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PAROLE DI UNA NUOVA ALBA Il 2020 Ad alta velocità con il Giornale Radio Sociale

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Il 2020 Ad alta velocità

con il Giornale Radio Sociale

Giuseppe Manzo

Prefazioni e postfazioni di

Claudia Fiaschi, Ivano Maiorella e Andrea Volterrani

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PAROLE DI UNA NUOVA ALBA

Il 2020 Ad alta velocità con il Giornale Radio Sociale

Prefazioni e postfazioni di

Claudia Fiaschi, Ivano Maiorella e Andrea Volterrani

si ringrazia per la collaborazione:

Maurizio Mumolo, direttore del Forum del Terzo Settore

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Presentazione di Claudia Fiaschi ...4

Prefazione di Ivano Maiorella ...7

Introduzione di Giuseppe Manzo ... 9

Prima del Covid-19: dubbi e paure ...10

Gennaio ... 11

Febbraio ... 21

Il lockdown: la grande crisi ...33

Marzo ... 34

Aprile ... 55

Maggio ... 74

Giugno ... 91

Luglio ... 100

Settembre ... 115

Ottobre ... 130

Novembre ... 148

Dicembre ... 166

Postfazione di Andrea Volterrani ... 175

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Ai miei colleghi del Giornale Radio Sociale,

da 10 anni insieme per una buona informazione

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Il dialogo tra il mondo del Terzo settore e quello della comunicazione ha una grande importanza perché rappresenta il tentativo di far diventare ciò che oggi è una nicchia di esperienza, consapevolezza diffusa all’interno delle nostre comunità e delle nostre istituzioni. Una sfida non semplice, perché significa trasformare il piccolo gesto quo- tidiano o la più invisibile delle azioni in vulgata comune. Una sfida che ci riguarda tutti, in maniera diffusa, e che il Forum Terzo Settore si è dato da tempo.

La rivoluzione dei paradigmi della comunicazione è una delle grandi sfide trasformati- ve che riguarda il Terzo settore, sollecitato dalle prospettive di una riforma strutturale e dalla crescita quasi emergenziale di nuovi e pressanti bisogni sociali. Ma questo non è l’unico mondo che sta affrontando cambiamenti strutturali. Penso al giornalismo, alla crisi del settore editoriale, a quella del lavoro, alla disintermediazione delle tecno- logie che sta trasformando i modi di funzionare di persone, organizzazioni e profes- sioni, incluso il lavoro sociale. Eppure, al netto di un cambiamento delle forme e dei modi con cui si faranno le cose e si costruiranno reti di relazioni e di comunicazione tra le persone e tra le organizzazioni, i contenuti sono ancora solidi. Ciò che c’è da co- municare, le priorità che riguardano le persone e le comunità, non si sono modificate così tanto, né così strutturalmente: non è mutato il bisogno delle persone di vivere all’interno di reti di relazioni di prossimità, né la necessità di costruire per tutti un accesso equo alle opportunità.

Per questo abbiamo scelto di avviare una riflessione condivisa con il mondo della co- municazione che sia di aiuto a comprendere e padroneggiare le nuove forme di lavoro nel mondo della comunicazione, inclusi i cambiamenti dei modi e degli strumenti del giornalismo. Oggi non possiamo prescindere dalla crisi legata al Covid-19 e dall’ac- celerazione che questa ha dato a ogni processo di cambiamento: dalla transizione digi- tale, alla transizione green, alla necessità di rivedere i modelli di prossimità sociale. Il Covid-19 ha infatti riportato l’attenzione su alcuni aspetti essenziali e fondamentali:

un pianeta che ha bisogno di respirare, un’economia che non è l’unica misura di valo- re delle attività umane, l’esigenza di una comunità globale, infine che da un’emergen- za come queste non possiamo che trovare vie d’uscita tutti insieme.

Il Covid-19 ha reso più evidente come le disuguaglianze sono generate da un modello di sviluppo economico molto sbilanciato, che è necessario trovare soluzioni alterna- tive e che per il contenimento dell’emergenza sanitaria, pur non potendo fare a meno di porre dei divieti, avremmo dovuto investire in educazione civica. Un tema, questo, che riguarda particolarmente chi fa giornalismo e comunicazione sociale, per la sua

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Anche nella percezione diffusa di quello che il mondo del Terzo settore è e può rap- presentare nelle comunità, il ruolo della comunicazione è assolutamente centrale.

Spesso, in passato, il mondo del Terzo settore è stato bersaglio di campagne stampa che non hanno aiutato a raccoglierne il valore positivo, ma ne hanno esaltato al con- trario solo gli aspetti di criticità. Oggi più che mai abbiamo bisogno di costruire una diffusa educazione civica positiva, e chi fa comunicazione ha la responsabilità precise nel costruire in primis una informazione equilibrata, a partire dalla scelta di ogni pa- rola utilizzata, così come di quelle ‘evitate’.

Questo Instant Book ha il pregio di raccontare il nostro mondo e i suoi sforzi per trasformare il mondo ed essere vicini alle persone nelle comunità, per costruire reti di collaborazioni tra tanti soggetti diversi ed essere quindi più efficaci, più veloci e capaci di produrre un maggiore impatto nelle trasformazioni delle nostre comunità.

Spero che questo Instant Book rappresenti solo il primo di un lungo lavoro che vede il mondo del Terzo settore e quello della comunicazione uno a fianco dell’altro per raccontare in maniera costruttiva le battaglie di crescita dell’infrastruttura del Terzo settore nel Paese e far sì che diritti fondamentali vengano affermati con forza.

Vi aspettiamo al nostro fianco per questo percorso del futuro.

Claudia Fiaschi portavoce nazionale del Forum Terzo Settore

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Il 2020 è stato l’anno del Coronavirus, mantello nero sul mondo. Ma anche quello del centenario di Gianni Rodari, speranza vs depressione. Cerchiamo di ricordarlo così questo anno, col chiaroscuro che bisogna usare di fronte al mistero della vita e della morte. Prendiamo spunto dagli scritti di Rodari, un itinerario, ogni volta diverso, nel laboratorio dell’immaginazione e del futuro. Lo stesso itinerario, con i piedi per terra e gli occhi al finestrino, che vi proponiamo con questo instant book, il primo proposto dalla redazione del Giornale Radio Sociale.

Abbiamo ripreso gli elzeviri radiofonici “Ad alta velocità”, la rubrica radiofonica di Giuseppe Manzo che ogni giorno ha aperto la programmazione del GRS, li abbiamo selezionati e messi in fila cronologicamente. Tante storie e riflessioni legate tra di loro, che tutte insieme portano ad una storia sola, quella di un anno grigio, i cui ri- svolti sono ancora da scrivere. La cronaca quotidiana, quella raccontata da Giuseppe Manzo in uno/due minuti di radio ogni giorno, è ciò che affiora, con un punto di vista ben chiaro: il basso, il territorio, la strada. Il sociale, insomma. Un ambito di vita col- lettiva, di economia e di risorse umane che hanno i segni di sofferenze recenti.

L’ossatura del racconto che ne emerge è essenziale, sintetica, controcorrente. Ma giornalistica nella forma, nel rispetto della cronaca di un Paese provato, ad alta veloci- tà perché l’autore è un pendolare, Napoli-Roma e ritorno, tutti i giorni, per raggiun- gere il suo posto di lavoro e anche la nostra redazione. Il 2020 è iniziato così, come ogni anno. Poi, da marzo, quel viaggio è diventato più lento sino a finire recintato tra le quattro mura di casa col primo lockdown, e poi con l’apparente ritorno alla norma- lità con l’estate e poi di nuovo immobile con il buio della pandemia del secondo lock- down. Ma il racconto non si è fermato, perché la radio non sta mai zitta. Un racconto immobile che non ha finito di essere vero, dal finestrino del treno al finestrino di casa, a raccontare il punto di vista del sociale, con il gusto della ricerca e con la paura del contagio, il dolore del lutto, le segregazioni di adolescenti e anziani, la speranza di un miglioramento, l’angoscia della crisi dell’intero Terzo settore e di un domani incerto.

Tra la paura e la vita, scegliamo la speranza. Il gioco delle parole, il linguaggio radio- fonico e la fantasia come sfondo: quella di fare comunicazione sociale con pochi mez- zi, giornalismo di strada, racconto della verità che è pensiero vitale, come insegnava Rodari, da scrittore e da giornalista. Quella strada ci è stata maestra nel reinterpretare due parole chiave per il nostro lavoro: territorio e relazioni. Che comunicazione so- ciale sarà in una fase nella quale questi due riferimenti si sono smaterializzati, anche a causa della crisi Coronavirus? Abbiamo cercato risposte nuove a questa domanda

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del Terzo Settore, Fondazione con il Sud e gli Ordini dei giornalisti di Sicilia, Sarde- gna, Calabria, Basilicata, Puglia, Campania e Lazio. Lo abbiamo ripetuto spesso: co- municazione sociale non é il recinto dei buoni. É il contesto nel quale produrre nuova cultura narrativa, nuove chiavi di lettura e nuove storie. L’emergenza Coronavirus ci ha trasmesso la consapevolezza di essere tutti più collegati, di essere parte di una stes- sa crisi ma di avere anche le stesse opportunità: di senso, di innovazione, di valori, di occupazione. Tuttavia la crisi sta aumentando le disuguaglianze e allungando le distanze. La comunicazione sociale orienta ad un approccio integrato tra economia, sostenibilità, panorama internazionale, diritti, cultura, sport sociale. Serve equilibrio tra ripresa e riforma, tra diritti e sviluppo: lo chiede il Forum del Terzo Settore in mille modi. Da parte di chi, come noi, si “sporca le mani” con la comunicazione sociale (la definizione è del grande e compianto Giorgio Bonelli) si tratta inventare un nuovo modo, linguaggi più rispettosi e meno urlati, chiavi narrative con più sfumature.

Perché fare e comunicare sono la stessa cosa, la strategia dei due tempi non paga, il sociale comunica facendo. Le organizzazioni di Terzo settore (numero record di 359.574, fonte Istat 2020) hanno bisogno dell’ossigeno della comunicazione per infiammare ed infiammarsi.

La comunicazione è trasparenza, memoria, attualità, futuro. Un mondo che cresce ha bisogno di creare connessioni, infittire i canali, favorire l’interazione e arricchire il racconto. Il Terzo settore è anche un’occasione di impegno civile e di occupazione in ambito comunicativo ed editoriale, settore in forte crisi da tempo. Ha bisogno di affermare i ferri del mestiere mutuati dal giornalismo, dei quali il comunicatore deve appropriarsi. E non sono solo strumenti tecnici ed informatici. Ad esempio: verifica e incrocio delle fonti, rispetto delle regole deontologiche, utilizzo di linguaggio corret- to, ricerca della verità, distinzione tra contenuti pubblicitari e redazionali, lotta senza quartiere a fake news e hate speach, il linguaggio dell’odio diffuso on line.

Ecco qualche proposta per favorire questo percorso:

1. introdurre nei bandi delle pubbliche amministrazioni, un’attenzione specifica alla comunicazione, intesa come informazione e servizio ai cittadini, con il vincolo che sia oggetto di valutazione;

2.introdurre nei bandi delle Fondazioni, così importanti per il Terzo settore, un pre- requisito di partecipazione: accanto ai responsabili di progetto e amministrativi, inse- rire anche i responsabili di comunicazione, in possesso dei requisiti professionali. La Fondazione con il Sud ha incominciato a praticare questa strada;

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all’obiettivo n.4 dell’Agenda 2030, Information Literacy, ovvero dell’alfabetizza- zione e alla consapevolezza dei cittadini europei;

4.chiedere al legislatore nuove modalità di sostegno all’editoria e all’informazione, quelle tradizionali non fotografano la nuova realtà del Terzo settore. Serve un soste- gno diretto e sostanziale all’editoria non profit e cooperativa, ormai prevalentemente digitale;

5.riformare l’Ordine dei giornalisti: ci sono “giornalisti di fatto”, detti comunicatori, che svolgono funzioni innovative e delicate nelle attuali filiere editoriali che non sono gratificati, né valutati e accreditati professionalmente.

Ivano Maiorella direttore Giornale Radio Sociale

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Era poco più di un anno fa. Ormai un’epoca fa. Nel novembre 2019 durante una ri- unione di redazione proposi al direttore Ivano Maiorella e ai colleghi di iniziare una rubrica quotidiana e legarla al mio viaggio da Napoli a Roma. In questo modo copriva- mo uno spazio del mattino e al tempo stesso sperimentavamo una nostra produzione.

Un minuto e mezzo da registrare sul treno dopo la lettura della rassegna stampa in- dividuando un tema da commentare secondo il punto di vista targato Giornale Radio Sociale.

Dopo due mesi di sperimentazione ecco Ad Alta Velocità a gennaio 2020. Il rumore del treno, i disagi ferroviari e una rubrica on the road erano ignari di ciò che stava per accadere. A fine febbraio i treni si svuotavano perché il Covid-19 aveva invaso il Nord e scattavano i primi lockdown regionali. Nelle carrozze vuote aumentavano paura e smarrimento, da giornalisti si provava a capire quanto fosse pericoloso questo virus tra le diverse posizioni scientifiche.

Poi il buio. L’Italia chiude, il mio treno si ferma e si passa allo smart working. La rubri- ca si sposta davanti al pc senza mutare lo spirito che l’aveva creata: raccontare ciò che stava accadendo. Il mondo stava cambiando davanti ai nostri occhi, si intravedevano gli sconvolgimenti sociali. La crisi economica dovuta allo stop delle attività produttive e dei servizi: irrompeva sulla scena il ruolo fondamentale degli operatori socio-sani- tari.

Ed è così che questo 2020 ho provato a raccontarlo con quei fatti che restavano nell’angolo della pandemia. E a commentare le grandi questioni politiche, gli scenari del Paese, la riapertura e le nuove chiusure con la seconda ondata. Al centro ci sono sempre stati la crisi sociale, quella dei diritti e della salute come filo conduttore di una ricostruzione su cui non bisogna far mettere le mani delle mafie pronte a fiondarsi sul Recovery Fund.

Ad Alta Velocità ha raccontato l’anno che ha cambiato il mondo, lo ha fatto in presa diretta senza perdere mai la responsabilità del proprio ruolo: l’informazione e la co- municazione diventano un atto di umanità quando fuori c’è caos e paura. E continuerà a raccontarlo, dal punto di vista del Giornale Radio Sociale.

Giuseppe Manzo

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DUBBI E PAURE

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14 gennaio

Minacciati e picchiati: le aggressioni ai giornalisti hanno unito il Paese Ritardi su ritardi, ogni giorno l’Alta velocità è una via Crucis. I treni restano impanta- nati come chi governa. Chi viaggia resta disarmato come quei giornalisti aggrediti in questi giorni a Roma e in Terra dei fuochi.

Nella capitale la tradizionale commemorazione nera di Acca Larentia si sta trasfor- mando nella caccia al cronista. Nella provincia di Caserta due energumeni si sono scagliati contro i reporter che filmavano il sequestro di una cava colma di rifiuti. Nel corso del 2019 Ossigeno ha documentato e rese note 433 intimidazioni e minacce nei confronti di altrettanti giornalisti e blogger.

Lazio, Campania, Sicilia e Lombardia sono le prime 4 regioni dove avvengono agguati e avvertimenti: più che le ferrovie, è la caccia al giornalista ad aver fatto l’unità d’Italia.

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Il Paese diseguale si regge su una generazione che non è immortale L’unica cosa puntuale delle ferrovie è il ritardo quotidiano dei treni. Ieri l’alta velocità ha maturato dai 40 ai 90 minuti di ritardo o cancellazioni sulla tratta Torino-Venezia con ripercussioni ovunque.

Puntuale nel Paese, invece, è l’indicatore di disuguaglianza. L’Istat ha diffuso i dati sulle pensioni e risulta ampia la disuguaglianza di reddito tra i pensionati: al quinto con redditi pensionistici più alti va il 42,4% della spesa complessiva. Ciò che fa tre- mare la tenuta sociale è il dato sulle quasi 7 milioni e 400mila famiglie con pensionati che rappresentano più dei tre quarti del reddito familiare disponibile.

Il Paese gioca col fuoco e si regge sul filo di una generazione che non è immortale: è alle porte una polveriera sociale che nessuno potrà mai gestire.

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Da Roma a Sanremo siamo il Paese del “fraintendimenti”

Anche quando tutto sembra regolare, improvvisamente spunta un ritardo. Come ieri il treno che si pianta fuori la stazione termini o cambia percorso verso Napoli cumu- lando 20 minuti di ritardo. Siamo il Paese del “ci scusiamo per il disagio” ma non facciamo nulla per eliminare il disagio. E siamo anche il Paese del fraintendimento.

Come nel caso della scuola di Roma dove da 9 anni campeggia la frase che distingue i plessi “alto-borghesi” da quelli “popolari”: “siamo stati fraintesi”, la risposta. O come nel caso di Amadeus che durante la conferenza stampa per il Festival di San- remo ha apostrofato solo con “bellissime” e “simpatiche” perché “sa stare un passo indietro al suo uomo”, ha detto che è “stato frainteso”.

Quindi c’è un problema di lingua nel nostro Paese? Avanzano problemi di capacità di espressione e di comprensione del testo? Forse è più probabile che avanzino solo problemi in Italia che ogni giorno fa i conti con una crisi non solo economica ma an- che culturale.

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Il mondo sul treno delle disuguaglianze: 2000 paperoni tengono in scac- co il pianeta

Se fosse una metafora il mondo potremmo descriverlo proprio come una Freccia ros- sa. Composto da 11 carrozze, nella prima ci sono al massimo un paio di persone tra le mega poltrone della classe executive mentre nelle altre 10 c’è il resto del pianeta.

Lo dice uno studio della ong Oxfam: i 2153 paperoni, forti di un patrimonio di 2.019 miliardi (dati di metà 2019), vantano una ricchezza superiore a quella complessiva di 4,6 miliardi di persone, circa il 60% della popolazione mondiale. In Italia a metà 2019 la quota di ricchezza in possesso dell’1% più ricco superava la quota di ricchez- za complessiva detenuta dal 70% degli italiani più poveri sotto il profilo patrimoniale.

Ricchi e poveri. Ma ciò che colpisce è che nell’ultimo ventennio la ricchezza dei più facoltosi è salita del 7,6%, quella del 50% dei più poveri si è ridotta del 36,6%. Negli anni duemila qualcuno ha continuato la sua lotta di classe per continuare a viaggiare in prima, da solo.

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Nel paese diseguale arriva il taser: timori e pericoli per un’arma pericolosa Le stazioni come gli stadi sono diventati grandi hub in cui si sperimentano controllo e repressione. Le barriere ai binari, bodyguard a controllare i biglietti come il filtraggio allo stadio permette di separare e controllare.

Ora c’è un nuovo strumento in dotazione delle forze di polizia che però preoccupa molto: il taser. La sperimentazione della pistola elettrica era partita nel settembre del 2018 in dodici città su iniziativa dell’allora ministro dell’Interno Salvini. Secondo un’indagine della Reuters il taser ha provocato oltre mille morti nei soli Stati Uniti.

La stessa azienda americana che la produce – la Taser International Incorporation, da cui deriva il nome dell’arma – chiamata in causa sulla potenziale pericolosità, ha dichiarato che esisterebbe un rischio di mortalità pari allo 0,25%. Ciò significa che se il taser venisse usato su 400 persone una di queste potrebbe morire.

“Nonostante la pericolosità di quest’arma non viene meno – dice Patrizio Gonnella, presidente di Antigone – soprattutto perché non è possibile sapere o stabilire se la persona cui si sta per sparare soffra o meno di cardiopatia o epilessia, due delle patolo- gie” ricordando come anche alcuni organismi internazionali, tra cui la Corte Europea dei Diritti Dell’uomo ed il Comitato ONU per la prevenzione della tortura si siano espressi relativamente alle pericolosità di quest’arma e il rischio di abusi che l’utilizzo può comportare.

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Salvini, il citofono e gli scherzi da bambino: il circo mediatico è servito Salendo le scale della metropolitana vengono in mente i ricordi di infanzia. Nei pome- riggi estivi dopo estenuanti partite di calcio su campetti sterrati capitava fare scherzi.

Uno di questi era squillare al citofono di un malcapitato e lasciare domande improba- bili o parolacce in dialetto, per poi scappare. Non avrei mai immaginato che dopo oltre 30 anni questa burla fosse fatta in diretta TV da un ex ministro dell’Interno.

Citofonare a favore di telecamere e chiedere “ma lei spaccia”? Come una sorta di in- viato di Striscia la notizia. A questo punto siamo tutti legittimati a divertirci e allargare questo scherzo sentendoci di nuovo bambini.

Correre palazzo per palazzo a Pontida e citofonare Lega Nord: “scusi, quando restitu- ite i 49 milioni agli italiani?”. Qui Napoli, a voi circo mediatico.

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Il treno della memoria: il ricordo delle “vite indegne di essere vissute”

nei lager

La memoria è come un treno. Stazione dopo stazione devi far tesoro dei ricordi per la tua destinazione. E proprio su certi treni correva una delle pagine più drammatiche della nostra storia. Su certe carrozze venivano ammassati esseri umani da rinchiudere nei lager nazisti. Erano ebrei, una stima di circa 5 milioni. Erano sovietici, circa 3 mi- lioni. E poi erano oppositori, soprattutto sindacalisti e comunisti. Ma non finisce qui.

C’era una scienza al servizio di un progetto criminale che doveva eliminare “le vite indegne di essere vissute”. Come le persone con disabilità con il cosidetto Aktion T4, un programma di eutanasia di massa o le persone lgbt a migliaia internate nei lager. E, infine, i Rom: circa 500mila caddero nel Porrajmos, letteralmente “annientamento”

in cui caddero soprattutto donne e bambini considerati “deviati”.

A ricordare questo Olocausto, spesso dimenticato, sarà il centro Chikù domani a Scampia: un video e un libro per non far deragliare il treno della memoria che ha senso solo se il presente non vive gli stessi crimini ancora una volta.

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Il mondo globale e la paura del contagio: così il pianeta ha terrore del vi- rus

Le nuvole grigie e cariche di pioggia fanno da tetto al treno veloce. Dalla stazione poco affollata qualcuno esibisce la mascherina. È la paura del virus che inizia a propa- garsi anche nella nostra quotidianità. Il misterioso coronavirus che fa tremare la Cina e il mondo intero.

Che siano stati pipistrelli o serpenti il terrore di un contagio globale è molto alto per l’organizzazione mondiale della sanità mentre la comunità scientifica non ha ancora elementi per capire da dove proviene questo virus così aggressivo e simile alla SARS.

È tutto ancora da capire ma questa situazione fa emergere una certezza: la vulnerabili- tà del pianeta globale che può scoprirsi indifeso di fronte al contagio.

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Emilia Romagna e Calabria: come hanno votato donne, giovani e ceti po- veri

La Freccia corre tra i deboli raggi di sole della settimana della Merla. Un anticipo di primavera nei giorni che dovrebbero essere i più freddi dell’anno. Forse il meteo ha voluto festeggiare la frenata della Bestia salviniana in Emilia Romagna.

Ma come hanno votato emiliani e calabresi? Secondo Swg le donne e i giovani 18-34 anni hanno bocciato i leghisti che però hanno un ampio consenso dei ceti popolari mentre il ceto medio va al centrosinistra. In Calabria, invece, le donne vanno a destra come chi vive nelle zone rurali: come in Emilia al centrosinistra va il voto delle città.

Anche al Sud i protagonisti sono i giovani: evitano i partiti, votano liste civiche. Se vanno a votare.

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Il (corona) virus dell’allarmismo e dell’intolleranza che ha già contagia- to l’Europa

Guardinghi si aggirano tra stazioni, treni e metro. Spuntano più mascherine che sciarpe nei giorni della massima attenzione sul coronavirus. Ma è giustificato questo allarmismo?

Secondo esperti internazionali come Antonio Giordano dello Sbarro Institute di Fi- ladelfia che parla di informazioni ancora confuse e frammentarie sul virus. O come Susanna Esposito presidente dell’associazione mondiale per le malattie infettive che dice: “la normale influenza di stagione ha fatto più morti, 8mila solo in Italia”.

Intanto dalla Francia parte la campagna “Sono cinese non sono un virus”: denuncia di coloro che, da quando è scoppiata l’epidemia di coronavirus, dichiarano di subire episodi di razzismo e intolleranza.

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3 febbraio

Se il Festival di Sanremo ci salva dal virus (della mala informazione) Lunedì sul treno, metro semi deserta alle 7 del mattino. “Per strade tante facce non hanno un bel colore, qui chi non terrorizza si ammala di terrore”, cantava De André nel bombarolo. Ma non ci sono le bombe, oggi c’è un virus che terrorizza.

Ad alimentare la paura è un circo mediatico senza freni e pronto a tutto per superare la crisi di vendite nei facili clic. Lo dice anche il presidente nazionale dell’ordine Carlo Verna: “necessaria un’informazione piena e verificata, senza sottacere gli eventuali rischi e le cautele da attuare, ma sono assolutamente da evitare enfatizzazioni e allarmismi”.

Purtroppo l’appello sembra inascoltato e allora bisogna affidarsi alla canzoni di un altro circo mediatico: Sanremo. Il Festival inizia domani, forse l’unico che può scon- figgere il virus della paura e della mala informazione.

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La memoria corta del Memorandum con la Libia: cronaca del “vergo- gnoso rinnovo”

Il treno è pronto a partire in un’altra mattina di un febbraio primaverile. I nuvoloni neri annunciano burrasca tra la psicosi del coronavirus e l’imminente Sanremo. Stret- ta in questo circo mediatico è la notizia del “vergognoso rinnovo”.

Così lo hanno definito le ong il rinnovo del Memorandum tra Italia e Libia per altri 3 anni. Emergency, Arci, Oxfam e Medici senza frontiere sono alcune delle organizza- zioni che hanno denunciato la promessa non mantenuta dl governo.

“Ignorare le conseguenze di questi accordi è impossibile, oltre che disumano. Anche grazie al supporto dell’Italia, persone innocenti e vulnerabili sono intrappolate in un paese in guerra, costrette a vivere situazioni di pericolo e minaccia o sottoposte a un sistema di detenzione arbitrario e spietato”.

Si chiama Memorandum in un Paese sempre più senza memoria sulle proprie respon- sabilità, attuali e passate. Questo accordo si rinnova, la vergogna pure

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La salute è la prima cosa. Ma per i poveri e per il Sud aumenterà incidenza tumorale

Dalla primavera al gelo in 24 ore. Sui binari della stazione spunta il Vesuvio bianco di neve. Nella settimana di Sanremo è difficile avere attenzione su altri temi ma come diceva il grande Troisi “la salute è la prima cosa”

Ieri nella Giornata mondiale del cancro, L’organizzazione mondiale sanità denuncia che “il mondo vedrà un aumento del 60% dei casi di tumore nei prossimi 20 anni”.

La crescita maggiore di nuovi casi, stimata dell’81%, si verificherà nei paesi a basso e medio reddito, dove i tassi di sopravvivenza sono i più bassi.

Anche in Italia esiste un gap tra Nord e Sud sulla prevenzione. Ad esempio degli screening sul tumore della mammella è al 100% in Lombardia, dove l’adesione delle donne fra 50 e 69 anni è del 60% – afferma il presidente degli oncologi Giordano Beretta – accade che in alcune zone del Sud con l’attivazione al 20% aderisca solo il 20% delle donne. Nel primo caso – nota Beretta – su 100 donne sono comunque 60 quelle protette. Nel secondo caso sono solo 4″. Quando c’è l’amore c’è tutto no? No ch’ella è ‘a salute.

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Il freccia rossa deraglia: lutto e rispetto. E tanta rabbia

La notizia arriva sul treno poco prima di partire. Le comunicazioni per problemi sulla linea erano circolate all’alba senza però capire le cause. A Lodi una Freccia rossa è deragliata, il treno partito da Milano alle 5.10 diretto a Salerno. La motrice si è com- pletamente staccata e ribaltata. Morti due macchinisti, 30 i feriti.

Questa rubrica nasce proprio dai viaggi quotidiani sulla Freccia rossa Napoli-Roma:

oggi si ferma qui in segno di lutto e di rispetto. Resta sul terreno solo una domanda:

cosa deve accadere più per fermare chi dirige le ferrovie italiane?

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Climate change: nel Mediterraneo è sparito l’inverno con +3° oltre la media

Tra metro e stazioni si suda andando a passo svelto. Di questi tempi invernali con una corsa difficilmente sudavi, invece basta camminare in modo spedito che avverti calore.

Quello sul Mediterraneo rischia di essere ricordato come è l’inverno più anomalo de- gli ultimi 30 anni: con circa tre gradi in più rispetto alla media stagionale.

“All’inverno meteorologico rimangono poco più di due settimane e, in tendenza, non si individuano cambiamenti significativi”. Il clima mite dell’inverno 2019-2020 con- tinuerà a far sentire i suoi effetti anche la settimana prossima. In particolare nel Me- diterraneo centrale e in Sardegna dove “avremo solo deboli infiltrazioni di aria fresca con transito di nubi e qualche debole pioggia, con temperature in lieve aumento su entrambi i valori e massime probabili ad inizio settimana intorno ai 16/18 gradi”.

Lo dice il meteorologo Alessandro Gallo, esperto di Meteonetwork Sardegna. Posate sciarpe e cappelli, i prati sono in fiore nel mese di febbraio.

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Chi alleva e chi contrasta bulli e baby gang nel Paese degli impuniti Treni cancellati, treni in ritardi o a singhiozzo dopo l’incidente di Lodi. La magistra- tura indaga nel Paese dove la colpa non è mai di chi comanda. Anzi chi decide o gover- na, molto spesso, è causa di fenomeni sociali.

Nella sola giornata di ieri due notizie di violenza e discriminazione che vedono pro- tagonisti i minori. A Palermo un giovane senegalese pestato a sangue perché “nero”, a Roma alcuni ragazzini bullizzano coetanei cinesi al grido “avete il coronavirus”. A dare man forte a questi adolescenti ci sono, però, gli adulti come il consigliere leghista che reputa non italiana una modella nera sulla copertina di Vogue.

Contro il fenomeno generale della violenza minorile il fondo di contrasto alla povertà educativa Con i bambini ha messo a bando 15 milioni. Contro il fenomeno leghista, invece, avete un’arma pacifica: una matita per non votarli mai più.

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La verità sui treni che non partirono mai: ecco esecutori e mandanti della strage di Bologna

Sul treno in partenza leggi notizie che riportano a treni mai partiti. Come quelli del 2 agosto 1980 alla stazione DI Bologna. Treni che saltarono in aria insieme a 85 perso- ne mentre 200 rimasero ferite. Dopo 40 anni di depistaggi e bugie la giustizia arriva a una verità che la storia aveva già accettato.

La Procura ha notificato avvisi di fine indagine al neofascista Paolo Bellini come ese- cutore e a 4 mandanti e finanziatori: il capo della P2 Licio Gelli e Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi, personaggi legati ai servizi deviati, alle banche, al giornalismo sotto copertura e alle sigle neofascista del 900.

Una vera e propria cupola della cospirazione si muoveva nell’ombra della vita demo- cratica e legata alla Nato nel pieno della guerra fredda. L’Italia era una terra di confine nella cortina di ferro anti sovietica, lasciando sul terreno centinaia di morti tra bombe nelle piazze e sui treni.

Questa la memoria che il Paese deve conservare per chiedersi oggi il nemico dov’è e se si nasconde dentro le proprie istituzioni.

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Posto 18 ed emergenza demografica: ecco perché gli italiani rinunciano ai figli

Nella Freccia rossa ogni carrozza ha il posto 18 riservato ai carrozzini per bimbi e ne- onati. Sono posti raramente occupati. Nei giorni scorsi l’Istat ha pubblicato un report sulla situazione demografica italiana secondo il quale, nel 2019, ogni 67 nuovi nati sono decedute 100 persone. Una vera e propria emergenza per gli italiani che punta- no il dito sulla precarietà lavorativa e l’insicurezza economica. Questa è la sintesi del sondaggio PoliticApp di Swg.

Le percentuali si alzano sensibilmente nella fascia d’età appropriata per la procreazio- ne, quella 25-44 anni. Per oltre il 70% l’insicurezza economica e il precariato sono le cause della rinuncia a fare figli. Per queste generazioni si aggiunge anche un aspetto culturale: per il 43% senza un figlio la vita non si può dire “incompleta”.

Insomma, condizioni materiali e nuove concezioni familiari creano questo stop alle nascite e lo choc demografico. Accomodatevi al posto 18, lo troverete sempre vuoto

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Germania, la strage per mano xenofoba: il mostro neonazista minaccia l’Europa

Il messaggio arriva puntuale per dire la stessa cosa da due settimane: gentile cliente per accertamenti dell’autorità giudiziaria il suo treno potrà subire ritardi. Si sale su treni precedenti per viaggiare puntuali. Invece non è partita proprio l’ondata di indi- gnazione e rabbia per la strage di Hanau in Germania.

Nella cittadina alle porte di Francoforte un 43enne, Tobias Rathien, è arrivato nella zona frequentata da turchi e curdi e aperto il fuoco: undici morti, tra cui una donna incinta. “Alcuni popoli che non si riescono a espellere dalla Germania vanno stermi- nati”, questo il movente del killer confermato dal ministro dell’Interno tedesco.

Un’azione xenofoba e neonazista è all’origine di questa strage che non ha avuto la stessa fortuna mediatica dalle nostre parti. Ieri la notizia scendeva sempre più dalle homepage quando si era capito non si trattasse di terrorismo islamista. Niente dirette, niente speciali: 11 morti non valgono per mano xenofoba non valgono quando quella dell’estremismo religioso. Una nuova stagione di violenza razziale e neonazista si af- faccia in Germania e fa capire che l’Europa ha i mostri da combattere a casa sua.

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Coronavirus, cronaca della “società del panico”: chi conviene la paura Scuole chiuse, metro vuota, stazione con affluenza ridotta. Non è solo la mezza festa di carnevale, esplode il virus. Quello della società del panico. La paura si propaga più velocemente del coronavirus.

Alcuni medici provano a placare il circo mediatico del panico come la virologa del Sacco di Milano. Ma si trovano altri come Burioni che giocano a fare i personaggi so- cial sulla pelle di una corretta informazione. Un’altra virologa italiana Ilaria Capua ha ribadito la natura e il pericolo di questo virus poco più forte dell’influenza stagionale che sta provocando 200 morti al giorno mentre i 3 dovuti a questo virus erano perso- ne già con patologie gravi.

È una società del panico che permette a qualcuno di guadagnare con negozi svuotati e prodotti sanitari on line a prezzo triplicato. È la società del panico che non si spaventa per i laboratori di cancerogenesi di Taranto, Brescia, Val D’Agri e Terra dei fuochi. A chi conviene tutto questo panico?

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Il Paese bloccato dall’emergenza: a rischio i più deboli, il grido della scienza

Quando su un display vedi 200 minuti di ritardo e che la linea è spaccata a metà per controlli sanitari in una stazione, capisci che la situazione è sul punto di non ritorno dell’emergenza. Le voci autorevoli del mondo scientifico cadono nel vuoto.

Antonio Giordano, direttore dello Sbarro Institute di Filadelfia, sulla pagina de La Voce di New York ha spiegato come il panico sia ingiustificato: il tasso di mortalità è fermo al 2%, se pensiamo al virus Ebola che in Congo ha il 50%. Infatti le 7 vittime erano 70enni e 80enni con gravi patologie il panico collettivo non si arresta.

Questa situazione mette a rischio l sicurezza delle fasce più deboli. I detenuti nelle carceri e i senza dimora nei dormitori o nelle mense. È un sistema Paese che si è bloc- cato come freccia rossa fermo 3 ore a Casal Pusterlengo.

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Coronavirus, panico sul treno e l’isteria di massa: i gravi danni per l’e- conomia

Il contagio scatena l’allarmismo, la paura porta alla psicosi. Ieri pomeriggio una frec- cia rossa diretta a Napoli è stato fermato nella stazione Termini per un controllo sani- tario. Un passeggero proveniente da Milano ha creato il caos nella carrozza spiegando a telefono che era stato bloccato all’aeroporto e quindi aveva preso il treno: via al pro- tocollo con personale medico, polfer e addetti alla sicurezza.

Il Paese è diventato il lazzaretto d’Europa, vietati ingressi e voli con gli italiani, il pani- co mette a rischio relazioni umane e mobilità. A rischio sono i più fragili: anziani soli, persone con disabilità nei centri, detenuti, operatori socio-sanitari sul campo. Molti gli eventi rinviati con la Conferenza sulle droghe e Fa la cosa giusta.

Per capire l’impatto sull’economia basta citare il dato sulla cooperazione sociale: la chiusura di scuole e nidi lascia a casa 30mila lavoratori con un danno di 10 milioni di euro al giorno. La paura è un problema politico.

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LA GRANDE CRISI

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2 marzo

Napoli e i minori a mano armata ma i numeri non parlano di emergenza Il treno semi vuoto al tempo de coronavirus parte nel silenzio dei pochi viaggiatori.

E si allontana da una città che ha trascorso la sua domenica piangendo un ennesimo fatto di cronaca.

Sabato sera un 16enne, Ugo Russo, è stato ucciso in un conflitto a fuoco da un cara- biniere 23enne fuori servizio che ha reagito a un tentativo di rapina. Subito è partita la corsa alla “vera emergenza di Napoli” delle sociologie a tanto al chilo. La questione minorile è un dato storico per la città come raccontarono i reportage di Joe Marazzo e Giancarlo Siani. E oggi? I dati nazionali parlano di meno di 400 minori chiusi in carcere.

Fra il 2014 e il 2018 le segnalazioni da parte delle forze di polizia all’autorità giudizia- ria riguardanti i delitti commessi da minori sono infatti diminuite dell’8,3%, passando da oltre 33.300 nel 2014 a 30.600 nel 2018. Fra i delitti calano gli omicidi volontari (-46,6%) e colposi (-45,4%), i sequestri di persona (-17,2%), i furti (-14,03%), le rapine (-3,9%) e l’associazione per delinquere (-82,5%). In questo Paese che ha con- tinuamente voglia di emergenza bisogna affrontare le cose nella loro dinamica reale.

Dal contagio di un virus influenzale a un minore che un sabato sera decide di fare una rapina invece di altro contro un carabiniere che decide di sparare nel nome di un Ro- lex e di una Mercedes: due valori importanti che forse avevano in comune questi due giovani così distanti e così vicini.

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Clima e diritti, la minaccia del capitalismo mafioso contro Greta Thun- berg

Il caos inizia alle 6 del mattino. Alta velocità in tilt, frecce cancellate e in ritardo di 1 ora per presunto incendio tra Roma e Firenze. Doveva essere il rientro alla normalità dopo l’incidente di Lodi ma l’unica cosa normale per le ferrovie italiane è non farle funzionare.

È la protervia di chi dirige e comanda che non conosce pudore e impunità. Cos’è l’at- tuale sistema economico lo spiega bene il manifesto del petroliere canadese che incita allo stupro di Greta e che lo rivendica dicendo “che a 17 anni non si è bambina”.

Il capitalismo vive della stessa violenza della mafia e la mafia si nutre dello stesso pro- fitto del capitale. Non si accontenta di violentare il pianeta e i diritti umani, il capita- lismo mafioso vuole annientare chiunque si mette sulla propria strada. Il capitalismo mafioso è come un treno ad alta velocità, travolge tutto e tutti pur di far soldi e profitto.

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Coronavirus, il Paese disorientato pensava che il nemico fosse il migrante Nessun controllo in metropolitana. E nemmeno ai varchi delle stazioni deserte. A bor- do treno il capotreno non si avvicina da giorni. Tanti posti vuoti sui mezzi pubblici, le persone si guardano sospette e si tengono a distanza.

Il Covid-19 ha mutato le relazioni umane per decreto legge: non stringersi la mano, non uscire, niente eventi sportivi né concerti, anziani a casa. Tra il timore della dif- fusione del contagio e la promessa del suo contenimento questo Paese già incattivito dopo gli anni di crisi ora si sente disorientato.

Pensava che il nemico della nazione fosse l’arabo terrorista o il migrante sul barco- ne. Invece è una gocciolina invisibile che chiunque può trasmettere, anche chi ora è accanto in un bus o al mercato. La situazione è grave ma non è seria: che da questa emergenza possa uscire un Paese diverso, meno tondo e più quadrato.

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Ai confini del Covid-19 è in atto la più grave emergenza umanitaria del nostro tempo

Al tempo del coronavirus ti puoi aggirare nei luoghi della quotidianità pendolare come Will Smith in Io sono leggenda: un deserto di vagoni e stazioni disabitate. Non è un film invece ciò che sta avvenendo ai confini del Covid-19.

Un uomo eritreo di 26 anni è morto tragicamente in un incendio divampato nel centro di detenzione di Dhar el Jebel, a Sud di Tripoli, nella notte tra sabato 29 febbraio e domenica 1° marzo. L’uomo è stato avvolto dalle fiamme mentre dormiva in una delle celle sovraffollate del centro, dove oltre 500 rifugiati e migranti sono detenuti arbitra- riamente nella regione montuosa del Gebel Nefusa.

A questo episodio si aggiungono le violenze al confine tra Turchia e Grecia con i rifu- giati aggrediti dalla polizia e gruppi neofascisti con la morte di una persona: 40mila profughi siriani da evacuare e 130mila che spingono dal paese turco, 1 milione e mez- zo in fuga da Idlib sono la più grave emergenza umanitaria dei nostri giorni.

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Il coronavirus e l’8 marzo silenzioso: più donne uccise, fermare ogni vio- lenza di genere

Al tempo del coronavirus, della paura del contagio, delle stazioni deserte e dei vagoni vuoti si ferma anche la celebrazione per l’8 marzo. Niente appuntamento al Quirina- le e niente manifestazione Non una di meno dopo il decreto che vieta ogni forma di evento pubblico.

Restano, però, sul terreno i numeri della violenza di genere dove nel computo degli omicidi in Italia, in diminuzione secondo l’Istat, vede un aumento delle donne come vittime. Sono quelle straniere leggermente in più rispetto alle italiane con la mano assassina di un partner, di un ex o di un parente. Ed al Nord che si registra un maggior numero di vittime mentre è minimo al Centro. Accanto a questi numeri sugli omicidi ci sono quelli dei centri antiviolenza.

L’8 marzo è anche un’occasione per ragionare sulla violenza tra generi. C’è l’omo- transfobia con la proposta di legge che approderà alla Camera il prossimo 30 marzo.

Ci sono le forme di stalking e violenza di donne contro altre donne sul piano della delazione e di un contorto femminismo “moralista”.

E poi c’è una minoranza molto silenziosa, quella degli uomini perbene tra cui si trova- no quelli che da certe donne subiscono aggressioni, violenze e ritorsioni di ogni tipo subendo due umiliazioni: la violenza stessa e il fatto di non essere creduti per quella stessa visione maschilista che vuole la donna non in grado di commettere violenza.

A partire dalla difesa della donna si apra una grande battaglia contro la violenza tra generi: senza pregiudizi e senza ideologie.

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Coronavirus, ecco i risultati dell’indagine Oms-Cina a due mesi dal con- tagio

Treni assaltati e controllati da Nord a Sud. Carceri a fuoco per le rivolte dei detenuti.

I settori produttivi fermi e una grande bomba sociale pronta ad esplodere. Sono gli effetti dei decreti e della gestione dell’emergenza coronavirus.

Dalla scienza, intanto, arrivano alcuni dati per capire il Covid-19. L’OMS, insieme alla Cina, ha creato una commissione internazionale ed ha effettuato una missione in Cina per indagare sulla situazione. A diffonderli è il sito specializzato Ebookecm.it e rilanciato dal virologo di fama internazionale Giulio Tarro.

Quando in Cina si è presentato un cluster di diverse persone infette, il più delle volte (78-85%) è stato causato da un’infezione all’interno della famiglia da goccioline ae- ro-trasmesse e altri portatori di infezione a stretto contatto con una persona infetta.

I sintomi più comuni sono febbre (88%) e tosse secca (68%) spossatezza (38%), espettorazione del muco quando si tossisce (33%), respiro corto (18%), mal di gola (14%), mal di testa (14%), dolori muscolari (14%), brividi (11%) sono anch’essi co- muni. Meno frequenti sono nausea e vomito (5%), naso chiuso (5%) e diarrea (4%). Il naso che cola non è un sintomo di Covid-19 .

Un esame di 44.672 persone infette in Cina ha mostrato un tasso di mortalità del 3,4%. La mortalità è fortemente influenzata dall’età, dalle condizioni preesistenti, dal sesso e soprattutto dalla risposta del sistema sanitario.

Il tasso di mortalità per le persone infettate da malattie cardiovascolari preesistenti in Cina è stato del 13,2%. È stato del 9,2% per le persone infettate con alti livelli di zucchero nel sangue (diabete non controllato), dell’8,4% per l’ipertensione, dell’8%

per le malattie respiratorie croniche e del 7,6% per il cancro. Le persone infette senza una malattia precedente rilevante sono morte nell’1,4% dei casi. Età: più si è giovani, meno probabilità si ha di essere infettati e meno probabilità si ha di ammalarsi grave- mente se ci si infetta.

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Coronavirus, la rivolta nelle carceri al collasso: ecco il provvedimento che si può attuare

Non si parte, non ci si sposta, fine di ogni assembramento pubblico. Si resta fermi, si limitano gli spostamenti all’indispensabile. Siamo zona rossa, tutta l’Italia è protetta.

Tra domenica e lunedì dopo le misure restrittive del governo nelle carceri è esplosa la rivolta e ha dei numeri drammatici. Da Napoli a Milano, da Roma a Foggia assalti a infermerie, evasioni, detenuti sui tetti.

A Modena il bilancio è di 6 vittime per cause ancora da accertare mentre altri due de- tenuti sono morti in altri penitenziari. Cosa ha fatto esplodere la protesta? Lo spiega su Redattore Sociale Marcello Bortolato, presidente del tribunale di Sorveglianza di Firenze: “Il virus ha scoperchiato una pentola che era già in ebollizione. Perché il car- cere era già a un punto di saturazione, anche in seguito al fallimento della riforma pe- nitenziaria, con un disagio crescente. La paura del contagio e la sospensione seppure temporanea del regime trattamentale ordinario per tutti i detenuti, permessi premio e colloqui visivi, ha fatto da detonatore”.

E quale può essere la strada più concreta? L’Iran ha mandato ai domiciliari 70mila detenuti. Secondo il magistrato una sospensione della pena reclusiva in modo tempo- raneo con una detenzione domiciliare a tutti i detenuti che abbiano un alloggio la cui idoneità dovrebbe essere accertata per le vie brevi da parte delle forze dell’ordine. Il virus ha scoperchiato il pentolone del sovraffollamento e di tutte le sofferenze sociali in cui versa il Paese. Affrontarle adesso vuol dire cambiare il nostro stile di vita.

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Italia zona rossa: la notte spettrale nella metropoli al tempo del corona- virus

Zona rossa, tutto chiuso contro il coronavirus. Alle 19 la metropoli è spettrale, sem- bra di camminare nel cuore della notte. Dalla periferia al centro fino alla zona ospeda- liera le serrande sono abbassate eccetto alcuni negozi di alimentari e take away.

È questo il day after del decreto #iorestoacasa del Governo in una città rumorosa e viva anche di notte come Napoli. In giro restano alcune categorie di lavoratori che non possono fermarsi mai. Le ambulanza con le loro sirene dove corrono medici e paramedici, i rider che consegnano cibo sfrecciando tra le strade vuote, i lavoratori del commercio e del trasporto che caricano e scaricano merci.

A loro si aggiungono poche persone che portano in giro i cani e una famiglia esce da un palazzo correndo verso l’auto. Nella notte napoletana ci sono più auto di polizia e carabinieri in strada che mezzi civili. Tutti a casa, tutto spento. Il virus costringe il Pa- ese a ripensare se stesso ma servono risposte perché si è davanti a un bivio: o la società della paura o la costruzione di una comunità.

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Coronavirus, se #iorestoacasa ma non ho un tetto: allarme per 50mila clochard

Contro il Coronavirus lo slogan è #iorestoacasa. Ma per chi un tetto non ce l’ha?

Come è la situazione? A Roma, ad esempio, al centro di accoglienza “Binario 95”, hanno già sospeso tutte le raccolte di indumenti, ma l’estensione della zona “protet- ta” a tutto il territorio nazionale rende l’aiuto ai più deboli ancora più difficile. A Na- poli la comunità di Sant’Egidio lancia l’allarme per i 2mila clochard per cui è diventato complicato fornire assistenza.

Per questo, Binario 95 lancia una campagna parallela con l’hashtag #vorreirestare- acasa per richiamare l’attenzione, in queste ore di apprensione, anche sulle diffici- li condizioni che le persone senza dimora e i servizi di accoglienza sono chiamati a fronteggiare. “Solo le stime Istat parlano di 50 mila persone senza dimora, di cui 7 mila solo a Roma – spiega Alessandro Radicchi, fondatore di Binario 95 e diretto- re dell’Osservatorio nazionale della solidarietà nelle stazioni italiane -. Tuttavia, con quelli non intercettati arriviamo alle 40 mila persone che non hanno una struttura abitativa o un contesto che possa favorire la possibilità di gestire una situazione critica come questa”.

Chi non ha un’abitazione, poi, volendo rispettare le regole ha molta difficoltà ad ade- guarsi alle norme igieniche di base previste dal Dpcm per non parlare della complessi- tà nel reperire i dispositivi di protezione, perché non ne ha le possibilità economiche.

Per restare a casa è necessario avercela. E bisogna farsi carico di queste persone in difficoltà per la loro salute e quella di tutti.

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Coronavirus, il contagio entra nelle fabbriche e gli operai “responsabi- li” si fermano

Che roba contessa, cantava Pietrangeli. Gli operai si fermano davanti al contagio del Coronavirus. Ieri due casi alla Hitachi e alla Avio. Le denunce da parte dei responsabi- li della sicurezza sull’assenza di ogni misura di prevenzione all’interno degli impianti.

Ci sono stati scioperi alla Electrolux di Susegana, alla Irca di Vittorio Veneto, in tutto il gruppo Arcelor Mittal e in altre ancora. «Man mano che passavano le giornate ho vi- sto che non si faceva nulla e ho iniziato a scrivere all’azienda che mi ha sempre risposto citando le direttive ministeriali, ma non basta e abbiamo deciso di scioperare», così racconta i microfoni di Radio Popolare Domenico Marra, responsabile della sicurezza sul lavoro alla Bitron.

Ora i sindacati chiedono di fermare tutto fino al 22 e per Confindustria sono “ir- responsabili”. Difendere la salute invece del profitto è l’azione più responsabile in questo momento: non esiste carne da macello, tutti hanno gli stessi diritti. Che roba contessa.

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Coronavirus, in attesa del picco cronaca da un Paese che non esiste più Treni ormai fermi, ne partono due al giorno per l’alta velocità. Il virus corre, si aspetta il picco, si spera nell’arrivo di una calda primavera. Le temperature oltre i 20° dovreb- bero aiutare a contrastare il Covid-19.

Intanto la prima settimana di quarantena è trascorsa cambiando radicalmente la nostra vita. Pensare a febbraio sembra immaginare un’epoca passata. In due settimane un in- tero sistema economico, sociale e di vita è stato messo in discussione e compromesso.

Chi non ha perso lavoro, lo fa da casa, carceri in fiamme, ospedali al collasso, annul- lata ogni forma di vita sociale e comunitaria. Il colpo d’occhio nelle ore del mattino è quello di sagome mascherate che sono in fila per il pane o i medicinali, come nei più spaventosi film che abbiamo visto al cinema.

Al mattino i mezzi della protezione civile invitano stare a casa, poi la sera arriva il mo- mento più disarmante. Dopo lo squarcio nel silenzio rotto dai balconi durante i flah- mob delle 21 le città diventano spettrali. Napoli sembra disabitata, per chilometri non si contano auto civili ma solo quelle delle forze dell’ordine. Un silenzio irreale che è piombato sulle nostre vite e ha disintegrato un sistema economico, urbano, sanitario.

Andrà tutto bene, gridano e sognano gli abitanti di un Paese che non esiste più.

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Il (corona) virus ha svelato questo sistema economico: nulla come prima Nulla sarà come prima, nulla deve essere come prima. Il virus è entrato in un sistema che sta implodendo svelando tutte le sue falle. Il Covid-19 sta raccontando al mondo che cos’è il modello economico del mercato e del capitale ma non solo. Sta raccon- tando qual è la conseguenza di un ventennio di politiche liberiste che hanno tagliato e spogliato la sanità pubblica tanto che la Regione Lombardia deve chiedere aiuto alle odiate Ong.

Il coronavirus ci sta raccontando lo smantellamento del welfare e dell’utilizzo del Terzo settore e della cooperazione sociale nel campo fondamentale dell’assistenza socio-sanitaria: 300mila lavoratori che stanno aspettando risposte e 6 milioni di ita- liani che vedono a rischio i servizi. Il virus ci sta raccontando dell’aria avvelenata nella Pianura Padana come rivela lo studio che mette in relazione le zone rosse del contagio e la presenza massiccia delle Pm10.

No non è stato il virus, tutto questo è stato reso possibile dall’attuale sistema eco- nomico, di mercato e di produzione, che ha messo le persone e l’ambiente fuori dal proprio sviluppo sacrificando diritti e bruciando risorse. Virus in circolazione, arresta il sistema: sarà tempo di azzerare, nulla deve essere come prima.

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Chi lavora, chi non lavora, chi solo per amore: essere papà al tempo del Coronavirus

Essere papà al tempo del coronavirus. E quando si dice papà non è per tutti perché vanno esclusi i violenti e i criminali che compiono abusi. Quando si dice papà si con- sidera chi protegge e cura i propri figli, in ogni modo.

Ci sono i papà che adesso lavorano nella trincea degli ospedali e non possono vedere i propri figli o chi è in quarantena e isolamento. Ci sono quelli che ogni giorno devono scendere e lavorare perché il ruolo lo impone. I papà che sono stati contagiati e non ce l’hanno fatta non potendo dare nemmeno l’ultimo saluto ai figli.

I papà che con il virus hanno perso il lavoro e rischiano di non avere più reddito. I papà che hanno un lavoro e con lo smart working possono stare a casa coi propri bambini.

Quelli, invece, che non vivono con i propri figli e per amore non possono vederli. Il Covid-19 è un virus che sta smantellando un intero sistema economico e il futuro va ricostruito: servono buoni padri per fare le scelte giuste e dare alle generazioni dei figli un mondo nel quale sarà degno vivere.

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Coronarivus, da Nord si attacca il Sud: il fallimento del “modello Lom- bardia”

Il coronavirus sembrava aver unito il Paese. In questa emergenza un filo lega il destino del Nord a quello del Sud, quello del contagio e della paura. La reazione emotiva dai balconi tra musica e balli ha visto esporre bandiere tricolori da Milano a Napoli. Per qualcuno, però, non è così. Non lo è per il professore Massimo Galli che nella trasmis- sione Carta Bianca è stato protagonista di una reazioni scomposta e quasi offensiva nei confronti di Paolo Ascierto, oncologo dell’Istituto Pascale di Napoli.

Secondo Galli la terapia scoperta dai ricercatori napoletani era già in uso a Bergamo e quindi nessun merito per il team di Ascierto. E come mai, va chiesto, quel medicinale non è stato condiviso con il resto d’Italia? In questo scontro esploso sui social ecco arrivare la fake news sui 249 medici assenteisti all’ospedale Carderelli: l’azienda sa- nitaria non solo ha smentito ma ha annunciato querele contro i principali quotidiani nazionali che come fonte si sono basati su un post di Facebook.

Infine, ci pensa Salvini a svelare tutta l’ipocrisia di un ventennio di propaganda leghi- sta anti-meridionale: “a Bergamo c’è bisogno di medici, il resto del Paese collabori”.

Il modello lombardo della sanità, la regione locomotiva per l’economia, il cuore pul- sante della finanza italiana sta implodendo clamorosamente e non si trova di meglio che spostare l’attenzione mediatica su Napoli e dintorni. Al tempo del coronavirus è il momento dell’unità per un Paese, ma per qualcuno “fratelli d’Italia” è solo il nome di un partito.

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Coronavirus, la settimana cruciale e le “strane” tentazioni per lo Stato d’eccezione

Questa è la settimana cruciale per il contagio da Coronavirus. Il 25 marzo è la data di riferimento per l’eventuale picco o contenimento, notizie confortanti sono giunte ieri dal fronte dei positivi e dei decessi. Quella passata, invece, è stata la settimana “svol- ta” per i tanti che hanno tentazioni “militari”.

Non solo la web star De Luca, governatore della Campania, che vuole i lanciafiamme e i soldati vicolo per vicolo, il tintinnio di sciabole dello “Stato d’eccezione” si sente tra le pieghe più o meno esplicite di commentatori ed esponenti politici. Se ne è ac- corto anche il giornale Avvenire che ha dedicato un articolo su questo clima da legge marziale e coprifuoco.

E ha scatenato dure reazioni la lettera del comandante Alfa, fondatore dei Gruppi di intervento speciale – i Gis dei carabinieri: “Schierate l’esercito, istituite il coprifuoco, chiudete i confini, i porti, sigillate il nostro paese all’Europa che ci ha lasciati soli e che ci ha presi in giro”, ha scritto il militare in una roboante lettera in cui si scaglia contro le istituzioni parlamentari, i centri sociali e le sardine.

A che cosa servono i militari? In questo momento non servono medici e infermieri?

Perché tanto spazio a quei pochi che fanno jogging e tanta timidezza per le fabbriche aperte dove gli operai possono andare ad ammalarsi? I giornalisti che possono andare in giro vadano a verificare città per città, di giorno e di notte, e vedranno le strade e le piazze deserte a parte l’irresponsabilità di un singolo per cui sarebbe sufficiente anche la polizia municipale. Forse qualcuno, pensando alle conseguenze economiche del Covid-19, vuole trovarsi già con l’esercito per le strade?

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Coronavirus, rompere il silenzio sulle condizioni di rifugiati e braccianti migranti

La curva del contagio sembra rallentare ma è presto per essere ottimisti. Bisogna at- tendere ancora una settimana prima di capire se il virus non abbia sfondato al Sud che ha risposto in modo civile e disciplinato alle disposizioni del decreto 9 marzo.

Preoccupano alcune categorie che non possono stare a casa: dai senza dimora ai dete- nuti, dagli operai in sciopero nelle regioni del Nord a chi non ha reddito e svolge lavori informali. E poi ci sono quelli più fragili, cittadini stranieri con lo status di rifugiato o richiedente asilo in fuga dalle guerre e dalla fame.

Un Documento sottoscritto da un centinaio di associazioni e singole persone vuole spezzare il silenzio ed evidenziare le criticità che, in questa drammatica situazione di emergenza da Covid-19, caratterizzano la condizione delle persone straniere ed in particolare dei/delle richiedenti asilo, delle persone senza fissa dimora e dei lavorato- ri e delle lavoratrici ammassati negli insediamenti informali rurali.

Con specifico riguardo ai Centri straordinari di accoglienza le Associazioni firmatarie chiedono che vengano chiusi, riorganizzando il sistema secondo il modello dell’acco- glienza diffusa in piccoli appartamenti e distribuiti nei territori, essendo impossibile nei contesti attuali il rispetto delle misure legali vigenti, a partire dalla distanza tra le persone e al divieto di assembramenti.

Analoghe richieste chiedono per i CPR e gli Hot-Spot, evidenziando, quanto ai pri- mi, la necessità di impedire nuovi ingressi e per le persone già trattenute di disporre le misure alternative al trattenimento, stante l’impossibilità attuale di eseguire ogni rimpatrio nei Paesi di origine.

Restate a casa, ma non tutti. Nel Paese delle disuguaglianze.

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Coronavirus, le associazioni chiedono il “Reddito di quarantena” con- tro la povertà

Terzo giorno di flessione del contagio. Un cauto ottimismo proprio oggi che era in- dicato come la data del giudizio per il picco massimo. Il Sud tiene per il momento, la Lombardia resta il vero hub del Covid-19 piangendo vittime e disastro sanitario. Non può esserci, però, alcun ottimismo sullo choc economico che si abbatterà presto sul nostro Paese.

A confermarlo è l’Alleanza contro la povertà, la rete che intorno alle Acli raggruppa decine di organizzazioni laiche e cattoliche: “l’emergenza porterà a un drammatico aumento della povertà nel nostro Paese – afferma una nota – Per questo, l’Alleanza ritiene che per far fronte all’emergenza servano misure immediatamente esecutive per fare in modo che le persone non cadano in povertà”.

E la misura in questione può essere solo una: estendere il Reddito di cittadinanza.

L’impatto sulle condizioni materiali delle persone è ravvicinato come l’iceberg per il Titanic, dalla perdita di posti di lavoro alla chiusura di attività medio-piccole e partite Iva: la nave può solamente affondare se non si dà un colpo di timone. Chi governa dovrà scegliere dove dirottare fondi pubblici: stando a casa non si lavora, senza lavoro non c’è reddito. Serve un reddito di quarantena, lo dicono tutti.

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Coronavirus, serve coraggio: soldi al Terzo settore del Sud

Coronavirus, è il tempo della paura e dell’incertezza. Gli italiani sono monitorati nel loro sentiment da Swg che con il suo radar quotidiano capta ciò che si muove nelle case del Paese. Sono l’economia, il lavoro e il reddito a terrorizzare e c’è più di un motivo.

Ieri l’Istat commentando il Cura Italia ha parlato di uno “choc economico inimma- ginabile” dal mese di giugno a livello internazionale. Ed è in questo scenario che arrivano le richieste di osare, di avere coraggio nelle scelte politiche e istituzionali soprattutto a favore delle fasce più deboli.

Il presidente di Fondazione Con il Sud Carlo Borgomeo sulle pagine del Mattino ha chiesto al ministro della coesione un atto preciso: “le recenti misure adottate dal go- verno non sono sufficienti, le dimensioni della crisi suggeriscono ben altri interventi.

È il momento di realizzare un’operazione straordinaria, mediante la concessione di contributi a fondo perduto da erogare, non in base a una faticosa selezione di progetti, ma a tutte le organizzazioni di Terzo settore meridionale con esperienza e radicamen- to nei territori”.

Secondo Borgomeo i soldi ci sono disimpegnando alcune risorse del Fondo sociale europeo e dall’anticipazione dei fondi strutturali 2021-2027. Non si possono spre- care soldi, è tempo delle scelte coraggiose per i più deboli e per il Sud.

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Al tempo del Covid-19 ecco il contagio di un virus buono nel Paese: il mutualismo

Al tempo del Covid-19 un virus buono sta contagiando il Paese: il mutualismo. Espe- rienze e iniziative di cooperative sociali, associazioni, reti di cittadini e comitati di quartiere si stanno organizzando nella storica forma di economia solidale e coopera- tiva.

Raccolta di spesa e farmaci per anziani e famiglie in difficoltà, pasti per i clochard, for- me di didattica a distanza per i bambini, sportelli e numeri verdi di assistenza, volonta- ri disponibili all’ascolto per chi è a rischio violenza in casa. Queste sono le principali iniziative che si stanno diffondendo su tutto il territorio.

Ad esempio a Napoli è nata la Brigata di Appoggio Mutuo Bam che mette insieme tutta le rete di associazioni e volontariato laico e cattolico di Scampia. Queste esperienze nascono dalla insufficienza del Cura Italia che non raggiunge i bisogni delle fasce più popolari e fragili.

Per affrontare la crisi drammatica che verrà bisogna capovolgere il paradigma: in bio- logia, il mutualismo è associazione tra individui di specie differenti che comporta un vantaggio reciproco per gli individui associati, senza che tale rapporto sia obbligato, potendo le due specie vivere anche indipendentemente l’una dall’altra.

Che il mutualismo dilaghi come un virus.

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Coronavirus, la busta della spesa e il Terzo settore: è tempo di scelte co- raggiose

È tempo delle scelte, coraggiose o meno, da parte di chi governa. L’impatto del Co- ronavirus sulla vita delle persone è ormai imminente o in alcuni già in corso: difficoltà a reperire beni di prima necessità, a pagare l’affitto, zero reddito in tante fasce della popolazione dopo la chiusura del Paese.

Con il decreto del 28 marzo l’unica scelta è stata quella di prendere tempo. Un’antici- pazione del Fondo di solidarietà ai comuni per una boccata d’ossigeno e 400 milioni per creare buoni spesa. Il riparto di queste risorse straordinarie prevede che a Roma, per esempio, vadano 15 milioni, a Milano 7,2 milioni, a Napoli 7,6 milioni, a Palermo 5,1 milioni, a Bari quasi 2 milioni, a Venezia 1,3 e a Padova 1,1. In pratica, per una città del Sud in sofferenza come Napoli, sarebbero coinvolte poco più di 100mila per- sone per una somma pari a 50 euro. La macchina organizzativa sposta l’incombenza sui comuni, attraverso i servizi sociali, e il Terzo settore che diventerebbe il front offi- ce del disagio e della rabbia. Se da una parte il non profit sembra essere legittimato dal governo dall’altra il suo ruolo viene delegato a operatori della carità.

Non era quello che era stato chiesto dalle principali reti associative e dalle fondazioni come Forum Disuguaglianze Diversità, Alleanza contro la povertà, Fondazione Con il Sud e Alleanza cooperative sociali e le tante esperienze di mutualismo sociale dei cittadini. Allargamento della platea del reddito di cittadinanza, sostegno al fitto di casa, protezioni per gli operatori del welfare e sostegno alle cooperative sociali, degli artigiani, delle piccole imprese.

È tempo delle scelte coraggiose, non bisogna rinviarle a Pasqua. Anche perché non c’è più tempo, il disagio bussa alla porta e non chiederà il permesso di entrare: la carità è un principio molto alto ma non è appropriato a chi governa che deve decidere da che parte sta.

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Coronavirus, il contagio rallenta ma si riapre a maggio: serve reddito, ora

Il contagio rallenta, questa è la buona notizia. Ora si inizia a prevedere il termine di questo stato emergenziale e della chiusura del Paese. Eppure la graduale riapertura non avverrà prima della metà di maggio. Altri 45 giorni con il lavoro e le attività pro- duttive ferme, partite Iva al palo e lavoratori informali o a nero senza tutele e ammor- tizzatori.

Reddito non carità, questa la richiesta plenaria che arriva al governo. Che si chiami di quarantena o di emergenza conta poco: serve il sostegno organico alle famiglie, ai singoli, agli anziani soli. Il Forum Disuguaglianze Diversità e Alleanza per lo sviluppo sostenibile hanno elaborato due proposte: il Sostegno di emergenza per il lavoro au- tonomo (Sea) e il Reddito di cittadinanza per l’emergenza (Rem).

In tal senso anche l’Alleanza contro la povertà e il Forum delle associazioni familiari.

Sul fronte casa l’Alleanza delle cooperative chiede un sostegno ai canoni di affitto.

Insomma, il coro unanime porta tutti allo stesso punto: servono risorse dirette per mangiare, per la casa, per i beni di prima necessità. Almeno fino a fine emergenza.

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1 aprile

Le mani sulle imprese e colpi di pistola: le mafie al tempo del Coronavi- rus

Era più di un timore, era una previsione annunciata. Le mafie ci sono, vogliono inva- dere l’economia con i loro soldi dentro l’emergenza e continuano a sparare. A Napoli sotto i colpi di una stesa nel quartiere Ponticelli è finita anche l’auto del referente campano di Libera, Fabio Giuliani che ha ricevuto una catena di solidarietà.

Di fronte a questa emergenza che sta diventando sociale i quartieri dei rioni ad alto controllo criminale rischiano di diventare un bacino di manodopera per i clan. Dalla strada all’economia le organizzazioni criminali si stanno preparando a mettere le mani sui fondi pubblici.

Lo denuncia Sos Impresa – Rete per la legalità: “I soldi di cui dispongono le consor- terie mafiose in tutta Italia – si legge in una nota – rischiano di arrivare prima dello Stato e rendere, oltre che tardivo ed inutile, addirittura dannoso un successivo inter- vento pubblico a sostegno di queste imprese nel frattempo diventate imprese mafiose o pesantemente infiltrate dalle organizzazioni mafiose”. Bisogna intervenire e farlo subito. Per le imprese sane e per le fasce popolari, soprattutto al Sud che reclama reddito e welfare.

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Coronavirus: a cosa serviranno silenzio e dolore

È arrivata la proroga delle restrizioni fino al 13 aprile, probabilmente ne arriverà un’altra fino a fine mese. Ma è già tempo per chiedersi a cosa servirà il Covid-19. A cosa servirà tutto questo dolore e questa sofferenza di chi non c’è più e di chi ha perso un affetto senza nemmeno poterlo salutare. A cosa serviranno le strade urbane vuote, il silenzio assordante dai centri storici alle case popolari, la solitudine di chi non ha nemmeno una casa.

A cosa servirà l’evidenza del fallimento di un sistema sanitario falcidiato dai tagli de- gli ultimi venti anni. A cosa servirà il tracollo del modello “Lombardia” e il dogma della produttività che non ha risparmiato gli operai nelle fabbriche. A cosa servirà la domanda di reddito e welfare di chi si impoverisce o già lo era. A cosa servirà il sacri- ficio del personale sanitario, di chi non ha smesso di lavorare un solo giorno. A cosa servirà tutta questa solidarietà messa in atto, le esperienze di mutualismo sociale nate spontaneamente. A cosa servirà la mobilitazione di tutto il mondo non profit con i suoi volontari e i suoi operatori socio-sanitari sul campo.

Dovrà pur servire questo virus, a mettere in discussione un modello di società e di economia. Dovrà far capire che tecnologia e ambiente possono essere gemelli di una sostenibilità e di una equità sociale, che lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo produce barbarie, che le uniche guerre umanitarie si vincono inviando medici e non bombe.

Dovrà servire a qualcosa tutto questo ma solo se nulla sarà mai più come prima.

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