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i Prova Scritta di Filosofia Traccia n. I

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Academic year: 2021

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Prova Scritta di Filosofia Traccia n. I

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Di tale natura e di tal numero sono dunque le concezioni generalmente condivise intomo alla sapienza (oo$ío) e intorno ai sapienti. Ora, il primo <ii questi caratteri - il conoscere ognl cosa devc appartenere soprattutto a chi possiede la scienza (inrofipq) dell'universale: costui iniatti sa, sotto un certo rispetto, tutte le cose <particolari, in quanto queste sono) soggette <all'universalc>. In secondo luogo, le cose più universali sono appunto le più difficili da conoscere per gli uornini: sonu infatti le più lontane dalle sensazioni. Infìne, le scienze piil esatte sono quelle soprattutto che vertono intorno ai primi principi: infatti le scienze che presuppongono un mlnor numcro di principi sono piir esatte di quelle che presuppongono, altresì, l'aggiunta <di ulteriori principi>, come ad escmpto I'aritmetica rispetto alla geometria. Ma è anche maggiormente capace di insegnare la scicnza che maggiormente indaga le cause: infatti insegnano coloro che dicono quali sono le causc di ciascuna cosa. Inoltre, il sapere e il conoscere che hanno come fine il sapere e il conoscere mcdesimi, si trovano soprattutto nella scicnza che è in massimo grado conoscibile: infatti colui che desidera la scienza per se medesima, desidera soprattutto quella che è scienza in massimo grado, e tale c, appunto, la scienza di ciò che è in massimo grado conoscibile. Ora, conoscibili in massrmo grado sono i primi principi e le cause; infàtti mediante essi e muovendo da essi si conoscono tutte le altre cosc, mentre viceversa essi non si conoscono mediante le cose che sono loro soggette. E la piu clevata delle scienze, quclla che piir deve comandare sulle dipendenti, è la scienza che conoscc il fine per cui viene fatta ogni cosa; c il fine, in ogni cosa, è il bcne, e, in generale, nella natura tutta, il finc è il sommo bene.

Da tutto oiò che si ò detto, dunque, risulta che il nome che è oggetto della nostra intlagine si riferisoc ad una unica e modesima scicnza: essa deve speculare intomo ai principi prirni e alle cause;

infatti anche il bene c il fine dellc cose è una causa.

Cho poi essa non tenda a realizzare qualcosa, risulta chiaramente anche dalle alfermazioni di coloro che per primi hanno coltivato la filosofia. tnfatti gli uomini hanno cominciato a 1ìlosofaro, ora come all'inizio, a causa della rncraviglia; mentre da prinoipio restavano meravigliati di 1ìontc allc diftìcoltà piir semplici, in scguito, progredcndo a poco a poco, giunsero a porsi problerni scnrplc maggiori: per esempio i problemi riguardanti i ienomeni della luna e quelli del sole e degli astri, o i problemi riguardanti la generazione dell'intero universo. Ora, chi prova un senso di dubbio e di meraviglia riconosoe di non sapcre; ed è per questo che anche colui che ama il mito è, in certo qual modo, filosofo: il mito infatti è costituito da un insieme di cose che destano meraviglia. Cosicché, se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dall'ignoranza, è evidente che ricercarono la conoscenza solo al fìne di sapere e non per conseguirc qualche utilità pratica. E il morlo stesso in cui si sono svolti i fatti lo dimostra: quando già c'era pressoché tutto ciò che necessitava alla vita cd anche a|l'agiatezza ed al benessere, allora si incominciò a ricercare questa forma di conoscenza. E' evidente, dunque, che noi non la ricerchiamo per nessun vantaggio che sia estranco ad essa; e, anzr, è evidente che, come diciamo uomo libcro colui che è fine a se stesso e non è asservito acl altri. così qucsta sola, tra tutte lo altre scienze, la diciamo libera: essa sola, infatti. è finc a se stessa.

ARls t'oTELL, Me I afìs ica

Comìnentule il pensicro dell'aukra, ttrutntkt di inquadrarlo nel suo contesb sbrico e st,ilupTtrulonc It' i mp I i cazi on i tc 0 ra t ic he.

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Prova Scritta di Filosofia Traccia n. 2

La scguente trattazione spiega abbastanza il motivo pcr cui questa Critica non è intitolata Critica della ragion pura pratica, ma semplicemente Critica della ragion pratica in genere, benché il parallelismo di essa con la ragione speculativa sembri richiedere il primo titolo. Essa deve scmplicemente dimostrare che vi è una ragion pura pratica, e a questo fine ne critica l'intera facoltà pratica. Sc riesce in ciò, essa non ha bisogno di criticare la stessa.fàcoltà para, pcr vedere se la ragione non oltrepassi se stessa con questa facoltà, come con una semplice presunzione (come invero accade con la ragionc speculativa). Poiché se essa, come ragion pura, è veramenro pratrca, dimostra la rcaltà propria e quella dei suoi concetti medrante il fatto, cd e vano ogni sofisticare contro la sua possibilità di essere tale.

Il concetto della libertà, in quanto la realtà di essa è dimostrata mediantc una legge apodittica dclla ragion pratica, costituisce ora la chiave di volla dell'intero edificio di un sistema della ragion pura, anche della speculativa, c tutti gli altri concetti (quelli di Dio e dell'immortalità), i quali, come semplici idec, nella ragione speculativa rimangono senza sostegno, ora si riuniscono ad osso e ricevono con esso e pejr mezz.o di esso la stabilità e la realtà oggettiva, ossia la loro possibitità ò dímosîrara dal latto che la libertà ò reale; poiché quest'idea si maniiesta con la legge morale.

Ma la liberlà e anche I'unica fìa tutte le idee della ragione speculativa di cui not conosciamo a priori la possibilità senza tuttavia concepirla, perche essa è la condizione della legge morale che noi corroscramo. Lc idee di Dio e d,ell' immortalità, invece, non sono condizioni della leggc morale, ma soltanto condizioni dell'oggetto necessario di una volontà determinata mediante questa legge cioe dcll'ustt scmplicemente pratico della nostra ragion pura. Quindi noi possiamo af'Íennare di non cotlosccrc né perccpirc, non dico semplicemente la realtà, ma ncanche la possibilità di queste idee.

Nondimeno esse sono le condizioni dcll'applicazionc della volontà dctcrminata moralmcnîc all'oggetto che le è dato a priori (il sommo bene). Perciò si può e si d,eve ammetterz la loro possibilità in questa relazione pratica, senza però conosccrla né percepirla tooreticamente. Per quest'ultima esigenza è sufficiente allo scopo pratico che esse non contengano impossibilità intema (contraddizione). Quosto è il fondamento del consenso, semplicemente soggettivo in confronto con la ragione speculativa, ma di valore oggeÍtivo per una ragione bensì pura, ma pratica, per quale alle idee di Dio e dell'immortalità mediante il concetto della libertà son procurati la realtà oggettiva e il diritto, anzi la necessità soggettiva (bisogno della ragion pura) di ammetterle senza che perciò tuttavta la ragione sia estesa nella sua conoscenza teoretica; vien data soltanto la possibilità, che prrma cra solo un problema, e qui diventa asserzione, e così I'uso pratico della ragione è connesso r:on gli elemcnti dell'uso teoretico.

I. KANI, Critica della ragion pratica

( ommcntatc qucsto passo di Kant, ínquadrandolo nel suo contcslo storico e sviluppandone lc i n p I i utz i ct ni di carattcre teorc I ico.

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Prova Scritta di Filosofia Traccia n.3

Il rnio argomento [...] è I'etica, e io adotterò la spiegazione del termine data dal profèssor Moorc nel suo libro Principia t)thica. Egli dice "Etica è la ricerca generale su ciò che è bene". Ora, io userò il termine "etica" in un scnso un poco più lato, in un senso, di fatto, chc include la parte secondo me piir essenziale di ciò che viene chiamato estetica. E per farvi vedcre il piir chiaramente possibilo che cosa assumo coÌne oggetto proprio dell'etica, vi presenterò alcune espressioni più o meno sinonime, ciascuna delle quali può essere sostituita dalla definizione precedentc [...]. Ora, invece di dire che l' "etica è la ricerca su ciò che è bene" avrei potuto dire che I'etica è la ncerca su ciò che ha valore; o su oiò che è realmente importante, o sul signilicato della vita, o su ciò che la la vrta meritevolc di essere vissuta, o sul modo giusto di vivere. Io credo che se voi guardate a tuttc qucste fiasi, avrete un'idca approssimativa di ciò di cui I'etica si occupa. Ora, qucl che subito colpisce, in tuttc queste espressioni, ò che ciascuna di csse è in realtà usata in due sensi moltcr diversi. Li chiamerò il scnso concnte, o relativo, da una pafte, e il senso assoluto, dall'altra. Se dico, per esempio, che questa è una buona sedia, ciò significa che la sedia serve ad un corto scopo ben dctcrminato e la parola buono, <1ut, ha un signilìcato solo se questo scopo e stato fìssato in precedenza. Infatti, la parola buono, nel senso relativo, signifìca semplicemente raggiungere urr certo prcdeteminato livello. Così, quando diciamo che quest'uomo ò un buon pianista, vogliamo tntcndere chc può suonare pczzi th un cerlo grado di difficoltà con un certo grado di destrezza [...].

Usate in tal modo, queste esprcssioni non presentano problemi gravi e di difÌìcilc soluzione. Ma questo non è il modo in cui I'etica le usa. Supponiamo che io giochi a tennis e che uno di voi mi vr:da giocare e drca "ln realtà lei gioca abbastanza rnale". Supponiamo ohe io replichi "Lo so, groco male ma non voglio giocare meglio"; quell'uno di voi potrcbbe allora solo dire "Ah, sc ò così va tutto bene". Ma supponiamo invccc che io abbia detto a uno di voi una bugia assurda c chc costui venga da me e mi dica "Lei si comporta come un disgraziato" e che io gli risponda "Lo so di comportanni malc, ma non voglio compofarmi meglio", potrebbe forse dire costui "Ah, se e cosr va tutto bene"? Certamente no; direbbe piuttosto "Ma lei dovrebbe desiderare di comportarsi mcglio". Qui abbiamo un giudizio assoluto di valore, mentre il primo era un caso di giudizio relativo. L'essenza di questa differenza sembra, ovviamente, essere questa: Ogni giudizio di valore relativo è una pura asserzionc di fatti e può quindi essere espresso in una forma tale da perdero dcl tutto I'aspetto di un giudizio di valore. lnvece di dire "Questa è la via giusta per Granchester", avrei potuto dirc altrettanto bene "Questa è la via giusta che dovete percorrere se volete raggiungere Granchester nel piir breve tempo possibile". "Quest'uomo è un buon corridorc" significa solo che percorre un ccrto numero di chilometri in un certo numero di minuti, ecc. Ora, io voglio affcrmarc che, mentrc si può mostrare come tutti igiudizi di valore relativo siano pure asscrzioni di fatti, nessuna asserzione di fatti può mai csscre, o implicare, un giudizio di valore assoluto.

L. WITTGENSTEIN, Confc ranza sull'etica.

Commentatc il pcnsiero dcll'autore, inquadrandolo nel suo contesto storíco c sviluppandonc lc implicctzioni di carallcre lcor(li.o.

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