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Scenari economici dell’Italia per il 2021 e 2022

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Academic year: 2022

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Scenari economici dell’Italia per il 2021 e 2022

Il 2021 si chiude all’insegna di una crescita sostenuta, che caratterizzerà anche l’anno prossimo. Con il venire meno delle restrizioni più stringenti per circoscrivere l’emergenza sanitaria, l’attività economica ha via via accelerato in corso d’anno, portando con sé revisioni delle stime all’insegna del miglioramento.

A inizio dicembre, l’Istat ha registrato un aumento del Pil consolidato del +6,2% nei primi nove mesi dell’anno, con spazio per ulteriori incrementi se l’ultimo trimestre del 2021 vedrà variazioni di segno positivo.

Si tratta di un risultato migliore rispetto a quello stimato dalla Commissione europea nelle previsioni di novembre, che già ci collocavano tra i primi Paesi dell’UE per ritmo di ripresa del Pil, ben oltre 1 punto in più della media dei 27 aderenti. Tra le grandi economie, meglio dell’Italia solo il Regno Unito (+6,9%) e la Francia (+6,5%).

Sebbene tra i più vigorosi, il rimbalzo del Pil italiano permette di recuperare solo parzialmente la perdita concretizzata nel 2020 e lascia il nostro Paese ancora al penultimo posto nell’UE per ritmo di crescita di lungo periodo, risultando circa 10 punti sotto al massimo ciclico raggiunto nel 2007. Peggio di noi solo la Grecia, al di sotto di quasi 30 punti.

Figura 1. Evoluzione del Pil a prezzi costanti nel 2021 (variazione %)

Fonte: elaborazioni Nomisma su dati Commissione europea, European Economic Forecast – Autumn 2021 14,6

9,08,1

7,4 7,1 7,0 6,9

6,5 6,4 6,2 6,0 5,8 5,8

5,4 5,0 5,0 5,0 5,0 4,9 4,7 4,64,5 4,4 4,3 4 3,9 3,8 3,8

3,4 3,02,7 2,4

0

2 4 6 8 10 12 14 16

Irl

anda Estonia Croazia Ungheria Grecia Romania Regno Unito Francia Slovenia Italia Belgio Lussemburgo Stati Uniti Cipro Lituania Malta Area euro EU Polonia Lettonia Spagna Portogallo Austria Danimarca Olanda Svezia Bulgaria Rep. Slovacca Finlandia Rep. Ceca Germania Giappone

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Figura 2. Evoluzione del Pil a prezzi costanti nei Paesi dell’Area euro (numero indice, 2007=100)

Fonte: elaborazioni Nomisma su dati FMI, World Economic Outlook Database, Ottobre 2021

La ripresa dell’attività economica si è accompagnata con un recupero dell’occupazione e, aspetto altrettanto importante, delle ore lavorate. Nel corso dell’ultimo decennio, la tiepida ripresa osservata, si era infatti contraddista per un aumento del numero di occupati non altrettanto della ‘quantità di lavoro’.

Tra il terzo trimestre del 2013 e la metà del 2019 il numero di persone occupate è salito del 5,5%, mentre le ore lavorate sono cresciute del 4,3%. Tra il terzo trimestre dell’anno in corso e il corrispondente periodo del 2020, l’occupazione è salita dell’1,7%, le ore lavorate del 4,1%.

Il punto che è opportuno sottolineare che con poche ore lavorate anche le retribuzioni hanno sofferto e, più generale, i redditi da lavoro, condizionando negativamente la capacità di spesa delle famiglie.

Il riallineamento dei due fattori favorisce lo scenario di una ripresa che può sostenere i consumi, in concomitanza di aspettative favorevoli.

60 70 80 90 100 110 120 130 140 150 160 170 180

2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021

Austria Belgio Cipro Estonia Finlandia

Francia Germania Grecia Irlanda Italia

Lettonia Lituania Lussemburgo Malta Olanda

Portogallo Slovacchia Rep. Slovenia Spagna

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Figura 3. Occupazione e ore lavorate (consumi in migliaia: scala Sx; ore lavorate in milioni: scala a Dx)

Fonte: elaborazioni Nomisma su dati Istat

Al momento lo scenario è caratterizzato da una ripresa economica che ha determinato il progressivo superamento degli schemi di sostegno al reddito.

Accelera così il reddito disponibile e con esso i consumi, spinti anche dal superamento delle restrizioni alla mobilità. L’evoluzione è pressoché istantanea, vengono meno le restrizioni e l’attività riparte, ma con situazioni diverse. Il reddito disponibile, pur perdendo 733 milioni di euro, nel terzo trimestre si trova vicino ai livelli pre-covid (-0,3%). Non altrettanto i consumi che salgono del 5,4% tra il primo e il secondo trimestre del 2021, ma restano al di sotto dei livelli di fine 2019 di quasi il 6%, ovvero minori consumi per 15,7 miliardi di euro. Stabile invece il potere d’acquisto delle famiglie (+0,1% in nella prima metà del 2021), al di sotto dei valori pre-covid di quasi 1 punto.

Parte dei nuovi consumi delle famiglie sono stati realizzati attraverso il ricorso a minori risparmi, che dopo l’estate vedono una riduzione sensibile del tasso di accantonamento.

A metà 2021 il tasso di risparmio delle famiglie, ovvero la quota di risparmi sul reddito disponibile, si colloca sul 12,9% tornando così sui livelli della primavera 2020 (13,1%), ma ben al di sopra di quello pre- Covid (8% in media nel 2019).

Nello scenario economico delle famiglie ritorna una variabile dimenticata da tempo, l’inflazione, che segna negativamente l’andamento del potere d’acquisto. L’indice dei prezzi al consumo delle famiglie è passato infatti da +0,5% del periodo gennaio-marzo, a +2,1% tra luglio e settembre, fino a +2,9% ad ottobre.

Gli schemi di sostegno hanno pertanto contribuito alla tenuta del reddito disponibile, ma quel reddito non ha potuto garantire il potere d’acquisto, eroso dall’aumento dei prezzi. Ciò può rappresentare un

8.500 9.000 9.500 10.000 10.500 11.000 11.500 12.000

22 22 23 23 24 24 25 25 26 26

T1-2007 T3-2007 T1-2008 T3-2008 T1-2009 T3-2009 T1-2010 T3-2010 T1-2011 T3-2011 T1-2012 T3-2012 T1-2013 T3-2013 T1-2014 T3-2014 T1-2015 T3-2015 T1-2016 T3-2016 T1-2017 T3-2017 T1-2018 T3-2018 T1-2019 T3-2019 T1-2020 T3-2020 T1-2021 T3-2021 Ore lavorate

Occupati

Occupati Ore lavorate

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freno ai consumi dei prossimi mesi, soprattutto se combinato con nuovi fattori che possono derivare da una recrudescenza della pandemia.

Figura 4. Consumi, potere d’acquisto, reddito e risparmio delle famiglie italiane (consumi e reddito espressi in mio di euro:

scala Sx; risparmio in percentuale del reddito: scala a Dx)

Fonte: elaborazioni Nomisma su dati Istat

Con la ripresa dell’attività economica e con il rilassamento delle restrizioni quella parte di risparmio generata dalla mancanza di opportunità di spesa è stata attivata velocemente e si è diretta principalmente verso i servizi. Si tratta del comparto che aveva maggiormente sofferto le restrizioni in vigore, i cui consumi erano stati erosi di quasi 1/3 del valore nel 2020 (-31%), ma che in occasione del secondo trimestre del 2021 segna un balzo del 45% rispetto allo stesso periodo del 2020, con un incremento continuato sino ad ottobre, ultimo mese disponibile.

Trovano pertanto conferma le indicazioni contenute nella relazione presentata in occasione di Expodental 2021, nella quale si anticipava l’intenzione degli italiani di spendere in servizi, in particolare per attività turistiche, culturali, per consumi fuoricasa, ovvero quelle attività più sacrificate con le restrizioni.

Al momento, se si guarda alla stretta congiuntura, l’Indicatore dei Consumi Confcommercio (ICC) relativo alle spese per consumi al netto dei prezzi (comunque negativi nel periodo) indica ritmi sostenuti nei servizi, seppure altalenanti nel terzo trimestre, con una accelerazione a ottobre (21,4%). Più stabile l’andamento dei beni, sebbene in apparente ripresa dal +0,4% al +2%.

0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0

210.000 220.000 230.000 240.000 250.000 260.000 270.000 280.000 290.000

2010 Q1 2010 Q3 2011 Q1 2011 Q3 2012 Q1 2012 Q3 2013 Q1 2013 Q3 2014 Q1 2014 Q3 2015 Q1 2015 Q3 2016 Q1 2016 Q3 2017 Q1 2017 Q3 2018 Q1 2018 Q3 2019 Q1 2019 Q3 2020 Q1 2020 Q3 2021 Q1

Tasso di risparmio Spesa per consumi

Potere d'acquisto delle famiglie consumatrici Reddito disponibile lordo reale

(5)

Tabella 1. Variazioni tendenziali dell’Indicatore dei Consumi Confcommercio (ICC) in quantità - dati grezzi (valori percentuali)

2019 2020 2021 2021

Anno Anno I°trim II°trim III°trim Ago Set Ott

Servizi 0,8 - 31,0 -31,0 45,0 12,2 10,8 8,2 21,4

Beni 0,7 -7,8 4,2 20,8 2,6 0,4 0,9 2,0

Totale 0,7 -14,8 -5,3 25,7 5,4 3,9 3,0 3,4

Fonte: Ufficio Studi Confcommercio-Imprese per l’Italia

La dinamica degli spostamenti offre un’ulteriore conferma della ‘spesa per svago’ degli italiani, con il picco estivo della mobilità verso parchi, più in generale delle mete all’aria aperta (comprese spiagge e mete di montagna), con un’intensità anche più elevata rispetto al 2020, confermata con l’avvio dell’autunno, diversamente dall’anno precedente. Sebbene in misura meno marcata, anche la tendenza a recarsi verso luoghi dedicati al tempo libero (teatri, cinema, musei) e agli acquisti è tornata sopra i livelli pre-Covid, fatto non accaduto nell’anno precedente. Ancora, oramai stabilmente sopra i livelli i livelli pre- Covid la mobilità verso luoghi di acquisto o consumo alimentare.

Il 2021 potrebbe però segnare un raffreddamento della dinamica dei consumi in chiusura d’anno. Da fine ottobre si riduce sensibilmente la mobilità verso luoghi del retail e del tempo libero, così come quella verso luoghi all’aperto e di vacanza.

Questa flessione si va ad aggiungere a quella già in corso dalla metà settembre per i luoghi del trasporto pubblico (aeroporti, stazioni ferroviarie, ecc.), mentre tornano a intensificarsi gli spostamenti limitati alla prossimità dell’abitazione.

Unico trend in crescita a fine novembre è quello degli spostamenti verso luoghi di acquisito o consumo

alimentare.

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Figura 5. Variazioni negli spostamenti per tipo di destinazione (aggiornato al 2/12/2021) (valori percentuali, media mobile 7 giorni)

Fonte: Elaborazioni Nomisma su dati Google - COVID-19 Community Mobility Report

Le aspettative restano comunque positive, come testimonia il clima di fiducia ai massimi del periodo, con attese di disoccupazione in accelerato miglioramento.

Ma è un clima che nelle ultime settimane di novembre si combina con il materializzarsi della quarta ondata epidemica, riportando quell’incertezza che ha governato lo scenario dai primi mesi del 2020.

Come osservato in passato, tale incertezza potrebbe rapidamente frenare la voglia di tornare alla normalità e minare la sicurezza offerta dalla campagna di vaccinazione.

A novembre, in particolare, solo il clima economico manifesta un progresso, essendo legato alla diminuzione delle attese di disoccupazione. Il clima corrente si stabilizza a fronte di un peggioramento del clima futuro.

Sono quindi le attese sul futuro a risentire maggiormente del concretizzarsi della nuova fase epidemica e a pesare sui giudizi relativi al clima personale, situazione che apre a scenari meno favorevoli sui consumi nei prossimi mesi.

-100,0 -50,0 0,0 50,0 100,0 150,0 200,0

21/02/2020 06/03/2020 20/03/2020 03/04/2020 17/04/2020 01/05/2020 15/05/2020 29/05/2020 12/06/2020 26/06/2020 10/07/2020 24/07/2020 07/08/2020 21/08/2020 04/09/2020 18/09/2020 02/10/2020 16/10/2020 30/10/2020 13/11/2020 27/11/2020 11/12/2020 25/12/2020 08/01/2021 22/01/2021 05/02/2021 19/02/2021 05/03/2021 19/03/2021 02/04/2021 16/04/2021 30/04/2021 14/05/2021 28/05/2021 11/06/2021 25/06/2021 09/07/2021 23/07/2021 06/08/2021 20/08/2021 03/09/2021 17/09/2021 01/10/2021 15/10/2021 29/10/2021 12/11/2021 26/11/2021

Retail e tempo libero Alimentari e farmacie Parchi

Stazioni trasporto pubblico Luoghi di lavoro Zone residenziali

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Figura 6. Clima di fiducia e aspettative di disoccupazione (saldo)

Nota: nel grafico è assente il dato di aprile 2020, mese in cui non è stata effettuata la rilevazione.

Fonte: elaborazioni Nomisma su dati Istat

Figura 7. Andamento di componenti del clima di fiducia

Fonte: elaborazioni Nomisma su dati Istat -20

0 20 40 60 80 100 120 140

gen-14 apr-14 lug-14 ott-14 gen-15 apr-15 lug-15 ott-15 gen-16 apr-16 lug-16 ott-16 gen-17 apr-17 lug-17 ott-17 gen-18 apr-18 lug-18 ott-18 gen-19 apr-19 lug-19 ott-19 gen-20 apr-20 lug-20 ott-20 gen-21 apr-21 lug-21 ott-21

Aspettative di disoccupazione Clima di fiducia

70 80 90 100 110 120 130 140 150

n o v-1 8 gen -19 mar -19 mag-1 9 lu g- 19 set -19 n o v-1 9 gen -20 mar -20 mag- 2 0 lu g- 20 set -20 n o v-2 0 gen -21 mar -21 mag- 2 1 lu g- 21 set -21 n o v-2 1

Clima di Fiducia dei consumatori Clima economico Clima personale

Clima corrente Clima futuro

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Il 2022 sembra confermare molte delle dinamiche in corso, seppure con un ritmo di crescita ridotto.

Nella fase attuale si prefigura infatti un aumento del Pil del 4,3% (scenario base), contro un (almeno) +6,2% del 2021.

Sebbene si tratti di un ritmo sostenuto, soprattutto in raffronto alla sostanziale stasi maturata nel nostro Paese negli ultimi vent’anni, la crescita del Pil italiano convergerebbe verso la media UE (+4,4%), allontanando l’Italia dai Paesi più dinamici, come la Spagna (tra quelli più grandi). Sarebbe infatti il decimo Paese per tasso di crescita, quando era ottavo nel 2020, anno in cui superava la media UE di almeno 1,2 punti percentuali (come detto in precedenza).

Il recupero dei livelli pre-Covid potrebbe, con buona probabilità, concretizzarsi nella prima metà del 2022, forse già nella primavera come stima il Governo. Tuttavia, il Paese resta legato a fragilità strutturali che la spinta ciclica e i fondi del PNRR non saneranno nel breve periodo.

Le più recenti stime del FMI (pubblicate e ottobre), seppure lievemente più conservative rispetto al consensus (media delle stime), l’Italia non recupererebbe completamente i livelli pre-Covid nel 2022 (- 1,6%), e resterebbe al di sotto del 2007 di 5-6 punti percentuali, unico Paese dell’Area euro assieme alla Grecia.

Figura 8. Scenari di crescita al 2021 nell’Area euro (valori percentuali)

Fonte: elaborazioni Nomisma su dati FMI, World Economic Outlook Database, Ottobre 2021 3,0% 3,1% 3,2%3,5% 3,6% 3,8% 3,9% 4,1% 4,2% 4,2%

4,5% 4,6% 4,6% 4,6%

5,1% 5,2% 5,2%

6,0%

6,4%

0,0%

1,0%

2,0%

3,0%

4,0%

5,0%

6,0%

7,0%

Fin lan d ia B elgio O lan d a Irlan d a Cip ro Lu ssem b u rg o Fra n cia Lit u an ia Est on ia It al ia Au st ria Slo ven ia Germ an ia Grecia Po rt oga llo Slo vac ch ia R ep . Let tonia M alt a Sp ag n a

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Figura 9. Scenari di crescita al 2022 nell’Area euro (valori percentuali)

Fonte: elaborazioni Nomisma su dati FMI, World Economic Outlook Database, Ottobre 2021

A trainare la crescita sarebbero nuovamente gli investimenti (+8,7%), spinti dall’attuazione del PNRR e da politiche di bilancio ancora espansive. Una novità rispetto al 2021 verrebbe dalla dinamica dei consumi (+4,8%), che darebbe un contributo positivo alla crescita del Pil, restando sui livelli stimati per il 2021 (+4,9%).

Le spese delle famiglie sarebbero favorite da un ampliamento della base occupazionale, sia come numero di nuovi occupati (+1,4% rispetto al +0,3% del 2020), sia come quantità di ore lavorate (+3,5%), proseguendo quindi il trend emerso nel terzo trimestre del 2021. L’aumento dei percettori di reddito renderebbe meno influente il raffreddamento del reddito disponibile che, in attesa dell’attuazione della riforma fiscale, accuserebbe il venire meno degli interventi fiscali attuati in via transitoria durante l’ultimo biennio (cancellazione, sospensione o rinvio, allungamento delle scadenze e rateizzazioni di scadenza fiscali).

Da ultimo, non per importanza, il ritorno dell’inflazione. Le previsioni indicano un raffreddamento della dinamica dei prezzi nella seconda parte del 2022, così si attendono aumenti su base annua in linea con quelli del 2021 (+1,6% rispetto al 1,8%, rispettivamente).

14,5 15,5 17,3 22,5 6,3

13,0 17,4

-23,5 84,0

-5,5 11,7

31,0 36,3 81,0

16,2 6,2

38,9

18,1 6,7 0,6 0,4 1,8 5,4

1,9 1,3 2,2 0,0 19,7

-1,6

5,6 7,0 8,2

4,9 2,9 0,7 4,9 2,8 -0,9

-30,0 -20,0 -10,0 0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0 80,0 90,0 100,0

Au st ria B elgio C ip ro Est on ia Fin lan d ia Fra n cia Germ an ia Grecia Irlan d a It alia Let tonia Lit u an ia Lu ssem b u rg o M alt a Olan d a Po rt oga llo Slo vac ch ia R ep . Slo ven ia Sp ag n a

2007=100 Differenza 2022-2019

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Tabella 2. Scenari di crescita per il periodo 2021-2023 (valori percentuali)

Scenario

BEST

Scenario BASE

Scenario WORST

2020 2021 2022 2023 2021 2022 2023 2021 2022 2023

PIL -8,9 4,8 4,4 2,3 6,2 4,3 2,5 5,8 3,8 2,2

Reddito disponibile (reale) -2,7 5,4 2,0 1,1 4,4 1,8 1,0 3,4 1,6 0,9

Consumi delle famiglie (reale) -10,7 5,5 5,6 3,3 4,9 4,8 2,8 3,1 3,5 2,0

Investimenti fissi lordi -9,4 18,3 9,7 5,6 15,5 8,7 5,1 9,9 5,8 3,4

Tasso di inflazione (CPI) -0,1 1,9 3,3 2,5 1,8 1,6 1,2 1,5 1,4 1,1

Occupazione totale (ULA) -10,3 6,5 4,1 2,7 6,1 3,5 2,3 5,4 2,2 1,4

Numero di occupati -2,1 0,8 1,3 2,0 0,3 1,4 2,2 -0,3 0,9 1,4

Fonte: Elaborazioni Nomisma su dati Fmi, Ocse, Commissione europea, Istat, Banca d’Italia, Ref, Prometeia, Upb, S&P, Centro studi Confindustria, Confcommercio

Numerosi sono i fattori che possono modificare lo scenario delineato. Esso è infatti formulato considerando:

a) l’assenza di nuove significative restrizioni legate all’emergenza sanitaria;

b) un orientamento ancora espansivo della politica monetaria;

c) l’attuazione degli interventi previsti dal PNRR.

Relativamente al primo punto, a inizi di dicembre 2021, non emergono segnali che portino a considerazioni diverse dall’assunto. Le restrizioni introdotto dal giorno 6 di dicembre (ad esempio con l’adozione del cd super green pass) non sono tali da alterare lo scenario.

Spostando l’attenzione sulla politica monetaria, le indicazioni che vengono dalla BCE, e gli auspici del FMI fanno propendere per la prosecuzione delle “guidelines accomodanti” attuali, anche se va tenuto della diversa posizione della FED (Banca centrale degli Stati Uniti) che, in estrema sintesi, definisce non transitoria l’inflazione e potrebbe prendere misure restrittive e condizionare anche le altre banche centrali.

Da ultimo l’attuazione del PNRR rispetto alla quale si procede, ma con alcune frizioni che potrebbero

comprometterne la spesa effettiva rispetto al programmato. Ad inizio dicembre sarebbero stati raggiunti

35 obiettivi chiave (milestones) sui 51 previsti entro la fine dell'anno, obiettivo a cui sarebbe vincolato il

nuovo esborso da parte della Commissione europea. Ma al di là della dinamica finanziaria tra governo e

Commissione, il dato maggiormente impattante è il ritardo con cui i Ministeri (in primis) stanno

predisponendo le norme attuative, come i decreti contenenti i criteri di assegnazione dei fondi da inserire

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nei bandi di gara. Una parte rilevante del ritardo sarebbe imputabile al Ministero per la Transizione Ecologica, che da solo gestisce 34,6 miliardi di euro.

Oltre a questi vanno anche annoverati altri fattori di rischio, alcuni endogeni, ovvero interni al nostro Paese, altri no.

Tra i primi l’Istat ne indica due di particolare rilievo:

▪ la (bassa) qualità occupazione che in Italia, nel secondo trimestre del 2021, vede un modesto coinvolgimento di persone con titolo di istruzione terziaria (24,6%), quasi la metà della quota di occupati impegnati in Spagna e Francia (46,5% e 46,2% rispettivamente), quota inferiore anche a quella osservata in Germania (32,1%);

▪ i (bassi) livelli e qualità degli investimenti con l’Italia ferma nel secondo trimestre del 2021 al 19,3% del Pil, mentre la Francia supera il 24% e la Germania si avvicina al 22%, e con la componente degli investimenti in proprietà intellettuale che non va oltre il 3,0% del Pil, meno della metà rispetto a quella della Francia, inferiore di 0,9 punti rispetto alla Germania e 0,4 punti rispetto alla Spagna. Oltretutto il trend di quest’anno torna a confermare la predilezione per investimenti in impianti e macchinari (+19,1%) piuttosto che in beni immateriali (+0,7%).

Infine, tra i fattori esogeni se ne contano almeno tre, tutti hanno concorso a determinare i fenomeni inflativi connessi alla ripresa della domanda e potrebbero condizionarne negativamente il ritmo già in chiusura 2021. Nello specifico:

1. l’eccezionale crescita dei prezzi dell’energia, non solo delle quotazioni del petrolio. Dal minimo registrato tra aprile dello scorso anno e novembre 2021, il prezzo del Brent è aumentato di 3,5 volte, quello del gas di 17,5 volte;

2. l’eccezionale crescita dei prezzi delle materie prime (agricole e non), più accentuata nella seconda parte dell’anno, vede il valore del rame (utilizzato per i semiconduttori) quasi raddoppiato tra novembre 2021 e aprile 2020, il grano del 70%, il manzo del 35%, il pollo dell’84%, lo zucchero del 90%, per citare alcuni esempi;

3. l’eccezionale crescita dei prezzi dei trasporti, a ottobre più che raddoppiati su base annua per i

container. Ciò è dovuto a fattori una tantum, come il blocco temporaneo del canale di Suez in

marzo, così come a variabili difficilmente superabili nel breve periodo come la scarsa disponibilità

e gli elevati costi dei container e delle navi merci per le tratte in uscita dall’Asia, nonché le lente

procedure anti-COVID per lo scarico merci. Sullo sfondo altre cause che potrebbero replicarsi nei

mesi a venire, come la chiusura di porti per focolai pandemici. L’insieme di questi fattori ha creato

colli di bottiglia nelle forniture di materie prime e semilavorati che non sembrano risolvibili nei

mesi a venire.

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