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NO ALLA GUERRA. Raggiunto telefonicamente a Ghedi, nel

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Academic year: 2022

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P E R I O D I C O D E L L ’ A R E A ‘ D E M O C R A Z I A E L A V O R O ’ C G I L

Anno XXIII n. 5 | 8 marzo 2022 Reg. Trib. di Roma n. 73/2000 del 16/02/2000 - dir. resp. Antonio Morandi

R

aggiunto telefonicamente a Ghedi, nel bresciano, dove ha partecipato ad una manifestazione domenica 6 marzo, Adriano Sgrò – Coordinatore nazionale di

‘Democrazia e Lavoro’ – ha ribadito le otti- me ragioni di chi condanna con la massima forza l’invasione russa in Ucraina, auspican- do però un salto di qualità della politica e delle istituzioni per “ricostruire” la pace.

Partiamo da qui, dal messaggio che giunge da una delle principali basi missilisti- che della Nato.

Noi abbiamo assoluta necessità di rida- re speranza ai popoli; la speranza nella pace possibile, che va costruita ritessendo la tela diplomatica. Ecco perché gli armamenti – e la logica che li sottintende – devono essere abbandonati ed il futuro dell’umanità deve passare dal disarmo.

Va ribadito con la massima forza oggi, mentre prosegue l’offensiva militare russa in Ucraina, con centinaia di migliaia di sfollati, tanti morti e altrettanta paura del futuro…

Noi condanniamo con forza l’azione di guerra della Russia ma non si possono omettere le politiche bellicistiche della Nato.

Perciò oggi a Ghedi, all’aeroporto militare base missilistica della Nato, ha ripreso vigo- re il percorso delle persone che credono nel- la solidarietà tra i popoli e che proseguono, senza sosta, a chiedere pace e disarmo.

Si parte insomma dalla drammatica at- tualità per provare a costruire un avvenire di convivenza.

Il nostro orizzonte non può essere che quello della pacificazione tra i popoli. Gli appartenenti a numerose associazioni, in- sieme a noi che militiamo nella Cgil, con- tinuano a manifestare con determinazione per sostenere ogni iniziativa contro la guer- ra: oggi abbiamo riproposto tutti insieme quell’orizzonte, dall’Ucraina alla Palestina, fino all’Afghanistan e al Corno d’Africa.

Torni la pace.

(a cura della redazione di ‘Progetto Lavoro’)

SI SUSSEGUONO LE MOBILITAZIONI NEL PAESE DOPO LA GRANDE MANIFESTAZIONE DEL 5 MARZO A ROMA

PACE IN UCRAINA:

stop all’invasione, stop agli armamenti, no al bellicismo

‘Democrazia e Lavoro’ presente anche a Ghedi, sede di una base missilistica Nato: “Il nostro orizzonte può essere soltanto quello della pacificazione tra i popoli”

NO ALLA GUERRA

Articoli di Giancarlo Saccoman, Roberto Romano, Giorgio Riolo e ulteriori approfondimenti

da pagina 2 a pagina 8

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NO ALLA GUERRA

L

a ripulsa della guerra è ormai entrata a far parte della coscienza di una parte consistente della popolazione italiana ed europea, che è scesa in piazza sabato 5 per manifestare il proprio pacifismo e chie- dere la fine delle ostilità, ma, come ha spie- gato giustamente Landini, se “non è accet- tabile la follia della guerra come strumento per regolare i rapporti fra gli stati, per com- battere questa logica bisogna affrontare le radici e le ragioni che in qualche modo han- no creato le condizioni di questa scelta e

questo intervento, dobbiamo ripartire dagli Accordi di Minsk e dalla loro applicazione, e tenere conto, con una visione comples- siva, delle politiche sbagliate che la stessa NATO in questi anni ha fatto, in Europa ma anche in giro per il mondo”. Infatti, fare un fermo immagine solo sugli avveni- menti odierni non è sufficiente a compren- dere il senso di ciò che accade, ma occorre risalire a molti anni addietro con l’analisi delle vicende geopolitiche mondiali, non certo per assolvere Putin né avallare l’in-

vasione, ma per cercare di capire le radici dell’attuale conflitto, che non sono spiega- bili con un “pazzo al potere”, ma dipendo- no da problemi che persisterebbero anche se non ci fosse più Putin, per collocare i fat- ti nella giusta prospettiva e prevedere come sia possibile uscirne e quale nuova bilancia di poteri nascerà dopo la sua conclusione.

DAL GOLPE DI ELTSIN AL “TRIONFO” USA A seguito del golpe di Eltsin che - con l’Ac- cordo di Belaveža del 26 dicembre 1991, fra Russia, Bielorussia ed Ucraina aveva dissolto l’Urss, formando la Comunità de- gli stati indipendenti (CSI) -, gli Stati Uniti hanno celebrato il loro trionfo come poten- za unipolare globale, capace di imporre il proprio controllo sull’intero pianeta, cele- brata da Fukuyama come “fine della sto- ria”, portando pace e prosperità nel mon- do, in eterno. Molti, anche negli Stati Uniti, hanno proposto lo scioglimento della Nato, nata come alleanza militare antisovietica, in quanto, con la dissoluzione dell’Urss, era venuta meno la sua funzione di contrasto.

Ma la fine dello scontro fra due diversi si- stemi politici ha aperto la strada non ad un unipolarismo degli Stati Uniti, ma ad una

“guerra di successione” analoga a quella se- guita alla crisi della Gran Bretagna, mentre la globalizzazione finanziaria ha dato inizio ad una “centralizzazione capitalistica” con una violenta competizione economica capi- talistica in cui gli Stati Uniti, specie con la crisi del 2008, si sono indeboliti ed hanno perso terreno rispetto ai loro concorrenti, cercando di rimediarvi accentuando l’of- fensiva con una politica espansionistica sul terreno militare dove ancora godono di un ampio margine di vantaggio. Per questo la Nato è stata mantenuta e rafforzata sna- turandone la funzione originaria, da stru- mento di deterrenza al servizio dei propri aderenti, in un “approccio globale”, per al- largare all’esterno il proprio spazio militare con la guerra della KFOR in Kossovo (che ha fatto molti più morti, anche dopo, con l’uranio arricchito, di quanti ne potrà mai fare lo scontro in Ucraina) in violazione del diritto internazionale, senza chiedere l’ap- provazione dell’ONU, dove la Russia può esercitare il diritto di veto, in Libia, Iraq e Siria, e con lo spostamento delle frontiere di 1500 chilometri ad est, sulla falsariga del

“Drang nach Osten” della Germania nazi- sta, passando da 16 a 30 paesi membri, fino ai confini della Russia, comprendendo gli stati dell’ex-Patto di Varsavia, i paesi baltici dell’ex-Urss, molti stati dell’ex-Jugosla-

RIPARTIRE DALLA PIENA APPLICAZIONE DEL PROTOCOLLO DI MINSK: L’UNICA VIA DI USCITA DAL FRAGORE DELLE BOMBE

La tortuosa strada

PER TORNARE A TRATTARE

L’attuale precipitazione militare in Ucraina

è il risultato di una decennale politica di

accerchiamento ed isolamento della Russia,

perseguita con determinazione da parte degli

Stati Uniti e dei loro alleati europei

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NO ALLA GUERRA

via, presidiati con truppe e armamenti nucleari, e con continue esercitazioni mili- tari, con accordi militari stringenti anche con paesi formalmente neutrali, ma in via di adesione, come Svezia e Finlandia.

DAL 2014 LA “NUOVA GUERRA FREDDA”

Nel 2014 è stato varato il Readiness Action Plan (Rap), che prevede il rafforzamento del pattugliamento aereo e navale e il di- spiegamento di maggiori forze di terra lun- go il confine con la Russia, posizionando così la nuova guerra fredda su un confine molto più lungo e più prossimo alla Russia, che si è sentita minacciata. Nel contempo gli Stati Uniti si sono ritirati sia dal Trattato anti-missili balistici del ’72 che dal Trattato sulle forze nucleari intermedie, installate in Europa e capaci di raggiungere Mosca. Gli Stati Uniti hanno così realizzato una nuova

“cortina di ferro”, da Capo Nord al Mar Nero, per l’accerchiamento della Russia, declassandola, nonostante il suo armamen- to nucleare, al rango di “potenza regiona- le”, impedendole di ritagliarsi un proprio spazio all’interno del mercato capitalistico internazionale. Hanno così violato l’atto fondativo del 1997, che regola i rapporti Russia-Nato, in base al quale le due parti non avrebbero mai installato nuove infra- strutture militari permanenti nell’Europa dell’Est. Hanno utilizzato in funzione an- tirussa sia l’anglosfera (con Echelon e Au- kus) che la Nato allargata.

Tutto ciò ha naturalmente creato forti timori in Russia, e Putin ha parlato degli Stati Uniti come del “paese della menzo- gna” e alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco invitò gli occidentali a costruire un ordine mondiale più equo, affermando che l’espansione della Nato rappresenta una seria provocazione che riduceva il livello della reciproca fiducia, e non aveva alcu- na relazione con la garanzia di sicurezza in Europa, chiedendo cosa fosse successo alle assicurazioni fornite dopo la dissoluzione del Patto di Varsavia, non ottenendo alcu- na risposta ed anzi, nel successivo vertice di Bucarest la Nato ha dichiarato che Georgia e Ucraina sarebbero entrate nell’Alleanza.

PERCHÉ LA NATO SI ALLARGA AD EST Lo scopo dell’allargamento ad est era quel- lo di concentrare il confronto tecnologico, militare e di influenza geopolitica nei con- fronti della sola Cina, mettendo fuori gioco la Russia, ma anche di esercitare un mag- gior controllo sull’Europa Occidentale, in particolare su quei Paesi (Francia, Germa- nia e Italia), che avevano più volte assun- to posizioni politiche autonome di dialogo economico e politico con la Russia, per im- pedire la possibile creazione di una potenza politica autonoma europea. Nel contempo, su spinta della Germania, che intendeva costruire un blocco di Paesi da lei dipen- denti economicamente, la UE aveva aperto le porte all’ingresso dei paesi dell’est, col risultato di produrre una spaccatura al suo interno, fra un Occidente interessato a man-

tenere un rapporto con la Russia (Francia, Germania e Italia) e un oriente ferocemente ostile alla Russia e legato, più che alla UE, agli Stati Uniti.

La Russia ha inghiottito il rospo, sfor- zandosi di mantenere un rapporto di di- stensione con la Nato, ma ha posto un limite preciso, vietando l’ingresso dell’U- craina nella Nato e nella UE, dichiarando che ciò avrebbe determinato uno scontro diretto. Le ragioni di tale veto sono duplici.

Da un lato riguardano il fatto che non esi- stendo alcun ostacolo naturale in direzio- ne di Mosca, ma solo una pianura piatta, l’Ucraina avrebbe rappresentato la punta di lancia della Nato nei confronti di Mosca, raggiungibile in poche ore dai carri armati e in pochi secondi dai missili, dall’altro il fatto che l’Ucraina, a differenza degli al- tri Paesi dell’Impero zarista e dell’ex-Urss, fa parte del cuore della “Madre Russia”, nata nel IX secolo proprio a Kiev, formata da Grande Russia (Mosca), Piccola Russia (Kiev) e Russia Bianca (Minsk), che parla- vano la stessa lingua russa, di cui ucraino e bielorusso erano dialetti usati in casa e nelle canzoni, come il napoletano in Italia.

Durante l’aggressione nazista alla Rus- sia, si sono costituite formazioni militari naziste, in parte guidate da Stepan Bande- ra, che hanno giurato fedeltà ad Hitler, han- no combattuto nelle Waffen SS (la legione straniera nazista) nella Brigata Galizia con- tro l’armata rossa, hanno compiuto stragi (compresi 60.000 civili nella Galizia-Voli- nia), ed hanno partecipato alla repressione nazista in vari paesi dell’Europa dell’est.

LE CONSEGUENZE DELLA “RIVOLUZIONE DEL GRANITO”

Dopo la fine dell’Urss la “Rivoluzione del Granito” arancione, una rivolta studente- sca filoccidentale, finanziata dall’Occiden- te, poi estesasi soprattutto fra i giovani, affascinati dagli stili di vita occidentali, aveva imposto al governo la Dichiarazione di Indipendenza contro la CSI, ma il Paese era diviso sia geograficamente, fra filocci- dentali ad ovest e filorussi ad est, che ana- graficamente, fra giovani filoccidentali e gli altri filorussi. Viktor Janukovycˇ, più volte eletto primo ministro dal 2002 al 2007 è stato poi eletto presidente nel 2010, ma nel 2013 è scoppiata la rivolta di Euromaidan, fomentata e finanziata dagli Stati Uniti, con l’incendio dei palazzi del Governo, promos- sa e controllata dalle formazioni neonaziste Pravy Sektor (Settore destro) e Svoboda (Partito nazionalsocialista ucraino), che chiedeva l’adesione alla UE e alla Nato, ap- poggiata da Stati Uniti ed Unione Europea, che ha provocato un colpo di stato che ha costretto il Presidente alla fuga, spostando il Paese nell’orbita di influenza statunitense ed europea. Il quotidiano israeliano Haa- retz ha riportato gli attacchi antiebraici di Svoboda e Pravyj Sektor che, a Maidan, hanno sventolato bandiere con simboli neonazisti, distribuendo ai manifestanti il Mein Kampf e i Protocolli dei Savi di Sion.

Tutto ciò ha creato una profonda divisio- ne interna nei confronti delle aree russofo- ne (alimentata dal ruolo delle formazioni naziste e dal fatto che la lingua russa era stata cancellata come lingua nazionale (e successivamente ne è stato vietato l’uso in pubblico) facendone la “lingua tagliata”

più grande del mondo, che ha provocato la proclamazione dell’indipendenza (con il russo come lingua ufficiale) delle Repubbli- ca popolare di Donetsk e di Luhansk, che sono state combattute, con una guerra che dura da otto anni, con 14.000 morti, dalle formazioni paramilitari neonaziste, armate e addestrate dalla Nato e finanziate dagli Stati Uniti e dai grandi gruppi finanziari privati ucraini (Battaglione Azov, Donbass, Ajdar, Settore Destro e Svoboda-Partito Nazionalsocialista Ucraino ed altre, auto- nome ma formalmente inquadrate nell’e- sercito ucraino, altrimenti quasi inesisten- te) che, accanto alla bandiera della Nato, recano i simboli nazisti (svastica, sole nero, gancio del lupo), si richiamano il nazista Stepan Bandera.

LA BRIGATA INTERNAZIONALE DI ZELENSKY Intanto il Presidente ucraino Zelensky ha deciso di formare una brigata internazio- nale, aprendone il reclutamento presso le ambasciate nei vari Paesi, compresa l’Italia, che vedranno un afflusso di fascisti da tutta Europa. La guerra in Ucraina è iniziata otto anni fa, con la proclamazione dell’autono- mia e della lingua russa, nativa della grande maggioranza della loro popolazione, a cui è seguita l’immediata aggressione, quoti- diana da ormai otto anni, con un continuo stillicidio di 14.000 morti civili, da parte dei battaglioni neonazisti, sostenuti dal governo, e finanziati, armati e addestrati dagli Stati Uniti ed a cui hanno partecipa- to numerosi fascisti stranieri, compresi gli italiani di Casa Pound e Forza Nuova. S’è così creata una nuova situazione d’un pae- se diviso quasi a metà nella parte europea, fra due parti contrapposte, come nelle due Coree, Germanie, Cipro e, in Italia, come ai tempi fra Repubblica Sociale fascista e il Regno d’Italia.

Inoltre l’Urss aveva concentrato tutti i suoi investimenti in impianti dell’industria pesante nel Donbass, e dunque li ha persi.

La vicenda della Crimea, di lingua russa, è diversa, perché faceva parte della Federa- zione russa, ma Kruscev, ucraino, l’aveva donata nel 1954 all’Ucraina, togliendola alla Russia, ma ciò aveva delle conseguenze solo simboliche, perché non vi erano fron- tiere e faceva sempre parte dell’Urss, ma con la sua fine, nel 1911, la flotta russa sul Mar Nero, con base a Sebastopoli, si ritrovò in un Paese “straniero” e per giunta ostile.

Dopo Maidan il Parlamento della Crimea ha deciso la sua adesione alla Federazione russa, con un referendum, approvato col 96%, mai riconosciuto da Stati Uniti e UE.

Il 2 maggio del 2014 le milizie neonaziste hanno bruciato vivi oltre 50 antifascisti che avevano rinchiuso nella Casa dei

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Sindacati di Odessa, finendo a colpi di spranga quelli che erano riusciti a fuggire.

Se una simile situazione fosse avvenuta in Nordamerica, dove è ancor vivo il ricordo della Guerra di secessione, sicuramente gli Stati Uniti sarebbero subito intervenuti con grande durezza, come è avvenuto anche nella vicenda di Cuba, che però, a differen- za dell’Ucraina con la Russia, non apparte- neva culturalmente e linguisticamente agli Stati Uniti.

L’UE HA IGNORATO LA “QUESTIONE DONBASS”

L’UE non ha mai preso in considerazione la situazione di guerra esistente nel Donbass e non è mai intervenuta per fermarla. Solo Francia e Germania hanno proposto per porre fine alla guerra nell’Ucraina orien- tale, con la loro mediazione sotto l’egida della Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), i Pro- tocolli di Minsk 1 e 2, firmati anche da Russia, Ucraina e repubbliche autonome, che prevedeva l’autogoverno delle repub- bliche di Doneck e Lugansk nell’ambito dell’Ucraina, con uno status speciale at- traverso una riforma costituzionale, lo scioglimento delle bande paramilitari ne- onaziste e la smilitarizzazione e neutralità del Paese. Gli accordi però non sono mai stati applicati perché sono stati rifiutati dagli Stati Uniti, che hanno continuato a finanziare, addestrare ed armare le bande neonaziste, che hanno respinto gli accordi e sono state in grado di imporre le proprie scelte al governo di Kiev, e hanno conti- nuato il massacro dei civili del Donbass autonomo. Hanno commesso anche nu- merosi linciaggi ed eliminazioni di soldati di leva ucraini che si rifiutavano di com- battere. Nato ed UE hanno continuato a procedere sulla strada di una associazione dell’Ucraina, nonostante ciò fosse chiara- mente la premessa del conflitto odierno. Il 16 settembre 2014 il Parlamento europeo ha approvato l’accordo di associazione dell’Ucraina alla UE, che include la zona di libero scambio globale e approfondita (DCFTA) e prevede l’integrazione eco- nomica e l’accesso libero e reciproco al mercato. Nel giugno 2021 la Nato ha con- fermato la decisione presa al vertice di Bu- carest del 2008, sull’adesione dell’Ucraina col Piano d’azione per l’adesione (MAP), e per prepararsi all’ingresso l’Ucraina sta costruendo sul Mar Nero degli impianti bellici secondo gli standard della Nato. La Russia ha detto di ritenere che tali scelte avrebbe messo a repentaglio la sua sicu- rezza, che intendeva tutelare ad ogni co- sto, e chiedeva “garanzie legali”, respinte dalla Nato, sulla neutralità dell’Ucraina, la sua denazificazione e del fatto che non vi siano presenti testate nucleari.

IL DRAMMA UCRAINO E L’ACCERCHIAMENTO DELLA RUSSIA

I timori della Russia sono fondati, se si pensa all’uso fatto dagli Stati Uniti delle organizzazioni fasciste nelle “stragi di sta-

to” in Italia e al ruolo decisivo svolto dagli eserciti neonazisti, ferocemente antirussi, in Ucraina. Dunque l’attuale precipitazio- ne militare in Ucraina è il risultato di una decennale politica di accerchiamento ed isolamento della Russia, perseguita con de- terminazione da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati europei.

Biden e Stoltenberg hanno detto di non voler intervenire militarmente con le proprie truppe in un confronto diretto che potrebbe scatenare, come stava avvenendo per Cuba, la Terza guerra mondiale, dan- do in tal modo il via libera all’intervento russo. Papa Francesco ha detto “l’ira di Dio si scatenerà contro i Paesi che parla- no di pace e poi vendono armi per fare le guerre”. L’Europa, profondamente divisa fra la ricerca di una autonomia di quella occidentale e la completa subalternità alla politica statunitense in funzione antirussa dei paesi dell’est, s’è alla fine arresa alle pretese americane, intervenendo di fatto, pur senza la partecipazione diretta dei propri militari, con l’invio di una notevole massa di armi letali e di finanziamenti, che contraddicono lo statuto della Nato, e, per l’Italia, la Costituzione. Va anche ricorda- to come proprio le inique sanzioni poste dalla Francia alla Germania sconfitta nella Prima guerra mondiale abbiano portato all’avvento del nazismo e alla Seconda guerra mondiale. La Cina, come l’India, s’è espressa contro le sanzioni ma ha tenu- to un atteggiamento assai distaccato, dati suoi interessi economici sia in Russia che in Ucraina.

QUELLE “SANZIONI” CHE NON FERMANO LE GUERRE

L’adozione di sanzioni (in particola- re l’esclusione dallo SWIFT, che è consi- derata la “bomba atomica finanziaria” e il blocco delle riserve estere della Banca

centrale), che non hanno mai fermato le guerre, risulta assai più dannosa per i Pa- esi europei che per la Russia, mentre gli Stati Uniti potrebbero trarne addirittura vantaggio. Biden ha ottenuto, con una sorta di “neotrumpismo”, l’obiettivo di risalire nei consensi elettorali, che erano prima precipitati, di ottenere il sostegno anche dell’elettorato repubblicano, che prima era sull’orlo di una guerra civile, senza esporsi direttamente in un conflitto che sarebbe duramente osteggiato dalla popolazione, ma alzando il tiro contro la Russia, che è ancora considerata il nemico tradizionale nel Paese, col risultato di sca- ricare all’esterno le tensioni che si stavano accumulando nel Paese e di restaurare la sua immagine, gravemente danneggiata dal precipitoso ritiro dall’Afghanistan,. Il successo maggiore sarà però quello di se- parare a lungo, in modo profondo, l’Euro- pa dalla Russia, impedendo così la forma- zione di un polo autonomo europeo non subalterno alla Nato e agli Stati Uniti, e di restaurare la compattezza della Nato, che era già stata giudicata un cadavere da Ma- cron, facendo allineare alle proprie scelte anche quei paesi che hanno costruito, ne- gli ultimi anni, un rapporto con la Russia, come Francia, Germania e Italia.

Il risultato plausibile della guerra po- trebbe essere che, dopo aver conquistato sul campo i propri obiettivi militari, Putin siederà al tavolo delle trattative, ottenen- do sostanzialmente quelle scelte del Pro- tocollo di Minsk che erano state rifiutate, con il riconoscimento dell’annessione del- la Crimea, forse con un corridoio con la Russia, una ampia autonomia delle repub- bliche del Donbass, con qualche aggiu- stamento territoriale ma nel quadro dello Stato ucraino, e il disarmo e la neutralità dell’Ucraina.

Giancarlo Saccoman

NO ALLA GUERRA

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I

n tante e in tanti a Roma per chiedere il

“cessate il fuoco” in Ucraina e dire no alla guerra in tutte le sue forme e in tutti i luoghi del mondo dove porta morte e di- struzione.

La Rete Italiana Pace e Disarmo e le sue Organizzazioni ribadiscono la condan- na dell’azione militare in Ucraina da parte della Federazione Russa esprimendo mas- sima solidarietà alle popolazioni coinvolte e sostenendo tutti gli sforzi della società civile pacifista e dei lavoratori e lavoratrici in Ucraina e Russia che si oppongono alla guerra con la nonviolenza.

La Pace è possibile solo costruendola

con il disarmo, la neutralità attiva, la ri- duzione delle spese militari, il sostegno a forme di trasformazione nonviolenta dei conflitti, il superamento delle alleanze mi- litari, l’opposizione alla militarizzazione e soprattutto proteggendo le persone.

La Rete italiana Pace Disarmo ribadisce che la prima urgenza è quella di fermare le azioni belliche militari e attivare interventi di aiuto umanitario e protezione della po- polazione civile. Per questo chiediamo alla Russia il ritiro delle proprie forze militari da tutto il territorio ucraino e la revoca immediata del riconoscimento dell’indipen- denza delle Repubbliche del Donbass. Deve

essere garantito inoltre un passaggio sicuro alle agenzie internazionali e alle organiz- zazioni non governative al fine di garanti- re assistenza umanitaria alla popolazione coinvolta dal conflitto.

Dobbiamo prodigarci per una cessazio- ne degli scontri con tutti i mezzi della di- plomazia e della pressione internazionale, con principi di neutralità attiva ed evitan- do qualsiasi pensiero di avventure militari insensate e fermando le forniture di arma- menti che non possono certo portare la pace ma solo acuire il conflitto.

Solo così potrà poi partire un vero per- corso diplomatico che possa promuovere percorsi di sicurezza condivisa e soprattut- to possa riportare al centro le scelte demo- cratiche della società civile Ucraina e Rus- sia. Vogliamo costruire insieme un’Europa di pace, senza armi nucleari dall’Atlantico agli Urali.

Per questo ribadiamo il nostro voto contrario”.

L’APPELLO: “SI FERMI LA GUERRA IN UCRAINA CON DISARMO, NEUTRALITÀ ATTIVA, RIDUZIONE DELLE SPESE MILITARI”

“CESSATE IL FUOCO ,

per un’Europa di pace”

PUTIN E “LA NUOVA CORTINA DI FERRO”

La ‘Rete Italiana Pace e Disarmo’ ha coordinato l’organizzazione della manifestazione pacifista del 5 marzo a Roma

Dmitrij Suslov, che dirige il Centro di Studi europei e internazionali presso la Scuola Superiore di Economia di Mosca, ha recentemente spiegato in un’intervista gli obiettivi di Mosca

In un’intervista rilasciata al “Corriere” il 24 febbraio, Dmitrij Suslov – diret- tore del Centro di Studi europei e internazionali presso la Scuola Superiore di Economia di Mosca – ha fornito la versione ufficiale di Mosca sulla dram- matica guerra in corso: “L’obiettivo è un cambio di regime a Kiev, né più, né meno. Putin lo ha detto chiaramente: gli obiettivi sono demilitarizzazione e denazificazione. L’esercito russo vuole prendere il

controllo dell’intero territorio o della maggior par- te di esso. Mosca rifiuta di parlare con il governo ucraino e questo implica che l’operazione militare continuerà e che il risultato che ci auspichiamo è l’emergere di un nuovo Paese. Stiamo vivendo le ultime ore dell’Ucraina come l’abbiamo conosciu- ta in 30 anni. Al suo posto nascerà un Paese che Mosca considererà amico e leale, privo di ideolo- gia nazionalista e in rapporti del tutto diversi con l’Occidente”.

Putin avrebbe deciso questo passo “perché la pa- zienza russa è finita. Putin ha concluso che l’Occi- dente, per cecità o per scelta, ha sistematicamente ignorato le sue preoccupazioni e le sue richieste, di

cui si è parlato per anni, in particolare negli ultimi mesi. Alla luce dell’assoluta mancanza di progressi nell’applicazione degli accordi di Minsk, del rifiuto da parte americana delle garanzie di sicurezza chieste dal Cremlino, del pericolo militare rappresentato dagli attuali rapporti tra gli Usa e l’Ucraina, la Russia ha deciso di risolvere il problema unilateralmente”.

Non c’è dubbio, ha aggiunto Suslov, “che siamo già entrati in una nuova realtà geopolitica, un nuovo stato delle relazioni. Il dopo Guerra Fredda è finito per sempre e siamo dentro una confrontazione a tutto campo con l’Occidente, inclusa l’Unione Europea. Se non è una nuova Cortina di Ferro, ci manca poco.

Lo scontro sarà forte, ci considereremo di nuovo nemici. Tutto ciò purtroppo è vero, ma la leadership russa considera più importante la risoluzione della questione ucraina ed è pronta a pagare il prezzo”.

Il mondo è più grande dell’Occidente, ha ammonito Suslov, “che non lo do- mina più: non c’è dubbio che la Russia sarà po- liticamente isolata dal mondo occidentale e i loro rapporti saranno ostili per molti anni. Ma non ha senso parlare di isolamento russo nella comunità internazionale: le nazioni che gli Usa possono mo- tivare contro la Russia sono una minoranza. Cina, India, Medio Oriente, Africa, America latina non la isoleranno. Pechino non critica Mosca, oggi Lavrov ha parlato con il ministro degli Esteri cinese e non c’è stata una sola critica da parte sua. Forse la Cina non gioisce di fronte a questa azione, ma la sua posizione nei confronti della Russia è amichevole e questo ci aspettiamo dalla maggioranza dei Paesi.

Quanto all’isolamento all’Onu, suvvia, la Russia è membro permanente del Consiglio di Sicurezza”.

NO ALLA GUERRA

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C

iò che emerge dalla discussione eco- nomica e politica di questi giorni è un vuoto di prospettiva disarmante che, probabilmente, sottende un pericoloso la- voro delle lobbies tese a ripristinare vecchi e consolidati processi di potere. Inoltre, la dimensione economica e sociale dei con- tendenti nel conflitto ucraino, prefigurano una nuova geografia economica interna- zionale. Al tavolo da gioco non abbiamo solo l’Europa, gli Stati Uniti e la Russia, ma dobbiamo considerare anche la Cina che, passo dopo passo, ha eroso il potere costi- tuito delle così dette grandi potenze. Il fatto è noto, ma la dimensione molto meno. Se consideriamo il PIL dei paesi OECD (Orga- nizzazione per la cooperazione e lo svilup- po economico), a cui non partecipano né la Cina né la Russia, è facile osservare come e quanto la Cina abbia eroso il “potere” eco- nomico dei così detti grandi dell’economia.

In che misura?

L’Europa, culla di Gutenberg, Leo- nardo, Dante, oppure culla di grandi tra- sformazioni sociali come la Rivoluzione francese, depositaria delle prime democra- zie come quella greca e romana (si pensi al diritto romano), è diventata nel tempo sempre più residuale nel consesso interna- zionale. C’è tanto rumore e fragore rispetto a quanto accade in Europa e in particolare in Ucraina, ma indipendentemente dal giu- dizio (morale) che ognuno di noi può avere dei contendenti, in generale penso male di tutti, emerge l’inadeguatezza di struttura europea, nascosta dalla prosopopea del- le parole. In altri termini, l’Europa non è grande quanto gli Stati Uniti e la Cina e, allo stesso tempo, è diventata partener energetico/economico della Russia. L’Euro- pa, alla fine, è costretta dagli eventi esterni a scegliere da che parte stare senza la possi- bilità di assumersi un qualsiasi ruolo politi- co, economico e di prospettiva.

Penso che il conflitto ucraino, comunque finirà, disegnerà una geografia economica inedita; l’Europa, vittima della sua arrogan- za e degli interessi parziali, è una compar- sa che vive solo dell’immagine riflessa dei

protagonisti che, per intenderci, non credo siano la Russia e gli Stati Uniti, piuttosto la Cina e gli Stati Uniti. Non si rischia la terza guerra mondiale per limitare il ruolo della Russia, sebbene quest’ultima abbia nei fatti aperto il conflitto, piuttosto si delinea una potenziale divisione del mondo nel mentre si delinea una rivoluzione tecno-economica ambientale che non ha precedenti storici.

Chi e come governerà questa transizione di paradigma sarà il “contratto” che le parti in commedia vorranno recitare. La così det- ta dipendenza energetica europea dalla Rus-

sia è un bel pretesto per riconsegnare (anco- ra) l’Europa all’emisfero occidentale. Il fatto è ancor più inspiegabile se consideriamo che da tempo l’Europa avrebbe avviato una del- le sfide energetiche che potevano (possono) riscrivere il ruolo e il peso di alcuni settori economici. La così detta decarbonazione eu- ropea (FIT for 55)1 assegnerebbe all’Europa un ruolo inedito nel consesso internaziona- le, ma la guerra ha derubricato questa sfida a pura appendice di quella che poteva essere una crescita economica e tecnologica capa- ce di misurarsi con i più importanti player internazionali (Stati Uniti e Cina in partico- lare). Infatti, i consumi finali di energia per abitante dell’UE a 28 sono stabili se non in calo dal 19902. Questo andamento restitu- isce il netto miglioramento della così detta intensità energetica per unità di prodotto3, un fenomeno economico che rende la cre- scita e il ben-essere sempre più dipendente dal sapere e dalla conoscenza rispetto all’ap- provvigionamento di energia, gas e, peggio ancora, carbone.

Servirebbe una burocrazia non ostile

La Russia, l’Ucraina e una nuova GEOGRAFIA ECONOMICA

Le grandi sfide di struttura scivolano nel tempo? Il quesito è decisivo e ci interroga tutti. In un vuoto di prospettiva disarmante che, probabilmente, sottende un pericoloso lavoro delle lobbies tese a ripristinare vecchi e consolidati processi di potere

NO ALLA GUERRA

Consumi finali di energia per abitante nelle maggiori economie UE28. Anni 1990-2019 (tep/abitante)

Consumo energetico finale del settore industriale in Italia. Dettaglio per fonte, anni 1990-2019 (Mtep)

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alla produzione di energia da fonti rin- novabili4; servirebbe un piano energetico europeo teso a rendere autonoma quest’a- rea economica dalla variabilità internazio- nale nell’approvvigionamento di energia.

Vogliamo comparare la stabilità di prezzo e prospettiva della produzione di energia dalle rinnovabili rispetto alla stabilità delle fonti fossili? Se qualcuno in passato ha tentato di deridere l’instabilità del sole e del vento, quasi che il sole e il vento fossero fenome- ni instabili, possiamo ben osservare che la stabilità politica della Russia, del Medio Oriente e del nord d’Affrica sono certamen- te maggiori rispetto ai fenomeni naturali sopra esposti.

Nel frattempo, sarebbe cresciuta l’infla- zione dei prezzi al consumo. I più attribuisco- no questo fenomeno alla crescita dei così det- ti costi negli approvvigionamenti energetici.

La realtà è un’altra. I prezzi alla produzione sono ormai stabili da anni, financo nel 2021 che combinerebbe due fenomeni, cioè un

rimbalzo molto veloce della crescita del PIL e della crescita dei prezzi energetici. Quindi la produzione non ha risentito e mutato i pro- pri prezzi. Sono aumentati invece i prezzi al consumo. Facile imputare questa crescita dei prezzi al consumo all’aumento del prezzo del petrolio al barile, ma la differenza tra prezzi alla produzione e prezzi al consumo restitui- sce un altro e ben più grave fenomeno: qual- che società ha realizzato extraprofitti, con la complicità del Governo che ha anche stanzia- to denaro pubblico per ridurre le bollette alle imprese e alle famiglie, evitando accurata- mente di colpire gli extraprofitti che, guarda caso, sono maturate anche e soprattutto nelle così dette partecipate. Per intenderci, il Go- verno non ha voluto condizionare il mercato perché non poteva o non voleva rinunciare alle entrate straordinarie realizzate proprio dalle proprie partecipate.

L’Italia ha ancora una forte dipendenza dalle fonti fossili ed è un fatto incontestabi- le, ma nel tempo è riuscita a disaccoppiare

crescita ed energia grazie e soprattutto alla generazione di energia da fonti rinnovabi- li. La stessa cosa è accaduta in Europa. Per strano che possa sembrare, l’attuale prezzo del gas e del petrolio, ormai ben sopra ai 100 dollari al barile, rendono la produzio- ne di energia da fonti rinnovabili non solo conveniente in termini di bilancia commer- ciale, ma anche in termini di costo. L’ener- gia da fonti rinnovabili costa 2/3 meno di quella da fonti fossili. Se il governo Draghi avesse fatto una riforma di struttura vera, tra le altre cose legate al PNRR, in meno di un anno avremmo l’energia sufficiente per compensare quanto accade in Ucraina.

Ovviamente ci siamo precipitati (intendo l’Europa) a ringraziare gli Stati Uniti per la fornitura eccezionale di gas liquefatto.

In fondo, liberarsi dai poteri costituiti e di- ventare un soggetto (europeo) economico e politico autonomo è un esercizio di grande responsabilità. Meglio rifugiarsi nell’ecce- zione dello stato di emergenza che, tra le altre cose, non era mai stato proclamato (almeno in Italia e in Europa) nemmeno durante la crisi delle torri gemelle, degli attentati terroristici, nella guerra nella ex Jugoslavia e durante la guerra in Iraq.

Con gli effetti della guerra ucraina l’Eu- ropa si gioca la sua autonomia energetica, politica e di ben-essere. Potevamo essere neutri e responsabili rispetto alla Russia, alla Cina e agli Stati Uniti. Conveniva a quasi tutti, sebbene non a tutti. Utilizzando una battuta di John Belushi in Animal house (“Quando il gioco si fa duro, i duri comin- ciano a giocare”), possiamo ben dire che l’Europa non fa parte dei duri.

Roberto Romano

1 European Commission, 2021, Fit for 55’: delivering the EU’s 2030 Climate Target on the way to climate neutrality.

2 Indiscutibilmente la crisi del 2008 e poi quella dei debiti sovrani del 2014 hanno concorso a questa tendenza, ma da tempo si osservava un disaccoppiamento tra crescita del Pil e crescita di energia.

3 Rapporto tra Consumo Interno Lordo (di energia) e Prodotto Interno lordo = CIL/PIL.

4 Regole e procedure che portano i tempi medi per ottenere l’au- torizzazione alla realizzazione di un impianto eolico, ad esem- pio, a 5 anni contro i 6 mesi previsti dalla normativa. Tempi infiniti per le imprese, ma anche e soprattutto per la decarbo- nizzazione, che ha bisogno di un quadro normativo, composto di regole chiare, e semplici da applicare, e che diano tempi certi alle procedure ma anche di linee guida che indichino come le diverse tecnologie debbano essere realizzate pensando sia agli obiettivi di decarbonizzazione nel 2050 sia al modo migliore di integrarle nei territori.

NO ALLA GUERRA

Intensità energetica finale per settori (Intensità energetica, tep/€2015)

Progetto Lavoro

Periodico dell’Area ‘Democrazia e Lavoro’ Cgil Collettivo redazionale

Bahram Asghari, Gloria Baldoni, Antonio Morandi, Nicola Nicolosi, Gianni Paoletti, Paolo Repetto (Coordinatore), Fulvio Rubino, Adriano Sgrò

Notizie, articoli e iniziative vanno inviati alla seguente e-mail:

democrazialavoro@cgil.it

Allo stesso indirizzo è possibile indicare gli indirizzi e i recapiti ai quali si desidera venga inviata la newsletter.

https://www.facebook.

com/Democrazia-e-Lavoro- CGIL-716876725014804/

@Pro_Lavoro_Cgil

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NO ALLA GUERRA

L

a guerra è un tragico catalizzatore. È la più grande politica di destra. Spegne il pensiero, la ragione, lo spirito critico.

Alimenta istinti primordiali di sopraffa- zione, il tribalismo, lo sciovinismo. Arruo- la, inquadra, schiera, arma. “Noi” contro

“loro”.

Dall’altra parte, induce donne e uomi- ni di buona volontà a combattere con le armi spirituali della scelta etica, della cul- tura e della politica i soliti malvagi poteri che traggono profitto dalla guerra. Contro chi vuole sempre dominare, egemonizzare, contro i mercanti d’armi, il sempre attivo e feroce complesso militare-industriale.

Donne e uomini, la migliore umanità.

La pace è sempre “pane, pace, lavoro”. È sempre a difesa dei deboli, di chi subisce morti, patimenti, distruzioni, stupri.

1. È in corso l’immane ipocrisia e la ri- buttante retorica dei sempiterni “valori occidentali”, della libertà e della demo- crazia, delle guerre umanitarie, della missione civilizzatrice dell’Europa, de- gli Usa e della Nato contro i barbari di sempre. Nell’Est e nel Sud del mondo.

Prima contro i “comunisti” e poi sem- plicemente contro i “russi”.

La mente colonizzatrice agisce sempre, dalle Crociate alle nefandezze dell’o- locausto IndoAfroAmericano, al colo- nialismo e all’imperialismo dell’epoca moderna.

I mass media si sono scatenati qui in Europa, in Occidente, con i giornalisti

“democratici” in prima fila. A incitare, a disinformare, a reclutare. Un’impressio- nante manipolazione è dispiegata. L’im- pero del bene contro l’impero del male.

Il baraccone massmediatico costituisce un braccio armato indispensabile.

Il barbaro, folle, ultracorrotto, despota, Hitler contemporaneo, Putin è il ber- saglio. È la Russia che minaccia l’Oc- cidente e non il contrario. La Nato es- sendo un pacifico consorzio di pacifici signori i quali, per esempio, ogni anno tengono manovre chiamate “Defender Europe”. Nell’ultima, maggio 2021, per due mesi, attorno alla Russia, 28.000

soldati e migliaia di mezzi, blindati, ae- rei, navi. La motivazione delle manovre

“contro una possibile aggressione in Europa da parte della Russia”.

2. Un poco di storia come retroterra. La Nato e l’atlantismo non hanno alcuna ra- gione d’essere. Allora. Ancor più dopo la fine dell’Urss e del cosiddetto socialismo reale nel 1991. È organismo sovranazio- nale di offesa. Contro l’Est, allora e oggi, e contro il Sud del mondo oggi. A guida e controllo totale Usa. Ed è lo strumento degli Usa per tenere l’Europa sotto scacco e ben schierata dietro di essa.

Con la fine dell’Urss, gli Usa e l’Occi- dente hanno voluto stravincere. Con lo smembramento dell’Unione Sovietica e con l’incitamento nazionalistico (come avverrà poi in Jugoslavia). Con il cor- rotto Boris Eltsin, a loro asservito, e con le bande oligarchico-mafiose imperver- santi nei tragici dieci anni 1991-2000. A causa del capitalismo selvaggio e della rovina di molta parte della popolazione russa. Umiliando letteralmente quel- la parte del mondo. Ha detto recente- mente l’ammiraglio tedesco Kay-Achim Schönbach “Putin e la Russia chiedono rispetto”. Semplice. Lo stesso ammira- glio subito fatto dimettere.

Il nostro Draghi, l’Unione Europea e il baraccone massmediatico all’unisono “la prima guerra in Europa dopo la seconda guerra mondiale”. Totalmente falso.

Nel 1999 la Nato a guida Usa, compre- sa l’Italia dell’allora governo D’Alema, aggredirono la Jugoslavia di Milosevicˇ,

ormai ridotta alla sola Serbia. La giusti- ficazione fu la “guerra umanitaria” con- tro i serbi a difesa del Kosovo. 78 giorni di bombardamenti con 1.100 aerei, Usa e italiani in primo luogo. Bombarda- ta Belgrado e nessuna immagine della popolazione terrorizzata nelle cantine.

Come si fa oggi abbondantemente con gli ucraini. Ma i serbi erano “cattivi”, gli ucraini sono “europei” e buoni.

Nel tempo, la Nato si è allargata ai pae- si ex Patto di Varsavia. Accerchiamento della Russia e grandi commesse militari da parte di questi paesi a vantaggio Usa.

Mancava l’Ucraina.

Nel 2014 si inscena l’ennesimo “colpo di stato democratico” contro il presidente democraticamente eletto Janukovycˇ in Piazza Majdan a Kiev. Filorusso e quindi da eliminare. Con regia della Cia e con protagonisti i nazisti di Settore Destro e di Svoboda (dal nome di Stepan Svo- boda, capo dei feroci collaborazionisti ucraini dei nazisti tedeschi nel 1941.

Ogni anno nella innocente Ucraina si tengono sfilate per onorarlo).

Henry Kissinger dall’alto del suo sini- stro realismo politico, in un articolo dello stesso 2014, metteva in guardia dal non portare la Nato sotto casa della Russia e di lasciare l’Ucraina come stato cuscinetto. Nel Donbass, la popolazione russofona nello stesso 2014 si ribella. La guerra nel Donbass ha fatto 14/15.000 morti e con protagonisti i nazisti del Battaglione Azov inquadrati nella Guar- dia Nazionale ucraina. Costoro hanno ammazzato vecchi inermi e hanno com- piuto la strage di Odessa, dando fuoco alla sede del sindacato nella quale erano rinchiuse senza scampo 41 persone.

3. Putin e la Russia agiscono da puro re- alismo politico. Da stato-nazione e da richiamo nazionale e nazionalistico del ruolo storico svolto nel passato, dall’im- pero zarista e dalla potenza dell’Urss, o da svolgersi oggi e domani. Molto revan- scismo dell’umiliazione subita. Nessuna giustificazione della guerra. Ma almeno la comprensione dei processi storici che determinano questi esiti nefasti.

4. Occidente contro Oriente e contro Sud.

Prima la Russia, poi verrà la Cina. Armi all’Ucraina. La Germania si riarma, l’I- talia sempre obbediente manda armi.

Non arruoliamoci e adoperiamoci per un mondo multipolare antiegemonico.

Dove ogni popolo e ogni stato-nazione possano contare.

Giorgio Riolo

E’ IN CORSO L’IMMANE IPOCRISIA E LA RIBUTTANTE RETORICA DEI SEMPITERNI “VALORI OCCIDENTALI”

La guerra? GUARDA SEMPRE a destra

Spegne il pensiero, la ragione, lo spirito critico.

Alimenta istinti primordiali di sopraffazione, il

tribalismo, lo sciovinismo. Arruola, inquadra, schiera,

arma. “Noi” contro “loro”

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L

e direzioni unitarie di FENEAL UIL, FILCA CISL, FILLEA CGIL in seguito alla “due giorni” di trattative convo- cata per il 2 e 3 marzo dall’Ance e dall’Al- leanza delle Cooperative per il rinnovo del contratto nazionale dell’edilizia Industria e Cooperative, settore sempre più trainante rispetto alla ripresa economica del Paese, hanno ribadito le priorità del settore.

“L’Ance e tutte le associazioni datoria- li devono accettare fino in fondo la sfida di qualificare il settore e le imprese, anche a tutela delle tante aziende serie, qualificando

prima di tutto il lavoro, la sua sicurezza, la sua qualità, la necessaria professionalità”:

così i Segretari Generali di FENEAL UIL, FILCA CISL, FILLEA CGIL, Vito Panza- rella, Enzo Pelle e Alessandro Genovesi, al termine della riunione.

“Passi avanti ne sono stati infatti in que- ste settimane di confronto, in particolare su formazione professionale, salute e sicurezza e sul contrasto al lavoro irregolare e al dum- ping, ma – continuano i sindacati confedera- li dell’edilizia – se vogliamo redistribuire la significativa crescita che, tra bonus e PNRR,

il settore sta conoscendo e se vogliamo es- sere sempre più attrattivi per operai, impie- gati e tecnici, in particolare per i più giova- ni, dobbiamo riconoscere aumenti salariali importanti. Un giusto riconoscimento, coe- rente anche con la continua richiesta delle imprese a Governo e Stazioni Appaltanti per adeguare i prezzi dei materiali, ma anche un investimento sul futuro, sulle lavoratrici e lavoratori tanto necessari oggi per sostenere la domanda di rigenerazione e le opere pre- viste dal PNRR, dal Fondo Complementare e dal nuovo ciclo di fondi europei”.

“Questo ci aspettiamo – concludono Panzarella, Pelle e Genovesi – e su questo siamo e saremo impegnati per giungere ad una conclusione positiva di un rinnovo che, complessivamente, riguarda oltre un milione di addetti e che vede il settore, più di altri, beneficiare di consistenti incentivi e risorse pubbliche. Mai come oggi, gli au- menti salariali qualificheranno questo rin- novo, alla luce sia degli aumenti inflattivi sia della forte crescita del settore”.

CCNL EDILIZIA: “Aumenti salariali siano significativi”

Feneal-UIL, Filca-CISL e Fillea-CGIL rivendicano un rinnovo contrattuale di qualità, perché “l’Ance e tutte le associazioni datoriali devono accettare la sfida di qualificare il settore e le imprese”

Soddisfazione dei sindacati delle costruzioni per l’accordo sottoscritto, alla presenza del Ministro del Lavoro Orlando, tra Autostrade per l’Italia e le segreterie nazionali di FenealUil, Filca-Cisl, Fillea-Cgil, Uiltrasporti, Fit-Cisl, Filt-Cgil, Sla-Cisal e Ugl-Viabilità.

L’accordo, che riguarderà 9mila lavoratori delle aziende del gruppo e altrettanti dell’indotto, di cui almeno 3mila edili, “rappresenta il primo protocollo di gruppo in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, che si colloca all’interno di un’azione a tutto campo che ci ha visti in prima linea su questo fronte, dai protocolli siglati presso il Mit per le opere del PNRR alla costituzione di un osservatorio sulla sicurezza presso il MIMS”, dichiarano Vito Panzarella, Enzo Pelle, Alessandro Genovesi, Segretari Generali Feneal Filca Fillea.

“Con l’accordo - proseguono - le Parti si sono impegnate a realizzare una serie di iniziative innovative e buone pratiche, ricomponendo e affermando nel cantiere Aspi una “filiera della sicurezza”, che agirà ai diversi livelli e con il coinvolgimento di tutti i soggetti, a cominciare dagli Rls e dalle rappresentanze sindacali. Si punterà sulla formazione, con il coinvolgimento del nostro sistema bilaterale e la costituzione di una Safety Academy, e sul coinvolgimento diretto dei lavoratori, che potranno avvalersi della “Stop Work Authority”, la facoltà di interrompere il lavoro se si ritiene che vi siano pericoli per l’incolumità o la salute, propria o dei colleghi.”

“Abbiamo inoltre chiesto e ottenuto da Aspi - proseguono i sindacati - l’impegno nell’ambito degli affidamenti pubblici a far rispettare alle imprese affidatarie il rispetto del contratto edile a tutti i lavoratori dei subappaltatori e la definizione di un meccanismo di valutazione dei

fornitori e subappaltatori che tenga conto anche di specifici indicatori relativi alla sicurezza e alla salute dei lavoratori. Un impegno concreto a qualificare la filiera e garantire che le imprese che vogliono lavorare per il gruppo Autostrade rispondano a standard di qualità elevati anche e soprattutto in termini di sicurezza”, concludono i sindacati, ricordando come quello di oggi rappresenti l’ennesimo “importante tassello di un percorso di qualità del settore e di qualificazione delle imprese, avviato negli ultimi anni con importanti provvedimenti governativi, dalla parità di trattamento tra lavoratori in appalto e lavoratori in subappalto al Durc di Congruità, dagli accordi sulla gestione delle opere Pnrr alle nuove norme sulla salute e al recente decreto sugli incentivi per l’edilizia legati alla corretta applicazione del contratto di settore”.

AUTOSTRADE, SOTTOSCRITTO PROTOCOLLO DI SICUREZZA INTEGRATO DI FILIERA

CATEGORIE

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MARZO

2022

evento nazionale

protagonismo protagonismo

donne ripresa donne ripresa lavoro qualità

lavoro qualità

sicurezza sicurezza

Presenta e coordina Monica Setta,

conduttrice di Unomattina in Famiglia Saluto

Prof. Tiziano Treu Presidente del Cnel

1° Panel “LOTTA ALLA PRECARIETÀ”

Apre

Ivana Veronese

Segretaria Confederale UIL

“Part-time Involontario”

Ceglie Rosanna

delegata Spazio Conad Fisascat-Cisl

“I numeri”

Linda Laura Sabbadini Direttrice centrale Istat

“Contratti a tempo determinato”

Auli Pambianco

somministrata Nidil-Cgil Conclude

Luigi Sbarra

Segretario Generale Cisl

2° Panel “SICUREZZA E PREVENZIONE”

Apre Susanna Camusso

Responsabile delle politiche di genere Cgil

“Sicurezza sul lavoro”

Giuseppina Fiore

RSU GA Operations Uiltec

“La prevenzione”

Dott.ssa Giuseppina Bosco Centro di Prevenzione

“Molestie nei luoghi di lavoro”

Lisa Di Cesare

Psicologa delegata FP-Cisl Conclude

PierPaolo Bombardieri Segretario Generale Uil 3° Panel “PNRR”

Apre Daniela Fumarola

Segretaria Confederale Cisl

“Contrattazione negli appalti in base alle linee guida”

Anna Lorena Fantini RLST Fillea-Cgil

“Le Linee guida tra luci ed ombre”

Silvia Ciucciovino

Ordinaria di Diritto del lavoro Università Roma 3

“Contrattazione sociale”

Daniela Brandino Uilp

Conclude

Maurizio Landini Segretario Generale Cgil

Cnel 9.30 - 12.30

Webinar:

Webinar:

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