Egeo veneziano dimenticato
[PAROS E ANTIPAROS]
Era il 12 aprile 1204, e Costantinopoli capitale del millenario Impero Romano d’Oriente cadde sotto il maglio delle armate latine, i Crociati guidati dai Veneziani che disattesero i voleri di papa Innocenzo III. Il qual appena eletto nel gennaio del 1198 subito incito’i cristiani a riprendersi Gerusalemme, in mano ai musulmani Ayyubidi, con una nuova grande crociata. Quella che avrebbe dovuto essere la IV Crociata partí da San Nicolò del Lido di Venezia, sotto la guida del doge, Enrico Dandolo, con oltre quarantamila crociati e diciasettemila veneziani ben decisi ad approfittare del clima di incertezza politica che regnava tra i principi tedeschi e francesi e della morte di Riccardo Cuor di Leone. 85.000 marche imperiali d’argento fu il prezzo richiesto dai Veneziani per il trasporto di guerrieri e cavalli, viveri e foraggio, con cinquanta galee armate. In tutto oltre duecento navi salparono dalle acque del Lido, per mantenere aperti i proficui traffici con il Levante, e già a Zara i Veneziani imposero la loro presenza assediando la città costiera controllata dal Re di Ungheria, furono scomunicati dal Pontefice ma imperterriti continuarono la rotta verso Est, dopo che gravi disordini a Bisanzio \Costantinopoli avevano visto accecare e detronizzare l’Imperatore Isacco II e la fuga del figlio Alessio IV Angelo legittimo pretendente, che contatto’i veneziani e promise loro futuri accordi commerciali vantaggiosissimi se lo avessero aiutato a riconquistare il trono. Così la flotta si diresse verso il Corno d’Oro e le cronache narrano di saccheggi e violenze inaudite da parte dei latini, i veneziani in primis ad assaltare oltre
cinquemila ricchissimi palazzi, chiese e conventi, con un bottino che a Venezia ancor oggi è ben visibile.
Egeo veneziano dimenticato
nel 1261 dopo il regno Latino con Baldovino di Fiandra nominato imperatore.
Partitio terrarum imperii Romániae è il documento stilato nel mese di aprile 1204 da una
commissione formata da dodici veneziani e da dodici crociati per ripartire il territorio dell’impero.
Un catalogo geografico che divise la Tracia e il resto del territorio dell’ex impero bizantino, con grandi vantaggi per Venezia che guadagnó le coste sulla penisola di Gallipoli e lungo il Mar di Marmara fino ad Adrianopoli, Albania, Etolia e isole di Zacinto, Cefalonia, Leucade e Corfù, metà occidentale del Peloponneso, estremità dell’Eubea, Andro, Egina e Salamina, i tre ottavi di
Costantinopoli e Creta acquistata dal marchese Bonifacio di Monferrato. Oltre a confermare i privilegi commerciali ante crociata, passarono sotto Venezia le rendite delle chiese bizantine nei territori assegnati assieme al divieto di ammettere nei territori stessi i cittadini di stati in guerra con Venezia.
Superati più o meno i problemi degli insediamenti sul continente, restavano le isole
dell’Arcipelago, che dovevano essere assegnate all’impero latino, organismo molto debole difronte a crociati e veneziani. A questi ultimi la “partitio” assegnava le isole di Andro, Egina, Salamina e una parte dell’Eubea (Negroponte per i veneziani), mentre le Cicladi ad esempio erano cadute in mano ad avventurieri e pirati che sfruttavano i porti per azioni di assalto ai convogli commerciali in transito su quella rotta fondamentale per il Levante.
Ce ne parlano le cronache di Daniele Barbaro, cronista veneziano che descrive “persone malvagie e ladri che non rispettano alcuna autorità” insediati nel cuore dell’Egeo. L’imperatore latino era in guerra con Teodoro Lascaris per la conquista di Nicea, i veneziani erano occupati nella conquista non semplice di Creta, e gli abitanti delle isole erano abbandonati a se stessi: quale migliore occasione per Marco Sanudo, nipote di Enrico Dandolo, morto nel 1205, per concepire un’impresa privata , una spedizione verso le isole dell’Arcipelago non come illegali conquistatori, ma con il beneplacito del nuovo Doge di Venezia Pietro Ziani, e soprattutto con la gratitudine
dell’imperatore latino che voleva mettere ordine nei suoi possedimenti ma non poteva permettersi una spedizione navale ad hoc.
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Il quartiere veneziano sulla cittadella di Paro e la chiesa (interno) un tempo con doppio culto, ortodosso e cattolico.
Ecco che i pragmatici veneziani da Costantinopoli si misero ai remi al comando di un uomo esperto navigando verso Sud, verso le Cicladi. Chi era l’ispiratore della spedizione, Marco Sanudo? Politico navigato, come abbiamo visto nipote di Enrico Dandolo, inviato nel 1204 nella città di Adrianopoli, oggi Edirne, per trattare sulla cessione di Creta, Candia per i veneziani che avevano ripreso l’antico nome arabo della grande e prospera isola. In pochi mesi, tra il 1205 e il 1206, a capo di otto galee partì da Costantinopoli a sue spese, cacciando dall’isola di Nasso i pirati genovesi. Tornato a Costantinopoli s’impegnò nell’amministrazione del nuovo governo e fece rotta verso Venezia per informare il doge Ziani circa il suo progetto per le isole dell’Arcipelago.
Occasione meravigliosamente ricca per Venezia, visto che il decreto dogale fu sveltamente redatto affermando che i veneziani erano autorizzati a proprie spese a conquistare isole e città assegnate a Venezia dalla famosa spartizione e non ancora sottomesse, esclusi alcuni territori che sarebbero stati esclusivamente statali . Tornato a navigare verso la Románia ( così era denominato il Levante conquistato) Sanudo nel 1206 conquistò Corfú, arrivò a Costantinopoli e radunò attorno a sé i veneziani che nel 1207 in poco tempo liberarono le isole Cicladi dai pirati e furono ben accolti dagli abitanti perché inviati dall’Imperatore a difendere gli abitanti Greci. Non ci sono fonti precise della conquista, ma già in quel 1207 i Veneziani si insediarono tra le isole a guardia delle proficue rotte per il Levante.
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Forte veneziano Naoussa.
Notizie certe le abbiamo dal Doge cronista Andrea Dandolo, cinquantaquattresimo doge della Repubblica, nato a Venezia nel 1306 e doge dal 1343 alla morte nel 1354.
Primo Doge laureato a Padova e professore di diritto, eletto a 32 anni, redasse le Cronache evidenziando quanto la giustizia fosse importante nella storia e nell’amministrazione delle Repubblica. Sappiamo quindi che nelle Isole dell’Arcipelago si istaurarono delle Signorie con a capo patrizi veneziani che le avevano conquistate. Marco Sanudo s’insediò a Nasso, Paro, Milo e Sant’Irene (Santorini), Marino Dandolo ad Andro, Andrea e Geremia Ghisi a Tino, Micono, Sciro, Scipelo e Schiato, Filocalo Navigaioso occupò Lemno.
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Stampalia e i Barozzi e Santorini, i Giustinian a Kio, con cambi di alleanze e turbolente conquiste movimentate. I Principati erano indipendenti dal governo centrale veneziano e Sanudo divenne Duca dell’Arcipelago compiendo autonomamente ed arditamente alcune spedizioni verso Creta dove il duca Giacomo Tiepolo aveva difficoltà a domare le rivolte interne. Sanudo appoggiò prima il Tiepolo e poi i ribelli pensando di insediarsi anche a Candia, ma giunse a più miti consigli qualche anno dopo ritirandosi con venti nobili cretesi ribelli nei suoi possedimenti insulari. Tra contrasti e dispute anche a livello religioso (il signore di Andro Marino Dandolo nel 1235 ebbe un grave contrasto con il vescovo Giovanni ed il Pontefice Gregorio IX scomunicò il Dandolo), la vita nell’Arcipelago fino alla caduta dell’impero latino nel 1261 con il ritorno dei Paleologi sul trono di Bisanzio fu scandita dalla dominazione delle Signorie veneziane che si riavvicinarono alla
madrepatria e governarono l’Arcipelago dell’Egeo fino agli anni Trenta del XVI secolo, quando Kair El Eddine il Barbarossa inesorabilmente conquistò per il Sultano le isole Cicladi e non solo.
Venezia era lontana, le rotte del Levante precarie, e Solimano il Magnifico regnava su un impero immenso: era il 153, gli ottomani dal 1453 avevano conquistato Costantinopoli, diventata Istanbul.
Nelle isole Cicladi restano numerosi monumenti e testimonianze della presenza veneziana durata oltre trecento anni. Fortificazioni, moli, piccole chiese, impianti difensivi, cognomi, parole di uso comune, quartieri: memorie importanti che sfuggono al turista frettoloso incantato dalla bellezza delle spiagge e delle acqua cristalline delle isole Cicladi, testimonianze che anche i Veneziani di oggi non hanno purtroppo molto impresse nella memoria.