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Biden. L esplosione della border crisis

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Academic year: 2022

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Che i confini meridionali degli Stati Uniti rappresentino una questione spinosa, soprattutto se analizzata alla luce dell’immigrazione clandestina, è cosa nota. Ed essa diventa ancora più complessa e delicata se si pone l’attenzione al trattamento riservato ai minori – spesso non accompagnati – che si ammassano lungo tali confini e riescono poi ad attraversarli. Sì perché il fenomeno dei bambini e adolescenti che illegalmente valicano il confine per approdare nella dream land degli Stati Uniti è in costante crescita. E l’arrivo in terra statunitense non è certamente la fine, anzi.

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Come affrontare questa border crisis che non è certo una novità ma neppure accenna a diminuire?

È di un paio di giorni fa l’intervista di Joe Biden con ABC News, durante la quale il presidente ha ribadito quale sarà l’atteggiamento della sua amministrazione, soprattutto a fronte delle

provocazioni che insinuano che gli immigrati arrivino negli Stati Uniti (illegalmente) perché ritengono Biden un “nice guy” che li accoglierà nel paese. Niente di più sbagliato, per il neo presidente.

Due i punti focali dell’azione nei confronti dell’immigrazione che Biden ha ribadito con

convinzione: “numero uno, gli adulti verranno rimandati indietro”. E i minori non riceveranno lo stesso trattamento usato dall’amministrazione Trump: “non saranno strappati alle loro madri, portati via e trattenuti in celle”.

I minori saranno accolti “nelle strutture ricettive del Dipartimento della salute e dei servizi umani e dell’Ente Federale per la gestione delle emergenze” dove potranno rimanere sotto il controllo statunitense.

Dopo circa sette giorni i minori saranno riuniti e si procederà a contattare il numero telefonico con cui molto spesso arrivano. In questo modo si saprà se c’è un adulto familiare che li possa accogliere.

Franco Ordoñez e John Burnett della National Public Radio rivelano che il numero di

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bambini e adolescenti immigrati trattenuti in strutture di detenzione simili a magazzini, gestite dall’Agenzia statunitense per la protezione delle dogane e dei confini (U.S. Customs and Border Protection) presso il confine meridionale del Paese

ha raggiunto un picco record.

Nello specifico: erano circa 4.200 i minori immigrati non accompagnati in custodia presso la Polizia di frontiera, stando ai dati raccolti dalla CNN domenica scorsa. Il ritmo di crescita più alto degli ultimi vent’anni. Soprattutto se si pensa che, nel picco della “border crisis” nell’anno 2019 i minori non accompagnati in custodia presso tali strutture erano circa 2.600.

Il problema dell’immigrazione clandestina, soprattutto lungo il confine meridionale e sud- occidentale degli Stati Uniti, è acuito dal fatto che

il numero di bambini che arrivano senza i loro genitori sta crescendo in misura esponenzialmente più rapida rispetto a quanto l’amministrazione Biden è in grado di affrontare attraverso il

trasferimento dei bambini presso membri della loro famiglia o garanti [precedentemente]

esaminati.

Basti pensare che nei soli primi dieci giorni di marzo il Dipartimento di Sicurezza Interna ha attestato che più di 3.400 bambini sono stati presi in custodia presso queste strutture, mentre i numeri a cui fa riferimento il Dipartimento della salute e dei servizi umani crescono circa tre volte

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più velocemente rispetto alla capacità effettiva degli assistenti sociali di trovare delle abitazioni appropriate per questi minori.

Se si analizzano le difficoltà nel gestire le migliaia di bambini che quotidianamente arrivano negli Stati Uniti, una delle più gravi riguarda il successivo trasferimento dei minori poiché le strutture ricettive in grado di accoglierli sono attualmente già al novantaquattro percento della loro capacità massima.

E questo comporta, per esempio, che i ragazzi restino nelle strutture fatiscenti, e talvolta simili a vere e proprie carceri, gestite dalla polizia di frontiera “per una media di centosette ore in più rispetto alle settantadue permesse dalle leggi in materia”.

L’emergenza non è comunque una novità, come lo stesso Biden ha ribadito nell’intervista per la ABC News. Già il governo del presidente Obama aveva dichiarato la crisi umanitaria nel 2014 e lo stesso fece il presidente Trump nel 2018 e 2019. Proprio nel 2019 si era raggiunto un primo picco della border crisis con circa 2.600 minori non accompagnati in custodia presso la Polizia di

frontiera.

Ordoñez e Burnett sottolineano che proprio nei giorni scorsi il Segretario per la sicurezza interna Alejandro Mayorkas è stato interrogato dal Comitato della Camera sulla questione. E al contempo, il commissario ad interim del Dipartimento statunitense per la protezione delle dogane e delle frontiere, Troy Miller, ha dichiarato che nello scorso mese di febbraio gli attraversamenti dei confini statunitensi hanno subito un’impennata del trenta percento.

In questo ammontare circa 9.500 erano bambini o adolescenti che viaggiavano senza i propri

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genitori. Nei confronti dei quali – ha dichiarato Miller – si sta facendo il possibile per prendersene cura, assicurando loro controlli medici regolari, pasti e coperte a sufficienza.

Il centro d’accoglienza di Carrizo Spings, in Texas, è stato riaperto lo scorso mese proprio a causa dell’emergenza crescente, ma è già stato dichiarato che i 952 letti a disposizione in questo centro saranno riempiti nel giro di qualche giorno. E quindi il problema, nonostante quest’aggiunta di spazio disponibile, non sarà risolto se non in minima parte.

Ciò significa che se non si costituiranno altri centri d’accoglienza tra le possibilità offerte dal governo, i minori saranno costretti a restare in celle che erano state inizialmente pensate per adulti e dove “i detenuti dormono sul pavimento sotto coperte d’argento sottili, ricevono pasti rudimentali e lamentano che faccia così tanto freddo d’averle soprannominate hieleras

[congelatori]”.

La Casa Bianca, nel frattempo, risponde con le parole della sua addetta stampa Jen Psaki, la quale ha dichiarato che “il presidente Biden è stato informato della situazione ed è orientato a collocare i bambini in famiglie controllate e confermate”, ribadendo gli sforzi che si stanno compiendo per affrontare questa situazione con un approccio più umano possibile.

Immigrati attendono un trasporto a Penitas, Texas.

Tuttavia, se da un lato è vero che la politica di Biden nei confronti dell’immigrazione è

decisamente diversa rispetto a quella dell’ex presidente Trump poiché si sforza di adottare un approccio più umano, soprattutto nei confronti del trattamento riservato ai minori non

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accompagnati, è altrettanto corretto affermare che l’atteggiamento del neo presidente non è affatto “morbido”.

E l’intervista di martedì con la ABC News lo ha ribadito. Il presidente, dopo aver illustrato come intenderà procedere con la gestione dell’emergenza, si è rivolto direttamente a coloro che vorrebbero emigrare negli Stati Uniti: “Posso dire piuttosto chiaramente: non venite […] non lasciate il vostro paese, la vostra città o la vostra comunità”.

Un atteggiamento quindi di totale controtendenza rispetto alle opinioni – e, forse, alle speranze – di coloro che sono in prima linea per affrontare questa emergenza, peraltro nel pieno della crisi pandemica. Ed è proprio considerando gli sforzi di Biden e Harris nell’organizzare un vero e proprio tour nel paese per promuovere il piano di aiuti da 1,9 trilioni di dollari, che la questione stride ancor di più.

Sarà aumentato il massimale, soprattutto a livello fiscale, di immigrati che entrano nel paese? Per il momento l’amministrazione non ha aumentato alcun tetto fiscale per i rifugiati (refugee cap) poiché, rivela Psaki,

l’amministrazione vuole che le azioni di governo siano efficaci […] vogliamo che [la possibilità di avere più rifugiati nel paese] sia un ambito in cui il nostro sistema sia in grado di gestire i vari processi in maniera efficace e uniforme.

Piuttosto, sottolineano Ordoñez e Burnett della Npr, l’amministrazione Biden è focalizzata sullo sviluppo di soluzioni che velocizzino i processi al confine e di vie legali per richiedere l’asilo, cosicché i migranti non debbano più essere costretti a scegliere percorsi illegali per ottenerlo.

Un esempio concreto sottolineato dall’ambasciatrice Roberta Jacobson, coordinatrice della Casa Bianca per il confine meridionale, è la riapertura del programma denominato Central American Minors, per permettere il ricongiungimento dei bambini immigrati con un genitore legalmente residente negli Stati Uniti.

Al contempo, lo scorso fine settimana il Segretario per la sicurezza interna Alejandro Mayorkas ha prestato servizio presso l’Agenzia per la Gestione dell’Emergenza Federale (Federal Emergency Management Agency) per aiutare nella ricezione, accoglienza e trasferimento dei minori.

Anche se, pur sottolineando gli sforzi compiuti soprattutto nei confronti dei minori non accompagnati, “non è questo il momento [per il presidente] di andare al confine”.

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Le critiche provenienti dalla compagine repubblicana certamente non mancano. Il governatore dello Stato del Texas Greg Abbott accusa Biden e i suoi di minimizzare la crisi del confine, anzi di star costruendo – sebbene affermino il contrario – una vera e propria open borders policy. Mentre il leader della minoranza repubblicana alla Camera, il californiano Kevin McCarthy, durante una visita con altri dodici repubblicani ad un centro d’accoglienza della Polizia di frontiera a El Paso, Texas, afferma che

questa è una crisi creata dalle politiche presidenziali di questa nuova amministrazione [che] non possono essere definite in altro modo se non una Biden border crisis.

Anche da parte democratica, però, non vi è un sostegno compatto. Il Presidente della magistratura presso il Senato, Dick Durbin – proveniente dall’Illinois, secondo stato democratico per importanza – non crede vi sia la possibilità che il Congresso approvi una vera e propria legge

sull’immigrazione, uno dei pilastri del piano per l’immigrazione di Biden, per garantire la cittadinanza agli undici milioni di immigrati irregolari che al momento vivono nel paese.

Il democratico texano Vicente Gonzalez sottolinea la necessità di un

processo ordinato per permettere ai migranti che si qualificano per ottenere l’asilo di richiederlo nel loro paese d’origine o in un paese vicino, oppure costruendo un centro nel Messico

meridionale dove possano essere trattati.

Mentre un altro democratico texano, Henry Cuellar, ribadisce che il rilancio dell’amministrazione

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su questa emergenza deve rappresentare messaggio forte, ma che “al momento tale messaggio non sta per nulla arrivando”.

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