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LA LEGGENDA MERAVIGLIOSA

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Academic year: 2022

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(1)

L’ABBAZIA DI KGLSOj

OSSIA

LA LEGGENDA MERAVIGLIOSA

MELODRAMMA SEMISERIO

IN TRE ATTI

(2)

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L’ABAZIA DI KELSO

OSSIA

LA LEGGENDA MERAVIGLIOSA

MELODRAMMA SEMISERIO

*

IN TRE ATTI

DA RAPPRESENTARSI NEL R. TEATRO

m

IL CARNEVALE

1854

^TlCauju^o ÌTXoi^iclm

c/ef ^y/éae^/ro-

EM1KUELE KILEOTA

PARMA

PER ALESSANDRO STOCCHI Stampatore del R. Teatro.

(4)

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(5)

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12n •a in vari paesi d’Europa, e particolar¬

mente in quelli del Nord, antica tradizione . che alla notte della vigilia di Natale apparis¬

sero nel cimitero, o sulla soglia della chiesa le ombre di coloro che erano destinati a mo:

rire nel corso di un anno, cd anzi che quelli sarebbero morti entro venliejuaìtr ore le cifi ombre si mostrassero al punto preciso dello scoccar di mezza notte.

* . v

Avvenne dunque, tempo fa, che in un villaggio della Scozia vicino alt Abazia di Kelso, ove, più che altrove, datasi fede alla terribil leggenda, si trovavano due giovani spo¬

si, i quali, benché in fondo de! cuore portas¬

sero molto affetto t uno alt altro, pure soven¬

te erano tra loro a contesa, la qual cosa es¬

sa alo giunta alle orecchie de! Signor di quella terra, il Barone di Kelso, giovane ricco e ga¬

lante, sveglia in lui la fantasia di tentar il

cuore della giovane contadina. Ora, essendo la

vigilia di Natale, il Barone aveva per uso di

invitar tutti i suoi principali vassalli ad ina/

(6)

festa da ballo, ma questa era la < prima vol¬

ta che li accoglieva al suo castello, il qua¬

le si trovava tra U cimitero e f Abazia . Que¬

sto invito, insieme ad altre cortesie dal Baro¬

ne usate alla giovine sposa, danno origine a nuove dissensioni tra marito e moglie, e per¬

chè essa non possa recarsi al ballo, la chiude nella sua stanza . Informato di ciò il Barone, trova modo di sottrar la prigioniera, è la per¬

suade a lasciare il marito . La moglie fuggen¬

te eli sua casa, e il marito che parte dal bal¬

lo, ov era andato aW insaputa di lei, sJ incon¬

trano nel cimitero a mezza notte in punto .

V aere oscuro e la viva memoria della Leg¬

genda fanno si che la moglie tosto immagina di veder V ombra di suo marito, siccome il marito crede di veder quella di sua moglie, e ad ambidue s affaccia il pensiero della vicina morte dell altro . Una tale credenza risveglia in loro I amor sopito , e mentre si trovano nella più gran desolazione vengono tratti (! ingan¬

no, e in luogo dei guai e della discordia tor¬

nano la consolazione, la pace , !’ amore.

(7)

PERSONAGGI ED ATTORI

ALBERTO, guardiano della caccia, al servigio de!

Barone di Kelso,

Signor Galvani Giacomo.

ANNETTA, sua moglie,

Signora Loremetti Carlotta.

GERTRUDE, loro cugina,

Signora Borghi-Vietti Angiolina.

IL BARONE DI KELSO,

Signor Frizzi Francesco* '

LEONARDO, Rettore dell’ Ospizio degli Orfanelli,

Signor Laura Benedetto.

POTTiMBEY, Fidanzato di Gellrude,

Signor De-Giovami Francesco.

UN CASTELLANO

Signor N. N.

Coro di Paesani eco.

L azione ha luogo in Iscozia in un villaggio vicino ali Abazia di Kelso.

Epoca, prima della riforma.

j\- [j. _ La famiglia di Kelso essendo da lungo tempo estinta, la casa dei Baroni fu messa ad uso di abitazioni privale, e I’ Abazia caduta in rovina rimane ora come una delle prin¬

cipali curiosità della Scozia.

(8)

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(9)

ATTO PRIMO

SCENA l’RIMA.

4i;| ;! (ti Li 0*UlIOvJ

Stanza terrena d’ Alberto nella vecchia abitazione di Kelso.

■ ■ *o

Entrano Gertrude, FottiÀitscy evàdi paesani con fron¬

de di lauro, di pungitopo e di vischio, delle quali orneranno la Stanza come ? «sa in Iscozia alle feste di Natale.

Di

fronde d5 alloro Orniamo le sale,

JV un altro Natale N’è dato goder;

Dell’ anno ogni festa Gradita ritorna.

Ma ninna ne appresta Più intero piacer.

fvanno appendendo il lauro/

Con istrenne e con presenti, Con festini e con banchetti.

Con piacer veraci e schietti 1! Natale arriva ognor.

Esso a unir torna i parenti Che il destin tenuto ha lunge*

E gli amici ricongiunge, E ravviva i nostri amor.

(10)

SCENA II.

Alberto e detti.

Alb. Va ben, ma questo alloro ( dopo avere at

*

Che tanta gioja un giorno lentamente os- Per me spargeva intorno* servato

)

Or più attrazion non ha.

fu un tempo che mia moglie Correva ad incontrarmi , Che giova or faticarmi?

Essa non m’ ama pini

Gert. (a parte ascoltando quello che dice Alberto) Alberto è ancor fremente

Contro la moglie. Io n’ho piacer. Vorrei Poter io disunirli.

Ma se lor nodi frangere Or nulla più non può, Almen fra loro spargere La dissensione io vo\

Alb. (

a

parte, ma udito da Gcfìrude) Non ho pace un sol momento.

Uso invan dolci parole,

Ogni prova invano io tento, Quel eh’ io voglio ella disvuole;

Uno spirto più ostinato Sulla terra non si dà.

Non sa far che conlraddire, Tutto cerca a darmi noja;

11 mio duol passa ogni dire!

La crudel brama eh’ io muoja:

Come un’ombra è disparita Ogni mia felicità.

Gert. Sfortunato inver voi siete,

Io compiango il vostro caso.

Pott. Ma dell’ uomo voi dovete Sostener la dignità.

Gert. State all’erta* io vi consiglio,

( maliziosamente ) 0 di voi si riderà.

(11)

Alb. Ah! se fosse anco infedele!

Gert. Accusarla io non potrei.

Alb. Che far devo aìlor saprei.

Ma sospetto tal non ho.

Coro f che avrà finito di disporre le fronde di lauro nella camera J Sì disposto è quest’alloro.

Che apparir più ben non può;

Alb. Tutto ella inventa Per tormentarmi, Tutto ella tenta Per rovinarmi, E non ho pace INotte nè dì.

Sempre a contendere Cagion ritrova,

Non bada a spendere, Pregar non giova, Non è possibile Viver così,

Gert. Di me vi prego Nulla a ridir,

In tai contese Temo apparir.

Àlb. Temer non dèi

Da’ labbri miei Un solo accento Non uscirà.

Coro Natal la gioja Apporterà.

Alb. Tutto ella inventa etc

( escono le donne con parte dei paesanialtri restano in scena ) Porr. Ma or che addobbate a festa

Tutte le stanze sono, or che il lavoro Compiuto 6 a piacer vostro

Un picciol sorso ne darla ristoro.

Tutti Quando il giorno è fosco e breve E coperto è il suol di neve,

Qual piacere in lieto circolo

(12)

li* bevendo a pien bicchier !

La bottiglia sempre scaccia Ogni torbido pensier.

(Mentre si canta il Coro, Alberto va a prendere una ce¬

sta con entro varie bottiglie, bicchieri, eie. La depo¬

ne quindi sulla tavola, e versa da bere al toro.)

àlb. Ecco, amici, vino, e birra:

Qual più piacevi, scegliete.

Pott. Bravo, bravo, inveì* voi siete Vero amico, e di buon cuor.

Alb. Tanta lode non mertai.

Pott. Tu la meriti maggiore;

A chi versa a noi da bere Non si può far troppo oiior.

Tutti Quando il giorno è fosco e breve eie.

Pott. Questo vino non e da dispiegiait Ma rammento d’averne un dì gustato

D’ assai più prelibato.

Alb. É ver . . . Per poco aspetta

( Onde evitar le ciarle (da se) Ceder conviene, il primo

Ancor sarò a parlarne). Annetta, Annetta.

km.

Alb.

SCENA III.

Annetta e detti.

Oli cielo ! ei mi dimanda A tavola egli sta,

È piena d’impazienza lo P attendea colà.

Per far un lieto brindisi

(

ad Ann. ;

Questi signori un sorso Vorrebbe!* di buon vino,

Di quel che regalato Ne fu P anno passato.

Tu il sai: n’eran rimaste Cinque bottiglie almen.

Sol una ora ne resta. é

(13)

4!

Alb.

A IN IN.

Alb.

Ann.

Alb.

•r

Ann.

Alb.

Ann.

Ann.

Alb.

Ann.

Alb.

A NN.

Ebben, mia buona moglie, A noi puoi tu recarla ( Annetta si avvia)

Io vo tosto a cercarla. (al Coro) Sol ne resta una bottiglia

Ma s’è buon lo sentirete*

E voi stessi lo direte:

È Toccai, vi dee bastar.

(udendo a dir Toccai si volta indietro e dice) V’ ingannate, esso è Claretto

È Toccai famoso, antico, 10 so ben quel che mi dico, Sarìa vano il contrastar.

11 Rettor, che a noi I’ ha dato, Ne fe’ dir eh’ era Claretto.

Fu uno sbaglio.

Ed io scommetto Che di Francia vino egli è.

All’ opposto io son sicuro Ch’esso è vino d’Ungheria.

È Claretto io ve lo giuro Ebben, presto, il reca a me.

È Claretto.

No, Toccai.

È Claretto, io 1’ assaggiai Qui recate la bottiglia

Cobo

Ann. e Alb.

E il giudizio si darà.

Or vedete qual tormento o

Son costrett a sofferir a

Dir non posso un solo accento o

Sempre è pront a contraddir a

Vuol che bruno il bianco sia, Vuol che il vero non sia ver.

Nè ragion, nè cortesia

ìo

Non posson persuader!

la

(14)

Gfrt. Questa fatai bottiglia

(Annetta dà le chiavi

a

Gertruàt) Or a cercar m* affretto.

Pott. Va ben:

Alb. Toccai;

Ann. Claretti;

Alb. Tenermi più non so.

Ann. di’ esso non è Toccai Per sempre sosterrò.

Alb. Della bottiglia il fondo Baciare io ti farò.

(Rientra Gertrude colla bottiglia) Cor*) A scior la discussione

La gran bottiglia è qua.

Chi ha torto, chi ha ragione Or chiaro si vedrà.

Gert. Signori il vino è pronto.

Pott. (Corre incontro a Gertrude e nella fretta di prendere la bolligtia la lascia sdrucciolare daìlè

mani; e cadendo in terra va in pezzi J

Titti Oh ciel qual accidente l

Alb. Sei proprio un mal accorto!

Tutti Chi avea ragione o torto Provar più non si può.

Ann. Provar ch’egli avea torto Più adesso non si può.

Alb. Provar eh’ ella avea torto Più adesso non si può.

Ann. Ma pure ancor sostengo Ch’ era Claretto.

Alb. Ed i°

Ch’era Toccai mantengo E sempre lo dirò.

Tutti E vano il far contese, Provar più non si può.

Alb. e Ann. Or vedete qual tormento etc

.

Tutti Che marito e moglie siete Non è scorso un anno inter, A vicenda voi dovete

L’ uno P altro sostener.

(15)

13

Cer?, Più tra lor son in contese,

Più ne sento in cor piacer, SCENA IV,

Un Castellali© seguito da Coro di Donne e detti.

Cast. Per festeggiar del nuovo suo castello La solenne apertura

Questa notte il Barone

Lieto ballo vuol dar, e me qui invia Ad invitar voi tulli.

Coro Viva, viva il Barone.

Porr. Al suo nuovo castello !

Gert. Senza dubbio. Ha ragione.

Pott. La notte di Natale Ire al nuovo castello

Sì presso al ci mi ter ....

Ann. Ebben qual’obiezione ?

Pott. Ah forse non sapete

L’ antica tradizione ?

Ann. Ah! si, me ne scordava Gert. Io mai parlar ne udii.

Uno del Coro Neppur io non so nulla.

Coro Annetta la dirà.

Alb. Annetta la dirai!

Ann. Per far piacere a voi narrar la voglio (al Corqf Ma timor non vi prenda

Se terribil davvero è la leggenda.

Allor che di Natale La veglia s* avvicina, E sotto il ghiaccio geme Il piano e la collina, Nessuno del villaggio

S’ appressi al cimiter.

Di mezza notte appena

L’ ore sentir si fanno,

Che l’ombra ivi apparisce Di chi morrà nell’ anno;

Lo dice un libro antico Stampato in foglio inter.

(16)

Di Natal la notte £ questa, Se tu sei prudente e saggio, Il tuo piede del villaggio Non appressi al cimi ter.

Coro Di Nàtal la notte è questa, etc.

Am. Per suo marito Berta

Un uom geloso avea, (guardando Alb.) E spesso l’inumano

A torto la battea;

Un dì quand’ ei morrebbe Fu vaga di saper.

La notte di Natale Al cimi ter recossi, E l’ombra del marito A lei tosto affacciossi;

Ma tanta fu la gioja Che dessa ne morì.

Am. e tutti gii altri

Di Natal la notte è questa, etc.

Pott. V’ è ancor di più. Se l’ombra appare al punto Che suona mezza notte

È certo segno che morir ei deve Nel giorno stesso.

Coro Orribile davvero ! Tutti Di Natal la notte è questa, etc.

(escono tutti pensierosi J,

SCENA V,

Piazza del villaggio. A destra la casa di Alberto, a si^

nislra quella di Gertrude.

-o --

Ei©€ìiiai*cl©5 tornando da viaggio.

Son già tre mesi ch’iodi qui partii.

Oh con qual gioja io torno

In son del dolce, antico mio soggiorno!

(17)

ÀLB.

Ann.

Alb. e

IiERT.

15

Caro, gentil villaggio, Di pace lieto osici.

Su te per sempre un raggio Piova d’ amico ciel!

È qui dov’ io son nato;

In questo ameno suol, La gioja ora ho provato, Or conosciuto ho il duol.

Come d’ un primo affetto Il dolce sovvenir,

Tu sempre eri il più accetto Di tutti i miei sospir.

Compiesti, o cielo, alfine Il voto del mio cor,

Questo canuto crine A te ritorna ancor.

SCENA VI.

Alberto e Annetta, poi Gertrude.

v * \\ fir (1 j ÌA • f

Oh! gioja!... Leonardo.

11 nostro amalo P>enefattor: degli orfanelli il padre.

( corrono incontro a Leonardo )

Ann. (andando incontro ad Alb. e ad Ann.) Venite o figli, al seno mio venite,

Del vostro vecchio amico Ancor la voce udite.

Se nell’ assenza mia

Sorto è qualche contrasto, Se fra sposi o fratelli

Alcun dissidio è nato;

A stabilir la pace, Ad acquetare ogni ira lo sono alfìn tornato.

f dalla sua casa con un mazzo di fiori )

(18)

ÀLB.

Gert.

Leon.

Alb.

Ann.

Alb.

Leon.

Rientra

Pott.

Alb.

A.\n.

Pott.

Gert.

Alb.

a

4.

Ann. Il buon vecchio col suo zelo Per mia sorte è qui tornato.

Quell’orgoglio sì ostinato Egli abbattere saprà.

( Vecchio imbelle, col tuo zelo ( dietro la In mal punto sei tornato, porla fra sè j Ogni piano è rovinato,

Non so più quei che avverrà ! )

Oh fortuna! qui Pottimbey ritorna.

Vp* eh’ ei presenti i fiori.

( Gert. va incontro a Pott. ) Miei figliuoli, lode al cielo!

Sono ancor tpa voi tornato, Fra voi spargere ho giurato Pace, amor, felicità.

Vorrei, ma . . .

Alberto !

Annetta ! Ebben che dir bramate?

Miei figli, vi spiegate Il vostro amico io son.

SCENA VII. •» * »

Gertrtidc cou Pottimbey e seguito di Contadini, Tutti vedendo Leonardo lo salutano.

Partir conviene ... Al ballo or siamo attesi AI ballo?

Al ballo?

Presto Quest’è l’ora fissata E il Barone in persona Alla vezzosa Annetta

Questo bel mazzo dona Di freschi e vaghi fior.

Badate ben! qualche progetto ei cela (ad Alb.) Dubbio non lumi.

(19)

POTT.

47 I fior più rari e belli

Che son nella sua serra Quando a coprir la terra Torna la neve ancor.

Alb. 0’ accettarli ti vieto ... (ad Annetta, va verso Pott. per impedir gli di consegnare i fiori ad Annetta ).

Ann. Quand’ è così li prendo.

( corre verso Pott. per prenderli )

Alb. Invali la brava fai,

Al ballo non andrai.

Ann. Quand’ è così, v’andrò.

Alb. Lo giuro: non andrai ....

Ann. Ed io, ripeto, andrò.

Alb. Al ballo non andrai.

Ann. Al ballo io voglio andar.

Alb. Tu non v’ andrai.

Ann. V’ andrò.

A’ stolti tuoi capricci Sommettermi non vo*.

Alb. A tanta gente innante Mostrarli sì arrogante

Non hai vergogna?

Ann. No.

1 dritti miei difendere

Vo’ innanzi al mondo inter;

E fin che ho lingua, invano M’imponi di tacer.

Alb. A spirto sì perverso Insiem chi viver può ? Ann. Innanzi all’ universo

“ Io voglio zz ognor dirò.

Quando a te la mano io dava (ad Alb.) Non creclea di farmi schiava,

All’amor io m’arrendea, Non a un aspro carcerier.

Ma, contrario alle speranze.

Ogni gaudio allor fu spento, Cominciàro in quel momento Di mia vita i dispiacer.

2

(20)

Alb. Quando a te la mano io dava, {ad Ann.) E mia sposa io ti chiamava,

Di far bella la mia vita Era il solo mio pensier.

Ma contrario alle speranze Ogni gaudio allor fu spento, Cominci aro in quel momento

Di mia vita i dispiacer.

Leon. Fra una coppia che si amava, Sì che a ognun V esempio dava, Ben fu trista la cagione

Di sì amari dispiacer.

Ma tra voi, se il cor non erra, Ciel pietoso oggi m’invia

A sospender ogni guerra, Ogni sdegno a far tacer.

Pott. Nulla meglio io m’aspettava, Questo è quel eh’ io sospirava, Buon per me se tra lor posso

La discordia mantener.

La parola ho del Barone, S’io ti tengo in dissensione, Un impiego nel castello

Certo io sono d’ ottener.

Gert. Fra una coppia che si amava Sì che a ognun 1’ esempio dava,

Quanto poco è mai bastato A recar il dispiacer !

Ma promessa ho del Barone, S* ei li tiene in dissensione

Uiì impiego nel castello Sarà certo di ottener.

Coro Fra una coppia che si amava, Sì che a ognun P esempio dava, Ben fu tristo il portatore

Di sì amari dispiacer.

Ma sovente son gli sposi L’ un dell’altro sì gelosi,

Che a far nascer gran contrasti Basta P ombra d’ un pensier.

(21)

Gert, Leon.

Gert.

Pott.

Ale. e Leon.

*

Gert.

Alb. e Leon.

Tutti Alo.

Ann.

Leon.

Se insiem non v’accordate,

Meglio è divisi star, (ad Alb. e ad Ann.J Le destre in ciel legate

L’ uomo non può slegar.

Ma un nodo tal fu fatto Malgrado i Jor parenti . . . E nullo è un tal contratto.

Ann. Nullo !

No, non temer ; Poe’ anzi essi han segnato II Ior consentimento.

e Pott. Sventura !

Ann. O ciel che sento!

Eccolo. , ( mostrando un foglio) E dunque ver.

Oli colmo di sventura Per tutti i giorni miei, Come potrò con lei La vita sopportar?

Ma chi pensar potea Che un sì gentile aspetto

Un’ anima si rea

Dovesse, oh Dio! celar.

Oh colmo di sventura (ad Alb.) D’ amor son questi i nodi,

Son questi i dolci modi Che meco intendi usar.9

Ben fatto aver credei Allor che ti sposai, Comprendere or mi fai

Quanto i miei sogni errar.

Oh colmo di sventura ! Ma quei che tutti aita Ancor di vostra vita

Può il calle rallegrar.

A lui con veri accenti Offrite i vostri affanni,

E in gioja i vostri stenti Vedrete tramutar.

(22)

Pott. e Gert. Oh colmo di sventura!

Questo vecchio bigotto È mìei progetti ha rotto,

Or più non so che far.

Ma quando l’odio è in casa.

Amor va spesso altrove.

Di far 1* ultime prove Non dèssi ancor cessar.

Oh colmo di sventura!

Così diverse tempre

Come potran per sempre Tal laccio sopportar?

Ma poi che stretto è il nodo.

Nè a sciorlo v’ ha più modo, Al desco ed alla caccia

Fia meglio i di passar.

Gert. Al ballo andiamo, addio.

Ann. Aneli’ io verrò con te.

Alb. No, no il padron son io . . . Qui rimaner tu de’.

Tutti Oh colmo di sventura ! ecc.

FINE DELL’ ATTO PRIMO.

(23)

ATTO SECONDO

21

SCENA PRIMA.

parco nei possessi del Barone: a destra la parte poste¬

riore della Casa d’Alberto, con scala esterna, la qua¬

le mette ad un terrazzo con finestra.

-—O c ■ ■-

• A * I

Entra il Barone tutto giulivo.

Del sesso amabile Alla presenza

Indifferenza

Non posso aver.

Cortesi o docili O d’ aspre tempre, Le donne sempre Mi fan piacer.

Là dove è un tenero Dolce sorriso

11 Paradiso In terra V è.

Donne carissime Per nostro vanto

Vezzose tanto 11 ciel vi fe\

(24)

Pensier molesto.

Per voi mi desto A gioja ancor.

Ad ogni lagrima Voi date aita,"

Per voi la vita Sparsa è di fior.

Cura più tenera t Più dolce ardore

Un gentil core Nutrir non può.

Finché un anelito Avrò nel petto

Al vostro affetto Offrir lo vo\

SCENA 11.

Gertrude Pottiuibcy e dello.

Bar, Amici, siete voi? ma dovè è Annetta?

Pott. Al ballo non verrà.

Bar. Come il mazzo di fiori (a Gerì.) A lei non hai tu dato?

Pott. Anzi, a cagion dei fiori, Tutto P imbroglio è nato;

o Geltrude lo dirà.

Bar. Dunque il marito ha letto

li foglio che tra fiori era nascosto!

Pott. e Gert. Un foglio v* era?

Bar. Certo*

Pott. Ebbeii 1 ’ avrà odorato*

Nacquero gran contese,

E di venire al ballo a lei difese*

Gert. Di più sta chiusa in casa.

Bar. Dunque tutto va male.

Gert. Anzi va ben. La sorte Voi sembra favorir,

Annetta è in questa stanza.

Che facil puossi aprir.

(25)

23 Colà sovra il terrazzo ( mostrando La sua finestra sta, a dito il terrazzo .) E poca resistenza

Le imposte abbatterà.

Poti Destra invero è ben costei! (frase) Io pensato non 1* avrei.

Ben dovrò star in vedetta Quando moglie mia sarà.

Bar. Certo, certo tu hai ragione, A me lascia quest’ impresa;

Qui fra poco con me scesa Franca e libera sarà.

Quanto affetto ho in sen per lei Cosi apprendere potrà.

a 3.

Bar. La vezzosa prigioniera Volo tosto a liberar, Io darci la vita intera

Un bel volto a consolar ! Io non so perchè costei

Mi fa tanto sospirar!

Gert. ePott. La vezzosa prigioniera (al Barone) Ite dunque a conquistar,

De* gelosi in tal maniera Si può l’ira castigar;

Io non so perchè costei Faccia tutti innamorar!

Bar. Voi intanto al ballo andate.

u Più tempo non perdete,

« E se qualcun domanda del Barone, (( Dite che affar pressante e impreveduto

(( Lonlan V ha trattenuto.

Pott. (( Signor, vorrei pur dirvi

« Che s’ io non ho un impiego nel castello,

« Costei non vuol sposarmi.

Bar. « L’impiego io t’ assicuro,

a E tu sposar lo puoi; (a Beri.)

« Ma presto al ballo andate.

Voglio restar qui solo.

( Pott. e Gert. escono. )

(26)

il Bar,

Ann.

Bar.

Am.

Bar.

Ann.

* Bar.

Ann.

Bar.

Ann.

Bar.

Ann.

Bar.

Ann.

SCENA III.

Barone solo o poi Annetta dalla sua stauza.

Salvar costei da un’ uom così geloso Diventa mio dovere;

Vediam se a uscir la posso or persuadere.

Annetta? ( sotto la finestra cV Annetta. ) Chi mi chiama? ( dalla stanza ) Sono il Baron, che, udito

Il trattamento ingiusto Del tuo crudel marito, Qui vengo a offrirti ajuto.

Per voi son qui! il foglio egli hajveduto. (c.s ) Se brami pace aver,

Se vuoi di pene uscir, T’arrendi al mio parer, Da lui tu dèi fuggir.

No, piu non posso aver Che giorni di martir.

Amor fu menzogner.

Le gioje mie fuggir.

Da un uom cosi inumano Io liberar ti vo?.

Qui dentro egli m* ha chiusa, Nè come uscir non so.

Dalla finestra, o cara, Tu fuggirai con me.

Tradir non mi vorrete.

Nulla temer tu de’.

( intanto il Barone sarà asceso sul terrazzo e ama scassinato la finestra ).

Oh cieli con voi fuggire! (uscendo dalla Se il mio marito arriva! finestra)

Niuno ne può scoprire, Io t’offro un queto asii,

Con voi fuggir non posso, Lo vieta il mio dover.

(27)

25

Con uom che li percuote

Voi dunque rimaner f

Tornar vo’a casa mia...

Ebben qui non lunge Dimora una mia zia, Stanotte là puoi star.

E voi mi promettete Lasciarmi indi partir?

Io prometto.

Ebbene

La vostra offerta accetto.

Per quel labbro, per quel ciglio Che mi fanno sospirar,

Da ogni mal, da ogni periglio lo ti giuro assicurar.

Per piacere a un vago oggetto Anche amore io so domar.

Per la tema che quel ciglio Nel mio cor viene a destar.

Per sottrarmi dal periglio Nel tuo onor vo’ confidar.

M’ ha percossa; dell’ oltraggio

lo mi voglio vendicar, (escono insieme).

SCENA IV.

Il Teatro rappresenta un Piazzale, in distanza un cimi¬

tero sparso di tombe e d’ alberi funerei. A sinistra un’ ala del castello con portone, finestre trasparenti di luce. A destra parte dell’ Abazia di Kelso, e vici¬

no un campanile. È notte. Dapprima la luna rischiara metà della scena, P altra metà trovandosi ombreg- giatardal castello. Poi comincia a nevicare. Sulla fine dell’ atto le finestre del castello si oscureranno, e quelle della chiesa verranno illuminate. Al levar della tela si sente musica da ballo nel castello.

Coro Andiamo, andiam: al giubilo La mente abbandoniam,

Più lungo è il verno e rigido, Più lieti allor noi siam.

Par.

Ann.

Bau.

Ann.

Bau.

Ann.

, Bar.

Ann.

3.

(28)

Al suon di viole e flauti Non sta più queto il piè, Presto, vezzosa giovane, Vieni a danzar con me.

( I Contadini entrano nel Castello. Compaiono nei fondo Annetta e il Barone).

Ann. Più regger non poss’ io.

Bar. Attendimi colà.

La mia carrozza intanto Io vado ad ordinar.

Ann. Ma ahimè! qui giunge alcuno?

Scoperta esser non voglio! (entra sotto il , portico della chiesa).

Bar. E il padre Leonardo, Che sorte dal castello,

Evitarlo conviene,

Aspetterò qui ascoso infin che parta.

(il Barone entra nel campanile).

SCENA V.

Entra (Leonardo dal Castello indi Alberto

Leon. È là che il seduttore ha preso albergo!

( che avrà visto il Barone. ) Aspetta! altri qui viene (chiude la porta del

campanile ).

Alberto in questi luoghi ? Ove ten vai ? Alb. Ah siete voi. Signore?

Vado al festino ove invitato io sono.

Leon. Se non isbaglio alla tua moglie avevi Vietato andarvi.

Alb. E con buona ragione.

Leon. E, senza lei, perchè tu andarvi or vuoi ? Altre volte così non la trattavi.

Alb. Allora ella mi amava Adesso ella ama un altro.

Leon. Noi creder, no.

Alb. Lo confessò ella stessa.

Bar. Egli ha chiuso la porta Come di qua partir?

(Guardando da ma specie di finestrino del campanile).

(29)

ÀlB. Creduto io non P avrei*

Ma quel mazzo di fiori Mandato dal Barone.

Leon. Fu sol per cortesìa.

Alb. Altra cosa celava:

Un biglietto d’ amore. Con trasporto Di gioja ella lo lesse

A me lo porse e mi disse:

Tu vedi ben eh'ei m’ama, indi soggiunse:

E aneli’ io P adoro.

Aar. Se chiuso qui non fossi, lai detti dal marito

Avrei gran gusto a udire.

Aie. lo più non fui me stesso,

Lo sdegno mi fe’ cieco e in quel momento Alzai su lei la mano.

Leon. Tu ?

Alb. Si.

Leon. . Crude!, che sento ? Infelice, tu obliasti

Ch’or ti lega il cielo a lei, Che d’ amarla ognor giurasti Che proteggerla tu dèi ?

Alb. Ah ! non è, non è su lei Che cader dovea lo sdegno, Or conosco i torti miei,

Di perdono io non son degno.

Leon. Questo eccesso di furore Potria il cielo castigar.

Alb. Sul Barone ingannatore L’ira mia dovrà scoppiar.

Bar. Anche a rischio della vita Mi convien di qui scappar.

Leon. Or dov’è?

Alb. Serrata in casa

Mentre crederai a dormire, Al festin volli venire

li Barone ad incontrar.

E da lui che brami?

Leon.

(30)

Alb.

Leon.

Bar.

Leon.

Alb.

Leon.

Alb.

Leon.

Alb.

IN nlla . Sol lo voglio trucidar

Cada 1’ empio, e poi che importa Quel che avvien della mia vita!

A quest’anima smarrita Ciel pietoso farà scorta;

Onestà dove ancor regna Un asilo io cercherò.

Taci, stolido. Il tuo dire Prova sol la tua demenza:

Tu dovevi appien capire Per dispetto sol parlò.

Sciagurato tu non sai Che celato io qui ti sento Ah! ragion mi renderai Dell’ amico complimento,

Pria che tu possa ammazzarmi Da pensar ti darò,

Vo’ tentar di qua sottrarmi,

E poi tutto aggiusterò. ( II Barone trova modo di escire dalla finestra del campanile).

Lascia i sospetti tuoi E poni in lei più fè!

Vedo degl’ atti suoi Ch’ essa infedel non è.

Lo credete?

Non v’ ha dubbio.

Che dovrò dunque ora far ? Obbedire al parer mio, Più di lei non sospettar.

La calunnia a far tacere Va al festin per pochi istanti, Te doman verrò a vedere.

Voi son pronto ad ascoltar.

ri Vado al ballo e disveller dal petto Tenterò quest’ ingrato sospetto.

Ma qual' ombra crudele ei m’insegne D’ ogni parte fra i giochi e i piacer;

(31)

29 Leon. Sciagurati! alla vostra sventura

Voi correte con passo veloce, Se credete alla perfida voce Di coloro a cui giova ingannar.

Àlb. Ciel pietoso, fa tu che dilegui Questa nebbia che turba il pensier.

Leon. Ma qui il cielo per buona ventura

In tal giorno me volle mandar. ( Leonardo esce dalla parte del cimiterof Alberto entra nel castello])

SCENA VI.

11 cielo si è oscurato, cade la ueve.

Sola, ahimè! senza consiglio!

Se al suonar di mezza notte Qui d’ alcuno del villaggio L’ombra avesse a comparir.

Ah! di freddo e di paura lo mi sento, o Dio! morir.

Mira ingiusto, ingrato Alberto Ove hai spinto la tua sposa ...

Tu non sai quant’ ho sofferto, Dirlo il labbro, ahimè! non osa.

Oggi compie un anno appena Che congiunto a me tu fosti, Oh quai pianti, oh quanta pena Uom crude!, tu già mi costi.

« Come mai così brev’ ora u Sì diverso il cor ti fè?

a Ero tua delizia allora, u Or spregiata io son da te.

Oh non sol di tue promesse Giace infranto or ogni accento Ma l’insulto, il tradimento

Or s’annida ov’era amor.

E a compir la mia sventura Quivi io son al fato in preda.

Ciel, m’assisti; ond’ io non ceda

Sotto il carco del dolor. ( Annetta si dilc- gue in fondo del teatro).

(32)

SCENA VII,

l| # r>y ‘ fi; -.. ( i * -V

Alberto indi Annetta»

Àlb. Ho data la paiola

Che sol per poco al ballo

Sarei rimasto, or dunque a casa io torno Attraversando in fretta

Questo feral soggiorno, (le finestre del castello si oscurano).

Fra queste oscure, funeree piante INon volgo il piede per mio piacer, A me dinanzi ad ogni istante

Bianco fantasma parrai veder.

Or mi spaventa un tronco, un sasso*

Or se una fronda sento stormir.

Dovunque io volga, ad ogni passo.

Bianco fantasma vedo apparir.

( In questo momento Annetta torna indietro;

il cimitero è solo rischiarato da un pallido raggio di luna al suono di mezza notte9 vedendosi iti di¬

stanza amhidue, gridano )

àlb. Ali P ombra di mia moglie !...

Ann. L’ombra di mio marito! . . . D’ orrore io son compresa

Alb. Io sono anichilito.

a 2.

Vini 0 io son dallo spavento a

E la forza m’ abbandona : I miei torti, o ciel, perdona, D’ un alilitt ** abbi pietà !

d

(nevica e fischia il vento) Fra le piante fischia il vento

Pili sdegnoso ed inclemente, È Io spirto suo furente,

Che di me mercè non ha! ( le finestre del- V Abazia si rischiarano)

(33)

Canto religioso nel Temjrio. 31 Da ogni parte, in ogni lido Si dia lode al re del cielo, Che si cinse d’uman velo

L’alme nostre a riscattar.

Voi, potenti della terra, Voi, pastori al mondo ignoti, A cantar inni devoti,

Lodi al ciel venite a dar, a 2.

Questo è P inno del Natale Ma più non 1’ udirà, L’ ombra sua è dipartita Ahi ! doman morir dovrà.

Pria che alcun qui mi discopra, Pria che qui giunga il Barone, Da mia moglie . ,

Dal marito 10 lornerò- Ali! rinascer disperato

Nel mio cor P affetto io sento, E rimorso e pentimento

Fan più atroce il mio soffrire.

Poserò sul seno amato,

Ma saran gli estremi amplessi 1 Me felice, se poi essi

In quel punto anch’io morir t

FINE DELL’ATTO SECONDO.

(34)

ATTO TERZO

tfli leoiiciuccuoiAe. £

SCENA PRIMA.

Una Sala nell' antica abitazione del Barone di Kelso con tavola imbandita.

V ; t, r jV . •

--O C-

11 Slarotte, Pottimliey e Gertrude in abito di sposi Paesani e abitanti del villaggio. È sul finir del banchetto.

Coro Amabili consorti Vi regga il cielo ognor,

A voi fortuna apporli Ogni novello albor.

Col cuore e col bicchiere Onore a voi facciam,

Nè mai con più piacere

I! calice vuotiam. (bevono alla salute degli sposi, e alzandosi da sedere vengono sul davanti delta scena),

Bar. Fortunata voi siete ( a Gertrude ).

Chè un uom di più buon cuore Non esiste nel mondo.

Pott. Ei mi conosce a fondo.

Gert. Lo presi all* avventura,

Che il scene un buon marito

E più il favor del caso che bravura.

(35)

53

Bar.

Pott.

Mentre tutti marito )

Poti.

Meglio a me saria piaciuto, Se più giovin fosse stato,

Se i mostacci avesse avuto, O un sembiante delicato.

L’ avrei pure preferito D’una classe più civile, Di denaro più fornito,

Più elegante, più gentile.

Ma un tal uomo mentre aspetto, Sola intanto ancora io sto:

lo seguii dunque il precetto D’ aver quel che aver si può.

Un che al suon sa unir P accento, Sarìa stato il mio bel vanto;

Che d’ amor dolce alimento Son la musica ed il canto.

Men pesante, assai più snello M’ avria fatto pur piacere:

Jeri al ballo del castello Fui tre volte per cadere.

Ma un tal uomo mentre aspetto Sola intanto ancora io sto:

10 seguii dunque il precetto D’ aver quel che aver si può.

Ha ragion la bella sposa: ( al Coro) Non convien troppo voler,

È buon senno in ogni cosa Aver quel che puossi aver.

Questi accenti, lo confesso, (a parie ) Non mi fan troppo piacer.

Pure anch’ io pensai lo stesso:

D’ avei* quel che puossi aver.

sono in mossa per partire, Gertrude dice al Or’ è mestieri che al Baron rammenti

11 posto a noi promesso,

Vuo’ profittar di questa circostanza

Ti sbriga, ch’io t’aspetto in questa stanza.

(escono tutti)

(36)

SCENA 11.

Il Barone e Gertrude.

Gert. Eccelleuza perdonate.

Bar. Che vuoi tu?

Gert. Pregarvi, supplicarvi affinchè mio marito Possa ottener...

£ARt Basta ho capito.

Gert. È mio dovere il mio Signor servire.

Bar. Pel tuo sposo il posto è pronto, E il diploma è già vergato,

( levando un foglio e consegnandolo a Gertrude).

Guardaboschi io l’ho creato.

Che farai or tu per me?

Gert. Io farò che mio marito

Mai non manchi al suo dovere*

Che ognor siale ben servito.

Bar. Ciò non basta, io vo’ di più.

Gért. « Della vostra gentilezza

« Da ogni parte, in tutti i modi, a lo farò sentir le lodi.

Bar. « Ciò va ben, ma vo’ di più.

Gert. Che dar posso a voi mio sire?

Fuor che un cuor riconoscente, lo non ho nulla ad offrire.

Bar. No, Gertrude, io vo’di più.

Gert. Che volete?

Bar. Ah tu lo sai.

Gert. No vel giuro.

gAR Dunque ascolta:

Da quei labbri, da quei rai Uno sguardo, un bacio sol.

Un bacio soltanto, Mia bella, ti chiedo:

Bagione non vedo Che P abbi a negar.

Tu appena domandi, Io pronto ti dono, Se accetto ti sono Lo devi provar.

Sol oggi fui sposa, Signor, lo sapete

Gert.

(37)

35 Non chiedermi cosà

Che è colpa accordar.

A ogni altra domanda, Sommessa m’avete,

Ma quanto or chiedete M’è forza negar.

Bar. Furba sei, pur non ritegno

Gert.

Pur non frango la promessa, E il diploma a te consegno.

Sempre grata a voi sarò.

Bar. A una bella qual tu sei Nulla mai negar non so.

SCENA III.

Stanza che serve d’abitazione ad Ajberto. Porte a drit¬

ta e a manca. Nel fondo, e ben in vista dello spetta¬

tore, un orologio a cassa antico, un armadio* un cam¬

mino, ecc. Sparse nella stanza vi sorto delle sedie, delle tavole, ecc.

' \

——<frc-

Alberto entra pensieroso.

À ni un fuorché a Leonardo il tristo evento Della notte trascorsa io confidai . . . Ahimè! malgrado il nero tradimento, Che d’ obliare invano io cerco ormai^

Ad essa attratto il core ancora io sento, E più mi duol de’ suoi che de’ miei guai!

Al suo pali or, agli atti, ad ogni detto Credea che sorto in lei fosse H sospetto.

Sì giovane, sì bella Vederti, o Dio! morir,

Ah che non ho favella Ch’esprima il mio marlir!

Se l’ira tua mertai, Ciel sfoga in me il furor,

Ma que’ sì dolci rai Non oscurare ancor!

(38)

Sì giovane, sì pura, Il mio più caro ben ! Da morte sì immatura

Risparmia, o Dio, quel sen!

Le mie preghiere accetta.

Deponi il tuo rigor!

La sposa mia diletta Rendi alL afflitto cor!

SCENA IV.

& niiettfra e detto.

Alb. Annetta mia, sei tu ? Da lungo tempo lo t’ aspettavo. Spero

Che tutti avrai scordati i miei trasporli, Troppo arftor nrr ingannava.

Ann. A ciò più non pensar . . . comprendo io stessa Perdono io ti domando.

Alb. Oli elei !

Ann. ^ Ti dissi che il Barone io amava, E ver non era. Anzi il contrario adesso Io ti potrei mostrare ...e ben sia certo . . .

Alb. Mia dolce sposa!

Ann. Mio difetto Alberto!

Alb. D’oblio coperti ormai Vadan gli scorsi guai.

Ann. Perchè di pianto o caro Hai le pupille piene?

Ai.b. Tu piangi pur, mio bene?

Ann. Io piango di piacer . . . a 2.

Oh qual gioja con chi s’ ama Dolcemente i dì passar,

Ogni bene ed ogni brama Nel suo seno ritrovar.

(Ben crudele è il destiti mìo! (a parte) Sì vicino al suo morir.

(39)

37

Ann.

Nè poter dire, addio.

le

Nè il mio pianto discoprir ).

a In modo ancor più forte (( Or ricongiunti siam;

a Amarci in vita e in morte a Innanzi al ciel giuriam.

Ali già l’ora s’avanza (guardando l'orologio.) Delira 11 mio pensieri

a:

2 .

*

Oh ciel dammi costanza Tal colpo a sostener!

Alb. Di mezzanotte è il punto

( guardando V orologio con grande ansietà )

Ann. Ah gli vacilla il piè!

Alb. Oh quanto il viso ha smunto (suonano le ore)

Ann. È l’ora! oh cielo! ahimè! fspaventati si la¬

sciano cadere sopra una sedia a poca distanza V un dall’ altro. )

SCENA V.

Entrano Leonardo, Barone, Gertrude c Pottini- tiey o seguito. Tuttti si fermeranno a qualche distanza da Annetta e da AlSicrt© osservandoli e parlando fra di toro sotto voee.

Coro Eccoli . . .

Leon. A lor conoscere (al Coro) Faccian l’error qual’è.

( Alberto dopo essersi come riscosso} e guardando Annetta ).

Annetta, ancor tu vivi ?

( Annetta sorpresa udendo la voce d’ Alberto ) È questa la sua voce !

(Alberto vedendo Leonardo avanzarsi e tutto il seguito) Voi qui Leonardo ... e voi ?

(40)

Coro D’ un’ illusimi soltanto La vittima voi siete.

Dal ballo tu partendo, ( ad Alberto ) Di casa tu fuggendo, ( ad Annetta ) L’ un P altro visto avete

Di notte fra P orror.

Sia sciolto ogni sospetto, Sbandito ogni timor.

f Alberto e Annetta come sopraffatti dallo stupore )

Leon. Tornale in pace, ed apprendete ormai Che P imprudenza vostra è la cagione Del vostro error.

Pah. Ed io posso accertare Che innocente è tua moglie.

Ann. e Se ancor tuo ben mi chiami,

Alb. Altro a bramar non ho,

Ann. Se certa son che ni* ami.

Felice ognor sarò.

Ah ! la folle gelosia Da noi resti lunge ognor, E d’ esempio a tutti sia Questo giorno di dolor.

Ma la pace sospirata Al cuor nostro ritornò.

Nel piacer di un tal momento Tutta io sono in te rapita.

Torna a farsi la mia vita.

Un asii di puro amor.

Voi mirate il mio contento Che vedeste il mio dolor.

Tutti

D’ allegrezza messaggero il Natal sempre tornò.

F I N E.

(41)

%

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4

(43)
(44)

PARMA

PER ALESSANDRO STOCCHI Stampatore del R. Teatro.

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