DOTTORATO DI RICERCA IN
STORIA SUL TEMA: FORME DELLA COMUNICAZIONE DEL SAPERE STORICO
XIV CICLOLJITALIA E L'EUROPA ORIENTALE
DIPLOMAZIA CULTURALE E PROPAGANDA 1918-1943
DOTIORANDO
l v
STEFANO SANTORO ·
f 9
COORDINATORE
CHIAR.MO PROF. GUIDO ABBATIISTA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE
}f)AIVJ--~
t
RELATORE
CHIAR.MA PROF. ANNA MARIA VINCI UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE
CORRELATORE
CHIAR.MO PROF. MARCO PALLA
UNIVERSI~~
D.~GLI S~~~l
DJ FJRENZEL (.
~
L l '- l 0c (L \
/ v
5. Gli anni Trenta
5.1 Il quadro internazionale
5.2 La nuova fase della penetrazione italiana verso l'estero e la centralizzazione della propaganda
5.3 La Francia e la «défense française»
5.4 Le istituzioni culturali della Germania nazista 5.5 La Gran Bretagna e il British Council
6. Diplomazia culturale e propaganda negli anni Trenta 6.1 Revisionismo e Mitteleuropa: Ungheria ed Austria 6.2 La Romania tra fascismo e Piccola Intesa
6.3 La Cecoslovacchia fino a Monaco
6.4 L'ambiguità bulgara fra anticomunismo e panslavismo 6.5 La Jugoslavia dalla Piccola Intesa all'Asse
6.6 l miti dell'Italia in Albania: Venezia e Scanderbeg 6.7 La Grecia di Metaxas
6.8 La Polonia, ceche protende la civiltà di Roma verso il nord,
189 189
196 219 224 230
243 243 266 281 291 319 346 366
tra la Germania e la Russia>> 388
6.9 Il fascino del corporativismo sul Baltico 407
7. Gli anni della guerra 455
7.1 Trasformazione e crisi delle organizzazioni della propaganda italiana 455
7.2 La situazione delle altre potenze 473
7.3 Germania e Italia nella Jugoslavia occupata 477
7.4 Fra radici latine e propaganda tedesca: la Romania di Antonescu 499 7.5 Due paesi refrattari alla propaganda fascista: Bulgaria e Grecia 523 7.6 L'Ungheria fra Terzo Reich ed Unione Sovietica 531 7.7 Le istituzioni culturali italiane nel Protettorato di Boemia e Moravia 543
Conclusione 561
Elenco delle abbreviazioni Introduzione
1. Le grandi potenze e l'Europa orientale fino al primo dopoguerra 1.1 Le potenze europee e l'Europa dell'Est
1.2 Il conflitto mondiale e il moltiplicarsi dei contatti 1.3 L 'Istituto per l'Europa orientale di Roma
pag. 4 7
17 17 19 26
2. Politica di potenza e penetrazione culturale italiana nella nuova Europa 33 2.1 Gli inizi della presenza culturale dell'Italia all'estero 33
2.2 l russi in Italia fra unionismo e diplomazia 37
2.3 Le organizzazioni per la propaganda culturale 42
2.4 La penetrazione politico-culturale italiana negli anni Venti 53
3. Francia, Germania, Gran Bretagna e l'espansione culturale all'estero 65 3.1 La Francia da il via alla penetrazione culturale verso l'Europa orientale 65
3.2 La Germania e il germanismo all'estero 72
3.3 La Gran Bretagna 76
4. La diplomazia culturale negli anni Venti 81
4.1 La Cecoslovacchia fra occidente e slavismo 81
4.2 Il paese di Mattia Corvino: l'Ungheria 99
4.3 Latinità sul Danubio: la Romania 115
4.4 Il caso bulgaro fra diplomazia culturale e diplomazia religiosa 130 4.5 L 'Albania, testa di ponte italiana nei Balcani 144
4.6 Rapporti difficili con la Jugoslavia 150
4. 7 Pochi contatti con la Grecia 160
4.8 La Polonia, paese slavo ma «latino>> 162
4.9 Paesi baltici e Finlandia 174
Bibliografia 571
Fonti 595
Elenco delle più importanti fonti archivistiche utilizzate 601
AB
Ambasciata italiana a Bucarest
AC
Archivio del commercio
ACS
Archivio Centrale dello Stato, Roma
AM Archivio Giovanni Maver, archivio privato della prof. Anna Lo Gatto Maver, Roma
AP
AS
ASDA ASMA E
AZB
Ambasciata italiana a Praga Archivio Scuole
Archivio Storico della Società Dante Alighieri, Roma Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri, Roma
Archivio Umberto Zanotti-Bianco, Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d'Italia, Roma
b. busta
CG
Carte Amedeo Giannini es Carte Tomaso Sillani
DBFP
Documents on British Foreign Policy
DDF
Documents Diplomatiques Français
001
Documenti Diplomatici Italiani
DGAC
Direzione Generale degli Affari Commerciali
DGFP
Documents on German Foreign Policy
DGJS
Direzione Generale dell'Istruzione Superiore
DGSP
Direzione Generale per i Servizi della Propaganda fase. fascicolo
MCP
Ministero della Cultura Popolare
MPJ
Ministero della Pubblica Istruzione
NA
National Archives Il, College Park, Maryland, Record Group 59, Department of State
PCM
Presidenza del Consiglio dei Ministri
r. reel
s. series
SAP
Serie Affari Politici
sf. sottofascicolo
Il tema della diplomazia culturale è ancora in gran parte inesplorato in Italia, mentre è stato affrontato all'estero, soprattutto in ambito anglosassone, dopo il 1945.
Come notava Jens Petersen, fino a quella data «nell'ambito della "grande politica" e della storiografia ad essa conseguente il settore culturale non rivestì particolare impor- tanza».1 Il primo saggio organico di una certa rilevanza sull'argomento risale all'immediato secondo dopoguerra: si tratta di The Cultura/ Approach. Another Way in lntemational Relations.
2Uno dei motivi che avevano spinto in particolare gli americani a dedicarsi allo studio delle relazioni culturali internazionali - in questo caso si compa- ravano Francia, Germania, Giappone, Unione Sovietica, Gran Bretagna, America Lati- na e Stati Uniti - era che il Dipartimento di stato aveva potenziato in quegli anni un programma per intensificare i rapporti culturali con l'estero. L'impegno americano in tale campo era molto recente e risaliva al 27 luglio 1938, quando, per volontà del pre- sidente Roosevelt, fu creata una Division of Cultura! Relations nell'ambito del Diparti- mento di stato, per «incoraggiare e rafforzare le relazioni culturali e la cooperazione intellettuale fra gli Stati Uniti e gli altri paesi». Nel 1946, poi, il Congresso approvò il
"Fulbright Bill", introdotto originariamente dal senatore Fulbright, che diede il via a pro- grammi di scambi di docenti e studenti fra gli Stati Uniti e gli altri paesi. Se la diploma- zia culturale, o propaganda culturale, sia americana che britannica, ebbero prima e du- rante la guerra l'obiettivo di fornire agli europei un'alternativa al punto di vista delle po- tenze fasciste, nel secondo dopoguerra il blocco a cui contrapporsi fu quello sovietico.
In ogni caso, lo sviluppo dello studio sulla diplomazia culturale è evidentemente da collegarsi al massiccio sviluppo degli apparati governativi o paragovernativi preposti a tale scopo da Stati Uniti e Gran Bretagna (il British Council) dalla seconda metà degli anni Trenta.
3Da allora sono stati prodotti diversi studi generali sull'argomento, sia di carattere
comparativo, sia focalizzati su una determinata realtà nazionale (i due studi più notevoli
sono apparsi sulla Gran Bretagna e l'Unione Sovietica).
4Ancora, tuttavia, in Italia non
sono stati realizzati significativi studi di carattere storico su questo tema, né è stato
all'estero pubblicato qualcosa di rilevante sull'Italia.
Una definizione puntuale del concetto di diplomazia culturale è stata data da J.
M. Mitchell:
The first-order meaning of cultura! diplomacy is apparent enough [ ... ] as o ne of the ar- eas of international affairs governed by negotiations and agreements between governments.
The second-order meaning is less determinate. Essentially, the execution of these agreements and the conduct of cultura! relations flowing from them may be seen either as the extended re- sponsibility of governments of as something delegated by governments to agencies and cui- turai institutions. The former is cultura! diplomacy of the second order. As an aspect of diplo- macy it is normally carri ed out abroad by diplomatic staff. lt is closely aligned to official policy and national interest. lts ulterior purpose is politica! or economie. This may or may not be per- ceptible to its foreign clients, depending on the tact and restraint with which it is executed. Cui- turai diplomacy seeks to impress, to presenta favourable image, so that diplomatic operations as a whole are facilitated.
5Il presente studio si occuperà della diplomazia culturale così intesa, ossia l'insieme delle relazioni culturali con l'estero stabilite e effettuate su istanza governativa ma anche il complesso delle attività culturali realizzate non necessariamente in tale ambito e portate avanti in modo autonomo da associazioni e istituzioni private. Si ve- drà, tuttavia, che nel corso del fascismo tutte le attività, comprese quelle private, dedite alla diplomazia culturale, furono progressivamente sottoposte al controllo governativo.
Le iniziative dirette a promuovere le relazioni culturali fra l'Italia e gli altri paesi saranno quindi considerate quali elementi costitutivi della diplomazia culturale italiana e ne sarà evidenziata la valenza di carattere politico, nel senso più ampio del termine, cioè il contributo portato al rafforzamento dei legami fra l'Italia e l'estero e, conseguen- temente, alla penetrazione dell'influenza politica ed economica italiana.
Il settore geografico preso in considerazione è l'Europa orientale, nell'accezione
generalmente accettata, owero i territori compresi fra ccle frontiere linguistiche orientali
delle popolazioni tedescofone e italofone ad occidente, e i confini politici della Rus-
sia/uRss ad est».
6L'Italia ebbe tradizionalmente un grande interesse verso i Balcani e il
Danubio, una direttrice di espansione che durante il fascismo venne considerata prio-
ritaria, allo stesso modo di quella mediterranea e africana. L'obiettivo della politica
estera italiana fra le due guerre mondiali fu di destabilizzare l'area danubiano-
balcanica, minando il sistema di alleanze filofrancese imperniato sulla Piccola Intesa,
favorendo la dissoluzione della Jugoslavia tramite accordi con i paesi confinanti, Alba- nia, Austria, Ungheria, Romania e Bulgaria. In particolare, furono l'Ungheria e la Bulga- ria i due interlocutori privilegiati dell'Italia fascista, condividendo l'obiettivo mussoliniano di una «revisione» dei trattati di Parigi del1919-20.
7Sul tema della diplomazia culturale fra l'Italia e l'Europa orientale non esiste a tutt'oggi alcuno studio organico e complessivo. Esistono invece numerosi studi relativi a diversi paesi o a diversi aspetti, utilizzati in questo lavoro e segnalati nella bibliogra- fia. È stato d'altra parte realizzato dallo storico polacco Borejsza un importante - e fino- ra unico- studio sulla propaganda fascista in Europa orientale.
8Pur affrontando anche temi legati alla diplomazia culturale, il lavoro di Borejsza si concentra sulla propaganda nel senso più classico, passando in rassegna le organizzazioni italiane e straniere fa- sciste e filofasciste. Il mio lavoro, pur avendo alcuni punti di contatto con quello di Bo- rejsza e prendendo in diversi casi in esame l'operato di propagandisti legati ad orga- nizzazioni fasciste, quali ad esempio i Comitati di Azione per l'Universalità di Roma, punta ad approfondire l'esame del coinvolgimento di «operatori culturali», in specie studiosi legati ad istituzioni universitarie o comunque di alta cultura. In alcuni casi, sa- ranno presi in considerazione anche corsi a livello scolastico, capaci di penetrare pres- so ceti di più bassa estrazione sociale che, specialmente in provincia, costituivano in Europa orientale la stragrande maggioranza della popolazione.
Verrà comunque privilegiata l'alta cultura, in quanto luogo di connessione fra gli ambienti culturali e quelli politici ed economici. La diplomazia culturale italiana guardò soprattutto all'élite dell'Europa orientale, al notabilato delle università, strettamente le- gato al potere politico ed economico e generalmente orientato, come quelli, su posizio- ni nazionaliste, arroccate a difesa dei propri privilegi di casta. Sostanzialmente si tratta- va di aristocratici e borghesi che, costretti a convivere con i sistemi democratici affer- matisi nei primi anni Venti, guardarono generalmente con simpatia alle tendenze politi- che conservatrici e autoritarie che progressivamente si affermarono al potere fra le due guerre mondiali nei paesi dell'Est europeo.
Tutti questi paesi conobbero nel periodo considerato movimenti di ispirazione
fascista, che furono a seconda delle circostanze e degli anni di diversa entità e che non
sempre riuscirono ad andare al potere. In alcuni casi si assistette allo scontro fra un
governo autoritario o "pseudoparlamentare" e i rispettivi movimenti fascisti che, usati in
un primo tempo quale manovalanza contro le organizzazioni politiche e sociali della si- nistra, una volta ritenuti fuori controllo furono combattuti anche con metodi cruenti.
9Se la «diplomazia parallela» fascista - secondo la definizione di De Felice
10 -si rivolse ai gruppi di chiara osservanza fascista, la diplomazia culturale privilegiò gli esponenti della cultura più rispettabili ed affermati, che non frequentavano le parate dei fanatici violenti dell'estrema destra, bensì i salotti, i circoli culturali e i simposi accade-
mici.
Tali ambienti erano generalmente ben disposti verso l'Italia fascista, guardando con ammirazione a Mussolini, che ai loro occhi aveva saputo sconfiggere la sowersio- ne bolscevica, restaurando l'ordine e la pace sociale, per mezzo di un colpo di stato praticamente incruento e rappresentando quindi un esempio da seguire anche nei ri- spettivi paesi. Al fascino esercitato dall'Italia di Mussolini andava poi a sommarsi l'attrattiva che la penisola aveva tradizionalmente esercitato presso le intellettualità straniere, in grazia della sua storia e della sua cultura. In particolare, gli italianisants dell'Europa orientale furono quasi sempre disposti a lasciarsi coinvolgere attivamente nelle società nate per ispirazione della diplomazia italiana o a fondarne essi stessi di nuove, dando vita a programmi di conferenze o a pubblicazioni che, benché a carattere culturale, assumevano una implicita valenza politica.
È infatti evidente che non è possibile né utile fissare una separazione fra cultura e politica, affermando l'esistenza di una cultura "pura", non contaminata da istanze di carattere politico e avulsa dalle contingenze storiche in cui era prodotta. Ogni prodotto
"culturale" è frutto di un determinato momento storico, tanto più in un clima così pe-
santemente politicizzato come quello dell'Italia e dell'Europa orientale negli anni fra le
due guerre mondiali. Tale approccio non implica chiaramente la negazione di una di-
gnità culturale alla produzione scientifica dell'epoca, bensì vuole invitare ad assumere
una consapevolezza critica delle istanze di carattere politico e ideologico che permea-
vano le stesse categorie concettuali di quegli studiosi, ponendo tale questione al centro
dell'analisi storica. Una dotta argomentazione di carattere erudito su Impero romano,
Rinascimento e Risorgimento - tanto per restare ai topoi di questi studi - ponendosi
all'interno di una determinata linea storiografica, che si richiamava in particolare alla
scuola di Arrigo Solmi, incardinata su categorie ideali quale quella di «latinità», per-
metteva di ritrovare un'«unità fondamentale» nella storia d'Italia. In modo analogo, se-
guendo il filo della «latinità» nelle rispettive storie nazionali, un gruppo consistente di
studiosi dell'Europa orientale poté vantare una nobile ascendenza "italica", evidenzian- do un continuo parallelismo storico fra i loro paesi e la patria di Augusto, Dante e Gari- baldi, a partire da uno scavo di un'antica colonia romana fino al comune irredentismo e alla liberazione nazionale nei confronti degli Imperi (austro-ungarico, germanico, russo o ottomano).
Nel presente studio mi propongo quindi di mettere in risalto la funzione politica che ebbe questa diplomazia culturale, così come del resto lo stesso regime fascista affermò apertamente e che è quindi incontestabile. L'elemento propagandistico costi- tuisce allora parte integrante della diplomazia culturale, che è insieme "cultura" ma an- che "propaganda". Propaganda che a sua volta può essere apertamente politica oppu- re può assumere - come si è detto - un carattere indiretto e rintracciabile all'interno di determinate categorie concettuali. In alcuni periodi la propaganda politica si sviluppò in modo palese: ad esempio negli anni Trenta, con i temi del corporativismo e delle rea- lizzazioni sociali ed economiche del regime. Sempre, comunque, tali attività furono svolte all'interno di istituzioni "culturali", si trattasse di Istituti di cultura o di corsi univer- sitari. Con successivi prowedimenti di accentramento e razionalizzazione delle com- petenze, la diplomazia culturale italiana proseguì il proprio sviluppo fino al settembre 1943, dimostrando nel complesso una non trascurabile capacità di attrazione delle in- tellettualità dei paesi dell'Europa orientale.
Uno degli obiettivi di questo studio è quindi di mettere in luce la massiccia parte-
cipazione degli intellettuali inquadrati nelle istituzioni culturali del regime dedicate alle
relazioni con i paesi dell'Europa orientale, primi fra tutti gli Istituti di cultura italiana, in
quanto organismi direttamente dipendenti dal Ministero degli esteri. Questi intellettuali
furono di diversi livelli, dal professore medio al docente universitario di fama: tutti, co-
munque, si prestarono con più o meno grande entusiasmo, ad appoggiare, tramite la
loro opera, la penetrazione culturale dell'Italia fascista all'estero. A parte il discorso
della obiettiva funzionalità del loro lavoro agli obiettivi politici del regime all'estero, vi
erano altri e ben documentabili atteggiamenti che svelavano l'atteggiamento equivoco
di questi uomini, raramente aperti sostenitori del fascismo, più spesso collocati sul filo
sottile esistente fra esaltazione della cultura nazionale ed esaltazione della politica na-
zionale del tempo e quindi del regime. Un atteggiamento che implicava una cosciente
accettazione della propria condizione di «funzionari», quando non di «militanti»,
all'interno della macchina della diplomazia culturale e della propaganda.
11Le loro lezioni e le conferenze rivelavano una lettura della storia che andava evidentemente in una precisa direzione, mentre nel corso degli anni Trenta i corsi sul corporativismo attivati negli Istituti di cultura italiana non si contavano. In molti casi, questi docenti svolsero senza dubbio un lavoro coscienzioso di trasmissione del sape- re, storico e letterario; altri aspirarono ad un posto all'estero per percepire stipendi più cospicui o semplicemente per il piacere di vivere fuori d'Italia. Altri ancora produssero studi di valore, collaborando con intellettuali locali ad opere erudite, dando soltanto un ossequio formale al regime, convinti che ci fosse la possibilità di continuare la propria vita accademica al di fuori e al di là della politica. Era in fondo l'atteggiamento della maggioranza degli «operatori» della cultura italiani: !'«indifferenza di fronte alla politica»
e l'arroccamento attorno alla tradizione accademica.
12Gli intellettuali italiani impegnati nella diplomazia culturale all'estero erano anch'essi sostanzialmente parte di quella «zona grigia» di cui parla Angelo d'Orsi:
quelli che stanno in silenzio, coloro che fanno il proprio lavoro di uomini di cultura e di scienza e d'arte, rinchiudendovisi come in un guscio protettivo, cercando di non sapere o non vedere quel che nel mondo esterno accade. [ ... ] Costoro, proprio come gli altri, gli aderenti, i compartecipi del regime, i militanti e gli organizzatori della cultura del fascismo, finiscono per essere complici involontari e propagatori della generale "servitù volontaria" degli intellettuali [ ... ].
13Non bisogna tuttavia dimenticare che questi intellettuali si trovavano all'interno di determinate strutture sia istituzionali che ideali che in certo modo li trascendevano e che costituivano dei presupposti fortemente condizionanti. Dal punto di vista istituzio- nale, le strutture culturali italiane all'estero, prima i comitati della Dante Alighieri, poi gli Istituti di cultura ed altre associazioni pubbliche o private; dal punto di vista ideale, una retorica di matrice idealistico- risorgimentale, centrata sul mito di Roma: questi due elementi rivelavano una vischiosità da cui era molto arduo prescindere. L'intellettuale di formazione umanistica, generalmente inquadrato nei ruoli del Ministero degli esteri, aveva quasi necessariamente una visione della propria missione funzionale alla politica di potenza fascista. Il suo insegnamento sarebbe stato perciò impostato in modo da correre sui binari della celebrazione dei «miti» incardinati sul primato di Roma, faro di civiltà per tutti i popoli e in particolare per quelli, appena «risvegliati», dell'Est europeo.
Altri ancora potevano essere i motivi che muovevano la maggioranza di questi
intellettuali, al di fuori di scelte ideologiche o di mero opportunismo. Poteva trattarsi,
concretamente, della salvaguardia della propria carriera accademica o scolastica, quindi di «opportunità di lavoro e spazi di mercato», cioè di un'adesione ai miti di po- tenza legata a «interessi materiali, prima e più che a opzioni di valori e a scelte idea- li))
_14Lo strumento costituito dall'idea di Roma e di «latinità» era quindi strettamente connaturato a coloro che tale strumento maneggiavano: i docenti e gli intellettuali ita- liani all'estero. l destinatari del loro messaggio, semplici allievi o intellettualità locale, erano generalmente ben disposti verso le evocazioni dei miti «latini» e «romani», che costituivano «Un insieme di rappresentazioni mentali, di modelli estetici e di riferimenti ideologici» di antica sedimentazione, che si specchiavano inoltre nell'attualità dell'Italia di Mussolini, anch'essa suscitatrice di ammirazione. Il regime fascista diede grande im- portanza al mito di Roma, affidandogli il compito di creare un'immagine di portata uni- versale a cui assimilare in prima istanza proprio se stesso, da presentare in patria e soprattutto all'estero. Puntando in particolare a «conciliare in un unico e armonico mito la Roma repubblicana e quella imperiale», senza dimenticare, dopo il concordato del 1929, la Seconda Roma, simbolo della cristianità.
15Fu proprio su tali modelli ideali che venne ad innestarsi e a svilupparsi nel corso del ventennio il «mito di potenza»
dell'Italia fascista.
16Le fonti utilizzate sono state sia la pubblicistica dell'epoca, sia un grande numero di documenti di archivio, italiani e americani, quasi tutti inediti e sconosciuti ai più. In particolare, finora praticamente ignorata dagli studiosi è stata la documentazione dell'Archivio Scuole del Ministero degli esteri, dove vi sono molti interessanti documenti in particolare sull'attività degli Istituti di cultura italiana all'estero. Poco conosciuto è an- che il fondo della Direzione generale per i servizi della propaganda presso l'Archivio centrale dello stato, che è stato recentemente inventariato e costituito in un fondo di- stinto da quello del Ministero della cultura popolare. Non è mai stata utilizzata la docu- mentazione relativa ai comitati della Dante Alighieri all'estero, conservata presso l'archivio della Società a Roma e che è attualmente in fase di catalogazione e riordino.
Infine, di particolare interesse sono i documenti - anch'essi poco conosciuti - conser- vati presso i National Archives Il di College Park, Maryland, nel fondo del Department of State, relativi ai rapporti dei diplomatici americani accreditati nei paesi dell'Europa orientale. Essi hanno il vantaggio di offrire un punto di vista in certo modo "dall'esterno"
sulle attività diplomatiche dell'Italia e delle altre potenze in Europa orientale, in quanto
gli Stati Uniti fino alla fine degli anni Trenta non si impegnarono mai in modo diretto in Europa orientale, dove svolsero piuttosto un'attività di osservazione.
Un'ultima annotazione: nello studio verranno anche prese in esame in modo sintetico le attività di diplomazia culturale e di propaganda delle altre potenze
"occidentali" (Gran Bretagna, Francia, Germania e, più limitatamente, Stati Uniti). Non si pretende con questo di voler impostare uno studio di carattere comparativo - che sa- rebbe reso impossibile sia dallo spazio, sia dalla documentazione disponibile - ma semplicemente di voler inserire il discorso relativo all'Italia in un contesto, l'Europa orientale fra le due guerre mondiali, in cui si trovavano ad operare anche gli altri paesi, con diversi strumenti e metodi, ma tutti con ambizioni di "grande potenza".
Desidero infine ringraziare coloro che mi hanno agevolato nel lavoro di ricerca
presso gli archivi e le biblioteche che ho frequentato in Italia, Francia e Stati Uniti.
In copertina: Pia~a Cercului Militar (Piazza del Circolo Militare), Bucarest. Tratto da Bucure§tiullnterbelic.
Galea Victoriei. lnterbellum Bucharest. Victoria Avenue, Noi Media Print, Bucure~ti, s.d.
1 J. Petersen, L'accordo culturale fra l'Italia e la Germania del23 novembre 1938, in Fascismo e nazio- nalsocialismo, a cura di K. D. Bracher e L. Valiani, il Mulino, Bologna 1986, p. 331.
2 R. E. McMurry- M. Lee, The Cultura/ Approach. Another Way in lnternational Relations, The University of North Carolina Press, Chapel Hill 1947.
3 /bidem.
4 Fra gli studi di carattere generale e comparativo si segnalano:
J.
M. Mitchell, lnternational Cultura/ Re- lations, Allen & Unwin, London 1986; A. Haigh, Cultura/ Diplomacy in Europe, Council of Europe, Stra- sbourg 1974. l principali studi relativamente a singoli paesi sono: Ph. M. Taylor, The Projection of Britain.British Overseas Publicity and Propaganda 1919-1939, Cambridge University Press, Cambridge- 1981; F.
C. Barghoorn, The Soviet Cultura/ Offensive. The Role of Cultura/ Diplomacy in Soviet Foreign Po/icy, Greenwood Press, Westport, Connecticut (l ed. Princeton University Press, 1960).
5
J.
M. Mitchell, lnternational Cultura/ Relations, cit., pp. 4-5.6 J. Rothschild, East Centrai Europe between the Two World Wars, University of Washington Press, Se- attle and London 1979 (l ed. 1974), pp. IX-X.
7 E. Colletti, Fascismo e politica di potenza. Politica estera 1922-1939, con la collaborazione di N. La- banca e T. Sala, La Nuova Italia, Milano 2000, pp. 37-38; M. Palla, Imperialismo e politica estera fasci- sta, in Storiografia e fascismo, Franco Angeli, Milano 1985, pp. 87-88.
8
J.
W. Borejsza, Il fascismo e l'Europa orientale. Dalla propaganda all'aggressione, Laterza, Roma-Bari 1981.9 Sul tema del fenomeno fascista come fenomeno internazionale si veda E. Colletti, Fascismo, fascismi, Sansoni, Milano 1994; G. Corni, Fascismo e fascismi, Editori Riuniti, Roma 1989.
1
°
Con questo termine ci si riferisce soprattutto ai contatti intrattenuti dal governo fascista con formazioni filofasciste estere, spesso finanziate dall'Italia e utilizzate quali strumenti di pressione o destabilizzazione in determinate aree, in funzione degli interessi della diplomazia "ufficiale". Cfr. R. De Felice, Mussolini il duce, vol. l, Gli anni del consenso 1929-1936, Einaudi, Torino 1974, pp. 346-47.11 Cfr. M. lsnenghi, Intellettuali militanti e intellettuali funzionari. Appunti sulla cultura fascista, Einaudi, Torino 1979. 12
G. Turi, Il fascismo e il consenso degli intellettuali, il Mulino, Bologna 1980, p. 9.
13 A. d'Orsi, La cultura a Torino tra le due guerre, Einaudi, Torino 2000, pp. 356-57.
14 Id., Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001, p. 24.
15 A. Giardina- A. Vauchez, Il mito di Roma. Da Carlo Magno a Mussolini, Laterza, Roma-Bari 2000, pp.
VII, 249.
16 Cfr. M. lsnenghi, Il mito di potenza, in Il regime fascista. Storia e storiografia, a cura di A. Del Boca, M.
Legnani e M. G. Rossi, Laterza, Roma-Bari 1995, pp. 139-50.