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Diario quotidiano del 25 maggio 2015: esenzione IMU 2015 relativa ai terreni montani e parzialmente montani

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Diario quotidiano del 25 maggio 2015: esenzione IMU 2015 relativa ai terreni montani e parzialmente montani

Pubblicato il 25 maggio 2015

é Legge il nuovo falso in bilancio; fatture false: non è condannabile l’ex amministratore di società;

in G.U. il decreto sull’indicizzazione delle pensioni; periodo d’imposta 2014: revisione congiunturale degli studi di settore in G.U.; esenzione IMU 2015 relativa ai terreni montani e parzialmente montani: nota Ifel; fondo di solidarietà per il sostegno dell’occupazione e del reddito del personale del credito cooperativo; trattamento di disoccupazione in favore dei lavoratori rimpatriati;

regolamentazione comunitaria: disposizioni in materia di disoccupazione

Indice:

1) E’ Legge il nuovo falso in bilancio

2) Fatture false: non è condannabile l’ex amministratore di società 3) In G.U. il decreto sull’indicizzazione delle pensioni

4) Periodo d’imposta 2014: revisione congiunturale degli studi di settore in G.U.

5) Esenzione IMU 2015 relativa ai terreni montani e parzialmente montani: nota Ifel 6) Fondo di solidarietà per il sostegno dell’occupazione e del reddito del personale del credito cooperativo

7) Trattamento di disoccupazione in favore dei lavoratori rimpatriati

8) Regolamentazione comunitaria: disposizioni in materia di disoccupazione

1) E’ Legge il nuovo falso in bilancio

Il 21 maggio 2015 é stato approvato in via definitiva dalla Camera, il testo contiene anche i criteri per la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Le false comunicazioni sociali tornano a essere un delitto punito con il carcere.

E’ “stretta” nei confronti dei dipendenti (corrotti) della pubblica amministrazione, mentre, invece, si consentono sconti di pena per chi collabora nelle indagini.

Il disegno di legge anticorruzione, appena approvato, reintroduce tra l’altro il delitto di falso in bilancio, nonché obbliga i condannati a restituire il maltolto e rinforza i poteri dell’Anac, l’Autorità che combatte i fenomeni illeciti. Se la società è quotata, chi commette il falso in bilancio rischia la reclusione da 3 a 8 anni; se non quotata, da uno a 5 anni; si procede sempre d’ufficio, a meno che non si tratti di piccole società non soggetto al fallimento, per le quali vale una sanzione ridotta (da 6 mesi a 3 anni), e la sanzione è ridotta anche nel caso di fatti di lieve entità, mentre è prevista la non punibilità per gli illeciti di particolare tenuità. Quanto alla

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responsabilità amministrativa degli enti, raddoppiano le sanzioni pecuniarie (fino a 600 quote nel caso di società in borsa e a 400 per le non quotate). Aumentano, poi, le pene per i principali reati contro la pubblica amministrazione: peculato (da 4 a 10 anni e 6 mesi), corruzione propria (da 6 a 10 anni) e impropria (da uno a 6 anni), induzione indebita (da 6 a 10 anni e 6 mesi), e per la corruzione in atti giudiziari (da 6 a 12 anni nell’ipotesi base), la pena può salire fino a 20 nei casi più gravi.

2) Fatture false: non è condannabile l’ex amministratore di società

Fatture false senza reato. Non rischia una condanna per dichiarazione fraudolenta l’ex amministratore delle società anche se ha registrato, quando era ancora in carica, le fatture false. Il reato si consuma infatti con la presentazione del modello. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 21025 del 21 maggio 2015, ha accolto annullando con rinvio la condanna inflitta a un imprenditore la cui azienda aveva esposto in bilancio costi fittizi, mediante l’uso di fatture false. Per Suprema Corte, sezione penale, infatti, non risponde del reato di cui all’art. 2 DLgs 74/2000, neppure a titolo di tentativo, l’amministratore di una società il quale, dopo aver acquisito e registrato una fattura per operazione inesistente, sia cessato dalla carica prima della presentazione della dichiarazione fiscale per la cui redazione la medesima fattura sia stata poi utilizzata dal suo successore.

Rischia il rappresentante fiscale l’Italia di società estere

Il rappresentante fiscale per l’Italia di società estere è responsabile per l’evasione Iva al pari dell’imprenditore. Su di lui incombono infatti tutti gli obblighi relativi alla dichiarazione e al versamento dell’imposta.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 21044 del 21 maggio 2015, ha confermato la condanna a carico di un 44enne, accusato, in qualità di rappresentante fiscale in Italia di società estera, di non aver versato l’Iva.

3) In G.U. il decreto sull’indicizzazione delle pensioni

Al sicuro le pensioni fino a 1.500 euro, fuori dalla rivalutazione gli onorevoli.

Alle prime pensioni, infatti, la nuova perequazione non fa tagli riconoscendola in misura piena (100% Istat) per il passato, per il presente e per il futuro. Gli onorevoli, invece, e quanti intascano vitalizi per una carica elettiva, dovranno includere questa rendita nel calcolo del limite della pensione ai fini del riconoscimento dell’indicizzazione che, in ogni caso, spetta fino a 3 mila euro (e i vitalizi, in genere, sono d’importo superiore).

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Lo dispone il D.L. n. 65/2015 pubblicato nella G.U. n. 116 del 21 maggio 2015. Per le altre pensioni è rivoluzione: sarà recuperato il biennio 2012-2013, ma per il biennio 2014-2015 si restituirà parte della rivalutazione già attribuita. La nuova perequazione.

È l’art. 1 a disciplinare la nuova perequazione, con queste novità:

– riformulazione delle misure di perequazione per gli anni 2012-2013;

– estensione della perequazione 2012-2013 al biennio 2014-2015, ma in misura ridotta del 20%

per i trattamenti oltre tre volte il minimo Inps;

– estensione della perequazione 2012-2013 a decorrere dal 2016, ma in misura ridotta del 50%

per i trattamenti oltre tre volte il minimo Inps;

– inclusione dei vitalizi derivanti da uffici elettivi nel calcolo dell’importo dei trattamenti ai fini della perequazione.

Latte: comunicazioni in via telematica

Finite le quote latte, restano per gli stati membri le comunicazioni obbligatorie su latte prodotto, acquisti e vendite dirette. Da effettuare in via telematica tramite il Sian, Sistema informativo agricolo nazionale, in cui una banca dati conterrà tutte le informazioni relative a primi acquirenti e produttori. È quanto prevede il DM 7/4/2015 pubblicato nella G.U. n. 115/2015, in vigore dal 21 maggio 2015, che definisce le modalità applicative degli obblighi derivanti dal regolamento Ue 1308/2013 art. 151. Con la cessazione del regime delle quote latte (1° aprile 2015), infatti, gli obblighi di comunicazione relativi al latte e ai prodotti lattiero-caseari rientrano nella disciplina della organizzazione comune di mercato (Ocm) prodotti agricoli.

4) Periodo d’imposta 2014: revisione congiunturale degli studi di settore in G.U.

E’ stato pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale n. 116 del 21 maggio 2015, il D.M. 15 maggio 2015 del Ministero dell’Economia e delle finanze, che approva la revisione congiunturale speciale degli studi di settore per il periodo d’imposta 2014. La revisione, approvata in base all’art. 8, D.L. n. 185/2008, interessa gli studi di settore relativi alle attività economiche nel settore delle manifatture, dei servizi, delle attività professionali e del commercio, al fine di tener conto degli effetti della crisi economica.

Sono state apportate modifiche all’analisi di normalità economica e sono stati introdotti specifici correttivi, che tengono conto di alcune grandezze e variabili economiche e delle relative relazioni, modificate a seguito della crisi economica verificatasi nel corso del 2014, tra cui:

– le contrazioni più significative dei margini e delle redditività;

– il minor grado di utilizzo di impianti e macchinari;

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– le riduzioni dell’efficienza produttiva;

– gli andamenti congiunturali negativi intervenuti nell’ambito dei diversi settori, anche in relazione al territorio;

– la ritardata percezione dei compensi da parte degli esercenti attività di lavoro autonomo a fronte delle prestazioni rese.

Nell’ambito delle analisi predisposte per la revisione congiunturale speciale, è stato quindi predisposto un apposito studio sull’analisi dell’efficienza produttiva per 193 studi di settore, con l’esclusione dei 12 studi relativi alle attività professionali che applicano funzioni di compenso basate sul numero degli incarichi.Dalle analisi effettuate è stato riscontrato che, per l’anno 2014, le attività economiche soggette agli studi di settore sono state caratterizzate da una riduzione dell’efficienza produttiva, rispetto al triennio precedente, a seguito della riduzione dei ricavi/compensi e del minor grado di utilizzo dei fattori produttivi impiegati.

L’elaborazione dei correttivi congiunturali di settore, inoltre, è stata effettuata per tutti i 204 studi in vigore per il periodo d’imposta 2014; in particolare, sono state esaminate le riduzioni delle tariffe per i 12 studi relativi alle attività professionali che applicano funzioni di compenso basate sul numero degli incarichi e la contrazione dei margini e della redditività per gli altri 193 studi.

Dalle analisi è emerso infatti che gli studi sono stati caratterizzati nel 2014 da una riduzione dei margini economici e della redditività. Per tale motivo, per 193 studi il correttivo congiunturale di settore tiene conto della riduzione di margini e redditività e del minor grado di utilizzo di impianti e macchinari.

Peraltro, per l’applicazione di un correttivo sarà necessario riportare i dati strutturali degli ultimi tre anni. In particolare, andranno introdotti dati e informazioni (triennio 2011/2013) necessari per adeguare la propria situazione di crisi, rispetto alle risultanze degli studi di settore.

5) Esenzione IMU 2015 relativa ai terreni montani e parzialmente montani: nota Ifel Imu agricola, la riduzione è fissa. Una nota pubblicata il 22 maggio 2015 sul sito internet dell’Ifel chiarisce che la nuova detrazione di 200 euro prevista per i terreni agricoli ex montani spetta al coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale, indipendentemente dal numero di terreni condotti e dalla percentuale di possesso.

L’importo di 200 euro va detratto “dall’imposta dovuta”, che a sua volta deve essere determinata in base al D.L. 201/2011. Ciò comporta che la detrazione non si riferisce né ai singoli terreni né alle quote di possesso degli stessi, ma è fissa e spetta al singolo coltivatore diretto o Iap, indipendentemente dal numero di terreni condotti e dalla percentuale di possesso degli stessi. Resta l’obbligo di presentazione della dichiarazione Imu anche per i casi di

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esenzione.

Le esenzioni previste a decorrere dal 2015

Il Dl n. 4 del 2015 (convertito con legge 24 marzo 2015, n. 34) detta la disciplina delle esenzioni e delle agevolazioni per i terreni montani e parzialmente montani da applicare a decorrere dal 2015. Il decreto in questione, come noto, ha anche modificato i criteri di esenzione inizialmente stabiliti con il decreto interministeriale del 28 novembre 2014, fondati sull’altitudine al centro del Comune, disponendo altresì il versamento dell’intera Imu 2014 entro il 10 febbraio 20151.

Per quanto riguarda la disciplina “a regime”, a decorrere dall’anno 2015 l’esenzione Imu prevista dall’art. 7, co. 1, lett. h) del D.lgs. n. 504 del 1992, applicabile in Imu in forza del rinvio operato dall’art. 9, co. 8 del D.lgs. n. 23 del 2011, spetta:

a) ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, ubicati nei comuni classificati totalmente montani di cui all’elenco dei comuni italiani predisposto dall’ISTAT (art. 1, co. 1, lett. a) del Dl n.

4 del 2015);

b) ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, ubicati nei comuni delle isole minori di cui all’allegato A della legge n. 448 del 2001 (art. 1, co. 1, lett. a-bis) del Dl n. 4 del 2015);

c) ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all’art. 1 del D.lgs. n. 99 del 2004, ubicati nei comuni classificati parzialmente montani di cui allo stesso elenco ISTAT (art. 1, co. 1, lett. b) del Dl n. 4 del 2015).

Le prime due forme di esenzioni sono oggettive, nel senso che spettano indipendentemente dalla qualifica del soggetto possessore. Pertanto, nei Comuni montani e nei Comuni delle isole minori, l’esenzione opera per tutti i terreni, coltivati o non coltivati, da chiunque posseduti.

Nei Comuni parzialmente montani, invece, l’esenzione è condizionata al possesso dei terreni da parte di un coltivatore diretto o imprenditore agricolo iscritto alla previdenza agricola. Pertanto, nel caso di terreno posseduto da soggetto diverso da CD o IAP, questo sarà sempre soggetto ad imposizione, senza alcuna agevolazione.

L’art. 1, co. 1, lett. b) del Dl n. 4 del 2015 estende l’esenzione prevista per i terreni ubicati nei Comuni parzialmente montani anche all’ipotesi di concessione degli stessi in comodato o in affitto a CD o IAP. L’esenzione in questione opera a condizione che il possessore sia comunque egli stesso un CD o IAP iscritto alla previdenza agricola.

Il Ministero dell’economia al riguardo ha precisato, nella risoluzione n. 2/DF del 3 febbraio 2015, che «la disposizione fiscale non è suscettibile di intervenire sulle condizioni richieste dalla normativa di settore diretta a stabilire i requisiti per la qualifica di CD o IAP, iscritto nella previdenza agricola, con la conseguenza che, per applicare l’estensione di cui alla lett. b) in commento, è

necessario che il concedente possieda e conduca almeno un altro terreno». Tale precisazione sembra richiamare l’esigenza che, affinché risulti applicabile l’estensione del beneficio al caso di

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concessione in affitto o comodato del terreno da parte di un CD o IAP, il beneficio stesso debba risultare già applicato al contribuente e non possa sorgere esclusivamente per effetto della concessione stessa. L’autorevolezza della fonte merita la più accurata considerazione, anche se sulla base della lettera normativa l’ulteriore requisito non sembra espressamente menzionato.

La nuova detrazione di 200 euro

In sede di conversione in legge del Dl n. 4 del 2015 è stato introdotto il co. 1-bis dell’articolo 1, il quale prevede “a decorrere dall’anno 2015” una nuova detrazione di euro 200 da applicare all’“imposta dovuta per i terreni ubicati nei comuni di cui all’allegato 0A, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all’articolo 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola, determinata ai sensi dell’art. 13, comma 8-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201”, fino a concorrenza dell’ammontare dell’imposta stessa. Inoltre, prosegue il citato co. 1-bis :

“Nell’ipotesi in cui nell’allegato 0A, in corrispondenza dell’indicazione del comune, sia riportata l’annotazione parzialmente delimitato (PD), la detrazione spetta unicamente per le zone del territorio comunale individuate ai sensi della circolare del Ministero delle finanze n. 9 del 14 giugno 1993, pubblicata nel supplemento ordinario n. 53 alla Gazzetta Ufficiale n. 141 del 18 giugno 1993”.

Il successivo comma 2 specifica che questa detrazione, al pari dell’esenzione prevista per i Comuni parzialmente montani, si applica anche nel caso di concessione dei terreni in comodato o affitto a CD o IAP, sempre a condizione che lo stesso possessore sia a sua volta un CD o IAP.

Va anche rilevato che il comma 3 dispone che “i criteri di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche all’anno di imposta 2014”, sicché è sorto il dubbio, a causa del rimando al comma 2, se la nuova detrazione sia applicabile anche per il 2014, con conseguente diritto al rimborso di tutti quelli che hanno pagato, visto che si tratta di detrazione introdotta dalla legge di conversione successivamente alla scadenza di pagamento del 10 febbraio 2015.

Pare evidente che il dubbio deriva da un mancato coordinamento tra il testo originario del decreto legge e quello risultante con le modifiche apportate con la legge di conversione. Tra la prescrizione contenuta nel comma 3 e quanto specificato nella comma 1-bis, ove si fa decorrere la nuova detrazione espressamente dal 2015, va certamente data prevalenza a quest’ultima disposizione, anche alla luce di quanto poi disposto nel successivo comma 9- bis, il quale prevede per la copertura del minor gettito conseguente alla disposizione di cui al comma 1-bis un contributo pari a 15,35 milioni di euro “a decorrere dall’anno 2015”.

Per quanto attiene ai criteri di attribuzione della detrazione di 200 euro va rilevato che la normativa è a rischio di irragionevolezza, poiché le uniche soluzioni applicative fanno emergere incongruenze difficilmente superabili per via interpretativa.

La norma prescrive che l’importo di 200 euro deve essere detratto “dall’imposta dovuta”, che a sua volta sia “determinata ai sensi” dell’art. 13, co. 8-bis del Dl n. 201 del 2011. Ciò comporta che l’importo della detrazione non è da riferire né ai singoli terreni né alle quote di possesso degli stessi. Si tratta, quindi, di una detrazione fissa che spetta al singolo CD o IAP, indipendentemente dal numero di terreni condotti e dalla percentuale di possesso degli stessi.

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Si faccia l’esempio di un soggetto agricoltore professionale che possieda e conduca due terreni agricoli, uno posseduto al 100% e l’altro al 50%. La detrazione non deve essere rapportata a ciascun terreno, ma il soggetto dovrà calcolare l’imposta dovuta secondo gli ordinari criteri di cui al citato comma 8- bis e poi detrarre l’importo di 200 euro.

Quest’applicazione rischia però l’irragionevolezza nel caso in cui due CD o IAP conducano esclusivamente lo stesso terreno, posseduto, ad esempio, al 50%. Entrambi i soggetti infatti, avranno diritto all’intera detrazione di 200 euro sull’imposta individualmente calcolata utilizzando i criteri di cui al co. 8- bis. In questo modo, tuttavia, per il medesimo terreno agricolo sarà riconosciuta una detrazione di 200 euro se posseduto e condotto da un solo CD o IAP, di 400 euro se posseduto e condotto da 2 CD o IAP e così via.

Stabilito che la detrazione non deve essere rapportata al numero dei terreni condotti ed alla percentuale di possesso degli stessi, va considerato il problema del proporzionamento in base ai mesi di possesso. Nel silenzio della norma si ritiene tuttavia essenziale, in quanto coerente con la sistematica generale delle norme che regolano l’IMU, proporzionare la detrazione in base ai mesi di possesso nell’anno, ovvero per i quali permane la conduzione di CD o IAP. Diversamente ragionando, se un soggetto perde la qualifica di CD o IAP in gennaio si dovrebbe riconoscere la detrazione per l’intero anno (e viceversa, nel caso di acquisizione in corso d’anno delle condizioni per l’applicazione del beneficio) e ciò appare evidentemente incongruo.

L’art. 1 del Dl n. 4 del 2015 prevede inoltre, al comma 2, l’applicazione della detrazione anche nel caso di terreni posseduti da CD o IAP e dati in comodato o affitto ad altri CD o IAP. Anche in questo caso la detrazione di 200 euro deve essere detratta dall’imposta determinata ai sensi dell’art. 13 co. 8-bis del Dl n. 201 del 2011, ma si omette di considerare che il possessore CD o IAP potrebbe non avere altri terreni in proprietà, ciononostante mantenere la qualifica in quanto ne conduce altri in affitto. In questo caso, quindi, il contribuente coltivatore professionale determinerà l’imposta senza le riduzioni del comma 8-

bis, le quali presuppongono il possesso e la conduzione diretta del fondo.

Nel caso esaminato, dunque, a stretto rigore, si deve concludere che la detrazione non spetta, perché la normativa prevede espressamente che questa debba essere detratta dall’imposta

“determinata ai sensi” dell’art. 13, co. 8-bis del Dl n. 201 del 2011. In questo caso verrebbe confermata la tesi espressa dal Ministero nella risoluzione n. 2/DF del 3 febbraio 2015 ove si subordina l’agevolazione alla condizione che il CD o IAP che dà in comodato o in affitto il terreno sia comunque possessore e conduttore di almeno un altro terreno e che quindi calcoli l’imposta con i criteri di cui al comma 8-bis. La normativa prevede, infine, che nel caso di Comuni parzialmente delimitati (con annotazione “PD”), la detrazione spetta unicamente per le zone del territorio comunale individuate dalla circolare del Ministero delle finanze n. 9 del 14 giugno 1993. Anche in questo caso l’applicazione non è agevole, in quanto il contribuente determina l’imposta con i criteri di cui all’art. 13, co. 8-bis del Dl n. 201 del 2011 facendo riferimento a tutti i terreni posseduti, senza distinguere tra quelli che ricadono o non ricadono nella zona delimitata, ed anzi, considerando quanto sostenuto nella circolare n. 3/DF del 2012, è tenuto a calcolare le riduzioni proporzionalmente al valore dei terreni posseduti nei vari comuni.

La dichiarazione

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Restano da esaminare le problematiche relative all’obbligo di presentazione della dichiarazione Imu.

Per quanto riguarda il termine, va rilevato che questo è fissato al 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui sono intervenute variazioni cui consegue un diverso ammontare dell’imposta dovuta.

In generale, va anche rilevato che l’obbligo di presentazione sussiste anche per i casi di esenzione, in considerazione del fatto che la disciplina Imu non ha richiamato la previsione contenuta nell’art. 10, co. 4 del D.lgs. n. 504 del 1992, che esonerava dalla dichiarazione gli immobili esenti a sensi dell’art. 7 del medesimo decreto legislativo.

Inoltre, l’obbligo di presentare la dichiarazione non sussiste allorquando le informazioni necessarie al controllo dell’imposta siano ricavabili esclusivamente dalla banca dati catastale.

Fatte queste premesse, e ritenendo necessaria la presentazione della dichiarazione allorquando questa sia effettivamente utile per la gestione del tributo, si ritiene che non sussista alcun obbligo di presentazione della dichiarazione nei casi di esenzione “oggettiva” prevista dall’art.

1, co. 1, lettere a) e a-bis) del Dl n. 4 del 2015.

Nel caso, invece, dei Comuni parzialmente montani, in considerazione del fatto che qui l’esenzione opera a condizione che il terreno sia posseduto da un coltivatore diretto iscritto alla previdenza agricola, si ritiene necessaria la presentazione della dichiarazione allorquando sussistano le condizioni previste per l’esenzione e la qualifica del possessore non sia stata in passato già dichiarata al Comune, e ciò in linea con le stesse istruzioni ministeriali alla compilazione della dichiarazione Imu, nelle quali si è precisato che sussiste l’obbligo di presentare la dichiarazione per “i terreni agricoli, nonché quelli non coltivati, posseduti e condotti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola”, sia nel caso in cui si acquista o si perda il diritto alle agevolazioni.

Pertanto, ad esempio, nel caso di Comune parzialmente montano ed esente in base alla circolare n. 9 del 1993 sussiste l’obbligo di presentazione della dichiarazione per i terreni posseduti da CD e IAP, perché tale qualifica non è stata mai dichiarata al Comune.

Andrà poi verificato il termine di presentazione della dichiarazione. Si faccia l’ipotesi di un Comune con altitudine al centro di 320 metri, considerato dall’ISTAT Comune di pianura e indicato nella circolare n. 9 del 1993 come totalmente esente. In questo Comune l’Imu 2014 non era dovuta solo per i terreni posseduti da CD o IAP (per la “clausola di salvaguardia” prevista all’art. 1, co. 4, del Dl n. 4 del 2015) situazione che si ripropone anche nel 2015, a seguito dell’introduzione del comma 1-bis. In tale ipotesi, la dichiarazione deve essere presentata entro il 30 giugno 2015 in generale solo dai possessori CD e IAP. Gli altri possessori non coltivatori professionali si ritiene che non siano soggetti alla presentazione della dichiarazione, in quanto l’Imu si applica senza

agevolazioni sulla base delle risultanze catastali a disposizione del Comune, sempre che queste siano sufficienti ad individuare il soggetto passivo.

In generale, l’obbligo di presentazione della dichiarazione sussiste per tutti i casi di Comuni inclusi nella circolare 9 del 1993 che non siano montani, in quanto rispetto al passato, sia che il

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Comune sia totalmente che parzialmente delimitato, l’esenzione opera solo per i coltivatori diretti ed imprenditori agricoli, condizione questa in passato mai dichiarata al Comune.

6) Fondo di solidarietà per il sostegno dell’occupazione e del reddito del personale del credito cooperativo

L’Inps, con la circolare n. 104 del 21 maggio 2015, si occupa dei seguenti argomenti:

Fondo di solidarietà per il sostegno dell’occupabilità, dell’occupazione e del reddito del personale del credito cooperativo. Decreto interministeriale n. 82761 del 20 giugno 2014, adeguamento all’articolo 3 della legge n. 92/2012. Assegno straordinario di sostegno al reddito e contribuzione correlata. Finanziamento. Adempimenti procedurali. Modalità di compilazione del flusso Uniemens. Istruzioni contabili. Variazioni al piano dei conti.

Allo scopo di assicurare adeguate forme di sostegno al reddito ai lavoratori dei settori non coperti dalla normativa in materia d’integrazione salariale, l’articolo 3 della legge n. 92/2012, intitolato “Tutele in costanza di rapporto di lavoro”, e successive modifiche e integrazioni, ha stabilito che le organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale possano stipulare accordi collettivi e contratti collettivi, anche intersettoriali, aventi ad oggetto la costituzione di Fondi di solidarietà per il sostegno del reddito.

Tali Fondi, nell’ambito ed in connessione con processi di ristrutturazione, di situazioni di crisi, di riorganizzazione aziendale, di riduzione o trasformazione di attività di lavoro, oltre ad assicurare ai lavoratori delle imprese di uno o più settori, interventi di tutela economica in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per cause previste dalla normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria, possono perseguire l’ulteriore finalità di erogare assegni straordinari per il sostegno del reddito riconosciuti nel quadro dei processi di agevolazione all’esodo a lavoratori che raggiungano i requisiti minimi previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato entro cinque anni dalla data di risoluzione del rapporto di lavoro.

Il comma 42, del citato articolo 3, dispone che i Fondi di solidarietà di settore, già istituiti ai sensi dell’articolo 2, comma 28, della legge n. 662 del 23 dicembre 1996, debbano adeguarsi alle norme previste dalla novella legislativa del 2012, con decreti del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro delle finanze, la cui adozione determina, ai sensi del successivo comma 43, l’abrogazione dei decreti interministeriali recanti i preesistenti regolamenti dei Fondi.

In data 30 ottobre 2013 è stato stipulato un accordo sindacale nazionale tra Federcasse, Dircredito, Fabi, Fiba/Cisl, Fisac/Cgil, Sincra/Ugl Credito, Uilca-Uil Credito e assicurazioni, integrato da un successivo accordo del 13 novembre 2013. In attuazione delle disposizioni di legge sopra richiamate, le parti sociali hanno convenuto di istituire presso l’Inps il “Fondo di solidarietà per il sostegno dell’occupabilità, dell’occupazione e del reddito del personale del credito cooperativo”, che continua la gestione del preesistente Fondo già istituito presso l’Inps ai sensi dell’art. 2, comma 28, della legge n. 662/1996, che viene adeguato alle previsioni di cui

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al citato articolo 3 della legge n. 92 del 28 giugno 2012.

Il contenuto dei predetti accordi è stato recepito con il decreto interministeriale n. 82761 del 20 giugno 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 236 del 10 ottobre 2014, che ha dettato la nuova disciplina del Fondo di solidarietà del personale del credito cooperativo.

L’entrata in vigore di tale decreto ha determinato l’abrogazione del D.I. n. 157 del 28 aprile 2000.

7) Trattamento di disoccupazione in favore dei lavoratori rimpatriati

Trattamento di disoccupazione in favore dei lavoratori rimpatriati: L’Inps, con la circolare n.

106 del 22 maggio 2015, fornisce chiarimenti in merito al campo di applicazione della legge nei confronti dei lavoratori italiani che rimpatriano da Paesi che applicano la normativa comunitaria. Prestazioni di disoccupazione agli ex agenti temporanei o contrattuali delle Comunità Europee.

Come noto, il 1° maggio 2010, sono entrati in vigore i nuovi regolamenti comunitari in materia di sicurezza sociale: il regolamento (CE) n. 883/2004 e il relativo regolamento di applicazione (CE) n. 987/2009.

La nuova regolamentazione si applica:

– a decorrere dal 1° maggio 2010 ai 27 stati membri dell’Unione europea – Italia, Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Regno Unito (Gran Bretagna e Irlanda del Nord), Grecia, Irlanda, Spagna, Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Spagna, Svezia, Repubblica Ceca, Repubblica di Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovenia, Slovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria- (circolari n. 82 e n. 85 del 1° luglio 2010);

– a decorrere dal 1° aprile 2012 alla Svizzera (messaggio n. 13142 del 6 agosto 2012, circolare n. 3 dell’8 gennaio 2013, circolare n. 50 del 4 aprile 2013);

– a decorrere dal 1° giugno 2012 agli Stati SEE -Islanda, Liechtenstein e Norvegia (circolare n. 3 dell’8 gennaio 2013);

a decorrere dal 1° luglio 2013 alla Croazia (messaggio n. 12242 del 30 luglio 2013).

La legge 28 giugno 2012, n. 92, recante “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita”, ha dettato nuove norme in materia di mercato del lavoro e di ammortizzatori sociali.

In particolare l’art. 2, comma 1, della legge di riforma ha istituito, con decorrenza 1° gennaio 2013, l’Assicurazione sociale per l’impiego (ASpI) con la funzione di fornire ai lavoratori subordinati che abbiano perduto involontariamente l’occupazione due nuove indennità mensili

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per il sostegno al reddito: l’indennità di disoccupazione ASpI e l’indennità di disoccupazione denominata mini-ASpI.

Il decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22, recante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” , pubblicato nella G.U. n. 54 del 6 marzo 2015, ha dettato nuove norme in materia di ammortizzatori sociali, in conformità con l’art. 38, secondo comma, della Costituzione, il quale sancisce il diritto dei lavoratori a forme di tutela contro la disoccupazione.

In particolare, con decorrenza 1° maggio 2015, l’art. 1 ha istituito presso la Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, di cui all’art. 24 della L. 9 marzo 1989, n. 88 e nell’ambito dell’Assicurazione Sociale per l’Impiego di cui all’articolo 2 della L. 28 giugno 2012 n. 92, una nuova indennità mensile per il sostegno al reddito dei lavoratori subordinati che abbiano perduto involontariamente l’occupazione denominata Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI).

La suddetta nuova indennità mensile sostituisce le indennità di disoccupazione ASpI e mini ASpI introdotte dall’art. 2 della L. n. 92 del 2012, con riferimento agli eventi di cessazione dal lavoro che si verificano dal 1° maggio 2015.

Tenuto conto delle numerose richieste di chiarimenti pervenute dalle Strutture territoriali, con la presente circolare si forniscono precisazioni in merito all’erogazione, ai sensi della legge 25 luglio 1975 n. 402, del trattamento di disoccupazione ai lavoratori italiani rimpatriati.

A tal fine si ritiene utile evidenziare che, per quanto riguarda i requisiti per il diritto, la misura e la durata della prestazione prevista dalla citata legge n. 402 del 1975, nulla è innovato, né per effetto dell’entrata in vigore dei nuovi regolamenti comunitari, né a seguito delle modifiche introdotte dalla legge di riforma del mercato del lavoro n. 92 del 2012.

8) Regolamentazione comunitaria: disposizioni in materia di disoccupazione

L’Inps, con la circolare n. 105 del 22 maggio 2015, fornisce chiarimenti in merito all’applicazione degli articoli 65 e 65 bis del regolamento (CE) n. 883/2004, come modificato dal regolamento (UE) n. 465/2012, nei confronti dei disoccupati che risiedono in uno Stato membro diverso da quello competente: lavoratori frontalieri e diversi dai frontalieri. Precisazioni in merito ai rimborsi (Decisione U4 della Commissione amministrativa). Istruzioni contabili. Variazioni al piano dei conti.

Come noto, il 1° maggio 2010 sono entrati in vigore i nuovi regolamenti comunitari, regolamenti (CE) n. 883/2004 (regolamento di base) e n. 987/2009 (regolamento di applicazione), che hanno introdotto, in materia di prestazioni di disoccupazione, disposizioni che hanno in parte modificato la precedente regolamentazione.

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Le innovazioni più significative riguardano:

– il mantenimento del diritto alle prestazioni per i disoccupati che si recano in cerca di occupazione in un altro Stato membro diverso da quello competente (articolo 64 del regolamento n. 883/2004);

– le prestazioni da erogare alla persona disoccupata residente nel corso dell’ultima occupazione in uno Stato membro diverso dallo Stato competente (articolo 65 del regolamento n. 883/2004).

In caso di esportabilità del diritto alla prestazione di disoccupazione, ai sensi del richiamato articolo 64 del regolamento n. 883/2004, diversamente da quanto previsto dalla precedente regolamentazione comunitaria, il pagamento viene effettuato direttamente dall’Istituzione competente, di regola quella di ultima occupazione.

Pertanto, come precisato con messaggio n. 28706 del 16 novembre 2010, che si richiama integralmente, le sedi sono invitate a porre particolare attenzione in merito a tale aspetto, in quanto, non essendo più prevista l’erogazione delle prestazioni da parte dell’istituzione dello Stato Membro in cui si è iscritti come persona in cerca di lavoro, non è più previsto alcun rimborso a quest’ultima istituzione da parte dell’Istituzione competente.

Invece, l’erogazione dell’indennità di disoccupazione a coloro che, nel corso della loro ultima attività subordinata o autonoma, risiedevano in uno Stato membro diverso da quello competente, è disciplinata da disposizioni specifiche, contenute nell’articolo 65 del regolamento (CE) n. 883/2004 (Parte II della circolare n. 85 del 2010).

L’articolo 65, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 883/2004 dispone che le prestazioni di disoccupazione sono erogate dall’istituzione dello Stato di residenza e sono a carico di detto Stato.

I requisiti per il diritto, nonché i criteri di calcolo, sono quelli previsti in materia di prestazioni di disoccupazione dalla legislazione dello Stato di residenza.

Tuttavia, allo scopo di compensare l’onere finanziario supplementare a carico dello Stato membro di residenza, lo stesso articolo precisa che l’istituzione competente dello Stato membro alla cui legislazione la persona interessata era soggetta nel corso della sua ultima attività lavorativa, è tenuta a rimborsare all’istituzione dello Stato di residenza l’intero importo delle prestazioni che questa istituzione ha erogato durante i primi tre mesi.

Il periodo oggetto del rimborso, ai sensi del paragrafo 7 del citato articolo 65, può essere eccezionalmente prolungato da tre a cinque mesi alle seguenti condizioni:

– se la persona interessata, durante i 24 mesi precedenti, ha maturato periodi di occupazione o di attività autonoma pari ad almeno 12 mesi nello Stato membro alla cui legislazione era da ultimo assoggettato;

– se questi periodi assicurativi sono utili per il diritto alle prestazioni di disoccupazione.

Infine, l’articolo 70 del regolamento CE n. 987/2009, prevede che l’importo massimo del

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rimborso è, in ogni singolo caso, l’importo della prestazione a cui avrebbe diritto la persona interessata ai sensi della legislazione dello Stato membro a cui è stata soggetta da ultimo se si fosse iscritta presso gli uffici del lavoro di detto Stato membro.

In base alle nuove disposizioni comunitarie, pertanto, l’unica forma di rimborso prevista è quella contemplata dall’articolo 65 del regolamento n. 883/2004.

La Commissione Amministrativa con Decisione U4 del 13 dicembre 2011 ha fornito chiarimenti in merito alle procedure di rimborso.

Con riferimento alla gestione dei rimborsi, con circolare n. 36 del 18 febbraio 1999, il Direttore Generale ha determinato di assegnare alla Direzione Regionale Lazio il coordinamento della regolazione finanziaria tra le Istituzioni per i casi di rimborso delle prestazioni di disoccupazione in regime comunitario. Detta competenza è stata ribadita e confermata con circolare n.

85/2010.

Pertanto, la Direzione Regionale Lazio, con l’entrata in vigore della nuova regolamentazione comunitaria, dal 1° maggio 2010 riveste il ruolo di Organismo di collegamento tra le Strutture territoriali dell’ INPS e le competenti Istituzioni degli altri Stati membri dell’Unione Europea, relativamente al rimborso delle prestazioni di disoccupazione erogate ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 65 del regolamento (CE) n. 883/2004 e 70 del regolamento (CE) n. 987/2009.

Infine, tenuto conto dei cambiamenti della realtà sociale e delle particolarità delle legislazioni di alcuni Stati membri, al fine di garantire la piena tutela dei diritti dei cittadini, si è ritenuto necessario completare le disposizioni in materia di prestazioni di disoccupazione, con riferimento alla fattispecie del lavoratore autonomo transfrontaliero in disoccupazione completa, nei casi in cui lo Stato membro di residenza non preveda alcuna assicurazione di disoccupazione per tale categoria di lavoratori. Pertanto, è stato adottato il regolamento (UE) n. 465/2012 che ha modificato il regolamento (CE) n. 883/2004 con l’inserimento dell’articolo 65bis.

L’Inps con la circolare del 22 maggio 2015 fornisce chiarimenti in merito alle modalità procedurali per la trattazione delle domande di prestazione di disoccupazione, da erogare in base all’articolo 65 del regolamento n. 883/2004, e delle richieste di rimborso, nonché le disposizioni attuative dell’articolo 65bis dello stesso regolamento.

Gli adempimenti relativi alla gestione dei rimborsi nei rapporti con la Direzione regionale Lazio sono riportati nelle linee guida allegate al messaggio n. 4898 del 21 marzo 2013.

Vincenzo D’Andò

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