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LA RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE

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Academic year: 2021

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Capitolo I

LA RISONANZA MAGNETICA

NUCLEARE

1.1-Principi fisici

Il termine “ risonanza” indica il risultato di uno stimolo di frequenza uguale a quella caratteristica di un altro sistema che ne riceve l’ energia imposta. L’ effetto è massimo quando i due sistemi hanno caratteristiche intrinseche uguali, come ,ad esempio,la frequenza di oscillazione.

Nella Risonanza Magnetica (RM) il sistema accettore di energia è rappresentato dai nuclei atomici, spesso di idrogeno, ordinati all’ interno di un campo magnetico statico (CMS) di elevata intensità. Tale proprietà degli atomi fu scoperta già nel 1946 da Bloch e Purcell ma solo recentemente, grazie all’ avvento di nuove tecnologie

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nell’ eccitare un segnale proveniente da un piccolo volume e nel creare mappe spaziali di tale segnale, è divenuta la base di una delle più moderne, ad alta risoluzione e non invasive tecniche di imaging medico detta, appunto, MRI (Magnetic Resonance Imaging).[Wright G.A.]

I nuclei atomici sono masse cariche positivamente composte da protoni e neutroni ed alcuni di essi sono dotati di un movimento rotazionale attorno al proprio asse, regolato dal numero quantico di spin. Questo movimento delle cariche produce un campo magnetico, tale da poter assimilare questi nuclei a microscopici magneti con polarità nord-sud e orientati in tutte le direzioni. Nel corpo umano sono molti gli elementi che si prestano a questa visione, ma la scelta dell’ idrogeno è dovuta principalmente alla sua abbondanza sia sotto forma di acqua che legato chimicamente a formare zuccheri, grassi, proteine.

All’ interno dei tessuti biologici i nuclei di idrogeno sono orientati casualmente ma quando vengono sottoposti ad un campo magnetico statico di elevata intensità, costante nel tempo ed omogeneo nello spazio, si vanno ad orientare secondo tale campo nella direzione

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parallela (up) od antiparallela (down) a seconda della minore o maggiore energia dei nuclei.[Dal Pozzo]

La differenza numerica tra questi due gruppi non è molta così da poter considerare un unico vettore risultante detto di magnetizzazione macroscopica (MM); aumentando l’ intensità di CMS, cresce proporzionalmente anche quella del vettore MM con conseguente aumento della quantità di segnale utile per le immagini RM. Oltre a tale magnetizzazione i nuclei acquistano un moto di rotazione lungo la superficie di un cono ideale attorno al proprio asse, detto di precessione (Fig.1.1).

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Tale moto è rappresentato da una costante detta giromagnetica (γ) che dipende direttamente dall’ intensità del campo magnetico (I) nel quale sono immersi i protoni del tessuto biologico da esaminare ed è costante per ogni specie nucleare.

La condizione indispensabile affinché si verifichi il fenomeno della risonanza magnetica è che l’ onda RF di interrogazione sia di frequenza uguale a quella di precessione dei protoni di H, secondo la legge di Larmor:

ω= γ Ι

La costante γ per l’ H è pari a 42.6 MHz/T pertanto per un campo di 0.5 Tesla la frequenza di risonanza risulta di 21.3 MHz, per un campo di 1.5 T di 63.9 MHz.

Se andiamo a eccitare il sistema con un impulso RF a 90° i nuclei orientati nel verso parallelo, appartenenti, quindi, al livello energetico minore, ma più numerosi, si andranno a disporre nel verso antiparallelo, fino al raggiungimento dell’ equilibrio numerico delle due popolazioni ed in corrispondenza di questo avrà luogo una totale sincronizzazione di fase.

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Macroscopicamente, in presenza di un impulso RF a 90°,il vettore MM allarga il raggio della propria orbita precessionale, fino a porsi in rotazione sul piano trasversale.(Fig.1.2).

Fig.1.2-Eccitazione protonica: impulso RF a 90°.

Se la durata dell’ impulso RF si protrae, la popolazione protonica acquisisce ulteriore energia e genera un aumento della popolazione down fino ad invertire lo squilibrio numerico in assenza di eccitazione. Inoltre a causa di questo impulso, detto impulso RF a 180°, la sincronia di fase viene persa ritornando al defasamento iniziale. Il vettore di magnetizzazione macroscopica trasversale (MMT), creato dall’ impulso RF a 90°, prosegue il proprio moto spiroidale fino ad

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invertire quello iniziale, cioè si determina una opposizione del verso del vettore di magnetizzazione macroscopica longitudinale (MML) e l’ inversione del suo senso di precessione.

Quando l’ impulso a RF cessa, il sistema protonico cerca di ritornare nelle condizioni iniziali eliminando l’ energia in sovrappiù accumulata durante l’ eccitazione. Questo riassetto energetico degli spin, detto rilassamento, comporta l’ emissione di un segnale RM chiamato free induction decay (FID).

Il FID è, praticamente, la variazione della forza elettromotrice indotta dalla mutazione spaziale del campo magnetico costituito dalla MMT e

si misura con un’ antenna, opportunamente tarata, posta

trasversalmente rispetto alla MML..

L’ intensità massima del segnale RM dipende dalla percentuale dei protoni allineati all’ interno del CMS, la densità protonica (DP), e dalla differenza della quantità di spin up e down, mentre la durata è determinata dalla velocità con la quale viene abbattuta la MMT e ripristinata la MML.(Fig.1.3).

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Fig.1.3-Segnale RM o Free induction decay (FID)

Essendo i nuclei protonici immersi in ambienti molecolari diversi, la cessione di energia avrà modalità diverse in relazione alla composizione chimica dei tessuti: alcuni ostacoleranno la cessione del sovrappiù di energia (rilassamento più lungo), altri ne accetteranno il passaggio (rilassamento più breve).

I principali parametri del segnale RM sono: a) la densità protonica(DP),

b) il tempo di rilassamento T1, c) il tempo di rilassamento T2.

Il primo termine è la quantità di protoni di idrogeno risonanti per unità di volume di tessuto (voxel). Tale grandezza, responsabile dell’ ampiezza del segnale RM, aumenta con l’ aumentare

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dell’ intensità del campo magnetico, poiché sarà più elevata la probabilità di allineamento dei protoni nella direzione del campo.

Il tempo T1 o tempo di rilassamento longitudinale o spin-reticolo regola il ripristino della MML dopo un impulso RF. Matematicamente è il tempo necessario al recupero del 63% del valore globale di MML. (Fig.1.4).

Fig.1.4-Tempo di rilassamento T1.

Il tempo T2 o tempo di rilassamento trasversale o spin-spin regola l’ annullarsi della MMT creata da un impulso a RF e matematicamente è esprimibile come il tempo necessario all’ annullamento del 63% della MMT.(Fig.1.5).

A prima vista i due fenomeni potrebbero sembrare legati da una proporzionalità inversa, in realtà il recupero della MML è

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genericamente più lungo del decadimento della MMT e quindi T1 rispetto a T2; ciò dipende principalmente dalla struttura molecolare nella quale si trovano i protoni e risultano uguali solo nei liquidi puri.

Fig.1.5-Tempo di rilassamento T2.

Unito ai tempi T1 e T2 abbiamo il tempo di correlazione che esprime il tempo medio tra due collisioni molecolari ed è tanto più lungo quanto più “ statico” è il sistema molecolare. Pertanto i tessuti con tempi di correlazione più brevi sono quelli strutturalmente meno rigidi, ad esempio l’ acqua, mentre crescono per acqua contenente proteine e grassi e si allungano notevolmente per le strutture solido cristalline come le fibrosi e l’ osso compatto.

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Per le sostanze liquide sia il tempo T1 che T2 sono molto lunghi ed all’ incirca uguali, all’ aumentare del tempo di correlazione T2 decresce costantemente fino ad diventare molto breve nelle strutture cristalline, mentre T1 risulta più breve per tempi di correlazione intermedi, come nel grasso o liquidi fortemente corpuscolari.

Riassumendo, al cessare dell’ impulso RF di interrogazione il sistema protonico si trova in situazione di instabilità e l’ energia in sovrappiù viene ceduta attraverso i tessuti circostanti che la riemettono sottoforma di segnale RM o FID.

Tale segnale, rilevato tramite un’ antenna accordata sulla frequenza di risonanza, ha un’ ampiezza determinata dalla DP ed una durata regolata da T1 e T2. Ogni liquido organico ed ogni tessuto, normale o patologico, emette un segnale diverso, dipendente dallo stato di aggregazione molecolare che lo compone; la formula matematica che rappresenta quanto detto è:

S= DP e

-(TE/T2)

[1-e

-(TR/T1)

]

dove TR è il tempo di ripetizione della sequenza di impulsi e TE il tempo di eco dopo il quale si effettua la registrazione del segnale RM.

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Per trarre informazioni sulla localizzazione spaziale e quindi distinguere i nuclei mediante la direzione del loro momento magnetico, si impongono variazioni spaziali sul campo magnetico mediante l’ applicazione di gradienti di campi magnetici che fanno oscillare le regioni del volume in esame ciascuna ad una propria frequenza.

Il gradiente di campo magnetico utilizzato è lineare in modo che il campo e la frequenza risultante varino linearmente con la distanza lungo l’ oggetto in esame.

Con l’ utilizzo del gradiente di campo magnetico si ottiene che la frequenza di risonanza nei piani perpendicolari alla direzione del gradiente è costante: in questo modo, nell’ analisi dello spettro del segnale ricevuto l’ ampiezza spettrale di una particolare frequenza corrisponde direttamente al contributo al segnale di tutti i nuclei giacenti in un piano perpendicolare alla direzione del gradiente di campo applicato.[J.P.Harnak].

Il segnale FID ricevuto viene quindi analizzato mediante la Trasformata di Fourier per ottenere la mappa della distribuzione spaziale dei momenti magnetici.

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-metodo della successione di punti, che utilizza una sequenza di impulsi a RF di eccitazione e tre gradienti lineari ortogonali per la localizzazione spaziale, ideale quando sono richieste sensitività puntuali;

-metodo della successione di linee, in cui viene evidenziata la distribuzione dei nuclei lungo una linea selezionata;

-metodo della successione di piani, che permette l’ osservazione di un intero piano di imaging mediante la variazione della direzione dei gradienti applicati.

L’ intensità dell’ immagine ottenuta è largamente dipendente dalla velocità di rilassamento dei nuclei, per cui è possibile utilizzare quest’ ultima come fattore di discriminazione tra tessuti biologici. Le velocità di rilassamento sono utilizzate per modulare le intensità dei singoli pixels, mediante delle tecniche che utilizzano sequenze di impulsi per ottenere determinate informazioni dall’ ampiezza della magnetizzazione; le principali sono:

-recupero di saturazione, che utilizza una serie di impulsi a 90° intervallati di un certo tempo t;

-recupero di inversione, in cui gli impulsi che fanno ruotare la magnetizzazione di 180° sono seguiti ciascuno da un impulso a 90°;

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-spin-echo, dove un impulso che ruota la magnetizzazione di 90° è

seguito da una successione di impulsi a 180° [R.S.

Khandpur].(Fig.1.6).

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1.2-L’ hardware in MRI

I principali componenti di un apparecchio o tomografo a Risonanza Magnetica, come si può vedere in fig.1.7, sono:

-magnete;

-sistema shimming;

-bobine a radiofrequenza; -gradienti di campo magnetico; -computer.

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Il magnete è la componente principale di un tomografo RM: deve generare un CMS di intensità opportuna, con grande omogeneità e stabilità nel tempo: una bassa omogeneità di campo darà origine ad immagini di scarsa qualità poiché i protoni del campione in esame non trovandosi alla stessa intensità di campo magnetico, non risentiranno tutti dell’ impulso RF e non precederanno alla stessa frequenza di risonanza.

Esistono in commercio tomografi che utilizzano diversi tipi di magnete e che possiedono, quindi, caratteristiche tecniche differenti, ma anche costi di acquisto e di gestione diversi.

I più usati sono:

• magnete permanente,formato da blocchi di materiale ad alta memoria magnetica che, una volta magnetizzati, mantengono “ indefinitamente” il CM;

• magnete resistivo, paragonabile ad una elettrocalamita, formata da spire di materiale conduttore nel quale circola costantemente corrente ad alta intensità;(Fig.1.8)

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Fig. 1.8-Magnete resistivo

• magnete superconduttivo, costruito con materiali che alla

temperatura prossima allo zero assoluto, si lasciano

attraversare dalla corrente elettrica opponendo praticamente resistenza nulla e creando così un CMS di elevata intensità; • magnete ibrido, costruito unendo le tecnologie relative ai

magneti permanenti ed ai magneti resistivi.

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Magnete Permanente Magnete Resistivo Magnete Supercondut. Magnete Ibrido Intensità di CMS 0.3 T 0.2 T 0.5 – 4 T 0.4 T Orientamento di CMS Verticale o orizzontale Verticale o

assiale Verticale Verticale

Omogeneità di

CMS Difficile Difficile Elevata Difficile

Configuraz. Aperta Aperta Chiusa Aperta

Dispersione di

CMS Minima Discreta Bassa Alta

Peso Alto Basso Basso Medio

Sistema di

Raffreddam. No Acqua Elio Acqua

Costo Bassi Medi Medi Alti

I magneti shimming sono bobine di compensazione utilizzate per aumentare l’ omogeneità del campo magnetico, possono essere sistemi passivi od attivi: i primi sono realizzati in fase di costruzione del magnete e correggono inomogeneità dovute al magnete stesso, i

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secondi utilizzano bobine inserite internamente all’ apparecchio oppure gli stessi gradienti di campo al fine di correggere le disomogeneità nel volume centrale del magnete.

Le bobine a radiofrequenza si possono considerare come delle vere e proprie antenne che servono ad emettere i segnali a RF necessari a perturbare l’ allineamento protonico al CMS (bobine di trasmissione) ed a ricevere i deboli segnali emessi dai tessuti durante la fase di rilassamento (bobine di ricezione).

Nei moderni sistemi RM esiste una bobina di trasmissione, fissata nella parte interna del magnete, che trasmette i segnali generati dal generatore di forme d’ onda (wave form generator) e amplificati dall’ amplificatore di potenza. Tale bobina, denominata body coil è la stessa utilizzata per lo studio di grandi volumi corporei, quali l’ addome ed il torace, sia come bobina trasmettente che ricevente. Sono inoltre presenti bobine di trasmissione aggiuntive utilizzate, per esempio, per scansionare la testa.

Le bobine di ricezione si dividono in bobine di volume ed in bobine di superficie.

Le prime hanno di solito la forma di un cilindro cavo, al cui interno si posiziona la struttura da esaminare; vengono dette anche bobine a

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“ sella” e sono caratterizzate dal “ fattore di riempimento” : più è alto tale fattore, più è alto il rapporto segnale rumore conseguente. Per questo motivo si hanno bobine di volume di differenti misure, a seconda della parte anatomica da studiare. Ultimamente tali bobine

sono state sostituite da quelle a “ gabbia di uccello” (

birdcage),(Fig.1.9), composte da una serie di sbarre dette rod, ciascuna delle quali riceve il segnale, migliorando notevolmente l’ SNR.

Fig.1.9-Modello di birdcage per la testa.

Le bobine di superficie, come lo stesso nome indica, sono in grado di ricevere il segnale dalle strutture superficiali contigue, con una caduta

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del segnale RM ad andamento quadratico, con l’ aumentare della distanza tra campione in esame e bobina.

Con il loro utilizzo si ha il vantaggio di poter adottare piccoli FOV senza pregiudicare il SNR, inoltre non si hanno significativi artefatti da ribaltamento (fold over).(Fig.1.10).

Fig.1.10-Bobine di superficie circolare e quadrata.

Per migliorare sia la trasmissione che la ricezione viene utilizzato il sistema rice-trasmittente detto “ in quadratura” . Con tale metodo le bobine convenzionali sono costituite da due componenti elettriche e geometriche, ortogonali tra loro ma con identica accordatura, permettendo così l’ acquisizione simultanea della fase negativa e positiva del segnale mediante due canali di ricezione sfasati di 90°, con conseguente aumento del rapporto segnale rumore.

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I gradienti di campo sono bobine che generano campi magnetici variabili nello spazio e nel tempo che si sommano al RF.

Vengono posizionati lungo le tre direzioni dello spazio X, Y, Z attorno al magnete e possono essere di selezione, di preparazione o lettura, permettendo l’ identificazione spaziale di ogni voxel in esame e la ricostruzione dell’ immagine. Vengono caratterizzati dal parametro slew-rate, che indica il rapporto fra massima potenza e tempo necessario al raggiungimento del 100% del duty-cicle, si misura pertanto in mT/m/msec.

Infine il computer, nel tomografo, rappresenta il cervello del sistema e controlla , tramite opportune interfacce, tutte le operazioni eseguite, dalla sintonia delle bobine, alla digitalizzazione dei segnali analogici ricevuti, alla trasformata di Fourier , alla ricostruzione e la visualizzazione dell’ immagine, a tutte le operazioni di post-processing, come il calcolo di distanze, superfici, intensità di segnale. Proprio per questo deve possedere una elevata capacità di calcolo oltre ad una grande memoria ed un alta velocità di acquisizione dei dati.

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1.3-I phased array

Le bobine phased array sono particolari antenne di ricezione, costituite da più unità poste in parallelo. Ciascuna bobina riceve indipendentemente dalle altre e lo stesso nome sottolinea questo comportamento, ricordando proprio il funzionamento dei phased array nei radar e negli ultrasuoni.(Fig.1.11)

Fig.1.11-Bobina phased array toracica.

La prima formulazione teorica riguardo a tali tipi di bobine ed al loro utilizzo si deve a Roemer e Hayes nel 1989 ed a oggi sono praticamente presenti in ogni scanner di Risonanza Magnetica, grazie

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alla possibilità di ottenere così un’ immagine con ampio campo di vista, come da una body coil,e con un alto rapporto segnale rumore, come per una bobina superficiale, non incrementando il tempo di scansione.

Il numero massimo di bobine utilizzabili in un array dipende dall’ omogeneità del magnete e dal fatto che ogni bobina necessita di un proprio ricevitore e di un hardware per l’ acquisizione dei dati. Inoltre se si considerano due bobine identiche, risonanti alla stessa frequenza f0 e si affiancano,la mutua induttanza tra di loro porta ad

uno “ splittamento” della f0 in due diverse frequenze di risonanza,

con la conseguente riduzione di sensibilità alla f0.(Fig.1.12).

Fig.1.12-Splittamento della f0.

fo

f

Risposta

coil

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Per eliminare o ridurre questo accoppiamento si possono sovrapporre le bobine fino ad avere mutua induttanza uguale a zero: nel caso di bobine circolari, rilevazioni sperimentali hanno indicato come distanza ottima dei centri il 75% del diametro, in quelle quadrate il 90% del lato.(Fig.1.13).

Fig.1.13-Tre bobine circolari sovrapposte

Tuttavia questo accorgimento non basta in un array con più di due bobine, in quanto rimane un accoppiamento mutuo tra bobine non adiacenti, inoltre la sovrapposizione minimizza la mutua induttanza ma non la mutua resistenza di rumore che ci da informazioni riguardo alla correlazione di rumore tra bobine, ed è un parametro importante nella seguente ricostruzione dell’ immagine. Si riduce questa interazione andando a connettere ogni bobina ad un preamplificatore a bassa impedenza.(Fig.1.14).(Roemer et al.)

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Fig.1.14.Connessione di ogni bobina al preamplificatore.

Si considerino due bobine superficiali interagenti modellizzate come le sezioni primarie e secondarie di un trasformatore.(Fig.1.15).

Fig.1.15.Circuito di modellizzazione di due bobine accoppiate.

Quando la bobina 2 è isolata, la sua impedenza vista dal preamplificatore vale: preamp low z preamp low z preamp low z

coil 1 coil 2 coil 3 coil 4

preamp low z Coil 1 Coil 2 R R L L M=kL C C2a C2b L2b pream R Z A

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Per trasformare la resistenza serie R1 nel valore di 50 ohm, la scelta ottima di

XL

2b e

XC

2b è data da:

Se l’ impedenza di ingresso del preamplificatore è nulla, l’ induttore

XL

2b forma un circuito risonante parallelo con la capacità di uscita

XC

2b e blocca la corrente che scorre nella bobina, impedendo

trasferimenti di segnale al preamplificatore. Quando, durante la ricezione, una piccola corrente scorre nella bobina, il rumore ed il segnale NMR non si accoppiano tra le bobine e tutte ricevono indipendentemente.

Si suppone che le due bobine siano indipendentemente sintonizzate alla stessa frequenza di risonanza, cioè:

)

(

2 2 1 2 2 b b b b

j

XL

XC

R

C

X

Z

=

+

2 1 2 2

XC

50

R

X

XL

b

=

b

=

=

X

X

X

X

X

L

C2a

C2b

=

0

,

L

C1

=

0

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Senza la seconda bobina, l’ impedenza serie del loop primario vista dal terminale A è data da R1, mentre con la seconda bobina presente e connessa al preamplificatore, l’ impedenza vista dal primario vale:

Il secondo termine rappresenta la potenza di rumore accoppiata tra le bobine. Se k=0 o se Rp=0, questo termine si annulla ed il rumore è determinato solo da R1, come se fosse una bobina singola.

Nello stesso modo, quantifichiamo il segnale NMR che si trasferisce tra le bobine, determinando la tensione ai terminali A:

ancora, se k=0 oppure Rp=0, si ottiene il segnale NMR della bobina isolata. Ovviamente, questo è il caso puramente ideale e, nel caso pratico, il disaccoppiamento sarà tanto più grande quanto più bassa sarà la Rp del preamplificatore.

)

/

(

22 1 2 2 2 1 P A

R

X

R

k

L

R

Z

+

+

=

ω

)

/

(

22 1 2 1 P A

R

X

R

Lk

j

V

V

V

+

=

ω

Figura

Fig. 1.8-Magnete resistivo

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