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I servizi di interesse economico generale nel settore bancario

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Academic year: 2021

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1

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI UDINE

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OTTORATO DI RICERCA IN

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XXVIII

CICLO

Tesi di Dottorato

I servizi di interesse economico generale nel settore

bancario

Candidata: Dott.ssa Chiara Barbieri

Tutor: Chiar.mo Prof. Lorenzo Cuocolo, Chiar.mo Prof.

Maurizio Maresca

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3 Indice

PREMESSA 5

CAPITOLO I - LA CRISI DEGLI ISTITUTI BANCARI NELL’UNIONE EUROPEA

Introduzione. Le spinte europee alla privatizzazione del settore bancario 8

1.1. Introduzione al concetto di aiuto di Stato e sua evoluzione 10

1.2 L’erogazione degli aiuti Stato al settore bancario prima della crisi del

2008 20

1.3 Gli aiuti di Stato erogati al settore bancario dopo la crisi del 2008 31

CAPITOLO II - LA GESTIONE DELLA CRISI VERSO LA CREAZIONE DELL’UNIONE BANCARIA EUROPEA.

2.1. L’evoluzione della vigilanza bancaria europea. La prima fase di

gestione della crisi 47

2.2. La realizzazione dell’Unione Bancaria. Il meccanismo di vigilanza unico (Single Supervisory Mechanism, SSM), il meccanismo di risoluzione unico (Single Resolution Mechanism, SRM) e il sistema europeo di assicurazione dei depositi (European Deposit Insurance Scheme - EDIS) 59 2.2.1 Il Single Supervisory Mechanism, (SSM) o Meccanismo Unico di

vigilanza (MVU) 60

2.2.2 Il meccanismo di risoluzione unico (Single Resolution Mechanism, SRM): il Comitato unico di risoluzione e la creazione del fondo unico di

risoluzione 69

2.2.3 Il sistema europeo di assicurazione dei depositi (European Deposit

Insurance Scheme - EDIS) 83

(4)

4

CAPITOLO III - I SERVIZI FINANZIARI NEL PANORAMA EUROPEO POST CRISI 2008. UN SERVIZIO DI INTERESSE ECONOMICO GENERALE?

Introduzione 94

3.1 I servizi di interesse economico generale 95

3.2 I servizi bancari di base quali servizi di interesse economico

generale 110

3.3 I servizi di credito quali Servizi di interesse economico generale 121

3.4 La regolazione del mercato bancario dopo la crisi del 2009 126

3.4 Conclusioni 134

Considerazioni conclusive 137

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5 Premessa

Quando, nel 2012, insieme al mio Tutor del corso di Dottorato abbiamo iniziato a discutere del problema del (mancato) riconoscimento dei servizi finanziari quali servizi di interesse economico generale, il contesto normativo era totalmente differente.

Infatti, quando mi sono avvicinata alla materia oggetto del presente lavoro, la crisi economica stava raggiungendo il suo apice e la Commissione continuava a legittimare l’imponente flusso di denaro dagli Stati al sistema bancario.

La Grecia era prossima al default, costretta a ricorrere a prestiti della BCE e del Fondo monetario internazionale e l’Unione Bancaria europea era solamente un progetto contenuto in una proposta della Commissione.

Nel corso degli anni ho avuto così il privilegio di osservare il mutare di obiettivi e prospettive dell’Unione Europea e degli Stati membri, sempre con lo sguardo rivolto alla necessarietà di riconoscere, nella raccolta del credito al risparmio e nella erogazione del credito al consumo, un servizio di interesse economico generale, e con l’ulteriore e conseguente necessità di tutelare il consumatore del mercato, esposto a rischi non imputabili al mercato di cui era parte.

Obiettivo del presente lavoro sarà analizzare le modalità di reazione e gestione della crisi da parte dell’Unione europea verificare l’adeguatezza del attuale quadro normativo alle esigenza di tutela del consumatore/utente, anche attraverso la possibilità di indentificare alcuni servizi bancari quali servizi di interesse economico generale.

Durante il corso di Dottorato ho avuto la possibilità di seguire da vicino, analizzare e studiare l’evoluzione della materia, cercando di ricostruire i più significanti interventi normativi comunitari, con l’obbiettivo

(6)

6

di verificare se, anche in ragione della situazione e del periodo storico particolare, attraverso gli stessi l’Unione Europea non abbia, anche inconsapevolmente, inteso ricomprendere i servizi bancari tra i servizi di interesse economico generale.

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Capitolo I

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Introduzione – Le spinte europee alla privatizzazione del settore bancario.

La legislazione bancaria italiana del 1936, elaborata dopo la Grande Depressione statunitense, aveva lo scopo di separare le attività bancarie dalle altre attività di impresa, al fine di evitare il ripresentarsi di situazioni analoghe a quelle che avevano originato la crisi bancaria appena trascorsa. Così, attraverso la proprietà pubblica degli istituti di credito e un penetrante controllo statale, si perseguiva una politica di isolamento dell’attività bancaria rispetto alle eventuali turbolenze del mercato, garantendo in tal

modo la stabilità del sistema finanziario1. Sostanzialmente diverso fu invece

lo spirito che ha animato gli interventi nel successivo periodo della Ricostruzione i quali erano orientati unicamente allo sviluppo – stabile –

del Paese e soprattutto da attuarsi in tempi rapidi2.

Tale situazione restò immutata per molti anni, quando l’integrazione europea portò l’Italia a riconsiderare la precedente impostazione ed a iniziare un procedimento di riforma della legislazione bancaria. Così, a

seguito delle direttive Europee n. 77/80 e 89/6463 vennero emanate norme

volte, da un lato, a implementare le attività bancarie e finanziare (in regime

1 T

ARANTOLA A., “Dalla proprietà pubblica a quella privata: concorrenza ed efficienza del

sistema bancario italiano”, atti della Conferenza internazionale “The prespectives of the european banking and Financial Sector”, Mosca 2007 reperibile all’indirizzo internet

http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-vari/int-var-2007/Tarantola_200707.pdf

2Cfr, tra gli atri, C

OTULA F. Introduzione, in.COTULA F(a cura di) Stabilità e sviluppo negli

anni Cinquanta: politica bancaria e struttura del sistema finanziario, Laterza, 1999, pagg.

V-VI e GELSOMINO C.O., Moneta e sviluppo ne Dopoguerra. La politica monetaria italiana negli

anni Cinquanta (1946 – 1964) in COTULA F. (a cura di) Stabilità e sviluppo negli anni

Cinquanta: politica bancaria e struttura del sistema finanziario, cit. pagg, 259-395.

3 Direttiva 77/80/CEE del 12 dicembre 1977 (prima direttiva banche) e Direttiva 89/646/CEE

(seconda direttiva banche), entrambe successivamente confluite nella direttiva 2000/12/Ce relativa all’accesso al mercato del settore creditizio, anch’essa a sua volta superata dalla direttiva 2006/48/CE del 14 giugno 2006.8

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9

di concorrenza) dagli istituti creditizi, deferendo l’attività di vigilanza bancaria alla Banca Centrale e, dall’altro l’alto, le norme che portarono alle

privatizzazioni degli istituti bancari4.

Ma, se vero, come è vero, che le banche sono state considerate

“imprese”, nell’accezione comunitaria del termine5, e pertanto sottoposte

alle regole di concorrenza6, non si può negare che, sotto altri aspetti e in

particolari situazioni, siano state – peraltro con particolare frequenza – considerate destinatarie di particolari deroghe alle regole della concorrenza. Il riferimento è, chiaramente, al regime degli aiuti di stato al settore bancario che, dagli anni Ottanta del Novecento ad oggi, la Commissione ha autorizzato e che saranno analizzati nel presente capitolo, passando attraverso la disamina preliminare dell’evoluzione del concetto di aiuto di Stato attraverso la lettura della giurisprudenza della Corte Europea.

4

ALBAMONTE D.,BASSO R.,CAPONE D.,.MARANGONI M,“La vigilanza sulle banche” in E. GALANTI (a cura di), Diritto delle banche e degli intermediari finanziari, Wolters Kluwer, 2008, pag 517

5 La nozione europea di impresa è molto ampia e ricomprende qualunque soggetto autonomo,

pubblico o privato, che svolga un’attività economicamente rilevante. Tale nozione non è ricompresa nei Trattati, ma è stata fornita dalla Commissione Europea nella sua raccomandazione del 06 maggio 2003, pubblicata in GUUE L124 del 20 maggio 2003. Per quanto attiene allo sviluppo del concetto di “banca” quale “impresa”, già con l’introduzione delle Direttive sopra richiamate venivano fissati dei criteri uniformi, validi per tutti gli operato vigilati, necessari per accedere e partecipare a quel particolare settore di mercato.

6 Si veda più approfonditamente, nel prosieguo, la sentenza della Corte di Giustizia, 14 luglio

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1.1. Introduzione al concetto di aiuto di Stato e sua evoluzione.

Fin dal 1957, anno della firma del Trattato di Roma, istitutivo della Comunità europea, nel lungo cammino per la realizzazione dell’Unione europea, è apparso evidente che la normativa sulla concorrenza avrebbe avuto un ruolo centrale al fine di completare la creazione di un Mercato Unico e, di conseguenza, una completa integrazione tra gli Stati europei.

Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona7, è apparso chiaro che

l’intenzione prioritaria degli Stati membri era rimasta quella di garantire il rispetto delle norme sulla concorrenza e in particolare – in quanto oggetto specifico del presente lavoro – delle norme sulle concorrenza rivolte agli Stati membri. Tuttavia, occorre sottolineare che la firma del Trattato di Lisbona risale al 2007 e quindi, ad un periodo antecedente alla crisi

economica che, da lì a poco, si sarebbe manifestata8.

Preliminare alla disamina della disciplina degli aiuti di Stato è la precisazione che essa costituisce solo un aspetto della più ampia normativa europea dedicata alla tutela della concorrenza, come contenuta negli articoli 101 e ss. del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europa (nel prosieguo anche abbreviato in TFUE), all’interno della quale, in particolare, è possibile distinguere tra la norme applicabili direttamente alle imprese e le norme invece rivolte agli Stati. Le prime sono contenute nel Titolo VIII, sezione I, capo I del TFUE – artt. 101-106 del TFUE – e comprendono norme destinate a vietare accordi, intese o pratiche che abbiano ad oggetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza e quelle che, in

7 Tale Trattato, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007, è entrato in vigore il 01 dicembre 2009

e, all’art 3), lettera b, prevede che l’azione dell’Unione miri a definire le regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno.

8 Con il presente capitolo si cercherà di verificare se, e in quale misura, la disciplina degli aiuti

di stato – limitatamente al settore bancario – possa, di fatto, aver subito una qualche forma di attenuazione, o correttivo, in ragione del particolare contesto politico ed economico che l’Unione europea sta attraversando e delle peculiarità proprie del settore bancario.

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presenza di posizione dominante sul mercato di una o più imprese, vietano lo sfruttamento abusivo di tale posizione al fine di impedire comportamenti che possono danneggiare i consumatori e il buon funzionamento del mercato. Le seconde, ovverosia le norme europee sulla concorrenza destinate agli Stati, invece, sono disciplinate dal TFUE nel Titolo VIII, sezione I, capo I, artt. 107-109, ed hanno lo scopo di vietare gli aiuti concessi dagli Stati – direttamente o attraverso risorse statali – alle imprese allorquando essi, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.

L’art. 107 del TFUE (ex art 87 del Trattato CE) al paragrafo primo, in

particolare, così dispone: “Salvo deroghe contemplate dai trattati9, sono

incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”. Appare chiaro,

9 Si veda infra. Quanto alla compatibilità degli aiuti con il mercato europeo, l’art. 107, ai

paragrafi secondo e terzo del TFUE così dispongono: “2. Sono compatibili con il mercato

interno: a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti; b) gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali; c) gli aiuti concessi all'economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da tale divisione. Cinque anni dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare una decisione che abroga la presente lettera. 3. Possono considerarsi compatibili con il mercato interno: a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni di cui all'articolo 349, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale; b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro ;c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse; d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nell'Unione in misura contraria all'interesse comune; e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, su proposta della Commissione”. Si precisa che tutte le misure rientranti nelle

ipotesi di cui al paragrafo 2, essendo già preventivamente dichiarate compatibili dal Trattato stesso non soggiacciono al preventivo obbligo di notifica dell’aiuto alla Commissione; viceversa, tale obbligo sussiste per le ipotesi di aiuto ricompreso nelle ipotesi previste dal paragrafo 3.

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sin da una prima lettura della norma, che la disciplina degli aiuti di Stato non può che essere stata, nel corso dei decenni, uno dei terreni di scontro

più acceso tra le Istituzioni dell’Unione europea10 – il cui agire è finalizzato

a tutelare il buon funzionamento del mercato e la corretta applicazione del gioco della concorrenza tra le imprese – e gli Stati membri – i quali molto spesso, nel proprio agire, nascondono finalità di stampo “protezionistico”

nei confronti delle imprese nazionali11. Proprio per tale ragione, la Corte di

Giustizia dell’Unione europea si è trovata più volte a pronunciarsi sull’argomento, creando in tal modo una copiosa giurisprudenza che, negli anni, ha contribuito a definire e delineare la nozione di aiuto di Stato.

Tutto ciò premesso quindi, attraverso la lettura della giurisprudenza comunitaria, si intende di seguito approfondire la nozione di aiuto di stato contenuta nell’art. 107, paragrafo primo del TFUE, al fine di successivamente analizzare nello specifico la materia degli aiuti di Stato erogati al settore bancario.

10 In particolare, l’articolo 108 TFUE attribuisce alla Commissione il potere di verifica dei

progetti di nuovi aiuti o di modifica degli aiuti esistenti (paragrafo 3), oltre ad esercitare un controllo permanente sugli aiuti esistenti. Perciò, allorquando uno Stato membro intenda erogare un finanziamento alle imprese, qualificabile come aiuto di Stato, dovrà procedere – di regola e quindi salvo eccezione – ad una notifica preventiva alla Commissione del proprio progetto di aiuto, non potendo procedere con l’erogazione delle somme o l’attuazione delle misure senza l’approvazione della Commissione (obbligo di standstill). Qualora tuttavia la Commissione dovesse riscontrare profili di illegittimità della misura – alla luce dei criteri che infra verranno delineati – potrà ordinare allo Stato membro di modificare la misura o, finanche, vietarla in toto. Nel caso in cui lo Stato non dovesse conformarsi alla decisione della Commissione – o, ipotesi ancor più grave, procedere all’erogazione della misura senza sottostare all’obbligo di notifica preventiva, quest’ultima ha la possibilità di adire direttamente la Corte di giustizia europea al fine di ottenere una sentenza dichiarativa della illegittimità della misura.

11

Si osserva brevemente che, nel corso degli anni, la Corte di Giustizia e la Commissione hanno mutato il loro atteggiamento nei confronti delle misure statali, rendendolo in alcuni periodi maggiormente incisivo (ci si riferisce, in particola modo, agli inizi degli anni Novanta, allorquando, al fine di contrastare l’intervento pubblico nell’economia è stato elaborato il concetto dell’investitore privato, sui cui si tornerà nel prosieguo). Se poi, sul finire degli anni Novanta, con il Trattato di Amsterdam la disciplina degli aiuti di Stato è stata alleggerita (per esempio escludendo determinate materie dall’obbligo di notifica preventivo oppure attraverso la dichiarazione di preventiva compatibilità degli aiuti desinati alla ricerca), negli ultimi anni, anche in ragione della crisi economica del 2008, le Istituzioni europee hanno nuovamente smussato le proprie rigidità cercando di conciliare le mutate esigenze degli Stati (o forse, in via indiretta, dei mercati) e la tutela della concorrenza.

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L’aiuto di Stato12, per potersi concretamente considerare tale, deve

presentare i seguenti quattro presupposti:

- vantaggio economico per l’impresa (o le imprese) beneficiaria della misura;

- incidenza negli scambi comunitari dell’aiuto; - selettività della misura;

- trasferimento di risorse statali13; .

In primo luogo, quindi, perché possa considerarsi aiuto, la misura statale dovrà essere volta a favorire, direttamente o indirettamente, solo una

impresa (o solo alcune imprese14) e, allo stesso tempo, costituire

un’erogazione di un vantaggio di tipo economico che altrimenti le stessa

impresa non avrebbe ottenuto in normali condizioni di mercato15. La Corte

di giustizia, per poter valutare in concreto l’incidenza della misura sulla concorrenza, e quindi assicurarsi che l’erogazione della misura non abbia alterato l’equilibrio concorrenziale del mercato, ha elaborato, con particolare riguardo alle imprese pubbliche, il c.d. “criterio dell’operatore

12 Per approfondire il concetto di aiuto di stato, in dottrina si vedano.P

INOTTI C, Gli aiuti di

Stato alle imprese nel diritto comunitario, Milano, 2000, pag. 21 e ss; BARIATTI,S,CABIZZA

M. Gli aiuti di Stato alle imprese nel diritto comunitario. Milano, 1998; A. BLASI E F. MUNARI., Aiuti concessi dagli Stati, in TIZZANO A(a cura di), Trattati dell’Unione europea e

della Comunità europea, Milano, 2004, p. 594; FRANSONI,G., Gli aiuti di Stato fra autonomia

locale e capacità contributiva, in Rivista di diritto tributario, 2006 (11), p. 249; G.TESAURO,

Diritto dell’Unione Europea, Padova, 2012.

13 La Corte di giustizia ha precisato che i suddetti criteri devono tutti necessariamente

sussistere; infatti, la giurisprudenza comunitaria è uniforme nel considerare i quattro criteri tra loro cumulativi: si vedano, tra le altre, Corte giust., sentenza del 24 luglio 2003, Causa C-280/00, Altmark Trans GmbH e Regierungspräsidium Magdeburg/Nahverkehrsgesellschaft

Altmark GmbH, Racc. 2003, pagg. 1-7747 , sentenza del 10 giugno 2010, causa C-140/09, Fallimento Traghetti del Mediterraneo S.p.a. contro Presidenza del Consiglio dei Ministri.,

Racc. p. I-5243;

14 Anche qui il riferimento è all’impresa intesa nel senso europeo del termine, che prescinde da

qualunque definizione nazionale e che ricomprende “qualsiasi entità che esercita un’attività

economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento” (Corte giust. sentenza del 23 aprile 1991, causa C-41/90, Klaus Hoefner e fritz elser c. macrotron gmbh)

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privato in un’economia di mercato16”. Nell’applicazione di tale criterio,

infatti, la Corte di Giustizia dovrà valutare tutti gli elementi di fatto che

“…devono fare chiaramente apparire che lo Stato membro interessato ha preso, preliminarmente o simultaneamente alla concessione del beneficio economico, la decisione di procedere con la misura effettivamente posta in essere, ad un investimento nell’impresa pubblica controllata. A tal riguardo possono risultare necessari, segnatamente, elementi da cui emerga che tale decisione sia fondata su valutazioni economiche analoghe a quelle che, nelle circostanze della specie, un investitore privato razionale, che si fosse trovato in una situazione la più analoga possibile a quella dello Stato membro de quo, avrebbe fatto accertare, prima di procedere all’investimento, al fine di determinare la redditività futura dell’investimento stesso17”.

Quanto poi alla forma dell’aiuto, appare chiaro che i giudici della

Corte di giustizia, sin dalle pronunce più risalenti18, hanno ritenuto

integranti il concetto di aiuto non solo le erogazioni o dazioni dirette di denaro – e quindi le sovvenzioni statali tout court – “ma anche quegli

interventi i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa e che di conseguenza, senza essere

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v., in tal senso, Corte Giust., sentenza del 21 marzo 1991, causa C-303/88, Italia/Commissione Racc. pag. I-1433, punto 20 (sentenza ENI – Lanerossi); Corte Giust., sentenza del 21 marzo 1991, C-305/89, Italia/Commissione, Racc. pag. I-1603 (sentenza Alfa Romeo); Corte Giust., sentenza del 16 maggio 2002, causa C-482/99, Francia/Commissione, Racc. pag. I-4397, punti 68-70, e Corte Giust., sentenza del 9 giugno 2011, cause C-71/09 P, C-73/09 P e C-76/09 P, Comitato Venezia vuole vivere e a./Commissione, Racc. pag. I-4727, punto 91.

17 Corte Giust., sentenza del 05 giugno 2012, causa C-124/2010, Commissione europea contro Électricité de France (EDF), in Racc. C:2012:318

18 Corte giust., Sentenza del 23 febbraio 1961, causa 30/59, De Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg c. Alta Autorità, in Racc. 1961, p. 1 dove si legge “Il concetto di aiuto […] vale a designare non soltanto delle prestazioni positive del genere delle sovvenzioni, ma anche degli interventi i quali, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano su di un’impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, ne hanno la stessa natura e producono identici effetti. Poiché queste definizioni non sono contenute nel Trattato, esse possono essere accettate soltanto a condizione che altre disposizioni del Trattato o gli scopi da questo perseguiti ne confermino il contenuto”.

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sovvenzioni in senso stretto, ne hanno la stessa natura e producono identici effetti”19. In elaborazione del suddetto principio, sono stati considerati aiuti di stato illegittimi bonus ed incentivi fiscali, ma anche finanziamenti concessi a tassi di interesse inferiori, aumenti di capitali sottoscritti dall’azionista pubblico a condizioni non di mercato, incentivi ed aiuti dati ai singoli consumatori per l’acquisto di solo alcuni determinati beni o servizi.

Inoltre, e fermo quanto sopra, affinché l’aiuto sia considerato illegittimo, deve esserne valutata l’origine pubblica, intesa nel senso che il vantaggio deve essere conseguito attraverso l’utilizzo di risorse pubbliche nella disponibilità di amministrazioni dello Stato. E ciò a prescindere dall’effettivo organismo – pubblico o privato – che provvede all’erogazione. La Corte di Giustizia infatti si è più volte pronunciata sull’origine degli aiuti, privilegiando il metodo comunitario di tipo sostanziale secondo cui “l’art. 92 del Trattato – oggi art. 107 TFUE -

consente di valutare la compatibilità col mercato comune di qualsiasi provvedimento statale, qualora esso abbia l’effetto di attribuire una sovvenzione sotto qualsivoglia forma. La sovvenzione non deve necessariamente essere finanziata col denaro dello stato perché si tratti di un aiuto statale. L’art. 92 riguarda il complesso delle sovvenzioni attribuite dagli stati o mediante risorse statali, senza che si possa distinguere a seconda che la sovvenzione sia attribuita direttamente dallo stato ovvero da

19 Si vedano, tra le altre, Corte giust., Sentenza del 15 marzo 1994, causa C-387/92, Banco Exterior de España SA c. Ayuntamiento de Valencia, in Racc. 1994 p. I-00877; Corte giust.,

Sentenza del 17 giugno 1999, causa C-295/97, Industrie Aeronautiche e Meccaniche Rinaldo

Piaggio SpA c. International Factors Italia SpA, in Racc. 1999 p. I-03735; Tribunale di primo

grado delle Comunità europee, Sentenza del 13 giugno 2000, cause T-204/270/97, EPAC -

Empresa para a Agroalimentação e Cereais, SA c. Commissione delle Comunità europee, in Racc. 2000 p. II-02267; Corte Giust., Sentenza del 5 ottobre 1999, causa C-240/97, Regno di Spagna c. Commissione delle Comunità europee, in Racc. 1999 p. I-06571; Corte Giust.,

Sentenza del 15 dicembre 2005, causa C-66/02, Repubblica italiana c. Commissione delle

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enti pubblici o privati che esso istituisca o designi per amministrare la sovvenzione stessa20”.

In tema di individuazione dell’organismo che ha concesso l’aiuto, la Corte di giustizia ha finanche affermato che l’erogazione di un aiuto di Stato è illegittima non solo ove la stessa sia imputabile esclusivamente ad un soggetto pubblico, ma anche qualora ad erogarlo sia stato un soggetto privato all’uopo autorizzato da un ente pubblico, in quanto in tale caso l’aiuto verrebbe comunque erogato attraverso l’utilizzo di risorse pubbliche; intervenuta con diverse pronunce sul punto, la Corte ha sostenuto che “per

stabilire se un aiuto possa essere qualificato aiuto di Stato ai sensi dell’art. 92, n. 1, del Trattato, non si deve distinguere tra le ipotesi in cui l’aiuto venga concesso direttamente dallo Stato e quelle in cui l’aiuto sia concesso da enti pubblici o privati che lo Stato istituisce o designa per la gestione dell’aiuto21”.

Una volta stabilita l’origine pubblica della misura, la sua modalità di erogazione e il vantaggio che la stessa comporta, ai fini della valutazione sulla incompatibilità della misura con il diritto dell’Unione europea deve essere valutata la selettività della misura stessa, ovverosia se il vantaggio economico sopra citato sia attribuito solo ad uno o più operatori economici selezionati. In mancanza di selettività dell’aiuto, la misura non può essere considerata contraria al diritto dell’Unione europea. Infatti la citata

20 Corte Giust., Sentenza del 30 gennaio 1985, causa 290/83, Commissione delle Comunità europee c. Repubblica francese, in Racc. 1985 p. 439; Corte Giust., Sentenza del 2 febbraio

1988, cause 67, 68 e 70/85, Kwekerij Gebroeders Van der Kooy BV e altri c. Commissione

delle Comunità europee, in Racc. 1988 p. 219; Corte Giust., Sentenza del 7 giugno 1988, causa

57/86, Repubblica ellenica c. Commissione delle Comunità europee, in Racc. 1988 p. 2855; Corte Giust., Sentenza del 22 marzo 1977, C-78/76, Steinike & Weinlig c. Repubblica federale

di Germania, in Racc. 1977 p. 595.

21 Corte giust. sentenza del 21 marzo 1991, causa C-305/89, Repubblica italiana c. Commissione delle Comunità europee, in Racc. 1991 p. I-01603;Corte giust. sentenza del 21

marzo 1991, causa C-303/88, Repubblica italiana c. Commissione delle Comunità europee in

Racc. 1991 p. 1433; Corte giust. sentenza del 4 aprile 1995, causa C-348/93, Commissione delle Comunità europee c. Repubblica italiana, in Racc. 1995, p. I-00673; Corte giust.

sentenza del 4 aprile 1995, causa C-350/93, Commissione c. Repubblica italiana, in Racc. 1995, p. I-00699.).

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giurisprudenza Altmark precisa che “vengono considerati aiuti gli interventi

che, sotto qualsiasi forma, sono atti a favorire direttamente o indirettamente determinate imprese o che devono ritenersi un vantaggio economico che l’impresa beneficiaria non avrebbe ottenuto in condizioni di mercato22”.

Infine, dirimente ai fini della valutazione della misura – e della sua compatibilità o meno con il diritto dell’Unione europea – sono gli effetti anticoncorrenziali che della stessa sono conseguenza: soltanto in presenza di un’incidenza della misura sugli scambi tra gli Stati membri l’ aiuto di

Stato dovrà considerarsi illegittimo23. A tal fine, la Corte di giustizia ha

affermato a più riprese che non rileva la dimensione territoriale del settore di mercato, purché l’erogazione comporti una effettiva compressione della possibilità di fornire i servizi da parte di imprese di altri Stati membri. Ciò vale, a maggior ragione, in quei settori in cui sia stata attuata e realizzata la liberalizzazione del mercato in quanto “il fatto che un settore economico sia

stato oggetto di liberalizzazione a livello comunitario evidenzia un’incidenza reale o potenziale degli aiuti sulla concorrenza, nonché gli effetti di tali aiuti sugli scambi fra Stati membri24”. Peraltro non è

considerato necessario che “l’impresa beneficiaria partecipi essa stessa agli

scambi intracomunitari. Infatti, quando uno Stato membro concede un aiuto ad un’impresa, l’attività sul mercato nazionale può essere mantenuta o

22 Corte Giust., Sentenza del 24 luglio 2003, causa C-280/00, sentenza Altmark, cit.

23 Ancora la sentenza Altmark: “…la condizione per l’applicazione dell'art. 92, n. 1, del Trattato (…), in base alla quale l’aiuto deve essere tale da incidere sugli scambi fra Stati membri, non dipende dalla natura locale o regionale dei servizi di trasporto forniti o dall’importanza del settore di attività interessato. Infatti, non è affatto escluso che una sovvenzione pubblica concessa a un’impresa attiva solo nella gestione di servizi di trasporto locale o regionale e non di servizi di trasporto al di fuori del suo Stato d’origine possa, tuttavia, incidere sugli scambi fra Stati membri, giacché, quando uno Stato membro concede una sovvenzione pubblica a un’impresa, la fornitura di servizi di trasporto da parte di questa può risultarne invariata o incrementata, con la conseguenza che le possibilità delle imprese aventi sede in altri Stati membri di fornire i loro servizi di trasporto sul mercato di tale Stato membro ne risultano diminuite…”.

24 Corte Giust., Sentenza del 13 febbraio 2003, causa C-409/00, Regno di Spagna c. Commissione delle Comunità europee, in Racc. p. I 1487.

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18

incrementata, con la conseguente diminuzione delle possibilità per le imprese con sede in altri Stati membri di penetrare nel mercato di tale Stato membro. Inoltre, il rafforzamento di un’impresa che fino a quel momento non partecipava a scambi intracomunitari può metterla nella condizione di penetrare nel mercato di un altro Stato membro.25”.

Quanto sopra delineato evidenzia i presupposti che cumulativamente devono coesistere affinché una misura statale possa essere considerata un aiuto di Stato illegittimo, con la precisazione che sono contemplate dal Trattato stesso espresse deroghe a quanto sopra esposto.

Infatti, l’art 107 TFUE, se al paragrafo primo vieta gli aiuti di Stato, secondo quanto sopra accennato, al paragrafo secondo indica quali sono le misure che, pur rientranti nella definizione di aiuto, sono compatibili con il

diritto dell’Unione europea26e nel successivo paragrafo terzo, definisce

quali misure possono essere compatibili con il diritto dell’Unione europea27,

25 Corte giust. sentenza del 15 dicembre 2005, causa C-66/02, Repubblica italiana c. Commissione, in Racc. 2005 p. I -10901.

26

L’articolo n. 107, paragrafo secondo del TFUE così dispone: “2. Sono compatibili con il

mercato interno: a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti; b) gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali; c) gli aiuti concessi all'economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da tale divisione. Cinque anni dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare una decisione che abroga la presente lettera”

27 L’articolo n. 107, paragrafo terzo del TFUE così dispone: “3. Possono considerarsi compatibili con il mercato interno: a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni di cui all'articolo 349, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale; b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro; c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse; d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nell'Unione in misura contraria all'interesse comune; e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, su proposta della Commissione”. Si precisa che

tutte le misure rientranti nelle ipotesi di cui al paragrafo secondo, essendo già preventivamente dichiarate compatibili dal Trattato stesso non soggiacciono al preventivo obbligo di notifica

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19

subordinatamente alla valutazione sul punto della Commission, (a cui tali misure devono essere notificate previamente alla loro erogazione). Riguardo a tale categoria, nel prosieguo, verrà evidenziato come la stessa Commissione, in molteplici decisioni sulla compatibilità con il diritto comunitario degli erogati aiuti al settore bancario, abbia considerato tali misure compatibili con il mercato interno proprio ai sensi dell’art 107, paragrafo 3.

Oggetto di specifica e successiva analisi sarà invece l’eccezione alla disciplina degli aiuti di Stato e, più in generale, alle regole della

concorrenza, contenuta nell’art. 106 paragrafo secondo del TFUE28

e, in particolare, alle erogazioni statali a talune imprese quando esse siano erogate a titolo di compensazione degli oneri di servizio pubblico che a tale impresa sono affidati.

dell’aiuto alla Commissione; viceversa, tale obbligo sussiste per le ipotesi di aiuto ricompreso nelle ipotesi previste dal paragrafo 3.

28 L’art 106 del TFUE così dispone: “1.. Gli Stati membri non emanano né mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme dei trattati, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 18 e da 101 a 109 inclusi. 2. Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi dell'Unione. 3. La Commissione vigila sull'applicazione delle disposizioni del presente articolo rivolgendo, ove occorra, agli Stati membri, opportune direttive o decisioni”.

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20

1.2 L’erogazione degli aiuti Stato al settore bancario prima della crisi del 2008.

Come sopra brevemente delineato, secondo il disposto dell’art. 107, paragrafo primo, TFUE (ex art. 87 TCE), sono incompatibili con il diritto dell’Unione europea e con il mercato interno, nella misura in cui su di esso incidano, gli aiuti concessi dagli Stati, in qualunque forma – come detto,

non solo limitatamente alle erogazioni dirette di denaro29 – che favorendo

talune imprese, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.

Le disposizioni del Trattato, tuttavia, non forniscono un chiara definizione del concetto di “aiuto di Stato” che, invece, è stato mutuato per mezzo dell’attività ermeneutica della Corte di Giustizia e del ruolo delle Commissione; attualmente, infatti è riconosciuta unanimemente la presenza di un aiuto di Stato ogni qualvolta la misura, consistente nel trasferimento di risorse statali, attribuisca un vantaggio per di una sola impresa beneficiaria, incidendo negli scambi intracomunitari. Una misura costituisce aiuto di Stato se soddisfa tutti i suddetti requisiti

Come detto, infatti, il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, al citato art. 107, prevede alcune deroghe al generale principio di incompatibilità degli aiuti. Si distingue tra aiuti che lo stesso Trattato definisce come compatibili di diritto, ossia le misure indicate dall’art. 107

paragrafo 2 lettere a-b-c30 e aiuti che possono essere compatibili con il

mercato interno, disciplinati dall’art. 107 paragrafo 3 lettere a-b-c-d, ma, in

29 Si cita, tra le molte pronunce, Corte di Giustizia, sent. 15 marzo 1994, causa c-387/1992, Banco Exterior e Espana, in Racc. p. I-877

30 L’art. 107 paragrafo 2 prevede la compatibilità degli aiuti di natura sociale concessi ai

singoli consumatori, gli aiuti concessi in caso di, o comunque per riparare ai danni causati da, calamità naturali e infine agli aiuti concessi ai Lander tedeschi in ragione degli svantaggi economici che hanno patito in ragione della divisione della Germania.

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21

tale fattispecie, spetterà alla Commissione pronunciarsi sulla eventuale

applicabilità di tali deroghe31, in seguito ad una istruttoria volta a verificare

la reale compatibilità della misura.

Per quanto riguarda il settore bancario, molti sono stati i casi portati all’attenzione della Commissione. Le pronunce dell’istituzione su tale argomento tuttavia, possono essere suddivise in due fasi, la cui linea di demarcazione è costituita dalla crisi bancaria del 2008, che ha portato ad un secco revirement della Commissione che ha, in maniera molto decisa, cambiato la propria posizione riguardo alle misure statali a sostegno degli enti bancari.

Nel presente paragrafo si intendono analizzare alcune delle più significative decisioni della Commissione europea nel periodo che ha preceduto la crisi del 2008.

Negli Anni ’90 del Novecento la Commissione ha reso due decisioni di primaria rilevanza in materia di aiuti di Stato al sistema bancario: la

decisione relativa al caso Credit Lyonnais32 e la decisione resa nella

procedura relativa agli istituti Banco di Sicilia e Sicilcassa33.

L’importanza della pronuncia Credit Lyonnais risiede nella circostanza che tale decisione, in assenza di specifiche Comunicazioni della Commissione in materia di aiuti di Stato al settore bancario, da un lato dettò le linee guida cui l’esecutivo europeo si è attenuta in futuro e, dall’altro creò un precedente vincolante che, fino alla crisi del 2008, non venne mai ribaltato. A partire dal 2008, invece, si osserverà come le linee guida, in

31 L’art. 107 paragrafo 2 prevede la compatibilità degli aiuti volti ad agevolare lo sviluppo di

regioni con un basso tenore di vita e un alto livello di disoccupazione, gli aiuti volti a realizzare un progetto comune europeo o per rimediare ad un grave turbamento dell’economia, aiuti per sostenere lo sviluppò di alcune attività o regioni – purché non alterino il normale gioco della concorrenza, ed infine gli aiuti destinati alla cultura e alla conservazione dei beni culturali.

32

Decisione della Commissione del 20 maggio 1998, concernete gli aiuti accordati dalla Francia al Gruppo Credit Lyonnais, in GUCE L 221 dell’08 gennaio 1998, pagg. 28 e ss.

33 Decisione della Commissione del 10 novembre 1999 recante approvazione condizionata

dell’aiuto accordato dall’Italia alle banche pubbliche siciliane Banco di Sicilia e Sicilcassa, in GUCE L 256 del 10 ottobre 2000, pagg. 21 e ss.

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precedenza seguite pedissequamente dalla Commissione, saranno sostituite da una copiosa produzione di comunicazioni della stessa istituzione, mentre le decisioni successive troveranno una differente base giuridica posta a sostegno della compatibilità della misura.

Per quanto specificamente attiene alla pronuncia Credit Lyonnais, alla Commissione era stato notificato, da parte del Governo francese, il piano di risanamento predisposto per l’istituto bancario, peraltro successivo a precedenti misure già autorizzate in sede europea ed erogate dal governo,

senza tuttavia aver sortito l’effetto sperato di risanamento della banca34.

La Commissione ha valutato le misure proposte dallo Stato alla luce dei principi dettati, in via generale, nella Comunicazione del 1994 sul

salvataggio e ristrutturazione delle imprese in difficoltà35, affermando che il

piano notificatole risultava coerente con gli obiettivi prefissati e che risultava altresì compatibile anche alla luce dell’imposizione di sacrifici e limitazioni all’istituto bancario. Tali ultime misure, come la chiusura di filiali e agenzie, erano poste a bilanciamento della grave distorsione delle regole della concorrenza che l’erogazione delle sovvenzioni avrebbe potuto portare nel mercato di riferimento e comunque erano altresì gli unici provvedimenti idonei, da un lato, a ridurre le ingenti spese che gravavano sul bilancio dell’Istituto e, dall’altro, a liberare quote di mercato a vantaggio dei concorrenti.

Ma ciò che ha reso tale pronuncia uno dei cardini della materia va individuato nel criterio, utilizzato dalla Commissione, per valutare la compatibilità delle misure proposte dalla Repubblica francese con il mercato interno; l’Istituzione, infatti, ricorse al “criterio dell’investitore

34 In particolare il riferimento è alla Decisione della Commissione del 26 luglio 1995, recante

autorizzazione – condizionata – dell’aiuto accordato dalla Francia alla banca Credit Lyonnais, in GUCE L 308 del 21 dicembre 1995, pagg. 92 e ss.

35 Comunicazione recante orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà in allora vigente, pubblicato in GUCE C 368 del 23

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23

privato in un’economia di mercato”36 ma adattandolo alle esigenze del sistema bancario e cercando di conciliare gli obiettivi della politica di concorrenza con quelli della liberalizzazione del mercato bancario. Infatti, nella decisione viene affermato che la possibilità che un istituto di credito non redditizio venga sanzionato e, se del caso, liquidato ed espulso dal mercato costituisce “..un elemento fondamentale per la fiducia degli

operatori economici..37” e, viceversa, che mantenere in vita artificialmente

un istituto di credito con misure pubbliche di sostegno costituisce un “moral

hazard” che “a lungo termine intacca la solidità dell’intero sistema creditizio”, comportando la “disfunzione del sistema creditizio nel suo complesso”38.

Pertanto la Commissione ritiene che la liquidazione e la scomparsa di una banca in difficoltà devono costituire un evento usuale nel mercato, e che, anzi, devono essere intesi quali “…sintomi di un sistema bancario

sano e concorrenziale…”39, la cui realizzazione, peraltro, è un obiettivo cui la politica della concorrenza e la politica prudenziale in materia bancaria devono tendere.

A conclusione della propria analisi, la Commissione, qualificate le misure erogate dallo Stato francese come aiuti di Stato, osserva altresì che la portata del dissesto dell’Istituto di credito era dovuta alla carenza di controlli interni e esterni della “governance”, acuito “dalla confusione dei

36 In base a tale criterio, si ritiene che un intervento di questo genere non costituisca un aiuto

qualora adottato dalle autorità pubbliche nelle stesse condizioni in cui sarebbe stato adottato da un investitore privato operante in normali condizioni di economia di mercato. Pertanto, in concreto, per stabilire se la misura presenti un elemento di aiuto, la Corte verifica se un operatore privato di dimensioni paragonabili a quelle degli organismi pubblici avrebbe effettuato l’operazione di cui trattasi alle stesse condizioni. In giurisprudenza si vedano sentenze 10 luglio 1986, causa 234/84, Belgio/Commissione (Racc. pag. 2263, punto 14); 21 marzo 1990, causa C-142/87, Belgio/Commissione, Tubemeuse (Racc. pag. I-959, punto 26), e 21 marzo 1991, causa C-305/89, Italia/Commissione, Alfa Romeo (Racc. pag. I-1603, punto 19).

37 Decisione della Commissione del 20 maggio 1988, cit, paragrafo 8. 38 Ibidem

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ruoli tra Stato azionista, stato imprenditore, stato regolatore, Stato provvidenza”40, ma infine valuta tale intervento compatibile con il Trattato

ai sensi dell’allora art. 87 paragrafo 3 lettera c)41, oggi art. 107 paragrafo 3

lettera c), nonché, come detto, alla luce della Comunicazione recante orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle

imprese in difficoltà del 199442.

Tuttavia, nonostante i tentativi di adeguamento delle misure generali alla peculiarità del settore bancario, si può osservare come, nel concedere l’erogazione dell’aiuto, la Commissione non abbia poi in concreto applicato i suoi precedenti ragionamenti, applicando unicamente i criteri dettati in via generale dalla Comunicazione del 1994, e tralasciando ogni concreta applicazione relativamente alle considerazioni, pur precedentemente effettuate in merito alla recente liberalizzazione del sistema bancario o sulla libera circolazione dei servizi bancari e finanziari.

Medesima impostazione la Commissione ha tenuto nella analisi e

valutazione nei casi Banco di Sicilia e Sicilcassa43, riguardanti gli aiuti

concessi dall’Italia alle due banche pubbliche, attraverso la predisposizione di un piano di risanamento della crisi dei due istituti con la contestuale creazione di un unico e nuovo polo bancario regionale, guidato dal Banco di Sicilia, attraverso l’acquisizione delle attività di Sicilcassa nonché l’erogazione di misure di sostegno mirate, provenienti dalla Banca d’Italia e dal Fondo interbancario di tutela dei depositi. Tale ultima misura di sostegno, considerata la più problematica dall’esecutivo europeo, è consistita nella concessione da parte della Banca d’Italia di una garanzia al

40 Ibidem

41 Tale articolo, già citato in precedenza, afferma che “….3. Possono considerarsi compatibili con il mercato comune …. c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse…”.

42 Cfr. nota n. 13.

43 Decisione della Commissione del 10 novembre 1999 recante approvazione condizionata

dell’aiuto accordato dall’Italia alle banche pubbliche Banco di Sicilia e Sicilcassa, in GUCE del 10 ottobre 2000, p. 21 e ss.

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Banco di Sicilia, a copertura delle perdite, eventualmente irrecuperabili, che si sarebbero potute verificare in seguito all’acquisizione di Sicilcassa.

La Commissione, nel vagliare il descritto piano di risanamento predisposto dallo Stato italiano per i due istituti, procedette applicando il medesimo orientamento di cui al caso Crèdit Lyonnais, valutando il piano di risanamento alla luce del criterio dell’investitore privato e delle ripercussioni sulla concorrenza comunitaria.

Sotto il primo profilo, la Commissione assume un atteggiamento ancora più rigido rispetto a quello tenuto nella fattispecie precedente, affermando che la misura di sostegno costituita dalla garanzia della Banca d’Italia, benché rimanga, al momento della decisione, solamente su un livello ipotetico e potenziale, costituisce un elemento fondamentale, capace di influenzare le decisioni di Banco di Sicilia, e che, in mancanza di tale misura di sostegno, non vi sarebbe stato nessun acquirente per le attività

della Cassa di Risparmio Sicilcassa44.

Per quanto attiene al secondo aspetto, ovvero le ricadute distorsive che tale aiuto avrebbe potuto creare al mercato interno ed alla concorrenza comunitaria, la Commissione, specificando che gli aiuti concessi costituiscono principalmente “…un premio all’inefficienza e sono contrari

alla disciplina di mercato…”45

ha affermato che tutti gli aiuti concessi a un

istituto bancario, nonostante esso non svolga attività al difuori del territorio nazionali, costituiscono misure idonee a turbare la concorrenza negli scambi intracomunitari, in quanto la realizzazione di un mercato unico in materia bancaria permette a tutti gli istituti bancari di fornire i loro servizi in tutto il territorio europeo e che, comunque, Banco di Sicilia fornisce credito a

44 Decisione della Commissione del 10 novembre 1999, cit, paragrafo 44. 45 Decisione della Commissione del 10 novembre 1999, cit, paragrafo 86.

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26

imprese che si trovano in concorrenza con altre imprese nei mercati

internazionali, turbando così il relativo mercato46.

Alla luce dei criteri così delineati, le misure di sostegno notificate dallo Stato italiano sono state quindi qualificate dalla Commissione come aiuti di Stato ai sensi dell’art. 87 del Trattato ma, al momento di valutarne la

compatibilità 47con il Trattato, la Commissione ha rilevato che l’aiuto può

essere ritenuto compatibile, secondo la deroga settoriale di cui all’art. 87 par. 3 lettera c) – già precedentemente applicata nel Caso Credit Lyonnais, in ragione del grado di realismo e ragionevolezza del piano presentato.

Nelle decisioni rese nei primi anni del 2000 in materia di aiuti al settore bancario e creditizio, la Commissione non mutò gli orientamenti oramai consolidatisi con le decisioni Credit Lyonnais e Banco di Sicilia e

Sicilcassa. Infatti anche nelle pronunce Bankgesellshaft Berlin48 e GE

Capital Bank49 la Commissione ha analizzato le misure richieste, da un lato,

applicando il criterio dell’investitore privato in un’economia di mercato50

e, dall’altro, applicando i principi contenuti nella Comunicazione sugli aiuti al

46

DIVERIO, D. Gli aiuti di Stato al trasporto aereo e alle banche. Dalla crisi di settore alla

crisi di sistema. Giuffré Editore, Milano 2010 pagg.109 e ss.

47 La Commissione in tale occasione affermò esplicitamente che l’aiuto notificato non poteva

essere concesso al fine di fronteggiare o scongiurare una crisi bancaria sistemica in Italia e respingendo così recisamente le affermazioni avanzate dallo Stato italiano secondo il quale poteva rientrare nel concetto di “comune interesse”, richiesto ai sensi dell’art. 87 paragrafo 3 lettera c), l’esigenza di “scongiurare una crisi bancaria europea”. Sul punto si richiama la citata Decisione della Commissione del 10 novembre 1999, paragrafo 35, ove si afferma che le ragioni delle difficoltà di Banco di Sicilia e Sicilcassa sono da imputarsi direttamente alla cattiva gestione del credito in Sicilia e alla assenza di rigidi controlli; inoltre, in risposta alle osservazioni presentate dalla Stato italiano si afferma che le ridotte dimensioni dell’istituto di Credito – e l’esistenza di un fondo di garanzia – permettono di ritenere più che marginali gli effetti o comunque l’impatto nei mercati finanziari europei del paventato dissesto degli istituti bancari siciliani.

48 Decisione della Commissione del 18 febbraio 2004 relativa all’aiuto e ristrutturazione in

favore di Bankgesellshaft Berlin AG in GUUe L 116 de 04 maggio 2005, pagg 1 e ss.

49 Decisione della Commissione del 18 luglio 2007 relativa all’aiuto di Stato concesso dalla

Repubblica Ceca alle imprese GE capital Bank AS e Ge capital international Holdings Corporation, USA, in GUUE L 67 dell’11 marzo 2008 pag.. 3 e ss.

50 Affermando, in particolare nella decisione del 2004 al paragrafo 134 e relativa agli aiuti

concessi in favore di Bankgesellshaft Berlin AG, che “… i mezzi finanziari sono stati concessi

a condizioni inaccettabili er un finanziatore operante nell’ambito dei principi di un’economia di mercato…”.

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27

salvataggio e ristrutturazione delle imprese in difficoltà51, tentando, in

queste pronunce più che nelle altre, di adattare i predetti orientamenti generali alle peculiarità del mercato di riferimento. Anche nelle decisioni di specie, la Commissione quindi ha valutato le misure come aiuti di Stato, sancendone tuttavia la compatibilità con il Trattato CE, alla luce delle disposizioni di cui al menzionato articolo 87, paragrafo 3, lettera c) del Trattato stesso, ma prevedendo comunque, una consistente riduzione della presenza della banca sul mercato, volta ad attenuare l’effetto distorsivo della concorrenza che le misure autorizzate avrebbero potuto viceversa comportare.

Per quanto specificamente concerne l’Italia, merita una veloce menzione la decisione, negativa, che la Commissione ha reso nel 2001 nei confronti delle misure adottate da tale Stato a vantaggio del sistema

bancario52. Con tali misure il Governo italiano intendeva principalmente

stabilire una riduzione del 12,5% dell’aliquota dell’imposta sul reddito applicabile alla banche che realizzassero operazioni di fusione o ristrutturazione, oltre ad altre agevolazione di natura fiscale sulle medesime operazioni di fusione o ristrutturazione.

La Commissione, con la propria decisione, successivamente

confermata dalla Corte di Giustizia53, ha considerato le misure italiane

selettive, di provenienza statale e idonee a incidere negativamente sugli scambi comunitari, integrando così un aiuto di Stato illegittimo. La Commissione rifiutava infatti di riconoscere le misure identificate dallo

51 In queste decisioni la Comunicazione applicata dalla Commissione è la Comunicazione sugli

aiuti di Stato al salvataggio e alla ristrutturazione delle imprese in difficoltà de 1999, in GUCE c 288 del 09 ottobre 1999, la quale ugualmente alla precedente Comunicazione del 1994 si limitava a dare riferimenti e linee guida generali, non perfettamente sovrapponibili al mercato bancario e creditizio.

52

Decisione della Commissione dell’11 dicembre2001, relativa al regime di aiuti di Stato cui l’Italia ha dato esecuzione in favore delle banche, in GUCE L 184 del 13 luglio 2002 pagg 27 e ss.

53 Corte di Giustizia, 15 dicembre 2005, causa C-66/02, Italia c. Commissione, in Racc. 2005,

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Stato italiano come predisposte al fine di migliorare il sistema normativo bancario, giudicandole bensì come aiuti selettivi idonei a migliorare la competitività di solo alcune imprese bancarie, ovverosia soltanto di quegli istituti che intraprendevano misure di fusione o ristrutturazione, danneggiando così gli altri operatori bancari operanti nel medesimo settore, nonché delle altre imprese che intraprendevano operazioni di fusione o

ristrutturazione, ma operavano in un mercato diverso da quello bancario54.

Procedendo quindi al vaglio della compatibilità dell’aiuto, la Commissione esclude chiaramente ogni ipotesi di applicabilità dell’art. 87 paragrafo secondo; per quanto riguarda invece l’applicabilità del paragrafo terzo del medesimo articolo, la decisione è netta nell’escludere anche l’applicabilità di quel criterio, contenuto nella lettera c), che fino a tale pronuncia aveva garantito la compatibilità comunitaria di analoghe misure. Tale esclusione è supportata da due principali osservazioni: in primo luogo, per la Commissione non era possibile applicare la Comunicazione relativa al salvataggio e alla ristrutturazione delle imprese in difficoltà, mancando un’impresa versante in tale condizione e, in secondo luogo, non erano state previste dal Governo italiano misure idonee a controbilanciare i benefici dell’aiuto e quindi volte a riequilibrare la concorrenza nel mercato interessato. Secondo la Commissione, peraltro, tali misure non erano state previste dallo stato italiano per la semplice ragione che le agevolazioni fiscali erano state inserite unicamente allo scopo di avvantaggiare la posizione di tali istituti bancari proprio in virtù dell’elevata concorrenza internazionale presente nel mercato di riferimento. Nella sentenza in commento, la Corte di Giustizia sottolinea come la Commissione abbia correttamente valutato le misure presentate dal Governo italiano e che esse definitivamente non possano rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 87, paragrafo 3, lettera c), del Trattato CE, poiché esse non sono rivolte allo

54.G

IANONCHELLI S, Gli incentivi fiscali alla riforma del sistema bancario italiano al vaglio

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sviluppo dell’attività bancaria in quanto tale e, pertanto, non appare individuabile, nella ratio della misura, il requisito del “comune interesse”

richiesto dal Trattato CE55.

Analogo destino ebbero le misure predisposte dal Governo Italiano qualche anno dopo. In particolare vennero censurate dalla Commissione, per le medesime ragioni indicate nella decisione del 2005, le norme

contenute nella legge n 350/2003 (legge finanziaria 2004) 56. Tali misure

prevedevano nuovamente vantaggi di natura fiscale al sistema bancario ma, secondo la Commissione, non tutte le banche ne avrebbero potuto beneficiare: in particolare, solo nove istituti di credito sarebbero risultai gli effettivi destinatari della normativa in oggetto, circostanza comportante una chiara selettività della misura, a nulla valendo le argomentazioni giustificative addotte dallo Stato italiano circa le peculiarità del mercato

bancario57. Pertanto la Commissione dichiarava le misure aiuti di Stato e,

55 Corte di Giustizia, 15 settembre 2005, cit., punto 148.

56 Decisione della Commissione del 11 marzo 2008 relativa all’aiuto di Stato C 15/2007

(ex-NN 20/2007) cui l'Italia ha dato esecuzione, concernente incentivi fiscali a favore di taluni istituti di credito oggetto di riorganizzazione societaria – in G.U.U.E. L 237 del 04 aprile 2008 p. 70 e ss.

57 La Commissione Europea in data 30 maggio 2007 comunicava all’Italia l’avvio di un

procedimento d’indagine formale ai sensi dell’art. 88 par. 2 del Trattato CE, in relazione all'articolo 2, comma 26, della Legge 350/2003, avendo con tale norma lo Stato italiano introdotto un regime fiscale derogatorio, allo scopo di riallineare i beni di taluni istituti di credito risultanti dalle riorganizzazioni effettuate ai sensi della Legge 218/1990. Nel corso della propria indagine, la Commissione ha rilevato come, in occasione della privatizzazione degli istituti di credito operata con la legge da ultimo citata, fosse stato previsto che non tutte le plusvalenze realizzate con il conferimento dei beni venissero riconosciute fiscalmente, allo scopo di garantire la neutralità dell’operazione di privatizzazione stessa: in particolare, la legge del 1990 prevedeva che solo il 15% delle plusvalenze venisse riconosciuto (e quindi tassato), aumentando così proporzionalmente (del 15%) la base imponibile (operazione di riallineamento) e assoggettandola all’imposta sui redditi in vigore all’epoca. Il restante 85% del valore delle plusvalenze è stato “congelato” e non riconosciuto fiscalmente fino alla vendita del bene di riferimento o alla distribuzione dei dividendi agli azionisti. Il sistema appena descritto, se inizialmente considerato straordinario e limitato agli istituti bancari direttamente coinvolti dalla legge 218/1990, venne trasformato, con il decreto legislativo 358/1997 nel regime fiscale ordinario per le imprese oggetto di ristrutturazione aziendale e quindi non valutabile dalla Commissione quale aiuto di Stato, essendo applicabile indistintamente a tutte le società. Nel 2000 poi il legislatore, con la legge 342/2000 “scongelava” il 85% del valore delle plusvalenze rimasto inerte dal 1990, permettendo agli istituti bancari privatizzati il riallineamento della base imponibile con il valore delle plusvalenze a bilancio al 31/12/1999, a condizione che esse

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nel vagliarne la compatibilità con il Trattato, escludeva l’applicabilità anche dell’art. 87 paragrafo 3 lettera c), per i medesimi motivi esposti nella precedente decisione.

Gli orientamenti ricavabili dalle analizzate pronunce della

Commissione permettono quindi di comprendere l’atteggiamento

dell’esecutivo europeo fino al dilagare degli effetti della crisi del 2008. La Commissione europea, fino a tale momento, aveva ritenuto possibile, anzi, normale, se non addirittura sano, il fallimento di un istituto di credito, quale conseguenza naturale dell’applicazione delle logiche del mercato. Tuttavia, nel contempo, non riteneva incompatibili gli aiuti di Stato volti alla ristrutturazione degli istituti bancari in difficoltà – ai sensi dell’art. 87 paragrafo 3, lettera c) – allorquando essi non turbassero l’equilibrio della concorrenza in modo non rispondente al comune interesse e cioè, in tutti quei casi in cui venivano previste dallo Stato erogatore, congrue e idonee misure volte a controbilanciare lo squilibrio occorso alla concorrenza nel mercato.

provvedessero al versamento dell'imposta sostitutiva sulle società pari al 19% della plusvalenza al posto dell'aliquota globale del 42,4% (applicabile all'epoca), sbloccando così gli utili ricavati dalle transazioni inziali e potendo così distribuire i relativi utili agli azionisti. Nemmeno tale misura, a parere della Commissione, risultava censurabile dal punto di vista della disciplina degli aiuti di Stato, avendo il legislatore del 2000 espressamente esteso ed equiparato la nuova disciplina anche a tutte le imprese oggetto di ristrutturazione aziendale ai sensi del D.Lgs. n. 358/1997 e quindi mancando il criterio della “selettività” della misura. Stesso ragionamento viene anche applicato dalla Commissione relativamente ai riallineamenti previsti dalla legge 448/2001, che prorogava i suddetti benefici fiscali, tanto per gli istituti bancari privatizzati ex legge 218/1990 che per tutte le altre imprese oggetto di ristrutturazione aziendale, fino alla chiusura del bilancio di esercizio al 31/12/2001. La Commissione, tuttavia, ha osservato che tale equiparazione non veniva disciplinata nella legge 353/2003, che prevedeva, tra l’altro, la proroga dei termini alla chiusura del bilancio al 31/12/2003, nonché la possibilità di beneficiare del pagamento dell’imposta sul reddito per le plusvalenze dell’aliquota del 12% (9% in caso di duplice riallineamento) invece che del 37,5%, solo ed unicamente per gli istituti bancari privatizzati con la legge 218/1990. Ciò, si concretizzava in un vantaggio fiscale pari a 500 milioni di euro, ossia la differenza tra quanto avrebbero dovuto versare gli istituti bancari beneficiari della misura e quanto è stato poi effettivamente versato.

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1.3 Gli aiuti di Stato al settore bancario dopo la crisi del 2008.

Nell’estate del 2008 la Commissione si è trovata a decidere sui primi

casi di istituti (Sachsen LB58 e Roskilde Bank59) colpiti dalla crisi

economico–finanziaria derivante dal fallimento delle grandi banche statunitensi ma, pur riconoscendo l’imputabilità delle difficoltà degli istituti di tale peculiare situazione, la Commissione non muta la propria prassi e mantiene gli orientamenti maturati dal caso Crèdit Lyonnais. Infatti nelle decisioni in esame la Commissione individua la configurabilità di un aiuto di Stato, ma ne sancisce la compatibilità con il diritto comunitario alla luce delle disposizioni contenute nell’art. 87 paragrafo terzo lettera c).

In particolare, nonostante la richiesta dello Stato tedesco, la Commissione rileva sussistere una peculiare situazione di turbamento presente nei mercati internazionali, ma non ritiene che vi siano gli estremi per riconoscere l’eccezionalità della situazione, né che sia applicabile l’art. 107 paragrafo 3 lettera b), non sussistendo, al momento, una situazione tale

da creare un grave turbamento nell’economia di uno Stato membro60.

Solo dall’ottobre del 2008, a seguito del fallimento della banca Lehman Brothers, la Commissione muta la propria posizione, trovandosi di fronte ad un numero sempre crescente di interventi statali a favore degli istituti bancari, quali garanzie o agevolazioni che assumevano la forma di misure di sostegno al settore del credito.

58 Decisione della Commissione del 4 giugno 2008 relativa ad un aiuto di Stato 98/08 a cui la

Germania ha dato attuazione in favore di Sachsen LB in GUUE L. 104 del 24 aprile 2009 p. 34 e 22.

59 Decisione della Commissione del31 luglio 2008, aiuto di Stato 36/08 Denmark Roskilde

Bank A/S in GUUE C 238 del 17 settembre 2008 p. 5 e ss.

60 107 paragrafo, 3 lettera b), del Trattato: “…Possono considerarsi compatibili con il mercato interno … gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro…”.

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