione è utile il richiamo al concetto di prestazione pubblicitaria cui rifarsi per la corretta qualificazione di un servizio anche ai fini della verifica del requisito territoriale.

Secondo quanto stabilito dalla Corte di giusti- zia dell’Ue nella sentenza 17/11/93, n. 68/92, per prestazione pubblicitaria si intende «… ogni azio- ne di promozione (quale per esempio le vendite di merci a prezzo ridotto, la distribuzione ai consu- matori di beni mobili venduti al cessionario da un’agenzia di pubblicità ovvero le relative pre- stazioni di servizio) che comporti la trasmissione di un messaggio destinato a informare il pubbli- co dell’esistenza e delle qualità del prodotto e del servizio che sono oggetto di questa azione, con lo scopo di aumentarne le vendite».

È opportuno rifarsi a tale definizione per qua- lificare correttamente le prestazioni di tipo pro- mozionale e poter quindi assumere un comporta- mento corretto sia ai fini delle imposte dirette sia dell’Iva.

La soluzione data al quesito è stata approvata con il voto favorevole di 5 membri su 5 dalla sottoindicata commissione

Dott. Gilberto Gelosa Coordinatore Commercialista Interconsulting Milano, docente Certi Bocconi Dott. Mario Fedriani Relatore commercialista, Interconsulting Studio Fedriani Arquata Scrivia (AL) Dott. Paolo Speca commercialista, Interconsulting Studio Speca - Ingenito - Bologna Dott. Giorgio Rosso commercialista, Interconsulting Studio Rosso, Asti

Dott. Paolo Bosisio Commercialista, Interconsulting Studio Bosisio Legnano

A cura del Centro Studi Interconsulting

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R EDDITI D ’I MPRESA

1.1.5.

Il magazzino della società editoriale

Una società editoriale ha conferito un ramo d’azienda ad altra società sempre editoriale. Tra le attività confe- rite c’è anche un magazzino valorizzato in base ai coeffi- cienti di valutazione dettati dalla rm 11 agosto 1977 n.

9/995. Ci si domanda quale dei seguenti comportamenti sia corretto: 1) la società conferitaria considera il valore di conferimento come «costo d’acquisto» e comincia nuo- vamente la valutazione come se fosse il primo anno ai sensi della rm sopra citata; 2) la società conferitaria de- ve tener conto della valutazione già attuata dalla confe- rente ai sensi della rm sopra citata, applicando quindi il coefficiente relativo all’anno successivo all’ultimo preso a riferimento dalla conferente. In pratica ci si domanda se la discriminante sia l’anno di pubblicazione del volu- me, indipendentemente da quando e come si acquisti.

Lettera firmata - Milano Risponde Marco Mosconi

Il quesito del lettore riguarda la valutazione delle ri- manenze di magazzino ai fini fiscali. Il riferimento deve trovarsi nell’art. 59 del Tuir e nella prassi ministeriale ci- tata nel quesito, riguardante la valutazione delle giacen- ze nel settore editoriale.

Nell’ambito dei prodotti editoriali possiamo distinguere:

- quotidiani e periodici: la loro utilità (e quindi il loro valore) si esaurisce in un lasso di tempo limitato; di nor- ma non si rende pertanto necessaria una loro valutazione a fine esercizio;

- libri: all’atto della loro pubblicazione, hanno un valo- re di mercato pari a quello attribuito dall’editore median- te il prezzo di copertina; successivamente non è possibile parlare di un «valore normale» espresso dal mercato. Per questo, la rm 9/995 dell’8/11/1977, ha stabilito partico- lari percentuali di svalutazione annue in funzione delle diverse tipologie di pubblicazioni in giacenza (edizioni scolastiche, edizioni scientifiche ed edizioni varie).

Nel quesito posto dal gentile lettore si fa riferimento al problema della successiva valutazione delle rimanenze di libri da parte della società conferitaria, in relazione al particolare modo d’acquisizione dei libri stessi.

La risoluzione sopra citata prevede espressamente che le aliquote di svalutazione vengano applicate a partire dal periodo d’imposta successivo all’anno di pubblicazio- ne dei libri. A parere di chi scrive, considerato che il riferi- mento della disposizione citata è legato all’anno di pub- blicazione del libro (e non dal momento della sua acquisi- zione), si dovrà adottare il metodo indicato alla lettera b) del quesito, ovvero tenere conto della valutazione delle ri- manenze fatta dalla società conferente, applicando il coefficiente relativo all’anno successivo all’ultimo preso a riferimento dalla medesima.

R EDDITI DI LAVORO AUTONOMO

1.1.3

Il regime per le nuove attività

Un professionista biologo ha iniziato la propria attività

nell’anno 2001 facendo istanza per l’applicazione del regi- me agevolato per le nuove iniziative produttive di cui all’art. 13 legge 388/2000. Precedentemente già ricopriva incarico da amministratore di una società che svolge ana- lisi chimiche e biologiche, con compensi che nell’anno 2001 sono stati tassati come redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente. Si chiede se alla luce delle ultime indi- cazioni ministeriali, secondo le quali i redditi percepiti per incarichi di amministratore possono e devono in talu- ni casi entrare a far parte dei redditi professionali, il red- dito complessivo professionale sarà comunque tassabile ai sensi e per le disposizioni dell’art. 13 della legge n.

388/2000. Se anche i compensi da amministratore saran- no tassati con imposta sostitutiva del 10%. Inoltre, se il fatto che l’incarico di amministratore era vigente già pri- ma dell’apertura della posizione da professionista possa far venir meno il requisito di novità richiesto dalla legge 388/2000.

Lettera firmata - Quesito via Internet Risponde Luciano De Angelis

Ai sensi dell’art. 13 della legge n. 388/00, uno dei requi- siti necessari per beneficiare del regime fiscale sostitutivo è che la nuova attività non sia una mera prosecuzione di un’attività di lavoro dipendente o autonomo svolta dallo stesso soggetto. Nel caso in esame, in effetti, la precedente carica di amministratore di una società che svolge attività di analisi chimiche e biologiche può far venir meno il requi- sito della novità. A nostro giudizio, il soggetto potrebbe ap- plicare il regime sostitutivo se dimostrasse che in qualità di amministratore della suddetta società non effettuava di- rettamente le analisi, ma si limitava a occuparsi della ge- stione e dell’amministrazione della società, in caso contra- rio l’art. 13 della legge n. 388/00 non sarebbe applicabile.

Il compenso percepito per l’attività di amministratore di una società che svolge attività di analisi chimiche e biologi- che, esercitata da un biologo, alla luce delle ultime disposi- zioni ministeriali (ris. n. 56/E del 27/2/2002), deve con- fluire fra i redditi attratti nella sfera professionale. Pertan- to sia i redditi derivanti dall’attività di biologo che dall’at- tività di amministratore vengono assoggettati all’imposta sostitutiva del 10%, tenendo presente che se il totale dei compensi percepiti nei primi due anni di attività superano i 30.987,42 euro, l’agevolazione decade automaticamente.

__________________

1.1.3

Partecipazione ai corsi di formazione

Un ingegnere titolare di partita Iva, non iscritto alla propria cassa di previdenza, che esercita prevalentemen- te l’attività di consulente finanziario Mediolanum, sta svolgendo attività di corsista in un progetto di formazione professionale. Il compenso mensile deve essere trattato come collaborazione coordinata e continuativa o deve es- sere emessa la fattura da parte dell’ingegnere con addebi- to del contributo di rivalsa del 4%?

Lettera firmata - Quesito via Internet

Risponde Luciano De Angelis

Il compenso mensile percepito per la partecipazione ai corsi di formazione professionale, ai sensi della lett. c), comma 1, dell’art. 47, è un reddito assimilato a quello da lavoro dipendente. Nella fattispecie, quindi, l’ingegnere non deve emettere nessuna fattura né effettuare la rivalsa del contributo contributivo del 4% nei confronti del sogget- to erogante il compenso.

Segue da pag. 6

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Spedire la domanda a: il Quesitario

ItaliaOggi7 - Via M. Burigozzo 5 - 20122 Milano

MITTENTE

Nome Cognome

Via N.

Cap. Città

Professione

È importante che il quesito venga formulato da parte dei lettori con brevità e chiarezza e che sia compilato a macchina o in stampatello, preferibilmente sulla scheda stampata in questa pagina. Tale procedura faciliterà il lavoro degli esperti e, quin- di, garantirà una più tempestiva risposta. Nel caso in cui il quesito faccia riferimento all’interpretazione di documenti, articoli o altro materiale scritto è opportuno che i lettori ne alleghino una fotocopia. I quesiti potranno essere spediti per posta all’in- dirizzo indicato in alto oppure via fax ai numeri 02/ 58317559 oppure 02/58317598. Il Quesitario è una rubrica settimanale e sarà pubblicata su ogni numero di Italia Oggi7. Tutti i quesiti saranno raccolti e pubblicati, a scadenze prefissate, in indici analitici successivi utilizzando i numeri di codice stampati all’inizio di ogni testo.

GLI ESPERTI DEL QUESITARIO

N i c o l e t t a A g o l : D i r i t t o p e n a l e ; G i a n l u c a Alparone: Agevolazioni fiscali alle imprese;

Stefano Baruzzi: Fiscalità degli immobili;

Leonardo Baglioni: studi di settore; Giulio Boselli: Reddito d’impresa e diritto societario;

Paolo Bosisio: Fiscalità delle piccole e medie im- prese; Maurizio Bottoni: Diritto tributario dell’im- presa; Andrea Liparata: Enti non commerciali;

Giannino Cascardo: Cooperative; Mario Caprini:

Sicurezza sul lavoro; Antonio Ciccia: Diritti del consumatore e tutela della privacy; Daniele Cirioli:

Previdenza; Claudio Colombo: Diritto amministra- tivo; Demetrio Crucitti: Imposte dirette e indirette;

Claudio Della Monica: Previdenza; Ciro D’Ardia:

Rimborsi Iva; Luciano De Angelis: Revisione e li- bere professioni ; Simone Del Nevo: Dogane, com- mercio estero e trasporti; Giuseppe Dell’Aquila:

disciplina del commercio; Massimiliano Desalvi:

E-commerce e diritto informatico; Mario Fedriani:

Ritenute e sostituti d’imposta; Christina Feriozzi:

Registrazioni contabili e imposte dirette; Gianni Ferrari: Borsa e prodotti finanziari; Andrea Franciosi: Imposta di registro, Invim e tributi minori;

Alessandro Furlan: Redditi di capitale e diversi;

Santo Gagliano: Pubbligo impiego; Giovanni Galante: Irpef e reddito di lavoro autonomo; Paolo Giuliano: Dual income tax e Iva; Stefano Graidi:

Diritto tributario internazionale; Maurizio Irrera:

Societario e fallimento; Leonardo Baglioni: Studi di settore; Stefano Malatesta: Diritto del lavoro;

Umberto Meraviglia Mantegazza: Diritto tributario internazionale; Sandra Mauro: previdenza;

Alfredo Mazzoccato: Imposte dirette delle società di capitali; Marco Mosconi: Registrazioni contabili;

Marco Nessi: diritto d’impresa e Iva; Lorena Pellissier: Iva intracomunitaria e internazionale;

Maria Paolo Pietropaolo: Scuola e formazione;

Paolo Pipere: Ambiente; Paola Pizzighini: Diritto del lavoro; Giovanni Pizzo: Tributi locali; Fabrizio Poggiani: agricoltura; Carlo Polito: Contenzioso tributario; Debora Ravenna: Diritto di famiglia;

Giuseppe Rosignoli: Agenti; Ranieri Razzante:

Diritto finanziario; Laura Zimonti: Contabilità e dirit- to d’impresa; Daniela Sala: Reddito di lavoro dipen- dente e autonomo; Cristina Schiatti: Diritto socie- tario; Silvia Schiatti: Irap; Nino Scripelliti:

Urbanistica e edilizia; Paolo Speca: Fiscalità delle società immobiliari e di persone; Gino Terzago:

Condominio; Andrea Toscano: Dogane, commer- cio estero e trasporti; Chiara Trabattoni: Irpef e di- chiarazione dei redditi; Piercarlo Valtorta:

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PAOLOBOSISIO

43 anni, dottore commercialista, tributarista, revisore contabile, è membro del network di professionisti

Interconsulting. È autore di diverse pubblicazioni in materia fiscale, tra le quali emerge il Manuale sul reddito d’impresa, ed è relatore in diversi corsi di formazione in materia fiscale. Riveste la carica di sindaco in diverse società. È perito estimatore presso il tribunale di Monza. Collabora con la cattedra di diritto tributario presso l’università di Bergamo.

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